MONTE ARGENTARIO ■ Monte Argentario Conformazione, geografia, flora e fauna
■ Storia Archeologia, borghi, fortificazioni
■ Itinerari Spiagge, costa, oasi naturalistiche
■ Tradizioni Palio, cucina, prodotti tipici
€ 5,90
■ Informazioni pratiche Come, dove, chi
• C A R T O G R A F I A C O M P L E TA • C U R I O S I T À S T O R I C H E • • O R A R I D I V I S I TA • P E R C O R S I D E T TA G L I AT I •
A moored island
Monte Argentario
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Sommario L’ARGENTARIO SI PRESENTA Un’isola all’ormeggio
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Scogliere altere e verdi lidi
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La storia tra le pieghe del paesaggio
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ILUOGHI DA SCOPRIRE “…dove l’acqua è più blu…”
26/32
Itinerario costiero
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Verso la Torre di Capo d’Uomo
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Le aree naturali protette
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I borghi storici
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Sulle tracce di Etruschi e Romani
58/60
Torri e fortezze, la difesa del monte
62/68
Il Convento dei Passionisti
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LE TRADIZIONI Il palio marinaro
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La cucina e i prodotti tipici
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Argentario in pratica
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Toscana
aMonte Argentario
Un’isola all’ormeggio GRAZIE A UNA CONFORMAZIONE DEL TUTTO PARTICOLARE CHE HA CONTRIBUITO A PRESERVARLO, QUESTO PICCOLO PROMONTORIO PROTESO NEL SUPERBO MARE DI TOSCANA CONSERVA UNA NATURA INCONTAMINATA, CAPACE DI CONQUISTARE IL PIÙ ESIGENTE DEI TURISTI CON LE SUE ALTE SCOGLIERE A CUI SI ALTERNANO PICCOLE CALETTE SABBIOSE E DI AFFASCINARLO CON L’INASPETTATA SUGGESTIONE DEI SUOI BORGHI STORICI E DEI SITI ARCHEOLOGICI.
Accentuato promontorio mon-
Mulino nella laguna presso Orbetello
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MONTE ARGENTARIO
tuoso della costa grossetana, con caratteristiche geofisiche pressoché uniche, l’Argentario è un luogo pieno di fascino e motivi d’interesse. Meta privilegiata per chi ama il turismo balneare, offre al contempo la possibilità di ammirare splendide risorse naturali e uno straordinario patrimonio storico: una destinazione d’eccellenza per una vacanza in ogni periodo dell’anno. Dal punto di vista morfologico ci troviamo di fronte, in realtà, a un’isola, unita alla terraferma da due lunghe strisce di sabbia e da una diga centrale fatta costruire nel 1842 dal Granduca di Toscana Leopoldo II. Fu il trasporto di detriti da parte dei fiumi e il lento lavoro delle correnti marine in epoche remote ad “ancorare” alla costa tirrenica l’originaria isola dell’Argentario mediante la creazione dei “tomboli”, cordoni sabbiosi che uniscono le isole alla costa. Il tombolo della Giannella e il tombolo di Feniglia, a loro volta, hanno favorito la nascita della Laguna di
Orbetello, un paradiso per i naturalisti, che qui trovano una vegetazione unica e la possibilità di osservare una grande varietà di volatili, sia stanziali sia migratori (quella di Orbetello è l’area lagunare più grande del Tirreno). Un’isola ormeggiata alla terraferma, dunque, trattenuta a sé dal continente mediante catene di sabbia. Un modo di dire che contiene una contraddizione (l’isola è per definizione interamente circondata dal mare) ma che rende bene l’idea della realtà geografica del Monte Argentario. Oltre la piatta distesa delle lagune, il promontorio si erge interamente montuoso e raggiunge la sua massima elevazione ai 635 metri della Punta Telegrafo. Le sue pendici sono ricoperte da una fitta vegetazione - boschiva verso terra, a macchia mediterranea verso il mare - che si alterna agli uliveti e ai vigneti di Ansonico, distribuiti sulle “poste”, i terrazzamenti faticosamente ricavati nei fianchi del monte. In esso convive la suggestiva bellezza di chilometri di coste severe, alte e rocciose, a picco sul mare, in cui si aprono calette e piccole spiagge, e la selvaggia asprezza del rilievo dominato dalla macchia profumata, inciso da forre e valloni.
Panorami sul Tombolo di Feniglia dal Forte Filippo, sopra Porto Ercole
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Toscana
La spiaggia della Feniglia e il Monte Argentario Vista sul Tombolo di Giannella dal Monte Argentario (sotto)
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MONTE ARGENTARIO
aMonte Argentario
Tra natura e architettura Lungo il perimetro costiero si leva una catena di torri e imponenti fortificazioni, perfettamente armonizzate in un paesaggio dove frequentemente tra la vegetazione affiorano gli speroni rocciosi. L’Argentario offre in gran numero scorci scenografici di sogno, angoli segreti e meravigliosi nascosti nelle sue pieghe e un’atmosfera di quieta serenità che si accompagna alla potenza del suo paesaggio naturale. A ciò si aggiungono un ambiente marino perfettamente conservato e un clima straordinariamente mite in ogni periodo dell’anno. Porto S. Stefano e Porto Ercole sono i due soli centri urbani dell’Argentario; località alla moda, con le ville immerse nel verde, le barche a vela ormeggiate a Cala Galera, i locali e le vetrine luccicanti; centri che offrono il meglio in fatto di turismo balneare, ma anche borghi storici animati da una straordinaria vitalità e illuminati dalle testimonianze di un passato illustre. A breve distanza Orbetello e Ansedonia, con le superbe rovine di Cosa e la Tagliata Etrusca, completano il panorama urbanistico del promontorio e delle lagune.
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aMonte Argentario
■ ARGENTARIO E ARGENTARII Incerta è l’origine del nome Argentario. Secondo alcuni deriverebbe dalla lucentezza delle sue rocce; secondo altri dalla presenza in epoca etrusca di miniere d’argento sulla collina dell’Argentiera. Appare più credibile l’ipotesi secondo cui il nome deriverebbe dalla professione di banchieri (argentarii) esercitata dalla famiglia dei Domizi Enobarbi, gens romana proprietaria di questi luoghi fin dal I secolo avanti Cristo.
Chi cerca tranquillità e silenzio, e una vacanza a contatto con la natura farà meglio a visitare l’Argentario evitando i mesi più caldi (sotto ogni punto di vista) e preferendo la primavera e l’inizio dell’estate, con tutto lo splendore delle fioriture, o la fine dell’estate e l’autunno con le morbide luci e gli altrettanto splendidi colori.
Un paradiso per tutti i gusti
Panorami sul Tombolo di Feniglia dal Forte Filippo, sopra Porto Ercole
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A questi visitatori va ricordato che l’Argentario offre a chi ama il turismo attivo una vasta gamma di opportunità: dal trekking alle passeggiate nei borghi storici, dalla mountain bike all’archeologia, dalla vela alle immersioni subacquee, senza scordare la ricchezza di grotte – alcune costiere, dovute all’azione erosiva del mare, altre interne, dovute al carsismo – meta di appassionati speleologi e naturalisti. Chi preferisce la mondanità, al contrario, troverà i riflettori accesi a luglio e ad agosto, quando questo piccolo ma stupendo angolo di Toscana si trasforma in uno dei centri più mondani della costa tirrenica, la punta di diamante dell’intera Maremma, con località balneari frequentate da personalità nazionali e internazionali. L’Argentario, infine, costituisce un’ottima base di partenza per le escursioni nel cuore della Maremma più selvaggia e sulle tracce della civiltà etrusca. Porto S. Stefano è collegato via nave alle vicine isole del Giglio e di Giannutri, due gioielli dell’Arcipelago Toscano situati proprio dirimpetto alla Costa d’Argento.
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aMonte Argentario
Scogliere altere e verdi lidi DALLA PUNTA TELEGRAFO CHE CON I SUOI 635MT DOMINA IL PROMONTORIO, LO SGUARDO SPAZIA SUI TOMBOLI E SULLA LAGUNA DI ORBETELLO FINO ALLE COSTE ASPRE DEL VERSANTE OCCIDENTALE, ATTRAVERSO UNA VEGETAZIONE RICCA E VARIEGATA CHE PROTEGGE INNUMEREVOLI SPECIE DI ANIMALI E CHE NASCONDE LE TANTE GROTTE CARSICHE, PARADISO DEGLI SPELEOLOGI.
Vista su Orbetello, sulla Laguna di Ponente e sul Tombolo di Giannella dal Convento dei Passionisti
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In un’epoca ormai lontanissima l’Argentario dovette essere con molta probabilità l’ottava isola dell’Arcipelago Toscano, separata dalla costa collinare solo da un breve braccio di mare poi imprigionato dai tomboli e divenuto laguna. Se fosse veramente un’isola, il Monte Argentario, coi suoi 60 chilometri quadrati di superficie, sarebbe la seconda dell’arcipelago, con una forma compatta e coste poco articolate in seni e punte, per quanto non lineari ma frastagliate. Il suo profilo, a ovest, si alza ripido dal mare per poi puntare con un andamento più dolce verso la massima elevazione,
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Le acque cristalline della spiaggia Le Cannelle
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aMonte Argentario rappresentata dai 635 metri di Punta Telegrafo e situata in prossimità dell’estremità orientale. Dal punto di vista morfologico il paesaggio è aspro, con notevoli affioramenti rocciosi (per lo più rocce carbonatiche e silicee, che compongono in larga misura la struttura del promontorio), specie lungo i versanti costieri occidentali e meridionali, dove numerose sono le falesie a picco sul mare. Brevi tratti dal declivio più dolce e grandi frane provocate dalla forza erosiva del mare si alternano ai tratti verticali e precipizi. Il rilievo montano e la sua dorsale rocciosa principale, la cresta dei Ronconali, sono spartiti, quasi al centro del promontorio, da una grande valle orientata da nord a sud, mentre numerose valli secondarie si diramano a pettine, talvolta tanto profonde da assumere l’aspetto di vere e proprie gole. La natura delle rocce, spesso di tipo carsico, e la circolazione di acqua nel sottosuolo hanno portato alla formazione di grotte, anche di grandi dimensioni, ricche di concrezioni, stalattiti e stalagmiti formate dallo stillicidio delle acque (citiamo a titolo di esempio la Grotta degli Stretti in località S. Liberata,
non lontano da Porto S. Stefano). In alcune di queste cavità si sono insediate, fin da tempi remotissimi, specie animali primordiali; in altre sono stati rinvenuti reperti di uomini che le abitarono nel paleolitico e nel neolitico. Anche sotto il profilo geologico l’Argentario rientra nel quadro dell’Arcipelago Toscano e della costa grossetana, con formazioni di notevole varietà, prodottesi a partire dal periodo paleozoico, accavallate e sovrapposte a causa di successivi movimenti tettonici. I terreni più antichi sono formati da scisti, filladi, quarziti e anageniti; successivamente si trovano dolomie massicce e calcari stratificati; poi calcare cavernoso, ricco di cavità e spesso brecciato, molto diffuso sull’Argentario e sede di importanti mineralizzazioni; infine, più recenti rocce ofiolitiche metamorfosate.
