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#12 Periodico di Eurosystem SpA

il personaggio FEDERICO FERRAZZA Facebook: l’edicola dove comprare il giornale

incontri con AMAZON

Servizio e ampia scelta di prodotti: il potere dell’acquisto online

ESPRINET SPA

Dal B2B al Business to Users

AZIENDE IN TRASFORMAZIONE

Il digitale sta cambiando le nostre imprese?

stories ELITE SRL

Pedalare verso il cambiamento

UNICAR SPA

Storia di un’automazione di successo

stile libero AIRBNB

Un’esperienza autentica in risposta al bisogno dell’utente

KIARA FONTANESI

La prima donna su due ruote a vincere 4 volte il titolo mondiale

LA TRASFORMAZIONE DIGITALE L’ITALIA, UN PACHIDERMA


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EDITORIALE Gian Nello Piccoli La trasformazione digitale è il tema che accompagna questo numero. La diffusione delle tecnologie mobili, l’accesso massivo alla rete, la disponibilità di un enorme quantitativo di informazioni fanno vivere alle aziende nuove esperienze di management e di relazione che inevitabilmente si riflettono sulle loro prestazioni gestionali ed economiche. Come è cambiata la cultura aziendale? Per scoprirlo, siamo entrati nelle aziende e ci siamo chiesti come stanno affrontando il cambiamento e cosa si sta facendo per non rimanere indietro.

GIAN NELLO PICCOLI Eurosystem S.p.A.

Tutti d’accordo sul fatto che bisogna adeguarsi ai nuovi comportamenti di consumo. Ma pare che non siamo ancora abbastanza pronti. Da una parte molte sono le imprese che si stanno adattando al processo di trasformazione o quelle che nascono con un DNA digitale ma, dall’altra, mancano le competenze sia per l’assenza di una strategia di lungo periodo che coinvolga aziende e sistema formativo, sia per un divario digitale ancora persistente. Siamo un Paese con le sembianze da pachiderma che insegue quello che gli altri hanno già attivato da tempo. Eppure, esempi positivi, anche poco al di fuori del confine nazionale, non mancano. Barcellona, Copenaghen e Nizza sono città con infrastrutture da smart city avanzate. Ogni anno risparmiano decine di milioni di euro grazie a una gestione più intelligente delle risorse idriche, a maggiori ricavi sulle tariffe dei parcheggi e ad altre opportunità rese possibili dall’ Internet of things. Da quando hanno promosso delle iniziative per trasformare la città grazie a connessioni digitali intelligenti, hanno creato decine di migliaia di nuovi posti di lavoro. Il digitale è quindi una grande sfida e sono convinto che le aziende che riusciranno a vincerla potranno essere così competitive da realizzare grandi risultati su nuovi mercati, scardinando quella lunga crisi che negli ultimi anni non ha risparmiato quasi nessuno. E, a proposito di cambiamento, con questo numero di Logyn anche noi abbiamo voluto fare alcune trasformazioni, rinnovandone lo stile e arricchendolo di nuovi contenuti. Il tema dell’innovazione, al centro anche di questo 2016, si veste di nuove accezioni che coinvolgono gli aspetti della sicurezza informatica, della privacy, ma anche del benessere dei lavoratori in azienda. Nuove rubriche e un nuovo modo di presentarle per accompagnare la nostra trasformazione e quella dei nostri lettori. Gian Nello Piccoli 5


incontri con

6

FEDERICO FERRAZZA FACEBOOK: L’EDICOLA DOVE COMPRARE IL GIORNALE

il personaggio

86

AIRBNB IL VIAGGIO UN’ESPERIENZA AUTENTICA IN RISPOSTA AL BISOGNO DELL’UTENTE

18

AMAZON SERVIZIO E AMPIA SCELTA DI PRODOTTI: IL POTERE DELL’ACQUISTO ONLINE

36

AZIENDE IN TRASFORMAZIONE IL DIGITALE STA CAMBIANDO LE NOSTRE IMPRESE?

90

KIARA FONTANESI SPORT LA PRIMA DONNA SU DUE RUOTE A VINCERE 4 VOLTE IL TITOLO MONDIALE

stile libero


SOMMARIO 54 spazio a y 54 Che software gestionale serve alla 59 67

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ESPRINET SPA DAL B2B AL BUSINESS TO USERS

26

Facebook: L’edicola dove comprare il giornale

10 focus

La trasformazione digitale

14 pensare con le

macchine! STEFANO MORIGGI

18 incontri con 18 AMAZON

Servizio e ampia scelta di prodotti: il potere dell’acquisto online

22

BANCA MEDIOLANUM

La tecnologia come abilitatore delle relazioni

@EUROSYSTEM.IT

Condivido ergo sum

La rottamazione dei contratti a progetto FISCO

Smart working, verso una città più smart

74

PAROLA DI AVVOCATO

AIOP

76

PRIVACY

78

AZIENDA SICURA

80

MEDICINA E LAVORO

82

BENESSERE IN UFFICIO

85

NATUROPATA

86

IL VIAGGIO

90

SPORT

60 stories 60 Elite Srl: pedalare verso il

94

CUCINA

64

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FUMETTI

3 editoriale

FEDERICO FERRAZZA

Gestione assistenza e manutenzioni

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32

6 il personaggio

@EUROSYSTEM.IT

71 stile libero 71 LAVORO

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di Gian Nello Piccoli

mia azienda?

ESPRINET SPA

Dal B2B al Business to Users UNICREDIT

Tutti i dati del paziente da un unico database per salvare vite

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AZIENDE IN TRASFORMAZIONE

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AIDP

Il digitale sta cambiando le nostre imprese? Il mondo delle HR nell’era della trasformazione digitale

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LE MULTIUTILITY

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LA SCUOLA

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Più digitale, più servizio Aule destrutturate per una didattica collaborativa BIZEN

Viaggio nella trasformazione digitale

cambiamento

Unicar SpA: storia di un’automazione di successo

Gli studi professionali nella trasformazione digitale PCT - Processo Civile Telematico Protezione dei dati personali Reati informatici: legislazione e prevenzione L’uso del videoterminale sul lavoro Kaizen, il cambiamento continuo fa bene all’azienda Alimentazione consapevole AIRBNB: un’esperienza autentica in risposta al bisogno dell’utente Kiara Fontanesi: campionessa su due ruote L’acqua di mare & l’erba voglio La matita di Sue


numero 12

FEDERICO FERRAZZA Facebook: l’edicola dove comprare il giornale Dora Carapellese

L’evoluzione digitale dei mezzi di informazione secondo Wired

“E tu sei un utente casuale o brandizzato?”. Federico Ferrazza ha un’idea ben precisa e la racconta attraverso questo viaggio fatto con Logyn in cui il digitale fa da padrone nell’evoluzione dell’informazione. “Facebook è l’edicola delle news, la ‘civetta’ per intenderci, che fa decidere se entrare a comprare il giornale o meno”. 8

Partiamo da te: qual è stata la trasformazione digitale che hai avuto tu, come giornalista, dal tuo esordio? In realtà non c’è stata una vera trasformazione digitale perché ho iniziato subito a lavorare per un giornale online. Ho seguito l’evoluzione, questo sì. È evidente che ci sono stati dei grandi cambiamenti, i due fondamentali legati alla


IL PERSONAGGIO Federico Ferrazza

Su internet il lettore arriva dai social network e dai motori di ricerca. Questo fa del lettore online un utente casuale.

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numero 12

connettività, che riguardano un po’ tutti gli ordini di lavoro, sono stati una sempre maggiore velocità di internet da una parte e la possibilità di utilizzarla in mobilità dall’altra, un vantaggio non da poco se penso alla mia professione.

Qual è la diversità tra il lettore della carta e l’utente internet? Premesso che le differenze dipendono dal tipo di giornale, mi sento di dire che è cambiato il modo di arrivare alla notizia, su internet il lettore arriva dai social network e dai motori di ricerca. Questo fa del lettore online, nella maggior parte dei casi, un utente casuale. Colui che legge in quel determinato spazio temporale la notizia non in base al brand ma alla necessità del momento. Il lettore digitale può mettere insieme nella sua dieta digitale contenuti che arrivano da diverse fonti. Diverso è il discorso dei media tradizionali, dove il lettore è più fidelizzato al brand, compra quel quotidiano perché è interessato alle firme, non tanto per i contenuti. Attenzione, però, questa non è una critica, è solo una constatazione del fatto che il giornalista deve tener conto di questi comportamenti se vuole attirare l’attenzione dei due lettori.

Le attività digitali e gli eventi rappresentano l’80% del fatturato di Wired, cosa state facendo per andare incontro al sempre più esigente e veloce lettore di internet?

Federico Ferrazza giornalista e direttore di Wired Italia Nato a Roma nel 1978, è direttore di Wired da giugno 2015. Giornalista esperto di scienze e tecnologie, Ferrazza ha iniziato giovanissimo, a 20 anni, collaborando con varie testate tra cui Il Sole 24 Ore, Il Venerdì e L’Espresso. Nel 2004 ha fondato con tre soci la media company Galileo Servizi Editoriali che produce contenuti per diversi editori, dal Gruppo L’Espresso alla Mondadori, dal Sole 24 Ore alla Condé Nast. Ferrazza è arrivato a Wired nel 2010 come coordinatore della redazione di Wired.it. È anche tra i fondatori del Cedites, Centro studi per la divulgazione della tecnologia e della scienza di Milano, e ha insegnato New media e Giornalismo on line all’università La Sapienza e all’Università Tor Vergata di Roma. 10

Si cerca di catturare l’attenzione conoscendo le abitudini del lettore, il quale arriva alla notizia dai motori di ricerca e dai social network, e attraverso il cellulare. Pertanto dal nostro punto di vista è più importante curare la pagina Facebook che la home page del sito.

Con l’avvento di internet c’è stata una diminuzione fisiologica del lettore della carta: come è cambiata la vostra strategia di engagement nei suoi confronti? Wired nasce in Italia nel 2009 nel bel mezzo dei social media, quindi per noi è stato naturale buttarci sulla cura della comunità social, perché è da sempre il nostro primo contatto con il lettore. Abbiamo sperimentato positivamente anche l’off line con il Wired Next Fest che raccoglie i nostri lettori dando la possibilità di rendere concreto il network social, inoltre, costituisce un importante momento di informazione e di intrattenimento che ci ha dato un ottimo feedback da parte del pubblico.

Qual è il ruolo dei social network nell’editoria? Oggi la maggior parte delle persone sono connesse a internet e i social network sono dei luoghi dove i giornali devono stare, perché grazie a questi promuovono i propri contenuti. L’articolo di un giornale o fa nascere una discussione o è parte di una discussione. Oggi non


IL PERSONAGGIO

I NUMERI DI Fan su Facebook: Follower su Twitter: Utenti mensili: Nuovi articoli al giorno:

WIRED 620.000 261.000 5.000.000 circa 50

Beh, sicuramente oggi il giornalista deve conoscere molto bene i mezzi. Una delle grandi differenze tra la rete e l’analogico è che, quando scrivo un articolo per il cartaceo, questo è finito quando va in stampa, se invece lo pubblico sulla rete inizia quando va online. I colleghi che scrivono per la rete devono sapere che l’articolo avrà ripercussioni sui social, che dovrà essere aggiornato e che, avendo un vasto pubblico, potrà anche essere messo in discussione. È uno stimolo in più per scrivere articoli di qualità.

Come è cambiato il modo di fare notizia? essere sui social network per un giornale è come stampare 100.000 copie e non venderle attraverso le edicole.

Il modo di fare notizia non è diverso, però il modo di raccontarla sì. Ci serviamo dei video oppure di format testuali come le liste, o la costruzione di titoli che vengono fatti in maniera tale da essere trovati sui motori di ricerca.

Siamo nell’era dell’iper-informazione: come si evita di stare tutti nello stesso calderone?

Come vedi il lettore fra 10 anni?

Trovando un tono di voce diverso, e sicuramente cercando di essere originali. Certo non premia nel breve periodo, ma nel lungo periodo si crea un brand distinguibile e di qualità, che attira sia il lettore che gli investitori. Se io facessi un giornale uguale ad un altro guarderei solo il numero di utenti e il costo. Se io faccio un giornale con una certa personalità ho anche dei valori che in termini economici possono essere capitalizzati.

Quali sono i benefici dell’era digitale? Io penso che non siamo assolutamente schiavi delle tecnologie. L’era digitale ci sta dando la possibilità di essere informati di più rispetto al passato. Un’altra caratteristica che trovo fantastica è poter ascoltare le persone. Un grande valore che permette di prendere delle decisioni importanti su come costruire un prodotto sapendo quali sono i gusti del tuo target, oppure scrivere dei contenuti di un giornale secondo i gusti del lettore. Non solo, esiste anche la possibilità di poter controllare la notizia, penso al grande filone nato con internet come il giornalismo antibufale, oggi fortunatamente è possibile. Prima dell’avvento dell’informazione online il lettore aveva poche possibilità di verifica della notizia.

Difficile dirlo, dieci anni fa non avrei mai detto che Facebook avrebbe cambiato molte cose. Quello che mi sento di dire è che le persone si informeranno sempre più sul digitale, questo anche per una questione anagrafica. Il lettore mobile sarà sempre più frequente. Penso che non ci sarà una strage del giornalismo perché la gente ha bisogno dell’informazione. La carta fra 10 anni ci sarà ancora, anche se sarà destinata a perire perché diventerà un affare in perdita. Confido in nuovi modelli di business che faranno crescere l’informazione su nuovi orizzonti.

Oggi non essere sui social network per un giornale è come stampare 100.000 copie e non venderle attraverso le edicole.

Con le testate online il giornalista deve seguire regole diverse da quelle apprese nella vecchia scuola, quali sono le caratteristiche che cercate in un giornalista oggi? 11


numero 12

LA TRASFORMAZIONE DIGITALE L’Italia, un pachiderma Tutti concordi che bisogna attrezzarsi digitalmente per crescere e che il Governo va lento, ma intanto molte sono le aziende che si adeguano e nascono in questa nuova era. Il cliente si è evoluto, è più complesso e va studiato nelle numerose piattaforme presenti sul web: dai social network ai blog, questi i luoghi in cui avvengono le conversazioni. È qui che emergono i nuovi bisogni del prospect, che il marketing non può ignorare. Siamo pronti per la trasformazione digitale? Sembra che l’Italia si stia muovendo come un pachiderma. È eloquente ciò che è emerso in occasione della presentazione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali 2015 al Miur, che ha avuto al centro della riflessione il tema della cultura digitale e il suo ruolo nell’ecosistema italiano. Il settore cresce ed entro il 2020 mancherà all’appello oltre un milione di professionisti. In questo numero abbiamo voluto capire come le aziende si stanno muovendo in piena trasformazione digitale. L’utente risulta essere il soggetto privilegiato, perché è lui il prospect, il futuro cliente e quello che contribuisce a far crescere la new economy. Per questo c’è chi studia i comportamenti dell’utente sul web, per proporre un servizio in linea con l’esperienza che il cliente è abituato a fare online anche in altri ambiti. E sempre per lo stesso motivo è più facile trovare una banca che offra i propri servizi web con un’interfaccia ispirata a Facebook. Il tutto studiato per mettere a proprio agio il cliente e soddisfare le sue esigenze. La digitalizzazione dei processi operativi in alcune multiutility ha reso immediatamente disponibili i dati necessari a compiere una determinata operazione, con un risparmio di tempo e carta. Ad esempio, un sistema di workforce management viene usato per supportare 12


FOCUS La trasformazione digitale

Siamo pronti per la trasformazione digitale? Sembra che l’Italia si stia muovendo come un pachiderma.

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numero 12

La copertina La trasformazione digitale è il processo di cambiamento di uno o più fattori di business determinato dall’impiego di nuove tecnologie, servizi e competenze digitali. Obiettivi commerciali aziendali e innovazioni digitali si incontrano e, grazie ad un meccanismo quasi magico (cappello magico), la loro unione trasforma ciò che prima era un modello operativo, un prodotto o un servizio tradizionale in nuovi processi e strategie che rivoluzionano il modo di stare sul mercato dell’impresa stessa, moltiplicandone i benefici.

le attività di manutenzione e pronto intervento di reti e impianti acqua, gas ed energia: gli addetti operativi sul territorio utilizzano in gran parte palmari, tablet e pc portatili per ricevere i dettagli delle attività da eseguire, per consultare le banche dati (cartografia, procedure, ecc.) e per rendicontare il lavoro svolto. Amazon ed Airbnb sono un altro esempio lampante delle conseguenze della new economy che ha reso più efficienti i mercati, andando oltre i tradizionali confini nazionali, con un processo di globalizzazione finanziaria e culturale del mondo. Dal punto di vista del lavoro è emersa la necessità sia di nuove competenze, sia di rivedere le vecchie modalità di lavorare: è il caso di Unicredit che, tra le altre cose, ha creato delle City hub, spazi aziendali posizionati in vari punti della città, in modo da ridurre la distanza casa-ufficio. Grazie alle tecnologie lavorare da remoto si può. La digitalizzazione quindi migliora la qualità di vita? O forse siamo troppo collegati? Nella scuole si va proprio in questa direzione e si sta assistendo ad un processo di destrutturazione delle aule, organizzate con delle isole di lavoro attrezzate con dispositivi e materiale cartaceo, che permette una didattica più collaborativa. Genitori, docenti e studenti dialogano attraverso una piattaforma digitale, durante e fuori le lezioni. Un lavoro didattico che comincia in aula, continua a casa e torna in aula. Anche il mondo dell’informazione cambia, dalla parte del lettore che ha più fonti da cui poter attingere e più possibilità di verificarle. L’editore, intanto, sta cambiando sia il modo di raccontare la notizia che le logiche di vendita dell’informazione, e oggi lo fa prevalentemente nei luoghi dove avvengono le conversazioni: i social network. Sul fronte sanità e dematerializzazione si è ancora molto lontani dall’arrivare ad eliminare i mastodontici archivi che riempiono grandi spazi fisici. Non esiste un database nazionale che ogni struttura sanitaria possa condividere indipendentemente dalla città. Esiste la tecnologia per farlo ma il Governo tarda nel fornire delle linee guida indispensabili per creare delle piattaforme che parlino la stessa lingua, eppure questo non solo ottimizzerebbe una buona parte dei costi ma, cosa più importante, salverebbe vite umane. Un processo di digitalizzazione riconosciuto da tutti come inevitabile ma che ancora viaggia alla velocità di un pachiderma, se confrontato con la dinamicità con cui le tecnologie si evolvono.

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FOCUS

48,7%

48,7% >250 dipendenti

26%

20,1%

100-249 dipendenti

La crescita del mercato italiano digitale nei primi 6 mesi del 2015

+ 1,5%

Aziende italiane che ritengono la digital trasformation la principale sfida

10,8%

50-99 dipendenti 10-49 dipendenti

Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) nelle imprese. Dati relativi al 2015.

IL PUNTO SU... La trasformazione digitale

Aziende ICT

67%

48%

41%

37%

Società in house

Aziende

PA centrale

PA locale

di Regioni e Provincie Autonime

Livello di copertura delle competenze digitali (definite sulla base del sistema europeo e-Competence Framework).

Stima di posti di lavoro vacanti nell’ICT entro il 2020

44,8%

72,7%

Aziende ed Enti

Aziende ICT

Disponibilità ad accogliere neolaurati per gli stage

http://www.assinform.it/

176.000

Fonti: http://www.netconsultingcube.com

73%

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numero 12

COME SARÀ (PENSATA) LA VITA DIGITALIZZATA?

