Atlantropa 2.0. Il continente euro-africano

Page 1



Se nella famiglia culturale europea ci fosse un’idea più grande e più forte dell’odio e dell’invidia, un’idea, che con il sostegno della tecnologia creasse il fondamento di una nuova vita per il popolo, non si potrebbe allora, attraverso enormi conquiste di suolo, e soprattutto mediante l’impresa più grande e con il lavoro collettivo evitare la minaccia della guerra e il declino della nostra cultura? Un così grande lavoro di pace, che con l’uso della tecnologia moderna e futura sia in grado di togliere forza alla guerra e alla sua capacità di bloccare i popoli con i bisogni naturali e con il fatalismo. Herman Sörgel

Tratto da: Osvaldo Guerrieri, La diga sull’oceano. La folle avventura di Atlantropa, Neri Pozza Editore, Vicenza 2019, p. 72.


8 — Cristiana Penna

Indice


Atlantropa 2.0 — 9

Un’utopia in progress 11

Introduzione

Atlantropa. Un progetto globale, radicale, prematuro 24 28 41 54 59

L’ideologia generatrice La visione continentale euro-africana Le centrali idroelettriche negli stretti del Mar Mediterraneo Città nuove Un Mar Mediterraneo in motion

La contemporaneità euro-africana vs Atlantropa 70 75 79

Il dinamismo del paesaggio contemporaneo Paesaggi contemporanei euro-africani sospesi, consolidati e in progress Atlantropa: un paesaggio contemporaneo parzialmente in progress

Atlantropa 2.0. L’utopia mediterranea 83

Epilogo

Bibliografia 87

Atlantropa / Utopia / Paesaggio / Paesaggi artificiali / Mar Mediterraneo / Geografia e mappe

Mediterraneo, spazio dell’utopia 91

Postfazione di Ottavio Amaro



Atlantropa: un progetto globale, radicale, prematuro —


L’ideologia generatrice

È la fine della Prima Guerra Mondiale, il contesto europeo è sconvolto dalle distruzioni belliche e la Germania muta nel suo fare architettura. Leonardo Benevolo1 è esplicito al riguardo e chiarisce come l’attività in sé si arresta, cambiano i materiali, la clientela e si avverte l’immancabile necessità di una ricostruzione veloce. Si avvia così un meccanismo di edilizia sovvenzionata attraverso l’uso del cemento armato, materiale principale da costruzione. Il disagio economico si rivela sul piano culturale con il disfacimento delle classi sociali a favore di tendenze innovatrici, atmosfera nella quale si ritrova anche la conseguente condizione psicologica del momento ben descritta dall’architetto tedesco Walter Gropius: «la piena coscienza della mia responsabilità come architetto, basata sulle mie proprie riflessioni, si determinò in me come risultato della Prima Guerra Mondiale, durante la quale le mie premesse teoriche presero forma per la prima volta. Dopo quella violenta scossa ogni essere pensante sentì la necessità di un cambiamento di fronte intellettuale. Ognuno, nella sua particolare sfera di attività, desiderava dare il suo contributo per colmare il disastroso abisso apertosi tra la realtà e l’ideale»2. In questo contesto infatti molti progetti «furono concepiti come alternative utopiche, e per alcuni l’identità mediterranea era centrale alle loro visioni. Oltre ad essere traslazioni spaziali d’ideali con ramificazioni sociali transnazionali, essi rappresentano punti su una mappa genealogica – una rete d’interconnessioni, espressione di un mito modernista – di una futura visione alternativa di Europa»3. Un cambiamento che investe sia i metodi d’insegnamento nelle scuole d’architettura sia l’approccio al progetto. Allo stesso tempo per il Vecchio Continente4 si avvia anche un processo di unione economico-politica, in particolare lungo l’asse franco-tedesco per portare avanti l’idea di Comunità Europea già ribadita in tempi precedenti con George Podiebrod, William Penn, Abate

1 Leonardo Benevolo, Storia dell’architettura moderna, Editori Laterza, Roma-Bari, 1975, p. 434.

2 Ibidem.

3 Iddo Ginat, Matanya Sack, Scala regionale/Sogni mediterranei, in: “Rivelazione del sud”, Milano 11 Giugno 2013. 4 L’Europa.