Panorama da Punta Telegrafo, sullo sfondo l’Isola del Giglio
E in principio fu la Tetide… Tutte queste rocce si sono formate in un grande oceano, la Tetide, originatosi quando la Pangea, l’antico continente unico, si frammentò nelle due placche MONTE ARGENTARIO 17
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Faglie
aMonte Argentario europea e africana. Complessi movimenti di allontanamento e avvicinamento determinarono la parziale scomparsa della Tetide. Nel corso di questi lentissimi fenomeni, succedutisi tra i 10 e i 4 milioni di anni, le rocce che si erano formate nell’oceano, strette in un’enorme morsa, si frammentarono e si innalzarono facendo emergere, unito ad altre terre, anche quello che oggi è il Monte Argentario. L’evoluzione geologica successiva ha portato alla formazione, in tutta la Toscana Meridionale, di faglie che hanno causato, da un lato, lo sprofondamento di alcune zone e, dall’alto, la risalita di plutoni granitici con la conseguente emersione dell’Elba, di Montecristo, del Giglio e anche l’Argentario, che a partire dal Pliocene Medio fu come detto un’isola, saldatasi solo in tempi recenti alla terraferma tramite i tomboli di Giannella e Feniglia, due strette fasce dunali accresciute dall’accumulo progressivo di sabbia. La loro formazione venne anche a delimitare uno spazio di mare inter-
■ L’ACQUARIO MEDITERRANEO DELL’ARGENTARIO L’Acquario Mediterraneo dell’Argentario riproduce gli ecosistemi caratteristici del litorale della Costa d’Argento, ossia tipici ambienti marini mediterranei. Dispone di ben 12 vasche, di cui 7 panoramiche da 4.000 a 20.000 litri e 5 vasche tematiche, per un totale di circa 50.000 litri d’acqua di mare, che ospitano più di 100 specie di vertebrati e invertebrati: cernie, murene, squali, cavallucci, gattucci, pesci balestra, sogliole, orate, castagnole, gattopardi… e tanti altri abitanti delle nostre coste. Le 7 vasche panoramiche riproducono dettagliatamente i biotopi che si susseguono dalla superficie fino ai 60 metri di profondità. Il visitatore è accompagnato nell’immersione virtuale da luci ed effetti audio (suoni del mare, canti di balene…) per potersi immaginare sul fondo marino. Si visita anche l’Esposizione del Mare e l’Aula Didattica, dove si possono raccogliere informazioni sulle attività del Centro Recupero Cetacei e Tartarughe Marine dell’Argentario. Novità 2005: Vasca pelagica con squalo palombo e nursery per i COME DOVE: gattopardi; mostra “Squali Fossili”. Lungomare dei Navigatori 44/45, Porto S. Stefano tel. 0564.815933, www.acquarioargentario.com, Accademia Mare Ambiente sub info@acquarioargentario.com. Mascioli – Centro Didattico di Orari: Mar – Dom: 15.00 - 19.00 Biologia Marina del Comune di Sab, Dom: 10.30 - 12.30 / 15.00 - 19.00 (1° lug - 31 ago: lun – dom: 10.30 - 12.30 / 17.00 - 24.00) Monte Argentario.
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medio, una laguna chiusa a ovest dal monte, a est dalla terraferma, a nord e sud dalle due dune. La Laguna di Orbetello ha un’estensione di 26 chilometri quadrati e una profondità inferiore ai 2 metri. Comunica con il mare attraverso i canali di Nassa e di Ansedonia, e con il fiume Albegna attraverso il Canale Nuovo di Fibbia o delle Saline. Dei due cordoni dunali, quello meridionale o di Feniglia ha conservato intatta la vegetazione originaria ed è interamente coperto da una pineta, bordata verso il mare aperto da una splendida spiaggia di sabbia dorata, uno spettacolo quasi caraibico! A differenza dei tomboli, caratterizzati da grandi arenili lunghi fino a 8 chilometri, le spiagge ritagliate nella costa del monte non sono ampie. Immerse in un paesaggio fiabesco di rocce e verticali pendii frastagliati, sono costituite da modeste formazioni alluvionali depositate dai torrenti che sfociano in mare. In altri casi, gli accessi al mare sono garantiti da bassi litorali rocciosi, quasi senza sabbia, che si protendono in mare facendo risaltare lo splendore turchese e la trasparenza cristallina delle acque che circondano
Il Tombolo della Feniglia
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aMonte Argentario l’Argentario. Alle spalle preme la mole accidentata del monte, alto e a precipizi nel suo lato sudoccidentale, più dolce e digradante nel lato verso la terraferma. La macchia mediterranea lo ricopre interamente, lasciando spazio a formazione di piante d’alto fusto (leccio, quercia da sughero) solo in alcune parti del lato nordest, più fresco e riparato dai venti.
Il manto multicolore dell’Argentario
L’Isola Rossa (sotto)
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Particolarmente significativa all’Argentario la presenza di specie che raggiungono qui, grazie al clima mite, il limite settentrionale del loro areale, come nel caso della rara palma nana, un esemplare di flora spontanea tipico di regioni molto più calde. Ma l’universo botanico dell’Argentario è reso ancor più vario dalla presenza dei litorali sabbiosi dei tomboli, delle lagune e delle aree paludose, dove vegetano specie del tutto diverse da quelle citate: gramigna delle spiagge, santolina, sparto pungente, erba medica marina, calcatreppola marina, giglio di mare, agropiro, eringio marittimo, salicornia,
cannuccia palustre; senza contare la vasta pineta che si estende per tutta la lunghezza e la larghezza della duna di Feniglia. La macchia è formata da una densa vegetazione arbustiva. Seconde le specie predominanti si distinguono una macchia “alta” e una macchia “bassa”. Nella prima figurano principalmente specie quali il corbezzolo, l’erica arborea e l’erica scoparia, senza trascurare le significative presenze di lentisco, fillirea, mirto e alaterno, ma soprattutto quelle del leccio e dell’olivastro. Le macchie basse, predominanti dove le condizioni del terreno sono più difficili (pendii scoscesi, scarsità di suolo, esposizione ai venti), sono costituite da arbusti che non raggiungono i due metri, quali il cisto, di cui si ammira la varietà rossa (Cistus incanus), dai delicati petali color rosa acceso, l’euforbia arborea, la ginestra spinosa, il ginepro, il rosmarino. Contraddistinta da formazioni ancor più basse è la gariga, che forma tra le rocce e in riva al mare, in condizioni difficilissime, una copertura irregolare di specie adattabili e resistenti, come l’elicriso, il maro, il timo e molte altre essenze aromatiche.
Bacca di leccio
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aMonte Argentario
La storia tra le pieghe del paesaggio DALLA FREQUENTAZIONE PREISTORICA ALL’ARRIVO DEI ROMANI, DA SIENA AGLI SPAGNOLI: STORIA DI UNO DEI LUOGHI PIÙ STRATEGICI DELLA COSTA TIRRENICA, FORTIFICATO E DIFESO DA TORRI E CASTELLI COME NESSUN ALTRO.
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Cosa Ansedonia
⁄ Da vedere Cosa Ansedonia Tagliata Etrusca Porto Ercole Porto S. Stefano Acquario Mediterraneo dell’Argentario
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ritrovamenti archeologici testimoniano che l’occupazione dell’Argentario da parte dell’uomo ebbe inizio in epoche remote. Molte furono le spelonche abitate, tra cui la Grotta del Granduca (o degli Stretti) la più importante anche per le dimensioni, essendo lunga oltre 1 km. In epoca storica il primo popolo a frequentare il promontorio fu quello etrusco, che non lasciò, tracce evidenti della sua frequentazione; l’assenza di ritrovamenti riferibili alla civiltà etrusca fa pensare che queste genti, pur stanziate lungo tutta la vicina costa, non gli attribuissero particolare importanza strategica o economica. I primi veri colonizzatori furono i Romani, il cui vasto lascito di ville (S. Liberata, Poggio alle Forche, Sgalera, Pozzarello, Cala dei Pozzoni, i Muracci, Le Piane) dimostra come il fascino che la costa d’argento esercita sugli abitanti della capitale abbia origini antiche. Il primo riferimento documentale ricorre nel De Geographia di Strabone (morto nel 24 d.c.), che accenna al Portus Cosanus, con evidente riferimento alla città etrusca di Cosa, le cui rovine si ergono sulla collina di Ansedonia (anticamente il Monte Argentario era pure chiamato Promontorio Cosano). A quel tempo il promontorio faceva parte delle proprietà degli Enobarbi Domizi, di professione argentarii, cioè prestasoldi,
che a titolo di rimborso delle somme versate alla Repubblica durante la II Guerra Punica aveva ottenuto l’intero promontorio, detto in seguito Argentariorum Mons, cioè Monte degli Argentari. Dopo il crollo dell’impero romano, a seguito dell’abbandono dell’Aurelia e dell’impaludamento della costa, l’Argentario decadde, facendo vita a sé, nonostante dipendesse dall’Abbazia delle Tre Fontane dopo la donazione di Carlo Magno e riducendosi a un modesto borgo di pescatori. Passato tra i possedimenti degli Aldobrandeschi, poi degli Orsini, poi del re di Napoli, entrò a far parte nel 1410 dei possedimenti della Repubblica di Siena. Tornato ad assumere, con la ripresa dei traffici marittimi e delle connesse guerre, il suo straordinario valore strategico, il sito assiste in questo periodo al primo, importante sforzo rivolto alla sua fortificazione: nascono torri di avvistamento e fortezze, destinate a difendere le nascenti realtà urbane di Porto Ercole e Porto S. Stefano dalle incursioni piratesche. Col trattato sottoscritto nel 1557 da Filippo II di Spagna e dal Signore di Piombino, l’Argentario fu inserito nello Stato dei Presidi, una nuova realtà statuale, comprendente Orbetello, Porto
Cosa Ansedonia
La Tagliata, detta Tagliata Etrusca ma scavata in realtà dai romani (Ansedonia)
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Fortefilippo
Lo Spacco della Regina, spaccatura naturale parallela alla Tagliata (Ansedonia)
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aMonte Argentario Ercole, Porto S. Stefano e Talamone (cui si aggiunse, nel 1602, la piazzaforte elbana di Porto Longone), costituitasi a seguito dello smembramento dei territori della Repubblica di Siena, passati in parte al Granducato di Toscano e in parte agli spagnoli. Il trattato di CateauxCambresis, con cui nel 1559 Filippo II di Spagna ed Enrico II di Francia regolarono i rapporti tra le due nazioni, confermò i domini spagnoli in Italia: Milano, Stato dei Presidi, Regno di Napoli. Il promontorio divenne per la Spagna un valido punto di appoggio ai suoi collegamenti marini con il Vicereame di Napoli e di controllo sullo Stato della Chiesa e sul Ducato di Toscana. Questi motivi spinsero Filippo II a restaurarne le opere difensive, aggiungendone di nuove e trasformando il promontorio in una poderosa macchina bellica, con un formidabile complesso di fortificazioni, superiore ad ogni altro esistente in Toscana. I borghi di Porto Ercole e Porto S. Stefano conobbero un notevole sviluppo urbanistico ed economico: oltre alle famiglie di soldati spagnoli si insediarono anche pescatori di provenienza ligure e napoletana. Lo Stato dei Presidi, come entità a sé stante, seppur soggetta al governo del viceré di Napoli, resistette fino al 1801. Dopo la parentesi napoleonica, nel 1815 l’Argentario entrò a far parte del Granducato di Toscana e successivamente del Regno d’Italia.
■ CARAVAGGIO, UN GENIO DALLA VITA VIOLENTA Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, dal nome del paese d’origine vicino a Bergamo, nasce il 29 settembre del 1571 da una famiglia agiata e stimata (il padre era architetto). La vocazione artistica si manifesta molto presto e nel 1584. Michelangelo entra come allievo nella bottega del pittore bergamasco Simone Peterzano, allievo di Tiziano. Nel 1592 si trasferisce a Roma, dove lavora per artisti affermati al tempo, come Antiveduto Grammatica, Lorenzo Siciliano o Giuseppe Cesari. In quel periodo contrae una “grave malattia”, probabilmente la malaria, e viene ricoverato allo Spedale della Consolazione. Appartengono a questa fase i ritratti allo specchio e il Bacchino malato. La svolta nella carriera di Caravaggio è segnata dall’acquisto dell’opera I bari da parte del cardinal Francesco Maria Del Monte, a seguito del quale il pittore si stabilisce a Palazzo Madama, residenza del cardinale, restandovi fino al 1600. Oltre al Del Monte figurano tra i suoi committenti il marchese Vincenzo Giustiniani e le famiglie Barberini, Borghese, Costa, Mattei. Molti episodi della vita dell’artista, durante questi primi anni romani, restano tuttavia oscuri e inquietanti. Nel 1597 dipinge alcune tele per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi (Vocazione e Martirio di San Matteo, San Matteo e l’angelo) che lo rendono celebre e contestato: del San Matteo e l’angelo, infatti, dovrà fornire una nuova versione, essendo la prima giudicata volgare e irriverente. Sono anni contrastati, in cui la grande fecondità artistica e la potenza creativa si alternano a episodi truci e violenti. Tra il 1600 e il 1601 dipinge la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo; nel 1604 la Madonna dei pellegrini o di Loreto; nel 1605 la Morte della Vergine, rifiutata dai religiosi di Santa Maria della Scala e acquistata dal duca di Mantova su consiglio del giovane Rubens. Intanto, specie a partire dal 1603, si succedono le risse, le denunce alla polizia, i processi, finché Caravaggio non è costretto, nel 1605, a riparare a Genova, dopo aver ferito un cancelliere in tribunale. Nel maggio del 1606 uccide un uomo in duello e fugge nell’Italia meridionale, dove conduce una vita raminga. Nel 1607 giunge a Napoli, dove esegue per chiese e conventi capolavori come la Flagellazione di Cristo e le Sette opere di misericordia. Nel 1608 è a Malta, dove realizza il ritratto del Gran Maestro dei Cavalieri, Alof de Wignacourt, e compone la Decollazione di San Giovanni Battista. Fuggito in seguito a notizie provenienti da Roma sui motivi del suo esilio, si reca in Sicilia, dove lascia numerose testimonianze del suo genio: il Seppellimento di Santa Lucia a Siracusa; la Resurrezione di Lazzaro e l’Adorazione dei pastori a Messina, una Natività conservata nell’oratorio di San Lorenzo a Palermo. Tornato a Napoli nell’ottobre del 1609, è aggredito e gravemente ferito. Nel contempo i suoi protettori romani si adoperano per ottenergli la grazia. Ancora convalescente si imbarca nel luglio del 1610 per lo Stato Pontificio. Arrestato per errore alla frontiera di Porto Ercole e liberato due giorni dopo, vaga alla vana ricerca di un’imbarcazione. Colpito da febbri, si spegne in una locanda, in solitudine, il 18 luglio, qualche giorno prima dell’annuncio della grazia. MONTE ARGENTARIO 25
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“...dove l’acqua è più blu” LE INTERMINABILI SPIAGGE DEI TOMBOLI, DALL’ASPETTO QUASI CARAIBICO, LASCIANO IL POSTO, LUNGO L’ALTA E IMPERVIA COSTA DEL PROMONTORIO, A MINUSCOLE E SEGRETE CALETTE LAMBITE DA ACQUE TURCHESI E CRISTALLINE.
