A CURA DI MARIA LUISA CAFFARELLI E RINO TACCHELLA
LINELAB.EDIZIONI
MONFERRATO MON AMOUR VISIONI DI UN PAESAGGIO CULTURALE PATRIMONIO DELL’UMANITÀ
Dal 4 dicembre 2014 al 15 febbraio 2015 Palazzo del Monferrato Alessandria, via San Lorenzo 21 www.palazzomonferrato.it Esposizione e catalogo a cura di Maria Luisa Caffarelli e Rino Tacchella Immagine e progetto editoriale Giorgio Annone, LineLab Testi Maria Luisa Caffarelli Rino Tacchella Sebastiano Vassalli Trasporti Arterìa srl – Torino Assicurazioni Lloyd's /AON S.p.A. Insurance & Reinsurance Brokers Coordinamento dell'accoglienza Unitre Alessandria Organizzazione Asperia – Azienda Speciale della Camera di Commercio di Alessandria LineLab di Giorgio Annone Si ringraziano I musei, le istituzioni pubbliche e private e i collezionisti per la gentile concessione dei prestiti delle opere Un particolare ringraziamento per la preziosa collaborazione alla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte Edith Gabrielli Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte Si ringraziamo inoltre Adriana Gualdieri ed Elisa Costanzo della Biblioteca Civica “Giovanni Canna” di Casale Monferrato Un grato pensiero a Franco Castelli, Giulio Masoni, Aurelio Repetto, Stefanina Rossi, Laura Sommariva e a tutti coloro i quali a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione del progetto © 2014 - LineLab.edizioni Via Palestro, 24 15121 Alessandria info@linelab.com ISBN: 88-89038-50-0
Sono particolarmente lieto di presentare, a nome della Giunta e del Consiglio camerale, il catalogo di questa bella mostra: Monferrato Mon Amour: visioni di un paesaggio culturale patrimonio dell’umanità organizzata dalla Camera di Commercio e da Asperia con la collaborazione della Provincia di Alessandria, del Comune di Alessandria e della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Si tratta di una scommessa vinta: annunciata nel maggio 2014, la mostra infatti ha preceduto di poco la decisione dell’Unesco di assegnare al Monferrato il prestigioso attributo di patrimonio dell’umanità. Una previsione che si è avverata nel migliore dei modi. La rassegna, curata da Maria Luisa Caffarelli e Rino Tacchella, presenta un centinaio di opere, frutto della ricerca di circa ottanta artisti, alcuni stranieri che vivono in Monferrato, altri che lo hanno raccontato dall’esterno, altri ancora che in alcune loro opere simbolicamente ci mostrano un aspetto di questa terra sorprendente per ricchezza di spunti. Il catalogo si avvale di uno scritto di Sebastiano Vassalli, che qui ringraziamo per la gentilezza che ha voluto usare nei nostri confronti e per lo sguardo che ha sempre dedicato a questa parte di Piemonte. Importante è anche il corredo iconografico, curato da Giorgio Annone, che – come già per Morando – ci presenta anche gli allestimenti delle singole sale, arricchendo il catalogo di una risorsa ulteriore e di una “vista” artistica almeno tanto quanto quella che ci consegnano i singoli autori delle opere esposte. Mi piace sottolineare, infine, che questa mostra vuole rappresentare, nelle intenzioni della Camera di Commercio, anche la prova generale di un altro evento espositivo dedicato al Monferrato che avrà luogo durante l’ormai imminente semestre di Expo 2015. Crediamo infatti - insieme a tutti gli enti che sono nostri partners nella vicenda di preparazione dell'offerta turistica provinciale per il prossimo anno e che con noi hanno sottoscritto un apposito protocollo d’intesa - che Alessandria debba ospitare alcuni eventi di rilievo in grado di attirare sul nostro territorio una parte dei turisti presenti in Lombardia l'anno prossimo. Concludo esprimendo, come in ogni mostra che si rispetti, alcuni doverosi ringraziamenti. In primo luogo alla Soprintendenza per i beni storici e artistici del Piemonte; poi a tutte le istituzioni alessandrine (che figurano anche tra i soggetti prestatori): la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, il Comune, la Provincia, oltre all’Associazione Davide Lajolo. Un particolare grazie a tutti gli sponsor: Banca Popolare Milano, Confindustria Alessandria, Guala dispensing, ristorante I Due Buoi, Kimonocasa e Rolandi auto, i quali hanno voluto scommettere con noi su un evento di grande portata culturale; ai media partners: La Stampa, Il Piccolo, Alessandria News, Radio Alex e Radio Gold; all’Unitre di Alessandria che trasforma l’accoglienza in un’occasione di arricchimento culturale; a tutti i collezionisti privati, tanti e sempre disponibili anche fuori Alessandria, agli artisti e ai fotografi contemporanei che hanno partecipato con le loro opere. Un grazie speciale ai curatori della mostra, nostri partners già nella puntata dedicata a Pietro Morando: Maria Luisa Caffarelli e Rino Tacchella, insieme a Giorgio Annone, che ha curato il catalogo, la grafica della mostra e molto di più.
Gian Paolo Coscia Presidente della Camera di Commercio Alessandria
INDICE 6 VISIONI DI UN PAESAGGIO CULTURALE Maria Luisa Caffarelli - Rino Tacchella 8 UN ALTRO MONDO Sebastiano Vassalli 12 IL PERCORSO DELLA MOSTRA 14 SALA 1: IL MONFERRATO E IL DUO BACKSTAGE 18 SALA 2: MONFERRATO WUNDERKAMMER 26 SALA 3: MONFERRATO: UOMINI E COSE 34 SALA 4: MONFERRATO: UOMINI, COSE, PAESAGGIO 50 SALA 5: COLORI E DISSOLVENZE 68 SALA 6: DONI DELLA TERRA 76 SALA 7: CASCINE E CASTELLI 87 SALA 8: MONFERRATO MON AMOUR 110 BIOGRAFIE
VISIONI DI UN PAESAGGIO CULTURALE Maria Luisa Caffarelli Rino Tacchella
Per la prima volta da quando è stato inaugurato, Palazzo del Monferrato ospita un’esposizione d’arte dedicata al luogo stesso a cui l’edificio è intitolato: il Monferrato, universo dalle molteplici sfaccettature e dai ricchi valori storici, artistici, culturali e turistici la cui importanza è stata sancita dalla recente iscrizione al Patrimonio dell’Umanità Unesco. La mostra, progettata con piena consapevolezza e fortunata intuizione già nei primi mesi dell’anno, intende valorizzare e raccontare proprio la ricchezza di questa realtà ambientale. E non solo. Monferrato Mon Amour quindi, per dare voce a una molteplicità di suggestioni, alla magia e alla concretezza di una realtà così
Il Monferrato in una foto panoramica di Giorgio Annone, 2010 (da pag. 6 a pag. 11)
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straordinariamente varia e multiforme. Una magia che certamente deriva dalla natura e dal paesaggio, dall’alternarsi all’infinito di profili sinuosi di colline, di boschi e vigneti, un paesaggio naturale e modificato dall’uomo il quale più che altrove ne ha saputo preservare l’essenza, evitando gli spregi che hanno invece deturpato luoghi di similare bellezza. Una bellezza che nasce, però, anche dalle tracce che nei secoli l’uomo ha di volta in volta lasciato: nelle architetture rurali –tra cui i celebri infernot, le cantine a cui fa specifico riferimento la motivazione dell’Unesco –negli edifici religiosi, nei palazzi e nei castelli, residenze fortificate che hanno difeso questi colli e segnano
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ancora oggi i profili del paesaggio. Senza dimenticare le personalità che questa terra ha saputo esprimere, attirare e ispirare. Questa è solo una delle tante mostre possibili su un tema così vasto, per la quale si è scelto un approccio tematico che spazia dai personaggi agli elementi della natura, dai paesaggi all’architettura, dalle attività economiche alle sfumature cromatiche offerte dalle variazioni stagionali. Il tutto raccontato attraverso la pittura, la scultura e la fotografia esposte in sequenze che non seguono un percorso cronologico, ma sono consapevolmente costruite in virtù di recondite assonanze che non sempre presuppongono intrinseci collegamenti.
UN ALTRO MONDO Sebastiano Vassalli
Per un uomo della pianura, come sono io, il mondo delle colline è storicamente un altro mondo, che incomincia al di là del Po. Il Po è, da sempre, un confine ideale, oltre che geografico, tra realtà contigue e non assimilabili: quella appunto della pianura, del riso, dei pioppeti, delle acque sorgive, e quella della vite e della collina. La città di Casale, che si trova in pianura ma dall’altra parte del fiume, è il luogo dove le due realtà si incontrano e si confrontano da sempre, così come Istanbul-Costantinopoli è il luogo dove si incontrano e si confrontano Europa e Asia; è la nostra piccola Costantinopoli padana. Nel Seicento, quando qualcuno veniva condannato all’esilio in questa parte dell’allora Ducato di Milano, le guardie lo scortavano fino al Po e lo mettevano sul traghetto per l’altro mondo, cioè per Casale: che gli abitanti della pianura vedevano attraver-
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so le nebbie del fiume, come in una favola, circondata da colline irreali ed evanescenti. «La città - scrisse nel 1630 un anonimo funzionario spagnolo in una relazione per la corte di Madrid - è costruita in una pianura agli estremi limiti del Monferrato. È rotonda, tranne la zona del castello che forma una specie di punta... Nel fiume ci sono molti mulini e accanto ad essi una piccola isola formala dal fiume stesso; c’è anche un’isola molto più vasta. Dalla terra all’isoletta, di fronte al castello. c’è una pesante catena che serve di difesa ai mulini. All’isola piccola si arriva all’isola grande per mezzo di barche e di qui alla terra ferma con altre barche...”. Il mondo delle colline ha un respiro suo proprio, che non è lo stesso respiro della pianura e di nessun altro luogo, e che di là del Po si percepisce un po’ dovunque, ma soprat-
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tutto in prossimità dei canneti. Il canneto, quando io ero ragazzo, era la parte più segreta di ogni vigna e l’elemento più misterioso del paesaggio collinare; per chi ci entrava, era la porta d’ingresso di un altrove che, come la siepe di Leopardi, comunicava direttamente con i concetti assoluti: il tempo, l’eternità, l’infinito... Non sempre, ma spesso, accanto al canneto c’era la buca dell’acqua; pozzo o gorgo, dove i ragazzi e anche gli adulti si affacciavano per vedere riflessa la loro immagine, e per spiare, dietro a quell’immagine familiare, un’altra immagine, quella della morte acquattata nella profondità apparentemente immobile dell’acqua. A quell’epoca, nelle vigne, c’erano ancora i salici capitozzati: alberi nani, mostruosi nelle loro deformità secolari, che ogni anno si coprivano di una capigliatura di rami rossicci, lunghi e sottili come giunchi e ottimi per
legare le viti e per fare cestini, borse, rivestimenti di fiaschi e di damigiane... Ora la collina è più spoglia. L’impressione di chi, straniero come me, si trova talvolta a vagabondare in questi luoghi, è che i canneti siano più piccoli e meno numerosi, che i salici da capitozzare siano quasi scomparsi e che i pozzi, in gran parte, siano stati resi inoffensivi o addirittura chiusi. Il tempo cammina: il metallo, la plastica. il cemento sostituiscono in modo vantaggioso canne e vimini, ma non offrono la possibilità di affacciarsi sui concetti assoluti; le buche dell’acqua vengono sostituite da sistemi d’irrigazione più moderni e la morte, liberata dai pozzi, può viaggiare a suo piacimento per le strade del mondo... […] Ho detto che nei paraggi dei canneti e dei pozzi si incontrano l’infinito e la morte e si avverte il respiro profondo del mondo delle colline. Ma le colline hanno anche
un’anima, che qualche volta prende corpo nelle loro viscere e che è un’entità a mezza strada tra l’animale e la pietra: è un vegetale, è un tubero. È un tartufo. Una tradizione popolare vuole che i tartufi si formino e si sviluppino là dove la terra viene colpita dal fulmine e la faccenda è più seria di quanto possa sembrare, anche se, naturalmente, non ha in sé niente di scientifico: il tartufo, come qualunque altro fungo, si riproduce a mezzo di spore. Si tratta di una favola che secondo me va fatta risalire a un’epoca lontanissima e a un popolo misterioso: il popolo etrusco. Gli Etruschi, che di qua dal Po non hanno quasi lasciato tracce, furono a lungo presenti nel mondo delle colline. Conobbero canneti, pozzi, salici e tartufi, ma soprattutto conobbero e studiarono i misteriosi legami che collegano ogni elemento della natura, noi compresi, ad ogni altro ele-
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mento, e intesero, più di qualsiasi altro popolo al mondo, la sacralità della vita. «La differenza tra noi e gli Etruschi -scrisse Seneca nelle Questioni Naturali è questa: che noi riteniamo che i fulmini scocchino in seguito all’urto delle nubi; essi credono che le nubi si urtino per far scoccare i fulmini; tutto infatti attribuendo alla divinità, sono indotti ad opinare non già che le cose abbiano un significato in quanto avvengono, ma piuttosto che esse avvengono perché debbono avere un significato... Nessun popolo, mai, fu più religioso degli Etruschi; se per religioso si intende l’attenzione assidua e quasi maniacale a quelle «Corrispondenze» di cui ancora avrebbe parlato, dopo più di duemila anni, un poeta dei nostri tempi: Charles Baudelaire («La natura è un tempio dove viventi pilastri / mandano fuori a volte, parole confuse [...] / I profumi, i colori e i suoni si
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rispondono / come lunghi echi che si confondono lontano / in una unità profonda e tenebrosa...»). Ogni insetto, ogni erba, ogni sasso aveva per gli Etruschi il significato di un presagio, per se stesso e per come si collocava; tuoni, lampi e soprattutto fulmini, erano il segno esteriore della volontà di Tin, dio dell’atmosfera e della volta celeste; e il tartufo, cuore e anima del mondo delle colline, prendeva corpo nella terra là dove la terra veniva fecondata dal cielo, era il simbolo tangibile dell’unione tra il cielo e la terra... Chi oggi ride di queste vecchie storie considerandole stupide, ride soltanto della propria stupidità. È nelle vecchie storie che il mondo delle colline conserva traccia dei suoi abitanti più antichi e congeniali; e un po’, anche, nel fruscio dei canneti e nello scorrere delle ombre sul fondo dei pozzi... (ottobre 1995)
SALA 1
IL MONFERRATO E IL SUO BACKSTAGE
La mostra Monferrato Mon Amour inizia paradossalmente con un dipinto di pianura: il luogo da cui parte il nostro viaggio. L’autore Pietro Sassi guarda la piana di Alessandria da una collina del Monferrato con una prospettiva esattamente inversa rispetto a quella che la mostra si propone di applicare, uno sguardo capovolto con una visione radente a volo d’uccello. La pianura è vista come una sorta di backstage del Monferrato, il panorama che chiunque salga sui pendii di queste colline morbide e disegnate –in una giornata tersa e luminosa di quelle che a volte questi luoghi sanno regalare – si trova alle spalle e dal quale gli deriva la percezione della differenza di altitudine e della mutazione del paesaggio.
