Logyn - password not required - n.07

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n°07

Settembre 2014 Gruppo Eurosystem Sistemarca

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA L’IMPRESA IN RETE CON LA COMUNITÀ

incontri con

scenari

stile libero

MARIA CRISTINA PIOVESANA UNINDUSTRIA TREVISO CAMBIA VOLTO ALEX ZANARDI UNA VITA IN CORSA PER LA SOLIDARIETÀ VERONESI LA SCIENZA PER IL PROGRESSO SOCIALE

STEFANO MORIGGI COMINCIAMO A PENSARE CON LE MACCHINE! CULTURA&TECNOLOGIA AGLI UFFIZI PERCORSO TATTILE PER NON VEDENTI FISCO&LAVORO L’APPROCCIO ETICO AL LAVORO

IL VIAGGIO GÖTEBORG: CITTÀ EUROPEA PIÙ ACCESSIBILE PERCORSI L’INCLUSIONE SOCIALE PER SPORT SENZA FRONTIERE SPORT INTERVISTA ALLA CAMPIONESSA DI PUGILATO FLAVIA SEVERIN



editoriale

GIAN NELLO PICCOLI Gruppo Eurosystem Sistemarca

Nella seconda metà degli anni ’90 le Nazioni Unite hanno invitato le grandi aziende a definire accordi commerciali che contemplassero e tutelassero i diritti umani di base, quelli connessi al rispetto dei lavoratori ma anche dell’ambiente circostante. Da allora sono stati fatti grandi passi avanti, soprattutto nella “cultura d’impresa”, ossia quel sistema di valori etici e morali condiviso dalla Comunità in cui l’azienda opera.

l’impresa non è più “altro dal contesto”, ma è stimolo di progresso e d’inclusione sociale nel rispetto dell’ambiente di riferimento.

Ed oggigiorno, in un mondo interconnesso e globalizzato, l’adozione di atteggiamenti socialmente responsabili è ritenuta obbligatoria se non vogliamo compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni. Per questo dobbiamo portare avanti l’opinione secondo cui l’impresa ha una dimensione etica, oltre che una economica e giuridica.

La CSR deve nascere da una cultura orientata alla trasparenza e alla consapevolezza che l’adozione di pratiche socialmente responsabili produca effetti positivi, sia sul versante della qualità dei rapporti con le parti interessate sia su quello delle relazioni con i collaboratori interni ed esterni.

Logyn n.07 vuole parlare di CSR (Corporate Social Responsability) perché la Responsabilità Sociale d’Impresa (in sigla RSI) è la nuova sfida di tutte le società, piccole e grandi, e perché non si può improvvisare.

Gian Nello Piccoli

Per la nuova classe imprenditoriale si tratta di un cambiamento culturale strategico: si cerca il profitto e la competitività ma con un investimento i cui benefici pervadono tutta la Comunità di appartenenza. Perché 5


incontri con MARIA CRISTINA PIOVESANA UNINDUSTRIA TREVISO CAMBIA VOLTO

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scenari

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STEFANO MORIGGI PENSARE CON LE MACCHINE! ARTICOLO “A QUATTRO MANI” PER UN FUTURO DIVERSAMENTE ABILE

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CULTURA&TECNOLOGIA “UFFIZI DA TOCCARE”: PER UNA CULTURA ACCESSIBILE A TUTTI


stile libero

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IL VIAGGIO GÖTEBORG: LA CITTÀ EUROPEA PIÙ ACCESSIBILE NEL 2014

SPORT SENZA FRONTIERE ONLUS PERCORSI UNA CORSA PER L’INCLUSIONE SOCIALE

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48 tories 48 Eurosystem e la Responsabilità Sociale d’Impresa

51 Gestionale a misura di agenzia turistica 64 Servizi CGN sceglie il Disaster Recovery

SOMMARIO 3

editoriale

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incontri con MARIA CRISTINA PIOVESANA

Unindustria Treviso cambia volto ALEX ZANARDI

Una vita in corsa per la solidarietà

EMERGENCY

Intervento umanitario in Italia

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GRUPPO FERALPI

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CANNAMELA

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Impresa oltre il business con un bilancio responsabile

scenari STEFANO MORIGGI PENSARE CON LE MACCHINE!

42 Innovarea: il nuovo rinascimento e l’impresa significante

44 “Uffizi da toccare”: per una 55

@EUROSYSTEM.IT

La re-inclusione sociale arriva attraverso il lavoro

aziendale

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stile libero CONOSCIAMOCI

Lavorare con IT e ICT

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MEDICINA E LAVORO

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IL VIAGGIO

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CUCINA

Sicurezza e tutela della salute, un obbligo anche per i lavoratori-volontari

Come configurare la richiesta del La città più accessibile nel 2014 cliente all’interno dell’ERP 88 PERCORSI 60 In viaggio con Eurosystem Sport senza frontiere: una corsa per l’inclusione sociale 67 @EUROSYSTEM.IT Il dato è tratto: spunti sulla Data 92 SPORT F. Severin: una forza della natura al Loss Prevention servizio dello sport L’approccio etico al lavoro

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Seminiamo per lo sviluppo agricolo 70 RSI: opportunità per le aziende sostenibile VALIGERIA RONCATO

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56 pazio a y 56 Erp cloud: la nuvola di gestione

cultura accessibile a tutti

FONDAZIONE VERONESI

La scienza a disposizione del progresso sociale

focus La Responsabilità Sociale d’Impresa

di Gian Nello Piccoli

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per la sicurezza di dati e servizi

72 La reputazione aziendale negli affari 99 internazionali 74 Il processo civile telematico

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L’acqua di mare & l’erba voglio UFFICIOVERDE

L’azienda è verde! FUMETTI

La matita di Sue


SETTEMBRE 2014

UNINDUSTRIA TREVISO CAMBIA VOLTO Maria Cristina Piovesana: una donna al comando degli industriali trevigiani

Maria Cristina Piovesana è la nuova presidente di Unindustria Treviso, eletta all’assemblea del 21 giugno scorso, e succede ad Alessandro Vardanega, che ha concluso il mandato. La sosterranno in questo quadriennio i vicepresidenti Antonella Candiotto (delega alle Relazioni industriali), Sabrina Carraro (PMI e Capitale umano), Luciano Marton (Tesoreria, Etica d’impresa, Sostenibilità e Fisco), Claudio Feltrin (Cultura d’impresa e Riposizionamento competitivo), Valter De Bortoli (Marketing territoriale e internazionalizzazione) e Giuseppe Bincoletto (Coordinamento merceologie).

Presidente, le è stato assegnato un ruolo importante, in un periodo storico importante: cosa eredita dal predecessore e quali gli obiettivi futuri? Come ho detto anche in assemblea, il programma di presidenza verrà delineato secondo indirizzi di continuità e rinnovamento. Mi riferisco alla necessità di continuare ad accompagnare l’evoluzione delle nostre imprese dal “saper fare” al “saper innovare”, dal “saper vendere” al “saper finanziare”, al “saper comunicare”. Penso anche alla necessità di sviluppare ulteriormente la collaborazione tra i sistemi di rappresentanza del nostro territorio e i processi di integrazione con le altre associazioni venete di Confindustria. Altra iniziativa, da tempo al centro dell’azione di Unindustria Treviso, è il sostegno al processo culturale, infrastrutturale e istituzionale per la

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costruzione di un’area metropolitana, nonché l’impegno per rinnovare e modernizzare il sistema locale e il Paese. Come pensa di distinguersi, in particolare, dal mandato precedente? La presidenza di Alessandro Vardanega è stata importantissima in un periodo complicato. Come presidente mi sono data l’obiettivo di garantire continuità, per proseguire un impegno di lungo periodo per il riposizionamento competitivo delle imprese dopo la crisi, ma anche di dare risposta a bisogni che si stanno affacciando ora, come ad esempio la richiesta di incrementare il presidio e l’attenzione culturale sul tema dell’etica d’impresa. Altrettanto importanti saranno l’innovazione e il valore del capitale umano come pure l’impegno per il riposizionamento


Incontri con

competitivo delle aziende con una nuova cultura d’impresa che sia aperta al mondo come al proprio territorio. Solo così si può anche uscire dalla crisi, capendo che i problemi dell’impresa sono quelli del territorio e vanno affrontati contemporaneamente. Come si presenta la situazione imprenditoriale trevigiana? È in sofferenza? Al di là dei dati e delle statistiche, ci sono sensazioni forti: negli imprenditori trevigiani c’è una grande voglia di reagire al periodo e agli eventi per poter ritornare ad essere protagonisti sui mercati. Negli ultimi anni abbiamo avuto perdite di aziende; ora bisogna sostenere le aziende che ce la stanno facendo, che stanno dimostrando solidità, non solo patrimoniale, ma anche culturale e conoscenza del proprio mercato di appartenenza e

del proprio consumatore. Dobbiamo, ad esempio, essere loro vicine nel rapporto con il sistema finanziario, all’insegna della reciproca trasparenza. Vedo gli imprenditori trevigiani motivati e sempre ricchi dei talenti, propri del Dna di questo territorio, che hanno permesso la realizzazione di prodotti straordinari conosciuti nel mondo. Bisogna avere piena coscienza di questi talenti e, anche tra le difficoltà, spingere per valorizzarli nel Paese come anche all’estero. Siamo di fronte a grandi sfide che presumono grandi motivazioni e volontà di fare. I rapporti con le altre istituzioni territoriali... Ho un forte rispetto per lo Stato, per le sue istituzioni ed anche per la burocrazia che serve, se giusta e snella, purché a servizio del cittadino e non fine a se stessa. Abbiamo un rapporto

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di dialogo aperto, rispettoso e trasparente. Fondamentale è rivendicare attenzione per il territorio e i suoi valori, e quando vedremo che questo rispetto non c’è saremo pronti a fare opposizione con fermezza e se occorre a voce alta. Unindustria Treviso comprende 2.400 associati: quindi abbiamo una grandissima responsabilità, ma possiamo contare su un’ottima struttura che può intercettare il bisogno e le istanze di tutti. Quello che auspico è che nel corso del mandato di presidente si apra una stagione nuova, una sorta di rinascimento dell’impresa e del territorio in cui viviamo, sempre più interdipendenti e reciprocamente responsabili nell’interesse generale e nel guardare con fiducia al futuro. Cosa significa, secondo Lei, oggigiorno la Responsabilità Sociale d’Impresa nei confronti del proprio territorio e della Comunità di appartenenza? L’impresa è, quanto mai oggi, legata al proprio territorio e alla sua storia pur diventando sempre più aperta a una dimensione internazionale. Dobbiamo continuare a portare avanti i valori che sono una sorta di carta d’identità del nostro modo di fare impresa. L’aprirsi al mondo è un’opportunità che va colta, con lo sforzo di conoscere una cultura diversa dalla nostra e di rispettarne l’identità valoriale, senza presunzione e semmai favorendo la contaminazione positiva delle due tradizioni. Quali sarebbero le politiche necessarie per superare il difficile periodo storico? Più che singoli provvedimenti, è fondamentale che sia data centralità all’impresa, e non lo dico per interesse ‘corporativo’ ma perché sono convinta che senza impresa non c’è lavoro e

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quindi non c’è famiglia, non ci sono opportunità e partecipazione civile. Per questo Unindustria Treviso ha intitolato l’assemblea di quest’anno “Imprese e Democrazia”. E poi ci sono riforme a costo zero, come la semplificazione burocratica che darebbe, se ben fatta, uno sprone importante all’economia e in generale a tutta la società in questo Paese. Uno dei problemi è l’accesso al credito: pensa che sia fattibile una maggiore collaborazione con la banca del territorio? Ho scelto di avere personalmente la delega al Credito e alla Finanza proprio perché ritengo che la rappresentanza delle imprese nella relazione con gli istituti di credito debba avere il massimo rilievo. Chiederemo alle banche di impegnarsi maggiormente per l’economia reale, utilizzando le risorse messe a disposizione dalla Bce, in un rapporto all’insegna dell’apertura e della trasparenza reciproca. Da parte nostra siamo impegnati da anni nel promuovere nuovi strumenti che agevolino la relazione banca-impresa anche attraverso strumenti di cultura finanziaria avanzata nelle aziende.


incontri con L’impresa familiare ha ancora una sua forza nel sistema produttivo italiano? L’impresa familiare è il grande motore dell’economia italiana ed è sbagliato considerarla come espressione di arretratezza. È importate anche saper distinguere tra le ragioni dell’impresa e quelle della famiglia e guardare, se opportuno, anche a forme avanzate di gestione societaria. Cosa vede nel futuro delle PMI? Vale in parte lo stesso discorso. Il nostro è un capitalismo “popolare” di piccole e medie imprese, è la nostra forza e va compresa e valorizzata. Ma la piccola impresa deve essere aperta alla società, al mondo e anche alle altre imprese per attivare quelle forme di collaborazione (le reti d’impresa) che le consentano di essere competitiva anche in nuovi mercati internazionali e in progetti più grandi e complessi. È una

sensibilità che sta crescendo, rispetto all’individualismo del passato, e questa, se vogliamo, è una delle poche cose positive che ci lascia questo periodo di crisi. Cosa significa essere donna imprenditrice e madre di famiglia? All’annuncio del mio nuovo ruolo la mia famiglia non ha fatto grandi complimenti, ma attraverso lo sguardo ho visto la loro gioia e l’orgoglio. Non sarà facile ma, come ho fatto fino a oggi, continuerò a portare avanti gli impegni presi con serietà e grande disponibilità. E ora con il nuovo impegno... Essere eletta presidente di Unindustria Treviso è un onore e una responsabilità. Il mio impegno sarà massimo ma credo molto nel contributo di tutti, a partire dai vicepresidenti, dai componenti la Giunta Esecutiva e il Consiglio Direttivo e da tutti gli imprenditori associati. È da questo scambio di idee che sono nate le linee guida e gli obiettivi che ci siamo dati per il mandato e comunque il confronto e il dialogo continueranno in modo permanente nello spirito della nostra Associazione.

Maria Cristina Piovesana Presidente Unindustria Treviso

È nata a Gaiarine ed è presidente del Consiglio di Amministrazione – Consigliere Delegato di A.L.F. Uno S.p.A., azienda del settore del mobile con un fatturato di Gruppo che nell’anno 2013 ha superato i 60 milioni di euro (per il 71,5% realizzato nei mercati esteri). Le aziende del Gruppo, attualmente, impiegano complessivamente 315 collaboratori. Il Gruppo Alf si articola in tre sedi, a Cordignano, Francenigo di Gaiarine e Vallonto di Fontanelle, ed è presente nei mercati con i marchi Alfdafrè, con prodotti dal design moderno per la zona notte e la zona giorno, Alfitalia, con prodotti di gusto internazionale, e Valdesign nelle cucine. Maria Cristina Pioveasana è sposata con Flavio Da Frè e ha due figli, Eleonora e Giovanni. È stata eletta la prima volta nel Consiglio Direttivo di Unindustria Treviso nel 2000. Dal 2004 al 2008 è nella Giunta dell’Associazione con la delega alle Politiche fiscali. Dal 2008 è vicepresidente di Unindustria (fino al 2012 con delega alla Finanza e dal 2012 al 2014 con delega alla Tesoreria, Piccole Imprese, Merceologie e Semplificazioni burocratiche).

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SETTEMBRE 2014

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA L’impresa in rete con la Comunità

“Il mercato è un vero mercato quando non produce solo ricchezza ma soddisfa anche attese e valori etici”, sostiene l’economista Amartya Sen.

Può oggi un’impresa curarsi unicamente del proprio profitto? O è forse anche tenuta a conoscere, valutare e soddisfare le esigenze, non solo economiche ma sociali, ambientali e culturali della società esterna, sempre più attenta e critica nei confronti del suo operato? “Impresa” ed “etica” sono due termini inconciliabili nella realtà contemporanea? Si tratta di un dibattito multidisciplinare aperto e in continua evoluzione a livello mondiale: la Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI o in inglese CSR come Corporate Social Responsibility) e i suoi strumenti comunicativi. 12


Un dovere e un diritto, quindi, rendere conto al proprio cliente - come anche al territorio - delle politiche, delle strategie, dell’etica: insomma dell’attività in generale di un’azienda. L’impresa, aderendo a principi che si ispirano alla CSR, dichiara di operare una scelta nei confronti della società e dell’ambiente in cui è inserita. Non vende, di conseguenza, solo dei prodotti, ma tutta la cifra culturale ed etica del suo sistema-azienda. In particolare la “Teoria degli stakeholder” dell’americano Freeman (primi anni ’80) sottolinea come tutti i portatori di interessi (appunto gli stakeholder) acquisiscano dignità diventando soggetti attivi che si relazionano con l’impresa e influiscono sul suo agire. Secondo tale teoria tutti questi portatori di interesse acquisiscono un ruolo attivo nella creazione di valore da parte dell’impresa e non si limitano a subire le conseguenze dell’operato della stessa. Altro filone di studi che si sviluppa sempre negli Stati Uniti è quello della Business ethics: esso si concentra sul versante morale, ponendo al centro i valori etici che devono fondare i comportamenti delle imprese.

focus

La definizione di Responsabilità Sociale d’Impresa più diffusa e dibattuta è quella pubblicata nel 2001 dall’Unione Europea: “Integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate” (Libro Verde della Commissione delle Comunità Europee, 2001). Da qui l’indicazione di alcuni strumenti da adottare come il bilancio sociale, le certificazioni (tra le altre, quella etica SA 8000). Oggi la CSR è definita come “la responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società” (nuova comunicazione del 25 ottobre 2011 – n.681 – con cui la Commissione Europea riesamina e supera la nozione espressa nel precedente Libro Verde). Le politiche nazionali ed internazionali hanno favorito, anche con la costituzione di commissioni ad hoc in strutture vocate come l’ONU e con l’emanazione di linee guida e documenti d’indirizzo, la nascita di una coscienza imprenditoriale improntata ad un business responsabile. Anche in Italia il dibattito non si è fermato al mero confronto verbale o scritto, ma ha visto un’applicazione concreta in best practices, alcune anche molto illustri. Recentemente è nata anche una nuova declinazione di Responsabilità Sociale, che viene riferita non solo alla singola impresa ma a tutta la collettività ed è particolarmente indirizzata per la realtà italiana a causa della composizione territoriale fatta di piccole-medie imprese, tendenzialmente raggruppate in distretti industriali. La strategia della Responsabilità Sociale d’Impresa per stimolare le aziende ad assumere comportamenti responsabili viene ora calata in un nuovo contesto, dove i soggetti promotori sono tutta la Comunità e il territorio nel quale vivono e operano i diversi portatori di interesse. Il passaggio da una “responsabilità individuale” ad una “responsabilità collettiva” ha l’obiettivo di accompagnare le istituzioni e le organizzazioni (pubbliche e private; profit e non profit) in un percorso di costruzione condivisa dove le giuste istanze economiche vanno coniugate con le attenzioni sociali e ambientali nell’ottica di uno sviluppo sostenibile. La CSR territoriale ha, quindi, come scopo quello di migliorare la qualità della vita della Comunità.

Fonti: Progetto “Training in Progress - L’evoluzione del concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa”, Adiconsum - Associazione Difesa Consumatori e Ambiente (www.adiconsum.it). 13


SETTEMBRE 2014

STEPBYSTEP L’ONU istituisce la Commissione per i diritti umani, formata a rotazione dai 53 Stati aderenti, sempre con prevalenza delle nazioni meno industrializzate.

Il 10 dicembre l’ONU adotta la “Dichiarazione universale dei diritti umani”.

L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) studia le “Linee guida destinate alle imprese multinazionali”, con revisione nel ’98. Sono raccomandazioni rivolte dai governi alle imprese multinazionali che mirano ad assicurare che le loro attività siano conformi alle politiche governative, a rafforzare le basi per una fiducia reciproca fra le imprese e le società in cui operano.

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L’ILO (Ufficio Internazionale del Lavoro) adotta la “Dichiarazione tripartita sui principi riguardanti le imprese multinazionali e la politica sociale”, documento contenente i principi per multinazionali, governi, imprenditori e lavoratori.

Dibattiti nel Parlamento Europeo su temi di CSR, quali etichette sociali e diritti umani.

Viene costituita l’associazione CSR Europe, l’organismo con sede a Bruxelles che è delegato dalla Commissione Europea alla Responsabilità Sociale di Impresa.

La Social Accountability International (SAI), emana la norma SA 8000 per assicurare nelle aziende condizioni di lavoro che rispettino la responsabilità sociale, un approvvigionamento giusto di risorse ed un processo indipendente di controllo per la tutela dei lavoratori.

Il segretario generale dell’ONU Kofi Annan propone il progetto Global Compact che invita le imprese ad aderire a 9 principi universali sui diritti umani, sulle condizioni di lavoro e sull’ambiente. In seguito si è aggiunto un decimo principio sulla lotta alla corruzione.


focus Lo sviluppo della Responsabilità Sociale d’Impresa in Italia

La Commissione Europea pubblica il Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”, con cui viene formalizzata la prima definizione europea di CSR, ossia “l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”.

L’Italia propone il “Progetto CSR - SC: il contributo italiano alla campagna di diffusione della CSR in Europa”. L’Unioncamere nazionale e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali stipulano un Protocollo d’Intesa per sviluppare il progetto ministeriale su tutto il Paese.

Con legge finanziaria viene costituita la Fondazione italiana I-CSR, centro studi e diffusione della CSR. La mission: accrescere l’attenzione alla Responsabilità Sociale promuovendo la ricerca, la formazione, la diffusione e il confronto con particolare attenzione alle esigenze del tessuto economico nazionale formato in prevalenza da PMI.

Viene organizzato il primo incontro del Tavolo interministeriale sulla Responsabilità Sociale delle imprese al Ministero della Solidarietà Sociale a Roma.

Prevista la pubblicazione dello standard internazionale ISO 26000, per buone pratiche per la responsabilità sociale d’impresa.

Fonte: CSR Italia - Camera di Commercio Treviso

Dai Consigli Europei di Lisbona e Nizza nasce l’obiettivo strategico “UE 2010” con la finalità di far diventare l’economia europea la più competitiva con capacità di crescita sostenibile, con miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione e con maggiore coesione sociale.

La Commissione Europa istituisce il Multistakeholder Forum con gli obiettivi di migliorare la conoscenza delle relazioni tra responsabilità sociale, sviluppo sostenibile e conseguente impatto su competitività, coesione sociale e protezione dell’ambiente, con particolare riguardo alle piccole-medie imprese. Inoltre consente di valutare l’opportunità di un approccio comunitario al tema della responsabilità sociale delle imprese.

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SETTEMBRE 2014

La copertina Per il numero 07 di Logyn la copertina si tinge di blu, colore del cielo, del mare e dello spazio, tra i più amati e utilizzati tanto nell’arte quanto negli oggetti di uso quotidiano. Altruismo, coraggio, trasparenza e sensibilità sono solo alcune delle caratteristiche associate al blu; ben si sposano con l’anima di un’impresa che oggi vuole essere socialmente responsabile, ossia creatrice di valori tangibili e intangibili vincenti, per l’impresa stessa, ma anche per le persone, il territorio e l’ambiente circostanti. Ecco perché l’azienda, nelle proprie strategie e azioni, deve sempre preservare ciò che la mantiene in contatto con la Comunità, perché questa è volto e anima dell’impresa stessa (volto per metà umano e per metà meccanico) e con essa cresce e progredisce.

La rilegatura e la stampa Logyn nasce per diffondere cultura e conoscenza. E, nei tempi accelerati dell’informazione tecnologica, utilizza la carta perché niente più di questa è utile per fermarsi a pensare, per fare una giusta pausa e capire a che punto siamo nel percorso verso l’innovazione. 100 pagine, 100 e più interviste finora svolte, approfondimenti, incontri tecnici e con professionisti del business tecnologico per progettare assieme a voi lettori le prospettive future di questo mondo. Dal punto di vista fisico, Logyn è composta da 100 facciate, che in termini tipografici corrispondono a 6 sedicesimi più 1 quartino. Inoltre è confezionata con copertina sviluppata in 3 ante. Con la stessa grammatura è stato prodotto un quartino accavallato tra le segnature interne. Logyn viene realizzata con una rilegatura in BROSSURA FILO REFE, che permette una maggiore resistenza all’usura poiché le varie segnature, in ordine progressivo, vengono cucite al centro con un filo di cotone bianco e poi incollate al dorso della copertina. Per realizzare questa rivista in 9.500 copie abbiamo utilizzato 68.000 fogli di carta, 65.000 per l’interno e 3.000 per la copertina; consumato inchiostro, tra copertina e interno, +/- 90 kg; abbiamo inciso 64 lastre; effettuato 14 avviamenti macchina, per una durata di stampa complessiva di 30 ore. Ognuna delle 9.500 copie è stata cellophanata singolarmente. Logyn è tutto questo, e tutto questo è in un video che lo racconta per voi!

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Ci piace lasciare il segno.


SETTEMBRE 2014

PENSARE CON LE MACCHINE!

STEFANO MORIGGI

ARTICOLO “A QUATTRO MANI” PER UN FUTURO DIVERSAMENTE ABILE Tecnologia, scienza e disabilità: dialogo con Gianluca Nicoletti

Di buone intenzioni è lastricata la strada che porta all’Inferno... Così recita un antico adagio. Confesso di non nutrire alcuna simpatia per i motti e i proverbi, così come per tutte quelle dicerie che avrebbero contribuito a tramandare nel tempo una presunta saggezza popolare. Tuttavia, forzando forse l’interpretazione più diffusa, riconosco al sopracitato detto il merito di condensare in poche parole alcune mie convinzioni attorno all’idea di solidarietà. Come dire... le buone intenzioni, per quanto apprezzate, non possono bastare. E non solo perché in molti casi sono (o diventano) l’alibi per coprire errori e misfatti: “eh, ma io l’ho fatto a fin di bene...”. Ma, soprattutto, per il fatto che un aiuto o un sostegno “incompetente” è solo un danno per chi lo riceve. Quanto affermo in astratto trova un concreto e drammatico riscontro nel variegato mondo delle persone diversamente abili. Proprio dove limiti fisici e psichici richiederebbero assistenza e 18

professionalità di alto livello; ancora troppo spesso - e quando va bene - ci si imbatte solo in comprensione e compassione. Due sentimenti nobili, per certi versi; ma che, quando non sostenuti dalle dovute competenze, si traducono nei fatti in un insopportabile accudimento pietistico, in un misto di accettazione e rassegnazione di fronte allo sfortunato destino di un “portatore d’handicap”. In sintesi, comprensione e compassione degenerano nella peggiore delle condanne per chi, invece, dovrebbe essere affiancato nella lenta e progressiva conquista di una vita degna fatta di motivazioni e autonomia. So bene che esistono realtà d’eccellenza, ma ancora molto diffusa è l’inconsapevolezza - per non dire l’ignoranza - di chi non concede e non pretende per la disabilità l’eccellenza assoluta. Liquidare questo discorso con la mancanza di risorse economiche sarebbe quantomeno disonesto. Più responsabile, invece, sarebbe cercare di innescare una buona volta la miccia che possa accendere uno sguardo diverso sulla disabilità. Un tema, questo, che più volte nella storia della nostra amicizia


mi sono trovato ad affrontare - tanto in pubblico quanto in privato - con Gianluca Nicoletti, voce nota di Radio 24 oltre che firma del quotidiano La Stampa. E scienza e tecnologia sono sempre state lo sfondo culturale delle nostre riflessioni nel merito, non solo per via delle nostre passioni (e delle nostre professioni); ma anche perché entrambi siamo convinti che una diversa percezione sociale della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica possa contribuire su larga scala a diffondere un approccio più informato e consapevole ai bisogni e alle necessità dei soggetti diversamente abili. Questo stesso articolo - anche dal punto di vista tecnico (oltre che contenutistico) - non fa eccezione: lo sto scrivendo nel mio studio di Milano su un documento condiviso con Gianluca che sta a Roma e a cui, con piacere cedo la parola... GN - Confermo. Sono diversi anni che noi sperimentiamo le tecnologie come ripensamento degli spazi e dei tempi delle nostre vite, oltre che dello stesso concetto di cittadinanza. Abbiamo scritto anche un libro su questi temi. E certamente scienza e tecnologia possono e devono fornirci concetti e strumenti sia per migliorare la singola giornata e sia l’intera vita di un disabile. Ma non solo: possono e devono anche metterci a disposizione concetti e strumenti per demolire idoli e bufale che pericolosamente gravitano attorno al mondo dell’handicap. Io ho un figlio autistico, Tommy. Tu lo conosci bene. Ecco, da un po’ di tempo a questa parte l’autismo è diventato di moda per l’uso improprio che se ne fa persino nel lessico radical disimpegnato. È singolare, per esempio, che proprio i tutori indefessi di ogni minoranza discriminata, di ogni correttezza lessicale, di ogni coscienza sociale inespressa alla fine si trovino concordi sul fatto che il termine “autistico” possa essere serenamente usato come ironico sinonimo di “povero scemo”, senza che nessuno per questo debba indignarsi. Purtroppo tra i tanti traguardi innegabili che abbiamo comunque raggiunto in direzione della nostra civilizzazione, la disabilità psichica non è ancora percepita come una realtà che tocca persone; ma è piuttosto un’ipotesi astratta, un tema per studi clinici, il riferimento a episodi tratti dalla letteratura, dal cinema, dalla fiction. SM - Proprio a questo servirebbe un’educazione scientifica diffusa. Intendiamoci, non penso, ovviamente, che ogni cittadino debba maturare le conoscenze proprie di un ricercatore. Sarebbe una folle utopia. Tuttavia, una diversa considerazione sociale della scienza (e dei risultati ottenuti dalla comunità scientifica); e anche l’esercizio, a partire dai primi anni di scuola, di un approccio ai problemi “più scientifico” - ovvero più analitico e critico aiuterebbero quantomeno a decostruire molti stupidi e pericolosi

scenari pregiudizi, oltre che a evitare le trappole pseudo-scientifiche di cialtroni senza scrupoli che speculano sulla sofferenza e sulla disperazione di malati e parenti. Stamina docet! GN - Ecco, questo che tu sollevi è proprio il secondo livello di disagio che io ho avvertito quando mi sono reso conto che, a causa della leggerezza d’approccio generale, l’invisibile autistico diventa pure indicibile. Se non altro per definirlo sarebbe, infatti, necessario prendere atto di una letteratura scientifica, di una storia della sindrome e dell’urgenza con cui affrontare il disagio sociale che alla sua diffusione necessariamente consegue. Ma non vi è dubbio che per molti sia più facile e rassicurante affidarsi ai taumaturghi, ai santoni, ai teorici del profondo e persino ai lestofanti. Salvo poi pentirsi quando è troppo tardi... SM - Il dramma è che viviamo precipitati in paradossi di ignoranza senza neppure rendercene conto. Per esempio, sempre parlando di autismo, si continua a dar credito - anche mediatico, ahimè! - a eziopatologie clamorosamente sconfessate dalla comunità scientifica internazionale (vedi la insensata campagna contro i vaccini), quando in Italia, per citare un dato, non esiste nemmeno una mappatura degli autistici presenti sul territorio nazionale. Certo, la scienza ha i suoi tempi e comunicare la complessità e le difficoltà della ricerca a chi non la pratica quotidianamente non è facile. Ma è proprio su questo piano che anche dal punto di vista della comunicazione e della divulgazione - si dovrebbe lavorare per tutelare il cittadino. Lo sai come la penso, dalla scuola ai media, per me l’educazione alla scienza costituisce un esercizio di educazione civica. GN - A chi lo dici... Nella mia esperienza con Tommy ho visto di tutto: genitori che spendono fortune per portare il figlio autistico in Ucraina e sottoporlo a misteriosissime iniezioni di staminali all’addome. Altri per anni illusi che un “facilitatore” che tiene la mano sulla spalla del proprio figlio, incapace di scrivere il suo nome, gli consenta di compilare tesi di laurea e trattati complessi. Per non dire poi di quelli che si sottopongono ad anni di psicanalisi per rimuovere l’autismo del figlio, o che addirittura - e, credimi, non è uno scherzo! - lo portano dall’esorcista prima ancora di andare da un neuropsichiatra. Il fatto è che, fino a quando regna la confusione, c’è lavoro per tutti. E ci sono soldi pubblici per chiunque. Operare secondo metodo richiede studio, aggiornamento continuo e competenza 19