STEFANO MORIGGI

IL FUTURO PUÒ SORPRENDERE E SPIAZZARE, SPECIE SE NON SI RIFLETTE ABBASTANZA SU SCIENZA E TECNICA. DALLA MECCANIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ AL CLUETRAIN MANIFESTO E OLTRE…

Il futuro è il tempo che non c’è. È la sfuggente dimensione che ci è data come orizzonte da pensare, da immaginare, da intuire. Alcuni, come noto, ancor oggi non rinunciano ad affidarsi a cialtroni senza speranza che nelle combinatorie dei tarocchi o nei riflessi di un sfera di cristallo dichiarano di saper leggere (o “correggere”) le sorti e i destini dei loro clienti (solventi). Tuttavia, al di là di questi rapporti, infantili da un lato e truffaldini dall’altro, con il tempo che verrà, è indubbio che la prefigurazione del futuro sia stata, da sempre, una necessità non solo sociale e politica, ma addirittura determinante alla sopravvivenza della specie. Prevedere le mosse di un predatore o un periodo della siccità ha significato per la nostra specie imparare a sopravvivere in un mondo spesso ostile, non sempre confortevole e certo ricco di imprevisti. In quest’ottica, 16

non si dovrebbe faticare più tanto nel concettualizzare scienza e tecnica come due tra gli “arnesi” più potenti e affidabili per anticipare modi e tempi degli accadimenti che saranno. Una consapevolezza antica, questa. Addirittura mitica. Prometeo, il titano che sottrasse il fuoco (immagine del sapere tecnico e scientifico) per donarlo agli uomini è, letteralmente, “colui che vede prima”; colui che agli uomini, in uno slancio di filantropia, fa dono degli strumenti con cui possono emularlo nella conoscenza delle cose mondane. In questo senso, dunque, andrebbe intesa la scienza (e la cultura scientifica) come “prometeica”: ovvero, come quella costellazione di conoscenze, strumenti e metodologie che consentono di apprendere (e pertanto) di anticipare il corso e le manifestazioni di quella natura che - come diceva il filosofo greco Eraclito - “ama nascondersi”.


PENSARE con le macchine! Al contrario, però, l’eredità mal compresa che di Prometeo è rimasta incrostata sull’idea di scienza e tecnica è essa stessa legata a una ideologica e impropria rilettura del mito stesso. Quella in cui - come nel caso di alcune interpretazioni del “Prometeo moderno”, ovvero il dottor Victor Frankenstein - è la tracotanza senza remore e scrupoli del ricercatore a connotare (e al contempo condannare) il progresso cinico e spregiudicato del sapere tecno-scientifico. Una visione questa che, nella sua distorsione ideologica, ha prodotto - e per molti versi continua a produrre - non poche incomprensioni, non solo (e non tanto) nel giudizio storico di epoche in cui scienza e tecnica hanno cominciato nei fatti a ridefinire pesantemente la vita (privata e professionale) di individui e di intere comunità, fino a diventare a tutti gli effetti un fenomeno globale. Ma anche nei casi in cui - e, come si accennava, sono molti e tra loro diversi per scopo e profondità - gli esseri umani hanno provato a intuire la forma e la sostanza del futuro che di lì a qualche decennio (o secolo) li avrebbe attesi. Per citare un esempio piuttosto noto, si farà riferimento al caso dell’artista e illustratore francese Jean-Marc Côte. Il quale, insieme ad alcuni suoi collaboratori, tra il 1899 e il 1900 realizzò una serie di illustrazioni che avrebbero dovuto, per l’appunto, rappresentare gli anni 2000. Nella fattispecie questa serie di 87 cromolitografie erano state commissionate da una società che produceva sigarette e

Stefano Moriggi storico e filosofo della scienza

Si occupa di teoria e modelli della razionalità, di fondamenti della probabilità, di pragmatismo americano con particolare attenzione al rapporto tra evoluzione culturale, semiotica e tecnologia. Già docente nelle università di Brescia, Parma, Milano e presso la European School of Molecular Medicine (SEMM), attualmente svolge attività di ricerca presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e l’Università degli Studi di Bergamo. Esperto di comunicazione e didattica della scienza, è consulente scientifico Rai, e su Rai 3 è uno dei volti della trasmissione “E se domani. Quando l’uomo immagina il futuro”. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: “Le tre bocche di Cerbero. Il caso di Triora. Le streghe prima di Loudon e Salem” (Bompiani, 2004); (con E. Sindoni) “Perché esiste qualcosa anziché nulla? Vuoto, Nulla, Zero” (Itaca 2004); con P. Giaretta e G. Federspil ha curato “Filosofia della Medicina” (Raffaello Cortina, 2008). Più recentemente (con G. Nicoletti) ha pubblicato “Perché la tecnologia ci rende umani. La carne nelle sue riscritture sintetiche e digitali” (Sironi, 2009); (con A. Incorvaia) “School Rocks. La scuola spacca” (San Paolo, 2011); Connessi. Beati quelli che sapranno pensare con le macchine (San Paolo, 2014). 17


numero 12

sigari al fine di allegarle alle confezioni dei loro prodotti in occasione dell’imminente Esposizione Universale che avrebbe salutato sul suolo parigino l’inizio del XX secolo. L’industria che le aveva commissionate pare che fallì prima di riuscire a stamparle su larga scala, tuttavia (e per fortuna) se ne è conservato una serie completa che, per un certo periodo, è appartenuta a celebre scrittore di fantascienza, Isaac Asimov. Chi fosse interessato alle preziose descrizioni e riflessioni che l’autore delle fondamentali (tre) leggi della robotica dedicò alle immagini di Côte è rimandato al volume (di non immediato reperimento) FutureDays: A Nineteenth Century Vision of the Year 2000. Gli altri - osservando almeno qualcuna delle immagini in questione (qui riportate: vedi Fig. 1-2-3-4) potrebbero comunque far caso a due aspetti. Il primo, forse più evidente, ma non altrettanto meditato: ovvero, quanto sia difficile immaginare il futuro (in ogni suo aspetto) senza coinvolgere direttamente l’evoluzione di scienza e tecnica. Il secondo, connesso al precedente e per certi versi ancora meno considerato; ovvero, il fatto che parlando di scienza e tecnica ci si concentri esclusivamente sulla loro per altro innegabile potenza e pervasività strumentale. In effetti, dalla sartoria meccanizzata (Fig. 1), all’allevamento intensivo (Fig.2) fino alla scuola “elettrificata” (Fig. 3) e a quel “cinema fono-telegrafico” (Fig. 4, in cui qualcuno ha saputo vedere una pionieristica anticipazione di Skype) si è insistito, appunto, su come il futuro sarebbe potuto essere disegnato entro i possibili (e a volte sconcertanti) progressi della tecno-scienza. La ricerca scientifica sarà sempre più in grado di produrre e (quindi) di avvalersi di strumenti che una volta diffusi riplasmeranno le nostre vite, le nostre consuetudini, e perché no anche le modalità (e forse la natura) delle nostre stesse relazioni. Molti anche a partire dalle immagini in questione si sono soffermati, per esempio, su come e quanto le “macchine” saranno in grado di alleviare le fatiche fisiche e intellettuali dell’essere umano; altri invece hanno visto in tali futuribili scenari il rischio che le tecnologie avrebbero potuto drammaticamente sostituirsi all’uomo - non solo sottraendogli il lavoro; ma, nelle prospettive più fosche, prendendo addirittura il comando e il potere. 18

Speranze e paure che non sono molto cambiate, nella sostanza, dal periodo della meccanizzazione della società sognata da Jean-Marc Côte a quello attuale della sua digitalizzazione. Analogamente al passato, oggi ci si sforza di preconizzare cosa diventerà la nostra vita quando la transizione al digitale - se non ancora compiuta - avrà comunque (persino in Italia) fatto ulteriori e sensibili passi avanti tra effettive opportunità e potenziali rischi. Ma la

1

3 prospettiva di soffermarsi solo sulla ricaduta strumentale delle tecnologie, senza avviare una più profonda riflessione su come gestire (culturalmente!) il nostro rapporto con loro, non ci mette al riparo da azzardate ingenuità. Come è successo, a bene vedere, persino a un gruppo di grandi esperti del digitale. Nel 1999 (esattamente cento anni dopo l’iniziativa delle cartoline di Côte), David Weinberger, Rick Levine, Doc Searl e Christofer Locke stilarono 95 tesi confluite in quello che sarebbe diventato noto (sopratutto tra gli addetti ai lavori) come il


PENSARE CON LE MACCHINE Cluetrain Manifesto. Con grande anticipo e competente lungimiranza i quattro studiosi riuscirono a descrivere con buona approssimazione la rete dei social network. Non solo, si spinsero a descrivere nei dettagli quella “conversazione globale” in cui la stessa rete avrebbe progressivamente rimodellato la struttura e la natura dei mercati. Auspicavano una “sovversione delle gerarchie” innescata dalla stessa nuova tecnologia dilagante.

2

4 La logica “unilaterale” produttore-consumatore - per citare un caso semplice e concreto - sarebbe andata progressivamente smantellandosi nella direzione di una conversazione democratica in cui la reputazione di prodotti e produttori si sarebbe ridefinita “dal basso”; così come, del resto, le aziende avrebbero dovuto reimpostare con la clientela un rapporto inedito: sia per quanto concerne la comunicazione sia per l’assistenza. Molte di queste dinamiche, effettivamente, non tardarono ad annunciarsi e a prendere forma; ma a distanza di circa

quindici anni da quelle prime tesi - che, per altro, nel numero e nello stile intenzionalmente evocavano quelle che Martin Lutero nel lontano 1517 affisse sui portali della Cattedrale di Wittenberg annunciando l’inizio della sua Riforma - per stessa ammissione dei loro estensori necessitavano di una revisione. “Avevamo ragione, ma non del tutto” - avrebbe confessato Weinberger ai media (nuovi e vecchi), annunciando una serie di “121 nuove idee”. Ciò con cui non avevano fatto sufficientemente i conti “sta nell’aver sottovalutato le resistenze del mondo che la Rete ha travolto”. Ed è questa - prosegue Weinberger - la lezione per noi tutti, più attuale di molti dei pur attuali passaggi di entrambi i documenti, il vecchio e il nuovo [1999 e 2015]”. Una lezione “culturale”, appunto, più che “strumentale”. Essi stessi erano rimasti prigionieri dell’illusione che “la cyber-utopia potesse realizzarsi da sé, per un qualche destino o automatismo della tecnica, e non solo al costo di una terribile fatica individuale e collettiva”. Come si accennava fin dall’inizio, l’auspicio o il terrore che l’evoluzione della tecnologia possa realizzare utopie (positive o negative), a prescindere dalla reazione e dall’impegno culturale di una società intera, è una ingenuità che non possiamo più permetterci. Ecco, sempre e di nuovo, l’esigenza di imparare a pensare con le macchine - in questo caso con la Rete. Nel senso dell’urgenza di lavorare a un progetto di cittadinanza attiva che consenta di comprendere a fondo le “regole” di una esistenza sempre più digitalizzata. Ma attenzione: nessun serio progetto di cittadinanza attiva potrà fare a meno di quell’educazione alla scienza e alla tecnica che, una buona volta, non si ridurrà alla considerazione della loro potenza concettuale e strumentale, ma ne comprenderà la pregnanza e la complessità culturali. Senza le quali si continuerà a navigare a vista verso il futuro, tra incerti avvistamenti e conclamati miraggi. Quanto poi agli estensori del Cluetrain Manifesto, non si sono certo persi d’animo. Al contrario, Searls e Weinberger scrivono: “Abbiamo ancora la fede iniziale”… Ora consapevoli però del fatto che “l’utopia è morta, se non siamo noi a opporci”. Come a ribadire - usque nauseam - che ogni grande rivoluzione tecnologica è (anzitutto!) una radicale evoluzione culturale. Da studiare e da gestire, possibilmente insieme. 19


numero 12

AMAZON

Servizio e ampia scelta di prodotti: il potere dell’acquisto online Il negozio nativo digitale raccontato da Giacomo Trovato Il servizio, la gamma di prodotti e l’innovazione continua fa di Amazon una delle più grandi piattaforme di e-commerce internazionale. È partita dall’acquisto di un libro nel 1995 ed è arrivata, ad oggi, all’acquisto di un’auto avvenuto lo scorso Dicembre. In Italia Amazon ha ampliato il proprio magazzino per ospitare ulteriori 1.5 milioni di prodotti. Segno evidente di un mercato italiano in crescita. 20

Come nasce Amazon? Fondato da Jeff Bezos, Amazon.com avviò le attività nel 1995 come sito web per la vendita di libri, data la straordinaria esperienza d’acquisto che solo il web poteva offrire agli amanti delle opere letterarie. Bezos credeva che solo Internet potesse offrire ai clienti la comodità di visitare una selezione di milioni di titoli di libri in un solo luogo. Durante i primi 30 giorni di attività Amazon.com eseguì ordini per clienti in 50 stati e 45 paesi, tutti spediti dal garage Amazon di Seattle.


INCONTRI CON Amazon

Bezos credeva che solo internet potesse offrire ai clienti la comodità di visitare una selezione di milioni di titoli di libri in un solo luogo.

Amazon è una delle più grandi piattaforme di e-commerce: ci racconta il primo acquisto e cosa è cambiato da allora? Il primo acquisto effettuato su Amazon.com nel 1995 è stato il libro Fluid Concepts & Creative Analogies: Computer Models of the Fundamental Mechanisms of Thought. In questi 20 anni sono state tante le novità e i servizi offerti ai nostri clienti sono aumentati anno dopo anno, dall’apertura nel 2000 su Amazon.com del Marketplace che ha permesso a più di due milioni di piccole imprese di vendere i propri prodotti in tutto il mondo, al lancio nel 2007 del Kindle, una grande novità e rivoluzione per tutti gli appassionati della lettura. Lo scorso Ottobre su Amazon.it e Amazon.co.uk abbiamo inaugurato il negozio Made in Italy dedicato all’eccellenza dei prodotti artigianali italiani grazie al quale gli artigiani toscani e di tutta Italia possono rendere disponibili i loro prodotti ai 300 milioni di clienti di Amazon in tutto il mondo. A partire dalla scorsa estate, inoltre, su Amazon.it è possibile acquistare anche alimentari a lunga conservazione grazie al negozio Alimentari e Cura della Casa e fare la spesa in qualsiasi momento, da qualsiasi luogo, ricevendo pasta, latte, bibite, shampoo delle marche preferite entro 24 ore o in un’ora e in finestre di due ore per tutti i clienti Prime, grazie al nuovo servizio Prime Now disponibile a Milano e in alcuni

comuni dell’hinterland. Insomma, le novità sono state tante ma l’innovazione tecnologica è sempre stata nel tempo alla base della crescita di Amazon e ci ha sempre permesso di proporre un’offerta sempre più ampia, i migliori prezzi del mercato e consegne veloci.

Come funziona il vostro modello di business oggi? Amazon.it vende i prodotti disponibili sul sito attraverso tre modelli di business. Amazon.it Retail acquista prodotti da fornitori esterni e li rivende diventando in prima persona seller di milioni di articoli. Amazon.it è inoltre un Marketplace per i negozianti che vogliono utilizzare Amazon come una vetrina e vendere i propri prodotti in tutto il mondo. Per chi vende meno di 40 prodotti al mese il servizio è gratuito, mentre per i venditori professionisti il costo di 39 euro/mese. Infine, attraverso il Programma Logistica di Amazon, un venditore che vende i propri prodotti su Amazon.it può decidere di utilizzare il nostro sistema logistico. Non dovrà far altro che inviare i prodotti al Centro di Distribuzione Amazon di Castel San Giovanni, che si occuperà di stoccarli, imballarli e spedirli in tutta l’Unione Europea, nonché di fornire il servizio di assistenza clienti, il tutto con le nostre tempistiche di spedizione, ovvero consegna in giornata nel milanese e consegna il giorno dopo per 6000 comuni italiani. 21


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È notizia recente dell’utilizzo dei droni Amazon per la consegna della merce. Come funzioneranno? Amazon Prime Air è un servizio in via di sperimentazione, non ancora disponibile, che punta a consegnare pacchetti fino a cinque chili in circa 30 minuti attraverso l’utilizzo di droni. La sicurezza è la nostra priorità assoluta e per questo motivo lanceremo il servizio Prime Air solo quando saremo in grado di dimostrare la sicurezza delle operazioni di consegna, e quando e dove sarà disponibile il supporto normativo necessario alla realizzazione di questo tipo innovativo di consegne.

Quali saranno le leve su cui spingerete per creare un’esperienza d’acquisto efficace? Le leve alla base dell’esperienza d’acquisto che vogliamo offrire ai nostri clienti sono, anzitutto, un’offerta di prodotto sempre più ampia: ogni giorno su Amazon.it vengono aggiunti circa 30.000 nuove referenze; i prezzi

migliori del mercato; consegne veloci grazie ai servizi Prime e Prime Now, ora disponibili anche in Italia e Milano.

Quali altre tecnologie avete in serbo per migliorare il vostro servizio? Tutte le tecnologie che sviluppiamo sono sempre orientate all’offrire al cliente la migliore esperienza d’acquisto. Per questo, ad esempio, negli Stati Uniti è stato lanciato Dash, il pulsante Amazon da applicare agli elettrodomestici che consente di acquistare online, ordinare e farsi recapitare a casa i prodotti di uso frequente e abituale come detersivi o generi alimentari. Altro esempio di innovazione è Amazon Echo, disponibile negli Stati Uniti, è un piccolo computer vocale per la casa completamente controllato dalla nostra voce che ci permette di fare ordini su Amazon, riprodurre musica, controllare le luci di casa e molto altro ancora. In Italia abbiamo lanciato a novembre, come terzo paese nel mondo e primo non anglosassone, il servizio Prime Now disponibile a Milano e in alcuni comuni dell’hinterland. Un nuovo servizio dedicato ai clienti Prime che, grazie alla nuova App Prime Now, permette loro di usufruire di consegne in un’ora o in finestre di due ore, dalle 8 alle 24, 7 giorni su 7, su oltre 15.000 prodotti, alcuni dei quali disponibili solo tramite il nuovo servizio, per esempio pane, yogurt, gelato o minestrone surgelato.

Giacomo Trovato

direttore prodotti media Amazon Italia e Spagna Giacomo Trovato è entrato in Amazon a settembre 2012 come Responsabile della categoria Libri. Dal 2015, la sua responsabilità si è ampliata a tutte le categorie Media (Libri, DVD, Musica, Videogiochi) sia per l’Italia sia per la Spagna. Giacomo lavora per garantire ai clienti la migliore esperienza di acquisto su questi prodotti, tramite forti relazioni con i fornitori, un’ampia selezione, prezzi competitivi, efficaci processi logistici e una comunicazione prodotto chiara e completa. Giacomo ha conseguito una laurea in Economia Politica all’Università Bocconi di Milano e un Master in Business Administration al MIT Sloan School of Management. Giacomo ha quattro figli e nel tempo libero ama dedicarsi alla recitazione teatrale, alla corsa e alla lettura.

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INCONTRI CON A breve l’apertura di due nuovi stabilimenti Amazon a Rieti: questo significa che avete più richieste da soddisfare. Quanto il mercato italiano dell’ecommerce Amazon è cresciuto nell’ultimo anno? Non commentiamo i rumors su futuri centri di distribuzione. La base logistica di Amazon in Italia è situata a Castel San Giovanni, un’infrastruttura logistica tra le più innovative in Europa che occupa una superficie di 60.000 metri quadri, in grado di consentire una rapida evasione degli ordini grazie anche alle 830 persone assunte a tempo indeterminato che lavorano al suo interno. A Novembre abbiamo ampliato il Centro di Distribuzione di Castel San Giovanni attraverso l’introduzione di tre nuove linee di produzione dedicate all’impacchettamento e all’installazione di una seconda torre di stoccaggio che ha permesso di avere uno spazio per ulteriori 1.5 milioni di prodotti necessari a soddisfare le esigenze sempre crescenti dei clienti Amazon.