SALA 1 PIETRO SASSI Alessandria 1834 – Roma 1905 Pittore. Studia a Torino allievo di Massimo d’Azeglio e nelle prime opere è evidente la lezione del maestro per la presenza di una evidente componente romantica. Soggiorna per un breve periodo in Svizzera dove le opere di paesaggio che produce sono ricche di contrasti tra le zone di luce in cui i colori sono esaltati e le zone d’ombra con colori bui e spenti. Si trasferisce a Roma dove i soggetti privilegiati della sua pittura sono le visioni assolate dell’agro romano che riproduce con una pittura descrittiva particolarmente attenta a luci e atmosfere. Espone alla Promotrice alle Belle Arti di Torino dal 1860.
Pietro Sassi Il Tanaro presso Alessandria 1862, olio su tela, 80 x 110 cm Collezione privata
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SALA 2
MONFERRATO WUNDERKAMMER
Questa sala è una sorta di preludio: come nell’opera lirica – e nelle jam session di jazz – vi sono annunciati e accennati i temi che saranno approfonditi nel corso dell’esposizione. Ma è al tempo stesso anche una Wunderkammer, una camera delle meraviglie. Una raccolta di oggetti straordinari, riconducibile a quel fenomeno che è tipico del ’500, si consolida nel Barocco e si protrae per tutto l’Illuminismo, chiamata anche “gabinetto delle curiosità” in cui i primi collezionisti raccoglievano oggetti o reperti preziosi e soprattutto rari. Ecco allora La Madonna di Crea, prezioso dipinto seicentesco del Moncalvo, che simboleggia un luogo di profonda devozione
religiosa in Monferrato e di incomparabile bellezza architettonica e artistica come il Sacro Monte di Crea. E, agli antipodi, l’opera sottilmente concettuale di Emilio Isgrò del 2008, il quale da una vecchia mappa italiana ha cancellato tutti i nomi dei luoghi, tranne Casale Monferrato. Una stampa seicentesca ci riporta quindi all’epoca in cui il Monferrato, in mano all’illuminata dinastia dei Gonzaga, era teatro di guerre di conquista. La moderna interpretazione della channukka (lume a nove bracci) a firma dello scultore francese Arman ci rimanda alla Comunità Ebraica di Casale Monferrato e alla sua straordinaria collezione di lumi d’autore.
SALA 2 Il paesaggio a olio di Luigi Onetti, pittore alessandrino del ’900, sensibile cantore di atmosfere rarefatte nella fuga prospettica delle colline, può essere letto come l’ingrandimento ideale dello scorcio che si intravede alle spalle della romantica figura femminile di Angelo Morbelli, maestro del divisionismo, che attraverso questa rivoluzionaria tecnica pittorica ha reso, come nessun altro, la delicata luminosità del paesaggio visto dalla natìa Colma di Rosignano. I frutti di una campagna rigogliosa, generosa non solo di vino, sono i soggetti di due sontuose nature morte dipinte tra ’600 e ’800 e di una foto in bianco e nero di Francesco Negri, il grande fotografo casalese tra gli inventori, a inizio ’900, della fotografia a colori. Chiude la mostra un’elegante e leggiadra ballerina in ceramica di Fausto Melotti: allude a una delle manifestazioni culturali di maggior successo degli ultimi decenni, che dal 1979 ha proposto il nome del Monferrato in una chiave inedita, contribuendo alla sua rivalorizzazione: Vignaledanza.
WILLEM JANSZOON BLAEU Uitgeest o Alkmaar 1571 – Amsterdam 1638 Cartografo olandese. Conosciuto anche come Willem Jansz Blaeu e con la forma latina di Guilielmus Jansonius Blavius, figlio di un ricco commerciante, era predestinato a succedere al padre negli affari, ma i suoi interessi erano orientati verso la matematica e l’astronomia. Tra il 1594 e il 1596 studiò presso l’astronomo danese Tycho Brahe e si qualificò nell’arte di costruire strumenti geografici. Disegnò quindi mappe di vari Stati e mappamondi e, possedendo gli strumenti tipografici, riuscì a produrre regolarmente mappe nazionali in un formato da atlante, alcune delle quali apparvero nell’Atlas Novus pubblicato nel 1635. Nel 1633 fu nominato disegnatore di mappe nella Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Fu anche editore.
Willem Blaeu Montisferrati Ducatus 1631, incisione su carta acquarellata, 37 x 48 cm Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
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ANGELO MORBELLI
EMILIO ISGRÒ Barcellona (Messina) 1937 Dapprima poeta, si dedica successivamente alla poesia visiva di cui diviene uno dei principali sostenitori e interpreti a livello europeo. A metà degli anni ’60 inizia la serie delle cancellature con articoli di giornale da cui elimina con un segno nero brani di testo. Estende gli interventi utilizzando libri stampati, lettere o segni provenienti da immagini famose. A partire dagli anni ’80 realizza una serie di lavori avvalendosi di una materia gessosa bianca da cui, al contrario di prima, fa affiorare brandelli di scritte o immagini sottostanti. A partire dal 1972 partecipa a più edizioni della Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma.
Emilio Isgrò Casale Monferrato 2008, tecnica mista su carta, 52 x 66 cm Collezione privata
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Alessandria 1853 – Milano 1919 Pittore. Frequenta l’Accademia di Brera allievo di Giuseppe Bertini e i dipinti del suo esordio denotano un gusto legato alla tradizione pittorica del secondo Ottocento. Successivamente aderisce in modo estremamente rigoroso al Divisionismo. Nelle sue opere rappresenta paesaggi marini, montani e temi di carattere sociale e umanitario privilegiando l’espressione poetica e i contenuti. Negli anni tardi ritorna ad una pittura di impasto, ma sempre attento agli effetti luminosi. Vasta è la sua partecipazione a mostre e in particolare espone alla Promotrice di Torino dal 1912, a sette edizioni della Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e all’Esposizione Universale di Parigi nel 1900. Angelo Morbelli Figurina in lettura fine ’800, olio su tavola, 50 x 34,9 cm Collezione privata
SALA 2
FRANCESCO NEGRI
GUGLIELMO CACCIA detto MONCALVO Montabone (Asti) 1568 – Moncalvo 1625 Pittore. Inizialmente si dedica all’affresco collaborando coi pittori piemontesi Bernardino Lanino e Gaudenzio Ferrari nel realizzare affreschi e dipinti di soggetto religioso. Due autori a cui sono certamente riferibili le opere iniziali. Dopo aver collaborato con il marchigiano Federico Zuccari alle decorazioni perdute di Palazzo Madama a Torino la sua espressione pittorica subisce alcune variazioni riscontrabili in nuovi e più accesi cromatismi. Si stabilisce a Moncalvo e dà vita a un atelier coadiuvato dalle due figlie Orsola e Margherita. Suoi affreschi sono presenti nella chiesa di San Marco di Novara e in San Vittore al Corpo e Sant’Alessandro a Milano. In Alessandria sue opere sono conservate nella Chiesa di Santa Maria di Castello (Immacolata Concezione) e nella Cattedrale è presente una piccola galleria con parecchi dipinti. Anche nella Chiesa dell’Ospedale Civile e nella cappella privata del Vescovado sono presenti due suoi dipinti (Nozze di Cana e Assunta).
Tromello Lomellina (Pavia) 1841 – Casale Monferrato 1924 Fotografo. Tra i grandi pionieri della fotografia e della microfotografia, inventò strumenti fotografici e si dedicò sia alla fotografia artistica sia a quella scientifica. Le sue conoscenze di ottica gli consentirono di applicare la fotografia alla microscopia. Dal 1866 svolse studi di fitopatologia e batteriologia. Nel 1886 cominciò a lavorare al teleobiettivo. La prima prova documentata di fotografia realizzata col teleobiettivo è del 25 aprile 1892, Veduta di Casale dalla collina di Sant’Anna. Sperimentò le prime tecniche di fotografia a colori messe a punto dai francesi Charles Cros e Louis Ducos du Hauron, con l’uso della tricromia. Sindaco di Casale, amico del pittore Angelo Morbelli, fu anche studioso d’arte, in particolare delle sculture del Sacro Monte di Crea e dell’Abbazia di Santa Maria di Lucedio.