Atlantropa 2.0 — 27


30 — Cristiana Penna

Fig. 4 ⸺ Atlantropa: l’estensione territoriale del progetto continentale. Disegno dell’autore.

Berlino

Atlantropolis

Città del Capo


Atlantropa 2.0 — 31

Fig. 5 ⸺ Atlantropa: le otto dighe del Mediterraneo. Disegno dell’autore.

Diga del Rodano

Diga del Po

Diga dell’Ebro Diga di Dardanelli Diga di Gibilterra

Diga del Canale di Sicilia

Diga di Messina

Diga del Nilo


36 — Cristiana Penna

Fig. 9 ⸺ Atlantropa: assi infrastrutturali trasversali. Disegno dell’autore.

Trieste Milano

Barcellona

Gibilterra Tangeri

Aleppo Atlantropolis

Il Cairo

Arabia Saudita

Dakar

Madagascar


Atlantropa 2.0 — 37

Fig. 10 ⸺ Atlantropa: linee aeree principali. Disegno dell’autore.

Londra Berlino

Roma Madrid

Atlantropolis

Il Cairo

Dakar

Città del Capo


44 — Cristiana Penna


Atlantropa 2.0 — 45

Fig. 18 ⸺ Deutsches Museum, Munich, Archives, BN 22041.


Città nuove

All’interno di questo contesto il Golfo di Venezia (fig. 32) si preserva con nuovi canali per alimentare la laguna isolata dal prosciugamento del Mar Mediterraneo, senza perdere così l’unicità che la caratterizza e tanto meno l’economia turistica. Altre città italiane, lungo le coste, subiscono le conseguenze della metamorfosi mediterranea e diversi sono gli architetti che si propongono per la progettazione delle nuove città. Gli architetti Willibald Ferber e Georg Appel, nel 1932, progettano la Nuova Genova (fig. 33) – il cui centro storico rimane intatto protetto da un corridoio verde – densamente costruita con vasti sistemi di case a schiera e quartieri residenziali attraversati da una viabilità radiale, un centro commerciale lungo quasi quattro chilometri ed un asse di collegamento che come una penisola domina il mare insieme alla nuova area industriale, il porto e l’aeroporto (figg. 34-35). Il progetto della Nuova Napoli (fig. 36) invece è realizzato all’interno dell’accademia di Vienna, nel 1934, dalla classe degli allievi di Peter Behrens e Alexander Popp e anche in questo caso il centro storico si affaccia su una vasta zona verde mentre il Golfo, che assunse una forma regolare, ospita la zona turistica. Sulla scia del progetto per Genova anche Napoli è divisa in zone (figg. 37-38) con una moderna rete di metropolitane per collegare la città esistente a quella nuova.

Fig. 33 ⸺ Deutsches Museum, Munich, Archives, CD 77948. Figg. 34-35 ⸺ Atlantropa: la metamorfosi di Genova. Disegno dell'autore.


Atlantropa 2.0 — 55

- 50 m

- 100 m


66 — Cristiana Penna

26 Carlos Arteagata Cardineau, Atlantropa: el sueño utòpico de costruir la Atlàntida, in “Al Qantir”, Madrid, 2014, p. 178. 27 Ibidem.

