Indice 09
Premessa Meraviglia di un arcipelago di luoghi. Wunderkammer. Da stanza a sistema territoriale di conoscenza Eleonora Mantese
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Welttheater Wunderkammer
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Wunderkammer Casabianca Intervista a Giobatta Meneguzzo
95
Sistema Wunderkammer Alto Vicentino
99
Antico Maglio Breganze
105
Museo del Tabacco e del Recuperante Carpanè di San Nazario
111
Valle dei Mulini Lusiana
117
Museo Casabianca Malo
123
Museo ornitologico “Massimino dalla Riva� Marostica
129
Mulino Pestasassi Nove
135
Fabbrica di cristallina e terra rossa Rivarotta
141
Parco di Villa Rossi Santorso
147
Museo Etnografico sulla Lavorazione del Legno San Vito di Leguzzano
153
Museo civico “Domenico Dal Lago” Valdagno
159
Segheria “alla veneziana” Valli del Pasubio
165
Museo delle Cartiere di Oliero Valstagna
173
Mise-en-abîme Tra ricerca e didattica
249
Postfazione Alessandro Mosetti
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Riferimenti bibliografici
258
Crediti
Premessa
Meraviglia di un arcipelago di luoghi. Wunderkammer. Da stanza a sistema territoriale di conoscenza Eleonora Mantese
Il titolo attrattivo di questo libro, Mise-en-abîme. Sistema Wunderkammer, induce, di per sé, a curiosità ed esigenza di approfondimento. Sembra chiedere, il soggetto è sempre il titolo, uno stato di profondità e di attenzione da parte del lettore e, dato l’avvio dal tocco enigmatico, qualche precisazione sui punti di stazione di una ricerca molto articolata per capire il senso di quanto il libro vuole dimostrare e per accompagnare chi legge nella trasmissione degli obiettivi del lavoro, peraltro già molto chiari sin dall’inizio. È opportuno ridire in premessa che è un lavoro di integrazione tra ricerca e didattica, un lavoro che mette in relazione un laboratorio di Composizione architettonica e dei suoi lineamenti, condotto da Gundula Rakowitz e un insegnamento di Geografie del territorio contemporaneo condotto da Viviana Ferrario. È anche opportuno sottolineare che sono esiti di laboratorio di studenti del primo anno del Corso di una laurea triennale. Essere agli inizi di una grande avventura, se ben guidati, ha il vantaggio di essere trascinati da una curiosità di conoscenza che, per qualche strana alchimia, rischia, talvolta, di affievolirsi negli anni successivi. 9
Eleonora Mantese
Non so a cosa serva questa premessa dato che già tutto è chiaramente espresso negli scritti e nei fatti. Proviamo, in ogni caso, a condividere alcuni ragionamenti e a fare un esercizio di stile. Un po’ di Queneau e un po’ di Pennac. Non è così scontata la conoscenza dell’espressione mise-enabîme, proprio per i significati plurimi che contiene. Volendo andare oltre la traduzione letterale di ‘collocazione nell’abisso’, di ‘discesa nella profondità’ e, certo, per sua natura, non è un’espressione con traduzione univoca perché, al di là della sua origine araldica che rende molto chiaro il concetto originario di inglobare un emblema dentro l’emblema, uno scudo dentro lo scudo, le molte trasposizioni di questa espressione, collegate allo straordinario e irriverente André Gide, al quale viene attribuito l’apparentamento più conosciuto dei termini, portano a molte altre declinazioni, dalla ‘storia nella storia’ al gioco degli specchi, al narratore che racconta il suo romanzo al lettore, allo sceneggiatore che ritrae se stesso nel film di cui è protagonista. C’è una grande attualità estetica e un grande futuro per questa espressione, apparentemente un po’ desueta. Speriamo ci sia un nuovo grande futuro anche per l’Immoraliste André Gide, premio Nobel nel 1947, non molto frequentato nelle aule italiane ma nemmeno francesi, almeno un futuro per il suo personale e coinvolgente attraversamento nella storia scritto nel Journal, la sua opera più significativa. La lezione di Gide nei suoi diari e nei suoi romanzi dei quali non era per nulla soddisfatto, è, in ogni caso, che mise-en-abîme è un espediente narrativo che si nutre di rimandi, di risonanze, di riflessi, di rispecchiamenti, di innesti, esattamente come avviene in questo libro. Qui, l’accezione più appropriata di riferimento sembra essere quella di ‘storia nella storia’ perché i progetti si collocano in luoghi già molto ricchi di memoria e di materia e, dunque, di storia. Sono luoghi che si addicono e si prestano ai rimandi, intesi come reazione a qualcosa di dato, di esistente. 10