Guglielmo Caccia detto il Moncalvo La Madonna di Crea 1605-1606, olio su tela, 98 x 70 cm Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria Francesco Negri Camagna Monferrato: panorama 1896/1898 ca, gelatina bromuro d’argento/vetro, 18 x 24 / 60 x 50 cm Stampa 2014, Foto Levi, Casale Monferrato Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
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Fausto Melotti Senza titolo (Ballerina) 1948-1949, ceramica smaltata policroma, 56 x 20 x 20 cm Collezione privata
FAUSTO MELOTTI Rovereto (Trento) 1901 – Milano 1986 Laureato in Ingegneria Elettronica presso il Politecnico di Milano svolge parallelamente studi musicali e si iscrive al corso tenuto da Adolfo Wildt presso l’Accademia di Brera a Milano. Termina gli studi accademici, diplomandosi, nel 1928. Partecipa alla Triennale di Milano e la sua ricerca, da figurativa, si indirizza sempre più verso soluzioni astratte. Produce sculture in cui utilizza sottili fili d’ottone sospesi in precari e magici equilibri non privi di una componente musicale. Produce anche altre sculture in cui utilizza il gesso e la creta, la ceramica e il ferro verniciato in cui si fondono concretezza e astrazione, musica e rigore, ritmi geometrici e poetiche libertà. Nella sua produzione successiva si avvale di fragili filamenti metallici e garze colorate che si muovono ad ogni spostamento d’aria in lavori in cui riesce a fondere musica e poesia, strutture rigide e magici ed eterei fogli colorati. Nel 1986 la Biennale di Venezia gli dedica una importante rassegna retrospettiva. 25
SALA 2
ARMAN Nizza 1928 - New York 2005 Pittore e scultore francese. Armand Pierre Fernández, in arte Arman, apprende dal padre pittura a olio e fotografia. Dopo la laurea in filosofia e matematica inizia studi artistici a Nizza e poi a Parigi. A fine anni ‘50 sviluppa il suo stile più riconoscibile, incentrato sui concetti di “accumulazione” - raccolta di comuni e identici oggetti disposti in contenitori di poliestere o plexiglass - e “poubelle” - agglomerati di rifiuti disseminati. Nel 1961 si trasferisce a New York, dove lavora su progetti sempre più ambiziosi, tra cui le espansioni delle accumulazioni e lo smembramento di strumenti musicali.
Arman Channukkah 1997, fusione in ottone, 64 x 48 x 21 cm Collezione privata
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LUIGI ONETTI
Arman Channukkah 1997, fusione in ottone, 64 x 48 x 21 cm Collezione privata
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Lu Monferrato 1876 – Torino 1968 Pittore. E’ allievo di Giacomo Grosso, Celestino Gilardi e Paolo Gaiano durante la frequentazione dell’Accademia Albertina di Torino. Accademia dove negli anni successivi riceve l’incarico per l’insegnamento di figura. Produce opere di contenuto sociale e nei primi anni del Novecento figure con cadenze espressioniste e floreali secondo il gusto del momento. Intensa è stata anche la sua attività di ritrattista. Ha esposto alla Promotrice alle Belle Arti di Torino dal 1892 e alla Biennale di Venezia nel 1910.
SALA 2
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Anonimo Natura morta con uva, pesche e susine XIX sec., olio su tavola, 48 x 57 cm Collezione privata
Arman Channukkah 1997, fusione in ottone, 64 x 48 x 21 cm Collezione privata
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SALA 3
MONFERRATO: UOMINI E COSE
“Uomini e cose del Monferrato” è il titolo di un’indimenticata mostra organizzata nel 1975 dal famoso critico Luigi Carluccio nelle sale di Palazzo Cuttica. Il secondo capitolo di Monferrato Mon Amour vuole essere pertanto una sorta di rievocazione di quell’evento – da intendere come un illustre precedente – un omaggio al critico torinese, seppure con altre opere e altri artisti. Il filo rosso che unisce i dipinti qui raccolti può essere considerato il lavoro, le attività legate alla terra, alla coltivazione dei campi, delle vigne e dei boschi di cui è ricco il Monferrato. La maggior parte dei dipinti fa coincidere il lavoro con chi lo svolge: in alcuni casi appare così detta-
gliata la descrizione della figura umana che risulta essere il solo fulcro dell’immagine: per esempio in Il ritorno dai campi di Luigi Onetti l’aggraziata contadina in primo piano si staglia in un paesaggio finemente descritto che si perde in lontananza, mentre in I taglialegna di Pietro Morando le figure campeggiano, ma in un paesaggio fatto solo di sintetici profili, come è nella consuetudine dell’artista. Una metafisica sacralità promana dalla fotografia di Enrico Barberi, che racconta un luogo dal fascino antico, rievocando, nell’abside della minuscola cappella romanica, le orazioni propiziatorie del mondo contadino, ancora in uso nel secolo scorso. Ai buoi,
SALA 3 fondamentali per svolgere i lavori agricoli ancora sino alla metà del XX secolo, che sono presenti nei due dipinti di Eraldo Biscaldi e Cino Bozzetti, viene riconosciuta tutta l’importanza del pesante lavoro svolto nelle piane e lungo i pendii delle colline. La sala si completa con la terracotta Contadina con fazzoletto in capo di Leonardo Bistolfi e Il beone di Paolo Ghiglia, dipinto dal verismo fortemente espressivo, quasi espressionista: un contadino che al termine del faticoso lavoro dei campi, nel vino trova conforto e oblio.
PAOLO GHIGLIA Alessandria 1889 – 1915 Pittore. Studia all’Accademia Albertina di Torino allievo di Giacomo Grosso dal quale si avverte una iniziale influenza specie nei ritratti, come quello di proprietà della Pinacoteca Civica di Alessandria, caratterizzato da una pittura d’impasto, materica e robusta. Paolo Ghiglia Il beone s.d., olio su tela, 150 x 80 cm Museo e Pinacoteca Civica di Alessandria
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LEONARDO BISTOLFI Casale Monferrato 1859 – La Loggia (Torino) 1933 Scultore. Studia all’Accademia di Brera a Milano e successivamente si trasferisce all’Accademia Albertina allievo di Odoardo Tabacchi. Alle prime opere di gusto verista-scapigliato fanno seguito opere simboliste non prive di ascendenze floreali.. si dedica anche alla pittura realizzando piccole tavolette con vedute di paesaggi ricche di impasti materici animati da scavi ottenuti con la coda del pennello. Intensa la sua attività espositiva tra cui la partecipazione a sei edizioni della Biennale di Venezia, alla I^ mostra della Secessione Romana, alla Quadriennale di Roma e alla Promotrice alle Belle Arti di Torino dal 1882.
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Leonardo Bistolfi Contadina con fazzoletto in capo 1885 ca, terracotta, 32 x 27 x 27 cm Collezione privata Luigi Onetti Ritorno dai campi 1904, olio su tela, 60 x 94 cm Collezione privata
SALA 3 PIETRO MORANDO Alessandria 1889 – 1980 Pittore. Frequenta saltuariamente i corsi di pittura all’Accademia Albertina di Torino e l’Accademia di Brera a Milano e per un certo periodo è ospite di Angelo Morbelli. Parte volontario per il fronte e con l’occasione produce una serie di disegni di guerra in cui racconta con segno deciso ed espressivo gli orrori a cui assiste. Alla fine del conflitto i disegni vengono raccolti e pubblicati in un volume intitolato “I giganti” con la presentazione di Leonardo Bistolfi. Nelle opere successive descrive il mondo dei vinti e dei diseredati con immagini spigolose, statiche e metafisicheggianti. Espone allaw Promotrice di Torino dal 1920, partecipa alla Quadriennale di Roma, alla Triennale di Milano e partecipa per otto edizioni alla Biennale di Venezia.
Pietro Morando Ballo monferrino Anni ’50, tempera su carta, 50 x 58 cm Collezione privata Pietro Morando Paesaggio del Monferrato Anni ’30, olio su tavola, 48 x 47 cm Collezione privata
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ENRICO BARBERI Alessandria 1958 Fotografo. Attivo dal 1980, con la fotografia vuole restituire l’emozione dell’esperienza visiva. Predilige il paesaggio, in cui cerca i segnali minori attraverso i quali cogliere la spettacolarità della normalità, quella che ci scorre ogni giorno sotto gli occhi senza che ce ne accorgiamo. Ha esposto in molte gallerie tra cui: Archivio Fotografico Toscano, Prato; Agorà, Torino; San Fedele, Milano; Cavallerizza, Torino; Sala Comunale d’Arte, Alessandria; Gronda, Milano; Museo Cascella, Pescara; Alinari, Firenze; Sala Polifunzionale Libreria Mondadori, Alessandria. Ha partecipato alle Biennali Internazionali di Fotografia di Torino e di Marghera. Le sue immagini sono comparse su “Marie Claire”, “IO Donna”, “Costruire”, “Immagini”, “Fotopratica”, “Class” e “Max”. 35
Enrico Barberi Moleto 2014, stampa a getto d’inchiostro Epson, 60 x 90 cm Collezione dell’autore
SALA 3
FRANCESCO (CINO) BOZZETTI Lecce 1876 – Borgoratto (Alessandria) 1949 Pittore e incisore. Frequenta l’Accademia Albertina di Torino allievo di Carlo Follini. La sua produzione di acquarelli e dipinti ad olio è dedicata in particolare al paesaggio alessandrino e alle scene di vita contadina descritte con sentita e raccolta partecipazione e in singolare trasporto poetico. Gli stessi soggetti sono impiegati nella produzione di incisioni all’acquaforte con le quali raggiunge una notorietà nazionale. Ha esposto alla Quadriennale di Roma, a cinque edizioni della Biennale di Venezia e alla Promotrice alle Belle Arti di Torino dal 1901.
Cino Bozzetti L’aratura nei prati con la vacca s.d., olio su cartone, 30,5 x 62,1 cm Collezione privata
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ERALDO BISCALDI Pegli 1912 - Alessandria 1980 Pittore e frescante. Dal padre Carlo, anch’egli pittore, riceve i primi insegnamenti, ma la sua formazione avviene a Genova dove frequenta l’Accademia Ligustica. è tra i fondatori, nel 1947 ad Alessandria del Gruppo Artistico Provinciale. Produce composizioni floreali e, soprattutto, scorci del paesaggio alessandrino tradotti con una pittura ricca di spessi impasti cromatici.
Eraldo Biscaldi Uomo che ara 1948, olio su tavola, 27 x 37 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
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SALA 4
MONFERRATO: UOMINI, COSE, PAESAGGIO
La carrellata sulle molteplici attività che si svolgono in Monferrato prosegue con i dipinti dedicati alla vendemmia, il momento conclusivo del lavoro in vigna, il più atteso di una sequenza di momenti preparatori non meno impegnativi, ma meno celebrati, come la pulitura tra i filari e la potatura delle vigne. La prima fase della vendemmia, che coinvolge un gran numero di persone, è la raccolta dell’uva, abilmente rappresentata dal pittore Giuseppe Grassis, verista torinese di fine ’800, il quale, in una sorta di piano sequenza, fotografa la concitazione e l’euforia dei vendemmiatori immersi nel paesaggio autunnale. I carri ricolmi dell’uva da conferire alla
cantina sociale di Altavilla Monferrato sono ripresi da Raffaele Panizza in un’opera che nulla concede al romanticismo, in cui il colore sembra quasi ottenuto dal mosto. In un dipinto più recente Alberto Salietti chiude una sequenza di immagini sui lavori svolti in agricoltura –come la potatura degli alberi e il trasporto dei sacchi di grano –con una realistica rappresentazione del travaso del vino dalla botte al fiasco. Un verismo immediato caratterizza la scena di ebbrezza popolare dello scultore Michele Vedani. Affondano nella storia del costume i contadini dei dipinti di Carlo Pittara e Lorenzo Delleani, abbigliati secondo la tradizione iconografica, riscontrabile
SALA 4 nei quadri di analogo soggetto anche al di fuori del Monferrato. Le colline sono invece protagoniste assolute in una serie di dipinti a firma di Guglielmo Bezzo, Guido Botta, Cino Bozzetti, Alberto Caffassi, Andrea Canestri, Giuseppe Cerrina, Giuseppe Manzone, Camillo Rho, alcuni dei quali presentano non poche somiglianze, pur proponendo tagli prospettici e inquadrature di diverse località. Tutti in fondo ci rimandano a una medesima idea di paesaggio, a volte zoomato sui particolari, a volte dilatato a comprendere la pianura in primo piano e le alture in lontananza. Un paesaggio in cui la viticultura ha nel tempo disegnato una sorta di patchwork, definito dai diversi appezzamenti: una scacchiera irregolare, dove i colori mutano di stagione in stagione anche per effetto della varietà di vitigni e colture, innevati come nella fotografia di Carlo Lenti. Infine, per contrasto, il dipinto di Paolo Scapparone sulla cava dell’Italcementi dà conto di un’attività forse meno nota, ma che per molto tempo ha impegnato una parte degli abitanti del Monferrato.