Per un servizio di e-commerce qual è l’aspetto più importante di tutto il processo d’acquisto che contribuisce maggiormente a renderlo efficiente? Ogni passaggio è fondamentale: anzitutto è importante che il cliente possa trovare la più ampia offerta possibile su Amazon.it e possa effettuare un acquisto in modo sicuro e rapido con un click. Poi è importante la gestione logistica che consenta di far partire nel minor tempo possibile il prodotto ordinato dal nostro centro di distribuzione e, per ultimo, è importante garantire tempi di consegna rapidi. Per questo abbiamo introdotto l’abbonamento Prime al costo di 19,99 euro l’anno, che prevede spedizioni illimitate in 1 giorno senza costi aggiuntivi su più di 1 milione di prodotti. Inoltre, sono disponibili i servizi di consegna spedizione sera, che consente di ricevere il pacco in giornata, e spedizione mattino, grazie al quale è possibile ricevere in 1.301 CAP italiani il prodotto entro le ore 12.00 del giorno successivo.

Le leve alla base dell’esperienza d’acquisto che vogliamo offrire ai nostri clienti sono, anzitutto, un’offerta di prodotto sempre più ampia...

Dai libri ai dispositivi tecnologici, all’abbigliamento e, di recente, al cibo: c’è qualcosa che secondo Amazon non si può vendere online? Su Amazon è possibile vendere qualsiasi prodotto eccetto droga e armi. Tra gli ultimi prodotti che abbiamo iniziato a vendere, anche un’automobile: solo su Amazon.it è stato possibile prenotare con un click dal 16 Novembre al 31 Dicembre dello scorso anno una Toyota Aygo Amazon Edition, la prima auto offerta in esclusiva su Amazon in Europa. 23


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BANCA MEDIOLANUM La tecnologia come abilitatore delle relazioni Oscar di Montigny racconta la trasformazione digitale di Banca Mediolanum Studiare l’esperienza ideale del cliente è una delle prerogative di Banca Mediolanum che, così facendo, riesce ad offrire i propri servizi in modalità esperenziali simili a quelle di altri ambienti a cui il cliente è più abituato. Sono i grandi player come Facebook, Amazon, Google che fanno da padrone nel consolidamento di certi comportamenti sul web. Banca Mediolanum da sempre si contraddistingue per un claim ben preciso “costruita intorno a te”: cosa significa questo slogan nell’era della trasformazione digitale? 24

Significa adottare quanto più possibile piattaforme in cui far sperimentare al cliente la nostra offerta di servizi con l’ausilio delle tecnologie disponibili, per rendere la sua esperienza vicina alle sue esigenze. Siamo anche consapevoli che c’è un mercato abbondante di opportunità sia di piattaforme che di tecnologie e non possiamo forzare il cliente ad usare un’unica composizione. Quindi io immagino di avere il cliente al centro in un’esperienza di relazione prima che di vendita e che goda di tutte le opportunità che la tecnologia offre. Vedo la tecnologia come abilitatore di una relazione, e vedo gli ambienti digitali come il posto dove far accadere queste relazioni. Che non significa annullare le modalità tradizionali ma renderle complementari.


INCONTRI CON Banca Mediolanum

Il tema dell’esclusione di ciò che c’era prima potrebbe tornare di moda solo una volta che sarà completato il passaggio generazionale, nel momento in cui scopriremo come la generazione dei Millennials, prima delle nuove tre generazioni, si comporterà: abbandonerà certe piattaforme e tecnologie perché superate? Oppure le implementerà con le nuove? In questo momento manteniamo questa multicanalità che ci ha sempre contraddistinto sin dalle nostre origini e saremo attenti a tutto ciò che di nuovo il mercato proporrà.

Vedo la tecnologia come abilitatore di una relazione, e vedo gli ambienti digitali come il posto dove far accadere queste relazioni.

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informazioni più canoniche, chiediamo anche l’inserimento di una propria foto profilo. In definitiva stiamo cercando di dosare la tradizione con il nuovo, per cui darsi un tono di colore senza diventare però il paese dei balocchi.

Quali sono stati i principali processi e progetti di innovazione che avete realizzato? Come sono stati recepiti dai clienti e che vantaggi hanno portato loro?

In una struttura come la nostra, che da sempre ha impostato tutto sulla relazione, flessibilità, bassi costi fissi, il vantaggio competitivo si è rivelato molto premiante. La trasformazione digitale di Banca Mediolanum: quali sono le opportunità e i bisogni del cliente che avete intercettato quando avete deciso di cambiare? Noi cerchiamo di osservare le abitudini che i clienti hanno con chi ha da offrirgli dei prodotti o servizi. Questo ci permette di adeguare la nostra offerta alle modalità a cui sono abituati. Sono i grandi player come Amazon, Facebook, Google che dettano le linee guida dell’esperienza dell’utente, che noi cerchiamo di riproporre ai clienti applicate però ai nostri servizi. In questa direzione, abbiamo costruito un sito web con una home banking che si ispira alla navigazione di Facebook, abbiamo inserito un motore di ricerca che riproduce le dinamiche tipiche della ricerca di Google. Nell’area dedicata all’utente, oltre a chiedere di inserire le 26

Noi nasciamo come azienda innovativa, nel 1982, con un modello che ci invidiano tutti i competitor del mondo della generazione del “banking” tradizionale, perché ci siamo trovati in un momento storico senza la necessità di avere asset costosi, come le sovrastrutture tecnologiche e le filiali. A differenza degli altri competitor, che sono cresciuti con il tempo per acquisizione di reti di filiale, piuttosto che per rafforzamento delle strutture interne, sia in termini di personale che di architetture. Oggi tutto il business si sta liquefacendo e in una struttura come la nostra, che da sempre ha impostato tutto sulla relazione, flessibilità, bassi costi fissi, il vantaggio competitivo si è rivelato molto premiante. Tutto ciò che è innovazione, che è di natura evolutiva e incrementale, resta allocato come dalle origini dei nostri tempi dentro le funzioni di linea operative. Abbiamo recentemente istituito una funzione innovazione che si occupa dell’innovazione esponenziale, che trascende da quella più prettamente canonica. Si tratta di una risorsa esterna che riporta alla direzione Marketing. L’approccio al mercato è innovativo: questa risorsa è ubicata fuori dall’azienda ed è guidata da un collaboratore che gestisce le risorse esterne all’azienda. Queste ultime sono ingaggiate a seconda del progetto e prevedono il coinvolgimento a chiamata di alcune figure chiave, interne all’azienda e di alto standing, sia per posizionamento gerarchico che per competenze. Queste figure diventano i primi player nella misurazione della bontà dell’idea che si sta considerando per un preciso progetto.

Come funziona il vostro modello di business oggi? Funziona con la multicanalità, per cui “il cliente al centro” è messo nella condizione di accedere ai nostri servizi grazie a qualsiasi interfaccia tecnologica: piattaforme digitali accessibili da qualsiasi dispositivo. Il Banking Center è un ibrido tra tecnologia e umanità, una parte è automatizzata e l’altra è gestita dall’operatore. Con questo sottolineo ancora l’importanza che per noi ha il rapporto umano.


INCONTRI CON L’aspetto della relazione con il cliente come cambia da una modalità all’altra? In realtà non cambia, indossa abiti diversi in funzione di quello che il cliente sta cercando. Quando il cliente usa l’home banking o qualsiasi piattaforma tecnologica, è sempre prevista la possibilità di interagire con un operatore umano. Stiamo cercando di identificare tutte le esperienze che il cliente vorrebbe fare con noi in funzione delle necessità e/o delle sue preferenze.

A quali investimenti di personale, tecnologie, formazione dà più spazio una banca come la vostra? Tutto quello che ho raccontato fin qui dovrà essere costruito e gestito, sul fronte tecnologico dobbiamo essere sempre al passo: da un lato, dobbiamo attualizzare le tecnologie esistenti e, dall’altro, dobbiamo avere il coraggio di abbandonare quelle vecchie e obsolete e per questo servono delle competenze. Le stesse che servono per tutto quello che di nuovo andremo ad aggiungere. Il Family Banker è una competenza che rientra sempre nell’approccio: “il cliente al centro”. È una persona che deve essere in grado di dare fiducia e una consulenza

personalizzata per quanto riguarda i grandi temi del risparmio e degli investimenti sul futuro. Ma anche per definire insieme tutti gli aspetti, le scelte, le decisioni più importanti che riguardano il rapporto tra banca e cliente, come la concessione di un prestito, l’apertura di un fido o l’accensione di un mutuo.

Cultura, formazione e digitale: che cosa è e come sta andando l’esperimento Centodieci? È un prodotto editoriale digitale che assolve l’impegno di fare educazione presso la nostra community fatta di adolescenti, manager, adulti, etc. Perché il nostro cliente, oltre ad essere tale, ha anche una vita sociale. Il progetto poggia, infatti, su quattro fronti educativi: educazione ai valori, al cambiamento, al progresso e al digitale che si traducono spesso in eventi pubblici, in cui abbiamo incontrato solo l’anno scorso oltre 40 mila persone. Andiamo anche nelle scuole, presso gli Ordini, nelle Camere di Commercio, sono davvero tanti i soggetti con cui entriamo in relazione da questo punto di vista.

Oscar di Montigny direttore Marketing, Comunicazione e Innovazione Banca Mediolanum Marito e papà di cinque figli, Oscar di Montigny è esperto di Innovative Marketing, Comunicazione Relazionale e Corporate Education. È ideatore e divulgatore dei principi della “Economia 0.0” in cui coniuga business e management con filosofia, arte e scienza. Keynote speaker appassionato, e di forte impatto motivazionale, è stato invitato a partecipare a molti forum e manifestazioni nazionali e internazionali. Il suo è un contribuire ad aiutare le giovani generazioni, ma non solo, ad essere in grado di affrontare le imminenti sfide del futuro. È autore del blog “Riflessioni per il terzo millennio” (www.oscardimontigny.it) in cui indaga e analizza come i mega-trend del futuro determineranno nuovi scenari sociali e di mercato. 27


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La consapevolezza dell’importanza della digitalizzazione per le imprese non può tardare ulteriormente, perché il rischio è alto.

ESPRINET SPA

Dal B2B al Business to Users Il modello digitale vincente secondo Patrizia Combi e Stefano Marzano Dal 1996, anno di creazione del primo sito e dell’impostazione della prima rete Extranet, ad oggi, l’utilizzo dello strumento rete in Esprinet ha visto una crescita di proporzioni tanto forti da portare gran parte del fatturato di Esprinet a transitare attraverso il portale www.esprinet.com. Un caso di trasformazione digitale che ha posto l’azienda in prima linea nel mercato proprio grazie all’investimento in nuovi strumenti e tecnologie digitali che hanno notevolmente migliorato i risultati della società, oggi uno dei primi distributori di informatica ed elettronica. 28

Patrizia Combi, Head of Sales&Marketing IT Volume Area di Esprinet Esprinet è leader nel mercato nella distribuzione di prodotti informatici (hardware, software e consumabili): secondo voi, a che punto è la trasformazione digitale nelle aziende italiane? Dal mio punto di vista, negli ultimi anni sono stati fatti importanti progressi nella direzione della digitalizzazione delle aziende, anche se ritengo che siamo ancora distanti dagli obiettivi presentati dalla media europea. La consapevolezza dell’importanza della digitalizzazione


INCONTRI CON Esprinet SpA per le imprese non può tardare ulteriormente, perché il rischio è alto; significa restare esclusi e limitare gli strumenti a disposizione per il proprio business, cosa che le imprese, che siano piccole, medie o grandi, non possono permettersi. Per questo sono molte le aziende che si affidano sempre di più a società specializzate nei servizi IT che forniscono diversi strumenti aziendali, dai software CRM per gestire i rapporti con i clienti, allo sviluppo di soluzioni di business intelligence, ai siti e-commerce, fino alle applicazioni mobile: c’è tutto un mondo digitale al servizio delle imprese.

Quali sono i fattori che ostacolano lo sviluppo di questa trasformazione? Quali, invece, le condizioni che l’agevolerebbero? Lo sviluppo di internet, l’esplosione di big data e degli strumenti analitici, la diffusione di soluzioni di mobility inducono oggi le aziende a poter traguardare obiettivi più ambiziosi e a poter innovare in modo profondo il proprio business. Questo consente e consentirà alle aziende che si struttureranno in tal senso di acquisire leadership nel contesto in cui operano. Per poter facilitare tale passaggio è sicuramente importante fare leva sulla formazione e sul cambiamento culturale da introdurre nei contesti aziendali. Digitalizzare un’organizzazione significa modificare un modello organizzativo, cambiare la mentalità delle persone e il loro approccio al lavoro e alle procedure. I fattori che possono ostacolare tale passaggio sono pertanto riconducibili proprio ad una difficoltà culturale, da parte delle persone che operano da più tempo in azienda, di cambiare il proprio approccio rendendolo coerente con il cambiamento in atto.

Parliamo della trasformazione digitale di Esprinet, che è stato uno dei primi distributori ad investire sul web come canale della propria strategia marketing e commerciale. Cosa avete fatto? Il nostro progetto più importante è stato la realizzazione di un portale B2B dedicato ai rivenditori, che sfrutta le dinamiche e-commerce più comuni ma con una grande attenzione alla tipologia dell’utente, che in questo caso non è un utente finale.

Quali vantaggi offre all’utente-rivenditore? Offre vantaggi su svariati fronti, dalla possibilità di poter sfruttare tool sviluppati ad hoc, utili alla ricerca dei

Stefano Marzano, Web Marketing & Web Business Manager di Esprinet prodotti in base a specifiche caratteristiche all’interno di un catalogo estremamente vasto, alla consultazione di schede prodotto con un’estensione dei contenuti molto profonda e di elevata qualità, configuratori di vario genere che consentono di poter trovare la giusta compatibilità tra prodotto e accessori, o prodotti e consumabili. Non ultimo l’accesso all’area ordini, per monitorare costantemente l’esito di ogni singolo ordine, compreso il tracking della spedizione. Inoltre, con l’obiettivo di migliorare l’esperienza d’uso dei nostri portali web e di sviluppare sempre nuovi strumenti per rispondere alle esigenze dei rivenditori, abbiamo recentemente concluso un progetto di analisi della user experience che ha coinvolto un cluster di clienti selezionato in base alla loro familiarità con il sito B2B di Esprinet. Il progetto ha visto emergere gli aspetti positivi e gli ambiti di miglioramento, ponendo le basi per futuri sviluppi, in ambito di usabilità e sviluppo di nuove soluzioni.

Come è composto il team che lavora sulle piattaforme web di Esprinet? Il lavoro che viene svolto sul sito B2B Esprinet si distribuisce su più divisioni: è gestito da un team composto da professionisti con competenze che spaziano dal campo più prettamente tecnologico a quello del Web Marketing, ma con il costante supporto di tutta l’azienda, con contributi provenienti dal Marketing di prodotto e dalle vendite.

ESPRINET SPA Esprinet opera nella distribuzione “business-tobusiness” di informatica ed elettronica di consumo in Italia e Spagna, con circa 40.000 rivenditori clienti e oltre 600 brand in portafoglio. Il fatturato realizzato nel 2015, pari a € 2,7 miliardi posiziona il Gruppo al primo posto nel mercato italiano e al terzo in quello spagnolo (quinto in Europa). Grazie ad un modello di vendita, unico nel settore, basato su internet (www.esprinet.com) Esprinet è particolarmente focalizzata nella distribuzione di tecnologia a rivenditori che servono la piccolamedia impresa. 29


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UN MODELLO VINCENTE: IL PORTALE PER RIVENDITORI DI ESPRINET SPA. Il portale per rivenditori B2B di Esprinet permette di conoscere nel dettaglio tutte le caratteristiche dei prodotti a catalogo, verificarne la disponibilità a magazzino, effettuare l’ordine, ricevere conferma via e-mail, verificare lo stato di consegna del proprio ordine e controllare la propria situazione finanziaria e contabile nei confronti di Esprinet. Internet diventa il mezzo di semplificazione delle relazioni a tal punto che la maggior parte degli ordini inviati alla società transita attraverso la rete: il caricamento degli ordini avviene in modo automatico, con evidenti risparmi di tempo e risorse prima impegnate nel caricamento manuale concentrando il capitale umano sulle relazioni commerciali e sulle attività a reale valore aggiunto, come l’assistenza e la consulenza.

Quali sono le altre innovazioni digitali che avete portato in azienda?

L’obiettivo è sempre stato quello d’offrire strumenti che possano garantire al dealer un vero vantaggio competitivo. Tra i vari servizi web, offriamo la fornitura del catalogo e delle schede prodotto utili per essere caricate all’interno di un proprio gestionale (per ottimizzare i processi di vendita) o del proprio sito e-commerce, un sito e-commerce “e-webCLUB” pronto all’uso attivabile in 24 ore, già comprensivo del catalogo Esprinet e dei relativi contenuti, fino ad arrivare all’ultimo nato “Marketplace Connector”, un acceleratore di processi e un ottimizzatore di operatività, rivolto a tutti i clienti che vogliono iniziare a vendere nei Marketplace di Amazon, eBay e Pixplace o che già stanno vendendo all’interno di questi nuovi canali, una soluzione che comprende il catalogo Esprinet e una web application dedicata al caricamento e al mantenimento dei prodotti all’interno dei marketplace.

Quali sono i passi futuri della vostra evoluzione digitale? I passi futuri saranno frutto del continuo e costante desiderio d’innovare, per mantenere i nostri standard d’eccellenza, oltre ad offrire ai nostri clienti strumenti che possano garantire un continuo e costante vantaggio competitivo.

Nell’ambito web, negli anni abbiamo introdotto nuovi servizi dedicati alla sfera dei gestionali e dell’e-commerce.

Patrizia Combi

Head of Sales&Marketing IT Volume Area di Esprinet 30

Stefano Marzano

Web Marketing & Web Business Manager di Esprinet


INCONTRI CON Unicredit

UNICREDIT

Smart working, verso una città più smart Il digitale che cambia il modo di lavorare Desk sharing, scegliere la scrivania dove lavorare ogni giorno, based worksetting, scegliere lo spazio di lavoro più congeniale per un determinato progetto. City hub, spazi aziendali posizionati in modo da ridurre la distanza casa-ufficio. Questi alcuni passi salienti dello smart working di Unicredit che ha un piano che prevede di arrivare a coinvolgere 29.000 persone in tutta Europa entro il 2018. In che cosa consiste il progetto Smart Working in UniCredit? Lo Smart Working in Unicredit è un progetto interfunzionale, coinvolge persone, spazi e tecnologia e rappresenta un modo rivoluzionario di gestire e vivere gli

ambienti e i tempi di lavoro basandosi su due pilastri: il Desk Sharing, che applica i principi della sharing economy agli spazi di lavoro, e l’Activity based worksetting. Siamo partiti osservando il lavoro di diverse strutture interne al Gruppo. Su un campione di 1.500 scrivanie assegnate in modo permanente, mediamente nel corso di una “giornata tipo,” solo il 72% veniva occupato e solo il 45% risultava effettivamente utilizzato. Sulla base anche del confronto con rilevazioni simili effettuate da altre aziende abbiamo dunque scelto di introdurre il Desk Sharing con un fattore 100:120 (ossia 100 postazioni per 120 colleghi), trasformando l’assegnazione esclusiva della scrivania in accesso libero alle postazioni. Ogni mattina i colleghi prendono il pc portatile e le dotazioni personali dal proprio armadietto e, grazie al secondo 31


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pilastro del progetto, l’Activity based worksetting, sono liberi di scegliere lo spazio più congeniale per svolgere le proprie attività. Activity based worksetting significa, infatti, mettere a disposizione delle persone ambienti specifici e diversificati, disegnati per soddisfare le diverse esigenze: lavoro individuale, in team, condivisione informale, call conference, brainstorming. Lo Smart Working in Unicredit è oggi giunto a una fase matura con 2.700 colleghi che possono già lavorare con

Il progetto Smart Working consente alle persone di lavorare con sempre maggiore mobilità e flessibilità. questa modalità a Milano, Torino, Bologna, Monaco e Francoforte e un piano che prevede di arrivare a 29.000 persone in tutta Europa entro il 2018. Tra le sedi coinvolte ci saranno l’Arabella Tower a Monaco (1.500 persone), il nuovo Headquarter a Vienna (6.000 persone) e Unicredit

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Tower a Milano (4.000 persone).