Premessa
Si innestano e si affiancano a manufatti che sono concrezioni stratificate da molto tempo per destare meraviglia. Questa, credo, sia l’ambizione più alta di ogni architetto ma non solo, di ogni disciplina, dalla scienza, all’arte, alla letteratura, alla fisica e così via a partire dalle iniziali sistemazioni umanistiche in trivium e quadrivium che appaiono, oggi, forse scontate ma non lo sono perché stanno tutte vivendo una stagione di rigenerazione. Al punto che penso sia meglio ricordarle, a costo di essere didascalica e pedissequa. Il trivium si nutre di grammatica, retorica, dialettica, il quadrivium simboleggia con immagini straordinarie, tutte al femminile, l’aritmetica, la geometria, la musica, l’astronomia. In tutto, quattro più tre, le sette arti liberali. Credo sia molto utile far iniziare un percorso di studi in una Scuola di Architettura con l’aspettativa e il desiderio di scendere nel ‘pozzo profondo’ della conoscenza per destare meraviglia. Così, entra in scena, a coniugarsi con la mise-en-abîme composta di profondità e rimandi, il tema, molto complesso, della Wunderkammer, ampiamente spiegato da Gundula Rakowitz nel suo scritto. Il saggio dà ragione delle origini e della permanenza, nel tempo, centinaia di anni, di una ricerca estetica e spaziale inesauribile, traguardata nel rapporto tra il passato in cui la Wunderkammer è nata o, perlomeno, ha trovato sistematizzazioni plurime, dagli studioli di santi e studiosi, agli avvii di un colto collezionismo antiquario e le sue potenzialità fino al presente. Certo il termine Wunderkammer è stato declinato e tradotto in molti modi e molte lingue ma la lingua tedesca ha il privilegio di sintetizzare alcune condizioni mentali, fisiche e spaziali che altre lingue devono esprimere con molte parole. È come un colpo di tamburo sincretico che non vale solo per questo connubio della meraviglia con la stanza, perché Wunder è molto più di meraviglia, è stupore, è magia, è attrazione, 11
Eleonora Mantese
seduzione e Kammer è molto più di una stanza, è uno spazio che racchiude e si apre al mondo, è un interno e una proiezione all’esterno nello stesso tempo. Il tema del rapporto con il mondo esterno è implicito nel concetto di Wunderkammer. Si aprirebbe una digressione infinita su alcune espressioni della lingua tedesca, ma stiamo facendo anche troppe digressioni. Richiamo solo alcune, di rito, a titolo di esempio e per chiarezza. Più consuete e usate nella lingua italiana, certamente Weltanschauung o Zeitgeist, ma quante, innumerevoli sintesi contiene la lingua tedesca. Wanderweg non è solo un sentiero per camminare ma contiene un senso di libertà, Zweckgemeinschaft, un’unione per interessi che non ha connotati negativi, che ha unito l’Est e l’Ovest ma che è anche, più normalmente, fare uno sport insieme nel fine settimana. Quale lingua può esprimere in una parola l’idea di Querdenker, un pensatore laterale, per non dire di Vergangenheitsbewältigung, il confronto con il passato. Interessanti sintesi linguistiche, si potrebbe continuare a lungo e costituirebbe un capitolo a sé. Nello scritto di Gundula Rakowitz ritroviamo le molte declinazioni dell’idea estetica di Wunderkammer e il denominatore comune di intreccio e ibridazione tra arte, natura e scienza. Come l’infinitamente piccolo si coniuga con l’infinitamente grande e poi ancora con lo spazio, con il tempo, con l’architettura. E ancora, come queste esigenze umane, naturali, artificiali siano nell’arte, nella scienza, nell’architettura alla continua ricerca di un ordine, almeno in stato provvisorio, e consapevole di scosse sussultorie che saranno sempre a venire ma richiedono alcuni momenti di pausa. È come un’eterna esigenza di sistematizzazioni, anche provvisorie. Molto ricche di interesse sono le trasposizioni e le incursioni che l’autrice fa nella contemporaneità, nel momento 12
Premessa
