INDICE
9
PREMESSA
13
IN BILICO TRA INVENZIONE AUTOGRAFA E AMBIENTAMENTO
33
REGESTO DELLE OPERE 1908-1929 / 1929-1934 / 1934-1950
143
SELEZIONE DEGLI SCRITTI
163
MAGISTER EX VIVIS LAPIDIBUS Profilo biografico di Francesco Fichera
169
ELENCO CRONOLOGICO DELLE OPERE
175
APPENDICE BIBLIOGRAFICA
189
APPENDICE ICONOGRAFICA
IL DIAGRAMMA DELL’ATTIVITÀ DI QUESTO NOBILE ARTISTA È COSTITUITO DA UNA LINEA RETTA DI COSTANTE ASCESA SINO A RAGGIUNGERE LA RISPONDENZA TRA LA VERITÀ DEL SUO SPIRITO CON LA VERITÀ ESTERNA, DELLA SUA TEORIA CON LA REALTÀ; FINO A RAGGIUNGERE LA FUSIONE IDEALE DEL SUO MONDO INTERNO COL MONDO ESTERNO[...]. ED INVERO LA REALTÀ CORRISPONDE PERFETTAMENTE ALLA TEORIA. L’ARCHITETTURA È DIVENUTA POESIA. GLI È CHE LE PIÙ OPPOSTE QUALITÀ, NATIVE ED ACQUISITE, I GERMI, I RIFLESSI DELLE PIÙ VIVACI TENDENZE ESOTICHE, E IL PIÙ CHIAROVEGGENTE, APPASSIONATO ATTACCAMENTO ALLE TRADIZIONI; TEORIA E PRATICA; FORMA E SOSTANZA; FANTASIA E MATEMATICA, ORMAI SI FONDONO E ARDONO TRANQUILLE NEL VASO DELLA ESPERIENZA CREATO CON IL MEGLIO DELLA SUA VITA DA QUESTO GIOVANE MAESTRO SICILIANO MAGISTER EX VIVIS LAPIDIBUS – MAESTRO DELLE PIETRE VIVE. M. PIACENTINI, FRANCESCO FICHERA ARCHITETTO SICILIANO, 1930
PER FRANCESCO FICHERA, COME PER QUALCHE ALTRO MAESTRO DEI NOSTRI GIORNI, È SORTA LA DOMANDA: OTTOCENTISTA? NOVECENTISTA? DISTINZIONE DA SIBILLE, O MEGLIO DA RETORI. EGLI È L’UNO E L’ALTRO INSIEME, PERCHÉ HA MARCIATO NEL TEMPO, ACCRESCENDO IL PROPRIO PATRIMONIO INTERIORE, MOLTIPLICANDO E RAFFORZANDO LE ESPERIENZE PREDILETTE. LA VERITÀ ALLA QUALE SI È ISPIRATO FIN DA PRINCIPIO, È CHE AD OGNI ELEMENTO COSTRUTTIVO O PARTITO DECORATIVO, CORRISPONDE PER NECESSITÀ UN CONCETTO; IL QUALE NON POTREBBE ESSERE DIVERSO. MA AFFINCHÉ TALE CONCETTO S’INCARNI, OCCORRE EDUCARE I PIENI, MISURARE EURITMICAMENTE I VUOTI, RAFFINANDO PER ELIMINAZIONE ED A SCELTA «UN INSIEME DI PICCOLE COSE, DI REPRESSE ESUBERANZE, DI CONTENUTO ARDORE»: FERMENTI FECONDI DEL SUO CARATTERE, A SUO TEMPO EQUILIBRATO E ARDIMENTOSO. F. SAPORI, ARCHITETTURA D’OGGI. FRANCESCO FICHERA, 1930
LE SUE OPERE D’ARCHITETTURA, DOVE L’ETERNA ARMONIA DEL RITMO CLASSICO SI SPOSA ALLA FANTASIA DEL TEMPERAMENTO MERIDIONALE, E I SUOI SAGGI CRITICI E STORICI FRUTTO DEL SUO INTUITO GENIALE E DELLA SUA RICERCA METODICA, AFFIDANO ALLA MEMORIA DEI POSTERI IL SUO NOME DI ARTISTA E DI STUDIOSO. A. CALZA BINI, UN’ANIMA ARDENTE ED ENTUSIASTA, 1951
FRANCESCO FICHERA EBBE DALLA NATURA UN TEMPERAMENTO PASSIONALE: TUTTO SI ESALTAVA NELL’ANIMO SUO, LA SUA VITA SPIRITUALE SI MANIFESTÒ SEMPRE IN TERMINI DI GRADO SUPERLATIVO COME PER UNA INNATA AVVERSIONE CONTRO LE ZONE TIEPIDE E LE ZONE GRIGIE. DA NATURA EGLI EBBE UN INGEGNO VIVO E VERSATILE ED EBBE INFINE LA TEMPRA DEL VOLUTIVO, FORTE E TENACE. QUESTE QUALITÀ SI POLARIZZANO VERSO L’AMORE PER LA ARTE SUA, CHE CONSENTIVA FECONDE COLLABORAZIONI AL SUO INGEGNO NELLA SPECULAZIONE TECNICA, AL SUO IMPETO LIRICO NELLA CREAZIONE ARTISTICA, AL SUO FORTE CARATTERE NELLA REALIZZAZIONE E NELLA DIFESA DELL’OPERA SUA. PER QUESTA CONVERGENZA DI FACOLTÀ, ANDAVA CONSOLIDANDOSI NEL FICHERA, QUELLA COERENZA PIENA E TOTALITARIA CHE FACEVA DI LUI UNA PERSONALITÀ EMINENTEMENTE ESPRESSIVA DEL SUO AMBIENTE E DEL SUO TEMPO. S. CARONIA ROBERTI, FRANCESCO FICHERA ARCHITETTO,1951
