Immagini in copertina: Scalinata esterna di ingresso del Palazzo delle Poste e Telegrafi 1936 Fotografa Lala Aufsberg © SLUB Dresden / Deutsche Fotothek / Lala Aufsberg Particolari dal disegno esecutivo del Salone per il pubblico del Telegrafo e (simmetrico) delle Poste. Arch. Gino Franzi Roma Luglio 1933 (A.F.F.S.I.)
ISBN 978-88-6242-267-3 Prima Edizione Novembre 2017 © LetteraVentidue Edizioni © Alfonso Morone È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo al copyright delle illustrazioni saremo lieti di correggere nella prossima ristampa. Progetto grafico: Francesco Trovato LetteraVentidue Edizioni Srl Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italia Web: www.LetteraVentidue.com Facebook: LetteraVentidue Edizioni Twitter: @LetteraVentidue Instagram: LetteraVentidue_edizioni
A L F O N S O
M O R O N E
LA FABBRICA DELL’INNOVAZIONE Gli arredi del Palazzo delle Poste Napoli - 1936
Con il patrocinio di
Con la collaborazione di
Archivio Vaccaro
Con il contributo di
La provenienza dei materiali, grafici, fotografici e documentali, per le fonti ricorrenti è stata per brevità riportata in didascalia attraverso i seguenti acronimi o abbreviazioni: Archivio Fondazione Ferrovie dello Stato Italiane (A.F.F.S.I.) Archivio Vaccaro (A.V.) Sächsische Landesbibliothek -Staats-und Universitätsbibliothek Deutsche Fotothek Dresden - Germany (SLUB Dresden / Deutsche Fotothek) Deutsches Dokumentationszentrum für Kunstg eschichte Bildarchiv Foto Marburg Philipps-Universität Marburg – Germany (Bildarchiv Foto Marburg) Le immagini a corredo delle sezioni introduttive sono particolari tratti dai disegni esecutivi di Giuseppe Vaccaro e Gino Franzi custoditi presso l’Archivio della Fondazione FS Italiane.
INDICE
INTRODUZIONI
7 9 11 13 17
Ringraziamenti Mario Losasso - Diarc Dipartimento di Architettura Ernesto Petrucci - Fondazione Ferrovie dello Stato Italiane Mauro De Palma - Archivio Storico di Poste Italiane Ermanno Guida - Introduzione PARTE PRIMA LE PREMESSE E IL CONTESTO
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I. Il Palazzo delle Poste e il Nuovo Quartiere Carità II. Architettura, Edilizia Pubblica e Progetto Industriale tra le due Guerre PARTE SECONDA IL CANTIERE
69 93 111 129
III. Il Cantiere della Costruzione IV. Il Cantiere delle Attrezzature V. Il Cantiere degli Arredi VI. Un Cantiere senza fine PARTE TERZA LA REALIZZAZIONE
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VII. Gli Arredi VIII. Le Attrezzature
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BIBLIOGRAFIA
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INTRODUZIONE ERMANNO GUIDA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II
I tempi che intercorrono tra la realizzazione del “gigantesco oggetto d’industrial design”, di cui si riferisce nelle pagine che seguono e l’anno che segna la nascita, o più ancora la legittimazione in Italia del design come disciplina autonoma, sono ancora distanti, non tanto temporalmente quanto come necessità condivisa. Di questi, opportunamente e con compiuta sintesi, l’Autore ne riferisce i passaggi salienti districandosi con sapienza nei meandri della naturale evolutività, costellata com’è di intricati nessi nodali e di indirizzi contraddittori, almeno fino a quella data (1954) che segna il coagularsi degli avvenimenti fondativi rappresentati dal primo Congresso di Industrial Design alla X Triennale, unitamente alla nascita della rivista Stile Industria, alla istituzione del premio Compasso d‘Oro e, con questi, i primi auspici per la costituzione di una scuola capace di coltivare, incentivare, quel potenziale di creatività e di risorse che andavano ad accumularsi. Si compiono in quel tempo i primi passi per la costruzione di una pedagogia del design favoriti indirettamente dalla costituzione della Scuola Superiore per la Progettazione del prodotto di Ulm (1952-68), in quegli anni funzionante a pieno regime con quelle caratteristiche di modello ottimale nella metodologia socialmente impegnata, nella metodologia didattica, nella organizzazione dei piani di studio, nella interdisciplinarietà. Non sono molti gli anni se si considera la sospensione per l’evento bellico, ma le testimonianze in concreto tardano a maturare pienamente, anche se Vaccaro fornisce prova di essere un passo avanti. La dimensione anticipatrice è tutta nel raffronto con la qualità dell’architettura, della tecnica costrutti-