presente o nell’altro ieri, dalla scala urbana di Bence Bakonyi, Urban Landscape I, 2013-2014 dove le grandi facciate, scandite da riquadri illuminati raccontano la vita di chi abita fino alla scala del Kunstraum di Fabian Bauer, 2006 che riporta agli studioli rinascimentali. Ripercorre momenti salienti, esempi molto significativi per capire il senso mentale della Wunderkammer. Un passaggio imprescindibile per ogni tema dell’estetica contemporanea è, naturalmente, Marcel Duchamp, il quale ha sempre messo in crisi ogni vero artista che si è sempre chiesto e continua a chiedersi cosa si possa fare dopo Duchamp. La sua istallazione a New York per la Mostra sul Surrealismo nel 1942 è molto appropriata al fine. Fortunatamente l’arte reagisce sempre perfino a Marcel Duchamp e gli esempi addotti lo dimostrano. Le serie di Thomas Florschuetz, Multiple Entry, dal 1997 al 2008, di Lee Friedlander, Self Portrait, dal 1958 al 2011. E ancora Erik Desmazière, Die Wunderkammer ou la Chambre de merveilles, Parigi 1997, il concorso a Berlino di Septembre Architecture 2014. Gli autori scelti dimostrano la presenza all’oggi di un’esigenza di pause nella interessante confusione estetica e, soprattutto, politica e sociale di un cosmopolitismo a prevalenza finanziaria. Alessandro Mosetti, nella postfazione, richiama, molto appropriatamente, la Biennale diretta da Massimiliano Gioni nel 2013, ‘Il Palazzo enciclopedico’, una Biennale che ha interrogato, profondamente, gli scarti, le scissioni, gli abissi che toccano non solo gli artisti ma anche i ‘comuni mortali’ ai quali l’arte dovrebbe essere diretta, una volta ripresasi dal mise-en-abîme di Marcel Duchamp. Infatti, in quella Biennale, opere straordinarie e davvero capaci di suscitare meraviglia venivano da persone con grandi disabilità fisiche e psicologiche da tutto il mondo. Certo la sfida di Marino Auriti, credo sarebbe, ancora una volta, una grande Torre di Babele. 13
Gundula Rakowitz
Antonello da Messina, San Girolamo nello studio (dettaglio), 1474-1475
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Welttheater Wunderkammer
Montaggio con Fabian Baur, Die Versuche. Installazione per KunstRaum Wunderkammer, 2006, e Studio Azzurro, Il nuotatore (va troppo spesso a Heidelberg), 1984 33
Gundula Rakowitz
Montaggio con Daniela Ehemann, Misstraue der Idylle, 2005, e Annette Krauss, Lili Scholtes, Vermutungen zur Planlosigkeit, 2005 34
Welttheater Wunderkammer
espressione nella seconda metà del cinquecento, per perdere poi, al punto di svolta tra ‘manierismo’ e ‘barocco’ la trasparenza di pensiero propria dell’umanesimo a favore di una rappresentazione pluralistica di mondi naturali e religiosi che sussistono l’uno accanto all’altro, sino all’imporsi, sul piano filosofico e percettivo, della convinzione sulla natura illusoria del reale. Il principio operativo unificante è l’analogia (che alcuno ha inteso ricondurre al principio di Nicolò Cusano della vis assimilativa umana di faccia alla vis entificativa divina) che connettendo Wunderkammer e ordine della creazione divina sottrae la prima dall’essere mero accostamento o accumulo paratattico di oggetti.19 Ed è proprio questo tratto essenziale della Wunderkammer, la raccolta e la comprensione ordinata del caos del mondo nella sua infinita complessità, ad essere in maniera innovativa riportato alla nozione warburghiana di spazio di pensiero, Denkraum (la cui matrice lontana è forse lo studiolo), in definitiva: ad un luogo di sperimentazione letteralmente u-topico, privo di un luogo determinato in quanto capace di attraversare trans-temporalmente tutti i luoghi, di assemblare i reperti più diversi, di ‘tutto’ il mondo e di ‘tutta’ la storia.20 Non stupisce certo rinvenire in sperimentazioni successive, come quella surrealista, una ulteriore ‘liberazione’ degli oggetti da ogni ordine precostituito, la sostituzione del principio dell’analogia con quello dell’amalgama o dell’accostamento causale, aleatorio, di materiali eterogenei. Intentio non priva di melancolia, evidentemente, quella dell’accumulo e della collezione, melancolia stimolata e al contempo lenita dai mirabilia, infinita fatica senza oggetto, legata alla certezza del tempo che sarà stato, di un futuro anteriore che, nella fedeltà alle cose e ai frammenti propria del collezionista, compensa dell’impossibilità di accedere all’ultimo oggetto della raccolta, all’ultimo granello della clessidra del tempo, insomma, dell’impossibilità di cogliere il mondo nella sua totalità.21 35
Lorenza Gasparella
Pagine d’apertura: X.13 [Bassano] Oberlieutenant (primo tenente) von Nageldinger. Kriegskarte, 1798-1805 Il Ducato di Venezia nella carta di Anton von Zach 114
Pestarino d’orzo nella contrada di Rigine interno (in questa pagina) ed esterno (pagina precedente)
Valle dei Mulini
Rudere nella contrada Valle di Sotto nei pressi del Mulino Garzotto
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