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MICHELE VEDANI Milano 1874 – 1969 Scultore. Studia all’Accademia di Brera, allievo di Lorenzo Butti. Nella sua produzione iniziale risente del verismo scapigliato dell’ambiente artistico milanese e per questo realizza sculture dal modellato pittorico. In seguito realizza alcuni piccoli bronzi di gusto liberty e diviene apprezzato autore di monumenti funerari. All’inizio del secolo partecipa alla Biennale Internazionale di Venezia e a molte altre rassegne come la Quadriennale di Roma e la Promotrice alle Belle Arti di Torino.
Michele Vedani Bacco o Ebrezza s.d., bronzo, 35 x 40 x 29 cm Collezione privata
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SALA 4
RAFFAELE PANIZZA
Raffaele Panizza La vendemmia - Cantina sociale Altavilla 1959, olio su tavola, 50 x 60 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
Altavilla Monferrato 1899 – Alessandria 1963 Pittore. Studia all’Accademia di Brera a Milano e terminati gli studi intraprende l’attività di insegnante in istituti secondari di secondo grado. Produce opere pittoriche con cui descrive, con colori esaltati dal sole e dalla luce, le attività contadine che hanno luogo nel suo paese d’origine. Anche i paesaggi che realizza sono visioni di piccoli paesi dislocati tra colline solcate da ordinati filari. 42
ALBERTO SALIETTI Ravenna 1892 – Chiavari 1961 Pittore. Proviene da una famiglia di lunga tradizione nell’ambito della decorazione musiva e murale a dal padre riceve i primi insegnamenti. Si iscrive all’Accademia di Brera a Milano allievo di Cesare Tallone. Particolarmente attratto dalla pittura del Quattrocento entra a far parte del gruppo di Novecento e partecipa a tutte le esposizioni nazionali e internazionali che il movimento organizza. Negli anni ’30 si dedica alla pittura murale ed affresca, tra gli altri, il Palazzo di Giustizia di Milano. Alla produzione pittorica di questo periodo appartengono, in particolare, paesaggi in cui la semplificazione dei volumi di gusto quattrocentesco si orienta verso una personale rilettura dell’opera cezanniana. Partecipa a molte edizioni della Quadriennale romana e alla Biennale di Venezia dove nel 1942 vince il gran premio per la pittura.
PAOLO SCAPPARONE Biella 1909 – Alessandria 1992 Scultore e pittore. Autodidatta, ma con un innato senso delle proporzioni e del colore, produce piccole sculture intagliate nel legno, ma soprattutto pastelli e dipinti a olio di piccole dimensioni. I suoi soggetti privilegiati sono stati fiumi e alberi della campagna alessandrina colti in tutte le ore del giorno e nelle diverse stagioni. Ogni opera è come la pagina di un diario intimistico in cui annotare con i colori stesi in modo post-impressionista, impressioni e trasalimenti, emozioni e ispirazioni poetiche. 43
Alberto Salietti La vendemmia 1939, tecnica mista su cartone, 29,5 x 48 cm Collezione privata Paolo Scapparone Cava dell’Italcementi 1958, olio su faesite, 70 x 50 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
SALA 4 CARLO PITTARA Torino 1835 – Torino 1891 Pittore. Per un paio di anni frequenta a Ginevra lo studio di Charles Humbert tramite il quale ha modo di conoscere opere francesi di gusto impressionista. Soggiorna a Parigi e al ritorno presenta in esposizioni pubbliche opere che ne evidenziano le doti di animalista all’interno di una pittura caratterizzata da un verismo quasi rustico e rude ricollegabile ai modelli francesi della scuola dei barbizonniers. Un verismo attraverso il quale, in alcune opere, permette anche di sospettare l’adesione a problematiche di tipo sociale. Dopo il 1870 si riscontrano due distinti momenti creativi: una singolare ricerca verso la descrizione di paesaggi con delicati effetti poetici e lirici; una seconda fase in cui la sua pittura diviene più mondana per l’influsso esercitato da Boldini e De Nittis durante un secondo soggiorno parigino.
Carlo Pittara Ritorno dai campi s.d., olio su cartone, 36 x 30 cm Collezione privata
Giuseppe Grassis StornellidellavendemmiainMonferrato 1906, olio su masonite, 64 x 138 cm Collezione privata
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GIUSEPPE GRASSIS Torino 1870 – 1949 Pittore. Frequenta l’Accademia Albertina di Torino allievo di Celestino Gilardi. Espone per la prima volta nel 1895 alla Promotrice alle Belle Arti di Torino. La sua produzione spazia da quadri di paesaggio dalle grandi dimensioni a opere di genere realizzati a olio fino alle miniature in cui è un vero e proprio specialista. È stato il ritrattista in miniatura dei Reali e delle migliori famiglie del patriziato torinese. E proprio con le miniature partecipa al Salone di Parigi nel 1925 e 1926 e in tale occasione realizza in miniatura il ritratto della principessa Letizia Bonaparte.
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SALA 4
CAMILLO RHO
Camillo Rho L’albero solitario s.d., olio su tela, 54,5 x 74,5 cm Collezione privata
Alessandria 1872 – Pecetto Torinese 1946 Pittore. Studia all’Accademia Albertina di Torino allievo di Giuseppe Giani. E’ stato soprattutto un pittore di paesaggio in un primo tempo realizzato su matrice tardo ottocentesca alla maniera di Fontanesi; successivamente le sue interpretazioni presentano esiti e declinazioni che rimandano ad una pittura di stampo neo-impressionista. Espone alla Promotrice alle Belle Arti di Torino dal 1898 e partecipa per due edizioni alla Biennale Internazionale di Venezia. 46
FRANCESCO NEGRI Tromello Lomellina (Pavia) 1841 – Casale Monferrato 1924 Fotografo. Tra i grandi pionieri della fotografia e della microfotografia, inventò strumenti fotografici e si dedicò sia alla fotografia artistica sia a quella scientifica. Le sue conoscenze di ottica gli consentirono di applicare la fotografia alla microscopia. Dal 1866 svolse studi di fitopatologia e batteriologia. Nel 1886 cominciò a lavorare al teleobiettivo. La prima prova documentata di fotografia realizzata col teleobiettivo è del 25 aprile 1892, Veduta di Casale dalla collina di Sant’Anna. Sperimentò le prime tecniche di fotografia a colori messe a punto dai francesi Charles Cros e Louis Ducos du Hauron, con l’uso della tricromia. Sindaco di Casale, amico del pittore Angelo Morbelli, fu anche studioso d’arte, in particolare delle sculture del Sacro Monte di Crea e dell’Abbazia di Santa Maria di Lucedio. 47
Francesco Negri Paesaggio con albero e fiume 1910 ca, Autocromia, 10 x 15 / 60 x 50 cm Stampa 2014, Foto Levi, Casale Monferrato Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
SALA 4
GUGLIELMO BEZZO
Guglielmo Bezzo Autunno morente nel Monferrato 1929, olio su tela, 74 x 90 cm Collezione privata
Nanaymo (Canada) 1892 – Asti 1977 Pittore. Autodidatta. Nei primi anni di vita si trasferisce nel paese d’origine della famiglia a Tonco Monferrato. Partecipa alla prima guerra mondiale e al ritorno si dedica completamente alla pittura, esordendo nel 1921 in una mostra provinciale ad Alessandria. Da allora prende parte alle principali esposizioni nazionali e internazionali, tra le quali la Biennale di Venezia, la Quadriennale di Roma e a tutte le manifestazioni della Promotrice alle Belle Arti di Torino. Nel 1967 è invitato fuori concorso alle mostre di Casale Monferrato e di Ovada per Il Millennio del Monferrato: Castelli e vigne del Monferrato. 48
LORENZO DELLEANI
Lorenzo Delleani Alberi e nubi 1903, olio su tavola, 34 x 23,5 cm Collezione privata Lorenzo Delleani Idillio sotto il noce 1907, olio su tela, 140 x 110 cm Collezione privata
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Pollone 1840 – Torino 1908 Studia all’Accademia Albertina di Torino ed esordisce con opere di soggetto storico. Dopo u soggiorno di approfondimento a Firenze e Venezia produce lavori in cui è molto attento ai dettagli e ai particolari delle composizioni. Nel 1874 è a Parigi dove espone alcuni di questi lavori, ma viene a contatto anche con la prima mostra degli Impressionisti. A partire dagli anni ’80 e dopo aver subito l’influenza di Fontanesi, rompe con la pittura di tradizione accademica e inizia a produrre le tavolette dal vero in cui si riconosce la ricerca di immediatezza nella trascrizione del vero che caratterizza tutta la sua produzione da questo momento in poi. Uno stile in cui è evidente l’immediatezza e il tocco rapido nel trascrivere gli elementi di natura con particolare attenzione ai valori cromatici e luministici.
SALA 4
Cino Bozzetti Bosco in riva alla Bormida 1930, olio su tavola, 38 x 50 cm Collezione privata
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GIUSEPPE CERRINA Marazzano (Rimini) 1882 – Milano 1960 Pittore. Autodidatta, ma attento alle vicende dell’arte, partecipa nel 1916 alla mostra della Secessione Romana, ad alcune edizioni della Biennale Internazionale di Venezia e alla Quadriennale di Roma. Oltre che pittore di paesaggio colto nelle mutazioni giornaliere e stagionali, si è dedicato con successo alla xilografia e all’acquaforte ed è stato anche critico d’arte e poeta.
GUIDO BOTTA Alessandria 1921 – 2010 Pittore. Dopo essersi diplomato alle Scuole Magistrali si iscrive al Liceo Artistico e all’Accademia Albertina di Torino. Tra il 1947 e il 1950 frequenta lo studio di Cesare Maggi il pittore specializzato nei paesaggi di neve e di montagna. Ma i paesaggi che Botta predilige sono quelli di pianura e di collina memore della sua infanzia trascorsa in un cascinale alla periferia della città, circondato da un paesaggio di alberi e fossi, da corsi d’acqua e vigneti. Un paesaggio in cui si alternano zone ordinate disegnate dalla mano dell’uomo e vegetazioni spontanee che prosperano in prossimità delle rive. Un culto della terra che lo porta a identificare il suo lavoro con le terre di Langa e Monferrato, quel mare di colline che si perdono in lontananza affievolendosi per effetto degli umori che svaporano nell’aria.
Giuseppe Cerrina Primavera s.d., olio su tela, 40 x 51 cm Collezione privata Guido Botta Vigneti 1957, olio su tela, 60 x 50 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
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SALA 4
ALBERTO CAFFASSI
ANDREA CANESTRI
Alessandria 1894 – 1973 Pittore. Studia all’Accademia Albertina di Torino allievo di Giacomo Grosso e all’Accademia di Brera a Milano allievo di Cesare Tallone. Si dedica all’affresco e al ritratto in cui è un vero specialista con committenze alessandrine, ma anche torinesi e lombarde. Nei quadri ad olio realizza nature morte e scorci di paesaggio, nei primi anni ligure per la frequentazione di Eso Peluzzi, e poi alessandrino con scorci dedicati, in particolare, ai castelli del Monferrato. Espone per due volte alla Biennale di Venezia, ad una edizione della Quadriennale di Roma e più volte alla Promotrice di Torino a partire dal 1920.
Alessandria 1896 – 1959 Pittore autodidatta. Di professione giornalista, poeta e pittore per passione. Nei dipinti si dedica, in particolare, alla lettura del paesaggio alessandrino con nostalgica e poetica attenzione ai luoghi e agli scorci che nel tempo sono scomparsi. Non risulta abbia mai esposto le sue opere in mostre nazionali.
Alberto Caffassi Cascinali in collina s.d., olio su tavola, 45 x 51 cm Collezione privata
Andrea Canestri San Salvatore Monferrato 1954, olio su faesite, 50 x 60 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
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CARLO LENTI Bassignana, 1938 Fotografo. Dopo un primo periodo di formazione con Gianni Berengo Gardin è diventato e lo è stato per molti anni, il direttore della fotografia del Ferrari Club Italia. Campione del mondo di aeromodellismo, si è occupato della pubblicazione di numerosi volumi sulla Ferrari. Dal 1955 vola su aerei e elicotteri, ma la passione per la fotografia, nonché per lo studio dell’aerodinamica e dell’avionica, l’ha portato a desiderare il volo in mongolfiera e in deltaplano a motore. Da oltre dieci anni sta documentando il Parco del fiume del Po, con i suoi aspetti di vita della flora e della fauna. Nel 1992 ha vinto il premio Dino Ferrari e la medaglia d’oro al Premio Internazionale Toro Assicurazioni.