Perché si è deciso di adottare questo approccio? Unicredit ha avviato nel 2008 un importante progetto di riorganizzazione delle proprie sedi, in oltre 25 città in tutta Europa, denominato “Piani Città”. Obiettivo è il consolidamento di oltre 200 immobili che ospitano strutture direzionali e il decentramento verso zone più funzionali delle città, con una conseguente riduzione degli spazi occupati e dell’impatto ambientale, e un risparmio di circa 160 milioni di euro all’anno di costi immobiliari a regime grazie al rilascio di 150 edifici e 700.000 metri quadri. Ad oggi quasi il 75% del piano è stato completato. Il progetto – con oltre 500.000 mq di nuovi spazi ad uso ufficio da creare/ristrutturare - ha rappresentato l’occasione per ripensare il nostro “workplace concept” e più in generale il nostro modo di lavorare. Per tale ragione abbiamo gradualmente introdotto lo Smart Working.

Qual è la trasformazione digitale che sta mettendo in atto questo progetto? Il progetto Smart Working consente alle persone di lavorare con sempre maggiore mobilità e flessibilità. Nella quotidianità è cruciale garantire ai colleghi la possibilità di utilizzare strumenti che rendano il più possibile facile e veloce l’accesso agli asset condivisi (per


INCONTRI CON esempio applicazioni mobile per la prenotazione degli spazi, dotazioni digitali per il check-in nelle sale riunioni), assicurando sempre strumenti di comunicazione e collaborazione da remoto.

Lo smart working permette una sempre maggior integrazione tra le diverse funzioni aziendali favorendo contaminazione e trasparenza.

La trasformazione digitale ha creato l’esigenza di nuove competenze? Se sì, quanto queste vanno a discapito di altre, magari più obsolete? Parallela alla crescita della digital transformation è l’esigenza di appoggiare nuove competenze e professionalità in grado di gestire il cambiamento. Alla base della trasformazione ci sono, infatti, nuovi comportamenti di consumo e di condivisione. L’innovazione digitale nasce senza dubbio da una sempre più stretta relazione fra business e tecnologia ma non per questo necessariamente a discapito di competenze più “classiche”. Parlerei piuttosto di un territorio innovativo che offre ottimi spunti di collaborazione.

Come stanno cambiando i rapporti tra le persone? Lo smart working si fonda sicuramente su un grande miglioramento della qualità degli spazi di lavoro e su un utilizzo più efficiente degli ambienti, ma rappresenta soprattutto un processo di profondo cambiamento culturale. Permette una sempre maggior integrazione tra le diverse funzioni aziendali favorendo contaminazione e trasparenza.

Una ulteriore evoluzione del modello di smart working è infine in corso a Milano. Circa 500 colleghi possono, infatti lavorare, per un giorno a settimana, dalla propria abitazione o dai city hub, spazi aziendali condivisi e posizionati in modo da ridurre la distanza casa-ufficio. Questo progetto di City Smart Working sarà esteso nei prossimi 2 anni a oltre 4.000 persone a Milano e ci permetterà di risparmiare 2,5 milioni di km percorsi all’anno in città (pari a 45 ore di spostamento per ciascuna persona). Il city Smart Working rappresenta sicuramente un progetto di frontiera indirizzato alla costruzione di una smart city moderna capace di integrare in modo intelligente gli spazi ufficio all’interno della città minimizzando gli impatti del “commuting”.

Come è cambiato il modo di lavorare con lo smart working? Lo smart working promuove una sempre maggiore autonomia nella gestione delle attività e comporta un cambiamento anche nei modelli di leadership. Al controllo del lavoro attraverso la misurazione del tempo trascorso in ufficio si sostituisce, infatti, la fiducia e il focus al risultato attraverso una vera responsabilizzazione di tutti i colleghi.

Paolo Gencarelli

responsabile Group Real Estate e Procurement di Unicredit 33


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AIOP Tutti i dati del paziente da un unico database per salvare vite Averardo Orta, presidente dell’Associazione Italiana Ospedali Privati Bologna, ci spiega come la tecnologia innovi la sanità Un sistema digitale ideale sarebbe quello che permette la condivisione dei dati del paziente in tutte le strutture sanitarie d’Italia. Tra i benefici, salvare più vite umane, proprio per la velocità di accesso alle informazioni del paziente. Un archivio digitale giuridicamente riconosciuto andrebbe verso una reale dematerializzazione, argomento di cui tanto si sente parlare dal Governo ma poco applicato. Perché AIOP? Aiop nasce 50 anni fa con l’intento di aggregare strutture sanitarie di diritto privato per favorire lo scambio delle migliori pratiche e contribuire alla crescita del settore e allo sviluppo della sanità italiana. 34

A Bologna quante sono le strutture che ne fanno parte? A Bologna sono 12 le strutture e rivestono un ruolo importante dal punto di vista delle prestazioni ospedaliere a carico del Servizio Sanitario Nazionale, SSN (e quindi accreditate). In termini percentuali, l’offerta ospedaliera rappresenta il 24% dei posti letto totali accreditati per i ricoveri dal sistema sanitario bolognese pubblico e privato.

Cosa fanno le strutture private per coprire le inefficienze del pubblico? Nel tempo le strutture private si sono fatte carico di alcuni settori del sistema SSN, con l’accreditamento


INCONTRI CON AIOP di alcune strutture che hanno permesso l’erogazione delle prestazioni ai cittadini gratuite. Questo lo fanno da sempre con dei costi molto più bassi di quelli pubblici. Noi abbiamo delle percentuali straordinarie, nel 2010 il numero totale dei posti letto pubblici è stato del 69,5%, degli ospedali privati, invece, del 30,5%, vale a dire 1/3 dei posti letto sono affidati ai privati. Se andiamo a vedere l’incidenza della spesa corrente degli ospedali privati sul totale della spesa pubblica è del 7%, ultimo dato disponibile del 2011.

Come è cambiata la gestione dell’informazione interna alle strutture? Molte sono le strutture che hanno fatto investimenti informatici che non basteranno mai fino a quando non esisterà uno standard nazionale di riferimento. Le prestazioni sono sempre più un percorso che porta il cittadino da una struttura ad un’altra, quindi l’intercomunicazione tra sistemi operativi è fondamentale, mancando un sistema nazionale di riferimento si rischia di andare ognuno per la sua strada. Le stesse cartelle cliniche informatizzate non sono regolamentate. Non serve a nulla costruire un sistema complesso e costoso che non è in grado di comunicare con l’ospedale, o con le Asl o con il Ministero. Ci sono stati degli esempi di uso di software internazionali acquistati qua e la, il limite è che i dati rimangono all’interno di quella struttura perché non parlano la stessa lingua della corrispondente di un’altra città. In più lo status della cartella clinica non ha una valenza giurisprudenziale tale per cui si possa eliminare totalmente quella cartacea. In Italia si assiste ad una lentissima diffusione dei sistemi di information tecnology.

talmente spaventose, che ha vanificato non solo il vantaggio di eseguire delle registrazioni in forma digitale ma si impiega molto più tempo di quando utilizzavamo una penna o un fax. L’incapacità di fare un investimento efficiente si è riverberata sulle strutture creando un’equazione digitalizzazione uguale aggravio dei tempi, peggioramento delle situazioni, e non miglioramento o semplificazione o risparmio. Questo è un sistema pubblico che ci è stato imposto purtroppo.

Sono in atto progetti tecnologici di rilievo nelle vostre strutture? Abbiamo investito acquistando un macchinario che si chiama Armeo: un dispositivo sperimentale dell’arto superiore che funziona in ambiente virtuale. A Villalba è stata installato uno dei macchinari per la risonanza magnetica, tra i pochi in Europa ad essere così avanzato. A Villa Torri, Toshiba ha installato delle apparecchiature all’avanguardia, uniche in Europa per il momento, perché prima di metterle sul mercato l’azienda ha voluto sperimentarle qui. Quindi dal punto di vista della tecnologia pesante le strutture ospedaliere sono assolutamente all’avanguardia. In Emilia Romagna devo dire che il pubblico e il privato sono quasi pari da questo punto di vista.

La dematerializzazione è un processo che riguarda anche voi? Se sì, a che punto siete? Per quanto riguarda l’aspetto amministrativo usiamo dei software che ci permettono di avere meno carta possibile. Negli ospedali il maggior carico di carta è dato dalle cartelle cliniche, dai referti, schede infermieristiche, fino a quando questi non saranno sottoposti a delle normative chiare sarà molto difficile avere degli ospedali paperless. La cartella clinica secondo la legge deve essere conservata per sempre, non ha una durata finita. Immaginate quanta carta accumulata, altro che dematerializzazione. A Bologna alcune strutture sanitarie devono collegarsi ad un software che si chiama Garcia, che ha delle rigidità 35


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Se dovesse pensare ad un progetto digitale ideale per la sanità privata come lo vedrebbe? Un progetto che sia semplice per l’utente e l’utilizzatore ma che condivida tra i vari erogatori le informazioni frammentate. In Catalogna anni fa, in un ospedale, vidi arrivare un paziente in stato di incoscienza, il medico del pronto soccorso è riuscito a recuperare dal sistema informativo regionale i dati di quel paziente condivisi dai medici di medicina generale, i poliambulatori, le palestre. Dati che convergevano in unico database, questo ha permesso di scoprire che il paziente era allergico ad una sostanza e quindi il medico ha potuto scegliere il farmaco giusto per la rianimazione, evitando così un errore. Questo è un sistema auspicabile. Attualmente abbiamo il progetto Sole che permette uno scambio dati fra medici e ospedali. Eppure abbiamo sempre la sensazione che questi progetti diventino più delle sovrastrutture che delle infrastrutture atte ad agevolare i vari processi. In alcune esperienze italiane abbiamo registrato che le amministrazioni, attraverso bandi più o meno trasparenti, individuano dei fornitori per la produzione di ambienti digitali condivisibili tra più strutture, spesso però questi software risultano obsoleti già dal momento della loro nascita. Questo provoca inevitabilmente dispersione delle risorse pubbliche, diseconomie e ritardi, perché chi deve farli funzionare perde tempo per l’inserimento dei dati, per cui non mi risulta che ci siano delle esperienze virtuose in questo senso.

Il paziente calabrese che viene in un ospedale bolognese deve portarsi i suoi dati clinici perché non c’è possibilità che un sistema digitale unico permetta all’ospedale bolognese di attingere dagli archivi di quello calabrese. È auspicabile un sistema nazionale che non costruisca un software o un sito ma faccia delle linee guida, uno standard che permetta a ciascuno di costruire il suo software, purchè questo parli la stessa lingua in tutta Italia e quindi si possano condividere le varie informazioni. In questo modo i professionisti della sanità avrebbero più tempo a disposizione per salvare delle vite.

Quale potrebbe essere la sinergia tra il pubblico e privato? Una sinergia di collaborazione competitiva dove vengono misurati realmente gli esiti dei processi di cura per arrivare a pesare la qualità della struttura e stilare una classifica per valorizzare le strutture virtuose e migliorare quelle meno virtuose. Oggi esiste il progetto Esiti che raccoglie dati relativi alla qualità delle varie strutture, ma non ha un seguito. Bisognerebbe collegare i risultati, siamo in grado di dire che questo ospedale è meglio di un altro ma poi che cosa succede in termini pratici? Il nostro auspicio è, al di là della natura giuridica dell’erogatore, che sia abbinata alla verifica della qualità della struttura un sistema incentivante per i virtuosi e disincentivante per i non virtuosi. Un metodo che eviterebbe dispersione di risorse soprattutto nel pubblico.

Secondo lei la robotica in sanità, pensiamo agli assistenti domiciliari per i malati di demenze senili, avrà un reale beneficio per il paziente oppure sarà l’ennesimo giocattolo che solo pochi potranno permettersi? Credo siano ancora dei tentativi che non possono incidere sulla massa o sulla qualità della vita dei pazienti. Tranne che per la chirurgia robotica che, in alcuni casi, ha dimostrato dei risultati straordinariamente più alti rispetto alla chirurgia umana, inoltre, possono essere fatti in remoto laddove ci siano delle linee che lo permettono.

Averardo Orta

presidente Provincia di Bologna Aiop, l’Associazione Italiana Ospedali Privati 36


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AZIENDE IN TRASFORMAZIONE Il digitale sta cambiando le nostre imprese? 4 aziende, coraggiose e innovatrici, ci raccontano la loro esperienza.

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INCONTRI CON Aziende in trasformazione Breton SpA L’azienda di Castello di Godego (TV), oltre che nel settore delle macchine per la lavorazione della pietra e nella realizzazione di impianti per la fabbricazione di pietra composita, è leader tecnologico nei centri di lavoro multifunzionali ad alte prestazioni. Una realtà votata all’innovazione, che ha fatto di ricerca e sviluppo la chiave del successo.

Breton e l’innovazione digitale. Come descriverebbe la relazione tra queste due realtà? Breton ha sempre avuto nel proprio DNA l’obiettivo di migliorare i processi strategici, innovandoli attraverso le tecnologie digitali. Il tutto operando con qualità e con logiche organizzative lean per ottenere la massima soddisfazione del cliente.

Quali sono state le più recenti innovazioni digitali apportate in azienda? Se penso all’ambito dell’Information & Communication Technology di cui sono responsabile, credo che il fattor comune delle innovazioni che hanno coinvolto quest’area sia da rintracciare nell’IP, ossia l’Internet Protocol. Sull’IP, in pratica su “Internet”, si poggiano tutte le tecnologie digitali abilitanti che hanno portato ad alcuni progetti aziendali innovativi e determinati per l’evoluzione della nostra società: il progetto web & supplier, ossia un portale web logistico/gestionale di collaborazione con i fornitori attivo da fine anni ’90; il progetto web & customer, un portale web di interazione con i nostri clienti per la gestione del post vendita (e quindi di tutte quelle attività di assistenza e ricambi) che permette di effettuare data entry di offerte ed ordini, di gestire i documenti (accesso a manualistica, disegni e progetti on-line), help desk per assistenza tecnica (multimediale), teleassistenza proattiva, supporto all’intervento tecnico (realtà aumentata); infine il progetto web & community, una intranet dedicata alla community aziendale. Abbiamo poi in fase di rilascio progetti di interazione con i processi aziendali (documentale, gestionale, tecnico, mailing, sharing files) tramite

dispositivi mobile “smart” e di supporto decisionale nella valutazione della difettosità di prodotto con tecnologie di realtà aumentata e tecnologie fotografiche digitali. Infine abbiamo realizzato la BBI, Breton Business Intelligence, una piattaforma di supporto decisionale direzionale che opera tramite cruscotti, report e sistemi di analisi.

Ci racconta come tutto questo ha reso più efficiente Breton? Potrei riassumere il tutto nello slogan “riduzione dei tempi di azione/re-azione ed eliminazione delle rilavorazioni”, in pratica far le cose bene già dalla prima volta e quindi una volta sola. In particolare per i clienti c’è e ci sarà la possibilità di generare ordini-offerte-richieste di intervento molto rapidamente e senza interazione con il nostro operatore, oltre al fatto che potranno disporre on-line 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 di tutta la documentazione tecnica del prodotto (manuali, distinte, ecc). Sui loro impianti/macchine – inoltre – potrà esser effettuata una nostra supervisione, interventi tecnici da remoto e un’attività guidata in modalità smart/multimediale. I fornitori invece potranno/possono conoscere on-line e in tempo reale il nostro fabbisogno (ricevendo gli ordini) o l’aggiornamento dei piani di ritiro/consegna e procedere con l’eventuale negoziazione o spedizione; inoltre – sempre on-line – sono disponibili i documenti tecnici per le lavorazioni/costruzioni (disegni , progetti , part-program, ecc) nonché quelli amministrativi.

Antonio Nardo, Responsabile Sistemi Informatizzati Breton SpA

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Contarina SpA Contarina, società in house providing a completa partecipazione pubblica, diretta e coordinata dal Consiglio di Bacino Priula, opera principalmente nel settore dei rifiuti e svolge il proprio servizio in 50 comuni della provincia di Treviso appartenenti al Consiglio di Bacino Priula - servendo circa 554.000 abitanti.

Contarina oggi è riconosciuta come una società all’avanguardia a livello nazionale ed europeo nella gestione integrata dei rifiuti, considerata un modello di utility virtuosa nel suo settore. Quanto di un modello vincente è dovuto alle tecnologie digitali? Nonostante, per quanto riguarda la gestione, purtroppo questo settore paghi una situazione di arretratezza rispetto ad altri servizi tecnologici, l’obiettivo di garantire ottime prestazioni, offrendo al cittadino un servizio sempre più efficiente, ha portato ad un forte impulso nella necessità di automazione e innovazione digitale. Da ciò sono stati sviluppati diversi sistemi tra i quali la

rilevazione delle informazioni sul territorio, attraverso la geolocalizzazione dei mezzi e i sistemi di identificazione dei contenitori in dotazione all’utenza e di trasmissione dati ad alta frequenza; la digitalizzazione dei documenti contrattualistici e di tutte le informazioni anagrafiche relative all’utenza (es. tipologia di contratto, contenitori in uso, disservizi e segnalazioni, fatture e pagamenti); il contatto con l’utenza mediante la rete e lo sviluppo di applicativi semplici da utilizzare dai clienti in qualsiasi momento per interagire con l’azienda come il sito, il portale utenti e l’App ufficiale di Contarina – ContarinApp - che ricorda all’utente i giorni delle raccolte e consente di segnalare gli abbandoni di rifiuti in tempo reale.

Quali sono stati i benefici di questi progetti per i vostri utenti? Sicuramente una maggiore possibilità di conoscenza ed una semplificazione amministrativa con risparmio di tempo. L’opportunità di accedere a servizi comodamente da casa, evitando perdite di tempo, lunghe telefonate al numero verde dedicato e code inutili agli sportelli, agevola senz’altro gli utenti. Anche la possibilità di rimanere sempre aggiornati rispetto alle novità, all’invio delle fatturazioni, cambi o modifiche ai contratti in essere rientra tra le varie agevolazioni che l’innovazione digitale porta con sè.

In pratica, cosa è cambiato? Luca Zanini, Responsabile Sistemi Informativi Contarina SpA

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L’utente può scambiare segnalazioni, informazioni e reclami: il contatto diretto con la società azzera barriere e distanze rendendo i processi più veloci ed immediati. Per quanto riguarda invece la gestione da parte dell’azienda delle flotte mezzi sul territorio, questa viene coordinata in maniera efficace geolocalizzando i mezzi, individuando i percorsi più celeri e stimando in modo preciso la durata di ciascun giro di raccolta. L’identificazione immediata di ciascun contenitore associato all’utenza per la lettura automatica degli svuotamenti del secco non riciclabile viene garantita grazie alle innumerevoli innovazioni apportate in questo settore, velocizzando i tempi di lavorazione delle fatturazioni.


INCONTRI CON

Agenzia Lampo Srl Da oltre 60 anni presente nel mercato immobiliare e turistico, Agenzia Lampo offre qualità, professionalità e cortesia in ambito turistico e immobiliare proponendo soluzioni per appartamenti e case vacanza in affitto o anche in vendita nelle migliori spiagge del Veneto: Bibione, Caorle, Porto Santa Margherita, Caorle Lido Altanea, Lido di Jesolo e Ca’ di Valle.