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specifica. Lo ricordavi prima: di autistici si occupa per lo più personale non adeguato, ma d’altronde sembra impossibile fare leggi e farle applicare perché il denaro pubblico sia almeno speso in terapie efficaci o per lo meno non dannose. SM - Sì certo, intendevo proprio sostenere che la solidarietà non coincide (necessariamente) con il volontariato e che, simmetricamente il volontariato non è ipso facto sinonimo di solidarietà. So che questa idea potrà irritare qualcuno, ma pazienza! Secondo me, il punto inaggirabile è la competenza. A partire dalla propria professione. In assenza di competenza, nella migliore delle ipotesi, rimangono appunto le buone intenzioni, una disponibilità vuota e inefficace che rischia di creare più problemi di quanti non ne risolva. E anche per questo molti genitori di ragazzi diversamente abili devono costruirsi ruoli e conoscenze che le istituzioni sono ben lontane dal garantire. Il tutto per cercare di assicurare ai propri figli non solo e non tanto un’assistenza “eccezionale”, ma anche quei i diritti fondamentali di un individuo che spesso, di fatto, vengono loro negati. GN - È proprio così. Un’arrampicata sugli specchi. Io stesso ho fatto vari tentativi di creare qualcosa di concreto, ma poi trovavo sempre qualcuno che aveva fatto i miei stessi passi per poi arenarsi per tutti i motivi di cui sopra... Ora penso che, nei limiti delle mie possibilità, sarebbe già molto se riuscissi a creare le basi per una reale cultura della disabilità psichica - almeno nel trattamento quotidiano che ne fanno i media. Voglio essere ottimista e pensare che sia un obbiettivo raggiungibile. Dopo di che continuo a sognare e a combattere per la creazione di un centro pilota. Ovvero, di un polo sperimentale sull’autismo e di un laboratorio dove convergano tutte le possibili competenze necessarie. Io l’ho chiamato Insettopia (http://insettopia.it). SM - Insettopia però non è solo un sogno; in qualche modo già esiste. Proprio attraverso la tecnologia - la rete in questo caso e i social network - tu hai cercato di richiamare e far interagire esperti di varia formazione, ciascuno dei quali in grado di portare un contributo attivo non solo alla costruzione (fisica) di uno “spazio” possibile per ragazzi autistici, ma anche alla diffusione di una diversa cultura della disabilità psichica. E i due livelli del tuo progetto, secondo me, non possono che procedere in parallelo. Sì comincerà a vedere qualche realistico e sensato passo avanti solo quando una certa mentalità comincerà a scricchiolare. Ma, come si dice, it’s a long way... Anche se non mancano segnali di speranza, pensa - per fare solo un esempio - all’ottimo lavoro fatto da Federica Bertot e Martina Tamagnone, le due ventiquattreni neolaureate al Politecnico di Torino in Ecodesign e autrici di “Design for Autism”: un progetto complesso costruito attorno al “Il mio autista”. Si tratta di una 20

app per smartphone che Federica e Martina hanno realizzato con l’idea di incrementare l’autonomia (anzitutto di movimento) dei ragazzi autistici, anche costruendo una rete di “persone amiche” che, sempre grazie all’applicazione, possono monitorare in tempo reale i loro ragazzi. Il tutto, in modo che la città possa diventare, nei limiti del possibile, uno spazio da vivere liberamente anche per loro. Anche perché, come hanno spiegato in una recente intervista (http://www.ideealcubo.com/finestre-sul-mondo/ item/286-il-design-per-l-autismo): “gli autistici utilizzano molto la tecnologia sia nel privato che nel sociale. Ci sono app che permettono loro di esplicitare gli stati d’animo altrui, la tecnologia interviene come intermediario ed è un ausilio efficace perché a ogni input preciso corrisponde una risposta definita e ricorrente, mentre l’imprevisto li destabilizzerebbe”. GN - È proprio così. L’autistico non ha “pregiudizi genetici” verso le tecnologie come spesso ha il neurotipico spaventato dal dover “cedere” la sua umanità. Anzi, proprio per la sua sindrome, l’autistico accetta molto più serenamente la mediazione con il mondo attraverso protesi emotive. Dalla “macchina degli abbracci” di Temple Gradin, ai tablet per la “comunicazione aumentativa”, alle tante app che continuamente vengono rilasciate per uso specifico degli autistici, è provato che l’uso delle tecnologie sia un ottimo espediente per abilitare l’autistico alla sua autonomia. Non a caso nel “decalogo” del mio progetto ho scritto: “Insettopia rappresenta un contenitore permanente per accogliere e lanciare startup di chiunque ci proponga un uso spropositato e folle di ogni supporto che la tecnologia potrà metterci a disposizione per rendere migliore la vita degli autistici. A Insettopia cerchiamo, progettiamo, adattiamo e perfino forziamo la destinazione d’uso primaria di ogni oggetto elettronico, dispositivo informatico, applicazione, meccanismo o protesi emotiva che possa rendere più agevole la vita dei nostri ragazzi, come pure fornire loro occasioni concrete di sperimentazione per socialità, inserimento professionale, autonomia di vita.” SM - Sai bene che su questo tema mi inviti a nozze. Ma lo spazio di questa mia rubrica su Logyn, è terminato. Ti ricordo però - e lo ricordo anche a chi ci legge - che il 15 ottobre alle 20.30 saremo tutti e due in quel di Pordenone, a Scienzartambiente, per la prima nazionale del tuo nuovo libro Alla fine ci inventeremo qualcosa. Che ne sarà di mio figlio quando non sarò più al suo fianco (Mondadori). Se ti va, ricominceremo proprio da dove qui ci siamo interrotti... GN - Hai fatto bene a ricordarmelo, ora me lo segno... A presto, ciao! SM - Ciao!


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MILANO, martedì 7 ottobre 2014 | Palazzo Mezzanotte, c/o Borsa Italiana – Piazza Affari 6 ROMA, giovedì 9 ottobre 2014 | Spazio Novecento, c/o Piazza G. Marconi 26/B

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SETTEMBRE 2014

UNA VITA IN CORSA PER LA SOLIDARIETÀ Intervista ad Alex Zanardi

Alex Zanardi, grande sportivo e grande uomo, con una storia che rappresenta un esempio per molti, soprattutto per l’impegno a favore dell’inclusione sociale delle persone svantaggiate. Recentemente nominato presidente di Fondazione Vodafone, è da anni testimonial di numerose iniziative di promozione sociale. Tra i suoi progetti la costituzione dell’associazione Bimbingamba, in collaborazione con R.T.M. (Ortopedia e Centro di Riabilitazione Casalino-Clinica Mobile nel Mondo del Dottor Claudio Costa), una onlus che realizza protesi per bambini con danni da amputazioni che non possono accedere a questo ausilio per ragioni economiche.

Ci parli della Sua opera a favore dell’inclusione sociale... Non voglio ergermi ad esperto, né a studioso. Semplicemente se si guarda il mio passaporto ho accumulato molti timbri a testimonianza delle numerose esperienze vissute che ho messo a disposizione degli altri. Perché ho toccato con mano che nella vita sia le esperienze belle che quelle brutte sono importanti se si riesce a condividerle con altri. In passato, per via dell’età e del grande entusiasmo per i successi ottenuti in campo sportivo, ero molto più concentrato su me stesso e davo meno peso a 22

certe responsabilità nei confronti della società. La mia storia personale, che ha portato delle difficoltà non previste, e l’età mi hanno regalato nel tempo una sensibilità maggiore. Oggi cerco di partecipare e di portare il mio contributo, come testimonial, a quelle iniziative o progetti che presentano una certa attenzione al sociale e alla solidarietà. Recentemente, tra l’altro, ho ricevuto la richiesta di diventare presidente di Fondazione Vodafone: per me un’opportunità in più per essere più vicino alle persone che hanno difficoltà ad avviare progetti per migliorare l’accessibilità e l’inclusione sociale perché mancano di risorse economiche.


Incontri con

Alex Zanardi Pilota e sportivo italiano, tra i fondatori della onlus Bimbingamba

È nato a Bologna il 23 ottobre 1966. Dopo aver mosso i primi passi sui kart, approda prima in Formula 3 e poi in Formula 3000. Nel 1996 si trasferisce negli Stati Uniti per correre in Formula Cart, dove vince il titolo per due volte consecutive, nel 1997 e 1998. Il 15 settembre del 2001, nel circuito europeo di Lausitzring, è vittima di un grave incidente nel quale perde entrambe le gambe. Dopo una lunga riabilitazione, nel 2005 torna al successo in una gara del Mondiale Turismo (WTCC) e nello stesso anno si aggiudica il Campionato italiano Superturismo. Negli anni seguenti si avvicina all’handbike, partecipando alle Paralimpiadi di Londra 2012 dove conquista la medaglia d’oro. È protagonista di numerose iniziative benefiche ed è tra i fondatori dell’associazione “Bimbingamba”, che si occupa di realizzare protesi per i bambini di tutto il mondo che hanno subito amputazioni e che non possono usufruire dell’assistenza sanitaria. Dal 2012 è anche conduttore televisivo della trasmissione “Sfide”, in onda su Raitre. Alex vive a Noventa Padovana (PD), è sposato con Daniela ed è padre di Niccolò. 23


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Ci racconta il progetto Bimbingamba? È un progetto a cui tengo particolarmente e che curo con attenzione, nato circa a metà degli anni 2000. Bimbingamba parte dall’idea di aiutare tutti quei bambini che hanno bisogno di una protesi, ma che non possono permettersela. Protesi grazie alla quale un bambino riesce a riacquistare, al di là della funzionalità tecnica, fiducia e sicurezza in se stesso. Quando ti trovi a trattare con un ragazzino che arriva da te guardando il pavimento, perché è l’unica forma di difesa che ha sviluppato per sottrarsi allo sguardo altrui, e che, dopo esser stato con te una decina di giorni, ride, scherza, salta, gioca con gli altri bambini guardando le persone negli occhi, è una soddisfazione immensa. È tanta la gioia che ricevi quanta quella che dai, se non di più. La difficoltà più grossa è quella di far conoscere questo progetto agli stessi bambini e per questo cerchiamo sempre di raggiungerne il più possibile, attraverso il passaparola o queste interviste. Da dove arrivano i bambini con cui lavorate? I bambini che aiutiamo provengono da ogni parte del mondo e vengono assistiti durante tutta la loro permanenza in Italia anche dal punto di vista logistico. Spesso hanno perso uno o più arti per incidenti, malattie o per lesioni provocate da esplosioni o armi da fuoco in zone di guerra. Il nostro aiuto arriva laddove fatica ad arrivare la Sanità: per esempio in molti Paesi la protesi non è considerata un “salva vita”, uno strumento medico indispensabile alla sopravvivenza, e quindi la Sanità pubblica non supporta il suo acquisto per i bambini che ne hanno bisogno. A maggior ragione le protesi sportive. Qui cerchiamo di intervenire noi: perché se è vero che una protesi sportiva non ti salva la vita, può aiutarti ad inserirti meglio nella società. A che punto siete con il progetto? Ad oggi, presso il Centro Ortopedico RTM di Budrio (Bologna), sono stati trattati oltre 100 bambini. Il gruppo operativo (tecnici, fisioterapisti e ortopedici) della onlus è lo stesso che mi ha aiutato nella ripresa e riabilitazione a seguito dell’incidente. Il progetto è speciale perché, se spesso le associazioni umanitarie sono costrette a impiegare gran parte delle risorse a disposizione per mantenere attive le strutture necessarie, per noi avviene il contrario. Innanzitutto perché il costo maggiore di un’associazione come la nostra dovrebbe derivare dal sostentamento di figure specializzate come fisioterapisti e ortopedici, che però in questo caso prestano la loro opera gratuitamente e in questo modo fanno il regalo più grande ai bambini. Inoltre, negli anni tante persone si sono avvicinate al gruppo e oggi portano il loro sostegno. Addirittura, le persone che hanno protesi diventate inadeguate, regalano le loro 24

strutture mettendole a disposizione degli altri. Non avendo competenze tecniche ortopediche, il mio aiuto a Bimbingamba si limita nel promuovere il progetto e nel donare interamente alla onlus i compensi che ricevo come ospite d’onore in eventi o manifestazioni. Uno dei nostri maggiori problemi è infatti raggiungere e informare più persone possibili bisognose d’aiuto. Lo sport come fattore di inclusione sociale... Lo sport rappresenta un terreno fertile capace di trasmettere valori importanti, di aggregare persone e soprattutto di fare inclusione. Con il sacrificio e con l’impegno nello sport, se pianti un seme qualcosa cresce. Spero che anche a livello culturale si agisca affinché tutti i ragazzi vengano invogliati a crearsi un progetto sportivo, sostenendoli con strutture e impianti sportivi idonei. Io, grazie a quel Go Kart, sono diventato quello che sono: che non vuol dire in assoluto tanto o poco, ma significa la miglior persona che potessi diventare. Quali le politiche necessarie per favorire l’inclusione sociale? Non parlo da esperto perché non lo sono, piuttosto faccio un discorso di principio: bisogna arrivare a fare sinergia e lavorare con razionalità, cercando di intercettare le reali esigenze delle persone con disabilità. D’altra parte le persone svantaggiate devono far sentire la loro voce, sempre e senza timore, per mettere in moto quel volano grazie al quale tutti quanti si arrivi a capire e a migliorare le situazioni. Bisogna anche cambiare il fattore culturale: la rampa stradale occupata o il marciapiede dissestato non sono i soli problemi per la mancata inclusione. Ma è l’educazione sociale. Il Paese non è meritocratico, e invece bisogna insegnare ai bambini che hanno subito amputazioni a riscoprire i propri talenti e ad investire in essi: non è detto che se ne hanno persi alcuni non ne abbiano altri anche migliori di quelli di qualcuno che ha preso il loro posto nell’ambito professionale o sportivo. Lei ha rivoluzionato la sua vita ed è diventato il testimonial della lotta per l’inclusione sociale: quali gli esempi migliori che ha potuto vedere in questi anni? Esistono numerose iniziative, più o meno importanti, spesso legate ad una persona che nella vita ha avuto a che fare con qualche dramma imprevisto. Io apprezzo tantissimo tutti questi progetti ma sarebbe bello se ci fossero più punti d’appoggio istituzionali a dar sostegno a queste iniziative. Ad esempio anche attraverso Fondazione Vodafone sono entrato in contatto con associazioni che realizzano progetti importanti, come “Rondine” che cerca di aiutare con progetti di formazione quei giovani che non hanno possibilità di studiare correttamente nel loro Paese.


incontri con

Ha mai pensato di entrare in politica per portare avanti la sua opera?

BIMBINGAMBA

Ci ho pensato perché è successo che me lo abbiano chiesto. Ma non mi interessa: a un medico viene chiesto di fare il giuramento di Ippocrate perché la sua è una missione di vita. Anche per un politico dovrebbe essere così, quando in realtà in Parlamento ci sono diverse persone che dimostrano di essere là solo per se stessi. Io, quindi, dico di no, non perché ho il timore di cadere in quella tentazione, ma perché non credo di avere preparazione necessaria ad assolvere un compito così importante. Per fortuna ci sono anche buoni esempi. Anzi, vorrei vivere in un Paese in cui ogni giorno esiste l’esaltazione di colui che è realmente preparato ed è motivato a mettere l’interesse del Bene Comune davanti al proprio affinchè vengano promossi certi valori fondamentali.

Bimbingamba realizza protesi per i bambini che hanno subito amputazioni e che non possono usufruire dell’assistenza sanitaria. Sono bambini che provengono da ogni parte del mondo e hanno perso uno o più arti per incidenti, malattie o per lesioni provocate da esplosioni o armi da fuoco in zone di guerra. L’Associazione “Alex Zanardi Bimbingamba Onlus” opera grazie a R.T.M. Ortopedia e Centro di Riabilitazione Casalino con la collaborazione di Clinica Mobile nel Mondo del Dottor Claudio Costa, Claudio Panizzi fisioterapista e Studio Ferri & Associati di Bologna. I bambini vengono assistiti durante tutta la loro permanenza in Italia anche dal punto di vista logistico. L’Associazione inoltre sta lavorando attivamente al progetto BIMBINGAMBA - Sport per avviare alla pratica dell’handbike i bambini amputati o con lesioni spinali.

Molti la ammirano e la considerano come un esempio di vita: ha un motto particolare o un consiglio da regalare? Consigli non ne ho perché non sono nessuno per salire in cattedra, posso solo testimoniare che nella vita ogni esperienza può essere trasformata in un fattore positivo di crescita e trasformazione personale. Eppure la fortuna non sempre entra dalla finestra, bisogna comunque lavorare e impegnarsi nelle proprie possibilità.

Per informazioni: http://www.bimbingamba.com/ Associazione “Alex Zanardi” Bimbingamba Onlus Via Guizzardi, 66 – 40054 Budrio (BO) info@bimbingamba.com tel. +39 051 6920076

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FONDAZIONE VERONESI

LA SCIENZA A DISPOSIZIONE DEL PROGRESSO SOCIALE Intervista a Paolo Veronesi

Figlio di Umberto, Paolo Veronesi è medico e ricercatore illustre nel panorama internazionale. Attualmente ricopre la carica di presidente dell’omonima Fondazione che promuove la ricerca. Giovane, tenace e dinamica, la Fondazione Veronesi dal 2003 ad oggi ha spinto i propri interessi oltre gli stretti confini di un laboratorio di ricerca, promuovendo il ruolo sociale e formativo della scienza.

Fondazione Veronesi fin dal suo nascere ha perseguito un unico obiettivo: promuovere il progresso delle scienze, risorsa per il benessere del singolo e per la crescita etica, civile e sociale della collettività. «La scienza deve sempre agire per e con l’essere umano - dichiara il fondatore Umberto Veronesi - e questo significa rispetto della centralità della persona, ricerca di soluzioni e strategie che possano migliorare la qualità della vita, offrendo nuove speranze per il presente e per le generazioni future». Cuore dell’impegno della Fondazione è una ricerca scientifica senza confini e barriere, che investe sul talento dei giovani provenienti da ogni Paese, impegnati a dare risposta ai nuovi richiami della scienza con programmi di ricerca innovativi 26

e di alto profilo, prevalentemente dedicati alla prevenzione e diagnosi delle malattie oncologiche e dell’era moderna, alla scoperta di strategie di cura sempre più efficaci sfruttando metodiche all’avanguardia e conoscenze sempre più raffinate a benefico dell’intera collettività. Perché nasce la Fondazione? La Fondazione Umberto Veronesi nasce nel 2003 allo scopo di sostenere la ricerca scientifica, attraverso l’erogazione di borse di ricerca per medici e ricercatori e il sostegno a progetti di altissimo profilo. Ne sono promotori scienziati (tra i quali ben 11 premi Nobel che ne costituiscono il Comitato d’onore) il


Incontri con

Paolo Veronesi Presidente Fondazione Umberto Veronesi

cui operato è riconosciuto a livello internazionale. Al contempo la Fondazione è attiva anche nell’ambito della divulgazione scientifica, affinché i risultati e le scoperte della scienza diventino patrimonio di tutti, attraverso grandi conferenze con relatori internazionali, progetti per le scuole, campagne di sensibilizzazione e pubblicazioni. Un progetto ambizioso che, per raggiungere il suo obiettivo, agisce in sinergia con il mondo della scuola, con le realtà - sia pubbliche che private - nel campo della ricerca e con il mondo dell’informazione. I principi che la ispirano? Progettualità e concretezza, passione ed impegno costante: queste le “parole d’ordine” che da sempre rappresentano la natura e la vocazione del nostro impegno. Concetti che costituiscono l’identità stessa della Fondazione, grazie ai quali può contribuire a “produrre” un bene più alto, la salute ed il benessere per gli altri.

Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Milano nel 1986, Paolo Veronesi si è specializzato in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva nel 1991 e in Chirurgia Generale nel 1996 nella stessa Università. Professore a contratto dal 1994 al 1997 presso la Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale dell’Università degli Studi di Perugia, è attualmente Direttore dell’Unità di Chirurgia Senologica Integrata dell’Istituto Europeo di Oncologia e Professore Associato in Chirurgia Generale presso l’Università degli Studi di Milano. Ha collaborato al perfezionamento delle tecniche di chirurgia conservativa del carcinoma mammario e, più recentemente, allo sviluppo della tecnica del linfonodo sentinella e della radioterapia intraoperatoria quale complemento della chirurgia conservativa. Membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Chirurgia Oncologica (SICO) è stato relatore invitato ad oltre 150 congressi nazionali ed internazionali. Docente presso i Master di Senologia dell’Università di Milano e di Siena, è autore di oltre 140 pubblicazioni scientifiche oltre a 22 capitoli di libri.

Quali le politiche necessarie per cambiare la cultura sociale del Paese? Fondazione Veronesi da sempre è per il progresso della scienza. Progresso che può essere tale se sostenuto da una solida cultura scientifica del Paese. Per fare ciò è fondamentale la corretta divulgazione scientifica, soprattutto tra le nuove generazioni. Ritengo che sia doveroso procedere con la corretta 27


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informazione soprattutto nei ragazzi che rappresentano il nostro futuro. Persone informate capaci di prendere scelte dettate non dalla paura ma dalla razionalità e dalla conoscenza sull’agricoltura biologica, sulle energie alternative, etc. Quello che possiamo fare è pertanto sfruttare proprio l’innovazione tecnologica per impattare di meno e fare quel salto al di la del “burrone” che si sta prospettando. Ci parli di qualche progetto in particolare che promuove la Fondazione... Sono molte le ricerche che Fondazione ha sostenuto dalla sua nascita, per la precisione 733 e 82 progetti. Si tratta di ricerche autorevoli e di alto profilo, tutte mirano a scoperte che possano migliorare le cure e quindi la vita delle persone. Ad esempio con l’avvicinarsi del mese di ottobre, mondialmente dedicato alla prevenzione del tumore al seno, la Fondazione ha creato il progetto Pink is Good al fine di sostenere ricercatori che si occupano di ricerca per combattere questo tipo di tumore e di informare le donne circa gli screening da effettuare. Una delle ricerche sostenute quest’anno è del Dott. Alessio Molfino, che mira a valutare l’effetto dell’acido docosaesaenoico (DHA) sull’indice di omega-3 in pazienti con cancro al seno. È da tempo nota la relazione tra dieta, sovrappeso e rischio di neoplasia mammaria e sua recidiva. In particolare, diete a elevato contenuto di acidi grassi della serie omega-6 e carenti in acidi grassi della serie omega-3 favoriscono un aumento del rischio di sviluppare carcinoma mammario. Gli acidi grassi polinsaturi della serie omega-3, in particolare l’acido docosaesaenoico (DHA), sono in grado di migliorare l’efficacia della chemio e radio-terapia in pazienti con carcinoma mammario, sensibilizzando solo le cellule tumorali, e non i tessuti sani, all’azione delle terapie, riducendo così gli effetti collaterali. Lo scopo della ricerca del Dott. Molfino

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è valutare la capacità delle cellule di pazienti con carcinoma mammario a incorporare l’acido docosaesaenoico, valutare se ci sono differenze tra pazienti oncologiche e donne sane e se l’incorporazione di acido docosaesaenoico è ridotto in pazienti con famiglie ad alto rischio di carcinoma mammario rispetto, ad esempio, a pazienti che non hanno una storia familiare di tumori al seno. I risultati della ricerca saranno preziosi per stabilire come cambiano i valori di omega-3 nelle pazienti con carcinoma mammario, quali sono i valori ottimali da mantenere e come integrare grassi omega-3 nelle diete delle pazienti con un basso indice per migliorare la diagnosi e il risultato clinico delle terapie. Qual è la situazione della ricerca in Italia? La situazione, eccetto rare eccezioni, non è poi così rosea. Il problema della ricerca italiana risiede prima di tutto nella cronica mancanza di finanziamenti adeguati: lo Stato Italiano destina alla ricerca scientifica in generale solo l’1% del suo PIL, rispetto al 3% di molti altri Paesi a noi vicini. Si tratta di finanziamenti scarsissimi e insufficienti per sviluppare la nostra grande capacità di innovazione e per attirare e trattenere i giovani che sono la nostra vera ricchezza. La scienza procede per piccoli passi. Manca una visione a lungo termine. È questo il vero freno. Quali sono gli obiettivi futuri della Fondazione? Per portare avanti i propri obiettivi su tutto il territorio, la Fondazione Umberto Veronesi si è posta l’ambizioso obiettivo di costituire delle delegazioni in tutti i principali centri italiani. Le delegazioni hanno il compito di diffondere i valori della Fondazione a livello locale, organizzando iniziative di divulgazione, eventi e campagne di sensibilizzazione, e impegnandosi a raccogliere fondi per il sostegno della ricerca scientifica.


LA SCIENZA PER LA PACE Un grande progetto, quello di Science for Peace che ha come obiettivo mettere al servizio della pace la scienza e i metodi scientifici. Il progetto, di fatto, desidera celebrare il vero scopo della scienza, ovvero il progresso della civiltà. Un grande movimento pronto ad agire. Il mondo scientifico internazionale, insieme a personalità rilevanti e significative della cultura, della filosofia, della letteratura, dell’arte, di religioni e della società hanno accettato l’invito di Umberto Veronesi a diventare parte attiva del movimento Science for Peace.

incontri con

Scrivono i suoi fondatori, il professore Umberto Veronesi e Kathleen Kennedy Townsend, “I progressi scientifici ottenuti nei campi del DNA e delle biotecnologie, in medicina e nello sviluppo energetico ci danno speranza per delle soluzioni pacifiche alle nostre sfide più impegnative. Dove esiste la fame, la scienza può creare nuove culture, dove esiste la siccità la scienza può portare l’acqua, dove esiste la malattia la scienza può sviluppare nuovi medicinali e tecnologie e dove esiste l’ignoranza la scienza può sviluppare nuovi metodi di insegnamento. Chiediamo ai leader dei paesi di tutto il mondo di investire non nella politica della guerra ma nella scienza della pace. Science for Peace chiede il dialogo dove ci sono i conflitti tra paesi, culture, gruppi etnici e religiosi. Una delle nostre massime priorità è quella di insegnare nelle scuole come risolvere le discussioni in modo tale che gli alunni possano imparare a sviluppare la cultura della non-violenza e a risolvere le proprie divergenze pacificamente. La libertà, l’uguaglianza e il benessere delle famiglie vengono attuate al meglio in ambienti in cui prospera la pace. I tempi sono maturi perché il mondo dia la massima priorità a chi si impegna per la pace - l’unica condizione possibile per lo sviluppo dei nostri migliori ideali. Chiedere al mondo la pace e agire per la pace non è un’utopia; si tratta di speranza, impegno civile e fiducia nel futuro. Nelle parole di John Fitzgerald Kennedy: ‘L’umanità dovrà porre fine alle guerre, o saranno le guerre a porre fine all’umanità’. E l’umanità vuole la pace non solo per sopravvivere ma anche per progredire”. Professor Veronesi, perché ha deciso di impegnarsi per la pace nel mondo? Sono un uomo che vive nel mondo della scienza che ha un linguaggio scientifico universale che è un linguaggio di pace. Quindi sarebbe giusto che gli scienziati si mobilitassero concretamente per raggiungere un obiettivo comune che è quello della pace. Sono un medico e come tale combatto il dolore e la sofferenza: anche la guerra porta dolore e sofferenza. Quali sono gli obiettivi di Science for Peace? Gli obiettivi sono ambiziosi: vorremmo raggiungere il disarmo nel mondo, vorremmo raggiungere una certa condizione di eguaglianza e giustizia sociale nel mondo, e che si tolgano alla radice le cause di guerra. Per questo ci piacerebbe avere una grande adesione popolare, cercando di allargare il più possibile il consenso. 29


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EMERGENCY:

INTERVENTO UMANITARIO IN ITALIA Le nuove povertà da tutelare, anche nella Sanità

Emergency, organizzazione umanitaria indipendente fondata in Italia 20 anni fa e attiva nel mondo in zone colpite da guerra e povertà, ha iniziato da alcuni anni ad operare a livello nazionale con il “Programma Italia”, indirizzato alle vittime della crisi economica. Mentre il fondatore dell’associazione, Gino Strada, commenta il problema della Sanità in Italia, il responsabile del progetto italiano, Andrea Belardinelli ci racconta nello specifico della nuova iniziativa sul suolo nazionale.

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Ci ricorda Belardinelli che “Emergency è un’associazione italiana indipendente e neutrale, nata nel 1994 per offrire cure medicochirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà. I nostri obiettivi sono offrire cure gratuite e di alta qualità a chi ne ha bisogno e promuovere valori di pace e di solidarietà”.