La Giannella
La spiaggia La Bionda Vista sul Tombolo di Giannella dal Monte Argentario(nella pagina a fianco)
Quella della Giannella è una spiaggia prevalentemente libera, su cui si affacciano alcuni stabilimenti balneari, specie verso le due estremità del tombolo. Le sue caratteristiche la rendono particolarmente adatta ed indicata per gli sport velici e per i bambini. È esposta ai venti settentrionali e occidentali (Maestrale, Tramontana). Il tombolo della Giannella si estende per circa 8 km dalla Bocca d’Albegna (foce del fiume Albegna, presso Albinia) a S. Liberata, località situata al punto di giunzione tra il cordone dunale e il monte. La duna sabbiosa, analoga alla Feniglia, è percorsa in tutta la sua lunghezza dalla Strada Provinciale 36 di Giannella, dalla quale si dipartono numerosi accessi al mare. Buona la disponibilità di parcheggi.
La Bionda La spiaggia è situata nel tratto S. Liberata - Porto S. Stefano, subito dopo il Pozzarello ed è esposta ai venti settentrionali. Ha due accessi: da Porto S. Stefano attraverso tre gallerie della ferrovia dismessa (si lascia l’auto al parcheggio del porto); dal
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Tutte le
spiagge
COSTA NORD La Giannella Bagni di Domiziano La Soda Pozzarello La Bionda Punta Nera La Cantoniera Viareggio La Marinella La Sanità (il Moletto) La Caletta
COSTA OVEST Il Siluripedio La Cacciarella Cala Grande Cala del Gesso Cala Moresca Cala del Bove Cala Piccola Capo d’Uomo L’Acqua Appesa Cala dell’Olio Sassi Verdi
COSTA SUD Il Mar Morto Le Cannelle Il Purgatorio La Ciana Cala Piazzoni
All
the beaches
COSTA EST Le Ficaie L’Acqua Dolce Lo Sbarcatello La Spiaggia Lunga La Piletta Le Viste Le Pietrine Cala Galera La Feniglia
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Pozzarello, percorrendo circa 200 metri della ex sede ferroviaria in direzione di Porto S. Stefano (auto al Pozzarello). È una spiaggia frequentata dai locali.
Cala Grande Come suggerisce il nome, quella di Cala Grande è una spiaggia di ampie dimensioni, ricavata sul bordo di una grande insenatura accessibile sia da terra sia dal mare. Chi viene da terra deve lasciare l’auto sulla Strada Panoramica e scendere a piedi lungo un sentiero che attraversa il bosco e la macchia lussureggiante: la discesa è, dunque, l’occasione per una piacevole passeggiata naturalistica; la salita, alla fine di una giornata di mare, può essere meno piacevole e più faticosa. La spiaggia, delimitata dagli ulivi ed esposta ai venti settentrionali e occidentali (Maestrale e Ponente), non è lineare e continua, ma formata dal susseguirsi di tanti piccoli settori, tutti raggiungibili a piedi: basta camminare un po’ e si trova sempre il proprio angolino. A differenza dei tomboli, lungo la costa del promontorio le spiagge non sono sabbiose e a Cala Grande troverete le situazioni più differenti: dalle rocce agli
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scogli, dai ciottoli ai massi levigati. La quiete e il silenzio sono tra i principali pregi del luogo. Altro elemento di grande interesse sono i fondali, anche vicino a riva: non dimenticate la maschera! Accesso: accesso pedonale situato all’altezza del km 3+950 della Panoramica (Strada Provinciale 65); si percorre una strada privata ad uso delle abitazioni confinanti; passato il ponte sul fosso Caùto, un piccolo sentiero creato dal letto del fosso stesso, dà accesso tra lecci di alto fusto alla spiaggia del Caùto (20 minuti circa); da qui, percorrendo la scogliera verso destra, si accede alle altre spiagge di Cala Grande.
Le acque cristalline di una baia del promontorio (a fianco) (sopra) Cala del Gesso
Cala del Gesso La Spiaggia ben riparata dai venti a sud della Torre di Cala Moresca, ed è poco frequentata o addirittura deserta fuori dai periodi di alta stagione. Accesso: deviazione asfaltata sulla destra al km 5+900 della Via Panoramica; dopo circa 350 metri si giunge a un cancello; qui si imbocca un viottolo abbastanza impegnativo che scende alla spiaggia in circa 15 minuti. MONTE ARGENTARIO 29
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aMonte Argentario Il Mar Morto È tappa obbligata per chi ami osservare i fondali (basta una semplice maschera subacquea), che offrono qui uno dei più bei paesaggi marini del promontorio. La baia è riparata a nord da un piccolo promontorio che si prolunga verso l’Isola Rossa, con cui forma una barriera per i venti settentrionali ed occidentali, così che il mare è quasi sempre calmo (o “morto”, come dice il nome). La spiaggia presenta qualche tratto sabbioso, rocce che si infilano sotto la superficie dell’acqua e grossi massi levigati, in genere comodissimi per “spalmarsi” al
La quieta baia del Mar Morto
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sole. Al centro c’è uno specchio d’acqua bassa delimitato dagli scogli, sempre calmo, una vera e propria piscina naturale. Accesso: giunti all’incrocio a T che segna la fine della strada comunale, in località La Maddalena, si prosegue a sinistra su di una carrozzabile più stretta, che forma poco più avanti una breve serie di tornanti affacciata su Cala dell’Olio (punto panoramico); dopo circa 4.3 km si lascia l’auto e si imbocca un sentiero in corrispondenza di una villa a destra della strada, il cui cancello reca piastrelle su cui sono raffigurati dei soli; si attraversa un breve tratto di macchia e si sbuca sul mare; tenere a destra per la spiaggia.
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Il Purgatorio Alcuni chiamano questa insenatura addirittura Bocca d’Inferno, come se il nome Purgatorio non fosse già abbastanza inquietante, ma non c’è ragione per simili appellativi: il posto, poco frequentato anche per la difficoltà a raggiungerlo da terra, merita assolutamente una visita. Accesso: dall’incrocio della Maddalena si percorrono 9.1 km, fino a che non si raggiunge l’imbocco di un sentiero sulla destra, in parte ostruito da alcuni massi; la discesa è lunga e impegnativa (circa 30 minuti), e occorre prestare attenzione soprattutto nel tratto finale. L’insenatura del Purgatorio (sopra) Un scorcio della lunga spiaggia della Feniglia (sotto)
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La Feniglia – spiaggia e pineta Il litorale sabbioso, lungo circa 7 km, delimita l’omonima duna che si spinge, sotto la copertura della lussureggiante pineta circondata da macchia mediterranea, fino alla collina di Ansedonia. L’arenile è quasi interamente libero, esclusi pochi stabilimenti balneari alle due estremità. Il litorale è frequentato dai praticanti del windsurf e degli sport velici. La spiaggia è esposta ai venti meridionali (Scirocco). Vi si accede sia da Ansedonia sia dalla Provinciale 2 di Porto Ercole: il bivio per la Feniglia è situato al km 1+500, tra Porto Ercole e il bivio per Orbetello. Ampi parcheggi in entrambi i casi.
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Itinerario costiero ALLE SCOPERTA DEI LUOGHI PIÙ SEGRETI LUNGO IL LITORALE DEL MONTE ARGENTARIO, DA PORTO S. STEFANO AL PURGATORIO E DA PORTO ERCOLE ALL’ACQUA DOLCE.
Si esce da Porto S. Stefano in
Porto S. Stefano vista dal mare (sopra) La Torre di Capo d’Uomo (a destra)
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direzione ovest sulla Strada Provinciale 65, meglio nota come Panoramica. Superata Punta Lividonia la prima spiaggia che s’incontra sulla costa occidentale è quella della Cacciarella. Il sentiero che vi conduce attraverso la macchia mediterranea ha inizio a destra del cancello di Villa Miragiglio (civico 128 della Via Panoramica). Si scende, poi si traversa a mezza costa con viste sullo Scoglio del Monaco e sul Giglio, raggiungendo in circa 10 minuti una prima caletta. Da qui un tratto di altri 10 minuti attrezzato (con gradoni e corrimano nei punti più difficili) conduce alla spiaggia della Cacciarella. Di nuovo sulla Panoramica, al km 3+950 ecco la strada senza uscita che consente l’accesso a Cala Grande. Si lascia l’auto e si scende lungo il sentiero privato fino al ponte sul fosso del Caùto; dopo il ponte si prosegue brevemente su uno sterrato, prendendo poi a destra il sentiero ricavato nel letto del fosso. Si raggiunge la spiaggia del Caùto (20 minuti) e da lì si può percorrere la scogliera verso destra, in direzione delle altre spiagge di Cala Grande. Tornati sulla Panoramica, si supera il bivio per Olivastri di Cala Moresco e si prende poco dopo quello
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La torretta che sormonta la porta d’accesso al nucleo storico di Porto Ercole
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a destra per il Consorzio Parco dell’Argentarola (km 5+900); si prosegue fino al cancello del civico 5 (250 metri), a lato del quale c’è il varco pedonale che immette sulla strada asfaltata che scende tra le ville verso Cala del Gesso. Alla fine della strada, c’è un cancello di legno che indica (“Al mare”) il sentiero a sinistra che porta prima a un piccolo spiazzo da cui si avvista l’isolotto dell’Argentarola, poi al mare (20 minuti dalla Panoramica). La costa che piega verso sud-ovest, in direzione di Punta Capo d’Uomo e Punta Maddalena, non è accessibile da terra. L’itinerario prosegue sulla Panoramica fino all’innesto con la Strada del Campone; qui si prende a destra fino alla fine della strada comunale, posta in località La Maddalena in corrispondenza di un incrocio a T. La strada costiera continua a sinistra (sud-ovest), sempre asfaltata ma più stretta e tortuosa, in direzione della non ancora visibile Punta di Torre Ciana, estremità meridionale del Monte Argentario. L’accesso al Mar Morto è posto dopo circa 4.3 km, in corrispondenza di una
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Panoramica sul Mar Morto
villa a destra della strada (civico 24), con piastrelle raffigurati il sole; si attraversa un breve tratto di macchia e si sbuca in 5 minuti sul mare; tenere a destra per la spiaggia. Protetto dal promontorio a nord e dall’Isola Rossa, questo tratto di mare è in genere calmo ed è caratterizzato dalla presenza di varie pozze e da una piscina naturale sempre calmissima, separata dal mare aperto da una linea di scogli. L’ultima spiaggia raggiungibile è quelle delle Cannelle, sotto l’omonima torre. Si prosegue sulla strada asfaltata e a un cancello in legno coi cartelli “Divieto di transito” e “Divieto di campeggio” si scende a piedi lungo la strada, prima asfaltata poi sterrata, tenendo la sinistra al bivio prima del ponte; si supera la chiesina delle Cannelle e si raggiunge l’omonima spiaggia di ciottoli (10 minuti). Con la strada principale è possibile proseguire ancora per circa 4 km; poi l’asfalto finisce e una camminata di circa
■ SPIAGGE PER BAMBINI Le spiagge più indicate per i bambini sono quelle della Giannella e della Feniglia, sabbiose e caratterizzate da fondali bassi, adatte ai più piccini. In entrambe ci sono lunghissimi tratti di spiaggia libera e stabilimenti balneari con tutti i servizi (lettini, ombrelloni, cabine, docce, bar). La Gianella è meglio servita per quanto riguarda l’accessibilità, dal momento che numerose brevi diramazioni di staccano dalla SP36 verso la spiaggia e per la facilità di parcheggio. La Feniglia è ideale per chi, coi bambini più grandicelli, voglia abbinare una giornata di mare a una passeggiata a piedi o in bicicletta dentra la pineta. Nelle giornate ventose, la spiaggia della Giannella offre riparo dai venti da Sud (Scirocco e Libeccio); quella della Feniglia offre riparo dai venti da Nord (Tramontana, Maestrale, Ponente). La Bionda, infine, è una spiaggetta di scogli, ben riparata, raggiungibile anche a piedi da Porto S. Stefano (con la strada dei “tunnel”, dal porto al Pozzarello), indicata per ragazzini dai 7 anni in su.