Che cosa significa trasformazione digitale per Agenzia Lampo? Il concetto di trasformazione digitale per Lampo Group sposa il desiderio di trasformare il mondo nel quale lavoriamo, accettando la sfida di essere al passo con le nuove tecnologie e con gli strumenti da queste messi a disposizione. Una filosofia vitale, perché chi non si approccia in modo nuovo nel mercato globale rischia sicuramente di rimanerne escluso.

www.lampo.it. Sul nostro sito web poi ogni turista può ricercare soluzioni per la propria vacanza ed ogni altra informazione con pochi clic, arrivando ad eseguire il pagamento on-line.

Qual è stato l’impatto interno e sui vostri clienti di questi cambiamenti? La nostra organizzazione del lavoro è migliorata avendo creato una serie di automatismi che da soli registrano ed archiviano una mole elevatissima di dati, che oggi sarebbe impensabile inserire a mano. Per il turista è migliorato l’approccio alla prenotazione, che può avvenire in pochissimo tempo tranquillamente on-line, senza nemmeno la necessità di contattarci telefonicamente o per mail, ma trovando la disponibilità e pagando on-line la propria vacanza. Oltre a questo sono stati implementati tutti i canali social, che permettono al turista di essere più informato su eventi, manifestazioni, promozioni e tutto quello che gli può interessare per la sua vacanza. Infine, l’ultimo restyling, del sito www.lampo.it ultimato alla fine del 2015, ha migliorato la fruizione del portale da parte dell’utente con un’interfaccia per i dispositivi mobile, una grafica più fresca, accattivante e user- friendly, e ha dato a noi la possibilità di accedere tramite backoffice alle varie informazioni contenute per poterle sempre aggiornare.

In che modo il digitale ha modificato il modo di stare sul mercato della vostra azienda? Da sempre Agenzia Lampo ha perseguito l’idea di rendere un servizio eccellente al turista in vacanza, di assolverlo da ogni fastidio e incombenza almeno per l’intera durata del soggiorno. Con questo obiettivo, grazie alle tecnologie digitali, abbiamo voluto e potuto creare un ponte che avvicinasse sempre di più i nostri prodotti di vacanza ai desideri del turista.

Manuela Bellotto, Responsabile Marketing Agenzia Lampo Srl

Come avete fatto? Se inizialmente le migliaia di prenotazioni fatte dai turisti italiani ed europei transitavano tra i vari uffici e settori aziendali con lettere di conferma cartacee e successive registrazioni contabili manuali, oggi tutto il flusso di dati viene gestito da un software di gestione aziendale. Gli impiegati delle varie filiali inseriscono nel sistema gestionale prezzi, disponibilità, caratteristiche e molte altre informazioni che in modo automatico ed immediato vengono rese disponibili sia nel software di registrazione amministrativo Freeway® Skyline, sia nel sito 41


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Nice SpA Fondata agli inizi degli anni ’90 a Oderzo (TV), Nice SpA è gruppo di riferimento internazionale nel settore dell’Home Automation con un’ampia offerta di sistemi integrati per l’automazione di cancelli, garage, sistemi di parcheggio e protezioni solari per applicazioni residenziali, commerciali e industriali, sistemi di allarme wireless, e sistemi di illuminazione con il marchio FontanaArte. Da sempre, praticità, funzionalità e facilità d’uso, uniti alla cura del design, sono le caratteristiche che contraddistinguono i prodotti Nice.

Negli ultimi anni Nice ha avviato un profondo cambiamento nei processi di comunicazione, gettando le basi per una solida trasformazione: che cosa è cambiato? Oggi ci concentriamo per creare insieme un nuovo approccio mentale verso il mondo digitale, che possa arricchire e migliorare il nostro modo di comunicare con i diversi pubblici. Per Nice comunicare infatti significa “mettere in comune”, costruire conoscenza generativa

Anna Bertoldero, Marketing Manager Nice SpA

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adattandosi continuamente; una maggiore condivisione delle informazioni all’interno del Gruppo è la base per il cambiamento, che si realizza grazie alla massima collaborazione e al dialogo tra tutti i dipartimenti. La relazione in Nice è finalizzata alla creazione di community, reali e virtuali, che possano generare innovazione non solo per l’azienda ma anche per il nostro territorio. E, per fare questo, ci siamo dati uno spazio fisico, TheNicePlace, un “hub sociale” aperto alla contaminazione e al trasferimento della conoscenza, in cui condividere nuove idee e ispirazioni per dare vita a nuove collaborazioni.

Quali sono state le principali innovazioni digitali introdotte? Nice ha creato il suo primo Digital Lab, un laboratorio digitale sulla comunicazione, di respiro internazionale, per la condivisione delle competenze e delle specifiche abilità in questo ambito. L’obiettivo è adottare un approccio comune per supportare la strategia di vendita sui diversi mercati, cooperare per costruire soluzioni efficienti e su misura, per creare nuove opportunità di contatto e fidelizzare i nostri clienti. Stiamo lavorando per essere un’azienda innovativa a 360°, coerente con le proprie origini ma aggiornata con i tempi e i cambiamenti, proiettata all’esterno con la costruzione di responsabilità, entusiasmo e collaborazione.

Che impatto ha il digitale nei processi di innovazione del prodotto? Per Nice il prodotto è relazione e la persona è al centro delle nostre attività; con lo sviluppo dell’IoT il comportamento degli utenti oggi è davvero cambiato. In questo scenario, Nice vuole proporre soluzioni integrate, fruibili in modo semplice e veloce, comunicando più contenuti in termini di vantaggi e di benefici: il miglior confort, la migliore sicurezza ed efficientamento energetico. Per quanto riguarda le dinamiche di prodotto, Nice si è aperta a collaborazioni esterne per stimolare il dialogo sulla casa del futuro e offrire tecnologie non invasive per una domotica semplice. Innovazione digitale - di prodotto o di processo - per noi significa ricerca di nuove risorse e figure professionali più vicine al mondo digitale; stiamo implementando logiche di contaminazione tra dipartimenti, cambiando l’approccio nello sviluppo dei contenuti. Nice si apre a un nuovo modo di raccontare il prodotto e l’azienda, a un nuovo modo di fare cultura aziendale.


INCONTRI CON AIDP

AIDP Il mondo delle HR nell’era della trasformazione digitale Associazione Italiana Direttori Personale: come il digitale ha cambiato le risorse umane Intervista a Isabella Covili Faggioli, presidente nazionale dell’AIDP (Associazione Italiana Direttori del Personale). Il digitale ha migliorato il lavoro di chi si occupa di risorse umane ma non lo ha sostituito. Lo Humane Resources Manager (HR) ha come core business la persona, la relazione lavoro-persona, ed essa difficilmente può prescindere dalla possibilità di conoscersi fisicamente. La trasformazione digitale nel mondo delle HR cosa ha cambiato? Diciamo che ha aggiunto, più che cambiato. Usare strumenti digitali vuol dire avere degli strumenti in più. In tutte le fasi della gestione di un rapporto di lavoro, dalla ricerca e selezione, fino alla crescita professionale delle persone, si sono aggiunti degli strumenti che sono opportunità in più per tutte le direzioni HR e in tutte le fasi, dallo scouting, al recruiting, alla gestione e alla formazione. Come in tutti gli altri settori, credo che il digitale abbia portato la possibilità di fare di più e di farlo meglio, non si tratta di una sostituzione di qualcosa con qualcos’altro. Un HR ha come core business la persona, la relazione lavoro-persona, ed essa difficilmente può prescindere dalla possibilità di conoscersi fisicamente.

Per reperire personale oggi quali sono i canali più usati? Premetto che io sono una head hunter. Lo dico per sgombrare il campo da dubbi, per me è importante il rapporto personale col candidato, però oggi il recruiting è 43


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fatto prevalentemente online. Quello che forniamo come servizio di headhunting è diverso. Tutte le aziende hanno una persona impegnata nella valutazione di quello che c’è in rete, in termini di candidature, anche spontanee. Ci sono tante società di ricerca e selezione che fanno recruiting online, in questo senso il digitale ha cambiato totalmente il panorama, sono strumenti che prima non esistevano. Vent’anni fa c’erano gli annunci sulle pagine dei giornali, oggi questa è preistoria. Ci sono tanti annunci online, ma l’importante è saper interpretare ciò che si legge in rete, e qui entriamo in un altro campo, e dovremmo parlare di web reputation.

Cosa cercano nei social network i recruiter? Le caratteristiche umane non si possono evidenziare bene in rete. Possiamo vedere le competenze, il profilo, è come se ricevessi un curriculum, ma c’è bisogno di verificare il feeling, l’empatia, ciò che ti fa capire se la persona è realmente adatta a ricoprire il ruolo. Non ci sono uomini per tutte le stagioni. Normalmente i recruiter con i social network fanno una prima scrematura, evidenziano i profili dei candidati che poi incontreranno di persona. Personalmente non ho mai presentato un candidato che qualcuno di noi non avesse incontrato di persona, e così fanno in genere anche gli altri recruiter. Torniamo al discorso della web reputation. Questo si rimette all’intelligenza di ognuno. Se ti proponi o hai intenzione di far valutare il tuo profilo per una certa posizione, cercherai di fare in modo che altri, verificando, non leggano cose contrastanti. È chiaro che Facebook è più personale, come uso, mentre ad esempio Linkedin è più professionale, ma tutti sono a disposizione di tutti e quindi di eventuali verifiche. Ovviamente credo che la coerenza di un profilo, la leggibilità di un percorso e il “fitting” con esso degli atteggiamenti personali che si riscontrano sui social network sia importante per la valutazione di una persona e della sua candidatura

Quali sono le nuove competenze ricercate? E, soprattutto, secondo lei queste competenze si trovano? È nata tutta una serie di professioni nuove, legate proprio alla digitalizzazione, ma anche all’utilizzo dei social e degli strumenti informatici. Ci sono delle candidature che possono essere utili. L’anno scorso, come AIDP, abbiamo organizzato il congresso nazionale a Verona, che quest’anno invece sarà a Bari. Il titolo dello scorso anno 44

era “Lavori in ricerca di impresa”. Era tutto incentrato sulla digitalizzazione, e sulle nuove tecnologie. Abbiamo portato anche degli esempi, e ci sono delle eccellenze. Sicuramente i giovani sono molto portati per tutto questo nuovo mondo. Ma anche quando si cercano figure lavorative che non siano legate alle nuove tecnologie, quelle più tradizionali, come l’HR manager stesso, il CFO, il direttore commerciale, si trovano candidati che sono riusciti ad acquisire notevoli competenze digitali, a volte anche per piacere e interesse personale. Al congresso di Verona abbiamo visto delle eccellenze in termini di aziende che sono nate e non mi sembra che tra le difficoltà dichiarate ci fosse la carenza di personale competente in certi campi. Ricevo quotidianamente moltissimi curriculum di persone con competenze digitali, evidentemente anche perché c’è, da parte dei giovani, una gran voglia di concentrarsi su questo tipo di lavoro, e speriamo che il mercato abbia la capacità di assorbire tutta questa offerta. Si parla di persone che lavorano col web, che lavorano con i siti, nella comunicazione sui social e bisogna capire la preparazione, la volontà e la richiesta del mercato.

L’uso dei social network nelle aziende è sempre più frequente, secondo lei quali sono le ripercussioni che questo ha sui rapporti tra le persone all’interno dell’azienda e soprattutto con la direzione? Stiamo parlando di comunicazione, di una modalità di comunicazione. Faccio una premessa. Mi fanno sorridere quelli che di fronte, da una scrivania all’altra, si mandano dei messaggi e non si parlano nemmeno quando poi sono fuori, si vedono delle situazioni paradossali e sono cose che fanno riflettere. La comunicazione è basilare indipendentemente dalla forma, in un posto di lavoro, quindi ben vengano questi strumenti. Ci sono aziende che hanno aperto gruppi sui social per far parlare di problemi tecnici i loro dipendenti, che altrimenti ne avrebbero parlato comunque individualmente. È chiaro che come tutti i fenomeni non può prescindere dal buonsenso, che vuol dire usarlo quando serve, sfruttare tutte le potenzialità che offre, e non sostituirlo con la possibilità di andare alla macchinetta a prendersi un caffè e parlare di un problema. Dico sempre che la questione non è del privilegiare, ma del non eliminare le modalità che finora hanno funzionato, affiancandole a quelle nuove che si aggiungono.

La gerarchia è un modello di gestione aziendale che esiste da sempre, crede che sia un modello destinato a durare?


INCONTRI CON Sono convinta che sia finita l’epoca del “controllo e comando”. Questo non per merito delle tecnologie, ma perché è una evoluzione naturale. Dobbiamo passare dal controllo e comando alla guida e governo dell’azienda, all’ascolto, alla capacità di mettere le persone in condizioni di stare bene e di esprimersi. Sono due modelli completamente diversi, che prescindono dagli strumenti digitali, è uno stile, è proprio una cultura, tant’è che questa filosofia nasce da uno psicologo del lavoro che adesso ha ottantasette anni, che è Enzo Spaltro. Le sto rispondendo in generale. Sono molto convinta che il modello di direzione dell’azienda, se si vogliono avere dei risultati, debba virare dal “controllo e comando” al “governo, guida e ascolto”, che significa – scusate se mi ripeto – mettere le persone in condizione di star bene sul posto di lavoro e di esprimersi. Come accade non ha importanza, possono esprimersi di persona o tramite il web, l’importante è che abbiano la possibilità di dare quel valore aggiunto di cui l’azienda ha bisogno. Non sto parlando di filantropia, Olivetti stesso non era un filantropo, ma aveva capito che per fare business bisogna mantenere le persone ingaggiate. Le persone non si ingaggiano con il modello gerarchico rigido, si ingaggiano con una condivisione, con la possibilità che la persona si senta parte del progetto, e ammettendo la possibilità di errore, riconoscendo che chi prova può sbagliare. È un grande progetto di ingaggio. Qui abbiamo una serie di aziende che vanno benissimo perché i capi hanno capito che questa era la leva e hanno dato alle persone la possibilità di fare la differenza.

che l’asset principale sono le persone, chi ha il dovere di sviluppare le loro competenze è quello che in azienda fa la differenza. Ho incontrato molte aziende, sia piccole che grandi, e ho visto quest’atteggiamento. Il discorso di prestare attenzione all’acquisto dei macchinari e delle materie prime, non preoccupandosi di chi debba gestire le persone perché “sono buoni a farlo tutti”, non è più valido. È smitizzato ormai. Si sa che curare lo sviluppo delle persone, quindi garantire non solo i loro doveri ma anche i loro diritti, sia uno dei compiti principali dell’azienda. Le persone che sono deputate a questo hanno una possibilità di sviluppare la professione, e questo mi fa molto piacere, soprattutto per i giovani che si affacciano a questo mondo.

Cosa cercano le persone in un’azienda? Per prima cosa, stanno bene se sentono di poter fare la differenza e di essere importanti per l’azienda; poi se stimano le altre persone con cui lavorano, e infine se si riconoscono nello stile aziendale. Ovviamente c’è dell’altro, ma non è un caso che tutte le aziende siano guardando al welfare.

Come vede lo sviluppo delle HR nei prossimi anni? Sono molto possibilista, positiva e fiduciosa, al di là del ruolo che ricopro come presidente nell’associazione. Mi rifaccio a un articolo che ho letto su Harvard Business, nel quale si dice che le competenze dell’HR Director, quando non si limita al proprio lavoro ma cerca di aprire gli occhi anche sulla finanza e sulle altre aree aziendali, sono le competenze più vicine a quelle del CEO, per cui se è vero, e noi dobbiamo combattere perché sia vero,

Isabella Covilli Faggioli partner IC Consulting e presidente AIDP

Una carriera nell’ambito delle risorse umane in aziende internazionali con responsabilità crescenti fino a ricoprire la posizione di direttore del personale, oggi è partner di I.C. Consulting, società di head hunting che opera su tutti i settori merceologici con specializzazione nel settore moda e beni di lusso. Già vicepresidente nazionale AIDP e presidente AIDP Emilia Romagna, è presidente di UP Università delle Persone e vicepresidente esecutivo della Fondazione Enzo Spaltro. È anche socia fondatrice di FederProfessional, dell’Associazione Donne senza Guscio e vicepresidente dell’Associazione Agorà Cibo & Arte.

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LE MULTIUTILITY

Più digitale, più servizio. Due multiutility a confronto, da Treviso a Bologna

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INCONTRI CON Le multiutility Il processo di digitalizzazione va incentivato dallo Stato e portato avanti dalle singole aziende anche attraverso la ricerca. Non è pensabile restare fermi, l’eccellenza, una volta raggiunta, si mantiene solo con l’innovazione. Questo il pensiero comune a due aziende che con la digitalizzazione migliorano le prestazioni interne a favore di un servizio al cittadino più efficiente.

Ascopiave SpA Che cosa significa trasformazione digitale per Ascopiave?

C’è una migliore pianificazione dei lavori e delle attività, ma anche un migliore utilizzo della capacità produttiva delle risorse. M. Ontini

Non abbiamo una definizione formale ma in Ascopiave abbiamo svolto diversi progetti che sono andati nella direzione di una trasformazione, intesa come evoluzione degli strumenti e crescita dell’organizzazione. Inizialmente lo abbiamo fatto per recuperare una sorta di gap esistente tra noi e i grandi player del settore, con i quali è più che mai necessario confrontarci, essendo Ascopiave una delle prime 10 utility italiane. Con questo obiettivo è nato workforce management, uno dei nostri progetti più recenti che ha portato un vero cambiamento nella gestione dei lavori in campo: ci siamo dotati di un software in grado di supportare la pianificazione degli interventi e l’ottimizzazione degli spostamenti delle persone sui territori e abbiamo consegnato a tutte le nostre risorse sul campo dei tablet attraverso i quali vedere gli interventi programmati, i percorsi da tenere, consuntivare i lavori in corso. Vantaggi? La pianificazione degli interventi è stata concentrata in un’unica unità centrale, c’è una migliore programmazione dei lavori e delle attività, ma anche un migliore utilizzo della capacità produttiva delle risorse. Infine, avendo una consuntivazione in tempo reale degli interventi, riusciamo a mettere a disposizione delle società di vendita dei dati con una velocità di gran lunga superiore. Nell’ambito della vendita abbiamo investito nel web dando la possibilità ai nostri clienti di aprire dei contratti online o di ricevere informazioni sullo stato delle bollette da mobile, attraverso un’applicazione dedicata. Abbiamo rinnovato uno sportello online per i clienti che permette di ricevere le stesse informazioni relative allo stato di servizio disponibile su app e in più, in versione desktop, offre la possibilità di richiedere servizi aggiuntivi come sms in occasione di emissione bolletta o per ricordarsi di fare autolettura o fare autolettura da mobile o da desktop. Ma tutto questo ci è servito a recuperare quel famoso gap. Da qui in poi è partita la vera spinta all’innovazione e progetti più ambiziosi. 47


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Ci fa un esempio? L’estensione della fatturazione elettronica passiva anche ai nostri fornitori. Un’idea semplice ma a cui siamo arrivati prima di altri. Quando abbiamo dovuto adeguare le nostre procedure di fatturazione alle nuove regole e ai formati richiesti dall’obbligo di fatturazione elettronica nei confronti della PA, abbiamo pensato che altre migliaia di aziende come la nostra, che lavorano anche per il pubblico, avrebbero avuto la possibilità di emettere fatture elettroniche secondo lo stesso standard utilizzato per la PA: così abbiamo chiesto ai nostri fornitori di emettere anche nei nostri confronti fatture elettroniche nel formato standard xml utilizzato per la PA. Questo ci ha permesso di automatizzare completamente il confronto tra le bolle e le fatture e di eliminare completamente le registrazioni manuali di queste stesse fatture, senza la necessità di convincere i fornitori ad utilizzare un nuovo standard, ma chidendogli di usarne uno che avevano già dovuto adottare. Un progetto semplice ma innovativo, che ha vinto il Premio Innovazione Digitale a SMAU 2015. In ambito big data abbiamo fatto un progetto di predictive analytics per interpretare possibilità di insolvenza dei nostri clienti su base geografica. Abbiamo costruito un modello predittivo basate su una serie di variabili di natura anche macro economica che ci ha permesso di ipotizzare un andamento della morosità nei prossimi 3 mesi nelle nostre aree geografiche principali.