Carlo Lenti Inverno nel Monferrato dal mio straccio volante 2009-2014, fotografia elaborata al computer, 60 x 98 cm Collezione dell’autore
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SALA 5
MONFERRATO: COLORI E DISSOLVENZE
In questa sala i tondi in gesso di Leonardo Bistolfi richiamano la nascita delle stagioni, impersonate da quattro puttini di foggia ancora accademica, che quasi rievocano i cherubini del Moncalvo: una simbologia antica che non è ancora il simbolismo sinuoso degli anni a venire per lo scultore del Liberty italiano. I gessi bistolfiani danno avvio alla serie dei dipinti dedicati alle variazioni cromatiche delle stagioni. La luce è protagonista in una serie di opere: rosata sui colli solitari del novese Beppe Levrero, abbagliante sulla riva innevata di Alberto Caffassi, fané nell’olio di Gino Mazzoli, fino a diventare fredda e smorzata
atmosfera nell’alba di Camillo Rho. Il colore è invece dominante nella ricca tavolozza cromatica impiegata nel rappresentare le foglie di vite nel dipinto di Luigi Stanchi. Una ricerca orientata verso il superamento della figurazione tradizionale, nel senso di una dissolvenza progressiva dei contorni e della scomposizione del colore, si origina nei dipinti di Angelico Pistarino e Giuseppe Manzone per proseguire nell’opera di Piero Giunni. Una ricerca che raggiunge limiti estremi nelle astrazioni geometriche di Piero Mega –in qualche modo oggetto di una premonizione nel tramonto di Pietro Villa –così come nel dipinto di Paul Goodwin in cui la natura diventa solo colore,
SALA 5 nella fotografia singolarmente materica di Marc Cooper e nel grande, esplosivo telero di Piero Ruggeri. Tutti peraltro non dimentichi della comune matrice organica. Anche l’esile scultura di Fausto Melotti ci veicola verso un superamento del reale: spighe che diventano corde di uno strumento capace di suscitare vibrazioni musicali al primo alito di vento. Al centro della sala un gruppo scultoreo di ieratica forza firmato da Marco Porta ci riporta alla terra che di tutto è l’origine.
MARCO PORTA Casale Monferrato 1956 Scultore e pittore. Si laurea in Matematica all’Università di Torino e nel contempo si dedica all’arte e produce tele in cui le scansioni geometriche sembrano rimandare alle formule matematiche. Dalla metà degli anni ’90 si dedica alla scultura impiegando materiali diversi a volte inediti, accostati tra loro o mescolati come il vetro, il cemento, il metallo e le resine. Al centro della ricerca è posto l’uomo nella sua dimensione esistenziale ed emotiva. Intensa è la sua attività espositiva nazionale e internazionale in istituzioni pubbliche e spazi privati.
Marco Porta Elogio della penombra 2007, bronzo e pietra, 160 x 160 x 135 cm Collezione dell’autore
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Leonardo Bistolfi L'inverno, la primavera, l'estate, l'autunno 1890, altorilievo in gesso, 40 cm diam. Collezione privata
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SALA 5
ANDREA PISTARINO Alessandria 1897 – Torino 1960 Pittore. Studia all’Accademia Albertina di Torino. Le prime opere che realizza si discostano dalla formazione accademica per l’uso di una tecnica pittorica con cui la materia cromatica di sfalda e le visioni che ottiene sono come ovattate, soffuse e avvolte in una atmosfera di dolce malinconia. I soggetti privilegiati sono i paesaggi e gli scorci più dettagliati dei paesi del Monferrato. Realizza anche soggetti sacri e con uno di questi vince il Premio alla Biennale d’Arte Sacra di Novara. Espone alla Promotrice di Torino dal 1919, espone alla Quadriennale di Roma e per due edizioni alla Biennale di Venezia.
Andrea Pistarino Il paesello s.d., olio su tela, 119 x 134 cm Museo e Pinacoteca Civica di Alessandria
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BEPPE LEVRERO Genova Voltri 1901 – Novi Ligure 1986 Pittore. Frequenta per alcuni anni lo studio del pittore Agostino Bosia. Tutta la sua produzione pittorica ha per soggetto il paesaggio, che da figurativo post-impressionista, diviene sempre piÚ semplificato e sintetico, ridotto a poche linee orizzontali solcate da alberi spogli protesi verso il cielo in cui un sole tondo illumina turbinii di nuvole. Ha partecipato alle esposizioni della Promotrice di Torino al 1929 e ha esposto alla Biennale Internazionale di Venezia per 5 edizioni.
Beppe Levrero Neve 1964, olio su cartoncino, 40 x 50 cm Collezione privata
Alberto Caffassi Ultimo sole a Montecastello 1922, olio su tavola, 50 x 65 cm Collezione privata
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SALA 5 GINO MAZZOLI Casale Monferrato 1900 – 1974 Pittore. Studia all’Accademia Albertina di Torino allievo di Giacomo Grosso e Cesare Ferro. Realizza ritratti e figure con compostezza plastica e tenuta coloristica. Realizza anche paesaggi nei dintorni di Casale in cui stempera la solida formazione accademica in paesaggi che risentono della lezione post impressionista. Per alcuni anni risiede a Roma, periodo in cui produce ritratti e nature morte in particolare. Espone alla Promotrice alle Belle Arti di Torino a partire dal 1926.
GIUSEPPE MANZONE Asti 1887 – Torino 1983 Pittore. Allievo di Giacomo Grosso all’Accademia Albertina di Torino, si dedica prevalentemente al paesaggio. Paesaggio che lo interpreta all’inizio con tecnica divisionista dai colori vibranti e luminosi e successivamente con una pittura ad impasto con spatolate larghe di derivazione post impressionista. Successivamente la sua attenzione è completamente assorbita da temi tratti dal mondo contadino e dagli elementi di natura del paesaggio. Espone più volte alla Biennale di Venezia e nel 1940 gli è assegnata una intera parete espositiva. E’ presente inoltre a più edizioni della Quadriennale di Roma e della Promotrice alle Belle Arti di Torino.
Gino Mazzoli Neve in Monferrato 1941, olio su tela, 74 x 66 cm Collezione privata
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Giuseppe Manzone Motivo del Monferrato 1934, olio su tavola, 45 x 55 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
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SALA 5
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PIERO MEGA Tortona 1961 Artista. Nel corso degli anni si è occupato di tecniche e linguaggi della comunicazione, di fotografia, video e nuovi media, seguendo nel contempo un percorso di costante ricerca volto a integrare tecniche differenti per la rappresentazione di immagini e contenuti concettuali. Nel 2012 ha vinto i premi di pittura “Cesare Pavese” a Santo Stefano Belbo e “Romano Reviglio” a Cherasco. Tra le ultime mostre si segnalano nel 2011: Alessandria, Biennale di video fotografia; Cherasco, premio nazionale “Reviglio”; Volpedo, Biennale Pellizza di Arte Cultura e Spettacolo; Verona, Arteverona. Nel 2012: Novi Ligure, Museo dei Campionissimi; Cherasco, Palazzo Salmatoris. Nel 2013: Vigevano, Castello Sforzesco. Ha partecipato nel 2011 alla Biennale di Venezia nel Padiglione Piemonte. .
Piero Mega Confini 2009, olio su tela, 191 x 191 cm Collezione privata Camillo Rho Paesaggio azzurro 1935, olio su tela, 40 x 52 cm Collezione privata Camillo Rho Paesaggio 1940, olio su tela, 55,5 x 80 cm Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
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SALA 5
Gino Mazzoli Neve in Monferrato 1941, olio su tela, 74 x 66 cm Collezione privata
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PIERO GIUNNI Villa Cortese (Milano) 1912 – Bondone (Trento) 2000 Pittore. Frequenta l’Accademia di Brera e l’Accademia di Venezia. Nel dopoguerra si dedica a dipinti di paesaggio realizzati con colori espressionisti e ricchi di evidente gestualità. La natura è il motivo conduttore di tutta la sua produzione pittorica e per questo Francesco Arcangeli lo definisce uno degli ultimi naturalisti. La sua pittura si caratterizza per la presenza di una materia densa e luminosa stesa con larghe spatolate che strutturano in modo deciso il paesaggio o i suoi particolari. In altri casi è evanescente al punto da sembrare acquarello. Partecipa più volte alla Quadriennale di Roma a partire dal 1951 e alla Biennale di Venezia dal 1958.
Piero Giunni Raggio di luce 1966, olio su tela, 100 x 70 cm Collezione privata
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SALA 5
MARK COOPER
Mark Cooper In cima del campo con vento da sinistra 2005, fotografia aerea, 80 x 120 cm Collezione dell’autore
Carlisle (Gran Bretagna) 1965 Fotografo. È cresciuto a Keswick nel Lake District in Gran Bretagna. Dopo aver vissuto a Londra per molti anni e aver viaggiato a lungo soprattutto nel Medio Oriente e in Africa settentrionale per realizzare reportage fotografici, si stabilisce nel 1993 a Montechiaro in provincia di Alessandria dedicandosi con esiti di assoluto rilievo alla fotografia aerea e alla fotografia di paesaggio. Attualmente collabora con enti pubblici e istituzioni private nella realizzazione di pubblicazioni e vari materiali riguardanti la valorizzazione del paesaggio naturale e del territorio. Per l’originalità del suo lavoro ha allestito numerose mostre personali in spazi pubblici e privati. 66
PAUL GOODWIN
Paul Goodwin Green mountain 2002, olio su acciaio inox, 134 x 128 cm Collezione dell’autore
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Hull (Gran Bretagna) 1951 Pittore. Laureato all’Università di Leeds, Yorkshire, in Belle Arti, Ha lavorato per dieci anni tra Londra, Uganda, Nigeria e lo Zimbabwe come docente di Pittura, Storia dell’Arte, Fotografia e Film, prima di accettare, nel 1984, un invito a prendere uno studio nella Casa degli Artisti in corso Garibaldi a Milano. Ha occupato questo studio fino al 2007, quando l’edificio, monumento storico è stato chiuso per restauri dal Comune di Milano e gli artisti sono stati sfrattati. Nel 2008 ha lavorato per alcuni mesi a Londra, e dal 2010 fino al 2013 ha studio anche a Torino. Dagli gli anni ‘90, però, Goodwin ha sistemato la sua cascina-studio (Vallon) a Roccaverano, dove vive tuttora. Dal 1983 le sue opere sono state esposte in mostre personali e collettive in Italia e in Inghilterra.
SALA 5 PIETRO VILLA Milano 1912 – Alessandria 2001 Pittore e incisore. Si diploma all’Istituto Magistrale e nel contempo inizia a fare pratica con la difficile tecnica dell’acquaforte. Nelle sue incisioni annota e descrive minuziosamente visioni cittadine e della campagna alessandrina oppure trasfigura in visioni che rasentano l’astrazione o l’informale semplici elementi di natura come canneti, vitigni e cardi selvatici. Avvalendosi degli stessi soggetti realizza anche opere con colori ad olio su tela con cui descrivere gli umori del mattino o i bagliori dei tramonti infuocati sul Monferrato. Realizza anche singolari pastelli colorati su carta paglia.
Pietro Villa Tramonto a Vignale 1969, olio su tavola, 16 x 16 cm Collezione privata
LUIGI STANCHI Valenza 1901 – 1991 Pittore. Dopo una breve parentesi di lavoro impiegatizio in Ferrovia, nel 1917 si iscrive all’Accademia Albertina di Torino allievo di Giacomo Grosso e Cesare Ferro. Si diploma nel corso del 1923 nel corso speciale di pittura. Per ragioni economiche ritorna a vivere a Valenza dove ottiene l’incarico per un corso di Plastica e Disegno alla scuola serale “B. Bellini”. Dipinge quadri di paesaggio e ritratti del padre contadino con una tecnica immediata che deriva dalla sua formazione torinese. Partecipa ad alcune mostre di carattere nazionale alla permanente di Milano e viene premiato nel concorso nazionale “Città di Alessandria”. Nei suoi dipinti ha assimilato le più valide espressioni contemporanee senza allontanarsi dalle fonti di ispirazione come i paesaggi, le figure, le nature morte e i fiori.