IN BILICO TRA INVENZIONE AUTOGRAFA E AMBIENTAMENTO
apparente pluralità linguistica che caratterizza l’opera di Francesco Fichera ha fatto sì che alla sua figura di progettista fossero associati, nel tempo, numerosi aggettivi: eclettico, storicista, tradizionalista, classicista, accademico. Francesco Fichera è, in effetti, tutt’altro che un architetto facilmente classificabile: la sua attività professionale segue una traiettoria non sempre lineare, spesso contraddittoria e legata alla sperimentazione di linguaggi per certi versi differenti. La frequentazione quotidiana delle sue opere, tuttavia, unita alla lettura analitica dei saggi e al ridisegno critico dei progetti per comprendere metodi e principi sottesi alla composizione architettonica, permette di cogliere il profilo di un progettista che agisce con coerenza e impegno, eminentemente pragmatico, alla ricerca di uno stile moderno. Uno stile che si esprime, in un ricercato e complesso equilibrio, tra invenzione figurativa autografa e adesione ad una koinè architettonica di matrice tradizionalista che intende la modernità come «continuità storica con il passato e con le generazioni precedenti»1. Collocandone cronologicamente i progetti e affiancandoli in una progressione diacronica, nella carriera dell’architetto catanese emergono a grandi linee tre fasi fondamentali, piuttosto diverse tra loro ma singolarmente caratterizzate da una sostanziale omogeneità linguistica interna e da temi compositivi ricorrenti.
12 | 13
1. Cfr. Pigafetta G, Abbondandolo I., Trisciuoglio M., Architettura Tradizionalista – Architetti, opere, teorie, Ed. Jaca Book, Milano 2002.
Francesco Fichera
La prima fase, che dura circa un ventennio, si apre nel 1908 con il ritorno di Fichera a Catania dopo il periodo della formazione trascorso tra Roma e Palermo, e termina nel 1930 con la prima importante pubblicazione monografica a firma di Marcello Piacentini dedicata all’architetto catanese. La seconda fase, legata alle sperimentazioni sul linguaggio neoclassicista – con riferimenti stilistici al Novecento milanese – caratterizza invece la prima metà degli anni Trenta. Infine, la terza fase, contrassegnata da ricerche linguistiche vicine allo stile littorio nazionale, va dall’ultima metà del decennio alla seconda guerra mondiale, con qualche strascico produttivo negli anni dell’immediato dopoguerra: un periodo in cui Fichera, nel concentrare le proprie forze sul Palazzo di Giustizia di Catania, in costruzione in quegli anni, sembra rinunciare definitivamente a quell’ansia creativa che aveva caratterizzato le ricerche degli anni precedenti.