Quali sono stati i processi aziendali che hanno coinvolto questo fenomeno? Principalmente due: le tecnologie a supporto dell’operatività e le interazioni con i nostri clienti. La digitalizzazione dei processi operativi ha reso immediatamente disponibili i dati necessari a compiere una determinata operazione e le informazioni relative al completamento delle attività appena svolte, con un risparmio di tempo e carta. Ad esempio, dal 2012 anche noi abbiamo introdotto un sistema di workforce management per supportare le attività di manutenzione e pronto intervento di reti e impianti acqua, gas ed energia: i nostri addetti operativi sul territorio utilizzano in gran parte palmari, tablet e pc portatili per ricevere i dettagli delle attività da eseguire, per consultare le banche dati (cartografia, procedure, ecc.) e per rendicontare il lavoro svolto. Dal 2015 anche i servizi di raccolta e spazzamento strade, ritenuti ingiustamente i meno tecnologici, sono stati completamente digitalizzati attraverso computer di bordo, palmari e lettori mobili: in Italia, ma forse anche in Europa, siamo i primi ad avere realizzato un simile sistema. Sul versante clienti, i servizi online, le bollette elettroniche, ma anche l’analisi dell’esperienza che il cliente ha nell’interagire con il Gruppo Hera attraverso i diversi canali disponibili, per consentirci di valutare le possibili azioni di miglioramento, sono attività già ben avviate.

Hera SpA Trasformazione digitale: cosa significa per Hera? Il Gruppo Hera già da anni ha intrapreso un percorso di trasformazione per gestire al meglio il sempre maggior uso delle tecnologie digitali, a beneficio dei clienti e dei processi di lavoro interni. In ambito lavorativo e nella vita privata le esperienze digitali occupano gran parte del nostro tempo. Non adeguarsi a questo trend significa essere non solo “fuori mercato”, ma anche “fuori contesto”.

Mario Ontini Chief Information Officer Ascopiave SpA 48


INCONTRI CON Quali sono stati i benefici sia interni che esterni (intendendo in quest’ultimo caso i benefici dei vostri utenti)? I processi interni oggetto di digitalizzazione hanno evidenziato enormi benefici, in particolare nella disponibilità immediata di dati e nella velocità di completamento del processo, con riduzione del lead time complessivo. L’elevato grado di soddisfazione della nostra clientela, testimoniato anche dal basso valore di abbandono, ci conferma che la strada seguita è giusta. Ma siamo sempre alla ricerca di nuove modalità di contatto in grado di soddisfare il cliente, senza però eccedere nell’iperdigitalizzazione. Ricordiamoci che, nonostante la sua diffusione, una rilevante parte della popolazione per motivi diversi tende ancora a rifuggire dalla tecnologia digitale.

Ricordiamoci che, nonostante la sua diffusione, una rilevante parte della popolazione per motivi diversi tende ancora a rifuggire dalla tecnologia digitale. S. Molè

Quale sarà la trasformazione digitale del futuro? La trasformazione tecnologica corre veloce; non è pensabile restare fermi, l’eccellenza, una volta raggiunta, si mantiene solo con l’innovazione, l’evoluzione continua e la ricerca di nuove soluzioni. Nell’immediato futuro credo che l’ulteriore sviluppo potrà delinearsi lungo due assi: il completamento della digitalizzazione dei processi, andando a interessare anche i tipici processi di staff comuni a tutti i settori industriali e di servizi, e il pieno utilizzo dei dati raccolti per il miglioramento delle performance.

Salvatore Molè Direttore Innovazione Hera SpA 49


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LA SCUOLA Aule destrutturate per una didattica collaborativa La parola alle scuole: l’Istituto superiore Belluzzi Fioravanti di Bologna e l’ISIS “Giulio Natta” di Bergamo Tablet, lavagne digitali, isole di lavoro, tutti elementi che vanno verso un cambio di paradigma del vecchio modo di fare scuola. Più attenzione agli ambienti di apprendimento: dalle aule aumentate, agli spazi alternativi, ai laboratori mobili. Una scuola digitale capace di motivare maggiormente lo studente a migliorare i propri esiti.a 50


INCONTRI CON La scuola attraverso dei device. La rivisitazione degli ambienti di apprendimento ha senso solo se si portano i ragazzi a lavorare insieme. I ragazzi sono molto motivati a lavorare in questo modo perché lo trovano molto più stimolante.

La scuola italiana e la digitalizzazione, ci sono progetti in corso?

Fantinato, Dirigente Istituto superiore Belluzzi Fioravanti di Bologna Quali sono le specificità della sua scuola? L’istituto superiore Belluzzi Fioravanti propone gli indirizzi del settore tecnologico - Informatica, Chimica, Meccanica, Elettrotecnica ed Elettronica. Dal canto suo l’istituto professionale – ad indirizzo Manutenzione ed Assistenza tecnica – propone le opzioni di manutenzione dei mezzi di trasporto e di apparati, impianti servizi tecnici ed industriali. Pertanto abbiamo un’attività laboratoriale molto intensa a cui si unisce una didattica laboratoriale che stiamo cercando di estendere anche alle materie non appartenenti all’area tecnica e professionalizzante.

Come si è evoluta la sua scuola, digitalmente parlando?

Il MIUR (Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca) ha proposto il Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD), che rappresenta un faro che guida le azioni della scuola del nostro tempo. Inoltre ogni scuola ha dovuto individuare un animatore digitale, che si occupa del processo di trasformazione degli ambienti di apprendimento della scuola e al contempo di formare i docenti all’uso delle nuove tecnologie. Inoltre, sono stati messi a disposizione molti fondi che ci permettono di implementare il nostro processo di digitalizzazione su più fronti, tra cui reti, ambienti di apprendimento e laboratori. C’è quindi una grande attenzione alla digitalizzazione delle scuole in quanto si è consapevoli che gli alunni nativi digitali apprendono in modi differenti rispetto al passato.

Crede che i social network possano avere un ruolo educativo nella scuola? Sui social network ho qualche perplessità, possono avere un ruolo educativo solo se monitorati, altrimenti

Stiamo operando su più livelli: si stanno implementando gli uffici di segreteria in modo digitale, già questo porterà ad una dematerializzazione importante che coinvolgerà anche le famiglie. A proposito di questo, stiamo completando l’uso del registro elettronico, che è anche uno strumento di dialogo con le famiglie, in tempo reale sanno che cosa stanno facendo i ragazzi: dalla loro presenza, agli argomenti di lavoro, agli esiti, alle comunicazioni di servizio. Il sito internet è un altro contenitore importante di informazioni che riguardano la scuola. Stiamo lavorando anche per avere più ambienti di apprendimento digitalizzati a partire dall’avere più lavagne interattive multimediali, alla destrutturazione delle aule in modo che i ragazzi possano lavorare in modo cooperativo usando anche le nuove tecnologie. Destrutturazione significa aule con isole di lavoro fornite di materiale didattico cartaceo ed elettronico da utilizzare 51


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sono elementi di distrazione o peggio ancora di pericolo per i ragazzi. Su questo fronte stiamo facendo diversa formazione agli studenti su un utilizzo responsabile dei social network.

I ragazzi hanno migliorato il loro apprendimento con la didattica digitale? I risultati sono superiori se ci sono dei docenti tecnologicamente preparati, in grado di rendere stimolante una materia, come la matematica per esempio, che altrimenti sarebbe più ostica per gli studenti.

Come vede la scuola fra 10 anni in un contesto tecnologico ideale? Il mio sogno è non vedere più le classi con i banchi e la cattedra, mi piacciono le aule destrutturate con tavoli di lavoro e materiale didattico sia cartaceo che digitale, mi

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piacerebbe usare anche i nostri enormi corridoi mettendo delle postazioni di lavoro. In sostanza l’idea è quella di una scuola dove si lavora insieme sfruttando sia il tradizionale libro, ma anche tutte le enormi possibilità che la tecnologia ci mette a disposizione.

Maria Amodeo, Dirigente ISIS “Giulio Natta” di Bergamo Quali sono le specificità della sua scuola? Si tratta di un Istituto superiore statale con due indirizzi di studio: il Tecnico Chimico delle biotecnologie ambientali e sanitarie e un Liceo scientifico opzione delle scienze applicate. Abbiamo 64 classi con 1.640 studenti. L’Istituto è anche sede di dell’ Istituto Tecnico Superiore (ITS) per le nuove tecnologie della vita. Tra le nostre finalità fondamentali sono la promozione e diffusione della cultura tecnica e scientifica.


INCONTRI CON Quali sono i progetti digitali attivati? La nostra scuola ha partecipato al primo piano quinquennale per la digitalizzazione promosso dal MIUR (2005). Siamo partiti con l’implementazione della dotazione strumentale dei laboratori e delle aule. Con la partecipazione ad altri bandi regionali, il primo di 50.000 euro, il secondo di 100.000 euro, siamo passati alla fibra ottica perché avevamo la necessità di sostenere un numero elevato di accessi e volevamo che tutta l’area della scuola fosse accessibile al web. Il secondo bando, invece

lo abbiamo riservato alla formazione e all’applicazione della didattica digitale; ci siamo dotati di tablet destinati ai docenti e ai ragazzi. Il tablet, per il momento, si usa in modo multifunzionale nella metà delle classi. Uno strumento che, tra le altre cose, funge da libro: facile da trasportare e soprattutto difficile da dimenticare a casa. Per essere al passo abbiamo molti docenti che lavorano con la tecnologia, piattaforme condivise, software particolari, etc.

Ci racconti una lezione tipo, in una classe digitale. Il docente entra in classe con il suo tablet, in cui sono state precedentemente caricate le app didattiche o comunque il necessario per tenere una lezione. Il primo utilizzo del tablet è come registro elettronico per la verifica delle presenze, per esempio. Il docente procede quindi alla lezione multimediale, che si può svolgere con l’utilizzo di internet, piuttosto che con l’uso di una piattaforma che permette l’esecuzione di esercizi. Ma la parte più importante che abbiamo sperimentato con il tablet è la seguente: abbiamo 21 laboratori tecnico scientifici diversi, può succedere che i ragazzi non abbiano finito la lezione all’orario d’uscita, è qui che l’uso del tablet diventa strategico, poiché diamo la possibilità allo studente di fare delle riprese audio video durante la lezione nel laboratorio, e continuare a casa il lavoro con la produzione di un tutorial. In questo modo i ragazzi non solo imparano a ripercorrere le tappe del processo laboratoriale ma si esercitano anche a comunicare quel processo attraverso una forma mista di espressione: scritta, orale e visiva. I tutorial vanno ad implementare le schede del materiale didattico, utilizzabile anche se non si è fisicamente a scuola, pensiamo per esempio ad uno studente che si è ammalato o che studia all’estero con un progetto Intercultura.

Quale sarebbe il suo progetto digitale ideale nella scuola? Un progetto che parte prima di tutto dalla revisione della didattica e dello spazio aula. Il docente deve pensare che non c’è un “tempo scuola” separato dal “dopo scuola. Il lavoro didattico comincia in aula, continua a casa e ritorna in aula. Auspico un processo di digitalizzazione che consenta di lavorare con il territorio anche da remoto; pensate quale potrebbe essere l’abbattimento dei costi di trasporto dei ragazzi in visita aziendale!

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BIZEN Viaggio nella trasformazione digitale Elisa Carraro

elisa.carraro@bizen.it

“Tappe di un percorso nel cambiamento”

La partenza

Elisa Carraro

SEO & Copywriter di Bizen Srl 54

Il mito del viaggio è nella vita di ogni persona, sia esso un percorso condiviso o una solitaria ricerca, l’obiettivo è il miglioramento. Conseguenza naturale di questo processo in itinere è il cambiamento, germoglio visibile che testimonia quel seme dell’evoluzione insito in ogni essere umano. Per un momento concentriamoci sulle trasformazioni nei contesti lavorativi ed estendiamo il pensiero ai processi aziendali: non notiamo forse un cambiamento? È in atto un processo che coinvolge diversi aspetti legati a fattori di business e che si può ricondurre ad un importante binomio di valore: trasformazione digitale. L’innovazione ci circonda, la sfida è coglierne gli elementi adatti al mercato cui ci approcciamo. Anche il marketing mix, l’amalgama di tanti strumenti che danno valore al piano di business, è positivamente affetto


INCONTRI CON Bizen dalla trasformazione digitale. Qual è allora la situazione di un imprenditore oggi, che si ritrova ad operare in un contesto di business in continuo mutamento digitale? Modello operativo, processi aziendali, le stesse relazioni tra collaboratori e dipendenti sono influenzate dall’introduzione di nuove tecnologie. Partiamo dalle leve decisionali, le 4P: product, price, place e promotion. Cambiano e si trasformano i mezzi, ma il raggiungimento del target rimane sempre la stella polare.

Opportunità La forza commerciale dà impulso e linfa all’azienda e anche quest’ambito sta riscontrando trasformazioni digitali. Passaparola, fiere ed eventi sono oggi affiancati da tool che facilitano le connessioni virtuali e reali e con cui è più facile e veloce individuare nuovi lead in target. Un esempio fra tutti? LinkedIn. Non un mero incubatore di curricula, ma una crescente opportunità di relazione. Profili, pagine azienda, Pulse, ricerca avanzata: questo canale offre una serie di funzionalità chiave per entrare in un network di valore ed individuare e contattare così in pochi step un pubblico di potenziali clienti, persone reali, con esigenze e richieste cui possiamo dar seguito attraverso i nostri servizi e prodotti.

Esplorazione Continuiamo il nostro viaggio. L’esplorazione è alla base della crescita, tuttavia il timore è quello di immergersi in sfide impossibili, affrontando mercati poco in linea con il target. Abbiamo bisogno di testare diversi ambiti commerciali. Perché non proporci inizialmente al pubblico attraverso campagne di advertising online? Annunci pubblicati nei siti appartenenti alla rete di ricerca pensati non solo per aumentare la brand awareness, ma anche per intercettare il pubblico giusto, al momento giusto, con un’azione di pubblicazione secondo targeting variabile: temporale, geografico, linguistico, per dispositivo.

L’orientamento Arriviamo dunque ad un punto del nostro percorso in cui le nuove tecnologie danno l’opportunità di analizzare il cliente quando è ancora allo stadio di prospect, per capirne gusti e preferenze: ci ritroviamo tra le mani una bussola di conoscenze fatta di dati raccolti nei siti web

e nei canali social e presentati attraverso Analytics ed Insights. Ci prepariamo a conoscere il nostro futuro cliente e allo stesso tempo anticipiamo ciò di cui avrà bisogno. Il principio che ha portato Google ad essere uno tra i motori di ricerca più usati al mondo è lo stesso che guida la definizione di un target preciso: fornire risultati e risposte pertinenti, prevedendo bisogni e necessità del nostro interlocutore. Attraverso l’analisi dei dati raccolti dai sistemi digitali possiamo tradurre i numeri in preferenze e le statistiche in profili. Gli identikit dei nostri principali target diventano search personas, non ipotetici clienti idealizzati, ma vere e proprie figure, con dubbi, richieste ed esigenze da soddisfare. Sono gli stessi dati che ci forniscono gli spunti necessari per compiere azioni mirate ad aumentare la CRO (conversion rate optimization, intesa come l’insieme di tecniche finalizzate ad ottenere migliori conversioni dal proprio sito e dai propri strumenti online) e che corrispondono ad un cambiamento a livello operativo.

La trasformazione Le azioni di marketing sono sempre più concentrate sul consumatore finale. Che cosa cambia dunque in quei capisaldi di McCarthy, che dagli anni ‘60 influenzano il marketing e le strategie di mercato? Le 4P trovano la loro evoluzione nelle 4C: consumer, cost, communication, convenience. L’esperienza del cliente ha priorità nelle strategie e trova la sua massima espressione nell’ecommerce. La trasformazione digitale sta portando una ventata di innovazione nei rapporti tra azienda e cliente e proprio nel commercio elettronico ritroviamo molti elementi che abbiamo incontrato nelle tappe del nostro viaggio. L’e-commerce è la realtà aziendale applicata al network digitale: una proficua conversazione tra impresa e cliente. Molte aziende si stanno aprendo al commercio online ed il motivo non è solo la ricerca di maggiori opportunità commerciali. Chi sceglie l’e-commerce oggi è ispirato dal futuro, prova nuovi strumenti che lo rendono partecipe di quel grande contesto che è la rete. L’iniziale conflitto di canale che può derivare da una scelta di questo tipo è occasione di evoluzione, che porta un’impresa a trasformarsi in quell’azienda digitale che punta ad offrire all’utente la migliore esperienza possibile. “I sentieri si costruiscono viaggiando”, sosteneva Kafka, e così è il cambiamento: un percorso in continua evoluzione che tesse nuove trame, passo dopo passo. 55


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SPAZIO A Y Che software gestionale serve alla mia azienda? Stefano Biral

redazione@logyn.it

Dal sistema gestionale all’ERP: come fare la scelta giusta Dal software gestionale progettato per le PMI ai sistemi per l’azienda medio-grande, sino agli ERP (Enterprise Resource Planning): prodotti integrati, strutturati e pensati per aziende di portata internazionale. Piccola guida tecnica sulle classi di soluzioni gestionali esistenti e su come scegliere la più adatta alla propria realtà. I primi sistemi ERP (Enterprise Resource Planning) sono nati negli anni ’90 e sulla scia delle richieste di un mercato fatto per lo più da grandi aziende. Prima di questi software esistevano sistemi di gestione dedicati essenzialmente all’area produzione ma, con gli ERP, si introduce un concetto nuovo di integrazione che permette, con uno strumento unico, di dare continuità all’intero business aziendale.

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nell’implementazione, ed entrano così nel mercato delle tecnologie dedicate anche alle piccole e medie imprese. Nascono in questa fase una serie di software di produttori italiani, i cosiddetti pacchettizzati, per le esigenze delle medio-piccole aziende: prodotti molto semplici da utilizzare ma strutturalmente limitati; ma anche degli ERP di carattere più artigianale, sviluppati da alcune software house italiane con grande esperienza e competenza tecnica e gestionale che, spinte da una notevole vicinanza al cliente finale, sviluppano soluzioni flessibili per le PMI.

Così, nel tempo, gli ERP arrivano a coprire tutte le aree aziendali con moduli dedicati alla contabilità, alla manutenzione, alla gestione risorse umane, aggregati a quelli della logistica e della produzione.

A questo punto, oggi, un’azienda che debba adottare un nuovo sistema gestionale ha una certa difficoltà a capire quale strada e soluzione scegliere e sicuramente si chiede: che tipologia di software scegliere? Come? Affidandosi ad un partner, assoldando un consulente esterno oppure provando a fare una software selection con un responsabile interno?

Le soluzioni vengono poi perfezionate, rese più accessibili nei costi e semplificate sia nell’ utilizzo che

Questo articolo cerca di guidare l’azienda sulla prima cosa da fare: decidere quale fascia di prodotto valutare.


SPAZIO A Y

Oggi, un’azienda che debba adottare un nuovo sistema gestionale ha una certa difficoltà a capire quale strada e soluzione scegliere.