Incontri con

Negli anni l’associazione è cresciuta notevolmente sia come struttura che come attività. Come opera e a quali partner si appoggia? “I progetti di Emergency sono di lungo periodo: offrire cure, ma anche costruire strutture che rimangano e formare il personale locale. Per questo, lavoriamo sempre cercando il confronto e la collaborazione con le istituzioni come il Ministero della Sanità dei paesi in cui operiamo e, in Italia, gli assessorati alla salute regionali, i comuni, le provincie e le associazioni presenti sul territorio. L’impegno umanitario di Emergency è possibile grazie al contributo di migliaia di volontari e di sostenitori”. Emergency ha un’assemblea di soci che esprime un direttivo che a sua volta esprime un esecutivo, “in Italia la struttura ha due rami principali, uno impegnato direttamente sui programmi umanitari e uno che si occupa di sviluppare la conoscenza di Emergency e la raccolta fondi”. Ed entrando nello specifico per quanto riguarda il Programma Italia, “tutti i suoi operatori sono organizzati in capo a progetti che hanno a loro volta a capo un coordinatore che fa riferimento all’ufficio umanitario”. E alla domanda se l’attività resta fedele al dettato della Costituzione italiana in fatto di cure gratuite agli indigenti, pensando anche alla Sanità italiana, Andrea Belardinelli commenta che la “domanda andrebbe girata al Ministero della Sanità e alle Istituzioni preposte. Noi purtroppo stiamo notando un aumento delle persone italiane in cerca di cure, in particolare negli ultimi due anni, lo conferma anche il Censis nella sua indagine del 2012 dove si segnalano 9 milioni di italiani che non riescono a pagarsi le cure mediche. Va detto anche che l’assistenza sanitaria in Italia varia da regione a regione, sia in termini di qualità delle prestazioni che di partecipazione alla spesa a carico dei pazienti”. Parlando del Programma Italia, quando, come e quali iniziative sono nate all’interno di Emergency e quali sono i caratteri salienti del Programma? “Il Programma Italia per noi e per me in particolare è una iniziativa molto importante. Abbiamo una serie di poliambulatori a Marghera, a Palermo e a Polistena. Abbiamo una serie di ambulatori mobili. A Siracusa offriamo anche 31


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assistenza sanitaria per i migranti. Quando arriviamo in un luogo facciamo rete per informarci al meglio sulla realtà locale. Poi cerchiamo di fare da antenne informando le istituzioni sui bisogni e cercando di orientare al meglio chi cerca le cure”. Numerose sono le persone che si sono rivolte all’associazione dall’apertura del programma a testimonianza della bontà e dell’utilità dell’iniziativa: “dal 2006 ad oggi abbiamo offerto

160.000 prestazioni. Le problematiche sono varie, vanno dalla sanità di base, soprattutto per gli stranieri, alle visite specialistiche e a prestazioni come l’odontoiatria dove riscontriamo il maggior numero di italiani. Lavoriamo anche per orientare i pazienti e accompagnarli ai servizi del Servizio Sanitario Nazionale, perché a volte i servizi esistono, ma non sono accessibili per varie ragioni a chi ne ha bisogno”. Quali sono le spese per sostenere il Programma Italia e come viene finanziato? “Il Programma Italia nel 2013 è costato circa 1 milione e 600 mila euro. Il programma è stato finanziato soprattutto attraverso il contributo di privati cittadini - anche grazie alla campagna sms ‘La salute è un diritto di tutti’ aziende e anche con il contributo del Fondo Fei (Fondo europeo per l’integrazione) per l’integrazione della Comunità europea. Oltre l’80% dei fondi raccolti da Emergency proviene da cittadini privati, aziende e fondazioni. Il restante 20% proviene da enti internazionali e dai governi dei Paesi dove lavoriamo. Emergency impiega oltre il 90% dei fondi raccolti per realizzare i propri scopi statutari: offrire cure gratuite a chi ne ha bisogno e promuovere una cultura della pace”.

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”, recita l'articolo 32 della nostra Costituzione. Stando all'ultimo report dell'Istat sono 8 milioni i poveri in Italia, pari al 13,6 per cento della popolazione residente, con un tasso di inattività del 37 per cento. Ci sono nuove povertà a causa della crisi economica, ma anche difficoltà di accesso ai servizi, ticket sanitari aumentati, tagli impressionanti. Gino Strada, dell'organizzazione, ci tiene a ricordare che “Ormai 9 milioni di italiani non riescono più a curarsi come dovrebbero 32

perché non ce la fanno economicamente, questa è una tragedia di proporzioni enormi”. Inoltre, il fondatore di Emergency ha ribadito spesso - e non a caso anche nella conferenza “La medicina in guerra” all’Università Statale di Milano - “che in questo periodo si assiste ad una vera e propria ‘guerra ai poveri’, scontro nel quale, nonostante le vittime molto spesso coesistano all’interno della nostra quotidianità, diventa sempre più difficile negare il fatto che ciò che una volta era considerato un diritto (Art. 32 della Costituzione italiana), ai giorni nostri diventa un privilegio”.


informazione pubblicitaria

Specializzazione e internazionalizzazione per una realtà oltre l’agenzia per il lavoro Quanta Italia è una realtà specializzata nel campo delle risorse umane, della formazione e degli eventi. Nata nel 1998, si sviluppa negli anni fino ad essere oggi presente in 6 diversi paesi. Tra le prime a ricevere l’autorizzazione ministeriale necessaria, Quanta Italia è presente su tutto il territorio nazionale con oltre 30 filiali e uffici e 2 headquartes, a Milano e a Roma. La società supera l’ordinario concetto di agenzia per il lavoro, proponendosi come realtà di servizi specialistici e annoverando, oltre alla ricerca e selezione del personale, attività di staff leasing, payroll, distacco internazionale, ma soprattutto outplacement e formazione. Per assistere l’azienda nella gestione del personale in tutte le fasi del suo ciclo di vita.

Elena Capitini, con lei è nata la filiale trevigiana e oggi la sua attività consulenziale si estende su tutto il territorio nazionale: cosa distingue l’approccio di Quanta nel mercato delle agenzie per il lavoro? La nostra società si caratterizza per offrire servizi specializzati e complessi ma due tra tutti sono gli aspetti distintivi del nostro approccio: l’internalizzazione, avviata alcuni anni fa, che ci permette di affiancare aziende che hanno delocalizzato, che hanno sedi e mercati esteri, che in termini di ricerca vogliono poter accedere ad un bacino globale; e la specializzazione, ossia la creazione di divisioni tematiche con personale altamente qualificato che ci permette di dare un servizio specifico ai settori Aerospaziale, Agricoltura, Sistema Moda, ICT, Energie, Pubblica Amministrazione.

abbiamo fondato una scuola Quanta di Alta Specializzazione dedicata alla formazione di queste ricercatissime figure professionali.

Come è la situazione nel mercato ICT? Il mondo dell’ICT è molto ampio ed estremamente dinamico (ne parliamo il 15 ottobre nella nostra sede di Milano in un evento dal titolo “ICT: nulla sarà più come prima”). E soffre di un’anomalia tutta italiana per presenza di formule contrattuali discutibili. La nostra proposta, ai fini di generare un beneficio per i candidati e per le stesse imprese, è quella di un “flessibilità normata”, ossia offriamo soluzioni di inserimento vantaggiose per le aziende ma all’interno di un quadro consono e inattaccabile dal punto di vista legale e reputazionale.

Quali sono le figure più ricercate? Si tratta preferibilmente di figure di taglio tecnico legate al mondo del software e alle grandi tematiche dell’ICT di oggi: ERP, cloud computing, virtualizzazione, mobile application. In particolare sempre più ricercati sono i progettisti del software.

Come nasce e si sviluppa la collaborazione con Gruppo Eurosystem Sistemarca? La collaborazione nasce circa sette anni fa e da allora possiamo dire di aver seguito l’azienda in tutte le sue fasi evolutive. Ciò che la caratterizza maggiormente è la capacità di guardare al futuro e fare progetti, in quest’ottica Gruppo Eurosystem Sistemarca ha più volte richiesto la nostra consulenza per la ricerca di personale marketing, commerciale, e tecnico. Il successo più grande costruito con questa realtà è quello di vedere oggi stabilmente inserite risorse individuate con il nostro supporto diversi anni fa e passate da iniziali contratti a carattere temporaneo a forme stabili di collaborazione.

Perché ritene la specializzazione una soluzione vincente nel mercato attuale? Le imprese devono gareggiare in un mercato internazionale sempre più competitivo. Per questo le loro richieste, in termini di ricerca e selezione, si sono innalzate e hanno obiettivi sempre più mirati. Noi mettiamo a loro disposizione operatori HR che sono stati formati e hanno competenze tecniche per poter gestire selezioni che richiedono una particolare attenzione: mi vengono in mente le esigenze del settore Aerospaziale per la ricerca di profili per la lavorazione di materiali compositi e di fibre in carbonio, per i quali oltre a guardare al mercato estero,

Elena Capitini, National Key Account Manager, premiata per i suoi 15 anni in Quanta Italia da Illo e Umberto Quintavalle, rispettivamente Vicepresidente e Presidente del Gruppo.

Per maggiori informazioni visita il sito

https://www.quanta.com/it/

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SETTEMBRE 2014

FERALPI:

IMPRESA OLTRE IL BUSINESS CON UN BILANCIO RESPONSABILE Intervista al Gruppo siderurgico Feralpi

Il Gruppo Feralpi, impresa bresciana fondata nel ’68, è tra i leader sul mercato europeo nella produzione di tondo per cemento armato in barre e in rotoli, vergella, rete elettrosaldata e altri derivati. Ma soprattutto è una realtà siderurgica italiana con giudizio A+ del Global Report nel biennio 20092010 per gli investimenti compiuti nell’efficientamento degli impianti e per quelli nella sicurezza dell’ambiente. A raccontarcela è Isabella Manfredi, CSR Manager del Gruppo.

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Cosa significa oggigiorno, per un’azienda, la Responsabilità Sociale d’Impresa? Si tratta, innanzitutto, di una cultura acquisita a beneficio dell’impresa e della Comunità in cui è inserita. Nel nostro caso parliamo di un percorso formativo nato nel 2004, ma che ha radici nel DNA della famiglia titolare. Nel 2005, infatti, è entrato formalmente nella nostra compagine la figura del CSR (Corporate Social Responsability) manager, che ci aveva accompagnato in precedenza nell’iter formativo e che ha portato nello stesso anno la prima rendicontazione ufficiale di sostenibilità per il triennio 2002-2004. Da allora è stato formalizzato un piano sistematico di CSR con molteplici azioni e progetti rivolti ai nostri stakeholder, a partire dai dipendenti e dalla Comunità territoriale. La CSR comunque si lega intimamente all’identità e alla visione dell’impresa, il cui fondatore aveva come motto “produrre e crescere nel rispetto dell’uomo”. Da questo punto di vista Gruppo Feralpi è stato tra i precursori nell’adozione di una politica di CSR, rendicontata da ormai dieci anni con cinque Bilanci di Sostenibilità. Ci tengo a sottolineare che l’impresa è una family company, ed ha sempre agito in favore del bene comune senza propagandare. Ad oggi importanti sono gli investimenti fatti sul territorio, soprattutto per iniziative dedicate ai giovani. E nonostante i pesanti effetti della difficile congiuntura sui conti aziendali la strategia non è cambiata, puntando su quei valori - il benessere dei dipendenti e della Comunità, l’innovazione tecnologica, l’efficientamento degli impianti in favore dell’impatto ambientale - che diventano fattore competitivo di lungo periodo. CSR per favorire l’inclusione sociale: quanto può pesare l’operato sociale di un’impresa sul rapporto con il consumatore?

incontri con La politica che il Gruppo Feralpi ha sempre promosso mira a favorire l’armonia fra gli individui, il benessere economico, l’innovazione tecnologica e l’ambiente. In particolare l’attenzione è sempre stata rivolta all’interscambio con il territorio, che il Gruppo persegue come asset di sviluppo. Infatti, abbiamo costruito e sviluppato negli anni un canale di dialogo e trasparenza nei confronti della Comunità di riferimento, coinvolgendola e rendendola consapevole rispetto alle attività che facciamo. Inoltre, da sempre l’azienda sta a fianco delle tante realtà no profit e fondazioni presenti, così da sviluppare una sinergia di intenti a favore della diffusione della cultura, del rispetto per l’ambiente, della socialità e della solidarietà. E i benefici sono per tutti! L’impresa è sempre più col piede saldo sul territorio di appartenenza, ma con lo sguardo rivolto lontano oltre confine... Il rapporto con il territorio è buono e duraturo. Nel 2008 abbiamo celebrato i 40 anni della fondazione organizzando l’open day “Benvenuti in fabbrica”. Hanno partecipato 8mila persone prendendo parte a visite guidate ed eventi collaterali (concerti, spettacoli e mostre): di fatto, un villaggio di attività creato assieme alle associazioni partner dell’azienda. La relazione creata, seria e trasparente, va al di là degli eventi congiunturali economici occorsi negli ultimi anni. Eppure, c’è voluto tempo per concretizzare il legame: questa cultura ha attecchito pian pianino.

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SETTEMBRE 2014

Ci parli dei progetti in atto, come “Verso Zero Infortuni”: quando è nato? Che risultati ha portato? Nel 2012 le denunce all’Inail per infortuni e morti sul lavoro sono state 654mila. In quell’anno è nato il progetto “Verso Zero Infortuni”, testato inizialmente per un anno nelle Acciaierie di Calvisano e poi riproposto per l’anno successivo in Feralpi Siderurgica, entrambe aziende del Gruppo. Ora siamo in una fase di mantenimento. I risultati: dopo l’attivazione del progetto è stata registrata una minore incidenza degli infortuni, sia per quanto riguarda la frequenza che la gravità. Questi dati ci hanno resi ottimisti sul progetto, che tra l’altro ha vinto il Sodalitas Social Award nella Categoria “Valorizzazione della Persona e protezione del Lavoro”. Di fatto il progetto è nato per minimizzare il rischio di infortuni all’interno dell’acciaieria e stimolare il senso di responsabilità di ciascun dipendente, riportandolo a una dimensione di team, dove ognuno si fa carico anche della sicurezza altrui. È stata introdotta la figura interna del “Safety Tutor”, eletto direttamente dai dipendenti, il quale affianca il responsabile del reparto incentivando la cultura della sicurezza e favorendo la diffusione e trasversalità della conoscenza. I 13 Safety Tutor presenti attualmente dal lunedì alla domenica su ogni turno di lavoro sono affiancati

dalla figura dell’“Animatore”, che facilita le attività non solo durante la formazione in aula ma soprattutto durante le fasi di organizzazione e realizzazione, combattendo lo scetticismo o la scarsa propensione al cambiamento. Grazie al coinvolgimento e alla soddisfazione dei lavoratori l’azienda ha rilevato un radicale calo del numero di infortuni: da 7 nel 2010 a 6 nel 2011, a 1 nel 2012. Chi sono i beneficiari del progetto? Innanzitutto i dipendenti di Acciaierie di Calvisano. Il processo ha coinvolto tutti i 122 dipendenti, o durante il contratto di solidarietà o in orario extra lavorativo. Ma il progetto potrebbe avere ricadute positive anche su altre aziende simili, ampliando così il suo raggio di azione sul territorio. Esistono altri progetti di CSR? Il progetto WHP, sviluppato nell’ambito dell’European Network for Workplace Health Promotion, la Rete Europea per la Promozione della Salute nei luoghi di lavoro. L’iniziativa propone, attraverso la collaborazione tra aziende e Asl territoriali, lo sviluppo di attività che possano incidere sul miglioramento delle condizioni di salute della popolazione lavorativa. L’obiettivo è quello di creare una rete di aziende lombarde che si impegnino in progetti di promozione della salute. Tutte le aziende del Gruppo Feralpi hanno aderito alla rete regionale: Rete WHP Lombardia. Il progetto promuove una corretta alimentazione, il contrasto al fumo di tabacco, all’alcol e alle sostanze, l’attività fisica, la sicurezza stradale e mobilità sostenibile, infine la promozione del benessere personale e sociale. Come sta andando il vostro settore in questo particolare periodo storico? Il comparto siderurgico sta attraversando anni di profonda trasformazione per un generalizzato calo della domanda innescato dalla crisi globale. In Italia, nel 2013 la produzione è calata dell’11,6% a 24 milioni di tonnellate (dati Federacciai). Per Feralpi, il 2013 ha visto un mercato nazionale stagnante. Tuttavia, il livello complessivo di produttività è stato mantenuto su quantitativi ottimali grazie tanto al trend positivo delle esportazioni, soprattutto in Nord Africa, quanto ai risultati della controllata tedesca Feralpi Stahl che si conferma di rilevanza strategica per il posizionamento di mercato. Inoltre, la volontà di investire per intercettare la domanda estera è testimoniata anche dalla nascita di Feralpi Algérie.

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SPEDIZIONI INTERNAZIONALI

GUARDATE PURE LONTANO NOI LO RENDEREMO VICINO La volontà di superare sempre nuovi confini, sia geografici che professionali, è la vera forza del gruppo Cesped. In questi 30 anni e più di presenza sul mercato, abbiamo consolidato un’esperienza su tutte le attività che compongono la filiera del trasporto, collocandoci, per valore aggiunto, tra le prime 10 aziende private italiane del settore. Ciò che ci contraddistingue è l’innata capacità decisionale intervenendo con immediatezza in ambito organizzativo, innovativo e produttivo. Un team di professionisti esperti e fortemente motivati che, coadiuvato dalle più avanzate tecnologie, è pronto ad offrire alla clientela risposte tempestive ed assistenza costante per ogni problema di trasporto, spedizione, logistica e operazioni doganali.

www.cesped.it


SETTEMBRE 2014

CANNAMELA:

“SEMINIAMO PER LO SVILUPPO AGRICOLO SOSTENIBILE” L’azienda di Predosa racconta il suo impegno sociale per l’Africa

Ogni prodotto racconta una storia e una filosofia che esprimono le scelte che l’azienda prende nei confronti del consumatore e non solo. Come strutturare i processi produttivi, con quale impatto sull’ambiente, come innovare e a quali costi. Tutto questo Cannamela, azienda che da quasi 60 anni opera nel mercato delle spezie e delle erbe aromatiche, lo fa con un approccio compatibile alla tutela dell’ambiente e delle persone con cui opera. E per questo si è aggiudicata con il progetto “Seminiamo per l’Africa” l’Ethic Award 2012-2013.

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Responsabilità Sociale d’Impresa per Cannamela equivale a... Rispetto, protezione dell’ambiente e miglioramento continuo: queste sono le priorità per la direzione e per tutto il nostro personale nell’ambito di un’agire imprenditoriale responsabile. Cannamela, infatti, come azienda riconosce la necessità di adottare e mantenere un Sistema di Gestione Ambientale quale codice metodologico per guidare e controllare i propri aspetti ambientali, impegnandosi ad assicurare la conformità alle leggi vigenti e a garantire il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali attraverso specifici programmi per la riduzione degli impatti e per un utilizzo ottimale delle risorse. Tutto questo come influisce sul rapporto aziendaconsumatore? Ritenendo che lo sviluppo delle nostre attività debba essere sostenibile e compatibile con l’ambiente che le ospita, durante il loro svolgimento ogni giorno ci impegnamo a valutare in modo costante e appropriato gli aspetti ambientali associati ai nostri processi produttivi; mantenere la conformità con tutte le leggi, i regolamenti vigenti e gli altri requisiti sottoscritti dall’organizzazione attinenti ai suoi aspetti ambientali diretti ed indiretti; perseguire il miglioramento continuo teso alla riduzione delle incidenze ambientali ad un livello corrispondente all’applicazione economicamente praticabile della migliore tecnologia disponibile. Concretamente, quindi, l’azienda cosa fa per l’ambiente e la Comunità circostante? Dopo aver condotto un’approfondita analisi ambientale iniziale delle attività produttive svolte, abbiamo individuato delle aree prioritarie di intervento e ci siamo posti come obiettivi quelli di ricercare le misure necessarie per contenere i consumi energetici, nonché prevenire la produzione di emissioni inquinanti, attraverso l’utilizzo di risorse rinnovabili; gestire in maniera efficace ed efficiente i rifiuti prodotti con riferimento a tutte le fasi di produzione privilegiando, ove possibile, il riutilizzo, il riciclo ed il recupero; mettere in atto tutte le possibili forme di riduzione dei rischi ambientali attraverso sistemi di monitoraggio e controllo, adeguata organizzazione di risposta agli eventi, formazione accurata del personale; coinvolgere tutte le parti interessate (es. clienti, fornitori, autorità competenti, ecc..) per migliorare, dove possibile, la gestione ambientale. Ci parli del Progetto “Seminiamo per l’Africa”: quando è nato? Con che obiettivi? Nato nel 2011, “Seminiamo per l’Africa” è un progetto triennale

incontri con di sviluppo agricolo sostenibile destinato alle popolazioni di una delle zone più povere del Kenya. Prime beneficiarie del progetto sono state 45 cooperative di auto sviluppo composte ciascuna da 25 membri con le loro famiglie (in totale 10.000 persone). Dopo 3 anni di attività il progetto è stato completato con successo: i gruppi coinvolti hanno ricevuto il know how necessario per continuare le attività agricole con le proprie forze. Nell’ambito del progetto sono stati completati con successo anche due progetti speciali: la costruzione di un bacino idrico essenziale per lo sviluppo delle attività di orticoltura e la costruzione della “casa del miele”, una struttura dove gli apicoltori possono conferire il loro prodotto per la lavorazione. Il progetto, che si è aggiudicato l’Ethic Award 20122013, è stato sviluppato insieme a CEFA Onlus, un’organizzazione impegnata da più di 40 anni per vincere fame e povertà attraverso programmi di sviluppo sostenibile delle zone rurali. Essere sostenibile: una moda o una cultura che sta prendendo radici? Come azienda leader italiana del mercato delle spezie, Cannamela lavora da sempre in tutto il mondo collaborando con tante piccole e medie realtà agricole per un progetto condiviso di sviluppo sostenibile, nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente in cui vive. È la nostra filosofia, ed ispirandoci ad essa acquistiamo direttamente all’origine le materie prime e le selezioniamo con attenzione e competenza unica, mantenendo alta la qualità dei prodotti. Il progetto “Seminiamo per l’Africa” continuerà? Nel 2014 “Seminiamo per l’Africa” continua con un nuovo grande progetto che ci porta in Sud Sudan, con l’obiettivo di ridurre l’insicurezza alimentare e migliorare le condizioni igienicosanitarie di tre contee dello stato dei laghi: Rumbek Central, Rumbek East e Cueibet. I beneficiari del progetto verranno coinvolti in due attività: la formazione agricola e la realizzazione di orti scolastici. La formazione in campo agricolo migliorerà le loro competenze tecniche in agricoltura e incrementerà le produzioni locali sia in termini di qualità che di quantità. La realizzazione di orti scolastici porrà invece particolare attenzione agli studenti. I ragazzi seguiranno un percorso formativo multidisciplinare e grazie all’insegnamento sul campo apprenderanno le principali tecniche agronomiche. A beneficiare direttamente del progetto prendendo parte alle attività saranno circa 1.000 persone. 39


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I benefici si estenderanno anche a parenti, familiari per un totale di circa 5.000 persone. Le scuole inizialmente coinvolte saranno 3, per un totale di oltre 300 studenti. Anche per il progetto Sud Sudan Cannamela sostiene il progetto insieme al CEFA. Per saperne di più sui risultati ottenuti fino ad oggi e sul nuovo progetto è possibile consultare il sito www.seminiamoperlafrica.it. Come sta andando il mercato delle spezie in questo periodo storico? Nel 2014 il mercato delle spezie e delle erbe aromatiche sta confermando l’andamento positivo già registrato nel 2013. Si tratta di un trend positivo destinato a consolidarsi nel tempo perché il consumatore italiano sta colmando, seppur progressivamente, lo storico “gap” con quello europeo in termini di consumo di spezie. A favorire questo trend, oltre al maggiore interesse per la ricettazione, ha contribuito anche la maggiore attenzione dei consumatori verso un’alimentazione più sana: spezie ed erbe aromatiche vengono oggi utilizzate, anche su consiglio di dietologi e nutrizionisti, in sostituzione del sale per dare sapore ai cibi in modo più salutare e naturale. Il vostro è anche un ruolo di educatori e portatori di cultura in tal senso? L’industria di marca ha sicuramente un ruolo fondamentale nella educazione del consumatore sia attraverso attività di comunicazione mirata, in particolare attraverso il canale web, sia con lo sviluppo di prodotti innovativi che favoriscano nuove modalità di consumo di spezie ed erbe aromatiche. All’interno di questo contesto Cannamela si conferma la marca leader di mercato sia a volume che a valore, grazie all’offerta completa, ai costanti investimenti di marketing e ai continui investimenti in innovazione.

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Innovazione di prodotto: quali le ultime tendenze? I segmenti di mercato che stanno registrando la crescita più interessante sono quelli legati alla cucina etnica (blend di spezie ispirati alle cucine di paesi lontani) e tutti i prodotti che uniscono servizio e naturalità. Su questo secondo fronte sono in crescita i condimenti speziati per insalate, i preparati per secondi piatti da cucinare in padella e i preparati per impanature speziate. In tutti questi segmenti la crescita è stata trainata dalle nuove proposte Cannamela. In particolare, nel 2014 Cannamela è entrata nel nuovo segmento delle panature speziate con la linea Panato Pronto: la prima gamma completa di impanature pronte che unisce servizio, gusto e naturalità. Una soluzione semplice, 100% naturale e senza glutine per preparare, in pochi minuti, tante gustose e croccanti impanature. Questa nuova gamma è stata accolta con entusiasmo sia dal trade, che sta referenziando il prodotto, che dai consumatori. In termini di singole materie prime si conferma la forte crescita di spezie ed erbe aromatiche come Curcuma, Zenzero, Coriandolo, Sesamo (solo per citarne alcune) che erano di nicchia ma che oggi stanno registrando un grande successo grazie alla riscoperta del piacere di cucinare e alla tendenza ad arricchire la cucina tradizionale con nuove ricette e nuovi ingredienti, spesso ispirati alla gastronomia etnica. L’attenzione del consumatore a nuove varietà di spezie ed erbe aromatiche spinge Cannamela a rinnovare continuamente la propria gamma con prodotti assolutamente innovativi per il mercato italiano come Peperoncino extrapiccante, Paprika affumicata e Lemon grass. Quali sono gli obiettivi futuri? Operando in un mercato molto vivace e pieno di opportunità, vogliamo sfruttare al massimo le possibilità esisitenti sia in termini di comunicazione (tradizionale e digitale) sia di innovazione essendo Cannamela anche l’unica marca che investe con continuità per sostenere il valore e le rotazioni della categoria.


incontri con

VALIGERIA RONCATO:

LA RE-INCLUSIONE SOCIALE ARRIVA ATTRAVERSO IL LAVORO La partnership tra Valigeria Roncato Spa e il carcere Due Palazzi

Carcere di massima sicurezza Due Palazzi, periferia di Padova: qui ogni giorno oltre un centinaio di detenuti sono attivi, con stipendio, in commesse di assemblaggio per Valigeria Roncato, grazie al progetto realizzato dal Consorzio Giotto in collaborazione con la famiglia di imprenditori padovani.

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Il progetto nasce con l’obiettivo di favorire il reinserimento sociale dei carcerati, e di conseguenza mira ad un aumento della sicurezza, perché solo il lavoro può dare dignità e speranza alle persone detenute. È anche grazie a questo progetto che Valigeria Roncato ha deciso di investire nella produzione italiana anzichè delocalizzare all’estero, arrivando ad avere uno scarto di produzione irrisorio, dello 0,1%. Il Due Palazzi di Padova è quasi un’ “isola felice” rispetto ad altre strutture carcerarie italiane. Dei detenuti oltre la metà svolgono un’attività con retribuzione, o nei servizi interni della casa di reclusione o nei vari laboratori attivati dalle cooperative sociali e da altre realtà del privato sociale. La casa di reclusione, costruita a metà degli anni ’80, ospita circa 800 detenuti con pena definitiva, con una sostanziosa percentuale di extracomunitari e un detenuto su quattro con problemi di tossicodipendenza. La capienza inizialmente prevista era di circa 400 posti, quella massima è di 700. Celle da nove metri quadrati ospitano 3 detenuti in triplo letto a castello. La sicurezza e la gestione della casa di reclusione sono affidate ad agenti penitenziari, che si dividono con il vicino carcere circondariale. Cristiano Roncato, direttore generale, ci racconta dell’iniziativa e spiega quali sono i valori e gli obiettivi che hanno sempre accompagnato l’azienda veneta negli anni di attività. Quando è nata l’idea di aderire all’iniziativa e perché? Questo progetto è attivo dal 2005 e si sposa con il codice etico dell’azienda, che intende promuovere e favorire progetti di inclusione sociale, sviluppo e sostenibilità sia a livello aziendale che territoriale. La creazione di valore, non solo in termini di fatturato ma soprattutto di capitale umano, è sempre stata al centro dei nostri interessi. A conferma di questa scelta etica, Valigeria Roncato partecipa anche al progetto ‘By your Side’, a tutela del consumatore e dell’ambiente, certificando che ogni prodotto non contiene sostanze nocive per la salute. Come viene gestito il rapporto? Quali i risultati sociali ottenuti? Il progetto è gestito in collaborazione con l’Officina Giotto, parte dell’omonimo Consorzio, incaricata di portare all’interno del carcere i prodotti da assemblare, accertarsi che il lavoro venga svolto correttamente ed effettuare il controllo qualità. Crediamo molto nei risultati sociali di questa iniziativa, in quanto riteniamo sia importante per i detenuti imparare una professione e mantenersi attivi in questo senso. Garantisce un futuro a persone che provengono spesso da situazioni disagiate, senza una formazione, immigrati e tossicodipendenti. 42 42


incontri con Crediamo che il reinserimento sociale possa avvenire tramite quell’indipendenza economica e quella dignità che solo il lavoro può garantire. Ma questo non è il solo progetto di CSR che l’azienda padovana realizza: ce ne sono altri in settori anche diversi, come ad esempio nell’arte. A Parigi Valigeria Roncato ha sponsorizzato la mostra personale dell’artista Alessio-B, giovane padovano che ha scelto l’espressione artistica della Street Art e della Por Art, mettendo in scena miti cinematografici, eroi della musica rock alla maniera di Keith Haring. Esponente del Neo-Pop italiano, nel corso degli anni Alessio sviluppa una tecnica del tutto personale che si avvale dell’uso di affissioni strappate, stencil e glitter per reinterpretare le icone del nostro tempo. L’artista collabora con il brand RV Roncato da diversi anni: infatti sua la linea Uno Zip Art. Un’edizione limitata, in cui le immagini grafiche vengono impresse direttamente sulla scocca grazie a una tecnica innovativa che la rende estremamente resistente a graffi ed abrasioni.

VALIGERIA RONCATO: TRA INNOVAZIONE E TRADIZIONE Prima azienda di valigeria italiana leader in tutta Europa. Fedele al patrimonio inestimabile di tradizioni e innovazione tecnologica Made in Italy, frutto di oltre 50 anni di attività, Valigeria Roncato è da sempre sensibile alle tematiche dello sviluppo sostenibile, punta su un’evoluzione creativa, investendo nei giovani, in nuovi punti vendita, nella tecnologia e nella comunicazione. Ancora oggi l’azienda mantiene la propria fase produttiva in Italia, esempio unico nel settore che da tempo ha delocalizzato la produzione lontano dalla stessa Europa e commercializza prodotti di valigeria e accessori venduti in oltre 80 Paesi nel mondo. Il sito produttivo in Italia è di oltre 25.000 mq certificato ISO 9001.

Come vengono selezionati i progetti di CSR da realizzare? I progetti vengono scelti in base al plusvalore che possono generare. Le attività che riteniamo possano accrescere il valore delle persone e del territorio sono benvenute. Oltre che in favore dei carcerati, infatti, l’azienda si è attivata anche per i giovani, mettendo in piedi con la Scuola Italiana di Design (SID) di Padova, un workshop volto ad agevolare il passaggio da scuola a lavoro per i giovani meritevoli. Cosa significa per un’azienda oggi realizzare progetti di CSR? Pensiamo sia un dovere delle aziende impegnarsi in operazioni di questo tipo in momenti storici particolarmente critici come quello che stiamo vivendo. La solidarietà sociale è un valore da riscoprire e promuovere.

