Passi da diganti - Edizione per la scuola delle competenze

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Unità

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Il romanzo: identità e ricerca di sé Il romanzo psicologico e il romanzo della crisi

Un percorso nell’opera Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello Cambio treno CONFRONTI A casa di Luigi Pirandello Adriano Meis Il fu Mattia Pascal

La coscienza di Zeno di Italo Svevo L’ultima sigaretta «Fu così che mi fidanzai» CONFRONTI La scoperta dell’inconscio Salute e malattia

QUESTIONARIO di conoscenza comprensione analisi

Temi in primo piano Crescita e maturazione NARRATIVA CONFRONTI NARRATIVA NARRATIVA

Hermann Hesse • Siddharta e Govinda Il buddhismo Dacia Maraini • Il contratto di matrimonio William Golding • Lo scontro

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Percorsi nella narrativa italiana 152

La coscienza di Zeno di Italo Svevo La trama Con La coscienza di Zeno Italo Svevo rinnovò profondamente la narrativa italiana novecentesca, adottando forme e contenuti che caratterizzavano il dibattito intellettuale europeo dell’epoca. Per la prima volta in un’opera narrativa viene affrontato il tema della psicanalisi, la scienza fondata alla fine del XIX secolo dal medico austriaco Sigmund Freud con lo scopo di indagare le parti più nascoste e profonde della personalità umana. Zeno Cosini, protagonista e voce narrante del romanzo, è un benestante e maturo signore triestino afflitto sin dalla giovinezza da molti malanni e disturbi di origine nervosa. Per liberarsene si rivolge al dottor S., studioso delle recenti teorie psicanalitiche, che gli consiglia di annotare in un diario ricordi, immagini e sogni al fine di risalire alle remote origini psicologiche della sua malattia, come preludio all’inizio della cura psicanalitica. Zeno esegue il compito assegnato dal medico, ma dopo qualche tempo decide di non intraprendere la cura perché ha sviluppato una forte insofferenza verso il dottore e il suo metodo. Ciò spinge il dottor S. a pubblicare per vendetta il diario del paziente, premettendo una prefazione scritta di suo pugno, in cui dichiara apertamente di volerlo danneggiare smascherandone bugie e viltà.

L’autobiografia di un “inetto” Nella finzione narrativa il testo rappresenta dunque il diario di Zeno, pubblicato dal dottor S. all’insaputa dell’autore, una memoria destinata prima che al lettore al medico terapeuta. La particolarità di questa struttura anticipa le novità stilistiche e tematiche dell’opera: leggendo il diario di Zeno, il lettore si trova di fronte a un’autobiografia a cui si sovrappone il romanzo analitico, mentre alla narrazione dei fatti si accompagna la ricerca delle loro motivazioni e del loro più profondo significato. Il protagonista, parlando in prima persona, narra gli eventi raccogliendoli attorno a singoli temi, che occupano ciascuno un capitolo e seguono solo approssimativamente l’ordine cronologico: Il fumo, La morte di mio padre, La storia del mio matrimonio, La moglie e l’amante, Storia di un’associazione comn Italo Svevo insieme alla moglie e alla figlia in una fotografia del 1914 (Trieste, Museo Sveviano).

merciale, Psico-analisi. Argomenti principali i vani tentativi di smettere di fumare, vizio contratto in giovanissima età, la penosa morte del padre, la gelosia nei confronti dell’amico Guido, divenuto poi suo cognato, il matrimonio con una delle sorelle Malfenti, quella che meno inizialmente gli piaceva, una relazione extraconiugale di cui si stanca ben presto, le difficoltà negli affari, la bancarotta e il suicidio di Guido, il rifiuto finale della psicanalisi. Nel fluire ininterrotto di ricordi il protagonista appare come un inetto, un uomo debole e indeciso sempre alla ricerca di giustificazioni per i suoi fallimenti, i suoi imbrogli, le sue bugie. Attraverso questo nuovo e singolare anti-eroe Svevo smaschera le contraddizioni interiori e la fragilità dell’uomo contemporaneo, senza esprimere giudizi morali bensì mantenendo un atteggiamento di ironica comprensione per le debolezze e le paure umane, determinate da una vita sempre più precaria, instabile e, in definitiva, ingovernabile dalla volontà individuale.


ITALO SVEVO

do in particolar modo Senilità, e lo incoraggiò a continuare a scrivere. Scoppiata la prima guerra mondiale, la fabbrica del suocero fu chiusa e Svevo si dedicò a leggere le opere di psicanalisi di Sigmund Freud, di cui tradusse Sul sogno, con l’aiuto di un nipote medico. Nel 1919 iniziò a scrivere La coscienza di Zeno, che pubblicò a proprie spese nel 1923; anche quest’opera fu accompagnata dal silenzio della critica finché Eugenio Montale non pubblicò su una rivista letteraria il saggio Omaggio a Italo Svevo (1925) e Joyce, divenuto famoso dopo la pubblicazione dell’Ulisse (1922), fece conoscere il romanzo in Francia, dove fu tradotto e accolto con entusiasmo. La stesura dell’ultimo romanzo, Il vecchione, iniziato nel 1928, fu interrotta dalla morte dell’autore avvenuta nello stesso anno per un incidente automobilistico a Motta di Livenza. Oltre ai romanzi, Svevo scrisse saggi, novelle e commedie che vennero pubblicati postumi, tra cui La novella del buon vecchio e della bella fanciulla (1930), Corto viaggio sentimentale e altri racconti inediti (1949), Saggi e pagine sparse (1954) e Commedie (1960).

Quadro di sintesi Contesto storico

1861 Trieste è parte dell’Impero austro-ungarico.

1914-18 Prima guerra mondiale.

1918 Trieste diventa italiana.

Tappe della vita

1861 Nasce a Trieste 1873-78 Studia in Baviera. 1880-98 Lavora come corrispondente presso una banca. 1896 Sposa Livia Veneziani. 1899 Diventa socio dell’azienda del suocero. Frequenta James Joyce.

Legge le opere di Sigmund Freud.

1928 Muore in un incidente d’auto a Motta di Livenza.

Produzione letteraria

Scrive le prime novelle e collabora con il quotidiano «L’Indipendente». Pubblica i romanzi Una vita (1892) e Senilità (1898).

Pubblica La coscienza di Zeno (1923). Vengono pubblicati postumi novelle, saggi e commedie.

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Un percorso nell’opera • La coscienza di Zeno

per l’abitudine di parlare il dialetto triestino, sperava di essere mandato a Firenze per un soggiorno, ma il fallimento commerciale del padre lo costrinse nel 1880 a impiegarsi in una banca come corrispondente in tedesco e francese, incarico che svolse senza entusiasmo per diciotto anni, coltivando contemporaneamente la sua passione per la letteratura, che lo portò a pubblicare a proprie spese e senza alcun successo il romanzo Una vita (1892). Nel 1896 sposò la cugina Livia Veneziani, figlia di un ricco industriale, e tre anni dopo iniziò a lavorare nell’azienda del suocero, migliorando la propria condizione economica. Nel frattempo aveva scritto un secondo romanzo, Senilità, che uscì nel 1898 con scarso successo come il primo. La sua nuova condizione di dirigente industriale prevedeva numerosi viaggi d’affari in Europa; pertanto Svevo iniziò a seguire lezioni private di inglese dall’allora sconosciuto James Joyce, che faceva l’insegnante a Trieste. Tra i due nacque una profonda amicizia e un proficuo scambio di esperienze e interessi culturali: Joyce lesse i due romanzi di Svevo, apprezzan-

3 Il romanzo: identità e ricerca di sé

Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz, nacque nel 1861 a Trieste, quando la città faceva ancora parte dell’Impero austro-ungarico. Il padre Francesco, ebreo di origine tedesca, era un agiato commerciante, la madre, Allegra Moravia, era un’ebrea di origine italiana. La doppia identità linguistica spingerà in seguito l’autore a scegliere lo pseudonimo con cui è conosciuto: Italo per simboleggiare «l’italianità del suo sentire», Svevo per «il germanesimo della sua educazione». A dodici anni fu mandato a studiare in Baviera, per migliorare la sua conoscenza del tedesco, lingua indispensabile al commercio a cui il padre intendeva avviarlo. Nel 1878, tornato a Trieste, fu iscritto all’Istituto superiore commerciale, ma già allora i suoi interessi, indirizzati più alla letteratura che agli affari, lo portarono a collaborare con il giornale triestino irredentista «L’Indipendente» e a scrivere abbozzi di commedie. Consapevole di non padroneggiare perfettamente la lingua italiana sia per gli studi effettuati in Germania sia


Percorsi nel romanzo nella narrativa italiana

L’ultima sigaretta Pensai: «Giacché mi fa male non fumerò mai più, ma prima voglio farlo per l’ultima volta». Su suggerimento dello psicanalista a cui si è rivolto, il dottor S., Zeno inizia il suo diario dal fumo, un vizio che ha contratto in giovanissima età e che considera una «sozza abitudine», perché, oltre a farlo star male fisicamente, l’ha indotto a rubare al padre sigari e denaro per comprarsi le sigarette. Ha quindi maturato sin dall’inizio il proposito, mai tradotto in pratica, di smettere. La minuziosa descrizione del susseguirsi di decisioni tanto ferme quanto vane rivela due importanti caratteristiche del per-

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1. ad onta che: nonostante che.

sonaggio: l’incapacità di mantenere fede a un impegno, ossia la mancanza di volontà, e la presa di coscienza che i motivi addotti per spiegare i propri fallimenti non sono altro che alibi. Da qui nasce l’ironia, che fa trasparire sia la consapevolezza della sproporzione tra la volontà di analizzare i fatti e la possibilità reale di farlo sia una sorta di superiore distacco rispetto alle delusioni e ai fallimenti che il protagonista, prototipo dell’uomo contemporaneo, registra di continuo.

a allora io non sapevo se amavo o odiavo la sigaretta e il suo sapore e lo stato in cui la nicotina mi metteva. Quando seppi di odiare tutto ciò fu peggio. E lo seppi a vent’anni circa. Allora soffersi per qualche settimana di un violento male di gola: accompagnato da febbre. Il dottore prescrisse il letto e l’assoluta astensione dal fumo. Ricordo questa parola assoluta! Mi ferì e la febbre la colorì: un vuoto grande e niente per resistere all’enorme pressione che subito si produce intorno ad un vuoto. Quando il dottore mi lasciò, mio padre (mia madre era morta da molti anni) con tanto di sigaro in bocca restò ancora per qualche tempo a farmi compagnia. Andandosene, dopo di aver passata dolcemente la sua mano sulla mia fronte scottante, mi disse: «Non fumare, veh!» Mi colse un’inquietudine enorme. Pensai: “Giacché mi fa male non fumerò mai più, ma prima voglio farlo per l’ultima volta”. Accesi una sigaretta e mi sentii subito liberato dall’inquietudine ad onta che1 la febbre forse aumentasse e che ad ogni tirata sentissi alle tonsille un bruciore come se fossero state toccate da un tizzone ardente. Finii tutta la sigaretta con l’accuratezza con cui si compie un voto. E, sempre soffrendo orribilmente, ne fumai molte altre durante la malattia. Mio padre andava e veniva col suo sigaro in bocca dicendomi: «Bravo! Ancora qualche giorno di astensione dal fumo e sei guarito!» Bastava questa frase per farmi desiderare ch’egli se ne andasse presto, presto, per permettermi di correre alla mia sigaretta. Fingevo anche di dormire per indurlo ad allontanarsi prima. Quella malattia mi procurò il secondo dei miei disturbi: lo sforzo di liberarmi dal primo. Le mie giornate finirono coll’essere piene di sigarette e di propositi di non


no, stanco delle astrazioni e dei cavilli giuridici, dichiara di volersi dedicare agli studi di chimica, che ritiene più aderenti alla realtà materiale e tangibile delle cose. 7. alla catena... del carbonio: cioè agli studi di chimica, rappresentati emblematicamente dalla trasformazione del tabacco in carbonio, una sostanza molto nociva per i polmoni. 8. quelle complicazioni... suo: i compli-

cati ordinamenti riguardanti il diritto di proprietà. 9. ad analizzarmi: a scrivere i ricordi per analizzarli, su richiesta dello psicanalista da cui è in cura. 10. latente: che esiste, ma non si manifesta e non produce effetti. 11. quell’igienista... Goldoni: il patrizio veneziano Alvise Correr, autore del trattato La vita sobria, citato da Carlo

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Un percorso nell’opera • La coscienza di Zeno

2. ridda: movimento, succedersi tumultuoso. 3. ornato: disegno a scopo ornamentale. 4. diritto canonico: ramo del diritto che studia leggi e ordinamenti relativi alla Chiesa cattolica. 5. matraccio: il caratteristico vaso di vetro dal lungo collo utilizzato per gli esperimenti chimici. 6. sobrio e sodo: semplice e concreto. Ze-

3 Il romanzo: identità e ricerca di sé

n Giuramento del pajazo, caricatura di Italo Svevo (Trieste, Museo Sveviano).

fumare più e, per dire subito tutto, di tempo in tempo sono ancora tali. La ridda2 delle ultime sigarette, formatasi a vent’anni, si muove tuttavia. Meno violento è il proposito e la mia debolezza trova nel mio vecchio animo maggior indulgenza. Da vecchi si sorride della vita e di ogni suo contenuto. Posso anzi dire, che da qualche tempo io fumo molte sigarette... che non sono le ultime. Sul frontispizio di un vocabolario trovo questa mia registrazione fatta con bella scrittura e qualche ornato3: “Oggi, 2 Febbraio 1886, passo dagli studi di legge a quelli di chimica. Ultima sigaretta!!” Era un’ultima sigaretta molto importante. Ricordo tutte le speranze che l’accompagnarono. M’ero arrabbiato col diritto canonico4 che mi pareva tanto lontano dalla vita e correvo alla scienza ch’è la vita stessa benché ridotta in un matraccio5. Quell’ultima sigaretta significava proprio il desiderio di attività (anche manuale) e di sereno pensiero sobrio e sodo6. Per sfuggire alla catena delle combinazioni del carbonio7 cui non credevo ritornai alla legge. Pur troppo! Fu un errore e fu anch’esso registrato da un’ultima sigaretta di cui trovo la data registrata su di un libro. Fu importante anche questa e mi rassegnavo di ritornare a quelle complicazioni del mio, del tuo e del suo8 coi migliori propositi, sciogliendo finalmente le catene del carbonio. M’ero dimostrato poco idoneo alla chimica anche per la mia deficienza di abilità manuale. Come avrei potuto averla quando continuavo a fumare come un turco? Adesso che son qui, ad analizzarmi9, sono colto da un dubbio: che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità? Chissà se cessando di fumare io sarei divenuto l’uomo ideale e forte che m’aspettavo? Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente10. Io avanzo tale ipotesi per spiegare la mia debolezza giovanile, ma senza una decisa convinzione. Adesso che sono vecchio e che nessuno esige qualche cosa da me, passo tuttavia da sigaretta a proposito, e da proposito a sigaretta. Che cosa significano oggi quei propositi? Come quell’igienista vecchio, descritto dal Goldoni11, vorrei


Percorsi nella narrativa italiana

Goldoni (1707-93) nelle sue Memorie. 12. si protesta: si manifesta. 13. rifatto... ingenua: formulato di nuovo con l’intenzione più sincera. 14. anteriore: precedente. 15. Pio IX: papa tra il 1846 e il 1878.

morire sano dopo di esser vissuto malato tutta la vita? Una volta, allorché da studente cambiai di alloggio, dovetti far tappezzare a mie spese le pareti della stanza perché le avevo coperte di date. Probabilmente lasciai quella stanza proprio perché essa era divenuta il cimitero dei miei buoni propositi e non credevo più possibile di formarne in quel luogo degli altri. Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso quand’è l’ultima. Anche le altre hanno un loro gusto speciale, ma meno intenso. L’ultima acquista il suo sapore dal sentimento della vittoria su se stesso e la speranza di un prossimo futuro di forza e di salute. Le altre hanno la loro importanza perché accendendole si protesta12 la propria libertà e il futuro di forza e di salute permane, ma va un po’ più lontano. Le date sulle pareti della mia stanza erano impresse coi colori più varii ed anche ad olio. Il proponimento, rifatto con la fede più ingenua13, trovava adeguata espressione nella forza del colore che doveva far impallidire quello dedicato al proponimento anteriore14. [...] Molti avvenimenti, anzi tutti, dalla morte di Pio IX15 alla nascita di mio figlio, mi parvero degni di essere festeggiati dal solito ferreo proposito. Tutti in famiglia si stupiscono della mia memoria per gli anniversarii lieti e tristi nostri e mi credono tanto buono! I. Svevo, La coscienza di Zeno, Milano, Mondadori, 1990, cap. III

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«Fu così che mi fidanzai» «Voi, Zeno, avete bisogno di una donna che voglia vivere per voi e vi assista. Io voglio essere quella donna». Accolto da Giovanni Malfenti, un importante uomo d’affari, nella sua casa, Zeno è così affascinato dalla vita borghese e tranquilla che vi si svolge da decidere di sposare una delle quattro figlie, senza peraltro avere alcun interesse per il matrimonio in sé. Prima fa una corte assidua ad Ada, la più bella delle ragazze e quella che lo attrae maggiormente, ma lei lo re-

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spinge perché è innamorata di Guido Speier, un brillante giovanotto che la corteggia. Sconvolto dal rifiuto, nella stessa sera Zeno ripiega sulla sorella Alberta, ma riceve un secondo rifiuto. Spaventato dalla prospettiva di essere allontanato da casa Malfenti, si rivolge alla terza sorella, Augusta, che non aveva mai preso in considerazione a causa della sua bruttezza.

i guardai d’intorno per trovare Augusta. Era uscita sul corridoio con un vassoio sul quale non v’era che un bicchiere semivuoto contenente un calmante per Anna. La seguii di corsa chiamandola per nome ed essa s’addossò alla parete per aspettarmi. Mi misi a lei di faccia e subito le dissi: «Sentite, Augusta, volete che noi due ci sposiamo?»


3 Il romanzo: identità e ricerca di sé 157

Un percorso nell’opera • La coscienza di Zeno

1. sbilenco: storto, per il lieve difetto di strabismo di Augusta. 2. si congestionò: arrossì violentemente. 3. sibillina: oscura, misteriosa. 4. Preludiava ad: anticipava. 5. dileggiarla: offenderla. 6. ansava: respirava con affanno.

La proposta era veramente rude. Io dovevo sposare lei e lei me, ed io non domandavo quello ch’essa pensasse né pensavo potrebbe toccarmi di essere io costretto di dare delle spiegazioni. Se non facevo altro che quello che tutti volevano! Essa alzò gli occhi dilatati dalla sorpresa. Così quello sbilenco1 era anche più differente del solito dall’altro. La sua faccia vellutata e bianca, dapprima impallidì di più, eppoi subito si congestionò2. Afferrò con la destra il bicchiere che ballava sul vassoio. Con un filo di voce mi disse: «Voi scherzate e ciò è male». Temetti si mettesse a piangere ed ebbi la curiosa idea di consolarla dicendole della mia tristezza. «Io non scherzo», dissi serio e triste. «Domandai dapprima la sua mano ad Ada che me la rifiutò con ira, poi domandai ad Alberta di sposarmi ed essa, con belle parole, vi si rifiutò anch’essa. Non serbo rancore né all’una né all’altra. Solo mi sento molto, ma molto infelice». Dinanzi al mio dolore essa si ricompose e si mise a guardarmi commossa, riflettendo intensamente. Il suo sguardo somigliava ad una carezza che non mi faceva piacere. «Io devo dunque sapere e ricordare che voi non mi amate?» domandò. Che cosa significava questa frase sibillina3? Preludiava ad4 un consenso? Voleva ricordare! Ricordare per tutta la vita da trascorrersi con me? Ebbi il sentimento di chi per ammazzarsi si sia messo in una posizione pericolosa ed ora sia costretto a faticare per salvarsi. Non sarebbe stato meglio che anche Augusta m’avesse rifiutato e che mi fosse stato concesso di ritornare sano e salvo nel mio studiolo nel quale neppure quel giorno stesso m’ero sentito troppo male? Le dissi: «Sì! Io non amo che Ada e sposerei ora voi...» Stavo per dirle che non potevo rassegnarmi di divenire un estraneo per Ada e che per ciò mi contentavo di divenirle cognato. Sarebbe stato un eccesso, ed Augusta avrebbe di nuovo potuto credere che volessi dileggiarla5. Perciò dissi soltanto: «Io non so più rassegnarmi di restar solo». Essa rimaneva tuttavia poggiata alla parete del cui sostegno forse sentiva il bisogno; però pareva più calma ed il vassoio era ormai tenuto da una sola mano. Ero salvo e cioè dovevo abbandonare quel salotto, o potevo restarci e dovevo sposarmi? Dissi delle altre parole, solo perché impaziente di aspettare le sue che non volevano venire: «Io sono un buon diavolo e credo che con me si possa vivere facilmente anche senza che ci sia un grande amore». Questa era una frase che nei lunghi giorni precedenti avevo preparata per Ada per indurla a dirmi di sì anche senza sentire per me un grande amore. Augusta ansava6 leggermente e taceva ancora. Quel silenzio poteva anche significare un rifiuto, il più delicato rifiuto che si potesse immaginare: io quasi sarei scappato in cerca del mio cappello, in tempo per porlo su una testa salva. Invece Augusta, decisa, con un movimento dignitoso e che mai dimenticai, si rizzò e abbandonò il sostegno della parete. Nel corridoio non largo essa si avvicinò così ancora di più a me che le stavo di faccia. Mi disse: «Voi, Zeno, avete bisogno di una donna che voglia vivere per voi e vi assista.