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mezz’ora conduce alla spiaggia del Purgatorio. La strada sterrata proseguiva, tagliando alle spalle di Punta Avoltore e congiungendosi con la Strada Provinciale 66, Panoramica di Porto Ercole, ma attualmente (2005) è interrotta da una frana. Per raggiungere le spiagge della costa orientale bisogna raggiungere Porto Ercole con la strada che lambisce la laguna (S.P. 2) e imboccare la S.P. 66 Panoramica. All’uscita del paese, un bar a sinistra della strada precede la deviazione asfaltata che scende alle Viste (10 minuti a piedi), una spiaggia attrezzata, da cui si ha un bel colpo d’occhio sulla Rocca Spagnola, che sorveglia da sud l’abitato di Porto Ercole. Percorsi altri 1.5 km, poco prima di un bivio che verso sinistra riconduce a Porto Ercole permettendo di salire al Forte Stella, un sentiero molto ripido scende in 20 minuti alla Spiaggia Lunga. Ancora più avanti, alla fine della strada asfaltata, si può proseguire a piedi al di là di una sbarra e all’altezza del cancello dell’Hotel Il Pellicano si prende a sinistra il sentiero per la spiaggia dell’Acqua Dolce (10 minuti).
Il profilo bastionato del Forte Stella
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Verso la Torre di Capo d’Uomo SCOPRIAMO A PIEDI UNE DELLE PIÙ SUGGESTIVE TORRI DELL’ARGENTARIO, VERO E PROPRIO NIDO D’AQUILA DA CUI SI DOMINA LA COSTA SUDOVEST DEL PROMONTORIO E SI SPINGE LO SGUARDO SINO AL GIGLIO, A GIANNUTRI E A MONTECRISTO.
Al
bivio tra la Strada del Campone, che sale direttamente da Porto S. Stefano, e la SP65 Panoramica, si segue quest’ultima verso destra (direzione Cala Grande). Poco dopo si nota una piazzola a sinistra della strada, da cui si diparte una strada bianca segnalata. Lasciamo l’auto e imbocchiamo lo sterrato verso sud. Percorsi circa 700 metri, a un bivio, teniamo a destra portandoci tra i vigneti fino a un casale. Aggirando l’edificio proseguiamo nella macchia su La Torre della Maddalena sentiero (segnavia biancorosso), prima a mezza costa, poi per rampe verso la ben visibile Torre Capo d’Uomo. Finalità dell’escursione non è tanto quella di ammirare il manufatto, purtroppo in rovina, quanto quella di apprezzare il magnifico panorama che si apre sotto di noi. Ci troviamo su una cima a 350 metri di quota, praticamente a picco sul mare, dove si avvista a destra l’imponente profilo del Giglio, a sinistra, più basso e defilato quello di Giannutri. Lontano affiora nelle belle giornate il cono perfetto di Montecristo. Alle spalle incombe la mole del promontorio, di cui possiamo ammirare la costa da Cala Piccola, a nord, fino alla Punta di Torre Ciana, a sud.
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Le aree naturali protette SUL TERRITORIO DELL’ARGENTARIO SI TROVANO DUE AREE PROTETTE, LA RISERVA NATURALE LAGUNA DI ORBETELLO, GESTITA DAL WWF, E LA RISERVA NATURALE STATALE DUNA DI FENIGLIA. AD ESSE SI AGGIUNGE LA VICINA RISERVA NATURALE LAGO DI BURANO, CHE CON LE PRIME DUE CONTRIBUISCE ALLA CONSERVAZIONE DEL VOLTO PIÙ AUTENTICO DELLA MAREMMA, QUELLO SFUGGITO ALLE IMPONENTI OPERE DI BONIFICA DEL SECOLO SCORSO, CHE HANNO PROSCIUGATO INTERI LAGHI COSTIERI E CANCELLATO VASTISSIME PALUDI, ALTERANDO PER SEMPRE LA FISIONOMIA ORIGINARIA DI QUESTA TERRA.
Riserva e laguna LA RISERVA NATURALE LAGUNA DI ORBETELLO
L’Oasi di Orbetello fu istituita nel 1971
dall’allora Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste. Nel 1977 l’area fu dichiarata d’importanza internazionale secondo la convenzione di Ramsar e pochi anni dopo, nel 1980, fu creata la Riserva naturale dello Stato. Il WWF Italia, cui è affidata la gestione dell’oasi sin dall’istituzione, ha successivamente acquistato il Bosco di Patanella, un piccolo stagno con prato semiarido e altri 100 ettari di territorio, tutti entrati a far parte dell’area protetta. La riserva è stata creata per salvaguardare un ecosistema di straordinaria ricchezza biologica, che comprende una laguna salmastra, le dune costiere coperte da fitta macchia mediterranea, alcuni stagni di acqua dolce, pinete e boschi di querce da sughero e sughere, pioppi e frassini. Il complesso lagunare di Orbetello, composto dalla Laguna di Ponente e dalla Laguna di Levante, si estende su circa 2700 ettari e presenta caratteristiche sensibilmente diverse sui due lati. La Laguna di Levante ha acque molto profonde e, a causa di ciò, attira numerosi uccelli che si nutrono sul fondo, come le folaghe, le anatre tuffatrici, gli svassi, i tuffetti e i cormorani.
Istituzione: 1971 Superficie: 870 ettari Gestione: a cura del WWF Italia sulla base di accordi con i proprietari privati e per conto del Ministero dell’Ambiente. Centro Visite: Centro Educazione Ambientale “A. Peccei” - Casale della Giannella, km 4 Provinciale della Giannella (svincolo di Albinia SS1 Aurelia - Porto S. Stefano), tel. 0564.820297.
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Il livello di salinità delle acque è inferiore rispetto a quello della Laguna di Ponente e questo favorisce la formazione di canneti sotto riva, che danno rifugio a molte specie di rallidi e a piccoli passeriformi. La Laguna di Ponente presenta l’ambiente tipico delle paludi salmastre, con acque salate e poco profonde, in cui affiorano le distese di fango. È nella parte più settentrionale di questo specchio che è nata nel 1971 l’oasi protetta. Oggi la Laguna di Ponente offre al naturalista sentieri ben marcati e numerosi punti di avvistamento per il bird-watching. Nel suo complesso la Laguna di Orbetello è una delle aree umide e paludose più importanti d’Italia: la costa tirrenica è una via naturale di migrazione e le poche aree palustri sopravvissute alle bonifi-
Vista sul Tombolo di Giannella dal Monte Argentario
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che costituiscono un patrimonio inestimabile, vitale per la sopravvivenza di tantissime specie volatili. L’abbondante vegetazione acquatica e le migliaia di invertebrati che vivono nelle acque lagunari attirano, infatti, un numero altissimo di uccelli: nella Laguna di Orbetello sono state censite ben 257 specie, di cui almeno 70 nidificanti. Aironi, cormorani, fenicotteri, cavalieri d’Italia, falchi pellegrini e falchi pescatori, mestoloni, spatole, migliaia e migliaia di anatre svernanti offrono uno spettacolo unico a chi voglia accedere col dovuto rispetto a un ecosistema meraviglioso, ma delicato.
La duna di Feniglia LA RISERVA NATURALE STATALE DUNA DI FENIGLIA
lunga circa 6 km, per una larghezza dai 700 ai 1000 metri, che unisce, da est a ovest, la Collina di Ansedonia al promontorio del Monte Argentario, separando al contempo la Laguna di Levante dal Mar Tirreno. Il tombolo si formò circa 4000 anni fa per il lento accumularsi di sedimenti detritici trasportati dalle correnti marine e lentamente vi si radicò una fitta selva che lo rese stabile, impedendone l’arretramento verso la laguna. Oggi è
Istituzione: 1971 Superficie: 474 ettari Gestione: Corpo Forestale dello Stato, tel. 0566.40019
La Laguna di Orbetello
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La riserva è istituita sulla duna sabbiosa
■ L’OASI IN PRATICA L’oasi di Orbetello comprende tre itinerari di visita, il primo dei quali è il Sentiero Ornitologico, il più attrezzato, visitabile da settembre ad aprile, sia liberamente che con visita guidata; permette l’osservazione dell’avifauna attraverso un percorso con 9 capanni. Il secondo è il Sentiero di Patanella, lungo il quale è allestito un percorso botanico; sono, inoltre, presenti alcuni capanni per l’osservazione; è visitabile tutto l'anno liberamente o con visita guidata. Il terzo è il Sentiero escursionistico, che collega il Centro visite del Ceriolo con il Bosco di Patanella: più lungo degli altri due, attraversa vari ambienti ed è percorribile tutto l'anno solo con visita guidata su prenotazione. Presso il Casale della Giannella vi è un piccolo sentiero natura, dove è possibile visitare la mostra sulle zone umide e il giardino delle farfalle Percorsi natura, capanni per l'osservazione degli uccelli, giardino delle farfalle, materiale didattico e un Centro di educazione ambientale realizzato all'interno di un casale spagnolo del ’600, il Casale della Giannella, dotato di sala riunioni, spazi didattici, mostre tematiche (altri tre casali più recenti sono adibiti a foresteria con una grande sala mensa e una cucina). Aperte dal 1 settembre al 30 aprile, le visite guidate partono dalla località Ceriolo (in prossimità dell’Aurelia), sabato e domenica alle ore 10.00 e alle 11.30; visite guidate al Bosco di Patanella sono il venerdì alle 10.00 e alle 14.30, su richiesta; nel periodo estivo, visite guidate al Bosco di Patanella, tutti i sabati alle 10.00 e alle 15:30; gli altri giorni su richiesta; informazioni al numero telefonico 0564.870198.
interamente ricoperto da una fitta formazione di pini domestici dalla chioma a ombrello, splendido esempio di selva litoranea, all’ombra dei quali corre una strada sterrata, percorribile a piedi o in bicicletta, che unisce le due estremità del cordone dunale; a intervalli di un chilometro si dipartono verso sud i sentieri che portano al mare. Su questo lato corre la lunghissima spiaggia della Feniglia, con stabilimenti balneari nei soli tratti finali, in vicinanza dei parcheggi. La riva che si affaccia sulla laguna è invece coperta da una fitta macchia mediterranea in cui si aprono piccoli stagni frequentati da garzette, aironi, germani reali e cavalieri d’Italia. Attraversando la pineta, intervallata da lecci e sughere, si potranno ammirare le molte specie botaniche del ricco sottobosco e, nelle prime ore del giorno o al tramonto, potrà capitare di imbattersi in qualche esemplare della fauna locale: lepri, cinghiali, volpi, tassi e istrici, gufo comune,
Una garzetta, tra le speci protette dell’Oasi di Orbetello
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falco lodolaio, ghiandaia di mare; mentre decisamente più raro è l’avvistamento del cuculo, del picchio rosso e del picchio verde, tutti nidificanti. Più facile, invece, l’incontro con i daini, cui ci si può persino avvicinare, nella radura o nel tratto di pineta presso la stazione della Guardia Forestale, vicino al cancello orientale della riserva.