PIERO RUGGERI
Luigi Stanchi La vigna piccola 1965, olio su cartone telato, 30 x 40 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
Piero Ruggeri Paesaggio 1963, olio e smalto su tela, 170 x 145 cm Collezione privata
Torino 1930 – Avigliana 2009 Studia all’Accademia Albertina di Torino e nel 1960 allestisce la sua prima mostra personale. Aderisce alla poetica informale dando ampio spazio alla gestualità con la quale stende, sovrappone e asporta il colore. Nel 1962 è invitato alla Biennale di Venezia con una sala personale. Negli anni successivi il gesto si contrae divenendo breve tratto con cui asportare con linee parallele e ortogonali spessi strati di materia cromatica con il risultato di evidenziare luci e ombre e far riemergere porzioni di colore sottostanti e ricoperti dalla spessa coltre successiva. La sua ultima produzione si caratterizza dall’uso di pochi colori, perlopiù monocromi, scanditi e animati dai solchi del colore steso a spatola. 68
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SALA 5
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Fausto Melotti Denominatore 1970, ottone, tessuto dipinto, plastica, bronzo, 75 x 60 x 35 cm Collezione privata
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SALA 6
MONFERRATO: DONI DELLA TERRA
Fichi, mele, pesche, ciliegie, cachi, castagne, noci, nocciole, funghi, meloni, peperoni e tartufi, formaggi e selvaggina: il Monferrato è una terra capace di doni molteplici. Non solo il vino quindi, che la consuetudine tende invece a classificare come principale produzione di questi colli. Prodotti della terra di cui il Monferrato non possiede certamente l’esclusiva, ma l’impiego che ne è stato fatto nelle ricette locali ha connotato in maniera profonda il modo di alimentarsi, arricchendo nel tempo il patrimonio gastronomico. Il perdurare di tali coltivazioni ha consentito perciò di mantenere in vita, tramandandole, ricette di
una cucina molto identitaria, fatta di piatti sontuosi come pure di piatti poveri, rimasti, come all’origine, semplici eppure molto gustosi. Sono queste le ragioni per cui nella sala trovano posto alcune opere di autori italiani, scelte come una sorta di still-life dedicati al Monferrato: per esempio i frutti colorati di Ottone Rosai, Francesco Menzio e Achille Funi; o le pesche in poliuretano espanso di Piero Gilardi di gusto pop. Le carni, le verdure, i legumi e i latticini sono presenti in molte delle ricette tipiche del Monferrato, come la bagna cauda, i capunèt, il fritto misto alla piemontese e gli agnolotti della festa che il fotografo Maurizio Galimberti
SALA 6 ha immortalato nelle sue composizioni fotografiche. Dina Bellotti ci trasporta con i suoi tenui coloria tempera in una tarda estate. Un albero carico di cachi è il soggetto di un’immagine romantica di Enzo Bruno associata a una sorprendente natura morta di Francesco Negri; non meno sentimento scorre tra i fili d’erba e i fiori di campo del pittore astigiano Massimo Quaglino. MASSIMO QUAGLINO Refrancore (Asti) 1899 – Torino 1982 Pittore. Si trasferisce con la famiglia a Torino dove matura una precoce passione per il disegno favorita dalla frequentazione dell’illustratore Golia. Si iscrive all’Accademia Albertina ma non completa gli studi. Negli anni ’20 si dedica completamente all’illustrazione di libri per ragazzi editi dalla SEI. Realizza sculture in ceramica per la Lenci e a partire dagli anni ’30 realizza opere pittoriche i paesaggio che caratterizzate da una soffusa luminosità. Realizza anche grandi cicli di decorazione murale, si dedica all’attività di costumista teatrale e intensa è la sua attività espositiva con ritratti, paesaggi e nature morte con fiori.
Massimo Quaglino Fiori di campo s.d., olio su tela, 70 x 50 cm Collezione privata
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OTTONE ROSAI Firenze 1895 – Ivrea 1957 Pittore. Si iscrive all’Accademia alle Belle Arti di Firenze, ma per il suo temperamento difficile viene allontanato e non conclude la formazione. Aderisce al futurismo e collabora alla rivista “Lacerba”. Dal 1915 al 1918 è in guerra schierato con gli interventisti. Al termine del conflitto riprende a dipingere avvalendosi di una stilizzazione primitiva e infantile. A partire dagli anni ’20 si dedica alla pittura all’aperto ed espone con il gruppo di Novecento. A partire dagli anni ’30 l’artista realizza i paesaggi. Le nature morte, i giocatori di carte, le vedute con cipressi e case coloniche che propone alla Biennale di Venezia. Soggetti a lui cari che, con gli autoritratti, continuerà a produrre, pur con diverse varianti, sino alla fine dei suoi giorni.
DINA BELLOTTI Alessandria 1912 - Roma 2003 Pittrice. Compie gli studi all’Accademia Albertina di Torino allieva di Cesare Ferro e Marcello Boglione. La sua pittura, sia nei paesaggi sia nelle nature morte, nei ritratti e nelle composizioni, risente del gusto francese post-impressionista che si respira a Torino negli anni della sua formazione. Abile ritrattista si dedica anche, soprattutto con la tecnica dell’acquarello, a riprodurre scene di vita quotidiana, nature morte e composizioni floreali caratterizzate dall’impiego di colori delicati e solari.
Ottone Rosai Natura morta con fichi 1938, olio su tela, 40 x 50 cm Collezione privata Dina Bellotti Natura morta s.d., tempera su cartoncino, 35 x 50 cm Collezione privata
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SALA 6
ACHILLE FUNI
FRANCESCO MENZIO Tempo Pausania 1899 – Torino 1979 Pittore. Nato in Sardegna da genitori piemontesi, ritorna a Torino nel 1912 e qui si iscrive all’Accademia Albertina dalla quale, dopo il primo anno, viene espulso. Termina gli studi da autodidatta e le sue prime opere risentono della misura classica casoratiana. Partecipa alla prima mostra di Novecento italiano invitato dalla Sarfatti. Sul finire degli anni ’20 espone con il “Gruppo dei Sei” di Torino con dipinti basati su una intensa e avvolgente luminosità. Realizza affreschi negli anni ’30 e in pittura persegue una ricerca sul colore, ma campito in netti contorni scuri. Vince il Premio Bergamo e partecipa a più edizioni della Biennale di Venezia. Francesco Menzio Natura morta con melone e fichi neri s.d., olio su tavola, 35 x 30 cm Collezione privata
Ferrara 1890 – Appiano Gentile 1972 Pittore. Studia all’Accademia di Brera e stringendo amicizia con Carrà, Dudreville e l’architetto Sant’Elia, si accosta alle esperienze futuriste. E firme il manifesto Contro tutti i ritorni in pittura. Nel 1922 è tra gli animatori di Novecento partecipando alla prima mostra allestita alla galleria Pesaro di Milano. All’inizio degli anni ’30, pur non trascurando la pittura di cavalletto, si dedica all’attività di frescante affermandosi come il più significativo esponente di pittura murale accanto a Sironi. Decora edifici pubblici (Palazzo di Giustizia di Milano) e religiosi (Cappella di San Carlo Borromeo a Milano). Nel secondo dopoguerra ottiene la cattedra di pittura all’Accademia di Brera. Continua a dipingere e negli ultimi anni si dedica prevalentemente al paesaggio.
Achille Funi Natura morta con melone, peperone e melanzana 1961, tempera su carta, 35 x 60 cm Collezione privata
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MANCA FOTO PARTICOLARE DELLE PESCHE PIERO GILARDI Torino 1942 Scultore. Frequenta l’Accademia Albertina di Torino ed esordisce nel 1963 dove presenta una serie di ironiche utopie urbane miniaturizzate. Una linea di ricerca e di invenzione sella vita dell’uomo contemporaneo che lo porta a elaborare i Tappeti natura , rifacimenti in poliuretano di frammenti di prato che in alcuni casi espone in forma di rotoli e vende a metri. Nel 1968 abbandona l’attività artistica per dedicarsi alla militanza politica e lavorando in un collettivo di animatori artistici. Negli anni ’80 riprende i suoi lavori e produce delle vere e proprie sculture in poliuretano espanso che preserva dall’ambiente conservandole in scatole di plexiglass.
Piero Gilardi Pesche s.d., poliuretano espanso, 51 x 51 x 16 cm Collezione privata
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SALA 6
MAURIZIO GALIMBERTI Como 1956 Fotografo. Studia da geometra e fin da ragazzo vince numerosi concorsi fotografici usando la pellicola analogica e una fotocamera a obbiettivo rotante. Nel 1983 inizia la sua passione-ossessione per la Polaroid, scelta perché non sopporta l’attesa dello sviluppo, nonché per la paura del buio della camera oscura. Un percorso di ricerca e sperimentazione che lo porta a diventare il testimonial ufficiale di Polaroid Italia e che nel 1995 ha come risultato il volume Polaroid pro art. Dal 1997 i suoi mosaici di polaroid entrano nel mondo del collezionismo d’arte. Nello sviluppo di questa sua tecnica hanno grande influenza Boccioni e Duchamp. Galimberti riesce in un istante a visualizzare una complessa scomposizione dell’immagine da ritrarre che realizza poi di getto.
Maurizio Galimberti Bagna cauda 1999, fotografia, 33,5 x 36 cm Collezione della Provincia di Alessandria
Maurizio Galimberti Torta rustica di noci 1999, fotografia, 25 x 27 cm Collezione della Provincia di Alessandria
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Maurizio Galimberti Agnolotti all’alessandrina 1999, fotografia, 29 x 26,5 cm Collezione della Provincia di Alessandria
Maurizio Galimberti Torta rustica di noci 1999, fotografia, 25 x 27 cm Collezione della Provincia di Alessandria
Maurizio Galimberti Fritto misto 1999, fotografia, 48,5 x 66,5 cm Collezione della Provincia di Alessandria
Maurizio Galimberti Capunet 1999, fotografia, 25 x 27,5 cm Collezione della Provincia di Alessandria
SALA 6
Francesco Negri Zucca e frutta nella fruttiera 1900 ca, Autocromia, 9 x 12 / 60 x 50 cm Stampa 2014, Foto Levi, Casale Monferrato Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
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ENZO BRUNO Asti 1947 Fotografo. Nel 1978 fonda ad Alessandria uno studio di fotografia industriale e pubblicitaria, lavorando per Guala, Saclà, Philips, Rowenta, Space Cannon, Alplast e avviando una collaborazione che dura tuttora col Ministero per i Beni Culturali. Alla fine degli anni ‘80 è a Baghdad per il reportage confluito nel volume La terra tra i due fiumi. Dal 1998 riceve incarichi dalla Conferenza Episcopale Italiana. Collabora con i più attivi restauratori del Piemonte, tra cui Nicola di Aramengo. È autore delle immagini di due volumi di Electa su Alessandria e di una ventina di libri della Cassa di Risparmio di Alessandria e dell’Istituto Bancario San Paolo di Torino. Collabora con “La Stampa” e “Pagine del Piemonte”. Ha lavorato per “Esquire Italia”.