Fabio Guarrera
Durante la prima fase (1908-1929) si manifesta, nella produzione artistica dell’architetto catanese, una ricerca di temi compositivi e figurativi a tal punto articolata che è possibile individuare al suo interno tre “periodi”, con margini temporali non completamente definibili. Al primo periodo, contrassegnato dai progetti “basiliani” (segnati cioè dall’influenza di Ernesto Basile), segue quello ispirato dalla Secessione e dall’Art Déco – entrambi sviluppati nell’arco del primo decennio della sua attività – e, infine, la fase “barocca”, durante la quale Fichera ragionerà – riallacciandosi alle coeve esperienze romane di Armando Brasini, Innocenzo Sabbatini e Alessandro Limongelli – sul problema dell’adattamento della nuova architettura ai caratteri del barocco catanese. Sono anni, questi, in cui Fichera sperimenta, attraverso un’intensa pratica professionale, gli insegnamenti ricevuti dai due grandi maestri che hanno guidato la sua formazione: Gustavo Giovannoni e il già citato Ernesto Basile. Dal primo il giovane architetto aveva ricevuto un’educazione ingegneristica integrata da rilevanti apporti umanistici, attenta al controllo generale del progetto nelle varie scale: dal capitello alla città2. Una formazione che stimola l’attitudine ad affiancare teoria e pratica sullo stesso piano dell’azione progettuale. Agli insegnamenti del 2. Cfr. Zucconi Guido (a cura di), Gustavo Giovannoni. Dal capitello alla città, Jaca Book, Milano, 1997.
In bilico tra invenzione autografa e ambientamento
maestro romano è riconducibile, infatti, quella capacità di lettura e analisi critica dei caratteri specifici dei luoghi che Fichera applicherà costantemente nel progetto del “nuovo”, inteso, sempre, in aderenza al decoro e alla tradizione costruttiva delle città storiche in cui è edificato. Un modus operandi, questo, che è sperimentato tramite il concetto di ambientamento (o ambientismo) dell’architettura, permettendo di collocare Fichera su quell’ideale asse storiografico che (ripercorrendone a ritroso le tappe fondamentali) passa per Piacentini e Giovannoni e arriva fino a Boito, trovando infine sostanza teorica nella filosofia estetica determinista di Hippolyte Taine3. L’insegnamento che Fichera riceve da Basile è, invece, decisamente più “creativo” e ispirato a quell’ansia di elaborazione formale che il professore palermitano sperimentava con il Liberty, raggiungendo livelli molto elevati anche nel contesto del panorama architettonico europeo4. Un’ansia progettuale che ha come fine il superamento della composizione sincretica dell’eclettismo, a favore di un’innovazione formale intesa come trasformazione dei codici linguistici della tradizione classica. Una pratica della stilizzazione figurativa, insomma, che, pur esprimendosi nell’ambito della tradizione, non ripete filologicamente gli ordini antichi ma inventa «nuove forme» guardando alla natura e «alla propria anima»5. Le opere caratterizzanti questo periodo sono per lo più progetti per abitazioni private – attraverso cui Fichera ha la possibilità di sperimentare tipologie per ville suburbane e palazzetti di città –, ma anche tombe, padiglioni per lo sport ed espositivi. Progetti caratterizzati da soluzioni volumetriche che richiamano alla mente le architetture arabo-normanne di Palermo, alle quali il giovane catanese aveva certamente guardato (compiendo forse anche qualche rilievo) durante gli anni degli studi universitari trascorsi nel capoluogo siciliano. Il progetto che inaugura questa fase è quello per la villa detta 3. Cfr. Taine Hippolyte, Philosophie de l’art, Parigi 1865; ed. it. a cura di Olga Settineri, Bompiani, Milano, 2001. 4. Per una trattazione dettagliata del lavoro di Ernesto Basile, necessaria per comprendere la formazione di Francesco Fichera, si rimanda in particolare agli studi condotti da Ettore Sessa.