Il lago di Burano La Riserva di Burano, situata nell'ultimo tratto costiero meridionale della Maremma, completa il panorama natuIstituzione: 1977 ralistico dell’Argentario. Superficie: 410 ettari Il Lago di Burano, dominata dalla torre Gestione: a cura del WWF Italia d’avvistamento spagnola del Seicento, è Attrezzature: percorsi-natura, giardino delle interessato dalla presenza di numerose farfalle, torri d’osservazione e capanni, forespecie ornitologiche, sia migratorie sia steria, sala proiezione stanziali. Sotto il profilo naturalistico Recapiti: Oasi di Burano, questo specchio d’acqua è un vero tel. 0564.898829 - oasiburano@inwind.it gioiello, perché rappresenta la sintesi dei paesaggi e degli ecosistemi che connotavano il paesaggio della Maremma prima delle bonifiche. Porto S. Stefano, la Fortezza Spagnola Si tratta di un tipico stagno retrodunale, alimentato da un (sotto) corso d’acqua che non trova sbocco al mare a causa della presenza delle dune. L’oasi protetta L’oasi nacque nel 1967 su iniziativa del WWF Italia, che stidel WWF “Saline” (a lato) pulò accordi con i proprietari per una gestione dell’area a fini
LA RISERVA NATURALE LAGO DI BURANO
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Uno stormo di uccelli sulla laguna (sopra) Il tarabuso (sotto)
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di conservazione e tutela naturalistica. Nel 1980 l’area è divenuta Riserva naturale statale di ripopolamento animale. Il Lago di Burano è una sorta di polmone che riceve acqua dolce dai canali di scolo delle campagne vicine e dalla falda sotterranea ed è collegato al mare grazie a un canale in parte artificiale. Iniziando dal mare, troviamo una fascia salmastra, popolata da piante lacustri, poi i bassi cespugli che colonizzano il difficile terreno delle dune, contribuendo a stabilizzarlo, infine la fascia di foresta mediterranea formata da sughere, lecci e roverelle. Le acque del lago sono ricche di pesci e molluschi, mentre nella macchia abbondano i rettili, tra cui la tartaruga terrestre, che trova qui un’area di grande diffusione. La macchia e il bosco sono frequentate da tassi, istrici, ricci, volpi, donnole e puzzole. Un grandissimo numero
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I borghi storici I DUE PORTI DELL’ARGENTARIO, PORTO S. STEFANO E PORTO ERCOLE, E IL LORO DIVERSO RUOLO STORICO; LA CURIOSA GEOGRAFIA DI ORBETELLO.
Porto Ercole, il nucleo del borgo antico (sopra)
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Il
promontorio dell’Argentario conta due insediamenti urbani principali: Porto S. Stefano, a nord-ovest e Porto Ercole, a sud-est dove si concentra la quasi totalità della popolazione (circa 12.000 abitanti) e la maggior parte delle attività economiche. Il primo centro abitato di cui si abbia notizia è Porto Ercole, identificabile col sito attuale già dal I secolo a.C., quando sotto i Romani l’abitato inizia ad esercitare una certa importanza commerciale. Nel Cinquecento, mentre Porto S. Stefano è ancora allo stato embrionale, Porto Ercole viene dotato dai Senesi di una prima cinta muraria; successivamente saranno
gli Spagnoli a fortificarlo ulteriormente con la costruzione di ben tre fortezze. Nell’Ottocento, venute meno le esigenze difensive, ha inizio l’espansione urbanistica di Porto S. Stefano, che conta un bacino più ampio di Porto Ercole e un porto con migliori opportunità di sviluppo commerciale. Col distacco della comunità dell’Argentario da quella di Orbetello, si ha una definitiva inversione di tendenza: Porto Ercole rimane un piccolo borgo di pescatori, mentre Porto S. Stefano conosce una grande espansione demografica. Gli anni Sessanta del secolo scorso coincidono col boom turistico dell’Argentario. Per una ventina d’anni si assiste a una crescita turistico-residenziale spesso incontrollata, che occupa soprattutto le zone costiere adiacenti ai due centri abitati: a nord, da S. Liberata a Punta Lividonia; a ovest, le zone di Cala Moresca, Cala del Gesso, Cala Piccola. Su Porto Ercole l’impatto turistico è minore, anche se nelle vicinanze è stato creato, a partire dal 1973, il nuovo
Porto Ercole, scalinata con il busto di S. Erasmo (sopra) Porto Ercole, il Palazzo del Governatore (sotto) MONTE ARGENTARIO 51
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approdo di Cala Galera, capace di ospitare centinaia di imbarcazioni da diporto. Nonostante l’affermarsi dell’Argentario come destinazione turistica di prim’ordine e il conseguente sviluppo econonomico e demografico, l’impatto della crescita edilizia non è stato devastante sul contesto ambientale: quanto meno, all’Argentario sono stati risparmiati i palazzoni e i “mostri” in cemento che hanno altrove deturpato coste splendide. L’intero territorio del monte coincide con un solo comune, quello di Monte Argentario, comprendentre entrambi i centri urbani maggiori con Porto S. Stefano sede dell’amministrazione comunale.
Porto S. Stefano
Porto S. Stefano, il molo della Pilarella
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Sede di una piccola comunità in epoca romana (figurava sulle carte come Portus ad Cetarias o Portus Incitaria e, più tardi, come Portus Traianus), Porto S. Stefano non ebbe particolare fortuna nei lunghi secoli del Medioevo, quando se ne perse quasi traccia. Né se ne occuparono i senesi durante il secolo e mezzo (1415-1557) della loro dominazione: non solo Siena non fece alcuno sforzo per valorizzare il sito, ma rifiutò nel
Porto S. Stefano, uno scorcio panoramico sul mare e la Fortezza Spagnola (sopra)
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La mole austera della Fortezza Spagnola (sopra) Maestro d’ascia al lavoro su un gozzo (sotto)
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1523 il permesso ai Cavalieri di S. Giovanni di stanziarvisi e fondarvi una città. Fu solo a partire dal 1557, con l’arrivo degli Spagnoli, che l’avvio dell’imponente progetto di fortificazione dell’Argentario fu esteso anche a Porto S. Stefano, prescelto quale base per la potente flotta mercantile iberica, che svolgeva i suoi traffici nel medio e alto Tirreno. Situato all’interno di una pittoresca insenatura della costa settentrionale, il principale centro abitato del promontorio è oggi una frequentata stazione balneare, il cui cuore pulsa intorno al porto nuovo, animato da barche e pescherecci, nonché dai traghetti per l’Isola del Giglio e Giannutri. Collegato al porto nuovo da una passeggiata lungo il mare è il porto vecchio, su cui si affaccia il Piazzale dei Rioni, recentemente ristrutturato con un design moderno. Dai due porti si dipartono le stradine del centro storico, che si arrampicano fino alla settecentesca chiesa di Santo Stefano Protomartire (distrutta durante la guerra e ricostruita nel 1950) e ancora più su, fino alla Rocca Spagnola, che domina l’intero golfo. Il poderoso edificio a pianta quadrata, con mura spesse sei metri e decori in stile
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La torretta che sormonta la porta d’accesso al nucleo storico di Porto Ercole e attuale Rocca
era entrata in possesso nel IX secolo, agli Aldobrandeschi (XIII secolo), quindi agli Orsini e dal 1415 alla Repubblica di Siena. Gli Spagnoli, giunti in seguito alla nascita dello Stato dei Presidi, ne fecero il cardine del sistema difensivo del promontorio, costruendovi intorno le fortezze più imponenti. Come un’inespugnabile corona intorno alla baia e al borgo, sorsero la Rocca Spagnola e i poderosi forti Filippo, S. Caterina e Stella: capolavori di architettura militare e, al tempo stesso, elementi ormai insostituibili del paesaggio costiero del lato meridionale dell’Argentario. Porto Ercole è oggi diviso in due parti: il borgo medievale a sud, all’ombra della Rocca Spagnola e difeso dalle mura senesi, e il paese moderno a nord, coi luoghi di ritrovo, i negozi, i ristoranti e la passeggiata a mare, che termina sotto la collina coronata dal Forte Filippo. Da piazza Ricasoli, all’estremità opposta del lungomare, si attraversa la cinquecentesca Porta dell’Orologio e si giunge in piazza Santa Barbara, cuore del borgo e splendido belvedere sulla baia. Sulla piazza si affaccia il Palazzo del Governatore Spagnolo, eretto dai Senesi agli inizi del XVI secolo, poi rifatto dagli Spagnoli; sul lato opposto, verso il mare, sorge il bastione di Santa Barbara, antico faro bizantino trasformato in fortilizio dai Senesi. Attraverso le viuzze del nucleo più antico – un suggestivo dedalo di vicoli sormontati da archi, di sottopassaggi, di rampe, di svolte –, poi per una scalinata, si sale fino alla Rocca Spagnola, che si può visitare previo accordo con l’ufficio turistico. Quasi sotto la Rocca si trova la più antica chiesa del paese, Sant’Erasmo.
Orbetello Distesa su uno stretto lembo di terra al centro della laguna, Orbetello è unita al promontorio dell’Argentario dal 1842 mediante una diga artificiale percorsa dalla carrozzabile. La sua forma, all’estremità della penisola che divide la Laguna di Ponente dalla Laguna di Levante, è quella della prua di una
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nave, da cui sembra dipartirsi una passerella che approda all’Argentario. Collocata in un ambiente unico e spettacolare, la città è sempre stata oggetto di contesa e di conquista, passando dagli Aldobrandeschi agli Spagnoli, dagli Austriaci ai Francesi. Centro vivace già sotto gli Etruschi, Orbetello fu conquistata dai romani nel 280 a.C. Nel Medioevo seguì le sorti dell’Argentario, entrando a far parte, nel 1557, dello Stato dei Presidi. Come Porto Ercole e, in misura minore Porto S. Stefano, anche Orbetello fu fortificata in questo periodo dagli Spagnoli con imponenti opere difensive. La visita della cittadina può iniziare da Porta Nuova, una delle tre porte aperte nelle mura cinquecentesche, vicino al bastione di S. Maria, al bastione d’Arcos e alla polveriera. Qui inizia il primo tratto delle mura etrusche, che si seguono fino al Duomo dell’Assunta, dalla facciata tardogotica. La Torre dell’Orologio domina piazza Garibaldi, mentre da piazza del Popolo si accede all’Antiquarium di Orbetello. Giunti alla diga sulla laguna si ammira il tratto più suggestivo e meglio conservato delle mura etrusche, vicino al quale sorge un caratteristico mulino.
Domina la laguna di Levante la solitaria torre di un mulino
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Sulle tracce di Etruschi e Romani SE L’ARGENTARIO NON VANTA UNA GRANDE RICCHEZZA ARCHEOLOGICA BASTA RAGGIUNGERE L’ESTREMITÀ VERSO TERRA DEL TOMBOLO DELLA FENIGLIA, PER TROVARE NEGLI STRAORDINARI RESTI DELL’ANTICA COSA E DELLA TAGLIATA ETRUSCA UNO SPACCATO DELLA VITA CHE QUI SI SVOLGEVA DUEMILA ANNI FA.
Ansedonia e la Tagliata Etrusca
Il sito archeologico di Cosa sul promontorio di Ansedonia
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Sulle pendici del promontorio roccioso che caratterizza la costa maremmana nel punto in cui ha inizio il Tombolo della Feniglia, si nascondono nel verde le ville di Ansedonia, un elegante e discreto centro residenziale. La sommità del promontorio, da cui si gode uno spettacolare panorama a 360 gradi sul Monte Argentario, sulla Laguna di Orbetello e sul litorale maremmano meridionale, è occupata dalle rovine dell’ antica colonia romana di Cosa. In basso, una successione di speroni rocciosi si tuffa in un mare cristallino – uno dei più limpidi del litorale – nascondendo anfratti e grotte raggiungibili soltanto via mare. La scogliera occupa interamente la distanza tra la spiaggia della Feniglia, a nord-ovest e un’altra grande e meravigliosa spiaggia, quella della Tagliata Etrusca, a sud-est. È proprio qui, nel punto in cui termina la scogliera e riprende il litorale sabbioso, che sorgeva l’antico Portus Cosanus, a meno di un chilometro dall’acropoli della città, oggi raggiungibile per via delle Rose e via delle Mimose. Ai pochi resti del porto romano si aggiungono le tracce di una
villa romana del I-IV secolo: resti di muri e un pavimento mosaicato di pietra grigia appartenuto alle terme annesse alla dimora gentilizia. Alcune parti del complesso sono state inglobate nella Torre di S. Biagio, eretta dagli Spagnoli nel XV secolo a difesa del porto della Tagliata e meglio nota come Torre di Giacomo Puccini, perché fu residenza saltuaria del celebre compositore. Portandosi dalla torre alla vicina scogliera e lasciati a sinistra, al limite della spiaggia, gli antichi piloni del molo, si possono ammirare due opere straordinarie, una naturale l’altra artificiale. Quella artificiale è la cosiddetta Tagliata Etrusca, una spettacolare opera di ingegneria idraulica costituita da un lungo canale scavato nella roccia dai Romani (improprio è il nome, che sembra attribuirne l’origine agli Etruschi) per favorire il deflusso delle retrostanti acque lagunari del Lago di Burano e scongiurare l’insabbiamento del porto. Quella naturale è lo Spacco della Regina, una profonda fenditura carsica che corre ai piedi della scogliera, proprio tra quest’ultima e il mare. Si dice che qui sia precipitata la bellissima regina Ansedonia, caduta nelle viscere del monte dove demoni e streghe celebravano i loro riti. Una scaletta permette di salire ad ammirare la Tagliata dall’alto, poi prosegue consentendo di scendere all’altezza dello Spacco della Regina e di percorrerne il lato a mare.