Il mercato ERP in Italia Il mercato italiano dei sistemi ERP, e delle relative applicazioni verticalizzate, può essere suddiviso in tre segmenti sulla base della dimensione aziendale e della complessità dei processi che la caratterizzano. Possiamo arrivare a catalogare i sistemi gestionali in queste classi di prodotto:

Per completezza di informazione, bisogna dire che nel mercato sono disponibili prodotti progettati e sviluppati per alcuni settori specifici: questi, nel tempo, tendono a divenire sempre più curati negli aspetti funzionali ma carenti dal punto di vista tecnologico, e corrono il rischio di diventare in tempi brevi obsoleti e non più aggiornabili.

• Software pacchettizzati per la piccola azienda

Per questo motivo ci focalizziamo sull’analisi di prodotti software standard, molto spesso configurabili e personalizzabili in funzione delle necessità applicative specifiche del settore.

• Software di fascia media per le PMI • Software internazionali per la media o grande azienda

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Tipologia di software

Per quale tipologia di azienda

Caratteristiche

Software pacchettizzati per la piccola azienda

• Fino a 10 utenti • Fino a 5 milioni di fatturato • Budget di spesa da 1.000 a 15.000 €

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Produttori italiani Soluzioni gestite tramite rivenditori Costi molto ridotti Tempi di avviamento: alcune settimane

Software di fascia media per le PMI

• • • •

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Produttori italiani Progetti gestiti spesso con un rapporto diretto tra produttore e cliente finale (partnership) Mancanza di un vendor e di una struttura internazionale a supporto Piattaforme tendenzialmente flessibili alle esigenze del cliente oppure grandi possibilità di personalizzazione da parte del produttore Costi/benefici adeguati alle scelte di personalizzazione richieste Tempi di avviamento:4-6 mesi

Fino a 150 utenti Fino a 100 milioni di fatturato Budget di spesa da 30.000 € a 200.000 € Per progetti speciali si arriva a budget di 3-400.000 €

• •

• •

Software internazionali per la media o grande azienda

• Almeno 50 utenti, in particolare consigliabile per aziende con almeno 100 utenti o per realtà con sedi e stabilimenti esteri • Fatturato: oltre 50 milioni • Budget: almeno 100.000 € • Per progetti speciali si parte da almeno 1 milione di euro

• •

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• • •

ERP per la piccola azienda Le piccolissime aziende richiedono un prodotto semplice, economico, completo, integrato e pronto all’utilizzo: questa tipologia di software viene spesso identificata con il termine “pacchettizzato”. Un’azienda che adotti questo tipo di gestionale può aspettarsi che il sistema sia già attivo solo acquistando alcune giornate di supporto tecnico e, solitamente, che offra già tutte le funzionalità necessarie nel comportamento standard: l’area amministrativa, gli ordini dei clienti, la spedizione della merce e la relativa fatturazione. Per quanto riguarda il ciclo passivo, con 56

Produttori internazionali Progetti gestiti tramite rivenditori qualificati o grandi società di consulenza Possibilità di gestire le contabilità di moltissimi paesi esteri Difficoltà nel gestire tempestivamente le normative italiane Piattaforme tendenzialmente rigide e adatte per grandi organizzazioni Costi rilevanti Tempi di avviamento: da 12 mesi in su

questo prodotto è possibile arrivare anche ad inserire i carichi di magazzino e le fatture di acquisto, oltre che a gestire gli ordini di acquisto, uno degli step o obiettivi che spesso una piccola azienda si prefigge di raggiungere adottando un software gestionale. Questo tipo di prodotto può gestire anche listini di vendita e di acquisto, la pianificazione e la produzione interna o esterna, funzionalità che non sempre servono ad aziende di piccole dimensioni. Una delle funzionalità più utilizzate in questo tipo di aziende potrebbe essere, per esempio, l’integrazione con prodotti quali Microsoft® Excel, spesso finalizzata ad estrapolare i dati presenti nel sistema e poi elaborarli


SPAZIO A Y a piacere. È probabile che in questi casi l’azienda si interfacci con un rivenditore del software che poi si confronta con il reale produttore dello stesso. Spesso il rivenditore è un negozio di informatica o una piccola software house che non sempre riesce a fornire dei servizi di tipo consulenziale a supporto del software installato presso il cliente: questo comporta che, spesso, il software viene utilizzato solo parzialmente, una cosa normale nelle piccole aziende che hanno minori esigenze di gestione ma che può, invece, non far decollare il sistema gestionale e l’efficienza in aziende con esigenze più variegate. Uno dei maggiori vantaggi da cogliere con tali software pacchettizzati è quello di lavorare con il prodotto standard, quindi sostenendo costi ridotti e tempi di avviamento di poche settimane.

ERP per le PMI In alcuni casi le piccole ditte riescono a sfruttare pienamente il pacchettizzato acquistato che, a questo punto, rischia di divenire limitato e non più adatto alle cresciute esigenze dell’azienda poiché difficilmente scalabile verso l’alto. In questi casi la ricerca di un gestionale si orienta verso prodotti di fascia più alta, in grado di supportare la crescita delle esigenze e delle complessità del settore in cui opera il cliente. Le funzionalità offerte da un software per piccole e medie imprese possono spaziare dall’integrazione con altri software di tipo dipartimentale (ad esempio i software per la gestione dell’ufficio tecnico, dai CAD ai più evoluti sistemi PDM) alla gestione di processi più complessi (ad esempio il conto lavorazione esterno) oltre alla necessità di maggiori automatismi o personalizzazioni specifiche. Le medie aziende molto spesso, più che cercare un software gestionale, cercano un partner e un accordo con il reale produttore del software in modo da poter, in alcuni casi, anche arrivare ad indirizzare l’evoluzione del prodotto stesso. Queste aziende richiedono una estrema flessibilità del software che deve adattarsi perfettamente alla stessa, come il vestito su misura di un grande sarto. Nel settore delle medie aziende esiste poi una fascia di clienti che cerca delle soluzioni ERP verticalizzate secondo le esigenze del proprio settore merceologico, e fornitori con notevole conoscenza delle problematiche del settore stesso. Alcuni software di fascia media si caratterizzano per lo

Eurosystem entra nel mondo dei pacchetizzati con Freeway® Horizon Maurizio Bonanomi, responsabile del progetto, ci racconta la nuova sfida Perché Eurosystem ha voluto entrare nel mercato delle soluzioni software per le piccole aziende? Siamo presenti nel mercato dei sistemi gestionali da oltre 35 anni e negli ultimi anni abbiamo notato una notevole difficoltà da parte delle aziende italiane ad effettuare investimenti significativi in questo settore IT a causa di una fase congiunturale, reale o percepita, molto delicata e difficile. Inoltre ci sono moltissime nuove startup che hanno la necessità di avere un sistema gestionale attivo in tempi brevi e certi, ma minima possibilità di investimento. Il nostro ruolo è quello di avvicinarci alle imprese e alle loro esigenze il più possibile per guidarle nella crescita verso l’innovazione: per questo abbiamo introdotto Freeway® Horizon, la nostra soluzione applicativa per la piccola azienda: un prodotto di semplice utilizzo, completo, integrato. È stato progettato per l’azienda che ambisce crescere e diventare più efficiente.

Quali sono le differenze della proposta Eurosystem rispetto a questo mercato di riferimento? Eurosystem ha pensato di andare controcorrente nel mercato dei software per le piccole aziende, scegliendo delle politiche commerciali molto semplici e dirette. Per questo abbiamo pensato di offrire il prodotto, a differenza di tutti gli altri competitor di questo segmento, in versione completa (Full): questo significa che il cliente acquisisce la licenza di utilizzo di tutti i moduli standard del prodotto, dall’area amministrativa, al ciclo attivo e passivo, al magazzino ed alla produzione interna o esterna (conto lavorazione terzisti). Altro obiettivo è quello di fornire un costo certo, sia per il prodotto sia per i servizi di avviamento sia per il canone annuale per la manutenzione e l’utilizzo di Freeway® Horizon, per un numero predefinito di utilizzatori del sistema: fino a 3 utenti, fino a 5 oppure 8 utenti. Oltre questo numero di utenti, è probabile che risulti necessario costruire un progetto personalizzato. Infine grazie alla capacità consulenziale di Eurosystem SpA, un’azienda con oltre 90 collaboratori di cui buona parte dedicati alla divisione software e servizi, siamo in grado di supportare adeguatamente

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i clienti, in modo che possano utilizzare tutti i moduli software di Freeway® Horizon di cui l’azienda necessita.

sviluppo notevole di funzionalità specifiche del settore ma, allo stesso tempo, si presentano obsoleti nelle piattaforme tecnologiche.

E nel caso la piccola azienda cresca ed abbia nuove necessità?

È chiaro che i clienti in questa situazione sono di fronte ad una scelta importante: ricercare un altro prodotto di fascia media, flessibile e tecnologicamente non obsoleto o passare ad un prodotto di fascia alta?

Eurosystem fornisce al cliente la possibilità di evolvere Freeway® Horizon verso la nostra soluzione per le medie aziende, l’ERP Freeway® Skyline, recuperando l’investimento iniziale sul precedente prodotto software. Altro aspetto importante è che viene garantita la migrazione totale dei dati storici da un ambiente all’altro. Freeway® Skyline si adatta alla complessità e specificità dell’azienda indirizzandola sui binari corretti grazie ad una piattaforma software, tecnologicamente aggiornata e strutturalmente flessibile: in pratica è in grado, tramite opportune configurazioni e parametrizzazioni, di rendere disponibili soluzioni applicative estremamente verticalizzate sulle specifiche esigenze del cliente o del settore merceologico, utilizzando le tecnologie e le funzionalità standard della piattaforma stessa. In buona sostanza, con Freeway® Horizon possiamo fornire una vera scalabilità del software, in grado di supportare la crescita delle esigenze e delle complessità del settore in cui opera il cliente. Freeway® Horizon rappresenta il primo orizzonte di crescita di un’azienda: quella linea di traguardo, e allo stesso tempo di lancio, verso un futuro di successo. L’obiettivo e la spinta di un’evoluzione verso l’efficienza per quelle realtà più piccole, ma in procinto di crescere e di ambire ad un mercato più grande.

Maurizio Bonanomi

responsabile Freeway® Horizon 58

Quando si parla di soluzioni di fascia alta in pratica ci si riferisce a prodotti internazionali dove si richiedono budget molto significativi oltre che impegnativi dal punto di vista progettuale, con il rischio di dover aumentare il numero degli utenti utilizzatori poiché il software è pensato per grandi organizzazioni e con processi standard ma rigidi e molto parzializzati.

ERP per la media o grande azienda Le grandi aziende necessitano di soluzioni complesse ed articolate e dispongono di budget dedicati a progetti ERP che vanno dai 100.000 euro in su. In questo caso parliamo, non solo di aziende, ma di gruppi di respiro internazionale con sedi all’estero che quindi cercano sistemi multilingua, multi stabilimento, con localizzazioni specifiche (in presenza di consociate estere necessitano che il sistema gestionale abbia al suo interno la possibilità di attivare sistemi contabili in regola con il paese dove l’azienda è ubicata). Questi software, se supportati da un partner informatico con grande esperienza, consentono una reale ottimizzazione dei processi aziendali portando una notevole standardizzazione delle attività grazie all’adozione delle migliori esperienze e procedure codificate, le cosiddette best practice. A volte però la necessità di flessibilità nei processi porta a dover modificare il comportamento del software oppure, nei casi di settori particolari (esempi classici sono quelle aziende quasi uniche per tipologia di attività oppure, in settori particolari, quelle aziende che forniscono servizi), nascono esigenze praticamente ingestibili con un sistema standard internazionale: sorge quindi la necessità di sviluppare interi moduli per poi integrarli con l’ERP. Le tecnologie per fare tutto questo sono presenti e disponibili nel mercato; l’unico problema sono i costi da sostenere per arrivare ad una meccanizzazione dell’intera azienda. Anche in questo caso la necessità è quella di individuare il partner informatico che abbia una visione adeguata alle necessità dell’azienda stessa.


SPAZIO A Y @eurosystem.it

GESTIONE ASSISTENZA E MANUTENZIONI Stefano Biral

redazione@logyn.it

Come funziona?

Il contesto dell’offerta La vendita di un macchinario o di un impianto si concretizza con la sottoscrizione di un contratto che, di solito, è solo il punto di partenza di un processo più ampio finalizzato alla costruzione di una relazione con il cliente stabile e proficua nel lungo periodo. Per fidelizzare il cliente, quindi, si associa spesso a ciascun contratto di vendita un secondo, di assistenza o manutenzione programmata. L’impianto appena venduto - o acquistato, a seconda dei punti di vista - potrebbe richiedere delle semplici revisioni periodiche, necessitare di manutenzioni specifiche (come quelle richieste dalla normativa sulla sicurezza) o di assistenza per problematiche legate a malfunzionamenti e rotture.

Il problema dell’utente L’azienda che ha venduto la macchina avrà bisogno di gestire, tramite un apposito responsabile, un parco tecnici a cui delegare le attività di manutenzione sui macchinari installati presso il cliente: in pratica, sa già di dover affrontare costi certi in virtù di ricavi da monitorare affinché tale reparto non lavori sottocosto. Automatizzare nell’ERP la gestione delle attività dei tecnici è importante per molti motivi, ad esempio per avere un resoconto delle attività eseguite oltre che dei materiali installati e sostituiti presso l’impianto del cliente. Inoltre, facilita le normali attività per la fatturazione periodica nonché il controllo della marginalità e redditività del reparto Service.

Ma una soluzione a misura di utente esiste… Freeway® Service comprende funzionalità innovative per la gestione dei contratti Service o di manutenzioni generiche e/o straordinarie.

La prima fase prevede l’inserimento nel sistema di una richiesta di intervento collegata all’impianto per il quale viene fatta. Il software, che gestisce le differenti tipologie di contratti di manutenzione e le molteplici informazioni tecniche, attraverso ricerche mirate individua il macchinario da revisionare e la sua ubicazione fisica. A questo punto, avendo un quadro immediato delle richieste di intervento da associare ai tecnici in base alle relative disponibilità (planning), si possono pianificare tutte le attività di assistenza. L’intervento effettuato da parte del tecnico Service viene poi registrato nel sistema attraverso l’inserimento di un rapportino di lavoro che può avvenire anche da dispositivi mobili. L’applicazione per la registrazione del rapportino consente un accesso personalizzato alle informazioni: il tecnico può così sapere quali sono i clienti o impianti presso cui deve effettuare l’intervento, che dati ci sono su quei clienti e, se necessario, che storico degli interventi eseguiti precedentemente esiste. Con l’inserimento del rapportino di lavoro ogni tecnico del Service inserisce i dati relativi al lavoro effettuato - principalmente le ore lavorate, le attività eseguite, i materiali impiegati – e l’applicazione ERP presente in sede riceve i dati dai terminali mobili via web. L’ultima fase è quella relativa alla fatturazione dei contratti di manutenzione periodica oltre che degli interventi non previsti in contratto, recuperando costi e relativi ricavi. Infine, grazie a strumenti di controllo sulla fatturazione e ad analisi degli interventi effettuati per tecnico o per cliente/impianto, è possibile ottenere statistiche per analisi mirate sulle attività e sulla marginalità del reparto Service. Contratti di gestione assistenza e attività di manutenzione saranno così sempre sotto controllo, consentendo all’azienda di ottimizzare l’amministrazione delle proprie risorse e i relativi costi.

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ELITE SRL

Pedalare verso il cambiamento La storia dell’azienda veneta che ha rivoluzionato l’allenamento ciclistico indoor

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STORIES

Ogni nuova soluzione è stata creata da una squadra di ricercatori specializzati, e testata dai campioni di tutto il mondo, per essere perfetta.

di simulazione, elevando la perizia e l’originalità della tradizione artigianale in una proposta d’avanguardia. Marco Orsenigo – responsabile IT dell’azienda veneta – descrive la storia di questo cambiamento: “La trasformazione digitale – racconta – ha modificato profondamente il nostro prodotto, ci ha permesso di sviluppare programmi che hanno reso l’allenamento ciclistico indoor, notoriamente noioso, un momento piacevole ed efficace”.

La genesi del cambiamento: da dove s’inizia.

Elite Srl è una piccola azienda del Padovano, fatta di persone appassionate di ciclismo e innamorate del loro territorio: ingegneri, tecnici, uomini di mercato, amanti dello sport e dell’innovazione che hanno saputo fare del loro lavoro un esempio per la comunità locale e internazionale. Nel sito di un’antica fornace, restaurata con dedizione e oggi esempio di archeologia industriale, nel paese di Fontaniva, Elite Srl progetta e sviluppa prodotti tecnologici innovativi per il mondo delle due ruote. E nel suo marchio si riconosce la storia bellissima di una vera trasformazione digitale: in meno di trent’anni, l’azienda ha rivoluzionato il mondo dell’allenamento ciclistico indoor trasformando dei semplici rulli di allenamento in sofisticate macchine

Elite comincia la sua avventura nel 1979 con l’ideazione e la produzione di rulli di allenamento e porta-biciclette per auto. Sin da subito si contraddistingue per una spiccata tendenza all’export che la porta lontano e, dalla provincia di Padova, oggi realizza prodotti per ciclisti di tutto il mondo. Il segreto dell’azienda è sempre stato l’unione tra la vocazione internazionale e il forte attaccamento alla tradizione locale: “Pedalando al fianco dei ciclisti, sia professionisti sia amatori, ed ascoltando i loro bisogni – continua Marco Orsenigo – sono nate tante idee che sono poi diventate prodotti per migliorare le performance sulla bici. Ogni nuova soluzione è stata creata da una squadra di ricercatori specializzati, e testata dai campioni di tutto il mondo, per essere perfetta. E, nella sua semplicità, racchiude l’esperienza maturata in anni di ricerca e progetti leggendari che hanno fatto la storia del ciclismo”. Negli anni ‘90 l’azienda diventa nota per la produzione di portaborracce dal design innovativo, borracce, e borracce termiche che sono scelte dai ciclisti dei grandi campionati mondiali. Ma è con il nuovo millennio che Elite si apre all’innovazione digitale, realizzando il primo rullo di allenamento collegabile ad un pc che, grazie ad algoritmi specifici, permette di allenarsi in maniera interattiva e 61


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professionale. Dopo pochi anni arriva la novità assoluta: il rullo combina i calcoli specifici con i filmati delle corse più famose del mondo riprese direttamente sulla strada. È la svolta nel mondo dell’allenamento ciclistico. “Far parlare un rullo, che prima era solo meccanico, con dispositivi informatici connessi in rete è stata la nostra rivoluzione. Ci ha permesso di rendere i rulli interattivi e di trasformarli in veri e propri ambienti di simulazione. La semplicità tecnica ed il costo accessibile ad infrastrutture di tipo cloud, come quelle fornite da Amazon, ci hanno permesso di liberare la fantasia e abbiamo costruito applicazioni accessorie fino a qualche tempo fa impensabili”.

Come si trasforma un rullo meccanico in una sofisticata macchina di simulazione? “Abbiamo iniziato con il software per Windows, più di dodici anni fa, dal quale siamo partiti come matrice per sviluppare le attuali applicazioni e l’infrastruttura che le sostiene. Una delle idee, tra le più recenti, – racconta 62

Marco – è stata utilizzare un semplice smartphone come videocamera ad alta qualità per riprendere e registrare percorsi da eseguire in biciletta, rilevandone caratteristiche come velocità ed altitudine. I video realizzati, con tutti i dati relativi al percorso, sono stati trasferiti tramite applicazione al nostro web service che li ha manipolati e resi disponibili ai nostri software di simulazione e a tutti gli utenti connessi a tali software tramite i rulli. Questo significa che l’utente, con il semplice rullo, può ripercorrere lo stesso percorso registrato e, grazie alla riproduzione delle caratteristiche di quel percorso, può fare la stessa fatica che farebbe nella realtà, con le stesse condizioni meteo registrate, ogni volta lo desideri e comodamente da un ambiente chiuso”.