va, dei materiali impiegati, nella cura posta nella ideazione e realizzazione degli arredi e delle finiture degli edifici immediatamente confinanti e contemporanei del Palazzo del Mutilato di Camillo Guerra (1938) e quello della Provincia del duo Marcello Canino e Ferdinando Chiaromonte. Un raffronto, attenzione, che sarebbe stato perdente se solo fosse stato realizzato quanto proposto nella versione per il secondo grado di concorso se giudichiamo quei grafici dalle tradizionali e convenzionali forme eclettiche “barocchette”, di giovannoniana memoria elevate a “salviamo le tradizioni”, senza che di autorità intervenisse con lungimiranza lo stato centrale romano, destituendo di potere decisionale l’Alto Commissario Michele Castelli affinché i due professionisti incaricati (Vaccaro e Franzi) potessero dare corso a una inedita e successiva soluzione orientata “verso le forme di un architettura schiettamente attuale”. La decisione di destituire il funzionario napoletano giudicato di mentalità reazionaria e troppo compromesso con l’aristocrazia locale, dovette risultare come una autentica liberazione per il giovane Giuseppe Vaccaro per esprimersi finalmente secondo propria scienza e coscienza. Vaccaro ha appena trentadue anni al tempo (1928) in cui medita l’idea di partecipare alla impegnativa gara per la edificazione dell’edificio postale, ancora intriso della formazione accademica “di stato” conseguita nel Regio Istituto delle Belle Arti di Bologna e presso la Regia Scuola d’applicazione per Ingegneri, dalla quale presto, come è evidente, si libererà e maturerà attraverso l’azione didattica come titolare della cattedra di Architettura Tecnica, dapprima nella sua 17
PARTE
PRIMA
LE PREMESSE E IL CONTESTO
I IL PALAZZO DELLE POSTE E IL NUOVO QUARTIERE CARITÀ
24
I IL PALAZZO DELLE POSTE E I L N U O V O Q UA R T I E R E C A R I TÀ
I
l Palazzo delle Poste e Telegrafi di Napoli, realizzato dal 1933 al 1936 su progetto degli Architetti Giuseppe Vaccaro e Gino Franzi rappresenta uno degli edifici più importanti del razionalismo italiano, uno dei pochi di respiro europeo con evidenti riferimenti a correnti quali l’espressionismo tedesco1. Esso costituisce l’esempio di un’opera totale, in cui la volontà dei progettisti si è espressa coerentemente dalla dimensione architettonica sino ai dettagli di arredo e finiture, redatti dagli stessi progettisti Vaccaro e Franzi. Questa complessità si accompagna a un’aspirazione alla modernità che integra l’architettura e il disegno dell’arredo ai sistemi tecnologici impiegati nella costruzione per attivarne completamente gli ambiziosi obiettivi funzionali. L’edificio doveva contemperare i servizi di sportello per una vasta utenza quotidiana, l’esercizio direzionale attraverso gli uffici compartimentali, e quelli di un’innovativa centrale di comunicazione mediante apparati telegrafici e telefonici tra i più avanzati per l’epoca. Un approccio critico estensivo al Palazzo delle Poste e Telegrafi, non riconducibile alla sola interpretazione architettonica, si deve per primo a Benedetto Gravagnuolo2 che in un suo saggio comparso su Domus dell’Aprile 1988 aprì a una nuova interpretazione, affiancando all’acclarato valore architettonico la vastità e modernità del dispiegamento tecnologico. Un assetto che fu felicemente riassunto in “una macchina calcolata in tutti i suoi ingranaggi” formulazione che, attraverso un’immagine suggestiva e moderna, portò ad assimilare l’edificio a un “gigantesco oggetto d’industrial design”.