Assemblaggio dei componenti per Valigeria Roncato all’interno del Carcere Due Palazzi di Padova 43


SETTEMBRE 2014

INNOVAREA: IL NUOVO RINASCIMENTO E L’IMPRESA SIGNIFICANTE Il progetto veneto promuove l’impresa “creatrice di nuovi significati” FABIO POLES

Innovarea ambisce a promuovere la significatività dell’impresa in quanto creatrice di nuovi posti di lavoro legati all’esclusività del territorio, e il significato dell’impresa in quanto creatrice di nuovi concetti liberati dalla varietà del territorio e veicolati ai clienti e alla società attraverso i suoi prodotti, i suoi processi e le sue modalità di relazione.

“Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?” si chiedeva quasi sessant’anni fa Adriano Olivetti rivolgendosi ai lavoratori di Pozzuoli. La risposta, affermativa, sembra arrivare oggi dal progetto di innovazione strategica Innovarea che, come si legge nel suo Manifesto: “... vuole promuovere un movimento di imprese sincronizzate la cui impresa comune sia guidare un nuovo rinascimento facendo leva sul patrimonio civile, culturale, naturale e artigianale che caratterizza l’Italia, abbandonando i pessimismi legati ai problemi strutturali del Paese e i protagonismi ostacoli alla maturazione del sistema Paese”. E per avviare questo “movimento” il progetto Innovarea - che vede coinvolta la Regione del Veneto, Confindustria Veneto , l’Università Ca’ Foscari Venezia ed il cui Manifesto è alla base 44

del programma del nuovo presidente nazionale della Piccola Industria di Confindustria, Alberto Baban - fa leva sulle “imprese significanti”. “Innovarea ambisce a promuovere la significatività dell’impresa in quanto creatrice di nuovi posti di lavoro legati all’esclusività del territorio” spiega Carlo Bagnoli, docente di innovazione strategica a Ca’ Foscari e “ideologo” del gruppo di progetto. Che continua: “Ambisce anche a promuovere il significato dell’impresa in quanto creatrice di nuovi concetti liberati dalla varietà del territorio e veicolati ai clienti e alla società attraverso i suoi prodotti, processi e modalità di relazione”. Il docente fa leva sul contrario del concetto di “significatività” per spiegarlo più precisamente: “L’impresa insignificante crea poco valore per i clienti e la società. Creando poco valore si concentra sulle modalità più efficaci per appropriarsi della parte più rilevante


perché ritiene che il vero problema sia dividere quel valore. Si alimenta così un circolo vizioso che porta a creare ancora meno valore per i clienti e la società” mentre l’impresa significante crea molto valore per i clienti e la società. “Creando molto valore si concentra sulle modalità più efficaci per distribuirne la parte più rilevante - spiega ancora Bagnoli - perché ritiene che la vera soluzione sia moltiplicarlo. Si alimenta così un circolo virtuoso che porta a creare ancora più valore per i clienti e la società”. Insomma: “significante” sta per “particolarmente significativo” ma anche per “capace di creare significati”. E la sfida lanciata dal progetto sta proprio qui: nel condividere significati per generare valore. Il “cambiamento” invocato quotidianamente dalla politica, dal sociale passando per l’universo imprenditoriale può contare su risorse economiche praticamente nulle. Il passaggio obbligato quindi è la valorizzazione di conoscenze e di strumenti già esistenti. Queste sono le basi su cui il team di Innovarea progetto cofinanziato dalla Regione del Veneto nel quadro delle iniziative per l’innovazione del sistema produttivo previste dalla Legge Regionale n. 9 del 2007 - sta lavorando ormai da lungo tempo per lanciare una sperimentazione che muove proprio in questa direzione. Una sperimentazione, riguardante tutti i settori trainanti dell’economia regionale, che vuole realizzare un cambio di passo per consentire alla crescita economica di riprendere la corsa interrotta all’inizio della crisi.

scenari rendendole “pietre angolari” di ecosistemi di business. In sintesi quindi il progetto Innovarea punta a stimolare un nuovo rinascimento italiano anche accompagnando le imprese a gestire la tensione dei paradossi che si trovano a vivere lungo le dimensioni dello spazio (singolo o sistema?), del tempo (tradizione o innovazione?), del rapporto tra quantità e qualità (piccolo o grande?), della conoscenza (teoria o pratica?), non perdendo di vista nel contempo il valore fondante della centralità della persona e insieme premiando l’ “eccellenza imprenditoriale”, l’ “economicità aziendale” e la “differenza italiana”, sintesi di un lunghissimo e raffinato processo culturale. E facendo leva sulla capacità diffusa tra i nostri imprenditori di “fare impresa” creando nel contempo una massa critica di soggetti che agiscono insieme su tematiche strategiche. Istituzioni e persone che hanno desiderio di mettersi in gioco per realizzare quel futuro, prospero e sostenibile, cui tutti ambiamo.

Il progetto chiama quindi a raccolta i grandi imprenditori delle piccole e medie imprese italiane, a cominciare appunto da quelli del Veneto, per renderli ancora una volta protagonisti nell’attuale contesto competitivo. E vuole renderli protagonisti attraverso le “re-startup”. Ossia? “Si tratta di coltivare idee imprenditoriali innovative facendo nascere nuove imprese - spiega ancora Bagnoli - inserendole però in imprese già esistenti. Per garantirne l’implementazione grazie a strutture e capacità manageriali già sperimentate e affermate”. Nel contempo, attraverso lo sviluppo di specifiche attività di ricerca, Innovarea intende identificare la reale natura dei fattori di successo di realtà eccellenti che il territorio esprime e, in particolare, di quelle che sono riuscite a reagire alla crisi mantenendo o addirittura migliorando le proprie performance economiche, le cosiddette imprese “antifragili”. Lo scopo della ricerca è studiare queste realtà e “celebrarle”, offrendosi come vetrina per i loro risultati e valorizzandone il ruolo sociale

Prof. Carlo Bagnoli Dipartimento Economia e Direzione Aziendale Università Ca’ Foscari di Venezia 45


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“UFFIZI DA TOCCARE”: PER UNA UNA CULTURA CULTURA PER ACCESSIBILE A A TUTTI TUTTI ACCESSIBILE

Nella Galleria un percorso tattile per ipovedenti e non vedenti

È partito nel 2009, organizzato dal Polo Museale Fiorentino su iniziativa della Sezione Didattica e della Direzione della Galleria degli Uffizi con il suo Dipartimento di Antichità Classica: si tratta del progetto “Uffizi da toccare”. Un percorso peculiare, tattile, per permettere anche a ipovedenti e non vedenti di fruire di alcune opere d’arte. Quando la cultura è veramente stimolo all’inclusione sociale.

Si tratta di 27 opere:13 marmi antichi e 1 rilievo raffigurante La Nascita di Venere di Botticelli accessibili nei tre corridoi di Galleria, 13 opere nella Sala del cavallo. Le opere selezionate offrono una casistica completa delle diverse classi di marmi greco-romani appartenuti alle antiche collezioni granducali (rilievi, are, sarcofagi, ritratti, epigrafi, statue a figura intera) e permettono al visitatore di avvicinarsi a una classe di oggetti che ha per secoli costituito il primo motivo di interesse della Galleria fiorentina. I marmi sono stati scelti anche in virtù della loro collocazione, così da offrire l’opportunità al non vedente di percorrere per intero il complesso vasariano. Fra 46


le sculture offerte all’esplorazione tattile si possono ricordare capolavori come l’Ermafrodito, l’Altare dei Vicomagistri, l’Amorino dormiente in marmo nero o il Ritratto di Cicerone. Nella Sala del cavallo, nella fattispecie, si è organizzato un servizio ulteriore per migliore la fruizione del visitatore: grazie alla collaborazione della stamperia della Regione Toscana si è potuta realizzare una mappa braille del percorso in materiale termoformato. Inoltre, si è proceduto al rinnovo di tutte le didascalie in braille del percorso di galleria, che nel frattempo si sono usurate.

scenari

Il progetto ha avuto successo e i dati del 2013 lo testimoniano grandemente: l’anno scorso le persone con disabilità visiva che hanno visitato in autonomia il percorso sulle statue si sono raddoppiate rispetto al passato. E, per quanto attiene alle visite effettuate con l’operatore, si è registrato un notevole incremento dei gruppi che hanno partecipato a queste iniziative, addirittura quadruplicato. “Il percorso tattile dedicato all’esplorazione della scultura classica della Galleria degli Uffizi non è da considerare affatto un itinerario secondario o ‘di consolazione’. Per secoli il Museo fiorentino, infatti, è stato celebrato in tutta Europa come la ‘Galleria delle statue’ per antonomasia e proprio per ammirare celebri sculture come la Venere dei Medici, e certo non quadri come la Venere del Botticelli, che i protagonisti del Grand Tour italiano giungevano agli Uffizi. La scelta delle opere è stata fatta secondo criteri ben precisi. In primo luogo, ovviamente, sono state selezionate opere interamente esplorabili al tatto. In secondo luogo sono stati scelti marmi che illustrassero tutte le diverse casistiche possibili di classi scultoree antiche: sarcofagi, are, statue intere, busti, epigrafi, altari. Infine, si è stabilito di individuare opere che fossero dislocate in tutto il percorso dei tre corridoi del museo storico. In questo modo il visitatore non vedente riuscirà comunque ad avere la percezione delle dimensioni e della vastità degli spazi nei quali queste opere sono disposte. L’itinerario per non vedenti della Galleria degli Uffizi viene ad aggiungersi agli itinerari tattili che, per fortuna, sono disponibili in numero sempre maggiore nei musei italiani ed europei. Ciò che rende, però, pressoché unica l’esperienza fiorentina è il fatto che il visitatore avrà modo di toccare e conoscere direttamente gli originali e non copie o riproduzioni in scala. In questo modo sarà possibile avere un’esperienza non mediata dell’arte antica e esplorarne in prima persona le finezze e le molteplici tecniche di esecuzione”, spiega Fabrizio Paolucci, responsabile del dipartimento di Antichità degli Uffizi e del progetto.

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LA VISITA TATTILE AGLI UFFIZI Ai disabili visivi viene consegnato un paio di guanti monouso in latex (gli stessi che utilizzano i restauratori di opere d’arte) con cui possono toccare le sculture apprezzandone le caratteristiche salienti della superficie lapidea scolpita, scoprendone i “pieni” e i “vuoti” e comprendendone le forme con la possibilità di accesso diretto alla Sala del cavallo. Ad assistere i visitatori è lo stesso personale appositamente formato. In corrispondenza di ogni opera del percorso tattile sono stati predisposti dei leggii che sorreggono le didascalie - con testi in italiano e in inglese - con modalità grafica fruibile sia per un utenza ipovedente, sia non vedente. Il testo in braille è stato stampato dalla Stamperia Braille della Toscana, per i font, nonché per il contrasto che ne faciliti la lettura è stata coinvolta la Didattica dell’Unione Italiana Ciechi, mentre per quanto riguarda il test del materiale è stata consultata l’Unione Italiana Ciechi. Il testo in braille, stampato su foglio trasparente, può essere sfogliato così da consentire agli ipovedenti una migliore lettura.

LE OPERE DEL PERCORSO Antericetto: Sarcofago con il trionfo di Bacco Sala 10-14: Botticelli, la Nascita di Venere I Corridoio: Domizia; Elio Cesare II Corridoio: Amorino dormiente in marmo nero; Omero pseudoantico; Lupa in porfido III Corridoio: Caracalla Ricetto e Sala Ermafrodito (sale 36, 37 e 38): ara funeraria; Amorino dormiente; Sarcofago con scena di caccia; Sarcofago con ratto delle Lucippidi; Centauro; Ermafrodito Sala del cavallo (ex-uscita Buontalenti): Ritratto di Cicerone; Ritratto di anziano velato capite; Ritratto di Augusto; Ara dei Vicomagistri; Busto con testa di ignoto; Ritratto di Domizia; Frammento di scultura con testa di Mitra; Ritratto di Antonino Pio; Ritratto femminile su busto moderno; Cd. Marco Aurelio fanciullo; Busto di Commodo; Ritratto di giovane; Ara di Telegennio. Per info: www.polomuseale.firenze.it

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SETTEMBRE 2014

EUROSYSTEM E LA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA Innovare il concetto di benessere sociale

Piccole o grandi che siano, le imprese hanno oggi un impatto sociale all’interno della Comunità e dell’ambiente in cui operano che non può e non deve essere sottovalutato. Dentro e fuori dagli uffici, l’impresa può fare molto per generare un benessere che non è solo economico ma tocca la sfera della vita etica dei suoi interlocutori. Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl racconta la sua esperienza con la Responsabilità Sociale d’Impresa.

Come azienda di medie dimensioni originaria del Nordest tecnologico, Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl conosce bene l’importanza della parola Comunità. Comunità intesa come personale interno, quasi 100 persone tra Treviso e Bergamo (dove l’azienda ha una seconda sede) che hanno investito in questa realtà e nel suo progetto di business competenze professionali e caratteristiche umane. Comunità, come i circa 60 partner tra multinazionali del mondo IT, studi di consulenza, istituti di credito, piccole realtà di informatica specializzate, tipografie, società di comunicazione, una decina tra associazioni di categoria, di settore ed enti istituzionali. Comunità, infine, come la rete di oltre un migliaio di clienti in tutto il Nord Italia se si considerano tutte le divisioni di business dell’azienda. A questo insieme di Comunità fatte di persone Eurosystem ha il 50

dovere e il diritto di rendere conto, non solo rispondendo alle richieste di mercato e generando una ricchezza di natura prettamente economica, ma assicurandosi di avere sulla società un impatto etico e responsabile. Perché l’impresa non è un ente singolo e autosufficiente ma, dentro e fuori dagli uffici, vive di relazioni tra persone e a queste persone deve garantire il proprio impegno affinché sia rispettato un concetto innovativo di benessere, che ha a che fare con la salvaguardia dell’ambiente, la tutela sociale, e il benessere delle persone sui luoghi di lavoro. Su scala locale ma anche internazionale. Per questo Eurosystem, sin dalla sua nascita, ha scelto di adottare una condotta responsabile rendendosi partecipe di


stories In particolare, negli ultimi anni, l’azienda ha avviato un progetto di adozione a distanza con il quale dà il suo contributo affinché tre bambini di diverse parti del mondo possano avere la possibilità di vivere una vita migliore. Le adozioni sono state attivate con tre diverse organizzazioni umanitarie: ActionAid, Più Vita Onlus e Save the Children, tutte impegnate nella lotta alle cause della povertà e dell’esclusione sociale e attive nella difesa dei diritti dei bambini in tutto il mondo.

diversi progetti di RSI (Responsabilità Sociale d’Impresa), dalla partecipazione a vari fondi di intervento istituiti da Confindustria nazionale e sindacati a favore della popolazione, dei lavoratori e delle Regioni interessate da eventi naturali drammatici (come il terremoto ad Haiti del 2010, quello in Emilia del 2012, o l’alluvione in Sardegna del 2013), al sostegno a fondazioni e associazioni per la ricerca medica come Telethon, all’acquisizione di veri e propri progetti di supporto continuativo ad onlus che operano a livello internazionale per garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali in continenti e paesi dilaniati da guerre civili e povertà.

Nel dettaglio ActionAid è un’organizzazione internazionale indipendente, impegnata nella lotta alle cause della fame nel mondo, della povertà e dell’esclusione sociale. Da oltre 40 anni è a fianco delle Comunità del Sud del mondo per garantire loro migliori condizioni di vita e il rispetto dei diritti fondamentali. Assieme a questa realtà, da circa 3 anni, Eurosystem accompagna Jie Li nel suo percorso di crescita, studio e acquisizione della cultura necessaria ad avere maggiori opportunità nel proprio paese. Jie Li è un bambino di 10 anni che parla due lingue, il mandarino e lo Zhuang, e vive attualmente con la sua famiglia nel villaggio di Banchi, in una piccola casa fatta di fango e mattoni, senza possedere nulla. Se qualcuno della sua famiglia si ammala, non può ricevere cure sanitarie adeguate. La contea di Longzhou, dove si trova il piccolo villaggio di Jie Li, fa parte della Regione Autonoma di Guangxi Zhunag e si estende per quasi 200 km lungo il confine tra Cina e Vietnam, ha un clima monsonico tropicale che durante la stagione delle piogge provoca inondazioni e danni all’agricoltura. La popolazione dello Guangxi Zhuang è

Jie Li Cina 51


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Leslie Ninex Chavarria Ramirex Nicaragua

poverissima e si dedica per l’83% all’agricoltura. La mancanza di infrastrutture e strade mantiene queste Comunità in uno stato di arretratezza e isolamento dal resto del Paese. I giovani emigrano numerosi nelle città in cerca di lavoro ma non lo trovano perché non possiedono alcuna formazione tecnica. Anche Più Vita Onlus è un’organizzazione senza fini di lucro che lavora per la cooperazione e l’educazione allo sviluppo nei paesi del Sud del mondo, realizzando progetti a favore dei bambini che vivono in condizioni di povertà e disagio per dare loro maggiori strumenti e competenze per un futuro più ricco di opportunità. Attualmente le azioni della onlus si sviluppano in Nicaragua e in Repubblica Dominicana e hanno tutte il fine di sostenere lo sviluppo delle popolazioni più svantaggiate, con particolare attenzione ai bambini e alle donne che vivono sotto la soglia di povertà e di garantire loro il rispetto dei diritti umani fondamentali: istruzione, alimentazione e assistenza medica. Assieme a Più Vita Onlus Eurosystem contribuisce al sostegno di Leslie Ninex Chavarria Ramirex, una ragazza di 14 anni che ad Estelì, in Nicaragua, frequenta la scuola dell’Associazione Più Vita, costruita nel 2010 grazie all’aiuto di tanti sostenitori volontari. La città di Estelì è fresca e accogliente, situata in una vallata tra le montagne, a 800 metri sopra il livello del mare. Estelì si trova nel nord del Nicaragua, conta circa 90.000 abitanti ed è famosa per il suo tabacco. Il Nicaragua è il paese più povero del continente americano dopo Haiti e Repubblica Domenicana. Ogni 1.000 bambini nati, ne muoiono 30, e la maggioranza della popolazione minore di 15 anni vive in situazioni di sopravvivenza con gravi carenze alimentari.

Save the Children, la terza realtà con cui Eurosystem collabora, è la più grande organizzazione internazionale indipendente per la difesa e la promozione dei diritti dei bambini. Sviluppa progetti che consentono miglioramenti sostenibili e di lungo periodo, lavorando a stretto contatto con le comunità locali; porta aiuti immediati, assistenza e sostegno alle famiglie in situazioni di emergenza, createsi a causa di calamità naturali o di guerre; parla a nome dei bambini e promuove la loro partecipazione attiva, intervenendo per far pressione su governi e istituzioni nazionali e internazionali. Insieme a Save the Children Eurosystem supporta le spese necessarie a garantire una crescita sana e un’istruzione completa a Mahadev Dahmi, un bambino di 7 anni dal carattere vivace e a cui piace molto leggere che vive nella piccola Comunità di Dakha Quady, nel distretto di Pyuthan, in Nepal. Pyuthan, il distretto in cui Mahadev Dahmi è nato, è a circa 155 miglia a ovest di Kathmandu, la capitale del Nepal, ed è caratterizzato da un paesaggio collinare. La maggior parte della popolazione vive di agricoltura di sussistenza e molti emigrano nella vicina India in cerca di lavoro retribuito. Le storie di Jie Li, Leslie Ninex Chavarria Ramirex e Mahadev Dahami, da tre anni ormai sono le storie della stessa Eurosystem che segue con entusiasmo il progetto, accolto e fortemente apprezzato anche da tutti i collaboratori del Gruppo. Questo progetto, assieme all’attenzione che l’azienda rivolge al resto della Comunità, finanziando corsi di formazione e aggiornamento ai dipendenti, rispettando i dettami della legge 296 del 27 dicembre 2006 sul risparmio energetico, contribuendo ad operazioni di supporto nelle aree colpite da disastri naturali rappresentano per Eurosystem un modo concreto per intervenire sulla società generando dei benefici non solo in termini di aumento del profitto ma anche di orgoglio, fiducia, qualità della propria esperienza sociale.

Mahadev Dahami Nepal 52


stories

UN GESTIONALE A MISURA DI AGENZIA TURISTICA La piccola e media impresa che spicca, anche grazie all’innovazione ERP

Negli ultimi tempi i luoghi comuni sulla piccola e media industria del Nordest si sprecano: “poco strutturata per fare innovazione, troppo familiare per crescere e troppo poco internazionalizzata per sopravvivere”. È vero, le PMI stanno vivendo un momento di profonda e diffusa difficoltà, eppure anni di esperienza sul territorio insegnano che coraggiose e positive testimonianze di realtà storiche, familiari, e allo stesso tempo innovative, strutturate e in salute, nel Triveneto esistono. Come insegna la storia di Agenzia Lampo Srl.

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La storia di Agenzia Lampo Srl è quella di una realtà a forte carattere familiare e imprenditoriale, che di queste due anime ha fatto la cifra del suo successo. Oggi l’azienda è leader nel settore della compravendita e delle affittanze immobiliari soprattutto nelle spiagge della costa veneta da Bibione a Ca’ di Valle. Ma quando nasce, circa 60 anni fa per iniziativa di Giovanni Mazzarotto, “imprenditore, uomo del fare, pioniere del settore del turismo” (dal sito www.lampo.it), è una piccola realtà di mediazione dei terreni che si evolve per l’intuizione del suo fondatore quando questi scopre che le facoltose dinastie per le quali opera possiedono vaste proprietà nelle vicine località della costa veneziana, Jesolo e Caorle in primis, dove nel frattempo emerge il turismo internazionale, spinto dall’arrivo dei primi bagnanti delle vicine Austria e Germania. Da qui una storia lunga e avventurosa quella dell’azienda di Portogruaro, oggi gestita da figli e nipoti del fondatore, che arriva a contare circa 400 dipendenti nel periodo estivo, 32.000 contratti turistici annuali e diverse filiali distribuite nelle spiagge di Bibione, Caorle, Porto Santa Margherita, Caorle Lido Altanea e Lido di Jesolo. Ma crescere senza innovare, evolversi e sperimentare è praticamente impossibile. Da questo punto di vista l’Agenzia Lampo, anche grazie alla lungimiranza della famiglia Mazzarotto, si è sempre distinta nel panorama locale e nazionale come precursore dei tempi e all’avanguardia nell’utilizzo delle tecnologie, arrivando così ad essere sin dall’anno 2000 una delle prime agenzie turistiche in Italia con un sito web di vendita online di vacanze. Uno degli ultimi step di un’evoluzione tecnologica iniziata ben prima e portata avanti sempre con il supporto e la consulenza di Gruppo Eurosystem Sistemarca, partner tecnologico storico dell’azienda. “Attualmente - spiega Manuela Bellotto, capo responsabile del progetto Freeway® GAT e dei rapporti informatici - la clientela turistica italiana ed europea di Agenzia Lampo Srl produce un movimento di circa 32.000 contratti annuali con conseguente notevole mole di operazioni e registrazioni da effettuare. Ma prima di arrivare a questo punto, già negli anni Novanta quando la realtà aziendale aveva dimensioni ridotte, ci si è resi conto della quantità di tempo impiegato dagli operatori nella registrazione manuale delle movimentazioni e si è sentita la necessità di adottare un sistema gestionale per migliorare l’efficienza del nostro modo di lavorare”. In questa fase avviene l’incontro con Gruppo Eurosystem Sistemarca e la scelta di adottare la soluzione gestionale oggi conosciuta come Freeway® Skyline, un software ERP estremamente flessibile grazie al quale è possibile costruire un 54


stories progetto integrato sulle esigenze specifiche del cliente. “La soluzione Freeway® Skyline introdotta in Agenzia Lampo Srl - racconta Daniele Perali, a capo del progetto curato da Gruppo Eurosystem Sistemarca - comprende al suo interno non solo un modulo di gestione amministrativa e finanziaria che permette al cliente di gestire la contabilità di 19 aziende, ma anche una vera e propria soluzione personalizzata, di nome GAT (Gestione Agenzie Turistiche), che nasce per rispondere appositamente alle esigenze dell’Agenzia, unica nel suo genere per dimensioni e flusso di movimentazioni”. Grazie all’introduzione di Freeway® GAT, viene finalmente automatizzato tutto il sistema di inserimento e gestione delle prenotazioni, delle anagrafiche turisti e delle anagrafiche proprietà immobiliari, dei contratti stipulati con i clienti ma anche con fornitori e altri mediatori turistici. Inoltre, con la tecnologia FPS (Freeway® Presentation Server) è stato costruito il portale web ‘Tableau’, integrato al GAT e agli altri moduli del gestionale, tramite il quale gli operatori di Agenzia Lampo Srl possono verificare direttamente e velocemente le varie disponibilità di appartamenti, hotel, villaggi relativi alla propria filiale ma anche alle altre, inserire le prenotazioni, richiamare queste ultime per le operazioni di check in e check out, operare l’inserimento di pagamenti con conseguente automatica emissione di documenti fiscali per il turista. Nel corso degli anni la prima versione del GAT ha subito molte migliorie ed implementazioni per adeguarsi alle esigenze aziendali, a nuove normative e standard tecnologici. Nel 2000, poi, con la realizzazione della prima versione di www.lampo.it, si è fatto in modo che il nuovo sito web si interfacciasse direttamente con Freeway® GAT per permettere agli utenti che lo visitavano (potenziali clienti) di visualizzare le disponibilità di alloggi estivi e di inserire direttamente le prenotazioni via web. “Con il sito di Lampo, uno dei primi di compravendita vacanze di un’agenzia turistica in Italia - continua Manuela Bellotto finalmente i nostri clienti potevano trovare il proprio alloggio, prenotare ed inviare la caparra online direttamente, senza nemmeno contattare l’operatore. E le prenotazioni venivano automaticamente inserite in GAT e registrate nel portale interno utilizzato dai nostri operatori. Ma rimaneva il problema del trasferimento dati tra le varie filiali: infatti, poiché nei primi anni non c’erano ancora linee veloci, si utilizzavano server separati, uno per la sede ed uno per ogni filiale, i dati di ogni server venivano copiati su cassetta e poi trasferiti nel server della sede centrale che provvedeva tramite alcuni programmi a distribuire nelle contabilità delle varie società del gruppo tutte le registrazioni contabili. Questo processo non consentiva un 55


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aggiornamento continuo dei dati almeno finchè non abbiamo adottato linee ad alta velocità che hanno permesso di tenere in collegamento i vari server”. Ma nel 2012, in seguito al trasferimento della sede centrale di Agenzia Lampo Srl in un nuovo edificio, viene avviato un progetto di aggiornamento dell’infrastruttura tecnologica, anche’esso affidato a Gruppo Eurosystem Sistemarca, che porta i server in assetto virtuale con una centralizzazione dello storage all’interno delle nuova sede e la realizzazione di un collegamento tramite rete VPN privata alle filiali in modalità desktop remoto. Risultato: finalmente si ottiene la sincronizzazione immediata online di tutti dati tra la sede principale e le varie filiali. “Inoltre, grazie anche alla recente rivisitazione del sito web www.lampo.it, oggi in tre lingue (italiano, inglese, tedesco), - continua Daniele Perali - il gestionale Freeway® GAT e il sito stesso possono dialogare continuamente e in tempo reale scambiandosi vicendevolmente dati su disponibilità, caratteristiche delle unità immobiliari, immagini, indirizzi e offerte. Mentre al cliente è data la possibilità di effettuare in completa autonomia tramite sito una prenotazione, ricercando la disponibilità, prenotando con invio della caparra e, se desiderato, completando il pagamento prima del suo arrivo, comodamente da casa, per avere meno pratiche da sbrigare in agenzia. A corredo del progetto anche la recente introduzione del modulo Freeway® Business Intelligence che oggi consente ad Agenzia Lampo di elaborare tutti i dati di business in possesso al fine di produrre statistiche sull’andamento aziendale e analisi dei flussi turistici, un supporto fondamentale per prendere decisioni strategiche in ambito commerciale e marketing”. Uno degli aspetti che da sempre caratterizza Agenzia Lampo Srl è la volontà di porre le esigenze del turista al primo posto cercando di soddisfare i suoi desideri e le sue aspettative dal momento della prenotazione, online o telefonica che sia, fino al check in e all’intera durata del soggiorno. “Grazie alla partnership con Gruppo Eurosystem Sistemarca, - conclude Manuela Bellotto - che ha saputo supportarci con il gestionale Freeway® Skyline in tutti questi anni evidenziando una capacità di risposta sempre all’altezza delle nostre richieste, è stato per noi possibile perfezionare i nostri servizi sempre di più e adattarci con disinvoltura alle novità imposte dal mercato o dalle normative. Da ultimo, le disposizioni in materia di comunicazione dati degli alloggiati alla Questura, motivo per cui il nostro ERP è stato ulteriormente implementato dando la possibilità al turista di caricare online i suoi dati e quelli degli altri familiari, sempre per ridurre i tempi di attesa al check in e renderlo più snello”. 56


@EUROSYSTEM.IT: DIALOGARE CON IT E ICT

scenari

Come configurare la richiesta del cliente all’interno dell’ERP Ma una soluzione a misura di utente esiste…

STEFANO BIRAL redazione@logyn.it

Il problema dell’utente Il problema dell’utente è che per progettare un pezzo unico, personalizzato anche in modo molto spinto, deve poter ottenere dal sistema la configurazione finale del prodotto e la sua costificazione tramite una forma interattiva (domanda-risposta).

Il contesto dell’offerta La capacità di gestire nell’ERP aziendale tutte le informazioni che ruotano intorno ai propri prodotti (beni o servizi) diventa strategica nelle aziende che vendono soluzioni uniche o personalizzate, diversificate e realizzate con ampia varietà di codici, opzioni e varianti. Se si ha come obiettivo l’ottimizzazione dei processi interni, è necessario garantire un supporto sia alla forza di vendita sia all’ufficio tecnico: in pratica, la richiesta del cliente deve essere tradotta in una voce di costo per arrivare a redigere un preventivo, un documento che sia il più coerente possibile sia con le politiche aziendali sia con le problematiche tecniche relative alla vendita di prodotti unici e costruiti su misura del cliente finale.