delle correnti marine; e infine, diminuzione della salinità e innalzamento delle acque oceaniche, con un possibile incremento della superficie ghiacciata e la formazione sempre più frequente di ondate di freddo, favorendo una potenziale glaciazione. Per dimostrare la validità di queste ipotesi, lo studioso spagnolo confronta il «mare prosciugato di 200 metri e un terreno salino [emerso] dall’estensione di 5-10 km rispetto all’attuale linea costa mediterranea»26 di Atlantropa, con due esempi realmente verificatisi: il prosciugamento del Lago di Aral e la crisi del Dust Bowl. Il Lago di Aral, nel territorio dell’Uzbekistan, «muore […] per cause umane e specificatamente per una errata gestione dei processi di irrigazione. Di conseguenza, i dati raccolti circa il suo degrado ambientale sono più che preoccupanti. Il livello dello specchio d’acqua è sceso di meno 23 metri in cinquanta anni; la salinità è aumentata del 14% e la temperatura è aumentata di 2°C»27. La crisi del Dust Bowl invece, verificatasi dopo il crack del 1929 in USA, riguarda migliaia di chilometri quadrati di suolo sottoposti a colture intensive, sfortunatamente esposte ad un clima di siccità e ad una serie di tempeste di sabbia che non solo impedirono la creazione di nuove coltivazioni, ma distrussero anche tutte quelli esistenti. Entrambi gli esempi svelano la distopia insita nel progetto sorgeliano: un cambiamento climatico costituito da un forte aumento della salinità e delle temperature con l’impossibilità di utilizzo delle terre emerse molto probabilmente aride e improduttive come il Deserto del Sahara.


Atlantropa 2.0 — 67

Fig. 42 ⸺ Wolfgang Voigt, Atlantropa. Weltbauen am Mittelmeer. Ein Architektentraum der Moderne, Membran, Germania, 2007, p. 66.


90 — Cristiana Penna

Ottavio Amaro

Mediterraneo, spazio dell’utopia POST-FAZIONE


Atlantropa 2.0 — 91

Noi futuristi [...] vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Manifesto futurista1 Il progetto Atlantropa di Herman Sörgel è figlio di un tempo in cui l’utopia è intesa non come fuga dalla realtà, ma come dimensione necessaria al progetto stesso, nella ricerca di andare oltre lo status quo, ovvero come manifestazione della necessità di un mondo da ricomporre e ridisegnare. Se da un lato, infatti, il Novecento registra i grandi avanzamenti della scienza e della tecnica, dall’altra esso segna l’inizio di una crisi epocale di valori, dei modelli di vita imposti dalla civiltà industriale e macchinista su tutti i fronti, compreso quello della città e dell’architettura. La risposta è un poderoso moto intellettuale di radicale rinnovamento, intento a riconquistare un protagonismo che spingesse a «uscire dall’angoscia provocata dalla perdita del centro, dalla solitudine del soggetto immerso nella rivolta delle cose; come far agire quell’angoscia, in definitiva, per non rimanere attoniti a contemplarla»2. È l’inizio di una modernità che si affida fortemente all’idea di progetto come capacità di proiezione visionaria e costruttiva del nuovo mondo di ciò che ancora non c’è, quindi forte di quella carica utopica capace di guardare oltre il rapporto storico dell’uomo con la natura e la realtà. La disintegrazione della città/metropoli come esito evolutivo della storia, porta alla riflessione estrema di nuove visioni che hanno come filo conduttore la rottura con il passato, in un’azione di eterno ricominciamento e di continuo riposizionamento dell’uomo rispetto alla natura e all’universo, volti futuristicamente alla «possibilità di una riconquista del mondo»3. Nascono sotto il segno dell’utopia grandi progetti di Bruno Taut Alpine Architektur, con gli schizzi utopico-metamorfici sulle Alpi, che prefigurano una nuova combinazione tra natura e cultura; di Tony Garnier con la Cité industrielle; di Le Corbusier con La ville radieuse e Le plan Obus per Algeri e con il nuovo Piano per Rio de Janeiro, che si sovrappone al territorio storico all’insegna dell’artificialità 1 Giacomo Balla e Fortunato Depero, Manifesto Ricostruzione futurista dell’universo, 1915. 2 In M. Tafuri, F. Dal Co, Architettura Contemporanea, Electa, Milano 1979, p. 102. 3 Ibidem.



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.