Questa felice sintesi tra architettura e industria ci permette oggi di affrontare il Palazzo delle Poste di Napoli come una vera Fabbrica dell’Innovazione cui hanno concorso aziende e maestranze espressione della punta avanzata dell’industria italiana degli anni Trenta, assieme alla volontà di contribuire, anche attraverso il valore simbolico dell’edificio, a un vasto programma di ammodernamento urbanistico della città. La concomitanza di questi fattori ha generato uno dei più importanti e complessi contributi che Napoli ha dato alla cultura progettuale italiana ed europea del Novecento e, nello stesso tempo, attraverso l’integrazione della cultura architettonica con quella tecnologica e del prodotto d’arredo, uno dei più riusciti esempi della sintesi tra questi mondi che darà l’avvio, nel secondo dopoguerra, all’originale fenomenologia del design italiano. La premessa alla realizzazione dell’edificio, come riconosciuto da molti autori3, sta nel vasto programma di rinnovamento urbanistico promosso dal regime fascista. Napoli, alla metà degli anni Venti, presentava gravi ritardi infrastrutturali, aggravati da un perdurante blocco della macchina amministrativa. La città, infatti, sommava alle difficoltà congiunturali conseguenti al primo conflitto mondiale ulteriori circostanze negative. Una forte crisi occupazionale e sociale attraversava gli strati più popolari. Nonostante l’impulso verso un nuovo sviluppo industriale, rappresentato dall’insediamento ILVA a Bagnoli promosso dal Piano di Francesco Saverio Nitti del 1904, con la fine della guerra proprio la crisi dell’industria side25
I IL PALAZZO DELLE POSTE E IL NUOVO QUARTIERE CARITÀ
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I IL PALAZZO DELLE POSTE E IL NUOVO QUARTIERE CARITÀ
Pagina 24 Scalinata esterna di ingresso del Palazzo delle Poste e Telegrafi. 1936 Fotografa Lala Aufsberg © SLUB Dresden / Deutsche Fotothek / Lala Aufsberg A fianco Dall’ingresso principale del Palazzo delle Poste e Telegrafi prima della demolizione del fronte opposto, a chiusura dell’attuale Piazza Matteotti, su cui sarà realizzata nel 1938 la Casa del Mutilato su progetto di Camillo Guerra. 1936 Fotografa Lala Aufsberg © Bildarchiv Foto Marburg/Lala Aufsberg
rurgica e dei cantieri navali ebbero pesanti ripercussioni sociali testimoniate dall’ondata di scioperi e dalle forti tensioni che attraversarono la città. Sotto il peso di una crisi crescente la struttura amministrativa comunale appariva sostanzialmente inerme. Tra il 1922 e il 1926 si susseguirono ben quattro diverse amministrazioni comunali, sino al Commissariamento di Comune e Prefettura imposto nel 1926, che esaurì l’esperienza liberale. Un ulteriore motivo di fragilità dell’organismo urbano era legato al degrado diffuso, dovuto all’incompleta attuazione del piano di Risanamento e Ampliamento ottocentesco. Molte parti della città, ancora alla metà della seconda decade del Novecento, erano ingombre da cantieri ereditati dalla programmazione urbanistica ottocentesca. All’avvento del fascismo Napoli assunse un ruolo preciso nella strategia, sia nazionale che internazionale, del regime, quello di rappresentare la principale porta verso le coste meridionali del Mediterraneo. Il disegno coloniale si esprimeva attraverso il duplice ruolo attribuito alla città: quale capitale del Mezzogiorno d’Italia e grande scalo marittimo aperto verso le sponde dell’Africa. Per dare seguito operativo al suo proposito il regime, con un atto autoritario, assunse i poteri di programmazione ed esecuzione di tutte le opere che ricadevano sotto le competenze del Ministero dei LL.PP. e di tutte le altre amministrazioni dello Stato. Con il R.D. n. 1636 del 15.8.1925 fu istituito l’Alto Commissariato per la città di Napoli con poteri amministrativi, finanziari e tecnici, sulle opere pubbliche, prima per un quinquennio, poi prorogato per un uguale periodo4.
Per i primi sette anni il ruolo di Commissario fu esercitato con molta determinazione dal prefetto Michele Castelli, a lui successe nel 1932 il prefetto Pietro Baratono che ebbe ruolo sino al 1936, quando si chiuse la lunga stagione di amministrazione straordinaria. Con questo provvedimento, proprio di un regime autocratico, enti locali e amministrazioni periferiche furono esautorati dalla regia delle future trasformazioni urbane. D’altro canto, proprio in conseguenza dell’istituzione dell’Alto Commissariato, i processi decisionali ed esecutivi subirono una forte accelerazione portando a conclusione, in poco più di un decennio, una tale mole di opere pubbliche da trasformare sostanzialmente il volto della città. Attraverso uno strumento amministrativo straordinario, chiaramente autoritario, il governo centrale volle dare il segnale di un impegno diretto e chiaro nella risoluzione degli annosi problemi urbanistici e sociali della città di Napoli. Centralizzando e snellendo le procedure per la realizzazione di nuove infrastrutture e opere pubbliche s’innescò un meccanismo virtuoso che diede i suoi frutti nella rinnovata immagine della città e, attraverso il rilancio dell’edilizia, nella risoluzione di problemi sociali, economici e abitativi. La stessa popolazione urbana, dopo la flessione registrata nel decennio precedente, riprese a crescere nella seconda metà degli anni Trenta5. Furono finalmente completati i quartieri periferici previsti dal piano del Risanamento ottocentesco (Arenaccia, S. Eframo Vecchio - Ottocalli, Materdei, Vomero e Arenella) e si avviò l’urbanizzazione del rione Sannazzaro-Posillipo. La programmazio27
I IL PALAZZO DELLE POSTE E IL NUOVO QUARTIERE CARITÀ
Demolizioni. Album fotografico illustrativo delle fasi di realizzazione del Palazzo delle Poste all’interno del nuovo quartiere Carità, realizzato a cura dell’Impresa Edile Comm.Oreste Rosa, aggiudicatrice dell’appalto per i lavori di terra muratura e cemento armato per esecuzione del rustico e alcune opere di finimento. Presumibilmente 1934-1935. (A.F.F.S.I.)