14 | 15
5. Cfr. Arata Giulio Ulisse, Un geniale artista siciliano. L’architetto Francesco Fichera, in “Rassegna d’arte antica e moderna”, a. 2, n. 5-6, 1918.
REGESTO DELLE OPERE 1908/1929 – 1929/1934 – 1934/1950
1908 / 1929 DAL LIBERTY ALLA SECESSIONE (PASSANDO PER IL BAROCCO)
Io volevo giungere con ciò a dimostrare che quando sarà affrontato e risolto il problema del risanamento della città, sarà anche risolto il problema della sua estetica […] si metterà così Catania nuova a livello della antica, riprendendo le tradizioni di una architettura che ebbe nel Settecento splendori superbi. Il problema edilizio di Catania, 1911, p. 8.
Regesto delle opere
1907 concorso di idee Nel 1907 Francesco Fichera partecipa al concorso organizzato dal Pensionato Artistico Nazionale di Roma. Ai concorrenti veniva richiesto di progettare un edificio destinato ad abitazione per una famiglia agiata, su un’area di 1600 mq. Fichera immagina un “villa italiana moderna”, in aperta campagna su un terreno accidentato, con un carattere estetico senza «nebulosità nordiche, né stranezze esotiche, né eccessi di reazione moderna: un pensiero decorativo sanamente italiano che aiuti e ingentilisca una organica trama costruttiva» [Cfr. Fichera Francesco, “La Ghirlandina” Villa italiana moderna, in “L’Architettura Italiana” n° 9, 1913, p. 106]. L’impianto generale è caratterizzato da un corpo compatto principale con ampio portico e hall centrale sulla quale si affiancano gli ambienti della casa. Al piano terra sono localizzati gli spazi della zona giorno, al piano superiore le camere da letto. Al blocco principale si attestano, movimentandone in tal modo l’articolazione volumetrica della composizione, un bow window e una torre esagonale che, in facciata, diventa un elemento in forte elevazione. Significativa è l’attenzione posta all’aspetto decorativo: «volendo dare una impronta organica alla veste dell’edificio – scrive Fichera – io ho atteso che liberamente si formasse la sua
VILLA “LA GHIRLANDINA”
0
10m
trama costruttiva per decorarla. La sua esterna caratteristica è formata perciò da pilastri in pietra da taglio chiare accostanti le attestature dei tramezzi» (Ibidem). -- N.D.R., in: “L’Architettura Italiana” n° 9, 1913. -- Arata G.U., in: “Rassegna d’Arte antica e moderna”, 1918. -- Bairati E., Riva D., Il Liberty in Italia, 1985. -- Rizzo E., Sirchia M.C., Sicilia Liberty, 2007.
34 | 35
Fabio Guarrera
Francesco Fichera
1919 - 1929 Catania – Via Etnea
PALAZZO delle POSTE
Il Palazzo delle Poste di Catania è la prima opera pubblica che Fichera costruisce. Il progetto è del 1919 ma la costruzione si protrae, per vari motivi, per circa dieci anni: l’edificio verrà inaugurato, infatti, in occasione della visita del Re d’Italia Vittorio Emanuele III, solo nel 1930. Con il palazzo delle Poste Fichera porta ad un livello sistematico di sperimentazione il metodo della “variazione sul tema” di alcuni sintagmi compositivi provenienti dalla tradizione.