Percorsi nella narrativa italiana

Io voglio essere quella donna». Mi porse la mano paffutella ch’io quasi istintivamente baciai. Evidentemente non c’era più la possibilità di fare altrimenti. Devo poi confessare che in quel momento fui pervaso da una soddisfazione che m’allargò il petto. Non avevo più da risolvere niente, perché tutto era stato risolto. Questa era la vera chiarezza. n Virgilio Ripari, Attrazione (Conversazione), 1885-90 (collezione privata).

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7. Guido: Guido Speier, il giovane che piace ad Ada. 8. il tuo commercio: per farsi benvolere, Zeno ha finto di essere un commerciante. 9. saviamente: saggiamente.

Fu così che mi fidanzai. Fummo subito festeggiatissimi. Il mio somigliava un poco al grande successo del violino di Guido7, tanti furono gli applausi di tutti. Giovanni mi baciò e mi diede subito del tu. Con eccessiva espressione di affetto mi disse: «Mi sentivo tuo padre da molto tempo, dacché cominciai a darti dei consigli per il tuo commercio8». La mia futura suocera mi porse anch’essa la guancia che sfiorai. A quel bacio non sarei sfuggito neppure se avessi sposato Ada. «Vede che io avevo indovinato tutto», mi disse con una disinvoltura incredibile e che non fu punita perché io non seppi né volli protestare. Essa poi abbracciò Augusta e la grandezza del suo affetto si rivelò in un singhiozzo che le sfuggì interrompendo le sue manifestazioni di gioia. Io non potevo soffrire la signora Malfenti, ma devo dire che quel singhiozzo colorì, almeno per tutta quella sera, di una luce simpatica e importante il mio fidanzamento. Alberta, raggiante, mi strinse la mano: «Io voglio essere per voi una buona sorella». E Ada: «Bravo, Zeno!» Poi, a bassa voce: «Sappiatelo: giammai un uomo che creda di aver fatta una cosa con precipitazione, ha agito più saviamente9 di voi». Guido mi diede una grande sorpresa: «Da questa mattina avevo capito che volevate una o l’altra delle sorelle Malfenti, ma non arrivavo a sapere quale». Non dovevano dunque essere molto intimi se Ada non gli aveva parlato della mia corte! Che avessi davvero agito precipitosamente? Poco dopo però, Ada mi disse ancora: «Vorrei che mi voleste bene come un fratello. Il resto sia dimenticato; io non dirò mai nulla a Guido». Era del resto bello di aver provocata tanta gioia in una famiglia. Non potevo goderne molto, solo perché ero molto stanco. Ero anche assonnato. Ciò provava che avevo agito con grande accortezza. La mia notte sarebbe stata buona. I. Svevo, La coscienza di Zeno cit., cap. V


Freud e la psicanalisi

crisi di panico accompagnate da fenomeni allucinatori. Compito dello psicanalista è intervenire sulla situazione di squilibrio aiutando il paziente a ritrovare e ad accettare quei materiali psichici, rimossi dalla coscienza, che sono all’origine della malattia. Gli strumenti individuati da Freud per condurre con successo la terapia si fondano sul colloquio con il paziente; durante la seduta l’analista interpreta i sogni del paziente, nei quali i materiali inconsci affiorano alla coscienza in modo simbolico, i lapsus (involontari errori linguistici) e i motti di spirito, anch’essi manifestazioni mascherate degli impulsi inconsci.

L’influenza della psicanalisi sulla letteratura Le scoperte di Freud suscitarono enorme interesse ed ebbero grande influenza anche sulla letteratura, favorendo in particolare l’affermarsi del romanzo psicologico, in cui l’io narrante diventa protagonista e racconta dal proprio punto di vista la realtà che lo circonda. Vengono così superate le forme narrative ottocentesche – il narratore onnisciente, lo sviluppo lineare degli eventi secondo un rapporto di causaeffetto –, mentre prevalgono nuove soluzioni, come il monologo interiore, la destrutturazione del tempo, il libero fluire di ricordi e sensazioni. In Italia, il primo a sperimentare appieno queste tecniche fu proprio Italo Svevo con La coscienza di Zeno.

Il compito dello psicanalista Alla base di una normale attività psichica c’è l’equilibrio fra queste tre parti. Quando l’equilibrio si incrina, insorge la nevrosi, che si può manifestare attraverso disturbi psichici di differente entità, dall’ansia alle

n Egon Schiele, Colui che vede se stesso II (L’uomo e la morte), 1911 (Vienna, Leopold Museum).

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Un percorso nell’opera • La coscienza di Zeno

Nella seconda metà dell’Ottocento la fiducia positivista nelle capacità umane di controllare tutto l’esistente – dai fenomeni naturali ai comportamenti umani – lasciò il campo alla consapevolezza che la vita è profondamente influenzata da elementi che sfuggono al dominio della volontà e della ragione. Rappresentativa di questo importante momento di transizione intellettuale e culturale è l’attività del medico austriaco Sigmund Freud (1856-1939), che con i suoi studi fondò la psicanalisi, una scienza che analizza la personalità umana e che propone un nuovo metodo di cura per le nevrosi e i disturbi psichici. Punto di partenza delle sue teorie è la scoperta dell’inconscio, ossia dell’insieme dei contenuti psichici di cui l’individuo non è consapevole e che non vengono portati allo stadio cosciente. Da questa importante premessa, Freud fa derivare la teoria sulla struttura della psiche umana, nella quale egli individua tre componenti in costante rapporto fra loro: ● l’Es, la parte inconscia, dove risiedono gli istinti, le paure, le pulsioni sessuali (libido) e i traumi che la coscienza non ha accettato e che pertanto ha rimosso, cioè allontanato da sé perché troppo dolorosi da sopportare; ● l’Ego (o Io), la parte cosciente, che presiede ai rapporti con gli altri individui e con la realtà sociale; si forma a partire dalla nascita e si sviluppa nel corso del tempo; ● il Super-Ego (o Super-Io), il “controllore” della psiche, cui spetta di filtrare gli istinti e le pulsioni inconsce per adeguarli alle richieste dell’ambiente, censurando e reprimendo quelli che ritiene inaccettabili. Si forma a partire dall’infanzia, con l’adozione inconscia degli insegnamenti che riceviamo dai familiari e dall’ambiente sociale.

3 Il romanzo: identità e ricerca di sé

CONFRONTI

CONFRONTIconfrontiCONFRONTI

La scoperta dell’inconscio


Percorsi nella narrativa italiana 160

Salute e malattia ... nel mio animo si formò una speranza, la grande speranza di poter finire col somigliare ad Augusta ch’era la salute personificata. Zeno registra con stupore la buona riuscita del suo matrimonio, anche se l’inquietudine lo spinge a osservare e analizzare

l’apparente “salute” della moglie e a domandarsi quali siano veramente i “sani” e quali i “malati”.

N n Marc Chagall, Le luci del matrimonio, 1945 (Zurigo, Kunsthaus).

ella mia vita ci furono varii periodi in cui credetti di essere avviato alla salute e alla felicità. Mai però tale fede fu tanto forte come nel tempo in cui durò il mio viaggio di nozze eppoi qualche settimana dopo il nostro ritorno a casa. Cominciò con una scoperta che mi stupì: io amavo Augusta com’essa amava me. Dapprima diffidente, godevo intanto di una giornata e m’aspettavo che la seguente fosse tutt’altra cosa. Ma una seguiva e somigliava all’altra, luminosa, tutta gentilezza di Augusta ed anche – ciò ch’era la sorpresa – mia. Ogni mattina ritrovavo in lei lo stesso commosso affetto e in me la stessa riconoscenza che, se non era amore, vi somigliava molto. Chi avrebbe potuto prevederlo quando avevo zoppicato1 da Ada ad Alberta per arrivare ad Augusta? Scoprivo di essere stato non un bestione cieco diretto da altri, ma un uomo abilissimo. E vedendomi stupito, Augusta mi diceva: «Ma perché ti sorprendi? Non sapevi che il matrimonio è fatto così? Lo sapevo pur io che sono tanto più ignorante di te2!» 1. avevo zoppicato: dopo aver incontrato un amico che zoppicava, Zeno aveva cominciato a zoppicare per effetto della suggestione. 2. più ignorante di te: Zeno aveva compiuto molti e diversi studi, per quanto senza portarli a termine, e durante le sue conversazioni a casa Malfenti aveva fatto sfoggio di conoscenze


ne in lui è per Zeno un fenomeno misterioso come lo spiritismo; l’osservazione risulta ironica perché in un capitolo precedente Zeno ha raccontato di aver partecipato a una seduta spiritica solo perché vi era presente anche Ada e di averla messa in ridicolo muovendo il tavolino. 6. gli errori: le convinzioni sbagliate, come, ad esempio, che la vita fosse eterna. 7. tangibile: concreta.

8. segregarsi... caldi: rinchiudersi e viverci tranquilli. 9. risoluto di: deciso a. 10. conato: tentativo (fallito). 11. vestiti... di sera: i vestiti di vario colore che venivano indossati in circostanze determinate, come il passeggio pomeridiano o per la sera. 12. marsina: indumento da cerimonia (frac) usato solo di sera.

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Un percorso nell’opera • La coscienza di Zeno

per fare colpo su Ada, mentre a rimanerne affascinata era stata Augusta. 3. il suo rossore: durante le visite in casa Malfenti, prima del fidanzamento, Zeno aveva notato in varie occasioni che Augusta diventava rossa in sua presenza. 4. la via... sorelle: la via del matrimonio lungo la quale le donne (sorelle) trovano tutto. 5. spiritismo: la fiducia che la moglie ripo-

3 Il romanzo: identità e ricerca di sé

Non so più se dopo o prima dell’affetto, nel mio animo si formò una speranza, la grande speranza di poter finire col somigliare ad Augusta ch’era la salute personificata. Durante il fidanzamento io non avevo neppur intravvista quella salute, perché tutto immerso a studiare me in primo luogo eppoi Ada e Guido. La lampada a petrolio in quel salotto non era mai arrivata ad illuminare gli scarsi capelli di Augusta. Altro che il suo rossore3! Quando questo sparve con la semplicità con cui i colori dell’aurora spariscono alla luce diretta del sole, Augusta batté sicura la via per cui erano passate le sue sorelle4 su questa terra, quelle sorelle che possono trovare tutto nella legge e nell’ordine o che altrimenti a tutto rinunziano. Per quanto la sapessi mal fondata perché basata su di me, io amavo, io adoravo quella sicurezza. Di fronte ad essa io dovevo comportarmi almeno con la modestia che usavo quando si trattava di spiritismo5. Questo poteva essere e poteva perciò esistere anche la fede nella vita. Però mi sbalordiva; da ogni sua parola, da ogni suo atto risultava che in fondo essa credeva la vita eterna. Non che la dicesse tale: si sorprese anzi che una volta io, cui gli errori6 ripugnavano prima che non avessi amati i suoi, avessi sentito il bisogno di ricordargliene la brevità. Macché! Essa sapeva che tutti dovevano morire, ma ciò non toglieva che oramai ch’eravamo sposati, si sarebbe rimasti insieme, insieme, insieme. Essa dunque ignorava che quando a questo mondo ci si univa, ciò avveniva per un periodo tanto breve, breve, breve, che non s’intendeva come si fosse arrivati a darsi del tu dopo di non essersi conosciuti per un tempo infinito e pronti a non rivedersi mai più per un altro infinito tempo. Compresi finalmente che cosa fosse la perfetta salute umana quando indovinai che il presente per lei era una verità tangibile7 in cui si poteva segregarsi e starci caldi8. Cercai di esservi ammesso e tentai di soggiornarvi risoluto di9 non deridere me e lei, perché questo conato10 non poteva essere altro che la mia malattia ed io dovevo almeno guardarmi dall’infettare chi a me s’era confidato. Anche perciò, nello sforzo di proteggere lei, seppi per qualche tempo movermi come un uomo sano. Essa sapeva tutte le cose che fanno disperare, ma in mano sua queste cose cambiavano di natura. Se anche la terra girava non occorreva mica avere il mal di mare! Tutt’altro! La terra girava, ma tutte le altre cose restavano al loro posto. E queste cose immobili avevano un’importanza enorme: l’anello di matrimonio, tutte le gemme e i vestiti, il verde, il nero, quello da passeggio e quello di sera11 che in nessun caso si avrebbe potuto indossare di giorno, né quando io mi adattavo mettermi in marsina12. E le ore dei pasti erano tenute rigidamente e anche quelle del sonno. Esistevano, quelle ore, e si trovavano sempre al loro posto.


Percorsi nella narrativa italiana 162

n Henri Matisse, La conversazione, 1908-12 (San Pietroburgo, Ermitage).

Di domenica essa andava a Messa ed io ve l’accompagnai talvolta per vedere come sopportasse l’immagine del dolore e della morte. Per lei non c’era, e quella visita le infondeva serenità per tutta la settimana. Vi andava anche in certi giorni festivi ch’essa sapeva a mente. Niente di più, mentre se io fossi stato religioso mi sarei garantita la beatitudine stando in chiesa tutto il giorno. C’erano un mondo di autorità anche quaggiù che la rassicuravano. Intanto quella austriaca o italiana che provvedeva alla sicurezza sulle vie e nelle case ed io feci sempre del mio meglio per associarmi anche a quel suo rispetto. Poi v’erano i medici, quelli che avevano fatto tutti gli studii regolari per salvarci quando – Dio non voglia – ci avesse a toccare qualche malattia. Io ne usavo ogni giorno di quell’autorità: lei, invece, mai. Ma perciò io sapevo il mio atroce destino quando la malattia mortale m’avesse raggiunto, mentre lei credeva che anche allora, appoggiata solidamente lassù e quaggiù, per lei vi sarebbe stata la salvezza. Io sto analizzando la sua salute, ma non ci riesco perché m’accorgo che, analizzandola, la converto in malattia. E, scrivendone, comincio a dubitare se quella salute non avesse avuto bisogno di cura o d’istruzione per guarire. Ma vivendole accanto per tanti anni, mai ebbi tale dubbio. Quale importanza m’era attribuita in quel suo piccolo mondo! Dovevo dire la mia volontà ad ogni proposito, per la scelta dei cibi e delle vesti, delle compagnie e delle letture. Ero costretto ad una grande attività che non mi seccava. Stavo collaborando alla costruzione di una famiglia patriarcale e diventavo io stesso il patriarca che avevo odiato13 e che ora m’appariva quale il segnacolo14 della salute. È tutt’altra cosa essere il patriarca o dover venerare un altro che s’arroghi tale dignità. Io volevo la salute per me a costo d’appioppare ai non patriarchi la malattia, e, specialmente durante il viaggio, assunsi talvolta volentieri l’atteggiamento di statua equestre15. I. Svevo, La coscienza di Zeno cit., cap. VI

13. il patriarca... odiato: allude al padre di cui aveva odiato il potere patriarcale.

14. segnacolo: simbolo, emblema. 15. l’atteggiamento... equestre: un

comportamento solenne e immutabile come le pose delle statue equestri.


Analisi e interpretazione Un “inetto” di successo

La salute Osservando la tranquilla sicurezza della moglie, Zeno comincia a interrogarsi sulla salute di Augusta e di tutti quelli come lei. Appartengono a una borghesia laboriosa, pragmatica, ma sono anche incapaci di vedere il vuoto che li circonda e di riconoscere la spirale di produzione-aggressione-distruzione messa in moto dalla società borghese. Non va dimenticato che il romanzo si conclude con lo scoppio della prima guerra mondiale, ma Svevo lo scrisse nel 1919, quando l’orrore della guerra e le sue drammatiche conseguenze si erano già dispiegati. La salute per Zeno perde quindi il suo significato positivo e si trasforma nel suo diretto contrario, mentre la nevrosi diventa il punto di forza del protagonista: il suo malessere è quello di ogni uomo consapevole della precarietà e assurdità della vita e del fatto che l’indecifrabilità non riguarda solo il mondo ma anche se stessi. La consapevolezza diventa allora, insieme all’ironia e al distacco, l’unica arma di difesa contro le alienanti mistificazioni della società.

3 Il romanzo: identità e ricerca di sé

Zeno Cosini appartiene alla borghesia, ma del borghese ha solo le abitudini quotidiane, non certo la laboriosità e il buon senso. Zeno è un “inetto” e a segnalarlo è lui stesso, ricordando nel suo diario le continue indecisioni sugli studi da seguire, gli alibi e le scuse per continuare a fumare, che non convincono lui per primo. Alla sua incapacità di scegliere e decidere si accompagna un’indolenza che diventa un abbandono rassegnato alle circostanze, come nel caso del matrimonio, in cui precipita passando per inerzia da una ragazza all’altra. Allo stesso tempo, però, Zeno è abilissimo nel trovare giustificazioni e alibi al suo comportamento, e le sue confessioni e ammissioni di colpa sono ambigue e reticenti, mai complete e liberatorie. Nella sua inettitudine, Zeno è però fortunato e alla fine risulta un vincente: nonostante le incertezze e i dubbi, il suo matrimonio non è un fallimento, la moglie si rivela per lui una compagna affettuosa e comprensiva e, sebbene non l’ami con trasporto e a un certo punto giunga a tradirla, Zeno trova con lei un’armonia e una tranquillità insperate.

si, per le quali Svevo non propone alcuna soluzione, nemmeno quella psicanalitica.

163

La malattia Le tecniche narrative Con La coscienza di Zeno Svevo abbandona i moduli tradizionali e oggettivi del romanzo ottocentesco. Nella finzione narrativa della confessione Zeno scardina le categorie temporali e racconta per “argomento” (il fumo, il matrimonio ecc.), mescolando il passato con il presente. Fatti e situazioni non si presentano quindi più come univoci, ma assumono una molteplicità di prospettive e interpretazioni, dovute alle progressive modificazioni che il ricordo assume alla luce dei ripensamenti e delle esperienze successive. Ne nasce un sistema di “scatole cinesi”, in cui si sovrappongono le tante verità raccontate dal protagonista, senza che nessuna prevalga mai come quella vera. Cambia anche il piano della rappresentazione: da quello oggettivo del narratore onnisciente si passa a quello soggettivo del protagonista, mediando eventi e impressioni attraverso la psicologia del protagonista, in una sorta di discorso indiretto, che assume a volte la forma di monologo interiore.