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I IL PALAZZO DELLE POSTE E IL NUOVO QUARTIERE CARITÀ
33
PARTE
SECONDA
IL CANTIERE
III IL CANTIERE DELLA COSTRUZIONE
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III IL CANTIERE DELLA COSTRUZIONE
L
e premesse documentali1all’avvio del cantiere per la realizzazione del Palazzo delle Poste e Telegrafi di Napoli, dopo la conclusione del concorso di progettazione in due fasi indetto dal Ministero delle Comunicazioni il 28 Aprile 1928, possono essere individuate nella relazione conclusiva della commissione che, pur non avendo assegnato il primo posto, si espresse sul progetto di Vaccaro e Franzi, individuato come il migliore tra i partecipanti, con questa propizia valutazione: “Il progetto è completo nei riguardi delle richieste del bando di concorso e della lettera di invito. Dal punto di vista tecnico si presenta accuratamente studiato e può essere attuato senza dar luogo a gravi difficoltà costruttive.2” In seguito all’esito, non risolutivo, il Ministro delle Comunicazioni affidò alla stessa commissione l’incarico di individuare, tra gli architetti che avevano partecipato alla gara di 2° grado, chi potesse essere chiamato a redigere il progetto definitivo occupandosi anche della direzione della parte “estetica”3. Nella riunione del 27 Marzo 1930 la Commissione indicò il progetto di Vaccaro e Franzi come quello meritevole di passare alla fase esecutiva. Conseguentemente, nella seduta del 1° Maggio 1930 il Consiglio di Amministrazione delle Poste e Telegrafi deliberò di dare mandato alla Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato di avviare delle trattative con l’architetto Giuseppe Vaccaro, e con il collaboratore architetto Gino Franzi, per la stesura del progetto definitivo4. Nel corso dello stesso anno fu avviata una corrispondenza, tra il Servizio Lavori e Costruzioni delle Ferrovie dello Stato e Giuseppe Vaccaro, per la
definizione di una convenzione per la “compilazione del progetto definitivo e per curarne la esecuzione per la parte estetica”5. Come si legge nella proposta di convenzione: “Tenuto conto dell’importanza delle demolizioni da eseguirsi per rendere sgombra l’area sulla quale dovrà sorgere l’edificio e del tempo che esse, senza alcun dubbio, esigeranno, si è creduto di poter accordare al Vaccaro il tempo di sei mesi dalla stipulazione definitiva della convenzione per la compilazione del progetto stesso.6” Alla somma per la parcella professionale, fu ipotizzato di aggiungere la cifra di £.30.000 “per la formazione del bozzetto, trattandosi di opera di grandi dimensioni”. La convenzione precisava che “Dal punto di vista architettonico il progettista, pur non allontanandosi dal concetto fondamentale che ispira il progetto premiato, dovrà procedere a uno studio completamente originale delle facciate e principalmente del partito centrale della facciata principale”7, inoltre essa, già in questa fase di programmazione iniziale, aveva previsto una successiva, eventuale, integrazione dell’incarico nel caso in cui l’Amministrazione appaltante avesse deciso di affidare a Vaccaro e Franzi anche la progettazione delle opere di arredamento8. Questa dichiarazione d’intenti mostra chiaramente l’ambizione di procedere verso un’opera unica, in cui la volontà progettuale si possa esprimere coerentemente dalla scala architettonica, sino all’arredo e alla scelta delle finiture. Il 10 Agosto 1931 fu formalmente sottoscritto un primo contratto con gli architetti Giuseppe Vaccaro e Gino Franzi per la compilazione del progetto per la costruzione di un nuovo edificio postale in 69
IV IL CANTIERE DELLE ATTREZZATURE