Precisi motivi di posizione urbana (la collocazione quasi speculare rispetto ad un ideale macro isolato delimitato da via Etnea, via Crociferi / S. Euplio e via Vittorio Emanuele) spingono l’architetto ad attuare un confronto con il Palazzo Senatorio di Piazza Duomo, attribuito dallo stesso Fichera a Giovan Battista Vaccarini. Una comparazione diretta dei due palazzi fa emerge una sottesa ed analoga trama compositiva, essendo entrambe le facciate
Regesto delle opere
58 | 59
Fabio Guarrera
Francesco Fichera
1926 - 1927 Catania – Zona Tondo Gioieni
VILLA MESSINA detta “CASA SULLA LAVA”
Localizzata nei pressi del Tondo Gioieni, villa Messina è un’architettura che polarizza le visuali prospettiche sia per chi proviene da via Etnea, sia per chi percorre – nella condizione stradale odierna – la circonvallazione di Catania. L’edificio si fonda sul suolo lavico, con una particolare articolazione volumetrica. Con queste parole Marcello Piacentini ne presentava il progetto: «traendo vita dalle stesse origini, germoglia, come una ginestra […] adagiata sulle naturali anfrattuosità della colata lavica; il concetto di adesione alla natura, al tema ed al circostante ambiente, è espresso perfettamente nella composizione architettonica, manifestante con disciplinata spontaneità l’organismo» [Piacentini, 1930]. L’impianto planimetrico, a “U”, garantisce agli ambienti di rappresentanza l’affaccio diretto su
strada, verso est, e a quelli di servizio l’affaccio sulla corte interna e sul lato mare. La complessa composizione delle facciate presenta sapienti scarti e articolazioni volumetriche. La simmetria della fronte est, ad esempio, attestata sulla loggia centrale con terrazza superiore – sottolineata a sua volta dalla doppia foratura e dalla nicchia – è controbilanciata dalla torre d’angolo, a sud, connotata quest’ultima dall’elegante altana poligonale conclusa con il leggiadro volume conico del pergolato metallico. Sulla fronte sud uno scarto prodotto dall’avanzamento della facciata rispetto al filo della torre, raccorda i piani di facciata mediante una panoramica terrazza angolare: elemento di connessione tra i due lati, nonché luogo di affaccio sulla città.
Regesto delle opere
-- Franchini A., in: “Domus” n° 6, 1928. -- N.D.R., in: “L’Architettura Italiana” n° 8, 1929. -- Piacentini M., Francesco Fichera architetto siciliano, 1930. -- Sapori F., Architettura d’oggi, Francesco Fichera, 1930. -- Piacentini M., Francesco Fichera, 1931. -- Caronia Roberti S., Francesco Fichera Architetto, 1951. -- Bossaglia R., Archivi del Liberty italiano. Architettura, 1987. -- Rocca A., L’arte del Ventennio a Catania, 1988. -- Arcidiacono G., Omaggio al modernismo, 1995. -- Arcidiacono G., Stile di Francesco Fichera, 2006. -- Messina B., Non Domo dominus sed domino domus. La città e la memoria, 2011. -- AA.VV., Catania 1870-1930, 2011.
0
5m
80 | 81
Fabio Guarrera
Francesco Fichera
Regesto delle opere
1926 - 1929 Catania – Piazza Roma Progettato a partire dal 1926 e inaugurato nel marzo del 1930, l’Istituto Commerciale De Felice è un edificio che sintetizza alcuni temi di ricerca presenti sia nella fase giovanile che in quella della maturità. Se da un lato, infatti, la costruzione ortografica della pianta, la tripartizione delle aperture delle facciate esterne e la soluzione di facciata del lato settentrionale ricordano rispettivamente le composizioni di Wagner, Hoffmann e Asplund, il linguaggio classicista delle semicolonne e delle semiparaste tuscaniche richiamano invece alle sperimentazioni linguistiche di Piacentini e Muzio, tese alla definizione di un linguaggio condiviso, direttamente derivato dalla tradizione neoclassica italiana. La composizione planimetrica dell’edificio, aderente alla forma trapezoidale del lotto, ricorda per certi aspetti il progetto della Postparkasse
ISTITUTO DE FELICE
0
10m
82 | 83
1929 / 1934 GLI ANNI DEL CLASSICISMO