Enzo Bruno Ottiglio 2006, stampa a getto d’inchiostro, 60 x 40 cm Collezione dell’autore
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SALA 7
MONFERRATO: CASCINE E CASTELLI
La morfologia del paesaggio monferrino è contraddistinta dal punto di vista architettonico da una prevalenza di paesi edificati in cima alle colline, sulle quali si stagliano i profili di castelli, torri di avvistamento e campanili; i pendii e i fondovalle invece sono disseminati di isolate cascine e talvolta di raggruppamenti di edifici rurali spesso facenti capo a grandi tenute agricole. Nel corso dei secoli i castelli continuano a essere gli elementi caratterizzanti del paesaggio, per quanto modificati e trasformati in residenze private e, in questi ultimi decenni, anche in strutture turistiche ricettive. Tanto che molti pittori e fotografi hanno
identificato nei castelli l’elemento che rappresenta il luogo: infatti dai disegni a matita di Alberto Caffassi, molto fedeli al vero, così come dalle fotografie in un bianco e nero ingiallito dal tempo di Domenico Sartorio, emerge un ricco e vario catalogo di costruzioni, differenti nelle soluzioni architettoniche pur nella comune esigenza difensiva. Molto più libera l’interpretazione offerta da Mario Schifano, che usa le forme dei castelli come punto di partenza per un esercizio di pittura attuata con le sue larghe pennellate e le casuali colature di colore con cui evoca il cielo e la vegetazione delle colline. Il dipinto di Franco Sassi sottolinea le rigorose
SALA 7 geometrie dei fienili e delle case coloniche, giocato sui toni bruni, quasi di ispirazione sironiana. All’aia deserta, il luogo della cascina in cui di solito si concentrano le attività del contadino, dedica un dipinto quasi metafisico il pittore astigiano Carlo Terzolo. Gli edifici rurali disseminati sulle colline sono il soggetto del paesaggio autunnale di Pietro Morando. A Francesco Negri, pioniere della fotografia a colori, presente con un’immagine da manuale di architettura, si affianca una fotografia a colori di Vittore Fossati con un interno di villa Ottolenghi in cui una finestra diventa la cornice di alberi autunnali. Una finestra aperta sulle colline è il fondale proposto da Felice Casorati, mentre un vecchio interno di osteria, con il suo arredo ottocentesco, è il soggetto di un poetico dipinto di un artista alessandrino poco conosciuto: Giulio Adamo Sacchi. Idealmente collega tutti questi luoghi la vecchia corriera di Giovanni Rapetti che arrancando si inerpica per le strade di un Monferrato ancora tutto da scoprire.
VITTORE FOSSATI Alessandria 1954 Fotografo. Dalla fine degli anni ‘70 ha fatto parte del gruppo di autori che ha visto in Luigi Ghirri un maestro e un punto di riferimento per rinnovare la cultura fotografica italiana e ha partecipato alle più importanti mostre collettive da lui organizzate: Iconicittà (1979), Penisola (1983), Viaggio in Italia (1984), Esplorazioni sulla Via Emilia (1986). Si dedica da anni, su incarico di enti pubblici e istituzioni, alla fotografia di paesaggio e di architettura ed oggi è fra i maggiori rappresentanti di quella fotografi che, in Italia, contribuisce a una riflessione sulle trasformazioni del territorio e sulla loro rappresentazione.
Vittore Fossati Acqui Terme. Villa Ottolenghi 2014, stampa a getto d’inchiostro su carta cotone, 30 x 45 cm Collezione dell’autore
Vittore Fossati Rosignano visto da Cellamonte 2014, stampa a getto d’inchiostro su carta cotone, 30 x 40 cm Collezione dell’autore
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SALA 7
Francesco Negri Fienile 1891/1893 ca, Gelatina bromuro d’argento/vetro, 13 x 18 / 60 x 50 cm Stampa 2014, Foto Levi, Casale Monferrato Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
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Alberto Caffassi Castello di Uviglie s.d., tecnica mista su carta, 21 x 35 cm Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
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Alberto Caffassi Castello di Murisengo s.d., tecnica mista su carta, 40 x 26 cm Collezione Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
SALA 7
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DOMENICO SARTORIO Alessandria 1891 – 1977 Fotografo. Sin da giovane frequenta lo studio del cugino il fotografo dei futuristi Mario Castagneri. Partecipa alla guerra del 1915/18 come Bersagliere autista di ambulanze. Apre una bottega in città nel 1925, diventando in breve tempo il fotografo per antonomasia di Alessandria. Tra i suoi primi lavori la riproduzione dello studio di Pellizza da Volpedo. Il figlio Renato segue le orme del padre, con il quale lavora nella bottega di via Cavour, spostata negli anni Cinquanta in via Legnano e attiva fino al 1985. In pratica i Sartorio per oltre mezzo secolo sono stati i fotografi della città , ritraendola in ogni aspetto: dalla politica allo sport, dai grandi eventi culturali alla vita sociale e quotidiana.
Domenico Sartorio Castello di San Giorgio Monferrato s.d., fotografia, 35 x 48 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria Domenico Sartorio Castello di Camino s.d., fotografia, 47 x 36 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria Domenico Sartorio Castello di Redabue s.d., fotografia, 47 x 34 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria Domenico Sartorio Castello di Redabue s.d., fotografia, 31 x 47 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
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SALA 7
MARIO SCHIFANO Homs/Libia 1934 – Roma 1998 Pittore. Si trasferisce con la famiglia a Roma e interrotti gli studi collabora col padre archeologo restauratore. Comincia a dipingere come autodidatta. Nel 1960 espone alla galleria La Salita i primi lavori monocromi realizzati su carta da imballo riportata su tela. L’uniformità della superficie è interrotta dalla presenza di piccoli numeri o lettere. Nel 1964 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia con opere in cui le immagini sono prese in prestito dal repertorio pubblicitario. Inizia un lungo periodo in cui rivisita in chiave pop l’iconografia futurista e altri momenti di storia dell’arte e inserisce nei suoi lavori lastre di plexiglass colorato. Negli anni successivi si dedica alla fotografia, il video tape e la cinepresa con cui realizza dei lungometraggi. Negli anni ’70 riporta su tele emulsionate immagini televisive elaborate con colori accesi e colanti.. nei decenni successivi ritorna alla pittura avvalendosi di smalti sintetici con cui reinterpretare suoi precedenti lavori. Espone più volte alla Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia. 90
Mario Schifano Castello del Monferrato 1988, tecnica mista su carta, 100 x 70 cm Collezione privata
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SALA 7
FRANCO SASSI Alessandria 1912 – 1993 Pittore e grafico. Si forma come grafico-litografo, ma si dedica alla pittura dopo aver stretto amicizia con il conterraneo Cino Bozzetti che lo stimola a realizzare dei lavori con la tecnica dell’acquaforte. Dal maestro apprende anche la passione per indagare nei particolari del paesaggio alessandrino che propone con nitide visioni. Realizza anche opere con visioni più ampie del paesaggio in cui gli elementi urbani spesso sono singolarmente geometrizzati. Nell’ultima produzione gli stravolgimenti provocati dall’uomo sul territorio si traducono in visioni ancora naturalistiche, ma stravolte in modo fantastico e surreale.
Franco Sassi Case di Acqui Terme 1968, olio su faesite, 47 x 71 cm Collezione della Camera di Commercio di Alessandria
Carlo Terzolo Pozzo a bricola con tacchino 1973, olio su tela, 100 x 79 cm Collezione privata
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CARLO TERZOLO
GIULIO ADAMO SACCHI (GAS)
Incisa Scapaccino 1904 – Torino 1975 Pittore. Studia all’Accademia Albertina di Torino. Viaggia in Toscana e compie degli studi sugli affreschi e nel 1925 compie il suo primo viaggio a Parigi. Le sue opere pittoriche sono caratterizzate da una visione straniante e quasi metafisica con cui racconta la magia del quotidiano. La campagna e la vegetazione sono anch’essi letti quasi come dei miti naturali che l’uomo deve amare e difendere. A partire dagli anni ’30 la sua pittura si caratterizza attraverso piccole opere di paesaggi analitici colti nelle aie delle cascine o per la lettura di Fornaci e Segherie. Espone più volte alla Biennale di Venezia e si dedica con successo all’affresco.
Torino 1880 – Alessandria 1945 Pittore e poeta. Non si hanno notizie certe sugli studi compiuti ne di quando giunge in Alessandria. Pare fosse dipendente di un’azienda alessandrina da cui si licenziò per dedicarsi a tempo pieno all’attività di pittore. Ha dipinto opere di sapore floreale in sintonia con il gusto dell’epoca, nature morte dai colori brillanti e materici e una serie di scorci alessandrini alcuni dei quali oggi scomparsi. Di grande interesse i lavori in cui è presente una sottile vena popolaresca non disgiunta da una precisa sensibilità descrittiva con cui racconta momenti del quotidiano.
Giulio Adamo Sacchi (GAS) Refugium ciucatorum 1904, olio su tela, 15 x 52 cm Collezione privata
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SALA 7 FELICE CASORATI Novara 1883 – Torino 1963 Pittore. Dapprima studia pianoforte, ma un forte esaurimento nervoso lo fa desistere. Si laurea in Legge, ma nel contempo dipinge con impegno e propone un suo lavoro alla Biennale di Venezia del 1906. Nel secondo decennio la sua produzione è influenzata dal secessionismo viennese dal quale attinge colori brillanti e sigle elegantemente decorative. Attraversa una fase simbolista e si dedica a un recupero in direzione neo quattrocentista. Negli anni ’30 modifica ulteriormente la sua pittura con l’abbandono della purezza antica per una materia che predilige le tinte delicate e perlacee, che si amalgama e si stempera verso suggestioni differenti. Nel secondo dopoguerra l’attività pittorica prosegue con opere, in particolare nature morte e figure, in cui usa come sfondi partiture spaziali che rimandano alle contemporanee esperienze dell’astrattismo.
Felice Casorati Maternità 1953, olio su tela, 80 x 65 cm Collezione privata
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Pietro Morando Paesaggio del Monferrato Anni ’30, olio su tavola, 48 x 47 cm Collezione privata
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SALA 7
GIOVANNI RAPETTI Villa del Foro (Alessandria) 1922 Alessandria 2014 Scultore e poeta. Interrotti gli studi all’Accademia Albertina di Torino per la guerra, è fatto prigioniero dei tedeschi dopo l’8 settembre, ma riesce a fuggire, collaborando poi con la Resistenza. Allievo e amico di Manzù all’Accademia di Brera, partecipa dal 1946 con disegni e sculture a mostre nazionali. Vince nel 1946 il premio “Medardo Rosso” per la scultura. Nel 1977 ad Alessandria si apre una grande mostra antologica della sua produzione grafica e nel 1994 una rassegna delle sue sculture. Una scultura che coniuga la meditazione sui grandi del passato, in particolare Medardo Rosso, con esiti di controllata ma efficace drammatizzazione espressiva. “Ciclopica e fluviale” definisce Franco Castelli la vena poetica dialettale in cui sceglierà di incanalare negli ultimi decenni la sua urgente vena creativa.
Giovanni Rapetti La corriera 1960, bronzo, 29 x 54 x 28 cm Collezione privata
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SALA 8
MONFERRATO MON AMOUR
La mostra si chiude con un omaggio a tutti quegli artisti i quali vivono in Monferrato o vi hanno trascorso una parte della loro vita oppure ancora hanno con questa terra profondi legami affettivi, familiari e culturali. Il Monferrato come terra amata dagli artisti per la sua particolare combinazione di paesaggio e natura, arte e architettura, per quel silenzio interrotto solo in alcune parti dell’anno dalle attività agricole, e, non ultimo, per la ricchezza del suo patrimonio enogastronomico. Un appeal che ha attratto artisti non solo italiani, inducendoli a stabilire in questi luoghi la propria residenza per periodi più o meno lunghi: come Aldo Mondino presente an-
che nel doppio ritratto di Maurizio Galimberti – ed Enrico Colombotto Rosso, per i quali il Monferrato è stato il luogo della maturità, il buen retiro dopo una giovinezza spesa in giro per il mondo o il luogo della meditazione e del lavoro, interrotti dai soggiorni all’estero di un inquieto viaggiare. Oppure la terra d’origine come per Andrea Repetto, Mirco Marchelli e Vittorio Zitti. O anche un angolo di beatitudine lontana dalla città come per Paolo Baratella, Alberto Boschi, Eugenio Carmi, Nino Lo Duca, Anna La Stella ed Ennio Morlotti di cui presentiamo un olio dipinto durante una vacanza in Monferrato. Collocata nell’atrio del palazzo la volpe dello scultore
SALA 8 Giovanni Tamburelli anela a un’uva succosa e inarrivabile. Tre degli artisti presenti in questa sezione sono stranieri – Mark Cooper, Alzek Misheff e Paul Goodwin – letteralmente “innamorati” di queste terre al punto da trasferirvisi definitivamente lasciato il loro paese. Tra le opere esposte non si deve ricercare un filo rosso che le unisca a livello tematico o formale; l’insieme è in verità la testimonianza di ricerche espressive fra loro anche molto distanti, una miscellanea eterogenea in cui il genius loci del Monferrato apparentemente non è manifesto. A riprova del fatto che, seppure non abbia agito sempre come elemento d’ispirazione, il Monferrato è stato spesso un “terreno di coltura” molto fertile, capace di generare frutti i più diversi.