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IV IL CANTIERE D E L L E AT T R E Z Z AT U R E
I
l Palazzo delle Poste e Telegrafi di Napoli, volendo rappresentare un modello di modernità e innovazione nel panorama italiano degli anni Trenta, perseguì questo obiettivo sia nell’assetto costruttivo, che attraverso le attrezzature funzionali e gli arredi. Il tessuto connettivo che tenne assieme il generale sistema compositivo con le più minute soluzioni di dettaglio, è rappresentato da un’aspirazione al “moderno” che i progettisti perseguirono nelle varie forme espressive e nelle diverse scale di progetto. Essa è riassunta nell’essenzialità di un linguaggio architettonico che dà forma a un servizio, come quello postale, sino allora inquadrato entro codici stilistici storicistici1, e che qui si afferma, invece, come metafora di una modernità identificata nella rapidità della comunicazione radio telegrafica e nella meccanizzazione della raccolta e smistamento della corrispondenza, incentivi per una diffusione di massa della comunicazione postale in una popolazione ormai definitivamente alfabetizzata2. Il nuovo Palazzo delle Poste rilanciò, dopo un decennio di stasi3, la produttività locale del servizio telegrafico e di recapito espresso, coinvolgendo il processo progettuale e quello dell’offerta postale in un nuovo modello di innovazione nel panorama nazionale degli anni Trenta. Questa concomitanza, in cui alla ricerca espressiva corrisponde una concreta innovazione funzionale, ha certamente contribuito alla capacità persuasiva dell’edificio, evitando un uso formalistico del moderno che, proprio per questo, avrebbe finito per assumere una funzione puramente retorica. Nonostante le scelte radicali operate dai progettisti verso
un linguaggio del tutto nuovo, gli utenti e la città nel suo complesso hanno sin da subito adottato l’edificio come il simbolo di una modernità convincente, proprio perché associata a un sostanziale miglioramento dell’offerta funzionale4. Il contributo alla costruzione di un’identità moderna della città, che la nuova realizzazione ha prodotto, sta non solo nella sua centralità all’interno del paesaggio cittadino, ma anche nella sua capacità di fornire un diverso punto di vista del panorama urbano, quello del nuovo Rione Carità che, dall’edificio, appare all’interno di un’inedita cornice industriale che si esprime attraverso la rappresentazione della sua tecnologia. I cancelli di accesso alle due grandi sale per il pubblico al piano terra, e all’ingresso da Via Diaz, mediante un meccanismo elettromeccanico a ghigliottina su guide verticali, all’apertura scompaiono, scivolando verso il piano interrato, per poi riapparire, come un moderno ponte levatoio, solo alla chiusura. Nei grandi finestroni delle sale del pubblico al piano terreno i singoli settori orizzontali vetrati potevano ruotare simultaneamente fino a un’apertura di 90°, grazie ad un meccanismo di apertura comandato da un martinetto idraulico. L’orologio monumentale, posto sul pilone centrale dell’ingresso, aggiunge un record tecnologico alla costruzione, quello di uno dei primi meccanismi elettromeccanici al mondo in cui le ore e i minuti erano leggibili attraverso il movimento di lamelle metalliche all’interno di un quadrante digitale. Lo stesso pilastro, che bipartisce l’ingresso principale e che contiene il meccanismo digitale dell’orologio, pur sorreggendo visivamente il piano attico 93
IV IL CANTIERE DELLE ATTREZZATURE
Terzo piano. Sala Trasmissioni, immagini di cantiere. Si noti la messa in opera della pavimentazione con linoleum in rotoli continui. (A.V.)