Un percorso nell’opera • La coscienza di Zeno

Il vizio del fumo di cui soffre Zeno rappresenta in modo emblematico ciò di cui realmente soffre: la malattia della volontà, i cui sintomi sono l’incapacità di mantenere fede ai propositi, in un alternarsi di decisioni e di smentite. Zeno temporaneamente soffre anche di vari disturbi (un dolore al fianco, zoppica...) che non sono altro che malattie psicosomatiche, ossia sintomi esteriori di disturbi interiori. Molte delle situazioni descritte nel romanzo risentono della conoscenza delle teorie psicanalitiche di Sigmund Freud, verso cui Svevo ebbe un rapporto dialettico oscillante tra adesione e polemica, che si riflette nel rifiuto di Zeno a sottoporsi alla terapia in conclusione del romanzo. Attraverso Zeno, Svevo approfondisce così la sua diagnosi della crisi dell’uomo contemporaneo, da cui emerge una condizione di alienazione. Stretto fra le pulsioni – anche sessuali – che provengono dal suo inconscio e tabù e divieti imposti dalla società, l’uomo cade in preda alle nevro-


Percorsi nella narrativa italiana

Interrogare il testo

164

Un “inetto” di successo 1. Chi è Zeno Cosini? Precisa la sua posizione sociale e familiare al momento in cui incomincia a scrivere il diario. 2. A quali studi ricorda di essersi dedicato in gioventù Zeno? Offre delle serie motivazioni per il passaggio dagli uni agli altri? 3. In quale circostanza Zeno si rende conto di odiare la sigaretta? Questa scoperta lo induce a smettere di fumare per sempre? 4. La vita di Zeno è costellata dai proponimenti di smettere di fumare; forse non cercherebbe di smettere così spesso se non attribuisse un «gusto speciale» all’ultima sigaretta: quale? 5. I rapporti di Zeno con il fumo sono emblematici della sua inettitudine: quali sentimenti nutre nei confronti delle sigarette? Analizzandosi, quale alibi pensa di poter loro attribuire? 6. La scelta di sposare Augusta è ponderata e consapevole o è frutto del caso? Quali particolari circostanze spingono Zeno a chiederle di sposarlo? 7. Con quali motivazioni Zeno giustifica di fronte ad Augusta la sua richiesta?

che m’allargò il petto. Non avevo più da risolvere niente, perché tutto era stato risolto. Questa era la vera chiarezza». Quali tra i seguenti atteggiamenti psicologici di Zeno sono messi in luce dalla frase? a. b.

La confusione su ciò che vuole veramente. La tendenza ad abbandonarsi alle circostanze.

c.

La sua ingenuità.

d.

La rinuncia a decidere per sé.

e.

L’incapacità di scegliere.

f.

Il bisogno di giustificarsi.

12. In quale periodo della sua vita Zeno credette di «essere avviato alla salute e alla felicità» e perché? 13. Quale disturbo sofferto prima del matrimonio ricorda Zeno? Come si può classificare? 14. «Dapprima diffidente, godevo intanto di una giornata e m’aspettavo che la seguente fosse tutt’altra cosa». Quale atteggiamento di Zeno verso la vita rivela questa frase, riferita al periodo appena successivo al suo matrimonio?

8. Che cosa gli risponde Augusta? Perché accetta di sposarlo?

La salute

9. Qual è la reazione degli altri membri della famiglia?

15. Quale diverso atteggiamento hanno Augusta e Zeno nei confronti della morte?

La malattia

16. Osservando la moglie, Zeno comprende in che cosa consiste «la perfetta salute umana»: spiega di che cosa si tratta.

10. Analizzando continuamente se stesso e i propri comportamenti, Zeno mostra tutta la propria fragilità psicologica. Ad esempio, durante il colloquio in cui chiede ad Augusta di sposarlo, in Zeno si succedono sentimenti del tutto contrastanti, frutto dell’interpretazione che dà della situazione e degli atteggiamenti di Augusta. Precisa che cosa prova nelle seguenti circostanze. a. Quando fa la sua proposta «veramente rude». b. Alla sorpresa di Augusta.

17. La figura della moglie Augusta offre a Zeno l’occasione per una riflessione sui “sani” e sui “malati”. In quale punto del brano emerge con chiarezza il rovesciamento fra questi due concetti? 18. Quali sono per Zeno i veri malati e perché? 19. Consapevole di stare costruendo una famiglia patriarcale e di diventare «io stesso il patriarca che avevo odiato», Zeno: a.

si adegua al nuovo ruolo, consapevole del “gioco delle parti” a cui la società lo costringe.

b.

si ribella e oppone un tacito rifiuto atteggiandosi a «statua equestre».

c.

non sa che cosa fare e si rifugia nella nevrosi.

c. Quando Augusta gli chiede se dovrà «ricordare che voi non mi amate?». d. Durante il lungo silenzio di Augusta. 11. Ricordando ciò che ha provato quando Augusta ha accettato di sposarlo, Zeno scrive: «in quel momento fui pervaso da una soddisfazione


Le tecniche narrative 20. Il romanzo è costruito su una particolare finzione narrativa: quale? 21. Chi è l’io narrante? È un narratore attendibile o inattendibile? Conferma la tua risposta con qualche esempio tratto dai testi.

24. Leggi le seguenti frasi: «oramai ch’eravamo sposati, si sarebbe rimasti insieme, insieme, insieme»; «Essa dunque ignorava che quando a questo mondo ci si univa, ciò avveniva per un periodo tanto breve, breve, breve». Qual è lo scopo della reiterazione dell’avverbio e dell’aggettivo? a.

23. In ogni brano individua un passo in cui ci sia un monologo interiore e contrassegnalo a margine.

b.

Esprimere il giudizio dell’autore.

c.

Evidenziare, per contrapposizione, il punto di vista di Zeno.

Sottolineare la critica mossa da Zeno all’opinione della moglie.

Dalla lettura alla scrittura Interpretare 25. Rifletti sulla figura dell’“inetto” e sul binomio salute-malattia, che rappresentano le tematiche centrali del romanzo. Individua in che cosa consiste la “salute” per Zeno e spiega come la sua inettitudine, sintomo e simbolo della sua nevrosi, si trasformi progressivamente in uno strumento conoscitivo che gli conferisce grande lucidità.

3 Il romanzo: identità e ricerca di sé

22. Trascrivi tre esempi di contaminazione fra passato e presente.

Argomentare 26. Secondo alcuni critici, La coscienza di Zeno è un titolo ambiguo in quanto la parola “coscienza” può assumere significati diversi: da un lato indica la consapevolezza razionale, dall’altro richiama la psiche umana, mossa, secondo Freud, da pulsioni e istinti inconsci. A tuo parere, quale o quali di questi aspetti sono presenti nel romanzo? Sviluppa la tua tesi in un testo argomentativo.

L’elemento trainante in una narrazione è certamente costituito dai personaggi, che possono essere presentati in modo diverso:

• il nome può avere un significato evocativo; • la caratterizzazione può essere diretta, quando il narratore descrive esplicitamente le doti e i difetti del personaggio;

• la caratterizzazione può essere indiretta, quando il lettore deve capire la personalità del personaggio partendo dalle sue azioni, da ciò che dice, da ciò che ne dicono gli altri ecc.;

• la caratterizzazione può essere mista, quando il personaggio è descritto dal narratore ma anche da altri personaggi o attraverso le sue stesse parole;

• a volte la caratterizzazione avviene per sineddoche, attraverso un particolare dell’abbigliamento, del viso, del comportamento ecc.

1. Nel romanzo La coscienza di Zeno in che modo è presentato il protagonista? Puoi indicare più di una risposta. a.

Attraverso il nome.

b.

In forma diretta.

c.

In forma indiretta.

d.

In forma mista.

e.

Per sineddoche.

2. Traccia per iscritto il ritratto di Zeno Cosini evidenziandone: a. aspetto; b. carattere; c. interessi.

Un percorso nell’opera • La coscienza di Zeno

Scrittura guidata

165


7

Unità Le figure di significato Conoscere 1 Il livello connotativo del significato 2 Le figure retoriche di significato 3 Il procedimento analogico

Parole chiave 253

Leggere e analizzare Salvatore Quasimodo • Alle fronde dei salici Giacomo Leopardi • Il sabato del villaggio Giovanni Pascoli • L’assiuolo Eugenio Montale • L’anguilla

QUESTIONARIO di conoscenza comprensione analisi


La forma della poesia

Conoscere

254

1_

Il livello connotativo del significato Come abbiamo osservato finora, il poeta si serve della lingua non in funzione denotativa, ma connotativa. La funzione connotativa, infatti, attribuisce alle parole significati nuovi e ne accresce il valore suggestivo, perché arricchisce l’enunciato di implicazioni allusive ed emotive. Uno dei meccanismi linguistici che carica le parole di significati nuovi è quello del trasferimento di significato, che si realizza mediante l’uso di varie figure retoriche dette appunto di significato, le quali permettono di dar vita a immagini inattese e di rappresentare il mondo interiore del poeta in modo originale e inedito. In linea generale, le figure retoriche di significato rappresentano uno scarto rispetto all’uso proprio della lingua: una “figura”, infatti, sposta gli elementi della lingua comune (il significato, la posizione, il suono) dal loro uso normale a un uso che attribuisce alle parole un significato diverso da quello letterale. Così, ad esempio, quando diciamo “Giacomo è un coniglio” non intendiamo ovviamente indicare che Giacomo si è improvvisamente trasformato in un animale dalle lunghe orecchie e dai denti aguzzi, ma vogliamo affermare che è timido, pauroso, poco intraprendente. Con una metafora (cfr. tabella a pagina seguente) trasferiamo a un individuo le qualità proprie di un animale, creando un’immagine fortemente significativa e molto efficace. Il linguaggio figurato, che si serve per l’appunto delle figure retoriche, arricchisce le possibilità espressive della lingua e guida l’attenzione del destinatario (l’ascoltatore o il lettore) verso una nuova visione della realtà. Ad esempio, Giuseppe Ungaretti nella poesia Soldati scrive:

Lo spostamento di significato

Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Milano, Mondadori, 1969

Attraverso la similitudine (“come le foglie sugli alberi”), il poeta crea un’immagine significativa, che il lettore percepisce istintivamente, senza doverla necessariamente tradurre nella normalità del linguaggio comune. L’esile speranza di vita e la concreta possibilità di caduta (cioè il senso di precarietà), che sono proprie della foglia appesa a un ramo nel periodo autunnale, sono trasferite ai soldati impegnati sul fronte di guerra, che sanno di poter essere spazzati via da una raffica d’arma da fuoco come le foglie da una raffica di vento. È un accostamento inedito, fuori degli schemi dell’espressione comune, che coinvolge il lettore e rende più espressivo il messaggio, anticipato anche dal titolo della poesia stessa. Questa è la potenza espressiva delle figure retoriche, senza le quali la poesia non sarebbe più tale, perché il discorso poetico si impoverirebbe fino a diventare troppo simile a quello della prosa.


Se hai capito

Anche nei testi delle canzoni moderne sono frequenti le figure retoriche di significato. Ricercale in questi versi tratti dalla canzone Fotoromanza di Gianna Nannini e spiegale. Questo amore è una camera a gas è un palazzo che brucia in città questo amore è una lama sottile è una scena al rallentatore questo amore è una bomba all’hotel questo amore è una finta sul ring è una fiamma che esplode nel cielo questo amore è un gelato al veleno.

Le figure retoriche di significato Quelle di significato sono tra le principali figure retoriche, in quanto danno luogo a un rilevante “scarto” rispetto all’espressione usuale e attribuiscono alle parole un significato più profondo di quello letterale. Esse comportano il trasferimento di significato da un’espressione a un’altra e accrescono la carica suggestiva delle parole mediante particolari associazioni e opposizioni.

Le principali figure

Figura/Definizione  Antitesi

Accostamento di immagini o espressioni di senso opposto (antinomia).  Iperbole

due volte nella polvere, due volte sull’altar.

Effetti suscitati  Il contrasto dà vita

a un’immagine inattesa.

A. Manzoni, Il cinque maggio, vv. 47-48

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno [un milione di scale

255  Intensifica il significato

dell’espressione.

E. Montale, Ho sceso, dandoti il braccio, v. 1

 Metafora

Il fiore degli anni (= momento di maggiore

Designazione di un oggetto attraverso un altro che ha con il primo un rapporto di somiglianza (quindi uno spostamento di significato).

rigoglio della vita).

 Accresce la forza

espressiva del paragone.

Non ho voglia / di tuffarmi / in un gomitolo / di strade (= intrico di strade) G. Ungaretti, Natale, vv. 1-4

 Metonimia

CAUSA PER L’EFFETTO

Sostituzione di un termine con un altro che abbia con il primo rapporti di affinità logica e/o materiale (spaziale, temporale, causale).

Hai un bel taglio di capelli. EFFETTO PER LA CAUSA

Talor lasciando le sudate carte (= studi impegnativi che fanno sudare sui libri) G. Leopardi, A Silvia, v. 16 MATERIA PER L’OGGETTO

marmo per statua CONTENENTE PER IL CONTENUTO

Bevo un bicchiere. ASTRATTO PER IL CONCRETO

Virtù viva speranza (= uomini virtuosi). CONCRETO PER L’ASTRATTO

Avere del fegato. AUTORE AL POSTO DELL’OPERA

Leggere Svevo.

 Conferisce vitalità

al linguaggio.  Crea accostamenti inediti.  Dà ai versi una particolare

impronta espressiva.

Conoscere

Esagerazione per eccesso o per difetto.

Esempio

7 Le figure di significato

2_


Figura/Definizione

Esempio

Amabile sole notturno

 Ossimoro

Accostamento di due parole dal significato nettamente opposto che forma un’espressione contraddittoria, non logica.

La forma della poesia

 Personificazione

256

Attribuzione di caratteristiche umane a oggetti inanimati o animali.  Reticenza

Improvvisa sospensione del discorso che resta troncato, mentre si lascia intendere più o meno chiaramente quello che non si dice.  Similitudine

Paragone tra due entità, di solito messe in relazione per mezzo di connettivi (come... così; tale... quale; similmente).

Novalis

Effetti suscitati  Accresce il valore

suggestivo.

Trieste ha una scontrosa grazia U. Saba, Trieste, v. 7

Laudata sii per il tuo viso di perla, o Sera. G. d’Annunzio, La sera fiesolana, vv. 15-16

La parte, sì piccola, i nidi nel giorno non l’ebbero intera. Né io... G. Pascoli, La mia sera, vv. 29-31

quando partisti come sono rimasta! come l’aratro in mezzo alla maggese G. Pascoli, Lavandare, vv. 9-10

 Sineddoche

PARTE PER IL TUTTO

Sostituzione di un termine con un altro che abbia con il primo rapporti di affinità logica e/o materiale (maggiore o minore estensione). È affine alla metonimia, ma implica un rapporto di tipo quantitativo.

vela per nave; tetto per casa; bocche per persone TUTTO PER LA PARTE

Il mondo è cieco

 Gli oggetti assumono

caratteri, sentimenti e gesti umani.

 Conferisce alla cosa

taciuta un rilievo più forte di quello che avrebbe se fosse pronunciata.

 Arricchisce le parole

di implicazioni allusive, accrescendo il valore descrittivo.

 Conferisce vitalità

al linguaggio.  Crea accostamenti inediti.  Dà ai versi una particolare

impronta espressiva.

PAROLA DI SIGNIFICATO PIÙ AMPIO PER QUELLA DI SIGNIFICATO PIÙ RISTRETTO

lavoratore per operaio (iperonimia) GENERE PER LA SPECIE

mortali per uomini SPECIE PER IL GENERE

pane per cibo SINGOLARE PER PLURALE

l’uomo per gli uomini  Sinestesia

Odore di fragole rosse.

Associa sensazioni appartenenti a sfere sensoriali diverse, fondendole in un’unica immagine.

G. Pascoli, Il gelsomino notturno, v. 10 (L’odore si percepisce con l’olfatto, il colore con la vista).

 Accentua evocativamente

il significato.

Fresche le mie parole nella sera G. d’Annunzio, La sera fiesolana, v. 1

... all’urlo nero / della madre S. Quasimodo, Alle fronde dei salici, vv. 5-6

Se hai capito

Leggi la figura evidenziata nei versi. Si tratta di personificazione, similitudine o ossimoro? … – Cantarono i galli, rabbrividì l’aria, s’empì di scalpicci la via; da lungi squillò solitaria la voce dell’Avemaria. G. Pascoli, Il sogno della vergine, V, vv. 76-80


3_

Il procedimento analogico Il termine analogia, che significa corrispondenza, indica una relazione che si instaura tra due elementi del discorso, espressa saltando tutti i passaggi logici che permetterebbero di spiegare razionalmente tale associazione. Si tratta, quindi, di un accostamento di cose e sensazioni apparentemente lontane tra le quali il poeta scopre intuitivamente una relazione che il lettore deve cogliere e interpretare.

Una magia evocatrice

G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Milano, Mondadori, 1969

La parola «favole» che compare nel primo verso allude alle stelle che brillano (“ardono”) nel cielo, ma non è più possibile ricostruire i passaggi di fantasia e di immagini che hanno fatto di quelle stelle le favole. Le favole che ardono nel cielo evocano un’immagine suggestiva di lontananza, di sogno e di speranza (forse di favole udite alla luce delle stelle, o di illusioni cadute che tornano a risplendere nel cielo della vita) che l’analogia, attraverso l’identificazione dei termini, ha saputo creare. Un altro esempio della magia evocatrice prodotta dall’analogia ce lo fornisce Umberto Saba, in alcuni versi tratti da Tre momenti.

5

Il portiere su e giù cammina come sentinella. Il pericolo lontano è ancora. Ma se in un nembo s’avvicina, oh allora una giovane fiera si accovaccia e all’erta spia. U. Saba, Il Canzoniere, Torino, Einaudi, 2004

«Le parole che in questi versi acquistano grande intensità informativa sono tre: “nembo”, “fiera” e “spia”. Si tratta di tre parole abbastanza comuni. […] Saba, tuttavia, usa la parola “nembo” per descrivere l’improvvisa minaccia portata dagli avversari alla rete: ed ecco che questa parola si carica di significati nuovi, suggerisce

257

Conoscere

n Vincent Van Gogh, La notte stellata, 1889 (Parigi, Musée D’Orsay).

7 Le figure di significato

Stelle Tornano in alto ad ardere le favole. Cadranno colle foglie al primo vento. Ma venga un altro soffio, ritornerà scintillamento nuovo.


La forma della poesia 258

l’idea di una repentina discesa offensiva, il crearsi inaspettato di un pericolo; diventa emozionante come e più dell’azione sportiva che vuol descrivere. Sorpreso dal “nembo” offensivo, il portiere si dispone alla difesa, raccoglie tutte le sue energie, e il poeta lo raffigura come una “fiera” accovacciata. Il valore che assume qui la parola “fiera” è tutto nella similitudine fra il portiere e la belva: fra il portiere che si prepara allo scatto e la belva che si accovaccia, pronta al balzo. L’ultima parola che ci interessa in questa strofa è “spia”. Anche in questo caso la parola è resa più ricca dalla sua collocazione: è lo sguardo attento, i sensi vigili, pronti, del portiere fra i pali, della fiera accovacciata intesa a cogliere il momento in cui la palla minacciosa verrà scagliata verso la sua porta. Che cosa è accaduto, dunque, alle parole “nembo”, “fiera” e “spia”? È accaduto che ciascuna di esse inserita nell’insieme di un’immagine, ha acquistato un significato diverso e più ampio di quello originario: si è “caricata” di un’analogia che serve ad estendere vigorosamente la sua capacità di informazione». A. Marchese, L’officina della poesia, Milano, Mondadori, 1985

Se hai capito

Leggi la seguente poesia di Giuseppe Ungaretti e indica tra quelle proposte l’analogia che il poeta istituisce. a.

Tra le case e le croci.

b.

Tra il cuore del poeta e il luogo distrutto.

c.

Tra la guerra e la perdita di persone care.

San Martino del Carso Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto Ma nel cuore nessuna croce manca È il mio cuore il paese più straziato G. Ungaretti, Vita d’un uomo, Milano, Mondadori, 1969

n Kasmir Malevič, Croce [nera], 1915 (Parigi, Centre Pompidou).

Parole chiave Completa il testo con gli appropriati termini tecnici. a. Una parola ha valore . . . . . . . . . . . quando assume un significato secondario aggiunto a quello primario o denotativo.

c. Tra le figure più usate c’è la . . . . . . . . , che consiste nel trasferire a un termine il significato di un altro termine con cui ha un rapporto di somiglianza.

b. Le figure retoriche di . . . . . . . . . . . sono accorgimenti stilistici e linguistici utilizzati dai poeti per rendere più viva ed efficace una descrizione, un’immagine, una sensazione, un’emozione ecc.

d. Il termine . . . . . . . . . , che significa “corrispondenza”, indica una relazione che si instaura fra due elementi del discorso, espressa saltando tutti i passaggi logici che permetterebbero di spiegare razionalmente tale associazione.


Leggeree analizzare Salvatore Quasimodo

Alle fronde dei salici La drammatica esperienza vissuta negli anni della seconda guerra mondiale ha lasciato una traccia indelebile nell’animo del poeta Salvatore Quasimodo (Modica, Ragusa, 1901 – Napoli 1968; p. 391), che sceglie una riflessione poetica impegnata

moralmente e civilmente come si può cogliere nella raccolta Giorno dopo giorno. Qui il poeta rievoca l’orrore dell’occupazione nazista e delle sue crudeli rappresaglie. In quelle circostanze anche la poesia taceva, come raggelata dalla comune angoscia.