Aderenza dell’edificio, per struttura interna e composizione esterna, al tema; aderenza della forma ai materiali; aderenza dell’edificio all’ambiente, in generale e in particolare; chiarezza, misura, semplicità; poche ornamentazioni, e solo quelle che dimostrano il diritto di esistere. Ecco i canoni del nuovo indirizzo, che ha da essere nuovo perché deve servire bisogni nuovi, pur trascinando nei suoi sviluppi l’antico, così come il gorgo del fiume trascina il grano di pietra dalle sorgenti all’infinito. Il Congresso e l’Esposizione di Architettura in Budapest, 1931, p. 14
Regesto delle opere
1929 - 1930 Nicolosi (Ct) – Via Cesare Battisti Ideata nello stesso anno in cui Fichera progettava “casa da me per me”, villa Gina è un prototipo ideale di casa di campagna: monumentalizzazione del vivere all’aperto, in armonia con gli elementi della natura e del paesaggio vulcanico. L’idea insediativa è simile a quella sperimentata qualche anno prima per la “casa sulla lava”, ma qui portata ad una maggiore astrazione formale che ne concettualizza il prototipo. Concepita sul rapporto sincretico tra esperienze compositive di matrice secessionista (si pensi soprattutto alle composizioni di Wagner) e temi compositivi della tradizione arabo normanna, villa Gina è un’architettura dal carattere lirico, realizzata da un controllo magistrale degli strumenti della tecnica costruttiva. L’idea strutturale è al contempo semplice e
VILLA GINA (RUGGERI) La “mia casa di campagna” paradossale: su un blocco a base quadrata stereotomico si sovrappone un parallelepipedo a base ottagonale composto da pilastri poligonali, a loro volta coronati da una calotta emisferica in calcestruzzo. La sovrapposizione dei tre elementi rivela la mancanza di allineamento tra i pilastri del secondo livello e l’asse dei muri sottostanti. Tale soluzione costruttiva è resa possibile dalla leggerezza e dall’esilità degli elementi poggiati sul blocco di base – pilastri cavi e calotta impastata con cemento alleggerito – e testimonia la capacità costruttiva di Fichera che in questo progetto realizza un monumento all’abitare suburbano: terrazza panoramica per il traguardo visivo sul golfo di Catania e per l’osservazione privilegiata del grande vulcano.
92 | 93
Francesco Fichera
1933 Catania – Via Etnea Il palazzetto s’inserisce all'interno di un lotto composto da una parte interclusa tra due palazzi – entrambi prospicienti su via Etnea – e una parte retrostante aperta sull’ampio giardino interno. Alto tre livelli fuori terra, l’edificio contiene un appartamento per piano e un piccolo locale commerciale al piano terra. Nella parte che prospetta su via Etnea sono ricavati i soggiorni di rappresentanza degli appartamenti, mentre gli altri ambienti della casa sono distribuiti, attorno ad un corridoio centrale, nel blocco costruito sul retro. I locali cucina e di servizio si trovano, a nord, in aderenza all’edificio confinante. Sul fronte settentrionale del blocco interno un’ampia terrazza consente agli ambienti interni di ogni piano un affaccio diretto sul giardino. La facciata principale su via Etnea ha il piano terra, con le aperture del vano d’ingresso all’androne e al locale commerciale, rivestito in pietra lavica liscia. Il primo e il secondo piano sono articolati da una scansione verticale generata da quattro paraste giganti in pietra calcarea bianca e doghe orizzontali di basalto, che sottolineano però solo il primo piano. Le aperture dei due appartamenti sono aggettivate da balconi ad emiciclo – al primo piano – e alla “romana” al secondo piano. Riquadri a lastre di marmo (con venature montate a losanga) e nicchie semicircolari con elementi scultorei a tutto tondo decorano gli spazi sopra le bucature del primo e del secondo piano. Conclude il coronamento della facciata un cornicione dentellato.
Fabio Guarrera
-- Rocca A., L’arte del Ventennio a Catania, 1988. -- Messina B., Francesco Fichera / Catania, 2003. -- AA.VV., Catania 1870-1930, 2011.