Ed è quella che può fornire un ERP che integri al suo interno un applicativo per la configurazione dei prodotti. Il configuratore di prodotto è una soluzione che fa parlare un linguaggio comune ai responsabili dell’ingegnerizzazione, della produzione, del marketing e delle vendite. Il suo utilizzo è fondamentale per ridurre l’interazione tra queste figure quando si ha a che fare con molteplici informazioni di configurazione, soggette a continue evoluzioni, diversificate per linea di prodotto. In queste situazioni, infatti, il configuratore permette di formulare delle proposte commerciali al cliente (offerte, preventivi) tecnicamente idonee e di cui sia stata calcolata la corretta stima economica. Eurosystem con il suo ERP Freeway® Skyline, ed il relativo modulo Freeway® Product Configurator, consente all’utente di creare form specifici in funzione delle sue necessità: sia questi un utente dell’ufficio progettazione, del reparto tecnico o commerciale. Senza la necessità di modificare il software ma lavorando con il prodotto standard, Freeway® Product Configurator consente di indicare le informazioni da richiedere in modo gerarchico e tramite schemi di colloquio che consentono dialoghi semplici ed intuitivi al fine di guidare l’utente nella scelta delle opzioni o varianti idonee. Gli schemi di intervista vengono generati grazie al motore di domande/risposte presente all’interno di Freeway® Product Configurator: si tratta di un’applicazione particolarmente ingegnerizzata, in grado di adeguare il proprio funzionamento sulla base delle informazioni disponibili nello schema di colloquio selezionato. Il dialogo con l’utente rispecchierà fedelmente i legami previsti nell’albero delle domande, presenterà in modo interattivo i valori abituali e quelli ammessi, controllerà le informazioni inserite nel singolo contesto, fornirà la quotazione economica del prodotto configurato, arrivando infine a presentare delle immagini che rendono persino amichevole il dialogo con l’utilizzatore finale. Il modulo è totalmente ingegnerizzato e integrato con tutto il sistema ERP al fine di poter originare automaticamente o virtualmente le distinte tecniche o produttive. 57


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PRIMA PARTE

ERP CLOUD, LA NUVOLA DI GESTIONE AZIENDALE

Non il gestionale trasferito nel cloud, ma il cloud di gestione delle aziende ALESSIO VOLTAREL

redazione@logyn.it

La nuova frontiera dell’informatica per la gestione delle aziende è il cloud computing, straordinario abilitatore di opportunità altrimenti impensabili. Il luogo “terzo” quale è il cloud rende federabili le aziende della supply chain, dà a ciascuna lo spazio privato di gestione del business, ma consente di metterle al contempo in relazione le une con le altre realizzando un’integrazione diretta e immediata nei processi del supply chain management. Le aziende hanno così un nuovo spazio pubblico nel quale condividere clienti, fornitori, informazioni che solo motori di ricerca evoluti e business intelligence applicati globalmente possono moltiplicare a beneficio di tutte le partecipanti. Il tutto completato da applicazioni e servizi con caratteristiche che solo il cloud può fornire. 56


spazio a y

Nei numeri precedenti di Logyn molto è stato detto nella rubrica Spazio a y circa le caratteristiche salienti di un moderno ERP (Enterprise Resource Planning) secondo Eurosystem. Si è insistito sul valore aggiunto della metodologia orientata al BPM (Business Process Management) nel disegno dei processi aziendali, sul fondamentale ruolo dell’architettura SOA (Service Oriented Architecture) nell’ERP e del sistema di orchestrazione basato su service bus per animare i workflow progettati. Si è anche parlato di SENSE, cioè del nuovo motore di ricerca intelligente che aiuta gli utenti a cercare e accedere con immediatezza a informazioni, documenti, attività e funzioni dell’ERP. Si è, infine, messo in evidenza come l’efficacia di un moderno portale e delle app per dispositivi mobili rendano realmente accessibile il gestionale a tutti i profili di utenza nel modo a ciascuno più adeguato. Tutte le esemplificazioni che sono state fatte hanno riguardato i focus della gestione interna dell’azienda, con la possibilità di inviare/ricevere comunicazioni (documenti, file xml, email, fax ecc) ai/dai tradizionali interlocutori dell’azienda, cioè i clienti, i fornitori, le banche, gli uffici della pubblica amministrazione o altri enti. Praticamente la realtà a portata di mano oggi con Freeway® Skyline. Facciamo ora una corsa in avanti, nel futuro a venire, immaginando quello che è il prossimo computing generation, oramai alle porte, cioè il cloud (la “nuvola”, la prossima frontiera evolutiva dell’informatica, dopo che gli anni ’70 sono stati caratterizzati dai mainframe, gli ’80 dal client-server, i ’90 dal web, i 2000 dal SOA), insieme all’inedito valore aggiunto che il cloud può dare alla gestione ERP delle aziende. E si comprenderà che gli importanti “ingredienti” menzionati che sono già la forza di Freeway® Skyline, accorciano la distanza tra l’ERP e la concezione dei servizi software tratteggiati dal cloud. 57


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VISION & RESEARCH

I VANTAGGI INEDITI DEL ERP CLOUD, IL LUOGO “TERZO” Eurosystem, in un progetto di ricerca applicata che ha condotto finanziata da fondi europei, ha messo in evidenza come le necessità gestionali delle aziende indicano chiaramente che l’interesse si è spostato anche verso la possibilità di distribuire piuttosto che accentrare, di spostare il focus dalla gestione burocratica e dei processi interni dell’impresa (esigenze che comunque rimangono) a quella di gestire i processi e le decisioni tra aziende in modo almeno in parte condiviso, senza naturalmente nulla togliere - ed è importante ribadirlo - agli ambiti e alle informazioni prettamente riservati e strategici che ciascuna azienda ha.

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profilati pubblicamente con opportune informazioni (anche in questo caso, che ciascuna azienda decide deliberatamente di rendere pubbliche). Non è difficile pensare a funzionalità intelligenti (alla SENSE diciamo) che sappiano ricercare in modo automatico non solo tra i profili aziendali suddetti ma anche nei rispettivi cataloghi di prodotti resi pubblici in ERP Cloud, a diretto beneficio delle aziende medesime quando cercano nuovi interlocutori, potendo quindi aggiungerli facilmente tra i propri clienti o fornitori.

Le aziende che rientrano negli scenari di collaborazione, pur essendo specializzate ciascuna nel proprio settore, hanno un ruolo sostanzialmente paritetico nella cosiddetta catena del valore, altrimenti detta supply chain. Viene a crearsi una vera e propria rete di nodi aziendali sulla quale possono nascere più circuiti di collaborazione, in quanto singoli nodi aziendali possono rientrare in collaborazioni diverse tra i soggetti in gioco. L’insieme di “accoppiamenti” di relazione di tipo cliente-fornitore tra aziende che collaborano possono instaurarsi nel modo più arbitrario e dinamico che si può immaginare, tanto che la gestione della classica catena del valore, ovvero supply chain management, è più propriamente un Network Supply Chain Management.

Immaginiamo quindi che l’aggiunta di un’azienda nota pubblicamente in ERP Cloud ai propri clienti/fornitori possa abilitare automaticamente l’inclusione di essa a una serie di workflow che ERP Cloud offre all’azienda sottoscrittrice, ad esempio per quanto riguarda la parte di processo esterno riguardante i preventivi, la conferma di ordini, la fatturazione, la spedizione, i resi, etc. ma anche per quanto riguarda i processi interni di avanzamento degli ordini cliente, della pianificazione, della produzione, e così via. Così quando viene emessa ad esempio una fattura di vendita, questa automaticamente fa nascere istantaneamente quella di acquisto nell’azienda acquirente (innescando le opportune logiche di workflow), così come un ordine di acquisto emesso fa nascere automaticamente un ordine di vendita nell’azienda venditrice (innescando le opportune logiche di workflow), e così via.

Immaginiamo ora una piattaforma cloud di servizi integrati per la gestione aziendale - che per brevità chiameremo ERP Cloud - nella quale un’azienda può sottoscriversi, per così dire “federandosi” a un sistema di aziende analogamente iscritte, che usufruiscono in modo più o meno esteso dei medesimi servizi. Immaginiamo che ERP Cloud gestisca, tra le molte altre cose, un catalogo pubblico di imprese (avente ciascuna ruolo di cliente o di fornitore, o più in generale con il doppio ruolo di cliente per alcuni interlocutori e di fornitore per altri), ciascuna avente un proprio profilo pubblico (con informazioni che ciascuna azienda decide deliberatamente di rendere pubbliche), che offre determinati prodotti o servizi, e che tali prodotti o servizi siano essi stessi

Immaginiamo che un’azienda iscritta a ERP Cloud possa decidere arbitrariamente il grado di visibilità pubblica di sé e dei propri prodotti, consapevole naturalmente che di conseguenza varierà il livello di partecipazione o inclusione (di sé o dei propri prodotti) a servizi che ERP Cloud offre (come appunto quelli di ricerca intelligente o di business intelligence) e quindi anche il livello di benefici e opportunità diretti o indiretti. In questo modo un’azienda potrà spaziare dallo stato di più completa riservatezza (di sé o dei propri prodotti), tanto da non essere visibile pubblicamente in ERP Cloud, come essere tra le più note, pubblicizzate e ricercate. Indipendentemente da questo livello di visibilità, un’azienda può anche scegliere di includere tra i propri clienti o fornitori, come già


spazio a y detto, quelli del catalogo pubblico di ERP Cloud, oppure di crearsi anche una parte di anagrafica di clienti e di fornitori totalmente riservata. Immaginiamo infine che il set di funzionalità, applicazioni e servizi gestionali (di calcolo o di processo), sia esso stesso “a sottoscrizione”, cioè che l’azienda iscritta a ERP Cloud abbia la facoltà di richiedere (gruppi di) applicazioni, servizi e processi che liberamente sceglie perché ritiene esserle necessari o utili, ai quali appunto si sottoscrive. Naturalmente si può immaginare che tutte le funzionalità tipiche dell’ERP siano disponibili in ERP Cloud, che ciascun utente di ciascuna azienda sottoscritta possa usufruirne mediante il portale web di ERP Cloud o da una serie di app che ERP Cloud mette a disposizione per i dispositivi di più ampia diffusione.

E ancora: “...Ma la cosa più significativa è il miglioramento di efficacia nelle relazioni con fornitori e clienti: il maggior interscambio delle informazioni rappresenta un vero passo avanti, non come la posta certificata, che è retro-innovazione, o come la fatturazione elettronica, che riproduce gli stessi processi cartacei con sistemi digitali. La vera innovazione della fatturazione si ha se un’azienda è in grado di recepire nei suoi sistemi la fattura nel momento stesso in cui viene prodotta, ovvero se l’integrazione dei flussi economici è nativa. Bisogna capire che per essere più competitivi, tutte le imprese devono integrare nel cloud la propria attività e così deve fare anche la PA [Pubblica Amministrazione]: solo allora c’è un salto di competitività nazionale... Sono contrario alla migrazione come mera virtualizzazione della infrastruttura IT [...] Quella nel cloud è un’ascensione che deve essere sfruttata per ridisegnare i processi aziendali...”

Qual è la caratteristica che rende possibile questa concezione di ERP Cloud e le sue funzionalità avanzate che travalicano i confini delle singole aziende iscritte? È la terzietà di “luogo” che il cloud costituisce, cioè le aziende che si iscrivono a ERP Cloud non possiedono materialmente uno spazio di infrastruttura propria, affidano la propria gestione aziendale a questo “luogo” terzo al fine di ottenerne in cambio molti più benefici (alcuni dei quali inediti) rispetto a una qualsiasi soluzione on premise (che nel gergo del cloud significa “in casa”). In una illuminante intervista di Francesco Marino, apparsa sul numero 29 di Digitalic del maggio scorso, Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di strategia politica e aziendale alla Bocconi, racconta la sua visione della “nuvola” (cioè il cloud). Val la pena qui riportare alcuni passaggi chiave: “...Il cloud è come un territorio condiviso virtuale. È la terra degli standard e può essere una nuova istituzione. Se le aziende italiane, la pubblica amministrazione e le associazioni andassero sul cloud, potrebbero comunicare tra di loro attraverso una nuova lingua digitale. Ci sarebbero dei vantaggi enormi dal punto di vista dell’interoperabilità, in quanto potrebbero condividere dati, processi e procedure [...] Il cloud è il territorio degli standard, dunque non si può pensare di utilizzarlo mantenendo sistemi iper-personalizzati. Se un’azienda vuole continuare ad utilizzare la propria applicazione, sviluppata appositamente, perde la grande opportunità di trovarsi in un hub per la comunicazione e l’interoperabilità con il resto del mondo [...] Il cloud migliora certamente la competitività delle imprese, perché riduce i costi operativi, elimina gli investimenti in tecnologie a rapida obsolescenza e consente un risparmio enorme dal lato degli aggiornamenti...”

Nel prossimo numero di Logyn, la seconda parte

VISION & RESEARCH

CLOUD: I DIVERSI MODELLI, I FALSI RISCHI Con l’idea di ERP cloud in testa, rifletteremo sui vantaggi e le promesse dei cloud provider; accenneremo alle differenze tra i modelli architetturali del cloud: Infrastructure as a Service (IaaS), Platform as a Service (PaaS) e Software as a Service (SaaS); infine valuteremo la fondatezza dei rischi percepiti legati al cloud in merito alla sicurezza e alla protezione dei dati. 59


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IN VIAGGIO CON EUROSYSTEM Il tour di Freeway® Skyline

I sistemi ERP, letteralmente “pianificazione delle risorse d’impresa”, vedono le proprie origini a partire dagli anni ’60; nel corso della storia hanno subito costanti miglioramenti, cercando di integrare e agevolare tutti i processi di business rilevanti di un’azienda. Eurosystem propone la propria soluzione ERP attraverso un viaggio a contatto diretto con il pubblico, in un’operazione di diffusione delle tematiche relative all’universo IT, di creazione di cultura e conoscenza intorno a questo mondo e ai vantaggi che le aziende possono trarne. 60


La situazione economica odierna, costellata di nuove imprese che nascono ogni giorno, e di altre che cercano di sfruttare sempre al meglio le proprie risorse, nonostante la crisi che stiamo vivendo, costringe tutte le aziende a operare in presenza di livelli crescenti di concorrenza e complessità, in cui rimanere competitivi diventa una vera e propria sfida. I sistemi ERP sono stati creati proprio per aiutare l’impresa a vincere questa sfida: semplificando, integrando e automatizzando i processi di business, queste soluzioni diventano fondamentali per raggiungere maggiore efficienza e ridurre di conseguenza i costi. Ma cosa manca alle aziende per valutare correttamente l’adozione di sistemi di questo tipo? Innanzitutto, una conoscenza approfondita di quelle che sono le attuali innovazioni metodologiche e tecniche nel campo della gestione dei processi aziendali.

scenari Nel corso degli eventi ci si è posti spesso la domanda: ma cosa richiede il mercato oggi? Le risposte sono arrivate quasi all’unisono dai partecipanti: in primis una maggiore diversificazione dell’offerta, seguita dalla crescente necessità di velocizzare la consegna al cliente finale.

Proprio per contribuire a creare e diffondere una maggiore cultura su questi temi, Gruppo Eurosystem Sistemarca ha dato vita alla rivista bimestrale Logyn, che vuole spiegare alle imprese come e perché oggi l’evoluzione tecnologica diventa la principale leva per innovare la propria realtà imprenditoriale. Ad operazioni di divulgazione delle tematiche IT come questa, il Gruppo affianca periodicamente attività di incontro e aggiornamento dirette alle direzioni aziendali ma anche agli utilizzatori finali di queste soluzioni. L’ultima, un ciclo di eventi iniziato l’8 maggio 2014, che ha portato Freeway® Skyline, l’ERP realizzato da Eurosystem, in viaggio verso un pubblico vasto e variegato di aziende non clienti con l’obiettivo di spiegare come una soluzione gestionale possa realmente aiutare le aziende a operare meglio e più velocemente. Freeway® Skyline on tour, questo il nome dell’evento, ha previsto un itinerario di 5 tappe in altrettante importanti città del Nord Italia (Venezia, Padova, Verona, Modena, Bergamo), per concludersi il 12 giugno 2014 nell’atmosfera medievale del Castello di Grumello. Ogni tappa del tour si è aperta con una discussione generale sull’universo ERP, focalizzandosi non solo sulla presentazione della soluzione di Eurosystem ma anche sul panorama circostante, in una visione a 360 gradi di quelli che sono gli scenari in cui ci si sta muovendo, e le esigenze di mercato a cui uno strumento ERP può rispondere efficacemente.

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SETTEMBRE 2014

Ma per diventare davvero competitivi diventa sempre più necessario avere una chiara idea di quali siano i processi core della propria azienda e di come poterne migliorare l’efficienza. Freeway® Skyline, grazie alla possibilità di affiancare al prodotto standard applicativi per l’archiviazione documentale, le gestione di workflow, la Buisness Intelligence, e un accesso unico e profilato ad un portale web di gestione delle attività, si propone come lo strumento ERP più adatto a supportare processi aziendali, sviluppando le connessioni tra persone e sistemi per favorire l’ottimizzazione del risultato finale. Tempestività e flessibilità sono le parole chiave della soluzione. Le giornate dedicate al tour, a seconda della location in cui sono state organizzate, hanno chiuso di volta in volta con un gran finale sempre diverso, caratterizzato da intrattenimenti affascinanti e coinvolgenti, come la visita al Museo Nicolis di Villafranca (VR), un museo non tradizionale che racconta l’evoluzione dei mezzi di trasporto negli ultimi due secoli, in cui i partecipanti all’evento hanno potuto scoprire anche molto altro all’interno di questo Museo-non-Museo: macchine fotografiche e per scrivere, strumenti musicali, oggetti introvabili. Un’altra interessante esperienza è stata l’esplorazione dell’Acetaia del Duca (MO), antica sede dell’azienda secolare “Aceto Balsamico del Duca” fondata da Adriano Grosoli, risalente al XIX secolo, cui è seguita la visita al moderno stabilimento per la produzione di Aceto Balsamico di Modena IGP, che utilizza tecnologie sempre più avanzate, in un emozionante viaggio tra passato e presente della tradizione modenese. Nella tappa finale del tour gli ospiti hanno avuto modo di visitare il Castello medievale di Grumello, situato nel cuore della Valcalepio, tra Bologna e il lago d’Iseo, da cui domina i vigneti sottostanti offrendo un panorama mozzafiato. Le sue mura, costruite intorno all’anno Mille come fortezza militare, e oggi appartenenti alla famiglia Reschigna Kettlitz di Milano, hanno fatto da incantevole sfondo e accompagnamento per i partecipanti, che sono stati inizialmente accolti in una delle grandi sale del castello, per poi essere condotti nella torre e nelle cantine, dove hanno concluso l’evento con una degustazione dei pregiati vini della Valcalepio. Le tappe scelte hanno voluto lasciare un duplice ricordo agli invitati: da un lato la visita di luoghi misteriosi e ricchi di storia, dall’altro un approfondimento sulle tematiche ERP e la conoscenza dell’innovativa soluzione proposta 62

da Eurosystem che, mettendosi direttamente in gioco per i propri clienti, ha voluto ribadire ancora una volta il suo obiettivo consulenziale attraverso una presenza costante che mira ad aiutare, accompagnare e supportare i propri acquirenti nelle loro scelte di miglioramento aziendale.


informazione pubblicitaria

Evento indimenticabile al Museo Nicolis, un autentico viaggio nel tempo Nonostante il contesto problematico e la Spending Review, l’Italia resta uno dei Paesi di maggiore appeal per l’organizzazione di eventi, congressi, rassegne. Questo sembra anche evidenziare che, in un mondo più virtuale e RETE-dipendente, si manifesta a vari livelli il desiderio di relazioni personali e di confronti diretti. Al frenetico scambio di messaggi attraverso i social network fanno da contraltare eventi, celebrazioni, meeting, cui si affiancano cene, feste private, ricorrenze. Il “prerequisito” è che siano innovativi, non convenzionali, e, soprattutto, che abbiano quel “qualcosa in più” che li può rendere indimenticabili. Per questo, la sede è strategica per il successo di una manifestazione. Lo sa il Museo Nicolis di Villafranca, alle porte di Verona, che affianca all’esposizione di prestigiose collezioni di auto storiche, moto e biciclette d’epoca, strumenti musicali, macchine fotografiche e per scrivere, Vintage Store, un modernissimo Centro Congressi che rappresenta il punto di riferimento per la Business Community locale e una delle sedi più “gettonate” dell’intero territorio.

È proprio la “peculiarità” il fattore vincente. La collocazione del Centro Congressi all’interno del Museo, in un contesto spettacolare, fa la differenza.

La riunione di lavoro può essere faticosa e stressante, ma essere seduti a pochi metri da vetture meravigliose che evocano campioni e vittorie leggendarie dà energia ed emozioni. Realizzato con criteri modernissimi e le più avanzate tecnologie, dispone di una Sala Conferenze insonorizzata per 120 persone. A fianco, una sala riservata a un gruppo ristretto (10-15 persone). All’esterno, un’area polifunzionale collegata alla Sala Meeting da un impianto video con schermi al plasma, una soluzione che consente di comunicare efficacemente con numeriche più importanti. Quest’area luminosa e sofisticata si affaccia sulla terrazza panoramica, e viene utilizzata per ricevimenti, colazioni di lavoro, intrattenimenti.

Aperitivo al Museo – Terrazza Panoramica

Una particolare area del Museo, al piano terra, è denominata “Lo Spazio delle Idee”; copre 600 mq, è spettacolare e ospita mostre tematiche, spettacoli, ricevimenti. È uno spazio flessibile che può essere personalizzato in modo accuratissimo, mantenendo però intatti il fascino e l’atmosfera degli oggetti d’epoca che sono parte integrante del Museo. Uno Staff di grande professionalità e la ubicazione privilegiata rispetto ai principali snodi logistici del Nord Italia rappresentano un indiscusso valore aggiunto. Villafranca è a pochi chilometri da Verona, può essere raggiunta facilmente in auto (autostrada Milano - Venezia), è a pochi minuti dall’aeroporto Catullo che offre collegamenti giornalieri con le principali destinazioni italiane ed europee, è al centro di un territorio che in pochi chilometri offre le bellezze del Lago di Garda, le colline del Valpolicella, luoghi storici come Custoza, Solferino e San Martino, borghi medioevali (Borghetto sul Mincio, Valeggio). Per questo, un meeting di lavoro ma anche una cena, possono diventare un evento “memorabile”.

Per ulteriori informazioni visita il sito

www.museonicolis.com Interno del Centro Congressi – Sala Villoresi

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SETTEMBRE 2014

SERVIZI CGN

SCEGLIE IL DISASTER RECOVERY PER LA SICUREZZA DI DATI E SERVIZI Sistemarca realizza il progetto di DR con tecnologie EMC FRANCO PELLIZZARI

redazione@logyn.it

Quando la qualità della propria offerta dipende dalla flessibilità con cui si eroga un servizio e dalle garanzie di sicurezza che si danno sulla gestione di dati sensibili, è allora che per il successo di un’azienda l’innovazione della propria infrastruttura tecnologica passa dall’essere un fattore influente all’essere imprescindibile. Un’intuizione che è arrivata già da tempo in Gruppo Servizi CGN, leader nel mercato nazionale della consulenza fiscale B2B, che ha scelto di realizzare un’infrastruttura con i necessari criteri di affidabilità, sicurezza e resilienza; adottando le soluzioni EMC per la definizione di un progetto di Disaster Recovery affidato alla consulenza di Gruppo Eurosystem Sistemarca. 64


“Il pesce che vola punta al cielo, balza fuori dall’ordinario e oltrepassa anche le nubi più cupe...” “Il pesce che vola è raro, anzi unico: pochi sanno fare quello che fa lui, o forse nessun altro...” “Il pesce che vola è un essere in mutamento, com’è sempre in fase di trasformazione un’azienda vitale...” È il pesce che vola la metafora che meglio rappresenta i caratteri distintivi e quindi il valore aggiunto che contribuisce al successo del Gruppo Servizi CGN, una realtà con sede a Pordenone (Friuli Venezia Giulia) che rappresenta uno dei più luminosi esempi di come è possibile anticipare le esigenze di mercato con soluzioni innovative e di come alla velocità di tempi, mercati e tecnologie si possa rispondere con ricerca, innovazione e cultura della persona. Il Gruppo Servizi CGN è oggi il primo gruppo nel mercato nazionale della consulenza fiscale business to business ed è costituito da diverse società organizzate in un modello che permette di mantenere la flessibilità della piccola azienda a qualsiasi livello di crescita. Fra queste, Seek & Partners spa la società che si rivolge esclusivamente al mercato interno per offrire i servizi di sviluppo software, logistica, e ICT. In controtendenza con il contesto macro-economico nel quale opera, il Gruppo Servizi CGN chiude il 2013 con un fatturato di 29 milioni di euro, in crescita del 18% rispetto al 2012 con aumento dei collaboratori che passano dai 90 di dicembre 2010 a 181 a fine 2013, tanto che si è resa necessaria la realizzazione di una seconda nuova sede aziendale di 18.000 metri cubi chiamata “Oceano”,che a tutt’oggi risulta essere il più grande edificio green certificato Casa Clima classe A del Friuli Venezia Giulia. Ed è proprio su questa nuova sede, impressionante per l’attenzione posta su comfort, ecosostenibilità e design, che trova spazio l’altrettanto impressionante datacenter, un vero modello di cura dei particolari ed efficienza energetica, all’interno del quale è installata e gestita la nuova infrastruttura IT del Gruppo, connessa in fibra all’infrastruttura gemella ubicata nella seconda sede (prima per nascita) della società. Il progetto tecnologico della nuova infrastruttura doveva soddisfare alcuni obiettivi principali, pilastri su cui poter appoggiare l’erogazione dei nuovi servizi e lo sviluppo di nuove soluzioni, a fronte del sempre crescente numero di clienti e di collaboratori: maggiore sicurezza nella disponibilità dei servizi applicativi e dei dati archiviati, alta disponibilità con bilanciamento dei carichi di lavoro, maggiore flessibilità e scalabilità delle performance nelle aree critiche, maggiore agilità e flessibilità alle

stories opportunità di crescita, migliore capacità di pianificazione nella distribuzione delle risorse. Marco Crozzoli - amministratore delegato Sistemi Informativi Servizi CGN - spiega così il contesto all’interno del quale si è sviluppata la spinta evolutiva che ha portato alla realizzazione del progetto: “Una delle esigenze sentite dall’azienda nel corso degli anni è la necessità di crescita dell’infrastruttura che coincide con la crescita aziendale in termini di nuovi servizi erogati, nuovi clienti acquisiti e nuove risorse interne. La filosofia aziendale è di mantenere all’interno dell’azienda il know-how tecnologico, le risorse tecniche e la gestione dei servizi infrastrutturali così da poter soddisfare al meglio e più rapidamente le necessità e le richieste dovute alla costante evoluzione avuta negli ultimi anni. Inoltre, le necessità legate a garantire al cliente la massima cura e qualità nella gestione dei servizi e dei dati presso di noi, nel rispettare norme legali di privacy, e sottostare a norme e regolamenti fiscali e giuridici, fa sì che sia necessario optare per una gestione privata delle informazioni rispetto all’utilizzo di un modello delocalizzato e ‘pubblico’ pur sponsorizzato da molti vendor che cavalcano la filosofia del ‘public cloud’, anche se non escludo che in forma ibrida potremmo anche avere un futuro interesse”. “Per questi motivi - continua Crozzoli - l’azienda ha scelto di realizzare una infrastruttura con i necessari criteri di affidabilità, sicurezza e resilienza, e la soluzione EMC analizzata e implementata con Sistemarca, società del Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl, ritengo sia quella che meglio risponde alle nostre richieste di scalabilità sia orizzontale sia verticale, di flessibilità in termini di estensibilità delle risorse (networking, workloads, storage, performance) e che contemporaneamente meglio garantisce alta affidabilità nella continuità del servizio”. Gianfranco Casu - responsabile Progetti del Gruppo Eurosystem Sistemarca, che ha curato l’intero progetto - ricorda: “prima di arrivare alla definizione dell’assetto finale, è stato necessario analizzare molto bene quello in essere, che del nuovo progetto avrebbe costituito parte integrante, a cui quindi affiancare una soluzione basata su storage di ultima generazione in grado di garantire performance, espandibilità e flessibilità per 65


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GRUPPO SERVIZI CGN Servizi CGN è oggi il primo gruppo nel mercato nazionale della consulenza fiscale business to business. Con sede a Pordenone (Friuli Venezia Giulia) è in realtà il riferimento per oltre 30 mila professionisti in tutta Italia. A quest’ultimi, in particolare dottori commercialisti, esperti contabili e consulenti del lavoro, è dedicata un’offerta di servizi in continua evoluzione (dallo sviluppo di strumenti software alla consulenza e assistenza, alla formazione) che ha come principale fine la semplificazione, l’organizzazione e l’ottimizzazione del lavoro. Cuore pulsante del Gruppo è il Caf CGN, quinto Caf in Italia per numero di dichiarazioni trasmesse e primo tra i Caf di categoria per importanza e tradizione. Attraverso il Caf il Gruppo Servizi CGN, che è anche secondo gestore telematico di pratiche camerali, svolge la funzione di intermediario per facilitare i rapporti tra contribuenti, professionisti, imprese e amministrazione pubblica. Obiettivo: la creazione di un sistema finalizzato a ridurre i costi e i tempi di lavoro, ma anche a sviluppare nuove opportunità di business.

le evoluzioni future. Sono state valutate diverse ipotesi di sistemi in replica fra loro, massimizzando l’esperienza che ci siamo fatti sul nostro ampio parco di installato e analizzando con scrupolo le informazioni messe a disposizione dai vendor, confrontandoci di volta in volta con il cliente. Alla fine la soluzione scelta e condivisa con il cliente è stata quella di due storage EMC VNX5200 in replica fra loro con EMC Recover Point: una soluzione adottata in questo progetto per ragioni di performance, nella versione appliance fisico (ma esiste anche come Virtual Appliance) che, collegata alla SAN/LAN, consente di accedere allo storage locale e alla rete WAN IP per la gestione e la replica sia locale sia remota. Fra le tante peculiarità della soluzione sono stati particolarmente apprezzati la possibilità di eseguire il ripristino dei dati a qualsiasi point-in-time presente nella finestra di tempo garantita dalla dimensione del jurnal, e la possibilità di impiego dei dischi SSD in modalità Fast Cache, che di fatto permette di ottenere performance di assoluto rilievo, e ovviamente il tutto mantenendo quelle caratteristiche di espansione e di flessibilità richieste fin dall’inizio dal cliente”. Nell’ambito del progetto, infine, anche la collaborazione con Avnet Technology Solutions, distributore a valore EMC, è stata fondamentale affinchè Gruppo Eurosystem Sistemarca riuscisse ad individuare e proporre la soluzione migliore e l’offerta più competitiva per il Gruppo servizi CGN. La nuova infrastruttura, grazie alla sicurezza dell’assetto in Disaster Recovery e delle performance ora disponibili, permette già da ora al Gruppo Servizi CGN di affrontare programmi di sviluppo e di erogazione di nuovi servizi, difficilmente affrontabili fino a pochi mesi fa. Stefano Cancian, responsabile del Mid-Market di EMC Italia, ha seguito con particolare attenzione l’evoluzione del progetto sostenendo che “il fatto che un’azienda così innovativa e brillante quale il Gruppo servizi CGN scelga la tecnologia EMC a supporto del proprio business non può che far piacere, anche perché supportata dall’esperienza di un partner qualificato e solido come il Gruppo Eurosystem Sistemarca. Mi auguro che questo bel progetto possa essere di esempio anche per altre aziende del territorio che, in un momento di difficoltà economica generale, possano trovare nell’evoluzione ed innovazione tecnologica la spinta verso nuovi e gratificanti obiettivi”.