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IV IL CANTIERE DELLE ATTREZZATURE
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VI UN CANTIERE SENZA FINE
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PARTE
TERZA
LA REALIZZAZIONE
VII GLI ARREDI
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VII GLI ARREDI
L’
esame degli arredi mobili originari del Palazzo delle Poste e Telegrafi di Napoli, oggi purtroppo dispersi, procederà attraverso una lettura dei disegni di progetto di Vaccaro e Franzi conservati dalla fondazione FS Italiane, in particolare presso l’Archivio ex Servizio Lavori e Costruzioni FS che custodisce il patrimonio documentale relativo alla realizzazione degli uffici postali avvenuta tra le due guerre in Italia sotto la direzione del Servizio Lavori e Costruzioni delle Ferrovie dello Stato. Si tratta di un vasto materiale grafico, a oggi inedito, che per quanto riguarda i soli disegni dei mobili è composto da 12 tavole monotematiche1, in copie eliografiche tratte dagli originali, che contengono, per le varie tipologie in cui è stato suddiviso l’arredo, elaborati esecutivi quotati in scala 1:10, con particolari in scala reale e, nel caso dei mobili per la dirigenza e per locali di rappresentanza, dal n.7 al n.12 dell’elenco in nota, indicazioni planimetriche sulla sistemazione degli arredi nei singoli ambienti in scala 1:50.Una mole notevole di materiali di dettaglio, cui vanno aggiunti gli elaborati grafici relativi agli arredi fissi che saranno oggetto di una successiva specifica trattazione, che testimoniano nell’insieme l’importanza che i progettisti hanno attribuito, all’interno della più complessiva attività progettuale, allo specifico tema dell’arredo. All’analisi degli elaborati progettuali, si sono affiancati altri importanti riscontri, come quelli provenienti dalle riviste d’epoca che avevano documentato, attraverso immagini e grafici, la realizzazione nell’imminenza della sua inaugurazione2, come pure specifiche testimonianze fotografiche, ricava-
te da ricerche di archivio3, che hanno permesso di accrescere ulteriormente il materiale illustrativo di riferimento. Una prima annotazione generale può essere rivolta al linguaggio grafico dei disegni prodotti da Vaccaro e Franzi, che per ottenere il risultato esecutivo cui erano destinati si attengono a precise espressioni di quotatura e tratteggio, con frequenti indicazioni aggiuntive, mediante minuziose annotazioni di dettaglio circa le modalità di realizzazione, materiali e finiture da adottare. L’uso delle copie eliografiche impedisce le ombreggiature o la coloritura con acquerello, conferendo agli elaborati una funzione di rappresentazione tecnica obiettiva, secondo criteri di astrazione e uniformità fatti proprio dalle norme del disegno esecutivo, così come si andò codificando dopo la I guerra mondiale4. I mobili sono suddivisi secondo due categorie, quelli comuni per gli uffici, e quelli indirizzati alla dirigenza o a sale di rappresentanza e riunione. I primi sono direttamente riferiti, attraverso la numerazione e la nomenclatura, al “Catalogo dei mobili di tipo comune per l’arredamento degli Edifici Postali e Telegrafici” fornito dall’amministrazione postale. Per questo primo gruppo di manufatti è evidente il tentativo dei progettisti di ridurre i costi e razionalizzare le attrezzature, attraverso l’adesione a processi di unificazione e semplificazione dell’arredo dettati dalle indicazioni tipologiche e dimensionali presenti nell’abaco di riferimento. È significativo, comunque, che questo sforzo di riduzione dei costi e di standardizzazione, avvenga da parte dei progettisti senza sottrarsi a una originale ricerca progettuale. Ne è testimonianza uno dei prodotti 149
VII GLI ARREDI
Disegno 1 Mobili di tipo comune in legno Faggio. Scrivania e Tavoli con rivestimento in Linoleum. Disegno di Giuseppe Vaccaro e Gino Franzi. (A.F.F.S.I.)
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VII GLI ARREDI
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VII GLI ARREDI
zione di quel principio di continuità tra piani verticali e orizzontali che abbiamo visto essere una costante, ottenuta attraverso il rivestimento continuo di fogli di linoleum incorniciati da una listatura in legno a vista. Interessante è anche il contrasto tra il prospetto interno rivolto all’operatore, caratterizzato da un sistema frastagliato di cassettiere e quello opposto, completamente cieco, ottenuto attraverso un’unica pannellatura posta a chiudere completamente la faccia esterna dell’oggetto.
DISEGNO 2 MOBILI DI TIPO COMUNE IN LEGNO DI FAGGIO 14_Tavolo È un tavolo del tutto identico al precedente modello n.10, con tre postazioni per ogni lato. Stesso trattamento del linoleum e stessa presenza di doppio tubolare alla base, stessa dimensione in profondità 150 cm.
33_Tavolo scrittoio Tavolo identico al modello n. 10, con una lunghezza leggermente inferiore.
27_Tavolo per macchina da scrivere Anche in questo piccolo accessorio abbiamo l’applica-
Disegno 2 Mobili di tipo comune in legno. Tavoli e Tavolini con rivestimento in Linoleum. Disegno di Giuseppe Vaccaro e Gino Franzi. (A.F.F.S.I.)
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VII GLI ARREDI
34_Tavolo scrittoio Identico, tranne che per le dimensioni, al modello n.33
genera soluzioni tipologiche specifiche, questa categoria di oggetti viene trattata con le stesse finiture dei mobili generici. Ad esempio nell’inserimento di materiali che completano l’oggetto e, in qualche modo lo qualificano, qui, come dettato dall’abaco di riferimento fornito dall’amministrazione postale, con il feltro che fornisce un piano sufficientemente elastico all’operazione di timbratura, altrove con il linoleum.