PALAZZETTO PICO MAGNANO 0
10m
Regesto delle opere
1934 / 1950 VERSO UNA LINGUA NAZIONALE
Ecco la tremenda difficoltà aggravante in oggi la responsabilità che è insita nella creazione di opere architettoniche: sentiamo che questo stile è in piena elaborazione; che noi architetti abbiamo l’onore e l’onere di portare in tal senso un contributo, per quanto elementare, il più possibilmente positivo. Per fare ciò non possiamo volgerci indietro nel senso di copiare gli stili, ma soltanto nel senso di risuscitare lo spirito del passato; non possiamo, d’altro canto, riguardare le nuove forme elaborate da altri, con altra storia, altro clima, altri mezzi, altra anima nazionale. Dobbiamo creare in noi stessi quel che serve per dare un valore liricamente concreto, un’espressione attuale all’opera che elaboriamo, inserendola nel flusso della generale sensibilità. E per far ciò non basta l‘apporto funzionale dell’organismo, ma bisogna elevare questo logico organismo in un clima di poesia. Progetto del Palazzo di Giustizia in Catania. Relazione, 1937, p. 67
Regesto delle opere
1934 - 1935 Siracusa – C.so Matteotti
PALAZZO dell'I.N.A.
Tra il 1934 e il 1936 Fichera costruisce, su corso Matteotti (già via del Littorio) nell’isola di Ortigia, due grandi palazzi per abitazioni e locali commerciali. Si tratta di un’operazione immobiliare, gestita dai due istituti di previdenza e assicurazioni, legata al completamento della nuova strada ottenuta dal diradamento di una porzione del tessuto storico di Ortigia, col fine di collegare Piazza Archimede a Piazza Pancali. Entrambi gli edifici prospettano sulla via con una fronte ispirata ai dettami stilistici dello stile littorio. La trama compositiva è tuttavia differente e introduce elementi sintattici vari. Nel Palazzo dell’I.N.A. la fronte su corso Matteotti presenta una composizione caratterizzata dalla presenza di balconi aggettanti semicircolari (soluzione che richiama quelli costruiti qualche anno prima per la Palazzina de Salvi da Pietro Aschieri a Roma) e di grandi riquadri, anch’essi aggettanti, che sottolineano e raggruppano in tre unità le forature della facciata (tema che ricorda, invece, alcune sperimentazioni plastiche eseguite negli stessi anni da Terragni). A differenza della fronte sulla strada principale, la fronte su via Cavour presenta una sensibile articolazione volumetrica dovuta ai due volumi semicilindrici dei corpi scala. La destinazione d’uso del piano terra è prevalentemente commerciale con grandi aperture rivolte verso la strada principale. Ai livelli superiori sono ricavati cinque appartamenti per piano di diversa metratura. -- Piacentini M., Recenti opere di Francesco Fichera, 1939. -- Caronia Roberti S., Francesco Fichera Architetto, 1951. -- Barbera P., Architettura in Sicilia tra le due guerre, 2002.
118 | 119
Francesco Fichera
1936 - 1952 Catania – Piazza Giovanni Verga
Fabio Guarrera
La gestazione del progetto inizia nel 1936 e si conclude nel 1937, anno in cui cominciano i lavori di costruzione protratti, dopo la morte dell’architetto, fino al 1952. Durante l’iter di studio, come testimoniato dal consistente numero di disegni presenti in archivio, Fichera sperimenta, prima di trovare una strada definitiva, diverse soluzioni di massima, inizialmente piuttosto schematiche. La prima ipotesi rappresenta un edificio a pianta centrale con corte circolare sulla quale si innestano, a forma di croce di S. Andrea, quattro grandi bracci di tre piani più uno attico, con corridoi centrali e uffici in batteria, con un volume addizionato, anche esso a pianta circolare,
PALAZZO di GIUSTIZIA per la Corte d’Assise. Attorno al grande vuoto della corte, (richiamo alla soluzione già ideata nel progetto per l’Istituto Tecnico e Liceo di Siracusa), Fichera attesta le aule di udienza, con abside aggettante sullo spazio esterno e scale di collegamento ai piani superiori. La seconda ipotesi di progetto presenta un impianto semicircolare – a “fagiolo” – rivolto con la curva concava verso Piazza Verga e chiuso sullo stesso lato da un grande portico rettilineo a colonne binate a tutta altezza. Alle estremità del grande volume due innesti semicircolari, quasi fossero delle grandi absidi, contengono gli ambienti della Corte d’Assise.