GUIDA ALLA L E T T U R A

5

10

E come potevamo noi cantare1, con il piede straniero sopra il cuore2, fra i morti abbandonati nelle piazze3 sull’erba dura di ghiaccio, al lamento d’agnello dei fanciulli4, all’urlo nero della madre5 che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo6? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento7.

259

S. Quasimodo, Tutte le poesie, Milano, Mondadori, 1995

1. cantare: alzare il nostro canto poetico. Nel momento della sofferenza i poeti non hanno più l’animo e l’ispirazione per cantare, cioè per scrivere i loro versi. 2. con… cuore: con l’efficace immagine della metonimia (il concreto per l’astratto), il poeta rappresenta la violenza e la crudeltà dell’oppressione nazista che calpesta anche i sentimenti (cuore) degli Italiani. 3. fra… piazze: l’immagine non è solo poetica, ma tragicamente reale e si riferisce ai cadaveri dei fucilati durante le rappresaglie, che venivano volutamente lasciati per giorni nelle vie e nelle

piazze, come monito per la popolazione. 4. lamento… fanciulli: dolore mesto e soffocato (lamento) degli orfani, teneri e indifesi come agnelli. 5. urlo… madre: è una delle più famose sinestesie della poesia italiana; il poeta accosta con efficace risultato d’immagine un elemento uditivo (urlo) a uno visivo (nero), comunicando così, senza altre inutili parole, il dramma infinito di quella madre che corre incontro al figlio crocifisso. Quella tragica immagine diviene simbolo dell’angoscia di tutta l’umanità. 6. figlio… telegrafo: la suggestione dell’analogia collega idealmente lo strazio

dei cadaveri degli uccisi al sacrificio estremo di Cristo sulla croce. 7. Alle fronde… vento: gli ultimi versi riprendono le parole del Salmo 137 della Bibbia che si riferisce alla prigionia degli Ebrei in Babilonia (cfr. p. 260, esercizio 10). Gli Ebrei, condotti in esilio a Babilonia dopo la caduta di Gerusalemme, si rifiutarono di celebrare Dio in terra straniera. La situazione è simile a quella degli Italiani, la cui terra è occupata dall’esercito tedesco, pertanto i poeti, come gli Ebrei, smettono di “cantare” in segno di lutto, di partecipazione solidale e di auspicio per la fine degli orrori.

Leggere e analizzare

Mentre leggi, nota le figure di significato evidenziate: la metonimia, l’analogia, la sinestesia e la personificazione.

7 Le figure di significato

Analogia, metonimia, sinestesia, personificazione


Analisi e interpretazione

La forma della poesia

Il significato e la forma Compresa nella raccolta Giorno dopo giorno, pubblicata nel 1947, questa poesia è dedicata ai recenti orrori dell’occupazione nazista: negli anni 1943-44 imperversavano le rappresaglie, le fucilazioni, le atrocità dello strazio dei cadaveri che erano crocifissi e lasciati così appesi per giorni, come monito per la popolazione. I fatti accaduti hanno imposto ai poeti (di cui Quasimodo, parlando alla prima persona plurale, vuol come rappresentare la voce collettiva) l’abbandono della poesia, li ha costretti ad appendere alle «fronde dei salici» (che nel loro oscillare simboleggiano il

Interrogare il testo Il significato e la forma 1. A chi Quasimodo rivolge, idealmente, questi versi? A nome di chi egli parla? 2. Per quale ragione alcuni poeti, come lui, durante la guerra hanno taciuto?

260

dolore e il pianto) le loro «cetre». Quella dei salici oscillanti al vento è peraltro un’immagine che si ricollega a un passo biblico (Salmo 137), come se il poeta volesse trasfigurare le immagini crudamente realistiche presentando in rapido scorcio alcuni terribili eventi degli anni appena trascorsi e ricorrendo a simboli sacri che conferiscono al messaggio un valore universale. Quasimodo in questa poesia raggiunge potenti effetti espressivi anche tramite particolari figure retoriche di significato, che formano immagini che colpiscono nel profondo il lettore e restano impresse nella sua mente.

3. Analizza e spiega le immagini che si riferiscono esplicitamente alla realtà storica della seconda guerra mondiale, come nell’esempio riportato. Immagine: «il piede straniero sopra il cuore» Spiegazione: Il dominio nazista che opprime gli Italiani 4. Che cosa simboleggiano metaforicamente le «cetre» appese ai «salici»? La scelta del salice come immagine-simbolo non è casuale: perché?

5. L’espressione «lamento d’agnello» costituisce un’analogia. Quali sono le caratteristiche di tale figura di significato? Come si spiega nel contesto della lirica? 6. Quale metonimia è presente nel testo? In che cosa consiste tale figura di significato? 7. Quale sinestesia è presente nel testo? Quali sono le caratteristiche di tale figura di significato? Come si spiega nel contesto? 8. Anche il paesaggio sembra partecipare al dolore e all’angoscia degli uomini. Con quale personificazione il poeta esprime questo concetto?

Dalla lettura alla scrittura Parafrasare 9. Con l’aiuto delle note svolgi la parafrasi (cfr. p. 347) della poesia.

Confrontare e interpretare 10. Confronta la lirica con il salmo biblico 137 a cui si ispira e spiega le analogie fra i due testi. Lungo i fiumi di Babilonia là sedevamo in pianto, ricordandoci di Sion. Sospesi ai pioppi di quella terra tenevamo le nostre cetre. Sì, là ci chiesero parole di canto quelli che ci avevano deportati, canzoni di giubilo quelli che ci tenevano oppressi: «Cantateci dei canti di Sion». Come cantare i canti del Signore in terra straniera? […] Salmo 137, Nostalgia degli esuli, dal Libro dei Salmi, in La Bibbia, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 1997


Giacomo Leopardi Uso del lessico, metafora, similitudine, metonimia

Il sabato del villaggio È il tardo pomeriggio del sabato; mentre gli abitanti del paese attendono con ansia il riposo e il divertimento che accompagnerà il giorno festivo, il poeta Giacomo Leopardi (Recanati 1798 – Napoli 1837; p. 295) riflette su come quelle aspettative

sono destinate a rimanere deluse. La domenica, infatti, passerà in fretta e cederà ben presto il passo alle preoccupazioni e alle fatiche quotidiane, mentre svanirà l’incanto dell’attesa che caratterizza la giornata del sabato.

GUIDA ALLA L E T T U R A

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10

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Anche i suoni provengono da lontano ed evocano vastità e lontananza indefinita.

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1. La donzelletta… campagna: la giovane contadina torna dal lavoro nei campi. 2. in… sole: verso il tramonto. 3. dell’erba: raccolta per nutrire gli animali. 4. onde… crine: con le quali (onde), così come è abituata a fare (siccome suole), si prepara (si appresta) a ornare il seno e i

capelli (crine) l’indomani, giorno di festa. 5. incontro… giorno: rivolta verso il tramonto. 6. e novellando… tempo: e racconta della sua giovinezza (buon tempo). 7. imbruna: si fa scura. 8. al… luna: al bianco chiarore della luna appena sorta.

261

Leggere e analizzare

Nota il gioco di luci e di ombre.

La donzelletta vien dalla campagna1, in sul calar del sole2, col suo fascio dell’erba3; e reca in mano un mazzolin di rose e di viole, onde, siccome suole, ornare ella si appresta dimani, al dì di festa, il petto e il crine4. Siede con le vicine su la scala a filar la vecchierella, incontro là dove si perde il giorno5; e novellando vien del suo buon tempo6, quando ai dì della festa ella si ornava, ed ancor sana e snella solea danzar la sera intra di quei ch’ebbe compagni dell’età più bella. Già tutta l’aria imbruna7, torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre giù da’ colli e da’ tetti, al biancheggiar della recente luna8. Or la squilla dà segno della festa che viene9; ed a quel suon diresti che il cor si riconforta10. I fanciulli gridando su la piazzuola in frotta11, e qua e là saltando, fanno un lieto romore12: e intanto riede alla sua parca mensa13,

7 Le figure di significato

La descrizione della vita paesana è costellata di immagini vaghe e indefinite che suscitano l’impressione di vastità spaziale.

9. Or… viene: la campana annuncia la festa. 10. si riconforta: si rallegra. 11. in frotta: in gruppo. 12. romore: chiasso. 13. e intanto… mensa: e intanto ritorna alla sua casa dove lo attende il suo pasto frugale (parca mensa).


30

La forma della poesia

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La parte riflessiva, che nega la possibilità del piacere, non è amara e severa, ma è resa attraverso un colloquio affettuoso con il «garzoncello». Le ultime strofe, come le precedenti, sono caratterizzate da un ritmo musicale, dal gioco delle rime, da un lessico che invita a immaginare e sognare.

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fischiando, il zappatore, e seco14 pensa al dì del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face15, e tutto l’altro tace, odi il martel picchiare, odi la sega 14. seco: dentro di sé. del legnaiuol16, che veglia 15. face: luce. nella chiusa bottega alla lucerna, 16. legnaiuol: falegname. 17. e s’affretta… alba: e si affretta e si dà e s’affretta, e s’adopra da fare per finire il lavoro (opra) prima di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba17. dell’alba del giorno festivo. Questo di sette è il più gradito giorno, pien di speme18 e di gioia: diman tristezza e noia recheran l’ore19, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno20. Garzoncello scherzoso21, cotesta età fiorita22 è come un giorno d’allegrezza23 pieno, giorno chiaro, sereno, che precorre alla festa di tua vita24. Godi, fanciullo mio; stato soave, stagion lieta è cotesta25. Altro dirti non vo’26; ma la tua festa ch’anco tardi a venir non ti sia grave27.

18. speme: speranza. 19. diman… ore: domani il lento trascorrere del tempo porterà tristezza e noia. 20. ed al travaglio… ritorno: e ciascuno ritornerà a pensare al faticoso lavoro (travaglio) abituale (usato). 21. Garzoncello scherzoso: ragazzino spensierato. 22. cotesta… fiorita: questa tua giovinezza. 23. allegrezza: allegria, gioia di vivere. 24. che precorre… vita: che precede l’età adulta, della maturità. 25. Godi… cotesta: sii contento, ragazzo mio, di questa gioiosa età della tua vita (stagion) che stai vivendo, in una condizione di felicità. 26. non vo’: non voglio. 27. ma… grave: ma non essere impaziente, non dispiacerti (non ti sia grave) del fatto che l’età adulta (la tua festa), che tu immagini come un’epoca felice, tardi ad arrivare.

G. Leopardi, Canti, Milano, Garzanti, 1975

Analisi e interpretazione Il significato Leopardi si sofferma a riflettere sulla gioventù, sulla sua fugacità e sull’illusione di una felicità futura che, al duro impatto con la concreta realtà della vita adulta, si trasforma presto in dolorosa delusione. Per questo rivolge l’esortazione finale al «Garzoncello» a non voler forzare i tempi, a non essere ansioso di diventare adulto – come accade a molti giovani – perché, così facendo, sprecherà l’incanto della fanciullezza e potrà soltanto provare le delusioni della maturità. Questo messaggio è espresso, indipendente-

mente dal numero di strofe, in tre momenti compositivi, o sezioni, che corrispondono ai temi portanti.

La forma Questa poesia, metricamente, è una canzone definita “libera”, o “leopardiana”, per la sua particolare struttura che si svincola dallo schema della canzone della tradizione (canzone petrarchesca, p. 273). In essa, inoltre, domina la simbologia della vita, che il poeta sviluppa attraverso precise figure retoriche.


Interrogare il testo Il significato

12. Nel verso 17 è presente una metonimia. Che cosa indica infatti il poeta con la parola «sereno»? 13. Nei versi 8 e 9 compare la figura di costruzione dell’iperbato, cioè l’inversione del consueto ordine sintattico delle parole. Quale sarebbe l’usuale ordine della frase?

b. Il tema del sabato, come trepida attesa: dal verso . . . . al verso . . . .

14. In molti altri casi l’ordine sintattico della frase è capovolto. Trova altri due esempi.

c. Il parallelo fra il rapporto sabato-domenica e quello giovinezza-maturità: dal verso . . . . al verso . . . .

15. I due sensi meglio rappresentati nella poesia sono la vista e l’udito. Cataloga i dati uditivi e i dati visivi presenti nel testo nella seguente tabella.

2. Qual è la prima immagine della poesia, che rappresenta la gioventù felice nell’attesa dell’indomani?

Vista

Udito

3. Su quali particolari della descrizione il poeta si sofferma volutamente? 4. Chi è il secondo personaggio presentato? Che cosa sta facendo? In che cosa consiste la sua consolazione? 5. Che cosa preannuncia il rintocco delle campane che suonano l’Ave Maria serale? 6. Che cosa fanno i fanciulli del paese? 7. Quali lavoratori sono presentati nel componimento? 8. In quale atteggiamento è il primo?

La forma 10. La gioventù è rappresentata attraverso metafore e similitudini. Ricercale e trascrivile. 11. Con quale metafora il poeta descrive l’età della maturità?

17. Nei versi 39 e 40 la rima baciata assume un particolare significato espressivo, perché collega due concetti contrapposti, di cui il secondo sembra negare il primo. Di quali concetti si tratta?

Dalla lettura alla scrittura Analizzare il lessico 18. Ricerca nel testo termini ed espressioni di registro più letterario o desueti nella lingua moderna, trascrivili in una tabella e accanto a ciascuno indica un sinonimo di registro più comune.

Scrivere di sé 19. Svolgi il seguente tema di argomento personale: Gioia e noia delle mie domeniche.

263

Leggere e analizzare

9. Che cosa sta facendo il secondo?

16. Da quante strofe è composta la lirica? Esse hanno tutte il medesimo numero di versi? Indica quali sono i tipi di verso che si alternano liberamente in questo componimento (considera, come esempio, il primo e il secondo verso). Anche la rima è libera da ogni schema fisso. Trova, nella prima strofa, esempi di rima baciata.

7 Le figure di significato

1. Accanto all’indicazione di ciascuna sezione, scrivi il numero dei versi corrispondenti. a. Il contrasto fra giovinezza e vecchiaia: dal verso . . . . al verso . . . .


Giovanni Pascoli

La forma della poesia

Figure di significato, di suono e di costruzione

264

L’assiuolo Il motivo conduttore di questa poesia di Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, Forlì, 1855 – Bologna 1912; p. 304) è il canto lamentoso dell’assiuolo, un uccello notturno che la tradizione popolare considera simbolo di tristezza, di una vita dolorosa che si protende verso la morte. Il testo si presta a un’analisi delle figure retoriche non solo di significato, ma anche di co-

struzione e di suono, per la fitta trama di rimandi sonori che, pur nello scenario di una notte apparentemente serena, suscitano nel cuore del poeta un senso di angoscia e di dolore interiore. Prima ancora di svolgere gli esercizi ti chiediamo di confrontare il testo con la parafrasi e con le note, per avere ben chiari i contenuti letterali della lirica. PARAFRASI

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Dov’era la luna? ché il cielo notava in un’alba di perla, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi da un nero di nubi laggiù; veniva una voce dai campi: chiù...

Dov’era la luna? poiché il cielo nuotava (era immerso) in una luce perlacea come quella dell’alba, e il melo e il mandorlo sembravano tendersi verso l’alto per vederla meglio. Da un cumulo di nubi nere e lontane venivano bagliori di lampi, dai campi veniva una voce: chiù.

Le stelle lucevano rare tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo il cullare del mare, sentivo un fru fru tra le fratte; sentivo nel cuore un sussulto, com’eco d’un grido che fu. Sonava lontano il singulto: chiù...

Le stelle risplendevano qua e là in mezzo al biancore diffuso e lattiginoso della nebbia: sentivo il suono cullante [della risacca] del mare, sentivo un fruscio tra i cespugli; sentivo nel cuore un sussulto, che era come l’eco d’un grido di dolore provato in passato. In lontananza risuonava quel singhiozzo: chiù.

Su tutte le lucide vette tremava un sospiro di vento: squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento1 (tintinni a invisibili porte che forse non s’aprono più2?...); e c’era quel pianto di morte... chiù...

Su tutte le cime degli alberi illuminate dalla luna spirava un soffio di vento che le faceva tremolare: le cavallette frinivano, emettendo un suono acuto e sottile simile a quello dei sistri d’argento (erano tintinni di fronte a porte invisibili che forse non si apriranno più?); e c’era quel pianto luttuoso: chiù.

G. Pascoli, Poesie, Milano, Mondadori, 1968

1. sistri d’argento: nell’antico Egitto era praticato il culto della dea Iside, durante il quale i sacerdoti suonavano i sistri, antichi strumenti musicali; attraverso

queste cerimonie la dea prometteva la risurrezione dopo la morte, aprendo di nuovo le porte dell’aldilà. 2. porte… s’aprono più: le invisibili por-

te della morte non si apriranno più per restituire i defunti alla vita. Pascoli non ha fiducia in una possibile risurrezione.


Analisi e interpretazione Il significato

La forma Il contrasto fra l’atmosfera apparentemente serena e l’angoscia esistenziale del poeta è accresciuto dalle figure di suono, che producono un effetto di simbolismo fonico, oltre che dalle figure di costruzione e di significato, che contribuiscono a connotare il paesaggio, a volte sottolineando la pace e la serenità del momento, a volte evocando sensazioni angosciose.

Interrogare il testo Il significato 1. Il verso dell’assiuolo (chiù) assume connotazioni di volta in volta diverse. Completa le seguenti frasi. a. Al verso 8 esso è introdotto dal verbo . . . . . . . . . . . . . . . ed è descritto come . . . . . . . . . . . . . . . . ............................................

b. Al verso 16 esso è introdotto dal verbo . . . . . . . . . . . . . . ed è descritto come . . . . . . . . . . . . . . . . . .

7 Le figure di significato

Nel testo il poeta descrive un paesaggio notturno dai contorni indefiniti: mancano precisazioni temporali e spaziali (a parte l’indicazione del momento dell’alba e della vicinanza al mare), si percepiscono la luce della luna, che però rimane nascosta, e una nebbia lattiginosa che avvolge le cose; nere nubi e bagliori di lampi annunciano l’approssimarsi di un temporale. Pochi e lievi suoni accompagnano questo indefinito paesaggio. Ma non importano tanto gli elementi naturali quanto le sensazioni e le emozioni che essi suscitano nel poeta, assumendo così valore di simboli. Tra

essi predomina il grido dell’assiuolo («chiù») che ossessivamente si ripete in chiusura di strofa e che costituisce il motivo dominante della lirica.

c. Al verso 24 esso è introdotto dal verbo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ed è descritto come . . . . . . . . . . . . . 2. Si può dire che nella descrizione del canto dell’assiuolo ci sia una progressione negativa? Motiva la risposta.

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Leggere e analizzare n Edvard Munch, Chiaro di luna, 1895 (Oslo, Nasjonalgalleriet).


La forma

La forma della poesia

3. Spiega quale figura di suono costituiscono le seguenti espressioni e qual è la loro funzione nel testo. L’esercizio è avviato. a. fru fru: si tratta di un’onomatopea che arricchisce la suggestione sonora.

b.

............................................................

c.

............................................................

b. chiù: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

d. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

c. fru fru tra le fratte: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

e.

............................................................

d. finissimi sistri, tintinni a invisibili:. . . . . . . . . . . . . . . .

f.

............................................................

e. cullare del mare: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

g. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

4. In quale verso noti un timbro dominante sulla vocale a , che conferisce all’espressione un suono ampio e disteso? 5. In quale verso noti un timbro dominante sulla vocale e? Con quali effetti? 6. In quale prevale un timbro cupo della vocale u? Con quali effetti? 7. In quali versi è importante ai fini musicali ed espressivi il suono delle consonanti s e n? 8. In quali versi notiamo la presenza dell’anafora?

266

12. Rintraccia ed evidenzia le metafore che impreziosiscono il linguaggio e spiegane con parole tue il significato. a. alba di perla: . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

9. Una costruzione anaforica è da vedere anche nella collocazione dei verbi, sempre a inizio di verso («notava», «ergersi», «parevano», «Venivano», «sentivo» ecc.). Con quali effetti? 10. Il verso dell’assiuolo, che prima è una «voce», poi un «singulto», infine un «pianto di morte», assume un crescente valore emotivo e simbolico. Come si chiama tale figura di costruzione? 11. Quali osservazioni puoi fare a proposito della sintassi adottata dal poeta? Ti sembra complessa e ricca di subordinate o lineare e paratattica?