Il lungo litorale sabbioso della Tagliata
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La città di Cosa
L’antica colonia romana di Cosa Ansedonia: il canale e due scorci del sito archeologico (sotto e a lato)
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I resti della città di Cosa occupano l’area sommitale del promontorio di Ansedonia, 114 metri sopra il livello del mare. Si tratta di una colonia romana fondata nel 273 a.C., sette anni dopo la conquista di Vulci, per controllare i territori di Vulci e Orbetello. Cosa, Il cui nome derivò da quello più antico di Cusi o Cusia, relativo a un centro etrusco sul luogo dell’attuale Orbetello, fu costruita e consacrata secondo le usanze etrusche, ma sotto l’egida della legge romana. I Romani, con l’intento di farne un’importante punto strategico di controllo del Tirreno, vi innalzarono una poderosa cinta muraria, con tre porte d’accesso, in enormi massi poligonali di calcare, dotata di ben 17 torri quadrate sui lati in vista del mare. Di notevole interesse è il sistema di approvvigionamento idrico, costituito da cisterne pubbliche e private, di cui sono rimaste numerose tracce. La visita inizia da Porta Fiorentina, uno dei tre ingressi aperti nelle mura perimetrali, lunghe oltre 1500 metri, e accedendo al nucleo cittadino, che doveva apparire come un reticolo di strade e canali. A destra, appena entrati, si nota l’horreum, deposito delle merci provenienti dal Portus
Herculis e dal Portus Cosanus. Proseguendo lungo la strada si giunge all’Antiquarium, sede museale con statue e reperti e alla casa dello Scheletro, così chiamata perché nella sua cisterna è stato trovato uno scheletro umano. Si continua salendo in direzione del foro, situato nell’area compresa tra la porta nord-est (detta Romana e ben conservata) e la porta sudest: qui si allungavano gli atria, versione latina dei nostri negozi. In questa zona si trovano la basilica, l’arenarium e il tempio della Concordia. Per la Via Sacra si accede all’acropoli, cuore religioso della città, a sua volta difeso da mura. Qui sorgono due templi: uno dedicato alla Mater Matuta e uno a Giove. Di fronte vi sono i resti del Capitolium a tre celle con un pronao di sei colonne. Cosa fu città-stato latina, autogovernata e fedele a Roma; nel 90 a.C. ottenne la cittadinanza romana, entrando a far parte della Res Publica; ma ebbe, tutto sommato, vita breve: non più di 250 anni, dopo i quali i Romani la abbandonarono per insediarsi in località più vicine al mare. Cosa rimase un luogo sacro, dove i culti pagani continuarono anche nel periodo successivo alla cristianizzazione dell’impero. Ridotta alle dimensioni di modesto villaggio fu l’ultimo baluardo degli Ariani, che ne mutarono il nome in Ansedonia. Passata ai Franchi, fu donata da Carlo Magno, con l’intero Argentario, all’Abbazia delle Tre Fontane nell’anno 805. Nel 1948 hanno avuto iniMUSEO ARCHEOLOGICO zio i lavori di scavo archeologico. Oggi le NAZIONALE DI COSA rovine di Cosa offrono uno scenario di Orbetello (Grosseto) loc. Ansedonia, intensa suggestione, con i resti di antiarea archeologica di Cosa, Tel. 0564.881421. che civiltà che si aprono su un panorama Da ottobre a aprile: 9.00-17.00, mozzafiato comprendente magnifici da magggio a settembre: 9.00-19.00 scorci sulle Laguna di Orbetello, sull’Argentario e su Giannutri. MONTE ARGENTARIO 61
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Torri e fortezze, la difesa del monte SOTTO I SENESI E GLI SPAGNOLI, TRA IL XV E IL XVII SECOLO, L’ARGENTARIO FU FORTIFICATO CON LA COSTRUZIONE DI IMPORTANTI OPERE DIFENSIVE: TORRI, FORTEZZE E CASTELLI. MOLTE DI ESSE SONO VISIBILI E RAGGIUNGIBILI DALLA PANORAMICA DI PORTO S. STEFANO.
Fortezza Spagnola di Porto S. Stefano
Assomiglia a una grossa torre, poggiata su un basamento quadrato di 55 metri di lato. Costruita a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, la torre svolgeva compiti di avvistamento e di alloggio della guarnigione. Oggi ospita il Museo dei Maestri d’Ascia e il Museo delle Memorie Sommerse ed è utilizzata per esposizioni temporanee. La cinquecentesca Torre di Cala Moresca
Torre di Lividonia La torre domina la costa nord-occidentale dell’Argentario con la sua forma di parallelepipedo quadrato, alto e imponente. Fu costruita per mano degli Spagnoli tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo; è in buono stato di conservazione.
Torre di Cala Moresca Spagnola, databile al XVI secolo, la Torre di Cala Moresca è situata a metà della baia, dove si erge quadrata poco alta sopra il mare. La parte superiore è semidistrutta.
Torre di Cala Piatti Eretta dagli Spagnoli nel XVI secolo, ha pianta circolare ed è situata sul versante scosceso dell’omonima cala, a picco sul
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mare. L’edificio è suddiviso in due vani circolari sovrapposti: il piano terra fungeva da deposito d’acqua; mentre il piano superiore era alloggio delle guardie. La torre, che aveva funzione di avvistamento, è in ottimo stato di conservazione.
La Torre di capo d’Uomo
Torre di Capo d’Uomo Sentinella semidistrutta svettante sulla sommità della punta di Capo d’Uomo, la torre è una costruzione di forma quadrata, assegnabile alla fine del XVI secolo, posta a un’altezza di 385 metri sul livello del mare, con un’amplissima visuale sul mare. È una delle più suggestive costruzioni militari dell’Argentario, per la posizione, che ne fa un vero e proprio “nido di aquila”, dalla quale si domina con una vista mozzafiato la costa sudovest del promontorio fino a Punta Ciana con la sua torre: e da qui lo sguardo si spinge sulle vicine isole dell’Arcipelago Toscano, Giglio e Giannutri. Splendida anche la passeggiata che permette di raggiungere la torre dalla Panoramica: un percorso di circa 40 minuti su un sentiero di crinale, senza dislivelli (tranne che nel tratto prima della torre) facile e senza pericoli. Durante il tragitto si attraversa un ambiente naturale inconMONTE ARGENTARIO 63
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taminato, con splendide vedute dell’entroterra e della costa. Accesso: un chilometro dopo l’incrocio tra la Strada del Campone e la Strada Panoramica, in direzione Porto Ercole, un grande leccio segna l’inizio di un sentiero sulla destra (sul lato opposto, a sinistra, un altro sentiero si stacca dalla strada). Imboccare il sentiero a destra in direzione del mare. Dopo i primi 200 metri, svoltare in un nuovo sentiero a destra, più stretto, in leggera salita e seguirlo fino a Capo d’Uomo.
Torre della Maddalena La torre di costruzione senese, a pianta quadrata, risale al XV secolo ma fu modificata sotto gli Spagnoli. È in ottimo stato di conservazione e occupa l’estremità della punta della Maddalena, a picco sul mare. Si compone di due vani sovrapposti: quello inferiore con funzione di cisterna, quello superiore adibito ad alloggio delle guardie.
Torre delle Cannelle Costruzione a base poligonale databile tra il XVI e il XVIII secolo, la torre è formata da un solo vano e situata quasi a ridosso della spiaggia delle Cannelle. In buono stato di conservazione, è circondata da una bassa muraglia.
Torre Ciana
Il profilo della Torre della Maddalena (sopra) Il volume cilindrico della Torre Ciana (sotto)
Arroccata al centro del Poggio di Bocca d’Inferno, tra la cala Piazzoni ed il Pur gatorio, la costruzione nacque per facilitare le segnalazioni con i forti di Porto Ercole. D’impianto senese, fu successivamente modificata dagli Spagnoli; ha pianta circolare ed è costituita da un solo vano; oggi versa in un precario stato di conservazione.
Torre Avvoltore È una costruzione del XVI secolo a pianta quadrata, provvista di mura esterne di cinta e consta di due vani al piano terra e di uno a quello superiore.
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Forte Stella Fa parte del sistema difensivo di Porto Ercole, occupando un’altura a sud-ovest del borgo, quasi ai piedi del Monte Telegrafo, da cui domina la Cala dei Santi. La sua costruzione risale al XVI secolo: notevole è l’impianto architettonico, anche se le sue funzioni erano prevalentemente di avvistamento, più che di difesa, sebbene rappresentasse con Forte Filippo uno dei capisaldi dell’organizzazione militare dell’Argentario. Il forte prende il nome dalla pianta a forma di stella a sei punte e dopo i restauri, viene oggi usato come sede di mostre ed esposizioni temporanee. Si può seguire il perimetro del forte dall’alto delle mura. Dai suoi spalti si gode di una vista mozzafiato sul tratto di costa da Talamone a Montalto di Castro; in collegamento visivo sono anche la Rocca e Forte Filippo. Accesso: seguire oltre Porto Ercole la S.P. 66 Panoramica e giunti al bivio sopra la Spiaggia Lunga, tenere la strada a destra in salita (in pratica la prima strada sulla destra una volta usciti da Porto Ercole). In breve ci si trova a un valico da cui è visibile il forte, sulla sommità di una collinetta: sulla destra si diparte la strada asfaltata che lo raggiunge in 300 metri (parcheggio per 6-7 auto).
Rocca di Porto Ercole È detta anche Rocca di S. Barbara ed è la più grande costruzione militare dell’Argentario con una superficie complessiva di 26.000 metri quadrati di cui 14.500 metri quadrati occupati da muri di difesa, 1.720 metri quadrati di edifici e 9.800 metri quadrati di superficie scoperta. La sua forma è irregolare per permetterle di seguire l’andamento della collina su cui si trova. È stata costruita in varie epoche.
L’efficiente sistema difensivo dell’Argentario: il cinquecentesco Forte Stella (sopra) e le difese del Forte Filippo
Forte Filippo Eretta nel XVI secolo, questa fortezza rappresenta il principale intervento difensivo promosso dallo Stato dei Presidi ed è il secondo in ordine di grandezza e imponenza dopo la MONTE ARGENTARIO 65
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Rocca, grande tre volte tanto. Il forte, collocato sulla cima del Monte Filippo a cavallo tra il golfo di Porto Ercole e quello di Cala Galera, ha forma rettangolare, con quattro bastioni triangolari disuguali e asimmetrici ed è circondato da un ampio fossato.
Forte di S. Caterina
Il Forte di S. Caterina, in cui fu ricoverato Caravaggio (sopra) La senese Torre dell’Argentiera (sotto)
Situato ai piedi della collina di Monte Filippo, sulla punta che sporge nel mare, fu costruito per consentire il tiro radente delle artiglierie, cosa impossibile dalle altre fortificazioni di Porto Ercole. Non aveva funzione di forte, ma di batteria e fu utilizzato anche come ospedale. A tale proposito, si dice che qui sia stato ricoverato il Caravaggio dopo il suo ritrovamento in fin di vita sulla spiaggia di Cala Galera. È fortificato con muraglioni di notevole spessore, accessibili da un ponte levatoio; buono lo stato di conservazione.
Torre dell’Argentiera Di costruzione senese (XV secolo), è la più antica torre dell’Argentario. Pur appartenendo alla categoria di torri costiere d’avvistamento, non si trova sulla costa ma nell’interno, essendo collocata alla sommità della collina dell’Argentiera, tra le valli del Pozzarello, della Forconata, del Castagno e del Campone. La torre ha forma quadrata e si compone di due vani: uno per contenere l’acqua, l’altro per l’alloggio delle guardie; non ha porte d’accesso né scalinata esterna, ma soltanto una piccola apertura nel lato settentrionale; precario lo stato di conservazione.
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Il Convento dei Passionisti SULLE PENDICI DEL MONTE TELEGRAFO SI STAGLIA LA SAGOMA BIANCA DEL CONVENTO DELLA PRESENTAZIONE, SEDE DELL’ORDINE DEI PASSIONISTI, FONDATO NEL SETTECENTO DA SAN PAOLO DELLA CROCE. UN LUOGO SERENO, UN’OASI DI PACE, DA CUI SI HA UNO DEI PIÙ BEI PANORAMI SULLA LAGUNA DI PONENTE E SUL TOMBOLO DELLA GIANNELLA.