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VITTORIO ZITTI Macerata 1940 Scultore e incisore. Si diploma presso l’istituto d’arte della sua città natale e nel 1959 si trasferisce a Acqui Terme per svolgere l’attività di insegnante di discipline artistiche. Nella sua produzione scultorea ha sperimentato molteplici materiali come il legno, la pietra, il marmo, il bronzo, ma quello che ha reso in maniera completa il suo desiderio di raccontare il paesaggio attraverso una sequenza di dettagli è la ceramica. In particolare la ceramica raku con la quale riesce ad associare parti smaltate a parti carboniose e opache. Rappresentazioni di come si presenta la natura in cui si fondono zone levigate d’intensa luminosità e zone porose d’ombra.
Vittorio Zitti Segni di terra s.d., ceramica raku, 150 x 45 cm Collezione dell’autore
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SALA 8
MIRCO MARCHELLI Novi Ligure 1963 Artista. Le sfere della creatività in cui si misura l’artista sono, accanto alla pittura, la musica e la poesia. Le sue opere, in cui raramente manca l’elemento pittorico, sono oggetti quasi scultorei, assemblaggi invasi da una sottile poesia di tele usate, vecchie bandiere, carte, legni, resti, che l’artista riporta in vita, rendendoli testimoni del tempo passato e della sua personalissima visione della storia. Il suo lavoro è stato esposto dal 1994 in numerose mostre personali e collettive; Nel 2011 la partecipazione alla 54esima Biennale di Venezia al Padiglione Italia. Nel 2013 espone a Palazzo Fortuny a Venezia la personale Scena muta per nuvole basse.
Mirco Marchelli Il giardino nascosto 2014, tecnica mista su tela, 40 x 40 cm Collezione dell’autore
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Maurizio Galimberti Aldo Mondino 1999, fotografia, 96 x 42 cm Collezione della Provincia di Alessandria
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Mark Cooper Opening the closed 2008, fotografia aerea, 40 x 60 cm Collezione dell’autore
SALA 8
Paolo Baratella Dioniso 2003, tecnica mista su tela, 162 x 120 cm Collezione privata
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ENNIO MORLOTTI Lecco 1910 – Milano 1992 Pittore. Frequenta l’Accademia di Firenze allievo di Felice Carena. Inizia a dipingere sul solco dei grandi maestri del naturalismo padano e si iscrive all’Accademia di Brera allievo di Carpi e di Funi. Nel 1940 fa parte del gruppo di Corrente. Agli inizi degli anni ’40, dopo una breve fase in cui gli impianti strutturali delle composizioni ricordano Picasso, individua un suo modo di dipingere la natura utilizzando una materia corposa e densa stesa con la spazzola e graffiata con la coda del pennello. Alla fine del decennio aderisce al Fronte nuovo delle arti e per un breve periodo utilizza nelle sue composizioni, nuovamente picassiane, pennellate dense e strutturanti. In seguito alla frattura del gruppo aderisce allo schieramento astrattista denominato Gruppo degli otto. Negli anni ’50 produce opere con una materia dilavata e incorporea caratterizzate dalla eliminazione tra primo piano e sfondo. Successivamente la lettura degli elementi di natura diviene più ravvicinata ottenuta con densi e corposi impasti di materia stesa a spatola e lavorata a pennello. Vince il Primo premio di pittura alla Biennale di Venezia del 1962. 105
Ennio Morlotti Paesaggio in Piemonte (Lerma) 1973, olio su tela, 60 x 73 cm Collezione privata
SALA 8 ALTEK MISHEFF Dupniza (Bulgaria) 1940 Pittore e musicista. Laureatosi in pittura nel 1966 a Sofia presso l’Accademia di Belle Arti, nel 1971 fugge dal suo paese e arriva a piedi in Italia, vivendo e lavorando a Milano e ad Acqui Terme. È noto internazionalmente in ambito artistico per il progetto Swimming Across The Atlantic, eseguito nella piscina del transatlantico Queen Elizabeth 2 nel 1982, in viaggio sulla rotta tra Londra e New York. Tra le sue performance spicca Musica del cielo, concerto-installazione del 1979 nella Piazza del Duomo di Milano. È stato invitato alla Biennale di Venezia del 2000, dove ha realizzato Proliferante verità del sentimento: immerso in un cilindro trasparente pieno d’acqua e nel 2007, dove ha realizzato Chalk portrait music of Joseph Beuys. Nel maggio del 2005 al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano ha diretto il Concerto per violino Stradivari, pianoforte Disklavier e quartetto di violini telefonini.
Altek Misheff Uva 2012, verderame su legno, 110 x 100 x 14 cm Collezione dell’autore
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ENRICO COLOMBOTTO ROSSO Torino 1925 – Casale Monferrato 2013 Pittore e scenografo. Le sue prime prove pittoriche risalgono agli anni ’50 con una produzione in cui si avvertono echi dell’Art Nouveau e della Secessione viennese nelle pieghe dei vestiti e nei lustrini che decorano i vestiti. Dopo questa fase di formazione la sua indole lo trasporta verso una sorta personale di surrealismo con cui descrive in una statica irrealtà le figure di bimbi ospitati nel Cottolengo, bambolotti o mummie di un’umanità deforme. L’inquietudine visionaria che pervade i suoi dipinti è trasferita nelle scenografie teatrali con cui allestisce i lavori di Ionesco e Wilde per il Teatro Stabile di Torino.
Enrico Colombotto Rosso Farfalla s.d., olio su tela, 60 x 50 cm Collezione privata
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SALA 8
ALBERTO BOSCHI
Alberto Boschi Paesaggio 2013, olio su tela, 100 x 150 cm Collezione dell’autore
Genova 1935 Pittore e incisore. Inizia a dipingere da autodidatta e dopo alcune esperienza con collages, astrazioni di matrice americana retaggio di un soggiorno negli Stati Uniti e segni picassiani, individua il suo percorso attraverso una lettura di paesaggio riconducibile al “naturalismo astratto” o “ultimo naturalismo”. Nel 1968 frequenta a Urbino un corso di calcografia allievo di Renato Bruscaglia. Da questo momento sperimenta tutte le tecniche incisorie e produce un grande numero di cartelle con tematiche legate al paesaggio e alle mutazioni stagionali. 108
ANNA LA STELLA Milano Fotografa. Milanese meticcia, giornalista, inizia a fotografare nel 1972. Dai primi ritratti in bianco e nero il suo obiettivo punta gradualmente verso scorci del vivere urbano e sul paesaggio duro delle periferie. I suoi soggetti preferiti, in giochi di grandangolo e zoomate, diventano i muri: luoghi tanto esposti da non essere più visti. Reti di denunce e utopie che, nel loro essere di tutti e di nessuno, raccontano rivincite anonime all’omologazione. Negli scatti si rincorrono scritte, graffiti, esplosioni di colori. Su una sorta di grande tela – fatta di crepe, escrescenze e avvallamenti del muri – l’autrice incide personalissime pennellate virtuali: sovrapposizione di parole, ricordi, immagini.
Anna La Stella Lo strappo, Giovanni Tamburelli in un muro di Moleto 2014, accostamento fotografico su carta cotone. Esemplare 1/3, 38x53 cm Collezione dell’autore Anna La Stella La nascita, Giovanni Tamburelli in un muro di Moleto 2014, accostamento fotografico su carta cotone. Esemplare 1/3, 38x53 cm Collezione dell’autore
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SALA 8
NINO LO DUCA Napoli 1940 Fotografo. Inizia l’attività giovanissimo nello studio Aragozzini, dove realizza i primi servizi per l’industria e la pubblicità. Nel 1969 apre un proprio studio e inizia a collaborare con i principali periodici di arredamento, di moda e soprattutto d’arte. Spesso all’estero, incontra, intervista e fotografa molti dei più importanti artisti e intellettuali del tempo da Andy Wharhol a Salvador Dalì a Federico Fellini. Tali immagini sono oggetto di varie mostre – la prima nel 1972 alla Galleria Il Diaframma di Milano – e volumi, tra cui Arte e fotografia, pubblicato nel 1976 e riedito, arricchito e aggiornato, nel 2014.
Nino Lo Duca Ritratto di Salvator Dalì nella sala Mae West del Museo Dalì a Figueras 1974, fotografia. Esemplare 1/3, 39 x 27 cm Collezione dell’autore
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Paul Goodwin Red Guests 2007, olio su alluminio anodizzato, 76 x 73 cm Collezione dell’autore
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SALA 8
ANDREA REPETTO Genova 1962 Fotografo. Impegnato prevalentemente nella rappresentazione del territorio, nella fotografia di architettura, di paesaggio, nella riproduzione di opere d'arte e in ambito pubblicitario. Ha ideato e condotto, dal 1996 al 1999, assieme ad altri fotografi, esponenti del “paesaggio italiano contemporaneo”, una campagna fotografica sul paesaggio fluviale. Da alcuni anni la sua ricerca lo porta a riflettere sul concetto di “presenza-assenza dell’uomo”, autoproducendo diversi progetti in costante evoluzione, tra cui “andato via” e "vernice fresca", accomunati da un metodo di indagine derivato dalla sociologia contemporanea. Cultore della Fine Art, sue fotografie sono conservate in collezioni pubbliche e private, tra cui la Bibliothéque Nationale de France.
Andrea Repetto Sgaient the night 2014, stampa a pigmenti di carbone, 31,5 x 46 cm Collezione dell’autore
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EUGENIO CARMI Genova 1920 Pittore. Allievo di Felice Casorati, dagli anni ’50 svolge una ampia ricerca in campo grafico, produce manifesti e nel 1957 vince il premio per l’XI edizione della Triennale di Milano. In pittura realizza lavori di matrice informale utilizzando materiali e supporti vari con collage su carta, tele dipinte e smalti a fuoco su lamiera. Negli anni ’70 avvia una ricerca astratto-geometrica impostata su rigorose strutture geometriche dipinte su tele anche di grandi dimensioni, su cui si dispongono in vario modo bande cromatiche che rendono instabile la composizione. Contemporaneamente illustra delle pubblicazioni e particolarmente riuscite e conosciute sono i tre volumi di fiabe di Umberto Eco.
Eugenio Carmi Senza titolo 1960, smalto a fuoco su metallo, 140 x 114 cm Collezione privata
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SALA 8 ALDO MONDINO Torino 1938 – 2005 Avvia la sua ricerca artistica dapprima a Torino e dal 1958 a Parigi dove soggiorna per un paio di anni e entra in contatto con i surrealisti. Tornato a Torino allestisce una personale in cui presenta opere citazioniste con riferimenti pop e agganci al mondo infantile e alla segnaletica stradale. Successivamente produce lavori in cui impiega scritte e giochi di parole e partecipa al clima poverista torinese sperimentando nuove tecniche e materiali tra cui lo zucchero e il cioccolato. Realizza opere in cui scompone e rilegge lavori cubisti e nel 1976 espone alla Biennale di Venezia. A partire dagli anni ’90 focalizza la sua produzione su soggetti orientaleggianti con personaggi e tappeti ricavati da un materiale povero come il truciolato.
Aldo Mondino Metterci una pietra sopra 1999, olio su linoleum e pietre, 220 x 140 cm Archivio Aldo Mondino
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GIOVANNI TAMBURELLI Torino 1952 Artista e poeta. Dopo gli studi grafici ha molto viaggiato e molto letto, affiancando costantemente alla pratica artistica l’attività di poeta. Decisiva per gli sviluppi del suo percorso l’amicizia con Maurizio Corgnati. Pesci in ferro, rane, mucche, gechi e rinoceronti popolano la casa studio dell’artista alle pendici del Monferrato, un curioso bestiario in ferro colorato o bronzo luccicante. Ha esposto in molte città italiane ed estere. Caratteristica della bibliografia intorno ai suoi lavori è la trasversalità che ha portato – tra gli altri – a presentare cataloghi di sue mostre scrittori come Nico Orengo e Sebastiano Vassalli. Nel 2011 è stato invitato alla Biennale Internazionale d’Arte, nel Padiglione Italia all’Arsenale di Venezia.
Giovanni Tamburelli La volpe e l’uva 2014, ferro smaltato, misure varie Collezione dell’autore
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Finito di stampare nel mese di dicembre 2014
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