13. Nell’espressione «soffi di lampi» si mescola una sensazione tattile (soffi) con una visiva (lampi). a. Come si chiama questa figura? b. Quale idea suggerisce? 14. Anche l’espressione «nero di nubi», in cui il poeta sostituisce l’astratto (nero) al concreto (nubi nere), evoca la stessa sensazione. Come si chiama questa figura? 15. Nell’ultima strofa il poeta, attraverso una personificazione, sembra attribuire atteggiamenti umani al vento. Attraverso quali espressioni? Perché? 16. Sempre nell’ultima strofa il poeta istituisce un’analogia fra due elementi. Quali? Come si spiega questo paragone? 17. Quale tipo di versi ha adottato il poeta (tranne l’ultimo)? 18. Qual è lo schema delle rime di ogni strofa? 19. Quale tipo di ritmo prevale? a.

Lento.

b.

Cantilenante.

c.

Veloce.

Dalla lettura alla scrittura Interpretare 20. Le immagini, i rumori, i suoni, le variazioni timbriche che pervadono tutta la lirica danno corpo all’inquietudine del poeta. Come spieghi tale stato di ansia? Che cosa sgomenta il poeta? Che cosa simboleggia il canto dell’assiuolo? Esso è analogicamente legato allo stato di inquietudine dell’autore? Rispondi in modo argomentato.


Eugenio Montale Analogia e metafora

L’anguilla è detta «sirena» perché flessuosa ed elegante nei movimenti, come la donna cui il poeta allude nell’ultimo verso. La sirena, inoltre, nella tradizione, è un essere favoloso metà donna e metà pesce dal fascino ammaliatore.

La poesia moderna spesso interpreta la realtà in chiave simbolica, rappresentando la condizione esistenziale dell’uomo attraverso elementi tratti dalla realtà quotidiana che diventano metafore (o meglio “correlativi oggettivi”) delle emozioni e dei sentimenti che il poeta vuole esprimere. Eugenio Montale (Genova 1896 – Milano 1981; p. 482) ricorre spesso

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L’anguilla1, la sirena dei mari freddi che lascia il Baltico2 per giungere ai nostri mari, ai nostri estuari3, ai fiumi che risale in profondo, sotto la piena avversa4, di ramo in ramo e poi di capello in capello, assottigliati5, sempre più addentro6, sempre più nel cuore del macigno7, filtrando tra gorielli di melma8 finché un giorno una luce scoccata dai castagni ne accende il guizzo in pozze d’acquamorta, nei fossi che declinano dai balzi d’Appennino alla Romagna9; l’anguilla, torcia, frusta, freccia d’Amore10 in terra che solo i nostri botri11 o i disseccati ruscelli pirenaici riconducono a paradisi di fecondazione12; l’anima verde che cerca vita là dove solo

1. L’anguilla: la parola anguilla sintatticamente è complemento oggetto, in posizione fortemente prolettica, del finale puoi tu / non crederla sorella? 2. Baltico: mare nordico che si estende fra la penisola scandinava, la Russia, la Lituania, l’Estonia e la Lettonia. 3. estuari: le foci dei fiumi, da dove l’anguilla inizia la risalita controcorrente per trovare il luogo in cui riprodursi. 4. che risale… avversa: che percorre controcorrente (risale) nuotando in profondità (in profondo), più in basso rispetto (sotto) alla corrente impetuosa e contraria di superficie (piena avversa). 5. di ramo… assottigliati: passando da

un ramo all’altro di un fiume, da un fiume a un torrente, da un torrente a un ruscello, cioè attraversando corsi d’acqua sempre più piccoli e sottili come capelli. 6. sempre più addentro: sempre più all’interno della terraferma. 7. macigno: montagna, zona montuosa. 8. filtrando… melma: insinuandosi attraverso fossati (gorielli) melmosi. 9. una luce… Romagna: un raggio di sole, improvvisamente penetrato (scoccato) attraverso le fronde dei castagni, illumina il guizzo dell’anguilla arenatasi in pozze d’acqua stagnante, formatesi nei fossi che scendono da colli dell’Ap-

pennino verso la Romagna. 10. torcia... Amore: l’immagine dell’anguilla che guizza è sintetizzata in tre figure che ne richiamano la luminosità (torcia, che evoca anche la contorsione dell’anguilla che si torce), il corpo allungato e il movimento repentino (frusta), il significato dell’animale come simbolo dell’Amore (Cupido, mitico dio greco dell’amore, accende d’amore i cuori degli uomini scoccando frecce con il suo arco). 11. botri: ripidi fossati. 12. paradisi di fecondazione: luoghi paradisiaci perché in essi avviene la gioia della fecondazione.

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Leggere e analizzare

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a questo procedimento tecnico: nella seguente lirica, l’autore descrive il faticoso viaggio di un’anguilla, che percorre a ritroso la corrente del mare per andare a riprodursi alle sorgenti dei fiumi. Essa diventa il simbolo di un insopprimibile istinto vitale, per il quale affronta fatiche e pericoli, affermando il proprio diritto alla sopravvivenza e all’amore.

7 Le figure di significato

GUIDA ALLA L E T T U R A

L’anguilla


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Unità Il poeta e gli affetti La poesia dell’amore e degli affetti Emily Dickinson • Perché «vi amo» – signore? Ugo Foscolo • In morte del fratello Giovanni CONFRONTI L’intertestualità Catullo-Foscolo Giuseppe Ungaretti • La madre Giorgio Caproni • Per lei Camillo Sbarbaro • Padre, se anche tu non fossi il mio CONFRONTI I poeti della “linea ligure” Patrizia Valduga • Sul bianco della brina a lenti fiocchi

QUESTIONARIO di conoscenza comprensione analisi

Temi in primo piano Per una donna Saffo • A me pare uguale agli dèi CONFRONTI L’intertestualità Saffo-Catullo Catullo • Viviamo e amiamo Dante Alighieri • Tanto gentile e tanto onesta pare Francesco Petrarca • Erano i capei d’oro a l’aura sparsi Giacomo Leopardi • A Silvia Umberto Saba • A mia moglie Rabindrānāth Tagore • Mio Amore Pablo Neruda • Ho fame della tua bocca

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Percorsi nella poesia

La poesia dell’amore e degli affetti

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Un tema profondamente lirico L’amore presentato nelle sue più varie forme – da quello passionale a quello non confessato, da quello fraterno al sentimento filiale e all’amicizia – è un tema “principe” nella poesia lirica di ogni tempo; né potrebbe essere altrimenti, se pensiamo che questo genere poetico nasce proprio come espressione dei sentimenti più intimi e profondi dell’animo umano.

Eppure c’è una poetessa, Emily Dickinson che visse il suo amore virtuale nell’Ottocento. Chiusa nella sua casa, anzi nella sua camera, amò in forma platonica e distante, proprio come in una realtà virtuale, un uomo a cui dedicò la lirica Perché «vi amo» – signore? (p. 329) e molti altri versi, ancora attualissimi sia nei contenuti che nella forma.

Gli affetti familiari

La famiglia è, per eccellenza, il luogo degli affetti. All’interno del nuL’esperienza dell’amore cleo familiare il bambino indivinella vita e nei versi dua modelli di comportamento e La poesia nasce da un’emozione, di relazione, sperimenta emozioda un forte sentimento e quindi ni, costruisce la personalità attraspesso dall’amore, il sentimento verso la quale andrà incontro al che forse più caratterizza l’essere mondo esterno: padri, madri, fraumano e lo distingue dagli altri telli e sorelle sono i primi punti di abitanti del creato. L’amore è un n August Macke, Passeggiata a tre, 1914 riferimento per ciascuno di noi, e tema presente nella letteratura di (Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza). spesso sono gli unici a durare moltutti i Paesi e di tutti i tempi ed è to a lungo. Come “laboratorio” di divenuto addirittura dominante esperienze emotive e affettive, la nelle tematiche delle letterature delle origini in linfamiglia non ha eguali, e come tale figura nei versi gua volgare. Naturalmente nel tempo la concezione dei poeti, che ce ne rimandano letture e immagini didell’amore è cambiata, e così la poesia che l’ha rapverse a seconda delle diverse esperienze biografiche. Il lutto per il fratello viene risolto da Ugo Foscolo in presentato, passando dall’amore sensuale della letuna riflessione sul destino umano, sulla «corriteratura classica greca e romana, all’amor cortese della letteratura delle origini, dall’amore romantico e spondenza di amorosi sensi» tra vivi e morti e sulla sentimentale dell’inizio dell’Ottocento a una rappresua personale sorte di esule (p. 332); la morte della sentazione più libera da convenzioni della poesia sucmadre è invece, per Giuseppe Ungaretti, un’apertura verso la dimensione dell’eterno, in cui finalcessiva. Dalla metà dell’Ottocento, si sono affacciate mente ritrovarsi per sempre (p. 337). L’esperienza immagini e suggestioni più vicine alla nostra sensidell’imminente perdita del padre viene raccontata bilità, che hanno accolto anche gli aspetti più passioda Patrizia Valduga in versi semplici e suggestivi, nali dell’amore. I sentimenti di fondo sono sempre gli stessi: l’emozione, la felicità, l’appagamento, ma anche raccontano il senso di dolorosa impotenza di che il dolore, la tristezza, la sofferenza quando non è fronte a eventi come la malattia e la morte (p. 347), possibile realizzare il desiderio d’amore, persino mentre Camillo Sbarbaro, in una simile circostanza, l’amore come autodistruzione, presente nei tardororecupera i suoi ricordi di bimbo e chiarisce a se stesmantici come Baudelaire, Rimbaud e Verlaine. so il senso del profondo affetto per il padre dal «cuoÈ ancora credibile oggi l’amore letterario? Certare fanciullo» (p. 343). Allo stesso modo, Giorgio Camente i versi spiritualizzanti dei trovatori, le visioni proni rivede la madre com’era da giovane e disegna angelicate dell’amor cortese o l’irruenza dei romanl’indimenticabile immagine di una ragazza semplitici non si accordano con i linguaggi attuali, con la ce e lieta di vivere a dispetto della povertà e degli frontiera ancora inesplorata degli amori virtuali. inevitabili dolori (p. 340).


La poesia dell’amore e degli affetti Emily Dickinson Amherst 1830-1886

Metro versi liberi Epoca 1858-1886 Collegamenti Biografia dell’autrice (p. 330);

La poesia lirica (p. 271)

L’aurora – signore – mi spinse Ci sono domande a cui è difficile o forse impossibile rispondere. Una di queste è

9 Il poeta e gli affetti

Perché «vi amo» – signore?

perché si ama? La risposta forse la conoscono il vento, il lampo, l’aurora.

329

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15

20

Il vento sa – ma voi no – ma noi non sappiamo – ci basti che è giusto così. Il lampo – non chiese mai all’occhio perché si chiudeva quando era lì accanto – sa che non può parlare – e le ragioni non contenute qui – le dicano i raffinati. L’aurora – signore – mi spinse, perché è l’aurora e io vedo. Ecco perché – io vi amo. E. Dickinson, Le stanze di alabastro, trad. di N. Campana, Milano, SE, 2003

La poesia dell’amore e degli affetti

5

Perché «vi amo» – signore? Perché... il vento non pretende dall’erba che dica – perché si sposta quando lui passa vicino.


Percorsi nella poesia

EMILY DICKINSON

Emily Dickinson nacque il 10 dicembre del 1830 a Amherst, nel Massachusetts, da un’agiata famiglia puritana. Il padre, avvocato, fece carriera nel governo e la sua casa era aperta a intellettuali, giornalisti, studenti, uomini e donne di cultura. Insofferente all’autorità, a diciotto anni Emily si rifiutò di adempiere alla consuetudine puritana della pubblica professione di fede e abbandonò la scuola. Continuò però in modo autonomo i suoi studi, frequentando solo pochi amici che condividevano il suo amore per la poesia. Salvo rare visite ai parenti di Boston, di Cambridge e nel Connecticut, trascorse la maggior parte della vita nella casa dove era nata; amava la natura, ma era ossessionata dalla morte e vestiva solo di bian-

co in segno di purezza. Nel 1858 iniziò a raccogliere le sue poesie, trascrivendole in forma definitiva. Col tempo andò progressivamente diradando le sue amicizie. È probabile che si sia innamorata, non ricambiata, di un pastore presbiteriano, di diciannove anni maggiore di lei e sposato con figli; a lui è dedicata comunque la maggior parte delle poesie d’amore. Dal 1862 visse rinchiusa nella sua camera, al piano superiore della casa, anche a causa di disturbi nervosi e di una fastidiosa malattia agli occhi. Limitò i suoi rapporti a messaggi che faceva pervenire a familiari e amici passandoli sotto la porta, e non uscì dalla camera neanche per la morte dei genitori. Emily morì nel 1886, a cinquantasei anni, dopo un lungo periodo di depressione nervosa.

Dopo la sua morte, la sorella scoprì nella camera di Emily 1775 poesie, scritte a mano su fogli di carta da lettera, raccolte in 49 fascicoli cuciti con ago e filo e riposti in una cassettina. Un terzo delle poesie presentava una stesura non definitiva, con varianti e annotazioni al margine; un certo numero era ancora in forma di appunti scritti su fogli di carta qualunque. Le prime edizioni furono affidate dalla sorella a curatori, che spesso fecero “correzioni” che ne alterarono lo stile. Nel 1955 è uscita la prima edizione critica in tre volumi di tutte le poesie, in ordine cronologico e nella forma originale (1775 poesie). Dal 1998 è disponibile una nuova edizione critica, sempre in tre volumi, con una revisione della cronologia e una nuova numerazione delle poesie (1789 poesie più 8 in appendice).

330

Analisi e interpretazione Una poetessa a lungo sconosciuta Oggi Emily Dickinson è considerata uno tra i più grandi poeti lirici dell’età moderna. Ma non è sempre stato così; infatti, quando inviò alcuni suoi versi a Thomas Higginson, il critico dell’«Atlantic Monthly», lo lasciò sconcertato, perché i versi gli apparivano difformi rispetto al gusto corrente, «sfrenati», «spasmodici». Colpevoli in parte anche le versioni “corrette” delle prime pubblicazioni delle sue poesie, la modernità e il valore della sua opera sono stati riconosciuti e accettati solo col tempo. Alcune caratteristiche delle sue liriche, all’epoca ritenute inusuali, sono ora molto apprezzate dalla critica e considerate aspetti particolari e inconfondibili della sua poetica. Prima di tutto le tematiche, che riflettono la vita quotidiana, i piccoli frammenti di sensazioni, ma anche sentimenti più importanti e profondi, come l’amore, più sognato e immaginato che vissuto.

Molto ricorrente è anche il tema della natura, presente in quasi tutte le poesie, anche in quelle d’amore. Una natura che si identifica nel microcosmo del giardino della casa paterna, contemplato dalla finestra, ma trasfigurato da uno sguardo visionario. Una natura viva, metafora di quei rapporti personali che la Dickinson non viveva direttamente. Nella poesia Perché «vi amo» l’autrice sembra comunicare con più facilità, con maggior empatia con il vento, il lampo, l’aurora, che non con la persona amata.

Lo stile La scrittura di Emily Dickinson presenta “anomalie” metriche, ritmiche, sintattiche, lessicali. Ne nasce uno stile inconfondibile, molto personale e moderno, lontano da quello ricercato e spesso convenzionale dei suoi contemporanei. Le rime sono asimmetriche. Il ritmo può essere


salmodiante. Ci sono lineette di tipo telegrafico, che a volte sostituiscono la punteggiatura, «Il vento sa – ma voi no –», e in altri casi si inseriscono per frammentare o dilatare la frase, «Il lampo – non chiese...» Il linguaggio è ricco di immagini, di metafore, di personalizzazioni. La parola è scelta per fornire una visione immediata, non una comprensione lenta e descrittiva. Tutti questi elementi per molto tempo

hanno impedito che si riconoscesse il valore dell’opera della Dickinson, tanto più perché si trattava di una donna, da cui la società americana dell’epoca si aspettava una poesia romantica, sentimentale nei contenuti e convenzionale nello stile. Ma convenzionale Emily Dickinson non lo era proprio e la sua trasgressione si è materializzata non nella sua vita ma nella sua poesia.

Interrogare il testo 1. La domanda con cui inizia la poesia è una domanda rivolta al «signore» amato? O è una domanda che l’autrice rivolge a se stessa? 2. Che cosa fa il vento? Perché non se lo chiede? 3. Che cosa fa il lampo? Perché non fa domande? 4. Chi sono «i raffinati» (v. 17)? a.

Chi ha gusti difficili.

b.

I sentimentali.

c.

Le persone razionali.

d.

Chi non si accontenta mai.

5. Chi rivela la risposta? a.

È il simbolo della vita che continua.

b. Rappresenta il nuovo, come un nuovo amore.

Risveglia e mostra la luce.

d.

È una metafora della gioventù.

Lo stile 7. In quante strofe è diviso il testo? Quanti versi ha ciascuna strofa? 8. Gli elementi naturali sono a.

personificazioni.

b.

metafore.

c.

similitudini.

d.

paragoni.

331

9. l vento, il tuono e l’aurora suggeriscono un’immagine di: a.

calma.

b.

luminosità.

c.

cambiamento.

d.

calore.

Dalla lettura alla scrittura Interpretare 10. Il vento, il lampo e l’aurora possono essere interpretati come metafore dell’amore, che smuove, acceca, illumina. Condividi questa interpretazione? Sviluppa l’argomento, riferendoti, se lo ritieni opportuno, anche a tue personali considerazioni sull’amore.

Commentare 11. Sei d’accordo con i critici ottocenteschi che hanno definito “stravaganti” le poesie della Dickinson? Come giudichi il suo stile: confuso, bizzarro, efficace? Esponi le tue considerazioni suffragandole con esempi tratti dal testo.

La poesia dell’amore e degli affetti

6. Perché la rivela?

c.

9 Il poeta e gli affetti

I temi


Ugo Foscolo Zante 1778 – Turnham Green (Londra) 1827

In morte del fratello Giovanni Metro sonetto Epoca 1803 Collegamenti Biografia dell’autore (p. 333);

Percorsi nella poesia

La poesia lirica (p. 271); Il sonetto (p. 272)

Questo di tanta speme oggi mi resta! Nel dicembre del 1801 Giovanni Dionigi Foscolo, all’epoca poco più che ventenne, si suicidò per debiti di gioco. Suo fratello Ugo, di poco più grande e già noto poeta, compose allora una lirica in cui la morte del giovane diventa occasione per riflettere sul destino dell’uomo, sui legami d’affetto

tra vivi e morti e sulla sua personale sorte, che egli avvertiva come dolorosamente segnata dalla condizione di esule. Il sonetto, famoso anche per la sua esemplare forma espressiva, è tra le espressioni più alte della produzione letteraria italiana e foscoliana in particolare.

Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo di gente in gente, me vedrai seduto su la tua pietra, o fratel mio, gemendo il fior de’ tuoi gentili anni caduto1.

332

5

10

La madre or sol, suo dì tardo traendo parla di me col tuo cenere muto; ma io deluse a voi le palme tendo2; e se da lunge i miei tetti saluto, sento gli avversi Numi e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta, e prego anch’io nel tuo porto quiete3. Questo di tanta speme oggi mi resta! Straniere genti, l’ossa mie rendete allora al petto della madre mesta4. U. Foscolo, Poesie, Milano, Rizzoli, 1976

1. Un dì… caduto: un giorno (dì), se non andrò sempre vagando come esule (sempre fuggendo) di paese in paese (di gente in gente), mi vedrai seduto sulla tua tomba (pietra), o fratello mio, intento a piangere la tua giovinezza (il fior de’ tuoi gentili anni) precocemente finita (caduto). 2. La madre… tendo: la madre, trascinando a stento (traendo) una sofferente

vecchiaia (suo dì tardo), ora può soltanto parlare di me con le tue spoglie mute (cenere muto); ma io tendo inutilmente (deluse) verso di voi le braccia (palme). 3. e se… quiete: e se da lontano (da lunge; Foscolo si trovava a Milano, mentre la sua casa di famiglia era a Venezia) saluto la mia casa e la mia patria (i miei tetti), sento il destino ostile (gli avversi Numi) e le intime angosce (secrete cure) che

sconvolsero la tua vita (al viver tuo furon tempesta) e prego anch’io di trovare riposo nello stesso porto cui sei approdato tu (cioè nella morte). 4. Questo… mesta: di tanta speranza (speme) che avevo, oggi mi resta solo questo! O genti straniere, quando morirò (allora), restituite almeno le mie ossa all’affetto (al petto) di mia madre disperata.