La costa rocciosa dell’Argentario
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Nel mezzo del versante che il monte rivolge alla Laguna di Orbetello, lungo la strada che sale a Punta Telegrafo, spicca il bianco edifico del Convento dei Passionisti, un’oasi di tranquillità e di ombreggiata frescura dove è raro che si spingano i villeggianti che affollano le spiagge dell’Argentario. Splendida da quassù è la vista sul tombolo della Giannella e sulle lagune: un panorama che permette di cogliere al meglio la morfologia dell’ “isola all’ormeggio della terraferma”. È in questo luogo ameno e distaccato dal mondo, immerso nel verde, che nel 1733 San Paolo della Croce scelse di dare una sede all’ordine che aveva fondato, quello dei Padri Passionisti. La tradizione dice che sia stato proprio il santo a tracciare per terra con un bastone il semplice schema rettangolare della chiesa, improntata alla povertà e all’austerità, come voleva la sua Regola. Da quel semplice disegno si giunse, verso la fine del Settecento, alla chiesa attuale e dal nucleo iniziale di povere celle, al complesso conventuale che oggi domina il panorama da Albinia ad Ansedonia: un centro di civiltà e spiritualità concepito dal suo fondatore quasi come una “sfida” nel cuore di una Maremma infestata dalla malaria e dai corsari, posta
sotto una cappa di silenzio e rassegnazione. Il Convento della Presentazione – questo la titolazione corretta – sorge su un ampio piazzale al limite del bosco, in un contesto naturale integro e lussureggiante. L’edificio, in cui vivono una decina di padri, è stato recentemente restaurato e in parte restituito alla sua originaria unitarietà architettonica. La pianta della chiesa, completata nel 1737, è a croce greca; l’interno è scandito da colonne e paraste di stucco e abbellito da decorazioni in rilievo e dipinte, con toni tenui e di gusto tardobarocco; eleganti ed equilibrati sono i balconcini dei coretti nell’abside e i tre angeli del catino. Successive, e in certa misura estranee all’unità spaziale e stilistica del tempio, sono l’orchestra del 1794 e le due cappelle aperte ai lati dell’ingresso nel 1855, nonché la facciata neoclassica del 1856, incorniciata da lesene e coronata da un timpano. I dipinti dell’interno illustrano fedelmente il programma della Congregazione. Tra di essi spicca, sull’altare maggiore, la tela della Presentazione di Maria nel Tempio, opera di Sebastiano Conca di Gaeta. Sugli altri due
Il Convento dei Passionisti immerso nel verde dell’Argentario La quiete e la bellezza struggente dell’Argentario che incantarono S. Paolo della Croce
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CURIOSITÀ
altari sono collocati un San Michele e una Maddalena, figure molto venerate LA VIA DEL PINO dai Passionisti. Il primo è una riproduLa Via del Pino corre parallela alla strada della Giannella, costeggiando da vicino la zione anonima del San Michele di Guido Laguna di Orbetello. Il fondo è asfaltato e il Reni che si trova nella Chiesa dei suo sviluppo, quasi interamente lineare, è di Cappuccini di via Veneto a Roma; la circa tre chilometri: il luogo ideale per una comoda passeggiata e per i bambini alle prese Maddalena è del pittore Falaschi. Tutti e con biciclette, pattini o monopattino. tre i dipinti sono del Settecento, mentre Sbirciando tra i cespugli sul lato della laguna, all’Ottocento appartiene un’opera si ha una bella vista su Orbetello e si possono dell’Aldi collocata nella cappella di scorgere fenicotteri e garzette. La duna sabbiosa della Giannella è percorsa destra, in cui è raffigurata la Vergine che dalla Strada Provinciale 36 di Giannella, dalla mostra a San Paolo della Croce il luogo quale si dipartono numerosi accessi al mare. dove costruire il Convento. Proseguendo Venendo dalla località S. Liberata (estremità lungo la strada per Punta Telegrafo, si del tombolo verso il Monte Argentario) la Via del Pino è la seconda stradina a destra, incontra il Ritiro di San Giuseppe, che direzione Laguna di Orbetello. un tempo ospitava i novizi e che oggi, pur non essendo più abitato, viene mantenuto in ottimo stato di conservaLa punta di Talamone zione. Si tratta del secondo convento voluto da San Paolo vista dall’Argentario della Croce, che lo concepì per l’appunto come casa di novi(sopra) ziato. Edificato in un luogo ben esposto al sole, il Ritiro guarda verso Porto S. Stefano e Talamone. Secondo la storia dei Passionisti, anche in questo caso – era il novembre 1753 – San Paolo disegnò per terra col suo bastone la pianta della
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■ SAN PAOLO DELLA CROCE San Paolo della Croce fu una delle maggiori figure religiose del Settecento, secolo di cui è riconosciuto come il più grande mistico. Secondogenito di sedici figli, nacque il 3 gennaio del 1694 a Ovada, città ai confini della Repubblica di Genova, e sin da giovanissimo fu costretto, a causa di vicissitudini familiari, ad aiutare il padre nel commercio, affrontando lunghi spostamenti e situazioni spesso drammatiche. Appena ventenne, venne folgorato dalla Grazia e si convertì, arruolandosi nell’armata veneziana per combattere la minaccia islamica, ma dopo appena due anni fu chiamato su un’altra strada. Dopo un periodo di grandi macerazioni spirituali e illuminazioni rivelatrici del suo destino contemplativo, accompagnate da grandi penitenze, la sera del 22 novembre 1720, col seguito di alcuni amici, ricevette dal vescovo di Alessandria la tunica nera dell’eremita. Si recò quindi a Roma con l’intento di ottenere dal Papa l’approvazione delle “Regole” che stavano alla base della formazione di un nuovo ordine, ma venne duramente respinto. Sulla via del ritorno sostò al Monte Argentario e qui, colpito dalla bellezza dei luoghi, decise di fondare la sua congregazione. Ma non fu facile. Paolo dovette passare molte vicissitudini prima di riuscire a stabilirsi definitivamente all’Argentario e soltanto il 14 settembre del 1737 iniziò la costruzione del Convento della Presentazione, seguito dopo 24 anni dal ritiro San Giuseppe, sede di noviziato. Nel frattempo la necessità di approvazioni sempre più ampie da parte della Santa Sede condusse Paolo a nuove fondazioni, realizzate nello Stato Pontificio. Giunse così, a tempo debito, anche l’approvazione delle “Regole” e la definitiva approvazione pontificia dell’Istituto, concessa nel 1769 da Clemente XIV e seguita da quella di Pio VI nel 1775. In quello stesso anno San Paolo morì lasciando tredici ritiri e un monastero femminile a Tarquinia.
chiesa e del ritiro. Il nucleo architettonico di questo complesso è più omogeneo di quello della Presentazione. La chiesa si struttura su uno spazio unico, quasi circolare, dall’accentuato sviluppo verticale. Il convento si dispone invece in forma quadrilatera intorno al cortile, con le celle dei novizi al primo piano e gli spazi comuni al piano terra. Come noviziato fu attivo dal 1761 fino agli anni Settanta del secolo scorso. La vetta del monte, rappresentata da Punta Telegrafo (635 metri), è il punto ideale di conclusione di un itinerario imperniato sulla pace e sulla serenità di questi luoghi, così lontani dall’immagine turistica e balneare dell’Argentario. Dalla sommità si gode uno straordinario panorama che abbraccia gran parte dell’Arcipelago Toscano e la Corsica, un panorama reso irresistibile dai colori del sole che tramonta alle spalle dell’Isola del Giglio.
San Paolo della Croce (sopra) Il Chiostro del Convento (sotto)
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Il Palio marinaro Dal 1937 i quattro rioni di Porto S. Stefano (Valle, Croce, Pilarella e Fortezza) rappresentati ciascuno da un’imbarcazione, si sfidano ogni 15 agosto nel Palio marinaro dell’Argentario. Quello del palio remiero dell’Assunta è certamente il più importante evento folcloristico dell’Argentario, sia dal punto di vista storico sia da quello della partecipazione e della passione con cui è seguito, non solo dai locali, ma anche dai turisti presenti. Tecnicamente si tratta di una regata fra quattro “guzzi”, imbarcazioni a quattro remi rappresentanti ciascuna un rione, o contrada, di Porto S. Stefano. La gara si svolge sulla distanza dei 4.000 metri e impegna barche rigorosamente identiche, su cui prendono posto quattro vogatori e un timoniere. Storicamente il palio nasce ed acquista il carattere attuale nel 1937 (la gara, da allora, è stata disputata ogni anno, ad eccezione dei cinque anni del periodo bellico), ma le sue origini sono antecedenti. Anche in assenza di documenti probanti, si suppone che la manifestazione si svolgesse almeno a far data da un secolo prima. È probabile, infatti, che il palio sia nato fra il 1840 e il 1850, periodo nel quale maturarono gli eventi che potrebbero 74 MONTE ARGENTARIO
NEL 2007 COMPIRÀ SETTANT’ANNI, MA LE SUE RADICI RISALGONO ALL’OTTOCENTO. LA MAGGIORE MANIFESTAZIONE FOLCLORISTICA DELL’ARGENTARIO, HA UNO STRAORDINARIO SEGUITO TRA LA GENTE DEI QUATTRO RIONI, CHE SI SFIDANO A FORZA DI REMI, SULLE ACQUE DELLO “STADIO DI TURCHESE”.
aver contribuito all’istituzione della festa. Nel 1842 il Granduca Leopoldo II di Toscana decretò la nascita della comunità di Monte Argentario che, fino ad allora, aveva fatto parte di quella di Orbetello. Nello stesso periodo, in seguito a una notevole crescita demografica, l’abitato di Porto S. Stefano si era sviluppato proprio nelle zone che avrebbero poi dato i loro nomi ai rioni; rioni che si differenziavano per le prevalenti attività lavorative, cosa che li avrebbe portati sempre più a distinguersi e confrontarsi in tutte le occasione della vita pubblica. Infine, l’affermarsi del culto dell’Assunta, venerata come patrona dei marinai, suggeriva l’opportunità di affiancare alla festa religiosa una manifestazione di carattere sportivo derivante dalla pratica marinaresca, che vedesse a confronto i quartieri del paese. Fu probabilmente in quel periodo che una gara di guzzi (detti allora “tartaroni”) venne inserita fra le iniziative promosse da quel comitato cittadino denominato i “Signori della festa”. Non mancano, tuttavia, altre spiegazioni, come quella leggendaria fondata sul racconto di un’imbarcazione locale sfuggita ai pirati grazie all’abilità dei pescatori santostefanesi nel manoMONTE ARGENTARIO 75
CURIOSITÀ
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vrare i remi; o quella storico-economica che si basa su un dipinto seicentesco in cui quattro barche corrono nella baia di Turchese per raggiungere le galere ancorate al largo. Sia come sia, proprio sullo specchio d’acqua antistante il Porto Vecchio (da qualche anno chiamato Stadio di Turchese) si celebra ancor oggi il rapporto vitale che lega gli abitanti di Monte Argentario al loro mare. E ad alimentare questo rapporto, nel corso dei decenni, è stato il profondo attaccamento della gente ai rioni, i quali restano i gelosi custodi e i fedeli continuatori di una secolare tradizione. Nel cuore di ciascun rione si trovano i luoghi-simbolo che sono depositari e custodi dei valori irrinunciabili dell’identità e della memoria: la darsena, il forte spagnolo, la pila, il campanile. Il Palio, il suo mito, continuano a rappresentare l’identità di una comunità marinara messa di fronte a una realtà contemporanea fatta anche di squilibri e contraddizioni, che minacciano l’integrità sociale e geografica del luogo. Il Palio è autentica festa popolare, cerimonia simbolica in cui si suggella, ogni volta di nuovo, il patto tra l’uomo e il mare. In quel momento, in quel pomeriggio del 15 agosto, i contradaioli ritornano padroni del loro paese. Sullo specchio d’acqua di Turchese tutti i motori si spengono e gli scafi lucenti si fanno da parte, all’apparire dei quattro guzzi silenziosamente sospinti LA PINETA DELLA FENIGLIA dai vogatori. Sulle fiancate recano i E I SUOI ABITANTI Un’ampia sterrata pianeggiante, corre per nomi dei quattro venti – Libeccio, intero lungo il tombolo della Feniglia Grecale, Scirocco, Maestrale – che da all’ombra della splendida pineta. Si sviluppa sempre hanno condotto i marinai santoper circa 6 km ed è un percorso ideale, totalmente privo di pericoli, per passeggiate stefanesi in ogni porto del Mediterraneo. con i bambini, siano essi a piedi, in bicicletta Uno colpo di moschetto, esploso dal o ancora in passeggino. In più punti è Capitano del porto, dà il via alla gara, la garantito l’accesso al mare. All’estremità della cui essenza è nel dinamico equilibrio pineta verso Ansedonia, in prossimità della Caserma della Forestale, si possono che si viene a formare tra i vogatori, la incontrare daini che stazionano regolarmente barca e il mare, in un perfetto sincronitra pineta e radura. Se si portano pezzi di smo delle spinte. Al termine della sfida pane o carote, è persino possibile avvicinarli massacrante, l’armo vincitore viene cire, con pazienza e calma, dar loro da mangiare direttamente dalla mano. Più difficile è condato dai suoi sostenitori, che si getscorgere lepri e cinghiali, anch’essi abitanti tano in acqua vestiti e lo raggiungono a della pineta, con volpi, tassi e istrici, mentre nuoto. Un bagno collettivo, quello del non mancherà l’avvistamento di volatili come i colombacci e le ghiandaie. rione vincitore, che è uno dei riti più caratteristici del Palio.