BUSINESS

PARTNER 66


@EUROSYSTEM.IT: DIALOGARE CON IT E ICT

scenari

Il dato è tratto: spunti sulla Data Loss Prevention

ATTILIO CUCCATO redazione@logyn.it

Alea jacta est significa prendere una decisione dalla quale non sarà più possibile tornare indietro. Giocando sulla famosa frase di Giulio Cesare, potremmo dire che altrettanto definitive sono spesso le decisioni che dobbiamo prendere quando si tratta di dati e della loro sicurezza. Bene, ecco perché riepilogare alcuni punti focali in materia di dati e di Data Loss Prevention (DLP).

Data Loss Prevention tra processi… Prima di tutto classifichiamoli questi dati, per grado di riservatezza, valore, sensibilità, definendone il ciclo di vita e i livelli di rischio. Domandiamoci quali sono le informazioni veramente importanti per la nostra azienda e a quali rischi andiamo incontro in caso di perdita accidentale o sottrazione indebita. Verifichiamo la sicurezza di processi organizzativi, ruoli e responsabilità nell’organigramma aziendale, definendo il processo e le politiche per la gestione dei nostri dati. La DLP stessa è un processo, a protezione degli end-point e dei dispositivi mobili, dei canali di comunicazione (posta e internet), dei server critici, dello storage e dei backup, e salvaguarda le informazioni mentre sono in-motion (network traffic), in-use (endpoint/server actions) o at-rest (data storage). Definire processi e politiche è più importante che scegliere la tecnologia da adottare proprio perché spesso non esiste uno sviluppo definito di gestione delle informazioni. Assodato che le minacce nascono soprattutto all’interno e che questo fenomeno crescerà con l’aumento dell’uso di device mobili personali in azienda, dobbiamo domandarci se

le aziende potranno ancora stabilire delle regole rispettabili o se non sia più conveniente assecondare l’esperienza utente e la consapevolezza facendone punti di forza per migliorare produttività e sicurezza. Spesso si critica i sistemi DLP perché non prevengono tempestivamente la fuoriuscita di informazioni ma quello che dobbiamo chiedere a queste soluzioni è di interagire in modo intelligente con gli utenti fornendo loro uno strumento di autocorrezione e di educazione alle politiche aziendali su utilizzo e tutela dei dati.

...e tecnologie Prima di spostare un file, su un disco esterno o una share in internet, o inviare una e-mail potenzialmente dannosa, la soluzione DLP invierà una segnalazione all’utente basata sulla correlazione di vari elementi: testo della mail, indirizzo del destinatario, tipologia dei file, ecc. Riconosciuto il potenziale rischio, il software avviserà l’utente che l’azione potrebbe portare a una perdita di dati e gli chiederà in che modo intende procedere. Ad esempio, per la posta l’utente potrà decidere se inviare l’e-mail, modificarla, o fermarsi. La sua scelta sarà registrata dal sistema e, qualora necessario, ripescata per comprenderne le motivazioni. I vantaggi indiscussi di questo approccio sono la possibilità per l’utente di gestire eccezioni in tempo reale, senza intervento dell’amministratore, e di bloccare un’involontaria fuoriuscita di informazioni prima che avvenga. Implementare una soluzione di Data Loss o Leak Prevention può presentare alcune criticità di natura tecnico-organizzativa e di integrazione con le policy e i sistemi di sicurezza già esistenti. Tuttavia, potrei già avere in azienda delle funzionalità DLP a corredo di altri prodotti, che non sto utilizzando. Verifichiamolo e procediamo attuando un approccio graduale e selettivo sulla base dei livelli di rischio e riservatezza precedentemente definiti. A questo punto, un passo dentro il Rubicone potremmo anche mettercelo.

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informazione pubblicitaria

Gestite in sicurezza le vostre informazioni: Deep Security é la piattaforma completa per la sicurezza del datacenter Protezione avanzata per server fisici, virtuali e in-the-cloud Nelle aziende odierne le informazioni sono la risorsa più strategica: rappresentano il vantaggio sulla concorrenza e alimentano l’eccellenza operativa. Con l’esplosione delle tecnologie mobile, social e in-the-cloud, proteggere queste informazioni è diventato più arduo che mai. Alle aziende serve una strategia di protezione intelligente.

Deep Security assicura una protezione avanzata per server fisici, virtuali e in-the-cloud, protegge le applicazioni e i dati aziendali da violazioni e interruzioni dell’attività permettendo allo stesso tempo di: • accelerare il ROI di virtualizzazione, VDI e cloud, offrendo un modo più agile e gestibile per proteggere le macchine virtuali e trarre il massimo dagli investimenti nella virtualizzazione e nel cloud; • ridurre i costi operativi con minori spese di esercizio, meno ore personale e tassi di consolidamento delle macchine virtuali superiori; • impedire le violazioni dei dati, riducendo al minimo le interruzioni dell’attività con una protezione avanzata grazie alla quale i server e i desktop virtuali si difendono autonomamente; • ottenere la conformità: Deep Security soddisfa i principali requisiti di standard quali PCI DSS 2.0, HIPAA, NIST, SAS 70 e tanto altro.

Che cosa fa

Anti-malware

Si integra con gli ambienti VMware per la protezione agentless o fornisce un agent per la difesa dei server fisici e dei desktop virtuali in modalità locale. Integra le nuove API VMware vShield Endpoint per fornire protezione antimalware agentless per le macchine virtuali VMware senza alcun utilizzo di risorse sui PC guest. Contribuisce a eliminare le interruzioni di sicurezza comunemente riscontrate nelle scansioni di sistema complete e negli aggiornamenti dei file di pattern. Inoltre, offre funzioni anti-malware basate su agent per proteggere i server fisici, i server virtuali basati su Hyper-V e Xen, i server nel cloud pubblico e i desktop virtuali in modalità locale. Coordina la protezione con formati agentless e agent-based per fornire una sicurezza adattiva a difesa dei server virtuali che si spostano tra i datacenter e i cloud pubblici.

Web Reputation

Potenzia la protezione contro le minacce Web per server e desktop virtuali Si integra con le funzionalità di reputazione Web di Trend Micro™ Smart Protection Network™ per tutelare gli utenti e le applicazioni tramite il blocco dell’accesso agli URL dannosi. Assicura le stesse funzionalità negli ambienti virtuali nella modalità agentless.

Rilevamento e prevenzione delle intrusioni

Difende le vulnerabilità note dallo sfruttamento illimitato fino alla disponibilità delle patch Garantisce una protezione tempestiva contro attacchi noti e di tipo zero-day. Utilizza le regole della vulnerabilità che proteggono le vulnerabilità note, ad esempio quelle pubblicate ogni mese da Microsoft, da un numero illimitato di tentativi di attacco. Offre una protezione dalle vulnerabilità pronta all’uso per oltre 100 applicazioni, compresi server di database, Web, e-mail e FTP. Distribuisce automaticamente le regole che proteggono le vulnerabilità appena scoperte nel giro di poche ore e che possono essere implementate su migliaia di server in pochi minuti, senza riavviare il sistema.

Firewall

Riduce la superficie di attacco dei server fisici e virtuali Consente la gestione centralizzata dei criteri del firewall del server. Offre un’ampia copertura per tutti i protocolli basati su IP e tutti i tipi di frame, oltre a un filtro severo per porte e indirizzi IP e MAC.

Ispezione dei registri

Garantisce la visibilità di importanti eventi di sicurezza nascosti nei file di registro Ottimizza l’identificazione di importanti eventi di sicurezza nascosti in varie voci di registro in tutto il datacenter.

Controllo dell’integrità

Rileva e segnala in tempo reale modifiche dannose e inaspettate a file e registro di sistema in modalità agentless Controlla i file critici del sistema operativo e delle applicazioni (directory, chiavi e valori di registro, ecc.) per rilevare e segnalare in tempo reale modifiche pericolose e/o sospette. Incrementa la sicurezza delle macchine virtuali senza ulteriore ingombro mediante una configurazione agentless. Protegge l’hypervisor dai tentativi di sfruttamento delle vulnerabilità. Riduce le spese di gestione grazie alla replica automatica di eventi affidabili per gestire in maniera dinamica tutti gli eventi simili in tutto il datacenter.

Per saperne di più visita il sito

www.trendmicro.it O affidati alla consulenza di Gruppo Eurosystem Sistemarca

marketing@eurosystem.it 68


L’approccio etico al lavoro In un periodo di crisi...un veicolo per l’occupazione possibile RICCARDO GIROTTO

scenari

info@studioassociatopiana.it

La congiuntura economica ha prodotto un profondo sfruttamento delle casse dell’INPS e l’Istituto oggi ha evidenti problemi nell’erogazione massiva di prestazioni a sostegno del reddito. Il problema di cassa non può essere risolto in carenza di risorse finanziarie, ma può essere attenuato nei suoi effetti da un’etica gestione delle risorse da parte di lavoratori e imprese. La pratica di questi anni ci fa affrontare il tema della disoccupazione in modo diretto, senza mezze misure. Oltre ai dati statistici, che disegnano un percorso occupazionale tortuoso e dissestato, l’esperienza sul campo ci permette di affrontare il problema da un osservatorio privilegiato. Ecco quindi emergere esperienze sconfortanti che vengono descritte da lavoratori ed imprenditori, i quali affiancano la continua ed infruttuosa ricerca di un lavoro al possibile rifiuto di un impiego che non soddisfa le aspettative del disoccupato. A questo si aggiungano situazioni limite dove, come capitato in una trattativa del nostro studio, in un’azienda fallita molti lavoratori hanno preferito la cassa integrazione con successiva mobilità rispetto alla possibile assunzione presso un acquirente che offriva il medesimo lavoro svolto in precedenza ad una retribuzione contrattuale, chiedendo pertanto di rinunciare ai miglioramenti retributivi acquisiti negli anni. Ma a parità di reddito chi sceglierebbe di lavorare, in alternativa alla percezione di un’indennità sicura per 2-3 o 4 anni, senza fornire prestazione alcuna? Non è certo un fenomeno generalizzato, ma l’esperienza sul campo ci fa capire

che non è nemmeno un caso isolato. Il problema sta proprio nella struttura dei nostri ammortizzatori destinata ab origine a non stimolare la ricollocazione, considerata l’assenza di politiche attive e di proposte atte a rendere produttivo il periodo indennizzato. In realtà il comma co. 41,art. 4, della Legge 92/2012, dispone la decadenza dagli indennizzi a sostegno del reddito quando il lavoratore non accetti un’offerta di un lavoro ad un livello retributivo superiore almeno del 20% rispetto all’importo lordo dell’indennità cui ha diritto. Inoltre l’art. 9 della L. 223/1991 dispone la cancellazione del lavoratore dalle liste di mobilità, qualora lo stesso non accetti l’offerta di un lavoro che sia professionalmente equivalente ovvero, in mancanza di questo, che presenti omogeneità anche intercategoriale e che, avendo riguardo dei contratti collettivi nazionali di lavoro, corrisponda ad un livello retributivo non inferiore del 10% rispetto a quello delle mansioni di provenienza. Gli strumenti quindi esisterebbero per evitare situazioni poco edificanti come quella descritta, ma quante aziende comunicano il rifiuto al lavoro ricevuto da un colloquio? L’omertà assiste situazioni simili all’esempio riportato e non qualifica certo come etico

il comportamento del lavoratore. Confucio disse: “se la soluzione esiste perché ti preoccupi? Se la soluzione non esiste, perché ti preoccupi?”. Verrebbe da calare il filosofo nell’attuale situazione italiana, ove gli strumenti risolutivi esistono ma non sono utilizzabili, e la preoccupazione permane anche in presenza della possibile soluzione. Solo le agenzie di somministrazione sono espressamente obbligate a comunicare all’INPS e, per i lavoratori in mobilità, al servizio per l’impiego territorialmente competente i nominativi dei soggetti che rifiutano un’offerta congrua di lavoro. Dunque l’azienda disposta a diffondere gli esiti dei propri colloqui si comporterebbe sicuramente in modo etico, agevolando l’efficacia degli strumenti che la Legge già offre. L’etica non deve intendersi finalizzata a punire il lavoratore, bensì a permettere un maggiore controllo sulle indennità erogate ed un eventuale recupero di preziosissime somme indebitamente corrisposte a soggetti che optano per una soluzione di comodo. In un periodo di crisi per tutti, il comodo non pare essere la soluzione più etica. 69


SETTEMBRE 2014

Responsabilità Sociale d’Impresa Un’opportunità per le aziende ELENA GIOCO - RUGGERO PAOLO ORTICA

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Un’azione è eticamente corretta quando risulta in sintonia con l’orizzonte della moralità di una comunità. Anche le imprese, in quanto soggetti “agenti”, rispondono del loro operato sul piano della convergenza tra condotta adottata ed etica sociale condivisa dalla comunità interessata. A valutazione di questo operato, l’investimento di parte del profitto realizzato entro i tre principali settori con cui l’azienda da sempre interagisce: l’ambiente naturale, il mercato, la comunità.

L’impresa costituisce a tutti gli effetti un soggetto morale se ad essa si riferisce la responsabilità di azioni indipendenti ed autonome rispetto alle scelte dei singoli individui che all’interno vi operano, fatto che si realizza solo per le imprese in cui si individua una netta separazione tra la proprietà ed il controllo ma che non avviene mai per PMI, le cui strategie dipendono dalle decisioni di un singolo individuo, che è allo stesso tempo proprietario e manager. In tal caso la responsabilità della condotta aziendale va ricercata nell’etica di un unico decisore. Da questa premessa, che fa riflettere sul concetto di impresa come “soggetto morale”, risaliamo al concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa, in sigla RSI. Dapprima molti contributi scientifici avevano identificato le pratiche di RSI con le sole attività filantropiche e strategie comunicative di immagine e reputazione aziendale. In seguito la Commissione Europea, nel Libro Verde edito nel 2001, l’aveva definita come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro 70

operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”. Oggi si guarda ad essa come all’impatto delle imprese sulla società (Comunicazione della Commissione Europea del 25/10/2011). In altre parole, un’impresa agisce in modo socialmente responsabile non solo se adempie agli obblighi giuridici, ma anche se si spinge volontariamente “oltre”, coerentemente a motivazioni morali condivise, operando in conformità alle aspettative espresse dai propri interlocutori, ovvero gli stakeholders (coloro che detengono un interesse nella gestione dell’impresa). Nel contesto attuale infatti, le capacità di un’impresa nel saper rispondere positivamente agli stimoli del mercato non si misurano più esclusivamente in termini di profitto generato dalla sapiente gestione dei fattori produttivi, ma anche valutando l’azione imprenditoriale con l’utilizzo di 3 parametri (la cosiddetta TBL, “Triple Bottom Line”): di natura sociale, economica ed ambientale. L’analisi di un’impresa socialmente responsabile


passa quindi dalla valutazione dell’investimento di parte del profitto realizzato entro i 3 principali settori con cui l’azienda da sempre interagisce: l’ambiente naturale, il mercato, la comunità. L’ambiente naturale L’applicazione dei principi ambientali si traduce nella riduzione degli sprechi (fondamentale è la razionalizzazione dei consumi delle risorse naturali non rinnovabili e nel più efficiente uso dell’energia e delle materie prime), nel monitoraggio del rischio ambientale (effettuabile con l’utilizzo di appositi sistemi ed indicatori, ad esempio sull’obsolescenza dei macchinari, sulle emissioni prodotte, ecc.), nella riduzione dell’impatto ecologico (grazie a interventi di rinnovo e manutenzione efficaci e tempestivi).

Il mercato L’applicazione dei principi economici invece si traduce nell’economicità (il semplice “fare di più con meno”, ossia realizzare gli stessi beni e servizi utilizzando meno risorse economiche, energetiche, ambientali), nella compensazione delle esternalità negative prodotte (stimare quanto si è prelevato dalla società e dall’ambiente e restituirlo sotto forma di contributi, infrastrutture, sovvenzioni, attività di formazione, ecc.), nella distribuzione del valore aggiunto (la ricchezza prodotta dall’azienda nell’esercizio con riferimento agli interlocutori che partecipano alla sua distribuzione). La comunità Infine l’applicazione dei principi sociali previsti dal perseguimento di una politica aziendale responsabile si traduce nella tutela dei diritti dell’uomo e del lavoratore (garantire condizioni salubri ed ergonomiche negli ambienti di lavoro, tutelare i dipendenti e minorenni, permettere forme pacifiche di dialogo e protesta, ecc.), nell’integrazione comunitaria (in particolare le aziende multi-plant devono assicurare di non ledere irrimediabilmente il tessuto sociale delle comunità che ospitano i processi di delocalizzazione), nella legittimazione sociale (i decisori aziendali devono adoperarsi per rendere partecipi i loro stakeholders degli sforzi prodotti per rendere più sicuri gli impianti a rischio e migliorare le condizioni di vita delle comunità locali). C’è da dire che, analizzando le singole esperienze aziendali, non è sempre facile distinguere le imprese assolutamente responsabili da quelle che proprio non lo sono, così com’è impossibile operare una distinzione soddisfacente tra tutte le forme ibride (che in assoluto sono l’insieme più ampio). Nel contempo

scenari c’è anche un forte interesse da parte di CEO e CdA a rendere pubblico il proprio impegno nel realizzare un profitto “socialmente legittimato e rispettoso dell’ambiente”. Questo duplice problema di agire secondo una logica universalmente riconosciuta come responsabile e dar prova che quanto pianificato è stato effettivamente realizzato si può risolvere con i sistemi di rendicontazione quali quelli emanati dall’ONU e dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro e le ISO 14000. Alla luce di quanto accennato in principio a proposito della mancata separazione nelle PMI della proprietà dalla gestione dell’impresa, si rammenta come il tema della corporate governance, intesa quale complesso di principi, impostazioni organizzative ed istituti giuridici posti a presidio dell’adeguata regolazione dei rapporti tra i diversi organi e le varie compagini riferibili ad un’organizzazione aziendale, ha trovato negli ultimi anni una rilevante traduzione sul piano normativo nel D. Lgs. 231/2001, recante la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di responsabilità giuridica. Proprio tale disciplina, unitamente alla RSI, rispetta il duplice imperativo imposto dal fare mercato oggi di essere e apparire partner economici affidabili.

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SETTEMBRE 2014

La reputazione aziendale negli affari internazionali Tutela dell’etica societaria LUCIA BRESSAN

lbressan@studio-bressan.com

La dimensione internazionale assunta dall’attività imprenditoriale e la vocazione globale dei mercati economici richiedono un sistema di gestione dell’etica societaria che coinvolge non solo i rapporti tra capogruppo e controllate estere ma si applica a tutte le relazioni commerciali internazionali, per prevenire le violazioni di leggi, regolamenti, procedure e codici di condotta, a tutela della reputazione e della credibilità aziendale.

L’etica nei rapporti commerciali internazionali La diffusione della responsabilità penale delle società e degli enti in tutta l’Europa, e nei territori extra UE, è un elemento che l’imprenditore deve considerare nella valutazione dei connessi rischi derivanti dal fare affari con operatori stranieri. La commissione di illeciti all’estero, anche da parte di società estere collegate, fa sorgere il pericolo dell’instaurazione di procedimenti che possono concludersi con pesanti sanzioni penali, amministrative o civilistiche, a seconda degli ordinamenti interessati. In questo senso i rapporti negoziali con gli operatori esteri possono prevedere l’adozione del proprio codice di condotta e del modello di organizzazione e gestione, adeguato alla concreta previsione della effettiva applicazione ed attuazione nel paese di riferimento. Il codice etico, il MOG e le condotte inaccettabili Il codice etico costituisce il documento 72

ufficiale redatto dall’impresa per raccomandare, promuovere o vietare determinati comportamenti da parte dei dipendenti e del management. La funzione del codice etico consiste nel manifestare i principi etici che la società/ente ritiene fondamentali per consolidare il rapporto fiduciario con la clientela e con tutti coloro che sono portatori di interessi. Oltre a includere l’insieme dei diritti, doveri e responsabilità dell’ente nei confronti degli stakeholders dipendenti, fornitori, clienti, pubblica amministrazione, azionisti - prevede le sanzioni disciplinari applicabili in caso di violazione. Il codice etico, insieme al modello di organizzazione e gestione (MOG), costituisce il sistema di controllo per prevenire la commissione dei reati presupposto richiamati all’art.24 e ss del D.Lgs. n. 231/2001. A prescindere dal “catalogo” dei reati presupposto, la società/ente è libera di individuare quelle condotte che considera sanzionabili perché inaccettabili, anche se non costituiscono illecito penale o sono considerate mere

irregolarità (es. emissione di fatture per operazioni inesistenti, frode fiscale o false comunicazioni sociali non punibili per difetto di soglie quantitative, costituzione fondi extra-bilancio, abuso di informazioni privilegiate, ecc.). L’impresa può obbligare chiunque? Il codice etico è applicato sia al management, sia ai dipendenti e può essere esteso a tutti coloro che intrattengono rapporti di vari natura con l’ente (consulenti, collaboratori, concessionari di vendita, procuratori, lavoratori a progetto, ecc.). L’azienda, in relazione all’ambito dell’attività che svolge, individua le aree a maggiore intensità di rischio, i soggetti e le attività che esercitano, per elaborare un preciso sistema di controllo. Le violazioni nei rapporti internazionali L’azienda che opera sui mercati esteri, in particolare nei settori di attività che prevedono assegnazioni di commesse, di concessioni, di partnership per la


cui realizzazione appare necessario il coinvolgimento di soggetti terzi, potrà richiedere, a tutti coloro che concorrono alla buona riuscita del lavoro, l’adozione e l’attuazione di un modello analogo al proprio o ispirato ai medesimi principi. Inoltre verificherà la effettiva applicazione dei precetti, per evitare conseguenze che possono rivelarsi dannose (es. la risoluzione immediata del contratto di appalto internazionale). La relazione con un soggetto estero può consistere nella partecipazione di capitale, in rapporti finanziari, in accordi negoziali, oppure in situazioni di fatto per cui si verifica un collegamento funzionale con la società/ente e le altre società. L’importanza delle garanzie in caso di violazione

dell’ambiente e della lotta alla corruzione. Non va scordata l’iniziativa della Ethics and Compliance Officer Association (E.C.O.A.) che ha promosso una iniziativa volta allo sviluppo di linee guida con standard internazionali per un sistema di gestione dell’etica societaria attraverso le norme I.S.O. Ciononostante, ai fini della concreta attuazione globale di tali principi etici, è stato necessario adottare la Convenzione OCSE, conclusa a Parigi nel dicembre 1997 e relativa al contrasto della corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, cui ha fatto seguito - dopo interventi comunitari l’adozione del D.Lgs. n.231/2001 che ha solennemente introdotto la Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti nel sistema giuridico italiano.

scenari

L’azienda dotata di un codice etico che condivide degli affari con altre aziende che ne sono prive, è opportuno che pretenda efficaci garanzie di concreto risarcimento di tutti gli eventuali danni derivanti dalla violazione del codice etico. Questa esigenza è fondamentale soprattutto nel caso di ottenimento di erogazioni, contributi o finanziamenti per la realizzazione dell’opera o dell’attività finanziata. Business Ethics e Responsabilità Sociale d’Impresa I profili morali dell’attività commerciale - definiti come Business Ethics nella terminologia anglosassone, e modernamente rientranti nella disciplina della Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) - in realtà sono stati concepiti già nel Codice di Hammurabi, fatto risalire attorno al 1700 avanti Cristo e ritrovati, similmente, nel Talmud e nei Dieci Comandamenti. A livello transnazionale oggi ritroviamo nella Dichiarazione Universale Dei diritto dell’Uomo delle Nazioni Unite del 1948 o nell’United Nations Global Compact del 1999 i principi universalmente accettati nelle aree dei diritti umani, del lavoro, 73


SETTEMBRE 2014

Il processo civile telematico Una buona idea ma un...pessimo inizio! ANDREA MANUEL

Il 30.06.2014 è scattata l’ora “X”: il processo civile telematico (PCT per gli addetti ai lavori) ha preso ufficialmente il via dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale degli ultimi dettagli relativi all’attuazione del nuovo Decreto.

L’attuale normativa dispone che, nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, l’obbligo di depositare in via esclusivamente telematica gli atti e documenti delle parti precedentemente costituite, gli atti e documenti dei soggetti nominati o delegati dall’Autorità Giudiziaria, nonchè gli atti ed i documenti dei soggetti nominati dalle parti, decorre rispettivamente:

che di tempo ed un’ottima notizia sotto il fronte della “spending review”.

• dal 31.12.2014, qualora il procedimento abbia avuto inizio prima del 30.06.2014; • dal 30.06.2014 qualora il procedimento abbia avuto inizio dopo il 30.06.2014.

Il poter attingere alle carte senza essere costretti a recarsi in un’altra città dovrebbe garantire minore resistenza da parte di tutte le categorie che operano nell’ambito del Diritto. Non a caso alcune organizzazioni di categoria (tra cui molte associazioni degli avvocati) hanno espresso soddifazione per l’entrata in funzione del PCT.

Rimane invariato l’obbligo di deposito telematico degli atti (già dal 30.06.2014) relativi all’intero procedimento monitorio (il decreto ingiuntivo) escluso il giudizio di opposizione. Sulla carta il PCT è una panacea per molti mali: è la possibilità di eliminare la carta e le notifiche fisiche, riduce molto la mole di passaggi necessari a procedere al reperimento di atti processuali ed informazioni su una causa in corso. Un risparmio in termini di denaro, oltre 74

Trasformare una selva di carte bollate in una serie di file da scaricare, facilmente duplicabili e riproducibili per tutti i Consulenti tecnici e gli avvocati coinvolti, è un vantaggio indiscutibile anche per quanto attiene al taglio delle sedi dei Tribunali.

Ad essere interessati subito dalla novità sono tutti i procedimenti che iniziano dal 30.06.2014 mentre, come abbiamo visto, per quelli in

corso l’obbligo scatterà più avanti (30.12.2014). Per i processi in Corte d’Appello si dovrà attendere 1 anno e, cioè, il 30.06.2015. L’introduzione del PCT comporta altresì la modifica degli orari delle Cancellerie che sono


autorizzate a far calare il numero di ore in cui sono disponibili al pubblico da 5 a 3. Questo garantisce (ma sarebbe meglio dire: dovrebbe garantire...) che nelle due ore restanti gli impiegati possono far fronte alle richieste provenienti dal canale digitale. Queste...le belle notizie ma, ora, e come al solito, bisognerà verificare se quello che - sulla carta - è certamente un qualcosa che potrebbe migliorare, e di molto, la gestione del processo civile, sia destinato o meno a funzionare. E qui cominciano le dolenti note. Il Consiglio Superiore della Magistratura ha effettuato delle indagini per stabilire il grado di preparazione dei Tribunali alle novità introdotte. Il risultato è scoraggiante: il 40% degli Uffici non ha PCT adatti a gestire il nuovo flusso documentale digitale, il 64%

delle sedi non ha una connessione abbastanza veloce a sostenere il traffico in entrata ed in uscita, l’assistenza tecnica non è all’altezza di un processo telematico di importanza cruciale come quello posto in essere. Ci sono persino Tribunali che, alla data odierna, non avevano ancora attivato le infrastrutture del PCT: vale a dire che il loro personale non aveva avuto il tempo di prendere dimestichezza con la nuova procedura, e che le inevitabili incertezze dell’esordio si riverseranno sugli avvocati e sugli altri soggetti coinvolti, che a loro volta non hanno alcuna esperienza con le novità. Verrebbe da dire “nulla di nuovo...”. L’Italia dovrà fare i conti con se stessa: anni di ritardo nella creazione di una infrastruttura di rete adeguata, nella fornitura di connettività a banda larga e ultra larga a privati e soprattutto istituzioni pubbliche, la cronica carenza di attrezzature dell’hardware a disposizione della P.A.. Sono tutti fattori che giocheranno a sfavore della riforma. E se il buongiorno si vede dal mattino il 02.07.2014, a poche ore dallo strombazzato cambio di marcia, il sistema informatico del Tribunale Civile di Roma è andato in tilt. Il più grande ufficio giudiziario d’Europa si è tramutato nell’epicentro di un terremoto tecnologico: un blocco del sistema informatico ha impedito completamente il deposito degli atti da parte di Giudici ed Avvocati, paralizzato l’intera attività di Cancelleria, non ha fatto salva la tanto decantata accettazione telematica che sostituiva la consegna manuale delle vecchie ed obsolete scartoffie. Cosa è successo? Chi ha progettato il sistema non ha preso bene le misure. E non saranno certo mancati gli esperti, i Consulenti, quelli che sanno tutto di tutto, quelli che sono portati in

scenari palmo di mano per le loro inconfutabili competenze. Il dato di fatto, però, è che il sistema ha fatto cilecca. Probabilmente il server e le reti di comunicazione sono sottodimensionati o, forse, non sottoposti a test adeguati. Gli stessi sono crollati sotto il peso di un incremento esponenziale di depositi e comunicazioni telematiche marchiando a fuoco il destino del processo civile hi tech. E possiamo dire che questa è una storia già vista: è sufficiente l’annuncio in sede politica che “il processo civile cambierà”. Tutti si affannano a dire che “il futuro avanza”. Ma, poi, ai roboanti annunci si contrappone la dura realtà quotidiana! Il problema non è da poco: la stabilità e l’affidabilità di una soluzione informatica così importante non può non essere assicurata. Come sempre chi ne farà le spese saranno i cittadini: ci saranno grossissimi problemi da affrontare, atti che non giungeranno in tempo, termini che salteranno e certamente non a causa degli operatori del Diritto ma di un sistema (forse) progettato male e (certamente) introdotto con molta leggerezza. Purtroppo rimane sempre l’amara constatazione che vengono introdotte riforme “epocali” senza che vi sia un adeguato supporto e che tutte i disguidi ed i problemi che nascono vengono, in ultima analisi, fatti ricadere sui cittadini o, a questo punto, sarebbe meglio dire sui sudditi! Studio Legale Nordio-Manuel

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SETTEMBRE 2014

Giorgio Antoniol

Lara Bellini

Stefano Biral

Moreno Berto

Alessandra Caneva

Nicola Frangipane

Daniele Perali

Ugo Pozzobon

LAVORARE CON IT E ICT

Denis Moro

Come nasce un progetto ERP: la parola a Eurosystem

“La prima regola di ogni tecnologia è che l’automazione applicata ad una operazione efficiente ne magnificherà l’efficienza. La seconda regola è che l’automazione applicata ad una operazione inefficiente ne magnificherà l’inefficienza”. Intervistiamo il reparto Progetti cliente di Eurosystem che da oltre 35 anni, ispirandosi alla massima di Bill Gates, aiuta le aziende a “magnificare l’efficienza” del loro business, realizzando progetti di rinnovo del sistema informativo basati sull’ERP (Enterprise Resource Planning) Freeway® Skyline. 76

Gianluigi Rubini


conosciamoci STILE LIBERO

Maurizio Bonanomi

Cristiano Ragazzon

Elio Bottero

Giovanni Battista Garibbo

Maurizio Graziotto

Andrea Rota

Luigi Sbrissa

Massimo Maringoni

Nelle foto il team Progetti Cliente di Eurosystem.