46_Tavolo bollatoio Qui entriamo in una categoria di arredi specificamente “postali”. Si tratta di mobili la cui configurazione, in questo caso specifico un monoblocco con piano terminale inclinato rivestito in feltro, nasce da operazioni legate esclusivamente all’esercizio del servizio postale, come la bollatura di lettere e pacchi che successivamente a questa operazione, e prima di procedere nella spEdizione, sono temporaneamente riposti negli scaffali aperti sottostanti. Nonostante la funzione specialistica, che
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VII GLI ARREDI
Disegno 12 Sala Conferenze Organizzazione planimetrica dell’ambiente. La tavola esecutiva riporta il disegno del grande Tavolo da riunione da 14 posti di dimensioni 5 mt. x 1 mt. e di una EtagÊre avente lunghezza 4,15 mt. Disegno di Giuseppe Vaccaro e Gino Franzi. (A.F.F.S.I.)
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VII GLI ARREDI
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VIII LE ATTREZZATURE
BAVENO 1-2 SESTO SAN GIOVANNI 3 MILANO TORINO 4-15 CREMONA 21 16
VENEZIA 20
UDINE 17 TRIESTE 18-19
BOLOGNA 22-23
GENOVA 22
LIVORNO 23
FIRENZE 24
NARNI 27 ROMA 28-29
NAPOLI 30-33 CAVA DE’ TIRRENI 34
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VIII LE ATTREZZATURE
BAVENO (VB) 01_SOCIETÀ ANONIMA CAVE DI MARMO DI VALLE STRONA 02_CAVA DEI FRATELLI ADAMI DI BAVENO
GENOVA 22_PIAGGIO & C. INFISSI BOLOGNA 23_SABIEM SOCIETÀ ANONIMA BOLOGNESE INDUSTRIE ELETTROMECCANICHE 24_SOCIETÀ ANONIMA ING. CINI & C.IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
SESTO SAN GIOVANNI (MI) 03_ERCOLE MARELLI ELETTROMECCANICA GENERALE
LIVORNO 25_SOCIETÀ ANONIMA VETRI ITALIANI BALZARETTI & MODIGLIANI
MILANO 04_ANGELO BOMBELLI COSTRUZIONI METALLICHE 05_SOCIETÀ ANONIMA SIEMENS 06_DITTA OSTINI & CRESPI MOBILIO E SERRAMENTI 07_OFFICINE MECCANICHE STIGLER 08_ING. SANTE BELOTTI & C. SOCIETÀ ANONIMA 09_DITTA REINA & ZANARDINI 10_FONTANA ARTE 11_COVA 12_LIPS VAGO 13_A.T.I.S.A. AERO-TERMICA ITALIANA S.p.A. 14_DONZELLI 15_OFFICINE MECCANICHE ASLAGHI
FIRENZE 26_SOCIETÀ ANONIMA COSTRUZIONI E FORNITURE ELETTRICHE DI FIRENZE 27_V.I.S. VETRO ITALIANO DI SICUREZZA SOCIETÀ PER AZIONI NARNI (PG) 28_SOCIETÀ DEL LINOLEUM ITALIANA ANONIMA - MILANO ROMA 29_ITALCABLE 30_CASSINELLI & GUERCINI COSTRUZIONI METALLICHE
CREMONA 16_CERAMICA FERRARI, FORNITURA DI GROSSE QUANTITÀ DI PAVIMENTI
NAPOLI 31_IMPRESA COSTRUZIONI EDILI ORESTE ROSA 32_VETRERIA CARLO AZZI 33_S.E.T. SOCIETÀ ESERCIZI TELEFONICI 34_DITTA ELSA IMPIANTI IGIENICI
UDINE 17_SOLARI UDINE TRIESTE/POLA 18_MOBILI D’ARTE GIULIO SBOCCHELLI, STABILIMENTO PER LA LAVORAZIONE LEGNO 19_SOCIETÀ ANONIMA ISTRIANA DI CEMENTI
CAVA DÈ TIRRENI (SA 35_MOBILIFICIO TIRRENO LUIGI SIANO DI SIANI ALFONSO FU LUIGI
VENEZIA 20_S.A.R.I.M.la S.A. PAVIMENTAZIONE E RIVESTIMENTI MUSIVE E VETRARI TORINO 21_ CALIGARIS & PIACENZA STABILIMENTO MECCANICO TERMOTECNICO
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VIII LE ATTREZZATURE
03 ERCOLE MARELLI ELETTROMECCANICA GENERALE Sede legale: Milano Stabilimento: Sesto San Giovanni (Mi)
mondiale l’azienda si rivolse alla produzione di magneti per aerei. Nel 1919 dalla Ercole Marelli fu distaccato un autonomo reparto di produzione di magneti per automobili, poi divenuto a sua volta un marchio autonomo con il nome di Magneti Marelli. Il 10 ottobre 1920 si ebbe un ulteriore cambio di ragione sociale che vide la trasformazione in Società per azioni. Nel 1921 sorse a Sesto San Giovanni il secondo stabilimento, “Grandi Costruzioni”, dove si realizzavano trasformatori, generatori, elettromotrici, turboalternatori e grandi pompe destinati alle centrali idro e termoelettriche di tutto il mondo. Nel 1922 morì il fondatore della società e la presidenza fu assunta dall’ingegner Stefano Benni che mantenne l’incarico fino al 1935, allorché fu sostituito dal figlio di Ercole, Fermo Marelli. In questo periodo la società conobbe il suo massimo sviluppo. Nel secondo dopoguerra, in pieno boom economico, il gruppo Ercole Marelli raggiunse il suo apice, toccando nel 1963 i 7.100 addetti. Nel marzo 1981 la società fu prima sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria e successivamente fu posta in liquidazione.