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La cucina e i prodotti tipici IL MARE LA FA DA PADRONE IN CUCINA, MA NON MANCANO LE FORTI SUGGESTIONI DI TERRA, CHE DECLINANO IN TUTTE LE POSSIBILI VARIAZIONI I SAPORI FORTI DELLA SELVAGGINA E LA QUALITÀ DELLA RAZZA BOVINA MAREMMANA.
Il mare e la laguna offrono la freschis-
Il Caciucco, piatto della tradizione toscana
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sima materia prima per la grande varietà di specialità gastronomiche a base di pesce e crostacei, cotti alla griglia, al forno o fritti, secondo la migliore delle tradizioni, che impiega olio extravergine d’oliva. Tra i piatti marinari più tipici figura il cacciucco all’uso della costa maremmana, che impiega pesce cappone, tracina, pesce San Pietro, palombo e pesci di scoglio. Il fondo si prepara con un battuto di aglio, cipolla, prezzemolo, da soffriggere in casseruola con molto olio, cui si aggiungono polpi a pezzi, scampi, “spernocchie”, vino rosso (e non bianco), pomodori pelati, peperoncini e sale. Al fondo si aggiunge il brodetto, ottenuto bollendo con cipolla, sedano e carota, spernocchie e pescetti di scoglio, il tutto da passare nel passaverdure. Unito il brodetto al fondo, si aggiunge via via il pesce per il cacciucco. Tra le specialità gastronomiche locali, quella più antica e prestigiosa riguarda la bottarga di Orbetello, un’autentica delizia del mare, che si produce da oltre 600 anni. La bottarga è ottenuta manipolando la sacca ovarica di alcune specie ittiche (in genere cefalo e tonno) per poi passare alla salatura e all’essiccamento. Il suo aroma è salmastro, il sapore è di forte personalità, salato, amaro. È ottima grattugiata, per condire spaghetti, verdure, insalate, oppure la si gusta affettata, sottile come un tartufo, su di una fetta di pane abbrustolito appena bagnato di olio extravergine. Altro tipico prodotto di laguna è “l’anguilla sfumata” (marinata e affumi-
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■ BOVINI MAREMMANI, TRADIZIONE E MODERNITÀ L’antica pratica della transumanza – il trasferimento del bestiame verso i pascoli montani nei mesi estivi – ha subito negli ultimi decenni una sorta di ammodernamento. I bovini maremmani, che vivono in grandi mandrie, pascolano allo stato brado nella macchia durante il periodo invernale, al termine del quale avvengono i parti dei vitelli. Il mese di maggio è dedicato alla “marca”, la marchiatura a fuoco dei vitelli di un anno, alla selezione dei capi di pregio, alla separazione delle manze dai vitelli e all’assegnazione delle femmine ai gruppi di monta: circa trenta vacche per ogni toro. Questi gruppi e le mandrie di nuova formazione vengono poi trasferiti nelle zone di montagna per tutta l’estate. In autunno i bovini ritornano alla macchia dei terreni a valle e costieri: è allora che i vitelli, ormai svezzati, vengono separati dalle madri.
cata) e ancora: ostriche, gamberetti, spigole, orate, cefali… Anche da terra giungono antiche suggestioni culinarie, come i tortelli maremmani, le pappardelle di lepre, il brodo di fagiano o il cinghiale in umido alla maremmana, con pomodoro e olive, o il coniglio in salsa saporita, con capperi e olive. Piatti gustosie intensi, come vuole la tradizione, che non disdegna il piccante, anche nell’uso delle carni ovine e bovine. La razza bovina maremmana discende dal Bos Taurus Macroceros, un bue dalle grandi corna a lira originario dall’Asia centrale, presente già in epoca etrusca. Da allora i bovini di razza maremmana sono vissuti allo stato brado, in grandi mandrie e in condizioni spesso difficili (terreni paludosi, zone malariche), che ne hanno accresciuto la robustezza conservando i tratti peculiari e l’originaria purezza. Da questi bovini si ottengono carni di qualità, magre e gustose, con cui si fanno bistecche, stufati, brasati, bolliti e spezzatini. A Porto S. Stefano anche gli spuntini sono di grande qualità, grazie alla tradizione delle schiacce (sorta di focacce), veramente squisite, dai gusti più saporiti e dalle combinazioni più fantasiose, tra cui spicca la “cipolle e acciughe”. Tra i dolci, meritano un assaggio: “’gnoranti”, “educati”, “stinchi di morto”.
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■ PIATTI FAMOSI Notissimo piatto maremmano, i tortelli al sugo hanno in sé il sapore semplice e genuino della tradizione. Per la sfoglia si usa farina, uova, acqua, sale e olio. Per l’impasto ricotta fresca, bietole, spinaci, noce moscata, pepe, spezie. Per il sugo si fa un battuto di cipolla, prezzemolo, sedano, basilico, da soffriggere in olio di oliva prima di aggiungere macinato, salsiccia e fegatino di pollo; si aggiunge un bicchiere di vino si lascia cuocere a fuoco lento. Si uniscono quindi pomodori a pezzi o conserva e si lascia ancora cuocere a fuoco lento per 3 ore. Anche “l’acquacotta” è un celebre piatto maremmano, fatto di ingredienti semplici e genuini. Si soffriggono in olio d’oliva extravergine due o tre grosse cipolle a fette; si continua la cottura a fuoco lento finché le cipolle non sono quasi sfatte; si aggiungono pomodori a pezzi, basilico e sedano. A cottura ultimata si versa brodo o acqua e si fa bollire per 15 minuti. Si preparano nelle scodelle (o meglio in tegamini di coccio) fette di pane ben abbrustolito con un po' di formaggio pecorino grattato. Chi vuole aggiunge a questo punto nel tegame ancora sul fuoco un uovo a persona, badando a non romperlo. Appena le uova si saranno rapprese (uno o due minuti), si toglie dal fuoco e con un ramaiolo si versa il composto fumante sul pane, badando a porre in ogni scodella un uovo rappreso.
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in ormazioni
Pratiche
± COME ARRIVARE Auto, da nord: Autostrada A12 GenovaRosignano, poi Variante Aurelia in direzione sud (Roma); uscite Albinia per Porto S. Stefano, Orbetello per Porto Ercole. Auto, da sud: Autostrada A12 RomaCivitavecchia, poi Variante Aurelia in direzione nord (Livorno); uscite Orbetello, Albinia. Treno: Stazione ferroviaria Orbetello Scalo, linea Pisa-Roma. Barca: Marina di Cala Galera, Porto Ercole, tel. 0564.833010; Porto Turistico Domiziano, Porto S. Stefano, tel. 0564.810845. ± AREE SOSTA PEI I CAMPER Monte Argentario (GR) Area attrezzata per la sosta camper privata e stagionale. Località Le Miniere: a 2km da Porto Ercole, a 8 da Porto S.Stefano e in corrispondenza del bivio per la spiaggia della Feniglia che, a 800m, è estesa parallelamente a una pista ciclabile e pedonale immersa in una pineta protetta. Acqua, pozzetto, elettricità, illuminazione. tel. 335.7719337. Orbetello (GR) Parco sosta Lanini: località Santa Liberata Tel. 0564.820102, 360.709528. Orbetello (GR) Prima dell’ingresso in paese, venendo dall’Aurelia (è segnalato). Divieto di sosta il sabato dalle 6.00 alle 15.00 per mercato (se il sabato è giorno festivo, il divieto si sposta al venerdì precedente. No scarico e rifornimento. Orbetello (GR) Area attrezzata per la sosta camper presso “Ai Delfini”. Sul mare (zona campeggi).
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A pagamento. Località Giannella tel. 0564.870351 ± SPOSTAMENTI INTERNI Autolinee R.A.M.A. via Mura di Ponente 4, Orbetello, tel. 0564.850000, www.griforama.it. ± NOLEGGIO MOTOCICLI E CICLI Alfio Fanciulli, via dei Molini 11, Porto Ercole, tel. 0564.830260, biciclette, motocicli, ciclomotori. Dolores Zauli, Via Orbetellana,Porto Ercole, tel. 0564.833026, motocicli e ciclomotori. ± COLLEGAMENTI CON LE ISOLE Da Porto S. Stefano per l’Isola del Giglio e Giannutri Biglietteria Maregiglio piazzale Candi, Porto S. Stefano, tel. 0564.812920, www.maregiglio.it, info@maregiglio.it; Isola del Giglio, tel. 0564.809309. Biglietteria Toremar piazzale Candi, Porto S. Stefano, tel. 0564.810803, http://web.tiscalinet.it/metranotoremar,me tramar@tiscalinet.it; Isola del Giglio, tel. 0564.809349. ± PARCHEGGI PORTO S. STEFANO Gratuiti: Giardino Jacovacci; S. Andrea. A pagamento: Banchina Toscana; Fanciulli; Via S. Andrea; Il Promontorio; Piazzale Candi; Monaci. ± NUMERI UTILI Guardia Medica: Porto S. Stefano, tel. 0564.817666; Porto Ercole, tel. 0564.831111. Corpo Forestale dello Stato, tel. 0564.813721. Capitaneria di porto:
Porto S. Stefano, via del Molo 58, tel. 0564.812529; Porto Ercole, lungomare A. Doria 93, tel. 0564.833923. Biblioteca Comunale, Scuola Elementare De Amicis, Via Martiri d’Ungheria, tel. 0564.810446, dal lunedì al sabato 14-20. Azienda di Promozione Turistica, corso Umberto I, 55/a, Porto S. Stefano, tel. 0564.814208, infoargentario@lamaremma.info; orario invernale: lunedì-sabato dalle 9.00 alle 13.00; orario estivo: lunedì-sabato dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 18.00. ± VISITE Fortezza Spagnola di Porto S. Stefano, tel. 0564.810681, 15 settembre - 18 giugno festivi e prefestivi dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 19.00, in estate tutti i giorni dalle 18 alle 24. Ospita le esposizione permanenti Maestri d’Ascia all’Argentario, l’arte di far navigare il legno e Memorie Sommerse, archeologia subacquea in Toscana, coi reperti archeologici rinvenuti nei fondali dell’Argentario e dintorni. Rocca Spagnola di Porto Ercole, Forte Filippo, Forte Stella, le visite sono possibili previo contatto con l’Ufficio Informazioni di Porto Ercole, tel. 0564/831019. Scavi archeologici e Museo di Cosa, Ansedonia, tel. 0564.881421, tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00 Centro di Biologia Marina - Acquario dell’Argentario, lungomare Navigatori 44/48, Porto S. Stefano, tel. 0564.815933, www.acquarioargentario.com; 1 ottobre - 31 maggio
martedi-domenica 15.00-19.00, sabato e domenica anche 10.30-12.00; 1 giugno - 30 settembre martedì-domenica 10.30-12.30 e 16-20. ± ESCURSIONI Barca: Blue Holiday Sea Service, tel. 800.090705, www.blueholiday.it. Mtb: Ciclistica Argentario, tel. 328.6122973, www.argentariobike.it. Immersioni: Cala Galera Diving, piazza della Valle 12, Porto S. Stefano, tel. 0564.810145; Pelagos Diving, lungomare A. Doria 11/13, Porto Ercole, tel. 0564.834200. Tombolo della Feniglia: Corpo Forestale dello Stato, stazione di Follonica, tel. 0566.40019. Laguna di Orbetello: WWF, Centro Educazione Ambientale “A. Peccei”, Casale della Giannella, km 4 Provinciale della Giannella (svincolo di Albinia SS1 Aurelia Porto S. Stefano), tel. 0564.820297. ± APPUNTAMENTI 2 giugno: Palio di Porto Ercole e festa patronale di Sant’Erasmo. Fine giugno: Argentario Sail Week, raduno di yacht e imbarcazioni d’epoca. 15 agosto: Palio Marinaro dell’Argentario, Porto S. Stefano, www.palioargentario.it. Fine agosto: Festival teatrale “Arie di mare”. Weekend estivi: Festival musicale. ± BIBLIOGRAFIA N. Alocci, Pale a Prua - Il palio marinaro dell’Argentario tra realtà, fede e leggenda, APT Grosseto. O. D’Alessio, Maremma e Argentario, De Agostini. A. De Maria, Argentario. Spiagge d’autore, Laurum.
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