Enrico Trabuio

Eurosystem realizza progetti di cambio del sistema informativo basati su un software ERP proprietario: detto in parole più semplici, cosa fate per le aziende clienti? F. Montagnoli: «Quello che facciamo è andare a sostituire il software gestionale di un’azienda con il nostro ERP Freeway® Skyline, sviluppando un progetto che si adatti alle caratteristiche del cliente e offrendo un’attività di consulenza su tutte le fasi del cambiamento. In particolare, prima di introdurre il nuovo ERP, cerchiamo di valutare insieme all’azienda

interessata l’efficienza dei flussi di gestione utilizzati fino a quel momento e di segnalare quei processi che, prima della configurazione del software, potrebbero essere modificati in ottica di miglioramento». Cosa distingue il vostro approccio da quello di una qualsiasi altra softwarehouse? A. Rota: «L’ERP che realizziamo e proponiamo ai nostri clienti è una soluzione completa e articolata, basata su un 77


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prodotto standard (provvisto di tutti i principali moduli di gestione: amministrativo e finanziario, ciclo attivo-passivo, produzione e magazzino) che, grazie alla sua architettura tecnologica, consente diverse e specifiche configurazioni e parametrizzazioni. Questo significa che siamo in grado di approcciare aziende di dimensioni e tipologie anche molto diverse tra loro, passando da progetti più semplici ad altri di più ampio respiro. Ma ciò che per noi conta di più è far comprendere che il cambio di gestionale può diventare una grande opportunità di evoluzione e crescita per l’impresa, aiutandola a diventare protagonista di un’innovazione che non è solo tecnologica ma anche culturale e organizzativa». Come è strutturata la divisione Progetti cliente di Eurosystem? Che obiettivi ha? S. Biral: «La divisione si inserisce nel più ampio reparto Progetti di Eurosystem e al suo interno comprende un responsabile generale, una figura che cura la pianificazione, dei capi progetto che hanno la responsabilità esecutiva delle attività, e un team di specialisti di progetto che ne gestiscono gli aspetti tecnici. Il nostro obiettivo, da quando siamo nati come realtà di consulenza informatica, è quello di aiutare le aziende a funzionare meglio, quindi più velocemente e raggiungendo un miglior risultato. Un software ERP può rappresentare lo strumento attraverso il quale raggiungere questo obiettivo, a patto che venga utilizzato nel modo giusto. Per questo la nostra strategia non si focalizza sul cambiamento del solo prodotto ma indirizza verso un’evoluzione del modo di lavorare dell’azienda, partendo dall’analisi e dalla eventuale revisione dei processi per arrivare alla configurazione del software che meglio supporta la nuova organizzazione». Qual è la metodologia che utilizzate in un progetto di rinnovo dell’ERP? L. Sbrissa: «In Eurosystem adottiamo un modello studiato e pensato, in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova, proprio per i progetti di informatizzazione delle PMI e basato sulle regole del Business Project Management (BPM). La metodologia prevede diverse fasi, dall’analisi delle esigenze del cliente, alla stesura di un piano di progetto, alla valutazione della situazione di partenza, alla realizzazione di interventi migliorativi, a configurazione, installazione, formazione e collaudo finale del software. Ognuna di queste fasi è accompagnata da relativa documentazione che attesta lo stato dei lavori nei vari momenti. L’attività viene svolta in totale partnership con il cliente che designa un capo progetto interno con cui possiamo interagire. Di solito le proprietà o direzioni aziendali che decidono di rinnovare il proprio 78

gestionale hanno un’idea dei processi organizzativi che potrebbero essere migliorati, ma non riescono a tracciare e documentare le inefficienze. Grazie alla nostra metodologia possiamo tracciare le anomalie e proporre diverse ipotesi di trasformazione ed evasione dei processi critici, evidenziando di volta in volta i pro e i contro di ognuna. Solo una volta condivise le informazioni con il cliente ed individuata la soluzione migliore, andiamo ad automatizzare i nuovi flussi nell’ERP, dunque ci focalizziamo prima sull’efficienza e dopo sull’automazione, seguendo anche una massima di Bill Gates secondo cui: ‘La prima regola di ogni tecnologia è che l’automazione applicata ad una operazione efficiente ne magnificherà l’efficienza. La seconda regola è che l’automazione applicata ad una operazione inefficiente ne magnificherà l’inefficienza’». E. Bottero: «Accanto a questa metodologia negli ultimi tempi stiamo affinando dei nuovi modelli che consentono di ridurre i tempi di startup del progetto, con un vantaggio per il cliente in termini di ottimizzazione dei costi. La lunga esperienza e le competenze acquisite in determinati settori aziendali ci consentono di approcciare i progetti proponendo al cliente degli schemi di processo pre-configurati: in questo modo si snellisce la fase di analisi e studio dei processi prevista dalla metodologia BPM, si anticipano le fasi di set up, prototipazione e start up del progetto con una sensibile riduzione dei tempi di avviamento del nuovo sistema». Come viene recepito il progetto di rinnovo nelle aziende clienti? D. Perali: «Le relazioni tra i vari moduli di un software ERP corrispondono a relazioni tra persone di diverse aree aziendali. E il passaggio da un software all’altro, così come quello da un modo di lavorare ad un altro, inevitabilmente può creare un iniziale disorientamento. Generalmente nella


conosciamoci proprietà o direzione aziendale si riscontrano consapevolezza e preparazione al cambiamento mentre negli utilizzatori finali del software, spesso coinvolti in dinamiche di ripensamento delle proprie attività e mansioni quotidiane, si può riscontrare un atteggiamento di diffidenza. In questi casi, ciò che può fare la differenza e motivare tutte le persone verso il rinnovamento è la capacità della proprietà o direzione di sostenere il progetto: quanto questa sarà più ferma e decisa nel far percepire l’importanza di un investimento a 360° che ha come obiettivo il miglioramento delle performance di tutta l’azienda, tanto più facilmente si otterrà un coinvolgimento positivo e costruttivo degli utenti finali». S. Biral: «In molti casi organizziamo assieme alla direzione, al capo progetto e a tutti gli utenti finali dell’azienda cliente una riunione di presentazione del progetto allo scopo di divulgare le modalità ma soprattutto di stimolare la partecipazione attiva delle persone al cambiamento». Che tempi ha un progetto di questo tipo? A cosa possono essere dovuti eventuali ritardi? F. Montagnoli: «I tempi di esecuzione di un progetto, a seconda di diverse variabili, possono andare da 6 mesi ad un anno o poco più. Ma, tra tutte le attività di progetto, l’importazione dati dal vecchio sistema informativo del cliente al nostro ERP, insieme alla eventuale riqualificazione e normalizzazione degli stessi, è forse quella che più facilmente può generare dei ritardi essendo un’attività di elevato valore ai fini del funzionamento ottimale del software e le cui tempistiche sono sempre difficili da quantificare in fase di preventivazione». Perché questo? D. Moro: «Perché la base dati del nostro ERP è estremamente

organizzata e il suo utilizzo impone che i dati rispettino determinati formati e regole. Ma questo è il nostro sistema di categorizzazione dati, nella maggior parte dei casi diverso da quello dei clienti che spesso si ritrovano ad avere una quantità enorme di informazioni diversificate e collocate su supporti eterogenei (database, fogli excel, supporti cartacei, ecc.). Noi abbiamo le competenze per importare la base dati del cliente nel nostro ERP ma non conosciamo in dettaglio la natura della stessa finché non andiamo a creare praticamente - e questo succede in una fase avanzata del progetto - un collegamento con essa. Una volta fatto questo passaggio possono essere rilevate delle incoerenze che vanno sanate. Questo può causare dei ritardi che generalmente, con un’opportuna pianificazione, siamo in grado di comunicare con anticipo al cliente». A questo proposito, quanto è importante la figura di responsabile della pianificazione? A. Caneva: «Il mio obiettivo, in quanto responsabile della pianificazione, è di assicurare che le attività di progetto procedano in modo fluido e nei tempi previsti, prevenendo le inefficienze. Il termine inefficienza significa che un ritardo nella consegna del servizio potrebbe dipendere da qualche intoppo organizzativo che si crea nella nostra struttura: la mia figura serve proprio ad evitare che questo accada, e a garantire tempestivamente la disponibilità di risorse interne con le competenze idonee a svolgere le attività che ogni progetto richiede. Questo si traduce nel coordinare le relazioni tra il reparto Progetti e le altre aree aziendali, in particolare la divisione Sviluppo, assegnare e calibrare i carichi di lavoro alle risorse, definire le priorità. Partecipo infine alla definizione delle linee guida per la gestione del progetto e del rapporto con il

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cliente, inclusi gli standard documentali. La pianificazione non dev’essere un’incombenza di pochi, ma una cultura diffusa in tutta l’azienda: allungamenti o ritardi potranno comunque verificarsi, ma con un controllo continuo si sarà sempre in grado di comunicare con anticipo al cliente le eventuali problematiche». Quali sono le tematiche più sentite dalle aziende? Come sono cambiate dal passato ad oggi? E. Bottero: «La differenza con il passato è che mentre vent’anni fa le aziende si informatizzavano per ridurre il tempo di esecuzione di attività manuali e ripetitive, quali ad esempio l’emissione di bolle e fatture, oggi il cambio di gestionale ha come obbiettivo principale quello di ottenere informazioni (indicatori) utili a prendere decisioni strategiche. C’è stato quindi un passaggio da ‘introdurre dati in un sistema informativo per automatizzare e ridurre i tempi di esecuzione delle attività’ a ‘introdurre dati per ottenere informazioni a supporto delle decisioni aziendali’». A. Caneva: «I clienti, infatti, dando per scontato che un software ERP automatizzi processi e mansioni, chiedono di poter sfruttare la mole di dati che si ritrovano nel vecchio sistema in modo che questa non generi solo dei costi di gestione ma anche dei benefici. Affinché questo succeda occorre però un sistema che imponga l’utilizzo di dati certi e qualificati e che renda questi dati facilmente trovabili: serve insomma che l’informazione, solo quella che realmente interessa, attraverso la soluzione ERP arrivi velocemente all’utente che la cerca e desidera utilizzarla in ottica strategica. Un’informazione che deve avere il giusto grado di sintesi, essere precisa e corretta perché è proprio a partire da informazioni sbagliate che si prendono decisioni sbagliate».

riunione interna di kick-off in cui l’area commerciale trasferisce al team di progetto designato tutte le informazioni necessarie. A questa segue un secondo kick-off tecnico tra il team di progetto Eurosystem e quello cliente nel quale si delineano le attività e si redige il primo documento di ‘Stato avanzamento lavori’. Da qui prende le mosse il piano lavoro che, seguendo tutte le fasi previste dalla metodologia, si concluderà con l’installazione e il collaudo del nuovo ERP presso l’azienda cliente. La forza del cambiamento è pervasiva: avviato il progetto, il cliente percepisce quasi subito i benefici che derivano dall’evoluzione organizzativa e culturale introdotta e prosegue in questa direzione affinando le sue richieste e reagendo in maniera sempre più collaborativa alle nostre proposte. Si inizia così a costruire insieme la lunga strada dell’innovazione».

Come è l’impatto di un progetto ERP sull’infrastruttura? Come viene gestito questo passaggio? M. Bonanomi: «La fase di interfacciamento tra il nostro ERP e il sistema informatico e informativo dell’azienda cliente viene gestita dalle figure di sistemisti applicativi il cui compito è quello di installare il gestionale nei server messi a disposizione dal cliente, fare in modo che il sistema precedente e il nuovo ERP possano coesistere, anche solo temporaneamente, per garantire continuità al gestionale, infine eseguire attività propedeutiche affinché non ci siano problematiche che possano limitarne o bloccarne l’uso, cosa che impedirebbe all’azienda di svolgere tutte le sue attività quotidiane». Una volta formato e acquisito il progetto, cosa succede? S. Biral: «Una volta acquisito un nuovo cliente si tiene una 80

Gli intervistati, da sinistra in alto: Stefano Biral, responsabile Divisione Progetti Cliente, Alessandra Caneva, responsabile della Pianificazione progetti, i capi Progetto Cliente Andrea Rota, Elio Bottero, Daniele Perali, Luigi Sbrissa e i sistemisti applicativi Denis Moro e Maurizio Bonanomi.


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Reti aziendali a rischio: malware ignoto, bot e applicazioni ad alto rischio In un mondo dove le minacce informatiche sono in continua evoluzione, le organizzazioni devono comprendere la natura dei più recenti codici malevoli, e come le loro reti possono potenzialmente essere a rischio. Le aziende hanno bisogno sia di consapevolezza sulle minacce informatiche che di un’architettura di sicurezza appropriata per affrontare queste dinamiche sfide: questo l’avvertimento di Check Point Software Technologies. Il suo Security Report 2014 rivela la presenza e la crescita delle minacce sulle reti enterprise sulla base di una ricerca collaborativa e sull’analisi approfondita di oltre 200.000 ore di monitoraggio del traffico di rete di oltre 9.000 gateway di Threat Prevention in tutto il mondo.

che l’88% delle organizzazioni analizzate ha riscontrato almeno un evento di perdita potenziale di dati, un dato in crescita rispetto al 54% osservato nel 2012. In particolare, nel 33% delle istituzioni finanziarie intervistate, informazioni di carte di credito erano state inviate all’esterno delle organizzazioni. Per scoprire i rischi di sicurezza a cui viene esposta quotidianamente un’organizzazione, Check Point offre una valutazione gratuita della rete in loco che consente di osservare chiaramente la rete e scoprire eventuali criticità legate alla sicurezza. Security CheckUp consente di ottenere un report completo che identifica lo stato attuale della sicurezza e i rischi, come ad esempio download di malware, infestazioni da bot, applicazioni Web ad alto rischio, perdita di dati, attività sospette o fonti di perdite di dati, e consigli su come eliminare le minacce e risolvere i problemi legati alla sicurezza.

I risultati principali evidenziano un aumento dell’attività malware in termini di velocità e quantità, rilevando software malevolo scaricato a intervalli medi di dieci minuti nell’84% delle organizzazioni sotto analisi (rispetto a un download ogni due ore o meno nel 2012). È un malware più intelligente, sofisticato e più mutevole, quello emerso nel 2013. I sensori di Threat Emulation di Check Point hanno rivelato che il 33% delle organizzazioni hanno scaricato almeno un file infetto da malware sconosciuto tra giugno e dicembre 2013. Le infezioni Bot hanno continuato a essere molto presenti, con un host infestato da un bot ogni 24 ore nel 73% delle organizzazioni intervistate, in aumento rispetto al 63% nel 2012. Check Point ha scoperto che il 77% dei bot erano attivi da più di quattro settimane. In media, i bot comunicavano con il loro Command and Control (C&C) ogni tre minuti. L’uso di applicazioni ad alto rischio potenziale è ulteriormente aumentato nel 2013, con torrent, anonymizer e applicazioni di condivisione file peer-to-peer utilizzate in media ogni nove minuti. L’utilizzo di strumenti di file sharing P2P è aumentato dal 61% delle aziende del 2012 al 75% nel 2013. La perdita di dati per le aziende è stata al primo posto tra le preoccupazioni nel 2013. La ricerca Check Point ha rilevato

Per ulteriori informazioni:

www.checkpoint.com

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SETTEMBRE 2014

Sicurezza e tutela della salute, un obbligo anche per i lavoratori-volontari In collaborazione con il Centro di Medicina LUCIANO SALVADORI

Esiste in Italia un numero elevato di lavoratori organizzati in varie istituzioni, associazioni, cooperative, imprese sociali, fondazioni, banche etiche, che si collocano in un’area del sistema economico alternativa rispetto allo Stato e al Mercato, definiti come 1° e 2° settore. Sono figure professionali che non operano per conto dello Stato, che eroga beni e servizi pubblici, né operano nel Mercato a scopo lucrativo per produrre profitti, e sono per questo definite Terzo Settore.

Le formazioni sociali che costituiscono il cosiddetto Terzo Settore, formato da una miriade di soggetti, assai diversi tra loro, nel loro insieme rappresentano il prodotto della libera iniziativa di cittadini associati per perseguire il bene comune secondo i principi costituzionali della solidarietà e della sussidiarietà. Sono

Luciano Salvadori Medico del lavoro

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organizzazioni di natura privata, ma volte alla produzione di beni e servizi destinati alla collettività. È un variegato universo fondato sul capitale più prezioso di cui dispone un Paese, ossia il capitale umano e civico che, però, ha bisogno di essere sostenuto e valorizzato dallo Stato. Infatti, del tutto recentemente, il Governo ha varato un disegno di legge delega di “Riforma del 3° settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del sevizio civile universale” finalizzato ad un serio riordino del quadro regolatorio e di sostegno anche allo scopo di generare nuove opportunità di lavoro e di crescita professionale. L’obiettivo è quello di ricostruire i fondamenti giuridici tali da superare le vecchie dicotomie fra pubblico e privato e tra Stato e mercato, con nuovi modelli di protezione sociale in cui l’assistenza pubblica sia affiancata, in modo più incisivo, dai


soggetti operanti nel privato solidale. Inoltre, nelle previsioni del Governo vi è anche la volontà di dare una spinta decisa in termini di disciplina normativa, di agevolazioni fiscali, di remunerazione del capitale sociale e di ampliamento dei settori di attività delle imprese sociali. In questo settore operano dei soggetti che svolgono delle mansioni e possono essere esposti a rischi durante la loro attività e pertanto necessitano delle misure di protezione e tutela della salute nei luoghi di lavoro. Per quanto riguarda la sicurezza gli operatori che lavorano in queste organizzazioni di volontariato hanno già avuto attenzione in alcune normative emanate negli anni recenti. I capisaldi della normativa vigente, in termini di sicurezza sul posto di lavoro per i volontari, sono costituiti dal DLgs 81/2008 con modifiche successive, dal Decreto Interministeriale 13 Aprile 2011 che definisce le particolari modalità di applicazione delle disposizioni del Dlgs 81/08 per le cooperative sociali e per le organizzazioni di volontariato della Protezione Civile, della Croce Rossa, del Corpo Nazionale soccorso alpino e speleologico e dei Vigili del fuoco e dal Decreto del Capo del Dipartimento della Protezione civile del 12 gennaio 2012 che ha reso pienamente operative su tutto il territorio nazionale le norme riguardanti la tutela della salute e della sicurezza dei volontari nel corso delle attività di Protezione Civile. Con questo ultimo decreto le Organizzazioni di Volontariato della Protezione Civile devono individuare gli “scenari di rischio” presenti nell’ambiente nel quale il volontario viene chiamato ad operare. Si tratta di un compito preliminare alla valutazione dei rischi e particolarmente significativo se si pensa alle particolari e specifiche attività svolte dalla Protezione Civile caratterizzate quasi sempre da imprevedibilità e indeterminatezza del contesto operativo. In pratica gli obblighi e gli adempimenti previsti dal Testo Unico sulla sicurezza 81/2008 possono essere così sintetizzati: • per le Organizzazioni di Volontariato non appartenenti alla Protezione Civile, se non hanno lavoratori subordinati od equiparati, vige solo l’obbligo della valutazione dei rischi, da parte del responsabile dell’organizzazione, finalizzata alla informazione dei volontari e alla definizione delle misure di tutela, mentre la sorveglianza sanitaria e la formazione dei volontari è applicabile solo come loro facoltà e a loro carico. In concreto, un’associazione di volontariato deve individuare e fornire al volontario dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti in cui è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate; deve garantire attrezzature di lavoro idonee ed

medicina e lavoro STILE LIBERO

eventuali Dispositivi di Protezione Individuale (DPI); deve dare la possibilità, in base ad accordi preventivi con il volontario, di beneficiare della sorveglianza sanitaria attraverso un medico competente, se l’attività comporta esposizione a rischi per cui è prevista la sorveglianza sanitaria, e la possibilità di beneficiare di corsi di formazione specifica. Le Organizzazioni di Volontariato (OdV), invece, che hanno lavoratori subordinati od equiparati, devono applicare tutti gli obblighi previsti dal Dlgs 81/08: istituzione del servizio di prevenzione e protezione con la nomina del responsabile, valutazione dei rischi e redazione del documento, nomina del rappresentante dei lavoratori, nomina del medico competente, sorveglianza sanitaria e formazione. • per le Organizzazioni di Volontariato appartenenti alla Protezione civile, Croce rossa e Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico, se non hanno lavoratori subordinati o equiparati, gli obblighi di tutela della sicurezza sono applicati secondo le modalità definite dal Decreto del Capo Dipartimento della Protezione civile del 10/01/2012 che prevede la formazione e la nomina del medico competente con la sorveglianza sanitaria anche per i volontari. La peculiarità del lavoro di questi operatori e le specifiche esigenze che ne caratterizzano l’attività hanno reso necessario un percorso ad essi dedicato. Il controllo sanitario infatti deve essere inteso come misura generale di prevenzione e deve integrarsi, nel percorso di tutela della salute del singolo volontario, con tutte le altre strutture del Servizio Sanitario Nazionale. La visita medica avrà una periodicità almeno quinquennale per i volontari di età inferiore ai 60 anni e biennale per quelli di età superiore ai 60 anni; e sarà finalizzata a riconoscere la capacità generica del soggetto allo svolgimento dell’attività di volontario, anche in relazione ai compiti attribuiti all’organizzazione di appartenenza e agli scenari di rischio individuati dalle autorità competenti. Se invece le Organizzazioni di Volontariato suddette comprendono anche lavoratori subordinati od equiparati, oltre alle modalità definite dal Decreto del Capo Dipartimento si applicano anche tutti gli adempimenti previsti dal Dlgs 81/08.

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GÖTEBORG

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La città europea più access Quando il turismo diventa un bene sociale fruibile a tutti

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il viaggio

STILE LIBERO

sibile nel 2014 La cittadina svedese Göteborg ha vinto l’edizione 2014 del premio “Città a misura di disabile”, promosso dalla Commissione europea in collaborazione con l’EDF (European Disability Forum) e assegnato ai centri con almeno 50mila abitanti che abbiano migliorato in maniera tangibile e sostenibile l’accessibilità dei trasporti e delle relative infrastrutture, dell’informazione e della comunicazione, delle strutture e dei servizi pubblici.

Il premio è stato assegnato a Göteborg in riconoscimento dell’eccezionale impegno della città nel migliorare l’accessibilità per i disabili e gli anziani: “Il motto di Göteborg è: ‘una città per tutti!’. Non si tratta però solo di uno slogan e il fatto di aver vinto quest’anno il premio per le città a misura di disabili ne è la dimostrazione. Göteborg si è aggiudicata il premio 2014 per l’impegno prodigato al fine di favorire l’integrazione delle persone con ogni tipo di disabilità. Sono ancora troppi

gli ostacoli che i disabili si trovano a dover affrontare nella vita quotidiana, ma le città come Göteborg stanno creando le condizioni per rendere la vita più accessibile per tutti”, ha dichiarato Viviane Reding, vicepresidente e Commissaria europea per la giustizia. L’impegno della cittadina svedese nel migliorare l’accessibilità ai mezzi di trasporto, agli alloggi e ai posti di lavoro è un 85


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Francisco per i ponti e i canali che la attraversano e le colline che la circondano. Eppure è unica nel suo genere: una delle attrazioni più note è senz’altro il Spaceport Liserberg, uno dei parchi di divertimento più grandi del mondo. Numerosi sono i musei all’avanguardia, come il Gothenburg Museum of Art che contiene la più nota collezione al mondo di arte nordica del secolo. Ma a chi è interessato al design, può visitare il Röhsska Museum of Fashion, Design and Decorative Arts, ed anche il Konstmuseet, con una collezione di prim’ordine europea, tra cui Rubens, Van Gogh e Rembrandt.

Per avere maggiori informazioni http://www.goteborg.com/

esempio di best practice che altre città europee potrebbero seguire in futuro. Quando si rendono disponibili degli alloggi accessibili, viene data la precedenza ai disabili. Sul fronte dell’occupazione, circa 300 posti di lavoro all’anno sono stati dotati di assistenza personalizzata. Inoltre, la città si dedica instancabilmente anche al miglioramento delle infrastrutture pubbliche intervenendo con azioni concrete per rendere i parchi di divertimento, le aree di gioco e i locali dell’Università più accessibili. Göteborg, fondata nel XVII secolo dal re svedese Gustavo II Adolfo, è la seconda città più grande della Svezia con oltre 500mila abitanti, situata nella costa occidentale della Svezia allo sbocco del fiume Göta che sfocia sul Mare di Kattegatt. L’intera regione offre un antico passato culturale: numerose le rovine archeologiche che dimostrano il suo popolamento già 8mila anni fa. È conosciuta anche come la città della Volvo e messa sovente a confronto con l’europea Amsterdam e la statunitense San 86

Kungsportsavenyn è il viale principale di Goteborg: considerato gli Champs-Élysées della città e chiamato anche Avenyn, ospita ogni sorta di ristoranti, negozi e locali e collega le piazze Kungsportsplatsen e Götaplatsen, dove si erge maestosa la statua di Poseidone (Nettuno), opera dello scultore Carl Milles divenuta il simbolo della città. Tradizionalmente, qui, la città offre eleganti caffetterie e locali alla moda, molte in stile americano e londinese. Altra struttura caratteristica è Fishchurch, letteralmente la “chiesa del pesce”: si tratta di un grande mercato ittico, lungo il Rosenlundskanalen, a sud-est dal centro cittadino. L’edificio è a forma di chiesa ed è stato inaugurato nel 1874; il progetto fu una sperimentazione architettonica del militare Victor von Gegerfelt. Davanti al mercato si trova un complesso statuario che rappresenta un venditore di pesce, un pescatore ed il suo cane. Il centro della città, dove si trovano le università, è caratterizzato dalla intensa vita studentesca e per questo ci sono diverse strutture per la vita accademica. La città è nota per i numerosi eventi sportivi e musicali, ma anche per congressi e fiere. Negli ultimi dieci anni, infatti, Göteborg è diventata rinomata nel nord Europa per la qualità degli eventi, delle iniziative culturali, e dell’arte culinaria. La maggior parte degli eventi di portata internazionale si svolge nei mesi estivi: tra questi c’è il maggiore festival cittadino della Svezia, il Göteborgskalaset, durante il quale le strade si popolano di spettacoli all’aperto e di musicisti di ogni tipo. Il Festival del Cinema, tra gennaio e febbraio, è uno degli eventi più visitati dai turisti di tutto il mondo. Le città può essere esplorata tranquillamente a piedi o in bicicletta, altrimenti è bene servita dai trasporti pubblici, come i tram e i battelli - Paddan - fatti per navigare lungo i canali cittadini.


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SETTEMBRE 2014

SPORT SENZA FRONTIERE ONLUS

UNA CORSA PER L’INCLUSIONE SOCIALE Intervista al presidente Alessandro Tappa

“Lo sport ha lo straordinario potere di incidere profondamente sui cambiamenti delle persone e di tutta la società. Per questo vogliamo ispirarci alla positività contagiosa di quest’esperienza per farne un veicolo di educazione, inclusione sociale e benessere di tutta la Comunità”, con queste parole Alessandro Tappa ci presenta l’operato della onlus Sport Senza Frontiere che da 3 anni si batte per rendere l’attività sportiva accessibile a chi più ne ha bisogno.

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Sport e inclusione sociale: come si legano queste due tematiche?

percorsi

STILE LIBERO

Da sempre è la natura stessa dell’attività sportiva a tramutare in concretezza quella che dovrebbe essere una politica sociale. Lo sport ha, infatti, lo straordinario potere, attraverso le sue regole e il coinvolgimento che genera, di abbattere le barriere che regnano nella nostra società. Nell’allenarsi insieme, in un campo da tennis come in una piscina, ogni persona diventa uguale all’altra e non si riconoscono più le differenze e le realtà di provenienza: questo è la forza intrinseca dello sport, straordinario veicolo di valori, esempi e regole che, se sfruttato correttamente, può incidere profondamente sui cambiamenti delle persone e della società. E subito mi viene in mente un esempio su tutti, quello del presidente Nelson Mandela, che ha saputo utilizzare le potenzialità della disciplina del rugby per unificare una nazione sconvolta e dilaniata da quasi cinquant’anni di apartheid. Quali sono le fasce sociali oggi più a rischio di esclusione? In questo momento ci occupiamo soprattutto di giovani e bambini, fasce di minori legate al fenomeno delle immigrazioni che vivono in condizioni a rischio nella periferia di Roma. Ma seguiamo anche tanti bambini e giovani adulti italiani che, con il fenomeno della crisi, hanno visto le possibilità delle loro famiglie di incentivare la propria attività sportiva azzerarsi.

Alessandro Tappa Presidente Sport Senza Frontiere Onlus

Che cosa si può fare per loro? Come opera sul territorio Sport Senza Frontiere? A livello generale direi che si possono innovare le politiche del welfare. I servizi sociali fanno dei miracoli, pur essendo molto spesso vincolati alla disponibilità di risorse economiche ed essendo strutturati con processi che non sono più attuali. Bisognerebbe quindi rinnovare questi modelli attingendo non solo alla forza contagiosa dello sport ma a quella delle arti creative, della musica e della pittura. Nel particolare, noi di Sport Senza frontiere Onlus progettiamo e organizziamo percorsi sportivi gratuiti per bambini e adolescenti svantaggiati e in situazioni di marginalità sotto la guida di operatori professionali e in collaborazione con una rete solidale di partner e associazioni sportive. In pratica, offriamo ai nostri ragazzi la possibilità di fare attività sportive qualificate, seguite e gratuite. I bambini che intercettiamo vengono inseriti in corsi già esistenti grazie alla disponibilità di associazioni sportive affiliate alla Onlus che li ospitano con il supporto di risorse specializzate come piscologi, educatori, mediatori culturali. Perché lo sport è uno strumento dalle grandi potenzialità ma occorre saper gestire il processo di integrazione professionalmente se non si vuole incorrere in esperienze fallimentari.

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Che cosa intende con questo?

Come intercettate le famiglie?

Il disagio sociale va rispettato, ascoltato e capito: noi ci occupiamo di parlare con le famiglie, fornire supporto psicologico ma anche pratico nell’accompagnare i bambini agli appuntamenti sportivi, nel parlare con le associazioni, gli allenatori, le altre famiglie “normali”, nel provvedere a materiale, abbigliamento sportivo e assistenza sanitaria per il rilascio dei certificati di idoneità all’attività sportiva. In particolare i mediatori culturali, che conoscono le culture di provenienza dei nostri ragazzi e sono in grado di raccontarcele, fanno da trait d’union tra le famiglie italiane e le Comunità straniere. Infine, attraverso un protocollo di monitoraggio sviluppato con le università, analizziamo con periodicità il percorso di ogni singolo bambino nel primo anno di inserimento e in quelli successivi: non si tratta, infatti, di un’iniziativa episodica ma di un piano con durata pluriennale perché il riscatto dalla condizione di disagio è un risultato che si può ottenere solo con il tempo. Ad oggi la Onlus conta 30 società sportive nella propria rete e 141 bambini beneficiari di ben 15 diverse nazionalità.