UGO FOSCOLO

La vita

guenti partecipò nuovamente a imprese militari al seguito di Napoleone tra Francia e Italia e tra il 1808 e il 1809 divenne per qualche tempo professore di eloquenza all’Università di Pavia. Dopo la caduta di Napoleone e la restaurazione del potere austriaco scelse la via dell’esilio (1815). Fu prima in Svizzera e poi in Inghilterra, dove, costretto a una vita solitaria e in precarie condizioni economiche e di salute, morì a Turnham Green (Londra) nel 1827, con il solo conforto della figlia Floriana, nata da una relazione con una donna inglese. Soltanto dopo l’Unità d’Italia, nel 1871, le sue spoglie furono traslate nella chiesa di Santa Croce a Firenze.

Le opere

n Fausto e Felice Niccolini, La Via dei Sepolcri a Pompei, XIX secolo (Parigi, Bibliothèque des Arts Décoratifs).

Il pensiero Foscolo, soprattutto nella prima fase della sua vita, ha una visione materialistica e meccanicistica della realtà, che lo porta a considerare l’esistenza dell’uomo con cupo pessimismo. Quasi prigioniero della propria materialità l’uomo, compiuto il proprio ciclo vitale, è destinato con la morte al nulla eterno, che dissolve corpo e spirito. Questa visione negativa dell’esistenza trova espressione nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis, il cui protagonista tronca la propria vita con il suicidio, a causa di una forte delusione politica e insieme amorosa. Tuttavia, anziché soccombere alla disperazione, Foscolo reagisce vigorosamente e trova forza di convinzione personale e di ispirazione poetica in quei valori che danno un vero significato alla vita dell’uomo: la bellezza, l’amore, la libertà, la patria, la virtù, l’arte, la gloria, la poesia. Per il poeta essi sono importanti verità che promuovono il progresso dell’umanità e che possono donare all’uomo la sopravvivenza anche dopo la morte, affidandola alla memoria dei forti affetti e all’alto messaggio artistico, civile e morale lasciato dal defunto.

333

La poesia dell’amore e degli affetti

Tra le maggiori opere di Foscolo ricordiamo: il romanzo epistolare Ultime lettere di Jacopo Ortis (1798), le odi A Luigia Pallavicini caduta da cavallo (1800) e All’amica risanata (1802), il carme Dei se-

polcri (1807), il poemetto incompiuto Le Grazie (1812-13). Nel 1803 raccolse i dodici sonetti, di cui quattro i maggiori, in cui sviluppava temi cari alla sua sensibilità e a quella preromantica, che avrebbe ripreso in seguito in altre opere: la delusione per il presente e per il destino umano (Alla Musa), il rapporto con la terra materna e il sentimento dell’esilio (A Zacinto), il dolore per la morte del fratello, il profondo affetto per la madre e l’avversità del destino (In morte del fratello Giovanni), il desiderio di pace e di intima quiete (Alla sera).

9 Il poeta e gli affetti

Ugo Foscolo nacque nel 1778 a Zante (l’antica Zacinto), la più meridionale delle isole Ionie, in territorio greco, da padre italiano e madre greca. Studiò prima a Zante, poi a Spalato e, dopo la morte del padre, si trasferì con la famiglia a Venezia. Qui frequentò i salotti culturali più alla moda e si mise in evidenza per le sue idee democratiche. Divenuto sospetto al governo conservatore della Repubblica, lasciò la città e si rifugiò sui Colli Euganei, tra Venezia e Padova. All’arrivo dei Francesi in Italia si arruolò e prese parte ad alcune azioni militari, sostenuto dal desiderio di favorire la liberazione della patria e di tutta l’Europa dall’assolutismo. Caduta la Repubblica, tornò a Venezia. Quando però la città fu ceduta all’Austria con il trattato di Campoformio (1797), amareggiato e deluso dalla politica napoleonica, lasciò definitivamente la città. Negli anni se-


Analisi e interpretazione

Percorsi nella poesia

La tempesta del vivere, la quiete della morte

334

Il sonetto si presenta come un lamento del poeta per la prematura scomparsa del fratello e quindi come una riflessione sulla morte, ma in realtà la drammatica sorte capitata a Giovanni offre occasione a Foscolo di parlare di se stesso e della sua anima combattuta e tormentata. La composizione si articola, così, intorno ai temi centrali e ricorrenti di tutta la produzione foscoliana: l’individualismo esasperato, la consapevolezza di non essere in grado di conciliare le proprie aspirazioni con la realtà, la sensazione di essere perseguitato dal destino e di essere condannato a vivere in un perenne esilio, con l’unica speranza di trovare una pace rasserenatrice nella morte.

La patria, l’esilio, gli affetti, la tomba Osserviamo come questi temi vengono tradotti nel linguaggio della poesia: la componente fortemente autobiografica emerge sin dalla prima strofa, concepita come un dialogo a due voci tra il poeta e il fratello morto, in cui Foscolo immagina di poter piangere, un giorno, sulla tomba del fratello, e al contempo sottolinea la sua vicenda di esule, costretto da una sorte avversa a fuggire «di gente in gente» (v. 2). Nella seconda strofa il dialogo si allarga alla madre, che incarna il legame fra i due fratelli mantenendo viva la memoria dell’uno – il giovane defunto – e dell’altro – vivo, ma lontano – parlando alla tomba, luogo di mestizia, ma anche di fondamentale trasmissione di memoria, di affetti, di vincoli familiari e senti-

n David Caspar Friedrich, Ingresso di un cimitero, 1825 (Dresda, Gemäldegalerie New Meister, Staatliche Kunstsammlungen Dresden).

mentali: solo mantenendo vivo questo dialogo con la tomba si crea quella «corrispondenza di amorosi sensi» tra vivi e morti che aiuta a lenire il dolore per il distacco fisico. Nella terza strofa il dialogo torna a due voci, tra il poeta e il fratello, e di nuovo la componente autobiografica emerge con forza nella compenetrazione fra i due destini: anche Foscolo patisce fortemente le avversità della vita, come fu per il fratello, e prega di trovare quiete nel riposo eterno della morte. Infine, l’ultima strofa si apre con la dolorosa constatazione del naufragio delle speranze e delle aspettative: di tanti sogni al poeta non resta che «Questo» (v. 12), cioè l’attesa della morte come liberazione dalle sofferenze e dai tormenti di un’esistenza dolorosa; egli rivolge quindi un’esortazione alle «Straniere genti» (v. 13) presso cui è costretto a vivere affinché restituiscano il suo corpo alla madre, riportandolo al «petto» (v. 14) delle sue radici familiari e della sua patria: solo una sepoltura “lacrimata”, infatti, potrà rinnovare il dialogo di affetti tra vivi e morti, quel pietoso legame che varca i confini della morte assicurando all’uomo l’unica forma di immortalità che gli è data.

Un esempio di perfezione formale n Eso Peluzzi, Cimitero di Montechiaro d’Acqui, 1960 (Comune di Acqui Terme).

La poesia si ispira fortemente a precedenti componimenti di autori classici (cfr. p. 340) ed è caratterizzata da un lessico di registro elevato, an-


ch’esso di derivazione classica. Tale forma espressiva, tuttavia, non è una dimostrazione di virtuosismo o una vuota esibizione di cultura: lo stile linguistico che il poeta ha scelto restituisce in modo drammaticamente espressivo la disperazione e l’angoscia che tormentano la sua anima. Già l’inizio del sonetto richiama la sofferenza dell’esule, accentuata dall’enjambement tra il primo e il secondo verso e dalla ripetizione fonica delle nasali precedute da vocale (on, an, em, en) che evocano il ritmo dinamico del passo cadenzato di chi fugge («non andrò sempre fuggendo / di gente in gente […] gemendo / il fior de’ tuoi gentili anni caduto», vv. 1-4). E sempre nella

stessa strofa notiamo come l’io lirico venga posto in rilievo attraverso l’anticipazione del pronome personale «me» rispetto al verbo «vedrai seduto», a sottolineare il forte individualismo tipico dello spirito romantico. Gli espedienti tecnici e retorici si susseguono in tutta la lirica, come l’iterazione della vocale aperta a («La madre [...] suo dì tardo traendo / parla di me…»), che rallenta il verso evocando la stanchezza della vecchiaia, o l’uso del gerundio («traendo»), che conclude il verso 5 affaticando ulteriormente il ritmo. Figure retoriche particolari si rilevano nelle ultime strofe, quali l’ipallage e la sineddoche.

Testo e contesto 1. Per quale occasione è stata composta la poesia? 2. Perché Foscolo era costretto a rimanere lontano da Venezia? 3. Quali eventi storici sono causa della perdita della speranza di ritorno in patria per il poeta? 4. Riassumi in breve il contenuto di ogni strofa.

I temi

6. Quale funzione svolge, nella lirica, la figura della madre in rapporto al tema degli affetti? 7. Osserva l’antitesi fra «tempesta» (v. 10) e «porto» (v. 11) presente nella prima terzina: che cosa intende il poeta con queste espressioni metaforiche?

Le tecniche 11. Individua lo schema delle rime scrivendolo a fianco dei versi. 12. Le parole e le espressioni del sonetto sono di registro elevato e letterario. Individua quelle che appaiono più letterarie o desuete e indica per ognuna un sinonimo o una parafrasi appartenenti alla lingua d’uso. 13. L’espressione «ma io deluse a voi le palme tendo» (v. 7) costituisce un’ipallage: perché? 14. La parola «pietra» (v. 3) sostituisce “tomba”, mentre la parola «tetti» (v. 8) sostituisce “casa”. Di quali figure retoriche si tratta? 15. Rintraccia nel testo le metafore e spiegane il significato.

8. Quale verso esprime con rara efficacia lirica l’amarezza del poeta per il vanificarsi delle sue speranze e delle sue aspettative?

16. La lirica presenta numerosi enjambement. Individuali nel testo e spiega quali nuclei tematici mettono in risalto.

9. Perché Foscolo riteneva fondamentale il dialogo tra vivi e defunti attraverso la tomba?

17. Quali piani temporali si alternano nel sonetto? Noti cambi di tempo verbale? Perché?

Dalla lettura alla scrittura Interpretare il linguaggio figurato 18. Foscolo vede la morte come un porto tranquillo. Spiega perché l’immagine del porto allude in senso figurato all’idea della pace; se vuoi, fai confronti con altre poesie in cui il termine “porto” è una parola chiave (ad esempio Ulisse di Umberto Saba, p. 475).

335

La poesia dell’amore e degli affetti

5. Il sonetto ha una componente fortemente autobiografica: che cosa dice di sé Foscolo?

10. Quale ultima invocazione egli rivolge alle «Straniere genti» (v. 13)?

9 Il poeta e gli affetti

Interrogare il testo


Maurizio Molinari ARTICOLO DI CRONACA

La sfida che ci spinse sulla Luna emozione e prevede un futuro in cui i viaggi spaziali porteranno l’umanità intera ad abitare mondi lontani, perché «la ricetta per la sopravvivenza di noi umani è là fuori, nell’Universo».

«V

1. Yuri Gagarin: (1934-68) aviatore e astronauta sovietico, fu il primo uomo a volare nello spazio. Il volo avvenne a bordo della navicella Vostok 1 la mattina del 12 aprile 1961 e durò poco meno di 90 minuti. La navicella compì un’orbita ellittica intorno alla Terra e Gagarin comunicò alla base: «La Terra è blu, che meraviglia». Dopo il volo Gagarin divenne un eroe nazionale dell’URSS e continuò a occuparsi di missioni spaziali e aeree fino alla tragica morte in un incidente aereo. 2. Apollo 14: il viaggio spaziale dell’Apollo 14, terza missione statunitense a toccare il suolo lunare, durò dieci giorni, dal 31

gennaio al 9 febbraio 1971. Nel corso della missione furono posizionati strumenti nei pressi della zona di allunaggio e prelevate pietre lunari, grazie alle quali si poté stabilire l’età della luna. 3. UFO: acronimo inglese per Unknown Flying Object (“oggetto volante non identificato”). In senso letterale, un UFO è un oggetto volante di cui non si è identificata la natura: ad esempio, un velivolo che compare all’improvviso sul radar di una torre di controllo. Nell’immaginario collettivo, tuttavia, UFO è divenuto sinonimo di oggetto proveniente da mondi extraterrestri.

4. Sputnik: è il nome del primo satellite artificiale in orbita intorno alla Terra. Il volo durò tre mesi e fu il primo grande successo dell’ingegneria aerospaziale sovietica. In russo, Sputnik significa “compagno di viaggio”. 5. US Navy: marina militare degli USA. 6. Corea: iniziata nel 1950, la guerra fra Corea del Nord, nella sfera d’influenza sovietica, e Corea del Sud, sotto il controllo statunitense, vide l’intervento militare degli Stati Uniti e si concluse dopo tre anni ristabilendo i confini originari. 7. NASA: l’ente responsabile della ricerca e del programma aerospaziale degli USA.

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Temi in primo piano • Dalla Terra alla Luna

edere Yuri Gagarin1 volare nello spazio fu un tutt’uno con la voglia di riuscire a far meglio di lui, ed al più presto»: a ricordare come l’America visse il primo viaggio nello spazio da parte di un austronauta dell’Unione Sovietica è Edgar Mitchell, che atterrò sulla Luna con l’Apollo 142 e vanta il record del periodo più lungo passato sulla superficie lunare: poco meno di 10 ore, frutto di due passeggiate durate circa cinque ore. Texano, classe 1930, convinto sostenitore dell’esistenza degli UFO3 e della necessità per l’umanità di imparare a vivere nello spazio, Mitchell scelse di fare l’astronauta dopo il lancio del satellite Sputnik il 4 ottobre 19574. «All’epoca ero un pilota dell’US Navy5, avevo fatto la guerra in Corea6 e vedevo il mio futuro nell’aviazione» racconta. Ma, quando vidi che i sovietici erano andati nello spazio, compresi che da quel momento cambiava tutto». Convinto che, «dopo il satellite sarebbe presto toccato agli esseri umani», Mitchell si offrì volontario per essere uno dei “piloti dei test spaziali”. «Non erano in molti, «perché la maggioranza dei miei colleghi era miope, incapace di comprendere come lo spazio fosse la nuova frontiera». Fu quella scelta, compiuta in anticipo su molti, che «mi fece entrare nel ristretto gruppo di militari che sin dall’inizio vennero addestrati all’esplorazione spaziale». La NASA7 ancora non esisteva, erano i militari a gestire gli albori della corsa allo spazio e «noi giovani astronauti vivevamo in un clima dove regnava una doppia competizione». Ecco come la descrive: «La concorrenza più sentita, dura e personale, era quella che c’era fra di noi, perché tutti volevano essere i primi ad andare nello spazio. Non ci piaceva essere scartati o sorpassati». Solo dopo, «più lontana e politica, c’era la sfida con i sovietici che erano partiti in anticipo».

16 Percorsi nel mondo d’oggi

Come si fa a diventare astronauta? Che cosa si prova a guardare la Terra dallo spazio e a camminare sulla Luna? Edgar Mitchell ha vissuto queste esperienze da astronauta della missione Apollo 14, le racconta con


Testi non letterari 620

Alan Shepard8 fu come Mitchell uno dei «110 piloti per i test militari finalizzati allo spazio» e, quando il 5 maggio 1961, pilotò la missione del Freedom 79, diventando il secondo uomo a viaggiare nello spazio, l’astronauta texano provò «grande orgoglio perché era anche lui un pilota dell’US Navy», oltre al fatto che i sovietici erano stati raggiunti. «Ma più che eguagliarli ciò che contava era superarli, perché noi americani siamo fatti così», continua l’ottantenne veterano della NASA, svelando inesauribile emozione nel ripercorrere le tappe che lo portarono ad essere selezionato nel 1968 per l’Apollo 14, quando diventò il sesto uomo a camminare sulla Luna. «Una cosa che solo noi americani abbiamo fatto, lasciando i russi un po’ indietro», sottolinea, ma senza eccessivo vanto, «perché nello spazio siamo tutti uguali e le frontiere politiche fra Stati non contano più nulla». [...] Pilota, ingegnere ed anche laureato in medicina, Mitchell continua a guardare con passione a quanto avviene nella corsa allo spazio, «perché ancora oggi è la frontiera più importante, per l’America e il mondo». I tagli varati da Barack Obama10 al bilancio della NASA non lo preoccupano più di tanto, perché «in realtà ciò che il governo tenta di fare è aumentare l’impegno dell’industria privata nello sviluppo del settore spaziale», innescando un processo «che ricorda quanto avvenuto all’inizio del XX secolo con l’aviazione civile», quando «il vero sviluppo arrivò a seguito dell’impegno dei privati lì dove prima erano stati solo i militari a gestirne lo sviluppo». Da qui il sostegno per il turismo spaziale promosso da magnati come Richard Branson, presidente di Virgin Atlantic11, perché «chi ha i soldi per permetterselo fa benissimo a progettare un viaggio fuori dall’atmosfera in quanto non c’è nulla di più affascinante ed elettrizzante che guardare alla Terra da fuori, ci si sente parte integrante dell’Universo». E, «se i prezzi dovessero scendere, sarebbe bene moltiplicare tali viaggi a fini educativi». In realtà Mitchell guarda anche più in là, perché vede nell’impegno dell’industria privata nello spazio «lo sviluppo positivo della nostra presenza stabile nell’Universo», un processo che definisce «necessario alla sopravvivenza dell’umanità». Ecco perché: «Non c’è dubbio che nel lontano futuro arriverà un momento in cui il nostro Sole si spegnerà e la Terra sarà condannata, in quel momento l’umanità potrà sopravvivere solo viaggiando nello spazio verso nuove mete. L’esplorazione iniziata da Gagarin e Shepard ha posto le basi affinché tutto ciò un giorno possa avvenire». Si tratta di un processo «immerso nel futuro prossimo venturo» ammette, prevedendo «difficoltà senza fine e rallentamenti dovuti al tempo che perdiamo a combattere fra noi sulla Terra», ma non ha dubbi sul fatto che «la ricetta della sopravvivenza per noi umani è lì fuori nell’Universo», che resta da esplorare «ben oltre la frontiera della Luna che il presidente John Kennedy12 vide per primo, condividendo i sentimenti di noi piloti dei test spaziali». M. Molinari, in laStampa.it

8. Alan Shepard: (1923-98) aviatore e astronauta statunitense. 9. Freedom 7: nome della prima capsula americana a uscire dall’atmosfera terrestre, il 5 maggio 1961.

10. Barack Obama: presidente degli USA. 11. Virgin Atlantic: compagnia aerea britannica. 12. John Kennedy: John Fitzgerald Kennedy (1917-63), fu presidente degli Stati

Uniti dal 1960 al 1963. Sostenne fortemente le missioni spaziali, approvando finanziamenti per centinaia di milioni di dollari al Programma Apollo. Fu ucciso in un attentato, a Dallas.


Analisi e confronti 1. Chi è Edgar Mitchell? Ricostruisci la sua carriera completando le frasi proposte. a. È laureato in... b. Durante la guerra di Corea era... c. Decise di fare l’astronauta quando... d. Ha partecipato alla missione... nel...

3. Perché i «giovani astronauti» come Mitchell vivevano una «doppia competizione»? 4. Secondo te, dalle parole di Mitchell si può ricavare un messaggio che invita alla pace e alla concordia tra popoli e nazioni della Terra? Motiva la risposta. 5. Quale presidente degli Stati Uniti sostenne fortemente le missioni spaziali, e quando? Quale presidente, invece, ha tagliato i finanziamenti alla NASA? 6. «Se i prezzi dovessero scendere, sarebbe bene moltiplicare tali viaggi a fini educativi», osserva Mitchell, riferendosi ai viaggi spaziali. Condividi questa affermazione? Quale potrebbe essere la finalità educativa di questi viaggi?

8. Quale futuro prevede Mitchell per i viaggi spaziali? 9. Mitchell dichiara di essere convinto dell’esistenza degli UFO. E tu? Pensi che vi siano altre forme di vita intelligente nello spazio? Elabora un testo argomentativo in proposito facendo riferimento: a. alle tue conoscenze scolastiche e personali; b. al testo di Margherita Hack (Possibilità di vita nell’universo, p. 602); c. ai seguenti documenti. Gli UFO: visitatori non invitati? In conseguenza delle pressioni dell’opinione pubblica, negli anni passati, furono condotte diverse indagini sugli UFO soprattutto da parte dell’aeronautica americana, per appurare la natura del fenomeno. [...] La percentuale, tra i presunti avvistamenti dei casi per i quali non è stato possibile addivenire a una spiegazione, allo stato attuale delle nostre conoscenze, è molto

Se fosse possibile assodare la questione mediante una qualche esperienza, io sarei pronto a scommettere tutti i miei averi, che almeno in uno dei pianeti che noi vediamo vi siano degli abitanti. Secondo me, perciò, il fatto che anche in altri mondi vi siano abitanti non è semplicemente oggetto di opinione, bensì di una salda fede (sull’esattezza di tale credenza, io arrischierei infatti molti vantaggi della vita).