Regesto delle opere
Con la terza ipotesi appare l’idea generale che caratterizzerà il progetto definitivo e le successive varianti. Il problema dell’ambientamento architettonico, in una città con un «clima geograficamente e idealmente mediterraneo […] appartenente ad una terra che ha ricevuto la maggiore impronta di bellezza dalle civiltà ellenica e ellenistica» costringe Fichera ad abbandonare i due precedenti schemi, a favore di un progetto che riproponesse «nello spirito, […] nella luce» ma non «nelle […] forme» il clima artistico dei secoli V, IV e III avanti Cristo, di quel tempo cioè in cui «i monumenti siciliani – così quadrati ed essenziali – assunsero il valore di capisaldi della nascita ed espansione mediterranea». Con il nuovo impianto Fichera immagina di costruire un grande tempio classico, caratterizzato da un volume fortemente squadrato, scavato al suo interno da sei profonde corti e scandito, esternamente su tre lati, da paraste ad ordine gigante e da un grande portico con
pilastri a tutta altezza sul lato principale. La cadenza ritmica e il forte valore chiaroscurale, oltre che la precisione dei rapporti proporzionali e delle masse, richiama alla mente la grande architettura classica greca, in particolare quella ionica. L’impianto planimetrico con l’enorme galleria centrale, gli alti ballatoi, i nicchioni laterali e il sistema dei lucernai ricordano invece le architetture termali e basilicali della Roma imperiale, necessaria allusione pretesa anche dal clima politico fascista di quegli anni. Su questo tipo d’impianto Fichera sperimenta diverse varianti, sia planimetriche che di facciata, specialmente nella ricerca della migliore posizione del volume della Corte d’Assise, fino a questo momento immaginato sempre come un’appendice isolata e poi definitivamente inscritta all’interno di uno dei bracci laterali. Quest’ultima soluzione imporrà all’architetto di sottolineare la grande aula con una discreta caratterizzazione planimetrica ed altimetrica
130 | 131
Francesco Fichera
1937 Catania – C.so Italia
PALAZZETTO MIRONE
È un palazzetto per appartamenti e spazi commerciali costruito su un lotto stretto e lungo. La sezione longitudinale sfrutta un dislivello orografico artificiale che ha consentito la realizzazione di tre elevazioni fuori terra sulla fronte principale e di quattro sul retro. Gli appartamenti occupano il primo e il secondo piano, la zona commerciale è invece ricavata tra il piano terra e quello seminterrato. Nonostante il disegno generale della facciata principale ricordi, specie nell’uso speculare dell’arco al piano terra alcune composizioni di Muzio – ad esempio il Palazzo dell’Arte alla Triennale di Milano – altri dettagli – quali il cromatismo generale, la soluzione della finestra con il pilastro d’angolo e i balconi del secondo livello – richiamano invece alcuni progetti romani di Marcello Piacentini come l’edificio di via Barberini e la palazzina casa/studio sul Lungotevere Tor di Nona. All’interno gli appartamenti hanno la zona giorno rivolta verso nord, aperta su una grande loggia a terrazze sovrapposte che si sviluppa su quattro piani fuori terra.
Fabio Guarrera
------
0
Piacentini M., Recenti opere di Francesco Fichera, 1939. Caronia Roberti S., Francesco Fichera Architetto, 1951. Rocca A., L’arte del Ventennio a Catania, 1988. Messina B., Francesco Fichera / Catania, 2003. Arcidiacono G., Stile di Francesco Fichera, 2006.
10m
Regesto delle opere
136 | 137
SELEZIONE DEGLI SCRITTI PRO DOMO NOSTRA Lettere da Lipsia, 1913
NOI E GLI ALTRI Diario a tre dimensioni, 1931
SPIRITO NAZIONALE E ARCHITETTURA Il Giornale d’Italia, 15 maggio 1931
L’ATTUALE CRISI DI RINNOVAMENTO Lezioni di architettura elementare, 1935
ESSENZA DELL’ARCHITETTURA Elementi di architettura, 1949
IL NOSTRO TEMPO Elementi di architettura, 1949