Il nostro primo compagno di viaggio è stata la Comunità di Sant’Egidio che ci ha segnalato le famiglie da sostenere, poi si sono aggiunte le indicazioni delle scuole del territorio e anche quelle dei servizi sociali delle istituzioni locali che sempre di più si stanno accorgendo dell’importanza di questi interventi. Quando nasce la Onlus, in seguito a quali eventi e con quali valori? L’iniziativa parte da una piccola società sportiva di cui sono fondatore, l’Athlion Roma Pentathlon Moderno, i cui operatori insieme al sottoscritto avevano come obiettivo quello di veicolare messaggi importanti attraverso lo sport per aiutare i ragazzi a crescere. È quindi dal patrimonio operativo e culturale di questa piccola realtà che prende vita un progetto pilota e, a due anni dalla sua partenza, arriva anche la Onlus. L’idea nasce dalla donazione da parte delle agenzie Reuters e Contrasto di foto a tema sportivo che abbiamo deciso di mettere all’asta per raccogliere le risorse economiche necessarie a sostenere il progetto: organizzare dei corsi gratuiti per 7 bambini di una periferia di Roma all’interno di un’iniziativa che si chiamava “la Città di Sport Senza Frontiere”. Partiamo con il progetto e dopo solo un anno i bambini diventano 14. È allora che, spinti dall’entusiasmo e dai risultati ottenuti, abbiamo fatto una scelta: uscire dall’episodicità e fondare una Onlus per portare avanti un programma. Oggi siamo al 3° anno consecutivo di attività e la Città di Sport Senza Frontiere è attiva a Roma, Terni, Ferentino e Milano. Mondo istituzionale, privato, dello sport: che accoglienza avete ricevuto? Nell’ultimo anno le istituzioni hanno iniziato ad apprezzare molto di più il nostro lavoro e il tentativo innovativo di scavalcare l’episodicità per farne un progetto organizzato e continuativo. Iniziamo ad avere i primi riscontri: abbiamo siglato 2 protocolli di intesa con 2 municipi della provincia di Roma e un protocollo di intesa base con il Comune di Roma, collaborazioni che rappresentano un riconoscimento per il nostro modello di intervento che siamo più che mai decisi a mettere a disposizione delle istituzioni. Di recente abbiamo ricevuto anche un riconoscimento dal C.O.N.I. nazionale e regionale per essere una best practice efficace e innovativa nell’ambito delle azioni

Sport Senza Frontiere Onlus vive solo grazie al supporto di soci e sostenitori, persone che credono nei valori dello sport e contribuiscono attivamente al benessere e alla crescita dei bambini inseriti nei percorsi sportivi. 90


percorsi per l’integrazione sociale attraverso la pratica sportiva. In ambito privato riscontriamo ancora qualche difficoltà per il periodo drammatico che stanno vivendo le nostre imprese. Eppure abbiamo avuto qualche azienda che ci è stata vicina realizzando progetti di sensibilizzazione dei propri dipendenti, incoraggiandoli a partecipare ai momenti sportivi organizzati dalla nostra associazione perché è solo partecipando e coinvolgendosi in un progetto che se ne può capire davvero l’importanza. Per quanto riguarda il mondo dello sport c’è stata grande disponibilità, e oltre 38 associazioni sportive nell’area di Roma che hanno collaborato con noi finora. Avete avuto dei momenti bui? Qualche difficoltà? Non è sempre facile gestire l’inserimento di bambini stranieri. In alcuni percorsi abbiamo incontrato delle resistenze o delle rigidità che però la magia di questo progetto ha saputo superare. Ci sono storie di battaglie vinte e di diffidenze abbattute che mi piace raccontare, come quella del primo inserimento, 3 anni fa, di 7 bambini Rom all’interno di una società di rugby di una periferia a Nord di Roma con un tessuto economico tutto sommato ricco. In questo caso l’inserimento dei bambini ha creato episodi di disorientamento in alcune famiglie italiane che si sono rivolte all’associazione sportiva per chiedere spiegazioni. E qui la differenza l’hanno fatta un gruppo di allenatori illuminati insieme alla nostra mediatrice culturale e ad alcuni genitori alleati che hanno facilitato il passaggio da un’iniziale diffidenza ad un clima di integrazione ed entusiasmo generale. Oggi siamo al 3° anno consecutivo di questo primo gruppetto di bambini ed in particolare uno di loro, Sasho, il più timido e chiuso, è diventato la mascotte della squadra ed è stato recentemente riconosciuto con un premio come giocatore migliore dell’anno, andando persino in Francia a fare una trasferta internazionale con il supporto di Sport Senza Frontiere ma anche da gli stessi genitori che avevano mostrato iniziale diffidenza. In Francia Sasho ha visto per la prima volta il mare. Quando si riesce a far sorridere un bambino per una cosa del genere si può avere davvero la speranza di cambiargli la vita.

Vodafone Italia per l’inserimento gratuito di 100 bambini e adolescenti in corsi sportivi pluridisciplinari. Poi sicuramente il progetto “Tutti in vasca” sostenuto dall’Opera Sante de Sanctis per offrire la possibilità ad un gruppo di 30 diversamente abili di praticare lezioni di nuoto. Quest’estate ci siamo dedicati all’inserimento nei centri estivi di quei bambini che sono costretti a rimanere in città grazie ai posti offerti gratuitamente dalle associazioni della rete. Per il futuro stiamo lavorando al progetto “Sport e benessere”, finalizzato all’inclusione sociale di 600 minori in condizioni di disagio socio economico e psicofisico e tutela della salute attraverso screening e monitoraggi sanitari. Un progetto che sarà attivato nelle città di Roma, Napoli e Milano con la collaborazione di una rete di medici specialisti volontari, di strutture presenti sul territorio e delle associazioni Fondazione del Cuore Onlus e Fondazione con il Sud. Come si può migliorare la responsabilità sociale collettiva? Con gli esempi. E promuovendo progetti emblematici che siano facili da capire e che siano coinvolgenti, facendo vivere l’intervento di solidarietà a tutta la Comunità. La trasmissione positiva di questi programmi può diventare virale ma chi progetta gli interventi deve essere in grado di essere innovativo, creativo e coinvolgente. Occorre quindi innovare anche il modo di lavorare nel sociale, abbandonando i vecchi schemi e abbracciandone di nuovi. Un altro dei nostri ultimi risultati? Di recente come autisti dei pullmini con cui accompagniamo i nostri bambini abbiamo assunto dei genitori Rom. Insomma, un circuito virtuoso che funziona e che corre verso un’integrazione a tutto tondo!

Ci racconta alcune vostre iniziative? Tra quelle del passato, molto importante è stato il progetto realizzato in collaborazione con la Fondazione

Per avere tutte le informazioni su come sostenere la Onlus, visita il sito internet www.sportsenzafrontiere.it 91


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FLAVIA “FLY” SEVERIN: UNA FORZA DELLA NATURA AL SERVIZIO DELLO SPORT Intervista alla campionessa italiana di boxe

Flavia Severin, classe ’87, è una forza della natura: 1,80 m di altezza per 90 Kg, velocità e potenza dirompenti, e soprattutto è una superatleta polivalente: 4 le discipline sportive che pratica, boxe, rugby, atletica leggera - lancio del peso e sollevamento pesi. In tutte porta a casa titoli nazionali e internazionali e, naturalmente, grandi soddisfazioni.

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Flavia è, attualmente, campionessa italiana di boxe, categoria +81 chilogrammi, e vicecampionessa europea in carica. L’atleta della Treviso Ring, allenata da Pierangelo Cadamuro dal 2012, ha vinto due titoli italiani dopo appena un anno e mezzo di allenamento, dimostrando di avere la competizione e lo spirito giusto nel sangue.

sport

STILE LIBERO

Flavia, quando hai cominciato a fare sport? Ho iniziato a 6 anni, seguendo la passione di mio fratello maggiore, da sempre un idolo per me. Non a caso ho cominciato proprio col praticare rugby con la società sportiva del Paese. Impegno e tanta passione da sempre. Ho dovuto, purtroppo, lasciare i campi a 12 anni perché ero cresciuta e non esisteva una squadra corrispondente femminile nella società per le categorie superiori. Quindi, ho cominciato a praticare atletica gareggiando in corse campestri e salto in alto fino a quando per corporatura e potenza ho capito che potevo rendere meglio nel lancio del peso. Oggi, gareggio con i colori del Cus Parma. Ho ripreso a giocare a rugby, dopo una pausa

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di circa 6 anni, a 18 anni quando sono venuta a contatto con la squadra trevigiana delle Red Panthers, con le quali ho avuto grandi soddisfazioni sportive. Come ti sei avvicinata alla boxe? Alla boxe femminile mi sono avvicinata solo da due anni. Anche in questo caso per seguire una passione di famiglia. Infatti, mio padre, grande appassionato di pugilato mi ha trasmesso questo interesse. Inizialmente, mi sono iscritta per poter mantenere l’allenamento, e la forma, nelle giornate in cui non c’erano gli allenamenti di rugby. Il 27 luglio 2013 ho disputato il primo incontro. Quando sono salita sul ring ho pensato “ma chi me lo ha fatto fare”, ma poi è sopraggiunto lo spirito sportivo e mi sono divertita senza paura, perché in fin dei conti la boxe è disciplinata da regole severe. C’è da dire che la boxe femminile in Italia non è ancora particolarmente diffusa: per esempio in Germania è molto più presente sia a livello dilettantistico che a livello professionistico. Spero che anche nel nostro Paese si possa raggiungere maggiore notorietà, perché comunque è uno sport entusiasmante e di potenza. Quanto sacrificio comporta questa disciplina? Ogni sport, se praticato con serietà, comporta sacrificio, che non è tale se vissuto con passione e divertimento. Ovviamente, oltre agli allenamenti ci sono delle regole da mantenere come una alimentazione e stile di vita corretti e controllati. Naturalmente, quando diventerà un peso allora sarà il momento di lasciare.

Risultati importanti in discipline differenti, ma qual è la tua dimensione ideale: sport di squadra o individuali? Mi sento a mio agio in entrambe le situazioni, anche se essendo io fondamentalmente una persona riservata lo sport di squadra mi aiuta a condividere maggiormente e a tirare fuori il meglio. La tua vita privata e lo sport come si combinano? Mi piace lo sport, mi piacciono le sfide e tengo molto ai rapporti con la famiglia e gli amici. Per fortuna sinora riesco a conciliare tutto. Magari con qualche limitazione, ma va bene così. La mia vita privata, comunque, non è mai stata compromessa: familiari e amici da sempre mi hanno sostenuta. E quando non possono seguirmi in trasferta, dimostrano comunque tutto il loro affetto inviandomi continuamenti messaggi col telefono o attraverso internet. Altre passioni oltre allo sport? Che studi hai fatto? Mi sono diplomata all’alberghiero e mi piace viaggiare. Mi piacerebbe, un giorno, poter conciliare le due cose, magari lavorando in navi da crociera. Inoltre, mi piace andare in giro con la moto: quando non ho allenamenti o gare e il tempo lo permette prendo la mia moto e vado via. Quanto conta l’innovazione negli sport che pratichi? Ormai la tecnologia è diventata un fattore culturale: aiuta sicuramente a migliorare e calibrare gli allenamenti. Nella boxe per esempio la tecnologia permette di misurare i ‘massimali’ di peso e gli step di crescita da fare nel programma di allenamento. Mentre nel rugby grazie a GPS si possono verificare gli spostamenti del giocatore e calcolarne la velocità. Un consiglio da dare? Il mio unico consiglio è quello di provare sempre e mai arrendersi. E soprattutto vivere lo sport con passione e divertimento, altrimenti non ne vale la pena.

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Ridefinire backup e ripristino: avviso per i CIO La crescente complessità nel data center, compresa la rapida implementazione di server virtuali, la crescente esigenza di requisiti di compliance e un volume di dati sui dispositivi portatili in espansione hanno messo ancora più pressione su backup e recovery. Di conseguenza la gestione dei dati è un tema che deve essere rivalutato e portato all’attenzione dei CIO. Un nuovo approccio alla gestione dei dati, denominato “gestione moderna di dati e informazioni”, supporta la crescita di progetti IT strategici (come per esempio virtualizzazione e mobility), e può anche ridurre significativamente i costi e migliorare l’efficienza operativa.

I vantaggi della gestione moderna di dati e informazioni La gestione moderna di dati e informazioni è una combinazione fortemente integrata di copie persistenti, replica e snapshot che risultano sicure, deduplicate, gestite e rese accessibili tramite un’unica piattaforma. Il software Simpana® di CommVault® è una soluzione esclusiva, identificata come “leader” nel Magic Quadrant for Enterprise Backup Software and Integrated Appliances di Gartner per l’anno 2014. Simpana è application, operating system, e disk-aware. Crea rapidamente copie altamente disponibili integrando e sfruttando le tecnologie di snapshot basate su array. Le copie dei dati sono deduplicate e trasferite in modo efficiente su livelli di storage appropriati, disco, nastro o nel cloud. Questi dati possono essere recuperati facilmente per molteplici utilizzi, incluso disaster recovery, data mining, eDiscovery, requisiti di compliance o normativi. Questa attività end-to-end è il succo della gestione moderna di dati e informazioni.

Secondo una recente indagine di CIO Market Pulse1 sulla protezione e la gestione dei dati condotta per conto di e sponsorizzata da CommVault, il 42 percento dei CIO descrive la gestione dei dati della propria azienda come “obsoleta”, mentre per il 31 percento è “caotica”. Questo non sorprende se si considera la rapida crescita dei dati e l’evoluzione delle nuove tecnologie. Questa opinione è evidenziata dal Quadrante Magico 2011 di Gartner per l’Enterprise Disk-Based Backup/Recovery. Secondo il report, “mentre il backup è tra le attività più tradizionali nel data center, il mercato sta cambiando in modo significativo a mano a mano che le aziende accelerano l’adozione di nuove tecnologie e mostrano una propensione verso l’implementazione di soluzioni moderne”2. Una strategia di gestione moderna dei dati va molto al di là delle tradizionali attività di backup e ripristino dei dati, consiste piuttosto in una combinazione ben integrata di snapshot, replica e copie persistenti - da server fisici o virtuali - che sono sicuri, deduplicati e accessibili da un unico punto d’accesso.

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V Per approfondimenti vai al sito

Il CIO LinkedIn Market Pulse Survey è stato condotto tra i membri del CIO LinkedIn Forum tra il 23 febbraio 2011 e il 4 marzo 2011, con 111 risposte. Il sondaggio e tutto il materiale correlato era sponsorizzato da CommVault. 1

www.commvault.it/simpana-software

Gartner, Inc., Magic Quadrant for Enterprise Disk-Based Backup/ Recovery, Dave Russell et al, 28 gennaio 2011. 2

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SETTEMBRE 2014

L’acqua di mare & l’erba voglio

La cucina a modo mio: cucina trendy, facile o un po’ elaborata, ma alla portata di tutti e di tutte le situazioni. C’era una volta: il pic nic di fine estate e la tradizione reinventata! Le giornate sono più fresche e, anche se i giorni si sono accorciati, il sole e i colori della natura sono ancora caldi e vivaci, orti ancora ricchi di verdure e poca voglia di rinchiudersi a casa. Ci aspettano ancora gli ultimi picnic prima dell’autunno.

di Luisa Giacomini cuoca per passione luisagiacomini.com

Tartellette di datterini al burro salato e timo limone

C’era una volta il pesto alla genovese... ora tutto il profumo ed il gusto rivisitati in un’insalata di fine estate, classica ma inusuale ed ispirata negli ingredienti integri della più nota salsa. Ingredienti ed esecuzione (4 persone): Profumare in un vasetto di vetro 30 g di olio EVO ligure di olive taggiasche con la purea di aglio realizzata con 1 o 2 spicchi d’aglio. Unire tutti gli ingredienti preparati e conservati in una terrina sigillata nel frigorifero sino al momento della consumazione: 400 g di fagiolini lavati, mondati al vapore o lessati al dente; 2 patate medie a bastoncini cotte al dente a vapore o lessate; 80 g di pinoli; 60 g di parmigiano spezzato in piccole pepite con la punta di un coltello; 60 g di pecorino, come il Parmigiano; 50 g di olive taggiasche denocciolate. Preparare al momento (o massimo entro le 6/12 ore, conservandole al fresco su carta assorbente in un contenitore sigillato) e unire 150 g di pomodorini ciliegini, tagliati in due e svuotati dall’acqua di vegetazione e semi e 30 g di foglie di basilico intere. Se le foglie di basilico non piacciono intere si frulleranno all’ultimo con l’olio profumato all’aglio. Condire con Olio D.O.P. leggero a bassa acidità, dolce e fruttato, qb. di sale marino integrale, facoltativi succo di limone e pepe al mulinello. Mescolare e servire.

Insalata alla genovese

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Ingredienti ed esecuzione (6 persone): Imburrare e infarinare 4 stampini da crostatine.Tirare 250 g di pasta brisee pronta con il mattarello su un piano infarinato poco meno di 1 cm, ritagliare in 6 rettangoli. Foderare con la brisee gli stampi e forare con la forchetta il fondo. Unire 30 g di pane grattugiato; la parte gialla grattugiata (rapè) di 1 limone; 20 g di pecorino; 1 mazzetto di timo limone oppure di timo semplice con le foglioline tritate appena; 40 g di burro ed un pizzico di sale integrale marino fine. Lavorare per rendere il tutto omogeneo, un impasto un po’ granuloso e morbido e versarlo in parti uguali negli stampini. In una padella a fuoco vivace fondere altri 20 g di burro con poco trito di timo limone, spadellare velocemente 300 g di pomodorini datterini, tagliati a metà e svuotati dai semi, con un pizzico di sale. Spegnere subito e raffreddare. Adagiare i pomodorini dentro gli stampi, con il dorso verso l’alto. Infornare a 180 C° per 30 minuti, controllare e sfornare. Distribuire qualche fogliolina di timo limone sopra ai datterini. Impacchettare le tartellette da fredde.


cucina

STILE LIBERO

Waffle con labneh e salmone gravadlax Le gaufres o Waffle sono cialde originali del Belgio fragranti fuori e morbide dentro. La Waffle maker ha decisamente un costo favorevole che invita i buongustai alla prova ed è molto facile nell’uso. Come valida alternativa per bontà e originalità, utilizzare le gallette di solo mais, buonissime e fragranti. Eseguire il salmone gravadlax ed il labneh due giorni prima. Il labneh è un formaggio spalmabile ottenuto con lo yogurt esclusivamente bianco senza zuccheri aggiunti, sia intero, parzialmente o totalmente scremato.

Salmone gravadlax, ingredienti ed esecuzione (6 persone): Prendere una trancia centrale di 300 g di salmone freschissimo, spellata e spinata. Unire in una ciotola 4 cucchiai di senape di Digione, possibilmente con i semi interi, il succo di 1 limone filtrato, 3 pizzichi di sale, 2 pizzichi di zucchero, una manciata di aneto o finocchietto tritato. Miscelare il tutto e spalmare per intero la trancia di salmone. Avvolgere bene aderente nella pellicola e porre a macerare nella zona più fresca del frigorifero. Affettare sottilmente il giorno della consumazione.

Labneh, ingredienti ed esecuzione (4/5 persone):

capiente. In un barattolo da 500 g di yogurt bianco, aggiungere un pizzico di sale e mescolare bene. Versare lo yogurt nel telo e rinchiuderlo con i lembi, strizzare delicatamente, lo yogurt comincerà a colare, gettare il liquido, porlo nuovamente a perdere il siero dentro lo scolapasta in frigorifero. Buttare il siero di tanto in tanto. Dopo due giorni mettere il formaggio in un contenitore sigillato e regolare di sale.

Gaufres al formaggio, ingredienti ed esecuzione (6 persone): In una ciotola impastare 50 g di burro ammorbidito con 30 g di parmigiano. Separare 4 tuorli dagli albumi. Aggiungere i tuorli al burro e formaggio con 250 g di farina 00 e una puntina di cucchiaino di lievito, ½ cucchiaino di sale e ½ lt di acqua. Lavorare bene la pastella in modo omogeneo con la frusta. Montare a neve ferma gli albumi e incorporarli al composto delicatamente dall’alto verso il basso con una spatola. Con il mestolino versare il composto sullo stampo del Waffle maker e cuocere per 4/5 minuti. Oppure anche su una padella antiaderente e imburrata, come una frittella all’americana o i famosi blini dell’est Europa. Spalmare i waffle con il labneh, adagiare sottili fettine di salmone gravadlax con aneto o finocchio selvatico o barbette fragranti di finocchio. Ottimo l’accompagnamento con cetriolini in agrodolce.

Stendere un telo di cotone su uno scolapasta posizionato a sua volta in una ciotola

Crumble di nocciole e fichi caramellati Ingredienti ed esecuzione (6 persone): In una terrina mettere 125 g di farina 00 e miscelarla con solo 30 g di zucchero ed un pizzico di sale, inserire 1 tuorlo d’uovo, 70 g di burro a cubetti freddo e unire il tutto con le mani. Aggiungere l’acqua fredda quanto basta (al massimo 50 ml) per lavorare velocemente e ottenere solo grosse briciole di pasta. Tritare grossolanamente 120 g di nocciole tostate. Tagliare 8 fichi a fettine con la buccia e porli in piccoli stampini di ceramica o bicchieri resistenti al calore, bagnare con un cucchiaio da the di Cointreau e alcune gocce di limone. Spolverare in parti uguale di polvere di cardamomo (realizzate con 2 bacche di cardamomo pestate e setacciati i semini al passino fine) e di 3 cucchiai di zucchero di canna e alcune nocciole. Mettere sopra briciole di pasta miste a nocciole sino a raggiungere i tre quarti dello stampino. Infornare a 180 °C per 35/40 minuti. Con altri 100 g di zucchero preparare un caramello: in un pentolino aggiungere lo zucchero con un cucchiaio d’acqua e alcune gocce di limone, far sciogliere mescolando sempre a fuoco basso sino ad ottenere una salsa biondo ambrato. Tagliare altri 4 fichi in quattro, decorare con due fettine, filare sopra ai fichi con il caramello, aggiungere il resto delle nocciole quanto basta. Eseguire un ultimo filo di caramello, far raffreddare bene il tutto e mettere al riparo. 97


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Con la nuova Veeam Availability SuiteTM la continuità di business (Always-On BusinessTM) diventa realtà La nuova Availability Suite di Veeam apre la strada a una nuova categoria di soluzioni e rende possibile la disponibilità dei Data Center 24 h su 24 e 7 giorni su 7 per tutte le applicazioni e i carichi di lavoro. Veeam® Software, innovativo fornitore di soluzioni per l’alta disponibilità dei Data Center Moderni (Availability of the Modern Data Center™), annuncia la nuova Veeam Availability Suite™, (disponibile nel terzo trimestre del 2014) una soluzione che assicura che i dati e le applicazioni siano sempre accessibili in qualunque luogo e in qualunque momento. In questo modo, Veeam apre la strada a una nuova categoria di soluzioni che ha successo laddove i tradizionali sistemi di backup e data protection falliscono, consentendo di ottenere la business continuity (Always-On BusinessTM). “Il ciclo economico moderno non è più limitato ai cinque giorni alla settimana e alle otto ore al giorno”, dichiara Ratmir Timashev, CEO di Veeam. “I reparti IT delle aziende devono quindi fare in modo che si possa accedere ai dati e alle applicazioni in qualsiasi momento: è questa l’era dell’Always-On-Business. La Availability Suite di Veeam fornisce tecnologie all’avanguardia che fanno della continuità di business una realtà”. Tradizionalmente, ottenere disponibilità di dati e applicazioni senza interruzioni richiedeva un investimento significativo in sistemi completamente ridondanti con failover istantaneo, che assicuravano il ripristino in pochi secondi. Questo tipo di investimento poteva però essere giustificato solo per poche applicazioni, perciò la maggior parte di esse venivano supportate da soluzioni di backup tradizionali che offrivano recovery time and point objectives (RTPO™) di molte ore al giorno, non riuscendo quindi a soddisfare le esigenze dell’Always-On-Business. Per la prima volta, questo rilevante gap di disponibilità può essere compensato con la nuova categoria di soluzioni Availability For the Modern data Center™, che trasforma in realtà un RTPO inferiore a 15 minuti per tutti i dati e le applicazioni.

Le nuove caratteristiche della Availability Suite v8 di Veeam includono: •

NetApp Integration: il Backup di Veeam da NetApp SnapShot™consente ai reparti IT di creare backup da NetApp SnapShot™ ogni 15 minuti o meno, senza impatti sull’ambiente di produzione. Tecnologie in attesa di brevetto consentono di effettuare backup 20 volte più velocemente rispetto a quanto ottenuto da altri prodotti della concorrenza. Inoltre, Veeam Explorer™ for Storage Snapshots fornisce il ripristino gratuito di macchine virtuali, file ospiti e applicazioni item-level da NetApp SnapShot™, SnapMirror® e SnapVault®;

EMC Data Domain Boost™ Integration: riduce sensibilmente le finestre di backup consentendo la trasformazione dei file di back up 10 volte più velocemente e back up completi fino al 50% più veloci, con un utilizzo di banda ridotto fino al 99%. L’integrazione supporta inoltre la connettività Fibre Channel per consentire il LAN free backup sul Data Domain;

Veeam Explorer for Microsoft SQL: consente agli utenti di ripristinare singoli database nelle loro posizioni originali o in una nuova, compresi ripristini “point-in-time” attraverso il backup e successivo replay dei log, permettendo un ripristino puntuale dei database a uno specifico momento temporale, o anche una specifica transazione;

Miglioramenti della replica: la nuova versione aggiunge l’accelerazione WAN integrata ai processi di replica e consente agli utenti di effettuare la replica da file di backup, invece che dall’infrastruttura virtuale. Inoltre, gli IT manager possono sfruttare i piani di failover ed eseguire failover pianificati per facilitare le migrazioni dei data center senza perdita dei dati, migliorando ulteriormente gli RTPO.

Per ulteriori informazioni visitate il nostro sito:

http://www.veeam.com/it/

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L’azienda è verde! Con la Peonia erbacea nel giardino aziendale CARLA SBICEGO

ufficioverde STILE LIBERO

redazione@logyn.it

In questo numero parliamo di impresa socialmente responsabile, che opera per far crescere la Comunità e il territorio nei quali è inserita. Perché allora non accennare alla sistemazione dei giardini aziendali. Spesso ricchi di piante autoctone, con qualche pianta da fiore, come la Peonia erbacea, offrono uno spazio verde più gradevole e profumato. Abbiamo già avuto modo di conoscere la PEONIA, la sua storia e di quanto sia profumata e bella così da essere apprezzata anche come fiore reciso. Adesso è il momento giusto per impiantarla. La peonia è una pianta robusta, con poche esigenze, sopporta bene il freddo visto che d’inverno si rifugia sotto terra, e tutto sommato è di facile gestione anche per giardini industriali. Innanzitutto osserviamo come si comporta la pianta. In primavera spuntano dal terreno i germogli, che rapidamente si ricoprono di foglie e, sulla sommità, di boccioli. La fioritura, da aprile a giugno a seconda delle varietà, è a dir poco spettacolare. Poi rimane un bel cespuglio verde che con il freddo si secca e va tagliato a pochi centimetri dal suolo, lasciando così il giardino pulito e in ordine. La peonia erbacea nel tempo si sviluppa orizzontalmente, rimanendo più o meno sempre alla stessa altezza sotto il metro. Detto questo decidiamo dove collocarla. Non è difficile da coltivare, predilige i terreni argillosi e ricchi di humus ma ha grande adattabilità. Si presta a fare da bordura oppure possiamo sistemarla davanti ad alberi alti come ad esempio le betulle. Al nord va collocata in pieno sole o appena ombreggiata, più a sud è meglio piantarla a mezz’ombra. Ha bisogno di spazio, perciò va distanziata dalle radici delle altre piante e anche tra peonia e peonia è meglio lasciare uno spazio di almeno 80 cm.

Si trovano in commercio le radici, che sono affusolate e carnose e sono il serbatoio di scorta della pianta. Il terreno di impianto va dissodato, si prepara una buca che va riempita di terriccio mescolato a sabbia e torba e arricchito con concimi organici, quindi si sotterrano completamente le radici ricoprendo le gemme con pochi centimetri di terra, facendo attenzione a non metterle a diretto contatto con il letame. Infine conficchiamo qualche bastoncino nel terreno per evitare di calpestarle. È consigliabile, soprattutto per il primo inverno, ricoprire con una leggera pacciamatura. La peonia non sopporta il ristagno di acqua, perciò se riusciamo a creare uno spazio un pò rialzato aumenteremo l’effetto scenografico risolvendo nello stesso tempo questo problema. CURE: è utile togliere i fiori appassiti. In autunno si tagliano i fusti a qualche centimetro dal suolo e si eliminano per ridurre il rischio di malattie, dovute più che altro ad un eccesso di umidità; nel caso tratteremo con un antibotritico.

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fumetti

STILE LIBERO

La matita di Sue

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N. 07 - Settembre 2014 pubblicazione bimestrale Registrazione Tribunale di Treviso n. 201 del 09/11/2012 ROC n. 22990/2012 direttore responsabile Leonardo Canal responsabile organizzativa Giovanna Bellifemine hanno collaborato Gian Nello Piccoli, Stefano Moriggi, Stefano Biral, Gianluca Nicoletti, Attilio Cuccato, Alessio Voltarel, Sara Cappellazzo, Fabio Poles, Franco Pellizzari, Riccardo Girotto, Elena Gioco, Ruggero Paolo Ortica, Lucia Bressan, Andrea Manuel, Luciano Salvadori, Carla Sbicego, Luisa Giacomini, Sue Maurizio. realizzazione grafica Franco Brunello segreteria e sede operativa Via Newton 21, 31020 Villorba (TV), telefono 0422.628711, fax 0422.928759 redazione@logyn.it editore Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl, via Newton 21, 31020 Villorba (TV) redazione@logyn.it per la pubblicità e per i numeri arretrati Gruppo Eurosystem Sistemarca Srl, via Newton 21, 31020 Villorba (TV), telefono 0422.628711 redazione@logyn.it stampa Trevisostampa Srl Via Edison 133, 31020 Villorba (TV) telefono 0422.440200 info@trevisostampa.it Nell’eventualità in cui immagini di proprietà di terzi siano state qui riprodotte, l’Editore ne risponde agli aventi diritto che si rendano reperibili. Porrà inoltre rimedio, su segnalazione, a eventuali involontari errori e/o omissioni nei riferimenti.


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