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I. Kant, Critica della ragion pura

Come si spiega dunque la mancanza di visitatori extraterrestri? È possibile che là, tra le stelle, vi sia una specie progredita che sa che esistiamo, ma ci lascia cuocere nel nostro brodo primitivo. Però è difficile che abbia tanti riguardi verso una forma di vita inferiore: forse che noi ci preoccupiamo di quanti insetti o lombrichi schiacciamo sotto i piedi? Una spiegazione più plausibile è che vi siano scarsissime probabilità che la vita si sviluppi su altri pianeti o che, sviluppatasi, diventi intelligente. Poiché ci definiamo intelligenti, anche se forse con motivi poco fondati, noi tentiamo di considerare l’intelligenza una conseguenza inevitabile dell’evoluzione, invece è discutibile che sia così. I batteri se la cavano benissimo senza e ci sopravviveranno se la nostra cosiddetta intelligenza ci indurrà ad autodistruggerci in una guerra nucleare. [...] Lo scenario futuro non somiglierà a quello consolante definito da Star Trek, di un universo popolato da molte specie di umanoidi, con una scienza ed una tecnologia avanzate ma fondamentalmente statiche. Credo che invece saremo soli e che incrementeremo molto, e molto in fretta, la complessità biologica ed elettronica. S. Hawking, L’universo in un guscio di noce, Milano, Mondadori, 2006

Temi in primo piano • Dalla Terra alla Luna

7. Secondo Mitchell, i tagli dei finanziamenti pubblici americani ai viaggi spaziali sono un fatto positivo: con quali argomenti sostiene questa tesi? Aggiungi le tue osservazioni personali: secondo te, l’intervento economico a sostegno di progetti di così vasta portata dovrebbe ricadere maggiormente sullo Stato o sui privati? Perché?

P. Battaglia, W. Ferreri, C’è vita nell’Universo? La scienza e la ricerca di altre civiltà, Torino, Lindau, 2008

16 Percorsi nel mondo d’oggi

2. Chi gestiva i primi progetti spaziali americani, alla fine degli anni Cinquanta? Quale ente apposito venne creato, in seguito?

bassa, esattamente intorno al 1,5-2%. Questa piccola percentuale potrebbe essere attribuita in gran parte a suggestioni o visioni, che certamente esistono. [...] Sono numerose le ipotesi che possono spiegare la natura degli UFO. Si potrebbe, per esempio, pensare che all’origine di un certo numero di avvistamenti vi siano, in realtà, fenomeni geofisici ancora poco conosciuti, oppure velivoli sperimentali segreti, senza tuttavia escludere del tutto la natura extraterrestre. La verità è che noi non possiamo spiegare tutto con la razionalità e le conoscenze. [...] A quanto sembra, logica e metodo scientifico non sembrano efficaci nello studio degli UFO per i quali qualsiasi spiegazione è insoddisfacente e/o troppo azzardata.


Sara Gandolfi ARTICOLO DI CRONACA

Testi non letterari

Che fine ha fatto la Luna?

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Il 20 luglio 1969 Neil Armstrong, comandante della missione spaziale americana Apollo 11, muoveva i primi passi sul suolo della Luna. «Un piccolo passo per l’uomo, un gigantesco balzo per l’umanità»: queste le parole che, lontane e un po’ gracchianti, arrivarono alle radio e ai teleschermi di tutto il mondo, collegati in diretta nel primo

grande “show dell’era globalizzata”. Il servizio giornalistico che ti presentiamo, scritto in occasione del quarantesimo anniversario dell’evento, ripercorre quei momenti e traccia un bilancio delle aspettative, dei successi e delle delusioni che hanno accompagnato quattro decenni di avventure nello spazio.

Il primo show dell’era globalizzata Guardatela stasera, o la prima serata senza nubi. Guardatela bene, lassù. No, non sembra davvero la stessa Luna che ci ha tenuti svegli – i fortunati over 45 – per una notte intera. In tutto il mondo. E dove era giorno non si è lavorato. Tutti incollati ad un piccolo schermo in bianco e nero o ad una radio, se la TV ancora non c’era. A vivere per la prima volta la storia in diretta. Il primo show dell’era globalizzata. [...] Per noi italiani quel viaggio era qualcosa a mezza strada tra le intuizioni di Galileo1 e l’umanesimo del Leopardi di Che fai tu, luna, in ciel?2 Oltreoceano era un altro American dream3 che si realizzava. [...] L’ultimissima frontiera di Kennedy «Dobbiamo impegnarci, prima che questa decade abbia fine, a portare un uomo sulla Luna e a farlo tornare sano e salvo sulla Terra», aveva incitato nel 1961 il presidente John F. Kennedy. «Non sarà un uomo solo ad andare sulla Luna, sarà un’intera nazione». Otto anni dopo, Kennedy4 non c’era più, ma la sua America aveva mantenuto la promessa fatta, un atto di fede nei valori della ricerca scientifica. E non c’era solo l’America con Neil Armstrong, tutto il mondo era lì, il 20 luglio 1969, quando l’astronauta disse: «Houston, qui è la base della Tranquillità. L’Aquila ha atterrato». Touchdown perfetto, titolarono i giornali del pianeta (sovietici esclusi). Erano le 22 17’ 40” ora italiana. [...] Il trionfo dei giovani ingegneri Le peggiori aberrazioni5 del ventesimo secolo erano alle spalle e l’ultima frontiera era lì, a portata di LEM6. La sfida con l’apparato militar-industriale del Cremli1. Galileo: Galileo Galilei (1564-1642), cfr. p. 602 nota 5. 2. Giacomo Leopardi: cfr. p. 295. Il verso citato è il primo del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, una lunga lirica in cui un immaginario pastore nomade dell’Asia si rivolge alla Luna,

interrogandola sul senso dell’esistenza umana. 3. American dream: “sogno americano”, espressione entrata nella cultura popolare, che vede gli Stati Uniti come un Paese in cui qualsiasi individuo può emanciparsi dalla propria condizione sociale e rag-

giungere la sicurezza e il benessere grazie all’impegno, al duro lavoro e alla determinazione. 4. Kennedy: cfr. p. 620, nota 12. 5. aberrazioni: nefandezze, atti orribili. 6. LEM: acronimo per “Modulo di escursione lunare”.


n La famosa “impronta” del primo uomo sulla Luna.

7. Cremlino: sede del governo sovietico. 8. Silicon Valley: “valle del silicio”, è il nome comunemente dato all’area metropolitana della Baia di San Francisco, nella California settentrionale, per via del gran numero di aziende di software e di computer, per la realizzazione dei quali occorre il silicio. Nella Silicon Valley han-

no sede, fra le altre, la Microsoft, la Apple, Facebook e Google. 9. Richard Nixon: (1913-94) fu presidente degli USA dal 1969 al 1974. 10. Apollo: Apollo è il nome del programma spaziale NASA, protagonista di numerose missioni spaziali tra il 1961 e il 1975. 11. guerra fredda: competizione ideologi-

ca e militare, mai giunta a uno scontro diretto, tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Iniziata subito dopo la seconda guerra mondiale, si è conclusa di fatto solo nel 1989, con la caduta dell’URSS. Il periodo di scontro più teso fu quello tra gli anni Cinquanta e Sessanta.

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Temi in primo piano • Dalla Terra alla Luna

L’astronauta? ai bambini non piace più Sono quarant’anni, sembra secoli fa. Gli innamorati, oggi, non guardano più lassù per coccolarsi nel loro amore, si scambiano messaggini e foto su Facebook. I finanziatori non sperperano più per una conquista lontana, investono nella ricerca [...] per una medicina a misura d’uomo. I pescatori hanno strumenti tecnologici che ordinano quando buttar le reti, anche se non c’è Luna piena ad attirare i pesci in superficie, come vuole tradizione. Neppure i bambini, ormai, subiscono più il fascino dei corpi celesti: l’astronauta, secondo una recente inchiesta, è agli ultimi posti fra i mestieri più ambiti. [...] Paragonare il volo dell’Apollo 11 alla spedizione di Cristoforo Colombo sulla via delle Indie è stato un errore. Nonostante l’entusiasmo dei media, le rattoppate caravelle del capitano genovese scoprirono un’immensa terra di conquista. La Luna dove sono atterrati gli Apollo10 è tornata buia, inerte e sola, come prima del primo passo di Armstrong. [...] Nessuno è poi andato a sfruttare le risorse segrete del satellite, non ne valeva la pena. Ma la frenetica corsa verso lo spazio non fu soltanto una sterile gara da guerra fredda11. Le sue ricadute hanno dato una spinta importante alla ricerca in moltissimi settori “terrestri”, dalla medicina alla biologia, dalla microelettronica

16 Percorsi nel mondo d’oggi

no7 sembrava vinta per sempre. [...] I tecnici USA erano giovani e freschi, come le loro menti. Era la generazione che poi ha fatto nascere Silicon Valley8 e istruito i vari genietti informatici del ventunesimo secolo a costruire circuiti integrati sempre più piccoli. Il futuro, cioè l’oggi. Una febbre cosmica simile a quella dell’oro colpì gli americani, e non solo. Perfino il presidente Richard Nixon9 quella sera si sbilanciò al telefono con lo Spazio: «Per un momento di valore inestimabile in tutta la storia dell’uomo tutti i popoli della Terra sono stati realmente uno: uno nell’orgoglio di ciò che avete fatto». [...] Però alla NASA partirono presto migliaia di licenziamenti. Gli ingegneri prestati all’impresa si rimisero a costruire aeroplani, elettrodomestici, telefoni, nuovi tessuti e materiali, e via dicendo.


Testi non letterari

alle telecomunicazioni, dalla scienza dei materiali alla produzione di energia con fonti alternative. [...] Ma pure alla realizzazione di telefonini sempre più piccoli, televisori sempre più grandi, aerei low cost che solcano i cieli in lungo e in largo e han fatto del volo un affare di massa. A bassa quota.

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Neppure Marte commuove più Lo Spazio è rimasto terra di conquista per satelliti e sonde, incaricati di osservare e gestire soprattutto la Terra, la sua evoluzione meteorologica, il frenetico scambio di parole, suoni e immagini dei suoi abitanti. Punto. [...] Obama sta studiando il dossier “progetti spaziali”, ma sarà difficile che spenda lassù i soldi necessari per rimettere in sesto l’economia americana. Saranno probabilmente le nuove tigri dell’Asia, Cina e India, a ritornare là dove i Grandi12 hanno deciso di fermarsi. Gli uomini di domani, cinesi o americani che siano, avranno più tecnologia, tute più leggere, comunicazioni impeccabili, sistemi ultrarobotizzati. Anche il taciturno Armstrong e Aldrin13, freddi e impassibili dietro quei casconi, sembravano inumani. Eppure è solo grazie al “fattore umano” se il LEM è riuscito ad allunare. La rotta era stata programmata secondo per secondo dal computer del centro di controllo di Houston ma al momento di compiere il tratto finale della discesa un sacco di allarmi si misero a suonare, Neil si accorse che il cervellone della NASA aveva commesso un errore: il LEM andava troppo veloce, stava per finire fuori bersaglio, in un cratere con rocce e altre asperità. «Come siamo a carburante», chiese ad Aldrin. «8%». In una manciata di secondi disinserì il pilota automatico, prese i comandi, virò e scese su uno spiazzo piano: restavano 30 secondi d’autonomia prima dello schianto. Insomma, guardiamola la Luna stasera, tenendo in mente un’immagine e le parole di John Dos Passos14: «Nessuna letteratura fantascientifica poteva prevedere lo stordimento, il timore reverenziale, il soprassalto che si prova vedendo la fotografia della Terra diletta che sorge dall’orizzonte spento della Luna». S. Gandolfi, in «Corriere Magazine», luglio 2009 12. Grandi: si riferisce a USA e URSS. 13. Aldrin: Buzz Aldrin (1930), componen-

te dell’equipaggio dell’Apollo 11, è il secondo uomo ad aver camminato sulla Luna.

14. John Dos Passos: (1896-1970) scrittore e giornalista statunitense.

Analisi e confronti 1. Perché la diretta televisiva del primo sbarco sulla Luna è stato «il primo show dell’era globalizzata»? 2. Nel testo viene individuato un legame di causa-effetto tra i progetti spaziali americani degli anni Sessanta-Settanta e lo sviluppo della Silicon Valley: spiega questo legame. 3. I ragazzi non sognano più di fare gli astronauti, da grandi. È davvero così? Quali sono, secondo te, i mestieri più ambiti dai giovani della tua età? E perché quello di astronauta ha perso

molto del suo fascino, col passare del tempo? Argomenta le tue risposte. 4. Che cosa si intende con «fattore umano»? Si tratta, secondo te, di un “valore aggiunto” rispetto a qualsiasi progresso in campo scientifico e tecnologico? Motiva la risposta. 5. Scrivi un breve testo informativoargomentativo in cui discuti il seguente problema: “Raggiungere la Luna ha rappresentato una meta importante per l’umanità? Perché?”


Giovanni Caprara ARTICOLO DI CRONACA

L’ultimo volo dello shuttle Hubble, ma ha visto purtroppo anche fallimenti e tragedie. Ora l’avventura è finita. Nel luglio del 2011 Atlantis ha fatto il suo ultimo volo, chiudendo l’era degli shuttle. Se ne aprirà un’altra? È ciò che si chiede l’autore dell’articolo, esaminando problemi e prospettive dei progetti spaziali odierni.

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1. Economist: prestigioso settimanale con articoli di informazione da tutto il mondo. Viene pubblicato a Londra dal 1843.

2. John Kennedy: cfr. p. 620, nota 12. 3. Apollo 16: missione spaziale statunitense del 1972. Fu la decima con equipaggio

umano e la quinta a concludersi con l’allunaggio. 4. Richard Nixon: cfr. p. 623, nota 9.

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Temi in primo piano • Dalla Terra alla Luna

arà l’ultimo volo dello shuttle. Quando venerdì Atlantis decollerà da Cape Canaveral si chiuderà anche un’era iniziata trent’anni fa, il 12 aprile 1981. Qualcuno, come l’Economist1, sostiene addirittura che sarà la fine dell’era spaziale perché l’esplorazione come era stata intesa e praticata nei cinquant’anni passati con uno spirito da fantascienza oggi non c’è più. E per qualche decennio l’uomo rimarrà confinato al di sotto dei 36 mila chilometri dove ruotano i satelliti per le telecomunicazioni. In effetti l’America che finora ha condotto il gioco, ma anche la Russia, storica antagonista, esprimono idee ma non programmi. Il presidente Barack Obama chiudendo i voli della navetta e cancellando il ritorno sulla Luna deciso dal predecessore Bush, parla di missioni sugli asteroidi, in prospettiva su Marte, ma intanto sollecita solo lo sviluppo di tecnologie senza legarle ad alcun piano come aveva fatto John Kennedy2 nel 1961. Erano altri tempi e le condizioni di allora, secondo molti, sono irripetibili. Che cosa manca all’America per riconquistare lo spirito di quei momenti, chiedemmo all’astronauta Charlie Duke, pilota del modulo lunare dell’Apollo 163: «Kennedy e l’Unione Sovietica», ci rispose; cioè un visionario e un antagonista. Questa è la storia di oggi, senza grandi entusiasmi e nessuno in grado di suscitarli. E, forse, incominciarono a spegnersi proprio quando il presidente Richard Nixon4 decise di costruire la flotta degli shuttle nel 1972. La Nasa gli proponeva assieme una stazione spaziale, una colonia sulla Luna, il viaggio su Marte. Scelse solo lo shuttle considerando che la situazione e gli interessi degli americani erano cambiati. Lo shuttle si presentava come un veicolo rivoluzionario, la prima vera astronave in grado di andare e tornare tante volte dallo spazio, almeno cento volte ciascuna, con a bordo sette astronauti e 29 tonnellate nella stiva. Doveva costare 5,5 miliardi di dollari, ma il conto esatto ancora non è stato fatto. Ora si sa che soltanto un volo costa tra 500 e mille milioni di dollari a seconda delle valutazioni. Per l’ingegneria spaziale lo shuttle è stato un successo perché rimane il primo e unico veicolo recuperabile abitato ma anche un falli-

16 Percorsi nel mondo d’oggi

Nel 1972 l’amministrazione statunitense decise di avviare la costruzione di una flotta di shuttle, navette spaziali che avrebbero dovuto fare la spola tra la Terra e la Luna una volta la settimana. Un programma ambizioso, che in trent’anni di attività ha registrato alcuni straordinari successi, come il lancio e la gestione del telescopio spaziale


Testi non letterari

n Il lancio dello shuttle Atlantis.

mento. Lo shuttle, infatti, doveva poter partire una volta la settimana e invece dopo trent’anni i cinque veicoli della Nasa sono arrivati insieme a 135 missioni. Due disastri nel 1986 e nel 2003, con 14 vittime5, dimostrarono la complessità di un mezzo che l’ingegneria ancora non era in grado di controllare pienamente. Di conseguenza, tutti i progetti dei successori, negli USA come in Russia, ma anche in Cina e in India, hanno abbandonato l’idea dello spazioplano, ritornando alle più collaudate capsule meno avveniristiche ma più sicure. Occorre ancora ricerca e ingenti risorse economiche per andare oltre. «Ogni volta che lo shuttle parte sono nervoso» dice Charles Bolden, amministratore della NASA e veterano astronauta con quattro missioni shuttle alle spalle. Infatti, di tutte le decisioni prese nel 2004 dal presidente George W. Bush6 l’unica condivisa dal successore Obama è stata l’interruzione dei voli delle navette. Troppo pericolose e troppo costose. Ma, in trent’anni, senza di esse molte imprese sarebbero state impossibili. Le due più importanti: il lancio, la riparazione e l’ammodernamento del telescopio spaziale Hubble7 che ha rivoluzionato l’astronomia e la costruzione della Stazione spaziale internazionale8 come la vediamo lassù. Ora, con il ritiro degli

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5. due disastri... 14 vittime: il 28 gennaio 1986 lo shuttle Challenger esplose in volo 73 secondi dopo il decollo a causa di un guasto. Non vi fu nessun superstite tra i sette membri dell’equipaggio: tra loro vi era anche Christa McAuliffe, una giovane insegnante che avrebbe dovuto tenere una lezione di scienze, in diretta mondiale dallo spazio. Il 1° febbraio 2003 lo shuttle Columbia, rientrando da una mis-

sione di 16 giorni, si disintegrò nell’atmosfera. I sette membri dell’equipaggio persero la vita. 6. George W. Bush: presidente degli Stati Uniti dal 2001 al 2008. 7. Hubble: il telescopio spaziale è stato lanciato in orbita nel 1990 dallo shuttle Discovery. Si trova a 560 km di altezza, negli strati esterni dell’atmosfera terrestre. Cfr. anche il testo Non spe-

gnete le stelle, p. 606. 8. Stazione... internazionale: stazione orbitante, visibile dalla Terra, la cui costruzione è iniziata nel 1998. Scopo della stazione è testare tecnologie per i voli nello spazio a lunga durata con equipaggio. È “internazionale” perché realizzata attraverso una sintesi di progetti spaziali statunitensi, europei, russi e giapponesi.


G. Caprara, in «Corriere della Sera», 5 luglio 2011

9. New Delhi: capitale dell’India. 10. Pentagono: è l’edificio in cui ha sede il Ministero della difesa statunitense. 11. Pechino: capitale della Repubblica Popolare Cinese.

1. Descrivi il progetto spaziale Shuttle rispondendo alle domande. a. Quando venne approvato, e da chi? b. Quanto doveva costare, secondo le stime iniziali? c. Quanto è costato, effettivamente? d. Quali erano le straordinarie novità tecnologiche dello shuttle? e. Quanti voli sono stati compiuti dagli shuttle? quanto è costato ogni singolo volo? f. Chi ha deciso la sospensione dei voli degli shuttle? g. Che cosa è accaduto nel luglio del 2011?