Attività svolte: Fornitura trasportatori meccanici dei telegrafi. Atti di riferimento: Relazione sugli impianti elettromeccanici del 10 Novembre 1934. Profilo storico aziendale: La Ercole Marelli fu fondata nel 1891 a Milano come ditta individuale. Il suo omonimo fondatore, all’epoca poco più che ventenne, era stato sino ad allora operaio in aziende meccaniche. La forza lavoro, oltre che sul fondatore, poteva contare su un solo operaio. Inizialmente la società produceva vari apparecchi elettromeccanici per usi domestici e industriali. Dal 1896 intraprese la fabbricazione di “agitatori d’aria”, gli attuali ventilatori, fino ad allora importati dagli Stati Uniti, divenendo una delle aziende leader del settore a livello mondiale. Trasformatasi nel 1900 in Società in accomandita semplice, nel dicembre 1905 da Milano trasferì la sua sede produttiva a Sesto San Giovanni, in un grande stabilimento che impiegava manodopera specializzata milanese e operai generici locali. Qui si producevano, oltre ai ventilatori, piccoli motori elettrici, elettropompe centrifughe e trasformatori. Tra il 1906 e il 1911, gli occupati passarono da 500 a 1.500, per metà giovani donne addette alle “sale di avvolgimento” motori. Nel 1915, la “Società Anonima Ercole Marelli” avviò le prime sperimentazioni italiane nel campo dei magneti d’accensione per motori a scoppio. Durante la I guerra
Bibliografia: A. Leonardi, A. Cova, P. Galea, Il Novecento economico italiano. Dalla grande guerra al miracolo economico (1914-1962), Monduzzi Editore, Milano, 1997. V.Varini, L’opera condivisa. La città delle fabbriche. Sesto San Giovanni 1903-1952, Franco Angeli, Milano, 2006, pp.155-170.
Magneti Marelli, logo aziendale 1929.
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VIII LE ATTREZZATURE
04 ANGELO BOMBELLI COSTRUZIONI METALLICHE Sede: Milano, Via G. Ventura, 14
Rivista del Sindacato Nazionale Architetti Fascisti n.8 dell’agosto 1936, testualmente si legge: “Infissi mobili rivestiti di acciaio inossidabile, eseguiti dalla Ditta Bombelli di Milano, che ha anche costruiti tutti i cancelli esterni, rivestiti in acciaio inossidabile, e tutti gli infissi metallici verso i cortili interni dell’edificio. Il pilone centrale ha l’armatura di sostegno metallico, il suo rivestimento è il lastre di Diorite di Baveno: nell’interno passano i cavi telegrafici; in alto esso porta l’orologio.”
Attività svolte: Forniture a piè d’opera dei seguenti manufatti: Infissi metallici rivestiti di acciaio inossidabile, Cancelli esterni rivestiti in acciaio inossidabile, Infissi metallici verso i cortili interni dell’edificio, Serramenti in ferro per finestre – vani di passaggio – vetrate fisse. Atti di riferimento: Contratto del 20 Febbraio 1934 per fornitura cancelli rivestiti in acciaio inossidabile. Contratto del 23 Ottobre 1934 per fornitura a piè d’opera di serramenti in ferro per finestre, vani di passaggio e vetrate fisse. Didascalia a corredo del particolare grafico dell’ingresso principale pubblicato a pag.359, del numero monografico sul Palazzo delle Poste di Napoli di Architettura,
Profilo storico aziendale: La Bombelli Srl fu fondata nel 1889 a Milano. Il suo primo stabilimento era situato in Viale Monza e già nel 1914 contava una forza lavoro di circa 200 persone. L’intensa attività svolta dopo il 1920 portò la Bombelli in contatto con i più importanti architetti
Ditta Bombelli immagine pubblicitaria.
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