2. Quali sono i successi, e quali i più grandi fallimenti dello shuttle? 3. Qual è «l’imbarazzante situazione» in cui si trovano adesso gli USA? 4. USA e Russia, un tempo competitori nella corsa allo spazio, stanno per essere superati. Da chi? Rispondi alla domanda descrivendo quali programmi di volo, e con quali investimenti, sono in corso di realizzazione. 5. Quando si parla di viaggi spaziali si toccano cifre da capogiro. Secondo te, sono investimenti lungimiranti, che non producono benefici nell’immediato, ma avranno effetti positivi nel lungo termine? Oppure sono spese ingiustificate che andrebbero sospese? Rispondi in modo argomentato.

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Temi in primo piano • Dalla Terra alla Luna

Analisi e confronti

16 Percorsi nel mondo d’oggi

shuttle, gli USA si trovano nell’imbarazzante situazione di aver costruito una casa cosmica da cento miliardi di dollari e di non avere il mezzo per raggiungerla. Devono chiedere un passaggio agli ex avversari russi pagando 62 milioni di dollari per ogni viaggio di un loro astronauta. Prima del 2015, nella migliore delle ipotesi, nessuna navicella statunitense privata, come ha chiesto Obama, sarà in grado di volare. Intanto dall’altra parte del pianeta Cina e India stanno correndo, diventando le nuove potenze spaziali con lo spirito e l’entusiasmo una volta prerogativa di Washington. New Delhi9 sta costruendo una capsula per spedire i suoi primi astronauti in orbita nel 2015 (il piano di 1,7 miliardi di sterline è stato approvato nel 2009) ma intanto già manda sonde intorno alla Luna. E lo sbarco umano sulla Luna nel 2025 (ma il Pentagono10 ritiene che accadrà prima) è l’obiettivo a cui lavora Pechino11 preparando intanto una missione per recuperare campioni di suolo lunare con un robot nel 2017. Nel frattempo Cina e India stanno occupando il mercato spaziale con i loro vettori e la tecnologia satellitare. Queste capacità sono sostenute da ingenti investimenti nella Difesa e da economie ricche che vedono nello spazio la via migliore per mostrare le loro crescenti possibilità. Così, il rilancio delle grandi sfide cosmiche e di un nuovo spirito anche per l’Occidente resta, dunque, nelle loro mani.


Prova INVALSI 5

Testo argomentativo

Prove INVALSI

L’incontro con l’altro

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Ripensando ai miei ormai numerosi viaggi per il mondo, talvolta mi sembra che il problema più inquietante non siano state tanto le frontiere, i fronti, le difficoltà e i pericoli, quanto la sempre rinascente incertezza circa il genere, la qualità e l’esito del mio incontro con gli altri, ossia con le persone nelle quali mi sarei imbattuto durante il viaggio. Sapevo infatti che da esso sarebbe dipeso molto, talvolta anche tutto. Ogni incontro era un’incognita: come sarebbe andato? Come si sarebbe svolto? Come sarebbe finito? Si tratta ovviamente di domande vecchie quanto il mondo. L’incontro con l’altro, o con gli altri, è sempre stata l’esperienza comune e fondamentale del genere umano. Gli archeologi ci insegnano che i primi raggruppamenti umani erano costituiti da piccole famiglie-tribù di trenta/cinquanta persone. Se la comunità fosse stata più numerosa, avrebbe avuto difficoltà a spostarsi in modo rapido ed efficace. Se fosse stata più piccola, avrebbe avuto difficoltà a difendersi e a lottare per la sopravvivenza. La nostra piccola famiglia-tribù avanza dunque alla ricerca di cibo. Improvvisamente si imbatte in un’altra famiglia-tribù. Che momento importante nella storia del mondo, quale clamorosa scoperta il fatto che al mondo esista anche altra gente! Fino a quel giorno, infatti, i membri di quel piccolo gruppo originario potevano pensare che i trenta/cinquanta individui del loro stesso ceppo rappresentassero tutti gli uomini del mondo. Adesso scoprono che non è così e che al mondo esistono altri esseri simili a loro: altri uomini. Come comportarsi davanti a una rivelazione del genere? Che fare? Quali decisioni prendere? Avventarsi con violenza sui nuovi arrivati? Oltrepassarli con indifferenza e proseguire il cammino? O tentare di conoscersi e di capirsi? La stessa scelta davanti alla quale migliaia di anni fa si è trovato il gruppo dei nostri progenitori torna oggi a riproporsi anche a noi, con la stessa immutata intensità, ugualmente fondamentale e categorica. Come comportarsi con gli altri? Quale atteggiamento assumere nei loro confronti? Può accadere di arrivare al duello, al conflitto, alla guerra. Di eventi del genere conservano testimonianze gli archivi, i campi di battaglia, i resti di rovine sparsi nel mondo intero. Tutte prove della sconfitta dell’uomo, della sua incapacità, o della sua non volontà, di intendersi con gli altri. Un tema al quale, in infinite versioni e varianti, si è ispirata la letteratura di tutti i tempi e paesi.


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1. limes: in latino la “linea di confine” fortificata. 2. agorà: la piazza delle antiche città greche, luogo di incontro per la cittadinanza.

Testo argomentativo

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Tuttavia può anche succedere che invece di aggredire e combattere, la nostra famiglia-tribù decida di tenersi separata, di isolarsi dagli altri. Un atteggiamento che nel corso del tempo ha prodotto fenomeni sostanzialmente apparentati tra loro, quali la Grande Muraglia cinese, le torri e le porte di Babilonia, il limes1 romano o le mura in pietra degli Incas. Per fortuna esistono prove che l’uomo è stato capace di comportarsi anche in modo diverso. Testimonianze di collaborazione, quali i resti di mercati, di punti di ristoro, di agorà2 e santuari; luoghi dove ancora permangono le sedi di antiche università e accademie o dove si sono conservate tracce delle vie commerciali di una volta, quali la via della Seta, dell’Ambra o del Sahara. Tutti luoghi dove la gente si incontrava, scambiava merci e opinioni, commerciava, combinava affari, stringeva patti e alleanze, scopriva finalità e valori comuni. L’altro, l’altro uomo, cessava di essere sinonimo di estraneità e ostilità, di minaccia e di possibile morte. Ognuno scopriva in se stesso almeno una piccola parte dell’altro, vi credeva e ne era consapevole. Ogni volta che l’uomo si è incontrato con l’altro, ha sempre avuto davanti a sé tre possibilità di scelta: fargli guerra, isolarsi dietro un muro o stabilire un dialogo. Nel corso della storia vediamo l’uomo esitare in continuazione tra queste opzioni, scegliendo l’una o l’altra a seconda della situazione e della cultura. È mutevole nelle sue decisioni, non sempre si sente sicuro, non sempre sente la terra salda sotto i piedi. Quella della guerra è un’opzione difficilmente giustificabile: penso che ne escano tutti perdenti, poiché è una sconfitta dell’essere umano che rivela la sua incapacità di intendersi, di immedesimarsi nell’altro, di mostrarsi buono e intelligente. In questo caso l’incontro con l’altro si conclude sempre tragicamente nel sangue e nella morte. Nel mondo moderno l’idea che induce l’uomo a erigere grandi muraglie e a scavare profondi fossati per mantenersi isolato dagli altri è stata definita come la dottrina dell’apartheid. [...] Un concetto erroneamente limitato alla sola politica del regime, oggi scomparso, dei bianchi del Sudafrica. In realtà l’apartheid veniva già praticato in tempi remoti. Semplificando, si tratta di un’ideologia secondo la quale chiunque non appartenga alla mia stessa razza, religione e cultura è libero di vivere come vuole, purché alla larga da me. La cosa, tuttavia, è meno semplice di quanto sembri. In realtà abbiamo a che fare con una dottrina proclamante la fondamentale e insanabile disuguaglianza che divide il genere umano. [...] Comunque sia, il mondo in cui stiamo entrando è il Pianeta della Grande Occasione. Un’occasione non incondizionata, ma alla portata solo di coloro che

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prendono il proprio compito sul serio, dimostrando automaticamente di prendere sul serio se stessi. Un mondo che se, da un lato, offre molto, dall’altro chiede anche molto e dove cercare facili scorciatoie significa spesso non arrivare da nessuna parte. R. Kapuściński, L’altro, trad. di V. Verdiani, Milano, Feltrinelli, 2007

Prove INVALSI

1. Qual è stato per l’autore «il problema più inquietante» (riga 2) durante i suoi viaggi? A. Il dover incontrare tante persone sconosciute. B. La difficoltà nel trovare le persone giuste. C. Le lingue, le abitudini, i costumi diversi. D. L’incertezza sull’esito degli incontri.

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2. «Frontiere» e «fronti» (riga 2) derivano dallo stesso vocabolo, fronte, ma hanno significato diverso. Spiegalo. La frontiera Il fronte

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3. Definendo il piccolo gruppo di uomini primitivi come «famiglia-tribù» (riga 16), quale particolare caratteristica vuole evidenziare l’autore? A. L’ostilità verso gli altri. B. I legami molto stretti tra i membri. C. La primitività del gruppo. D. Il fatto che non sono né una vera famiglia né una vera tribù. 4. Quali tra le seguenti opzioni aveva di fronte a sé una famiglia-tribù quando ne incontrava un’altra? A. Proseguire il cammino. E. Nascondersi. B. Pagare un tributo. F. Fuggire. C. Cercare di ignorarla. G. Tentare di comunicare. D. Attaccarla con violenza. H. Evitare ogni contatto. 5. La descrizione dei comportamenti della famiglia-tribù primitiva serve all’autore per: A. esemplificare una situazione simile a quella attuale. B. mostrare come si sia modificata la situazione. C. far capire che non ci sono comportamenti sempre positivi o sempre negativi. D. descrivere comportamenti sbagliati. 6. Quali esempi storici testimoniano la decisione di alcuni gruppi o popoli di isolarsi dagli altri? ............................................................................................................................................

7. Quali sono stati i luoghi d’incontro e collaborazione tra gruppi umani? A. Mercati e punti di ristoro. E. Depositi di armi. B. Tribunali. F. Università e accademie. C. Agorà. G. Assemblee politiche. D. Santuari. H. Vie commerciali. 8. Che possibilità ha di fronte a sé un uomo quando ne incontra un altro? Individua nel testo la risposta e trascrivila. ............................................................................................................................................


9. Quali di questi concetti sono collegati all’apartheid? A. Nessuno va considerato un nemico. B. Meglio non fidarsi degli estranei. C. Ognuno può vivere come vuole, purché lontano da noi. D. Chi vuole vivere con noi deve accettare la nostra cultura. E. Nel genere umano ci sono disuguaglianze insanabili. F. È giusto dialogare con chi ha una cultura diversa dalla propria. G. Cercare di andare d’accordo con tutti è una perdita di tempo. H. Non tutti gli esseri umani sono uguali.

11. Riassumi il testo inserendo nelle caselle dello schema le sintesi adeguate, scegliendole (anche più di una) tra quelle proposte. Tema o argomento del testo: L’incontro con l’altro – Le disuguaglianze culturali – La vita delle famiglietribù – La lotta per la sopravvivenza.

Testo argomentativo

10. Quale significato dà l’autore all’espressione «Pianeta della Grande Occasione» (righe 72-73)? A. Un mondo che è adatto solo per un gruppo limitato. B. Un mondo che può offrire molto, ma richiede impegno. C. Un mondo in cui prevalgono i più forti. D. Un mondo in cui bisogna lottare per la sopravvivenza.

Tesi o opinione dell’autore: L’accordo tra gruppi diversi è impossibile – La collaborazione è molto difficile – Gli uomini non sono tutti uguali – Imparare a convivere è un’occasione per tutti. Antitesi: L’accordo tra gruppi diversi è impossibile – La collaborazione è molto difficile – Gli uomini non sono tutti uguali – Imparare a convivere è un’occasione per tutti. Argomenti o esempi a favore della tesi: Ci sono testimonianze di contatti tra gruppi umani – Le società diverse si sono ignorate o combattute – Tra le nazioni sono state costruite barriere – Gli scambi commerciali hanno favorito i contatti – L’apartheid. Argomenti o esempi a favore dell’antitesi: Ci sono testimonianze di contatti tra gruppi umani – Le società diverse si sono ignorate o combattute – Tra le nazioni sono state costruite barriere – Gli scambi commerciali hanno favorito i contatti – L’apartheid. Conclusione: Meglio vivere separati – La collaborazione è una grande occasione per tutti – Bisogna diventare tutti uguali – Chi vuole vivere con gli altri deve adeguarsi al loro modello di vita. Tema Tesi Antitesi Argomenti a favore della tesi Argomenti a favore dell’antitesi Conclusione 12. Di che genere è il testo? A. Biografico. B. Descrittivo. C. Argomentativo. D. Storico.

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Prova INVALSI 6

Testo argomentativo

Prove INVALSI

Gli stress

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L’effetto “lunga estate calda” Studi sulle cause ambientali del comportamento aggressivo hanno messo in evidenza come stati irritativi diversi dovuti a malesseri fisici, caldo, umidità, inquinamento, rumori intensi e continui, traffico, sovraffollamento ecc. abbassino la soglia della tolleranza e favoriscano le reazioni violente. Persone che in altre situazioni sono amichevoli e spiritose possono ad esempio diventare aggressive al volante della loro automobile quando si trovano imbottigliate nel traffico. L’organismo reagisce agli stress resistendo, ma questa resistenza dura un certo tempo per poi esaurirsi. Si stabilisce allora una relazione tra stress e aggressività che si instaura in due modi: da un lato, c’è un’aggressività generata da situazioni stressanti; dall’altro, l’aggressività può divenire una modalità di adattamento e produrre a sua volta stress. Si viene quindi a creare un circolo vizioso. Da statistiche internazionali emerge che l’estate è la stagione in cui si commettono più crimini violenti e che lo stress dovuto all’aumento della temperatura è un fattore facilitante.

Agli stress fisici vanno aggiunti quelli a carattere psicologico (insuccessi, maltrattamenti, emarginazione, tensioni in famiglia o sul lavoro ecc.) che in alcuni soggetti e in determinate circostanze possono svolgere un’azione facilitante. Per tornare all’esempio dell’automobilista, se il guidatore entra in competizione con altri automobilisti può vivere un sorpasso come un affronto e caricarsi di una tensione che lo porta ad assumere una guida rischiosa. Particolarmente disse-


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La personalità dell’aggressore Alcuni tratti della personalità creano un terreno favorevole all’emergere della violenza: impulsività, instabilità emotiva, eccitabilità, intolleranza alla frustrazione, bisogno di gratificazioni immediate. Personalità insicure con scarsa stima di sé e avide di affermarsi e di imporre il proprio volere possono ricorrere alla violenza. Questi tratti lasciano prevedere un rischio, ma da soli non sono sufficienti a produrre violenza. Altri fattori aumentano questa disposizione individuale: precedenti violenti; il peso della storia personale; il consumo eccessivo di alcol e droghe e il loro effetto disinibente; alcuni disturbi della personalità di tipo nevrotico, psicotico o borderline (le personalità borderline sono quelle “ai limiti”, caratterizzate da difficoltà nelle relazioni sociali); alcune patologie mentali come la schizofrenia e la paranoia. Il fatto che si sia abbassata l’età degli aggressori ci dice quanto sono importanti lo stile educativo e l’influenza dei genitori nel corso dell’età evolutiva. Certi tratti del carattere dei genitori, insufficienti cure parentali, minacce frequenti e punizioni corporali creano un clima favorevole allo sviluppo di una personalità violenta. Ma anche una eccessiva cedevolezza può aprire la strada a un’escalation della violenza nei figli. A. Oliverio Ferraris, Piccoli bulli crescono, Milano, Rizzoli, 2007

1. vietcong: i partigiani del Vietnam del Sud, impegnati nella guerra (1957-75) contro il governo sostenuto dalle truppe statunitensi.

Testo argomentativo

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stanti sono quegli stress che producono la cosiddetta sindrome-post-traumatica (PTSD). Se il trauma è stato intenso, il soggetto può a distanza di anni rivivere quell’esperienza mai assimilata in uno stato di ottundimento emotivo e, in qualche caso, reagire con violenza. Lo psichiatra Bessel Van der Kolk (1989) ha descritto la rimessa in scena del trauma di un suo paziente che aveva combattuto in Vietnam. Una notte accendendosi una sigaretta l’uomo aveva involontariamente provocato la morte di un amico, colpito da un proiettile di un vietcong1 che l’aveva individuato nell’oscurità. A distanza di diciassette anni, nell’anniversario dell’incidente, all’ora esatta della morte dell’amico, l’uomo aveva poi commesso una rapina fingendo di avere una pistola e facendo in modo che la polizia gli sparasse addosso. Solo a distanza di tempo l’uomo collegò le due esperienze e si rese conto di aver cercato una punizione per aver causato la morte dell’amico. Coloro che reagiscono a stress intensi fingendo che nulla sia accaduto dissociano se stessi dalla realtà del loro dolore, ma a un prezzo: il Sé può scindersi e il processo di dissociazione diventare parte della loro personalità, riattivandosi quando c’è da affrontare un nuovo stress o anche solo in situazioni che ricordano lo stress originario.

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Prove INVALSI

1. Qual è il tema, l’argomento principale, del testo? A. Come le persone reagiscono agli stress. B. Le situazioni di stress che influenzano la violenza. C. L’impossibilità di prevenire la violenza. D. La violenza come problema innato.

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2. Quali tra i seguenti esempi propone l’autrice come possibili cause di stati irritativi? A. Malesseri fisici. F. Musica. B. Caldo. G. Rumori intensi. C. Sonnolenza. H. Attività fisica. D. Umidità. I. Sovraffollamento. E. Panico. L. Freddo. 3. Da quale constatazione iniziale parte l’autrice? ............................................................................................................................................

4. Quale esempio utilizza per suffragarla? ............................................................................................................................................

5. Che rapporto c’è tra aggressività e stress? Individua le proposizioni corrette tra le seguenti. A. Le situazioni stressanti possono generare l’aggressività. B. L’aggressività può produrre stress. C. Lo stress non ha alcun effetto sull’aggressività. D. Gli aggressivi non sopportano gli stress. E. Per adattarsi a situazioni sgradevoli si può diventare aggressivi. F. L’adattamento a situazioni di stress diminuisce l’aggressività. 6. Qual è la stagione in cui si commettono più crimini violenti? A. Primavera. B. Estate. C. Autunno. D. Inverno. 7. Riporta nella tabella le percentuali di possibilità di disordini corrispondenti alle temperature elencate. Gradi °C

Possibilità di disordini (in percentuale)

15 15 20 30 35 40 8. A partire da quanti gradi lo stress dovuto all’aumento di temperatura diventa un fattore facilitante in modo consistente? ............................................................................................................................................


9. Quali stress di carattere psicologico sono citati nel testo? Individuali e trascrivili. ............................................................................................................................................ ............................................................................................................................................

10. Indica le caratteristiche di una sindrome-post-traumatica (PTSD) tra quelle elencate. A. Reagire violentemente a un insulto. B. Avere una reazione a distanza di tempo. C. Ripetere ossessivamente lo stesso comportamento. D. Rimuovere un dolore o una situazione di stress. E. Non riuscire a dimenticare ciò che è accaduto. F. Ripetere il comportamento quando ci si ritrova in una situazione analoga.

12. Indica se i seguenti fattori possono o non possono aumentare la disposizione individuale alla violenza. Sì

No

Testo argomentativo

11. Quali aspetti della personalità creano un terreno favorevole all’emergere della violenza? Scegli l’alternativa tra quelle proposte in corsivo. a. Tendenza a essere riflessivi / impulsivi. d. Avere tolleranza / intolleranza alla frustrazione. b. Avere un carattere instabile / flemmatico. e. Sentirsi appagati / bisognosi di gratificazione. c. Essere eccitabili / controllati. f. Essere emotivi / imperturbabili.

a. Aver subito delle violenze. b. Consumo di alcol e droghe. c. Scarsa personalità. d. Insuccessi scolastici. e. Un’educazione severa. f. Nevrosi o psicosi. g. Relazioni sociali difficili. h. Carattere debole. 13. L’età degli aggressori si sta alzando o abbassando? ............................................................................................................................................

14. Quali comportamenti dei genitori possono favorire lo sviluppo di una personalità violenta nei figli? A. Eccesso di cure. E. Caratteri diversi. B. Minacce frequenti. F. Punizioni corporali. C. Troppa permissività. G. Insufficiente affetto. D. Controllo delle attività. 15. A quali conclusioni è giunta l’autrice? La tendenza alla violenza è (puoi dare più di una risposta): A. innata. B. provocata dalle situazioni. C. influenzata da fattori caratteriali. D. influenzata dal rapporto con i genitori. E. determinata dall’ambiente. F. inclassificabile.

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