Condivisione e tecnologia digitale come ponte per l’innovazione: di quali strumenti ha bisogno un’idea rivoluzionaria? “In una fase successiva abbiamo realizzato un’applicazione vera e propria che permettesse di effettuare moltissimi tipi di allenamento tramite rullo. In questo caso tutti i dati degli allenamenti sono stati custoditi e protetti con cura nel cloud, cosi da ottenere due obiettivi: renderne impossibile la perdita e automatica la condivisione su più dispositivi. L’applicazione oggi permette di effettuare simulazioni basate su video, registrati o acquistati, e la disponibilità di connettività internet durante gli allenamenti consente di poter effettuare percorsi costruiti su mappe online - ad esempio Google maps - e di poter lanciare delle sfide sulla base di allenamenti preimpostati ad altri utenti dell’ecosistema Elite”, conclude Marco.


STORIES L’introduzione di tecnologie innovative ha inciso sull’evoluzione di prodotto ed ha portato Elite ad investire sul digitale. L’offerta stessa di allenamenti preimpostati e costruiti su mappe online ha richiesto l’integrazione tra web service ed il gestionale aziendale per la fatturazione e la consegna digitale automatica. Inoltre, l’infrastruttura deve avvalersi di diversi server virtuali per bilanciare il carico di lavoro, affrontare i picchi di uso delle funzioni, e duplicare le risorse all’occorrenza, senza necessità di intervento umano. E l’azienda ha dovuto integrare i web service con CMS per gestire i siti enterprise e di shop online. Il tutto considerando gli aspetti di sicurezza e robustezza del sistema, spesso finito sotto attacco informatico esterno. “A proposito di sicurezza – aggiunge Marco – la crescita continua dell’azienda, dei dati archiviati e dei volumi di corrispondenza, ci ha imposto di assumere maggiori garanzie in termini di continuità di servizio e di accesso ai dati aziendali. Da qui la scelta di rinnovare la nostra infrastruttura informatica che, essendo il risultato di una evoluzione non organica, presentava diversi limiti architetturali, come la mancanza di ridondanza, di risorse software e hardware adeguate, e di processi automatici per l’erogazione di servizi. Per rispondere a queste esigenze e supportare il cambiamento interno che stavamo vivendo, abbiamo deciso di rivolgerci a dei professionisti del settore, che ci aiutassero a compiere una scelta impegnativa ma strategica per una crescita anche futura. L’atteggiamento di Eurosystem, un proposta tecnologica valida e le competenze elevate dei suoi consulenti, ci hanno convinto ad assegnare alla società trevigiana un primo e complesso progetto di ristrutturazione dell’intera infrastruttura. Con Eurosystem è nata da subito una stretta collaborazione, una vera e propria partnership, che rispecchia il modo di lavorare di Elite con i propri fornitori, mai dei meri rivenditori ma parte integrante del nostro processo evolutivo”.

L’IMPATTO SUI SISTEMI INTERNI: EUROSYSTEM ALLA GUIDA DELL’EVOLUZIONE INFRASTRUTTURALE DI ELITE

Il rinnovo dell’infrastruttura di Elite realizzato da Eurosystem si è focalizzato sulla progettazione di una nuova struttura di server, a marchio DELL, modulata e completamente ridondata, che offre oggi un sistema di Disaster Recovery sicuro ed efficiente. Anche la politica di gestione dei backup è stata completamente rivista con l’adozione delle soluzioni Veeam, e affiancata da un altrettanto valido sistema di sicurezza perimetrale basato su firewall WatchGuard, anch’essi ridondati. Infine, la protezione della rete è stata completamente ripensata con le soluzioni WatchGuard ed è stato introdotto un monitoraggio capillare e specifico che analizza continuamente l’impegno della banda e la qualità dei servizi. “Grazie al progetto realizzato con Eurosystem – conclude Marco – ora siamo in grado di affrontare tutte le richieste interne di servizi e le consuete operazioni di manutenzione e controllo dell’infrastruttura senza il rischio di dover fermare il lavoro di tutta l’azienda. Questo ci permette di concentrarci sulla nostra pedalata verso l’innovazione, una corsa ancora tutta in divenire. Perché il lavoro per Elite altro non è che una pedalata in bici: solo continuando a spingere forte in salita e a godere della discesa si può andare avanti”. 63


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UNICAR SPA

Storia di un’automazione di successo Rinnovare l’ERP per elevare gli standard aziendali

Unicar Spa è il principale importatore e distributore in Italia di carrelli elevatori del gruppo Yale, il terzo produttore a livello mondiale. Presente in modo capillare su tutto il territorio italiano con una sede centrale a Nibionno (LC) e 3 filiali a Ravenna, Torino, Bologna, l’azienda è specializzata nella vendita, nel noleggio e nell’assistenza di carrelli elevatori Diesel elettrici e warehouse, e si propone attraverso una rete vendita diretta e oltre 20 concessionari ufficiali, oltre a diverse officine autorizzate. Circa 70 persone, di cui una trentina con competenze e ruoli tecnici, con il comune obiettivo di essere il più efficiente distributore di carrelli elevatori a marchio Yale. Con l’introduzione in Italia del marchio Yale la presenza dell’azienda nel settore della movimentazione si è fatta sempre più importante e Unicar ha sentito la necessità di fornire un servizio più efficiente, competente e professionale per rispondere alle richieste di clienti e concessionari. “Per questo nel 2012 – commenta Luca Spreafico, Responsabile Commerciale della società – abbiamo deciso di rivedere la componente tecnologica e introdurre un nuovo sistema informativo che, automatizzando i nostri processi e integrando la gestione delle attività svolte dalle vari sedi, ci permettesse di migliorare gli standard di servizio e di rispondere più velocemente alle richieste del mercato. Nella nostra ricerca abbiamo incontrato Eurosystem e il software gestionale Freeway® Skyline, completamente progettato e sviluppato dal system integrator trevigiano: la soluzione, nella versione specifica per le aziende di vendita, noleggio e assistenza di carrelli, era l’unica a presentare un innovativo portale web, 64

Unicar ha sentito la necessità di fornire un servizio più efficiente, competente e professionale per rispondere alle richieste di clienti e concessionari.


STORIES

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profilato per ruolo utente, per amministrare da un’unica console tutte le operazioni di assemblaggio macchina, vendita, noleggio e assistenza. Per questo l’abbiamo scelta: integrazione e innovazione all’interno di un’unica piattaforma”.

Verso una gestione noleggi integrata Prima di introdurre Freeway® Skyline, tutti i contratti venivano inseriti all’interno del sistema informativo aziendale centrale, mentre le relative attività di fatturazione erano amministrate nelle singole filiali con applicazioni diverse e scollegate dall’ERP. Periodicamente i dati venivano allineati trasferendo manualmente le informazioni relative alle varie filiali nel sistema centrale. Questo costringeva gli utenti ad un duplice inserimento dei dati, generando perdite di tempo ma anche maggiori possibilità di errori, e una mancata corrispondenza e visibilità di informazioni tra loro strettamente collegate. Il tutto per circa un migliaio di contratti all’anno. Oggi, grazie a Freeway® Skyline, la società gestisce con un unico software ERP tutte le operazioni effettuate sia nella sede centrale sia nelle filiali. Questo fa sì che i dati presenti nel gestionale siano sempre aggiornati in tempo reale e che la direzione, in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo, possa verificare l’andamento dell’azienda e di tutte le sue sedi senza attendere l’aggiornamento periodico e manuale che veniva effettuato in passato.

L’allestimento macchine: la valorizzazione automatica del carrello Un’altra delle esigenze di Unicar era riuscire a valorizzare il carrello, tenendo traccia delle componenti utilizzate e del tempo impiegato per l’allestimento che, prima del progetto, era controllato manualmente e attraverso strumenti extra sistema come fogli Microsoft® Excel. Oggi questo processo è stato completamente automatizzato: Unicar importa da Yale le componenti per la realizzazione della macchina che vengono caricate fisicamente e informaticamente nel magazzino; alla firma del contratto cliente, in base alle caratteristiche della richiesta, viene configurato il carrello e inviato un ordine di allestimento all’officina che compone la macchina. Ad allestimento concluso, il sistema registra lo scarico da magazzino delle componenti utilizzate, genera il carrello finale che viene nuovamente caricato a magazzino come prodotto finito. Freeway® Skyline permette di governare in maniera quasi 66

del tutto automatica i passaggi gestendo l’allestimento come un processo di produzione vero e proprio e le componenti del carrello come una distinta materiali. Questo permette di ottenere una corretta valorizzazione del carrello tenendo conto di tutti i pezzi e delle ore utilizzate dai tecnici per la sua composizione.

Una nuova gestione del Service Anche l’introduzione di una gestione automatizzata del Service si è rivelata estremamente utile e innovativa per Unicar: con il nuovo sistema informativo, l’inserimento nell’ERP di un nuovo contratto di manutenzione genera automaticamente la pianificazione degli interventi da effettuare, l’assegnazione di questi interventi ai tecnici, e la fatturazione collegata. Un cambiamento che ha rivoluzionato l’organizzazione interna rendendola più efficiente, precisa e puntuale.

Business Intelligence: per un noleggio sempre sotto controllo Il modulo Freeway® Business Intelligence consente ad Unicar di analizzare in tempo reale tutti i dati presenti nel proprio sistema: senza necessità di richiedere periodicamente un riscontro agli utenti, la direzione ha la possibilità di accedere direttamente sia ai dati di andamento dell’intera azienda che a quelli della singola filiale, il tutto in pochi click. Bilanci mensili, fatturati globali e per filiali, il sistema genera automaticamente statistiche e cruscotti sulla base delle richieste inserite, per una visione più chiara e analitica di quello che succede nella propria azienda.

Automazione di successo “La gestione integrata di tutte le sedi Unicar – commenta Luca Sperafico – e di tutti i moduli riguardanti le varie aree aziendali ha rappresentato un grosso vantaggio per noi. Finalmente abbiamo avuto la possibilità di accedere a dati qualificati e, anche se la sostituzione del sistema informativo ha comportato un trasformazione organizzativa a tratti difficile ed onerosa, ad oggi siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti perché finalmente abbiamo un sistema realmente abilitante che, con pochi sforzi, ci permette di gestire le attività e le analisi dei dati in maniera autonoma e con un grado di precisione molto avanzato. Grazie a questo, riusciamo ad essere più efficienti nelle strategie da adottare, e nei processi da implementare per offrire sempre più qualità e reattività ai nostri clienti”.


SPAZIO A Y @eurosystem.it

CONDIVIDO ERGO SUM Dal P2P alle soluzioni di Enterprise File Sync and Share, passando per i Social Network Attilio Cuccato

redazione@logyn.it

Dalla share-economy alla share-technology Se tu hai una mela e io ho una mela e condividiamo le nostre mele allora tu ed io avremo ancora una mela a testa. Ma se tu hai un’idea e io ho un’idea e condividiamo queste idee; allora ciascuno di noi avrà due idee. (George Bernard Shaw) Condividere, oltre che essere appagante per l’essere umano, crea nuove opportunità e numerose sono le pratiche di share-economy che nel 2015 hanno avuto diffusione, dal car-sharing al byke-sharing fino all’homesharing. Esistono molte piattaforme collaborative di condivisione di beni e servizi alle persone o di turismo e cultura, e non ultimo il fantastico fenomeno del crowdfunding. In internet le reti peer-to-peer sono un esempio arcinoto di condivisione di file. Anche se non più attivo, chi non ricorda il vecchio Napster e gli esempi di “pura” architettura P2P-Filesharing che sono Gnutella e Emule: un classico nel loro genere. Ora tutto è “social” e ancor più “mobile”; si pensi che attualmente gli account attivi sui social network sono oggi 28 milioni, e sempre noi italiani trascorriamo, tra mobile e desktop, 6,7 ore al giorno su internet e 2,5 di queste dedicate all’utilizzo dei canali social. A furor di selfie il photo-sharing, fenomeno in costante aumento. I maggiori player sono: WhatsApp, Facebook, Instagram e Snapchat. Ora, questa fortissima propensione a condividere di tutto e subito da parte delle persone potrebbe diventare un grosso problema in ambito aziendale qualora non ci fossero controllo e gestione. Buon senso, formazione e policy sempre più stanno diventando una prassi consolidata, ma quali sono le tecnologie enterprise che aiutarebbero le aziende e i propri utenti nella condivisione e sincronizzazione dei file (Enterprise File Sync and Share)?

Le soluzioni per le aziende I 150 vendor esistenti testimoniano che il mercato dell’EFSS è cresciuto molto, anche sulla spinta di utenti finali che, utilizzando questi prodotti a scopo personale, hanno aumentato la loro produttività in azienda. Proprio perché più consolidata è l’abitudine di condividere i propri file con colleghi, clienti o partner commerciali, anche esterni all’azienda, la ricerca di soluzioni EFSS da parte dell’IT potrebbe evolvere per esigenze più complesse. Compito dell’IT sarà conciliare queste richieste con le politiche di sicurezza aziendale e capire le tecnologie necessarie tenendo conto dei diversi approcci dei vendor. Fatta un’attenta analisi, le scelte potrebbero essere acquistare soluzioni dedicate o estendere le piattaforme esistenti con ulteriori funzionalità EFSS. Prendendo spunto da una classificazione Gartner, facciamo una sintetica carrellata di queste soluzioni, segnalando i produttori “leader” e “visionari” (estate 2015) del Magic Quadrant. Ne derivano 2 categorie: prodotti stand-alone ed estensioni di piattaforme esistenti. I primi sono soluzioni sync and share molto specializzate e richiedono un nuovo investimento economico; le seconde sono funzionalità aggiuntive di ambienti di collaboration, content management o storage, che potrebbero già essere enbedded ad esso. Dovendone pianificare l’adozione, l’IT deve considerare che gli analisti prevedono che entro il 2018 ogni soluzione di Enterprise Content Management, di Collaboration, di Managed File Transfert, Backup and Recovery, Storage e di Enterprise Mobile Management avrà funzionalità native di tipo EFSS e si ipotizza che meno del 10% delle attuali soluzioni stand-alone saranno ancora sul mercato. Parliamone.

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Cryptolocker: difendersi si può con Libraesva Intervista a Paolo Frizzi, Ceo & Founder di Libraesva Il Cryptolocker è un trojan che rientra nella categoria dei Ransomware (dall’inglese ransom = riscatto). Individuato per la prima volta nel 2013, è una forma particolare di malware che altera i file o le condizioni di un computer, proponendosi poi di ripristinare la situazione antecedente all’attacco dietro pagamento di un riscatto in denaro richiesto al proprietario. È possibile sfuggire a questa insidia? Sì, e Libraesva ci spiega come.

Cryptolocker: il più recente incubo di molte aziende. Come ci si difende da questo malware? Sembrerà banale come risposta, ma il metodo più efficace è ancora quello del buonsenso! Le regole sono molte ed è impossibile elencarle tutte, ma possiamo citarne alcune: •

verifichiamo sempre che l’email sia indirizzata solo a noi e non a liste di contatti - come sta capitando nel caso di quest’ultima ondata di infezioni;

cerchiamo di dare un senso alla forma delle email che riceviamo: un italiano sgrammaticato, una mail con pochi dettagli ed un singolo link indicano spesso che abbiamo di fronte un virus di questo tipo;

anche se a inviarci l’email è un nostro contatto fidato, verifichiamo sempre che sia indirizzata proprio a noi e che non sia un’email partita in automatico dal virus;

se riceviamo abitualmente documenti in PDF o DOC da un mittente e improvvisamente vengono inviati in un formato differente, come ZIP o altro, il consiglio è di non aprire l’allegato senza opportuna verifica;

impostiamo la visualizzazione delle estensioni dei file su windows; un modo che aiuta a togliere il dubbio di poter essere incappati in un allegato malevolo con estensioni non note.

Infine, è importante dotarsi di un antivirus e di un buon gateway di sicurezza per la posta elettronica per intercettare e bloccare questi attacchi. Nel caso di Libraesva, che ha una capacità di bloccarle al 99,99%, i rischi di infezione sono quasi azzerati.

Qual è la soluzione Libraesva per la prevenzione da questa minaccia? Come funziona esattamente il vostro gateway Esva? L’email gateway Esva applica tutte le regole del comune buon senso aiutando in questo modo a prevenire attivamente l’infezione. Il classico approccio a firma si è infatti dimostrato inefficace contro questo tipo di infezioni. Libraesva è consapevole dell’importanza del fattore umano nei complessi processi informatici che danno vita a un buon software di email security. Ancora una volta, appare evidente come siano le piccole valutazioni, i minimi e ponderati indizi, le uniche risorse a disposizione di un anti-spam per risultare efficace. Ed è importantissimo avere alle spalle un team di ricerca che osservi questi fenomeni e possa diramare segnalazioni e notifiche prima che questi messaggi nocivi colpiscano le caselle di posta dei clienti. Le nostre regole sono quindi ottimizzate sul mercato italiano e considerano come importanti campagne ed attacchi che vendor multinazionali non considerano, in quanto limitate in termini numerici su base mondiale e al di sotto di un livello di soglia critico e meritevole di attenzione. I parametri di default di Libraesva bloccano inoltre qualunque file sospetto, anche se compresso come uno ZIP, e analizzano link e shorturl all’interno dei messaggi. Infine, la possibilità di bloccare anche i documenti office con macro attive rendono la protezione con Libraesva davvero efficace.

Quali sono le caratteristiche differenzianti della soluzione Esva e che la rendono vincente rispetto a quelle dei concorrenti? Libra Esva ha alcune peculiarità che la differenziano da tutti gli altri prodotti enterprise disponibili sul mercato. Per citarne alcune: •

la tracciabilità ad ogni livello del flusso di posta: il


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live tracking consente di vedere in tempo reale tutti i messaggi, ricevuti, quarantinati, rifiutati a livello SMTP per reputation, oppure spediti, con il log della transazione a certificazione dell’avvenuta consegna; •

il cluster geografico attivo-attivo con la caratteristica unica di consolidare la quarantena tra i nodi, garantendo così la protezione totale in caso di perdita di un nodo;

un esclusivo sistema di Local RBL, ossia una RBL (Relay Black List) auto generata a bordo del prodotto in base al volume di spam ricevuto dall’appliance;

il modulo SMTP Policy Quota che permette di controllare la spedizione, intercettando invii anomali e prevenendo proattivamente il danneggiamento della reputazione del proprio IP Address a causa di un virus o di un abuso della connessione;

non da ultima, un’eccezionale capacità di bloccare lo spam (99.99% di Spam Catch rate, riconosciuto ancora una volta dai test di Gen 2016 di Virus Bulletin), senza commettere falsi positivi.

Volendo rendere il tutto in una frase, abbiamo realizzato un Enterprise Email Security Gateway scevro delle complessità tipiche di un prodotto enterprise.

Qual è l’innovazione tecnologica alla base di questa soluzione? La vera innovazione tecnologica di Libraesva non sta, come si potrebbe pensare, nell’aver sviluppato un nuovo ed innovativo algoritmo per il blocco dello spam, bensì nel metodo con cui sono state integrate tecnologie esistenti, utilizzate da molteplici altri prodotti in commercio, unitamente a diversi engine e plugin proprietari. La loro unione rende la soluzione capace di posizionarsi ai vertici del settore nel panorama dell’email security mondiale. Alcune strategiche partnership OEM - con Avira e Bitdefender - ci hanno permesso di coprire a 360° uno scenario davvero complesso. Vorrei inoltre citare il delivery della soluzione come Virtual Appliance o nel Cloud che ha permesso lo sviluppo di un wizard di configurazione immediato, che richiede non più di 15 minuti! Infine ci sono gli EsvaLabs, nostro fiore all’occhiello, che forniscono un’infrastruttura collaborativa a tutte le singole installazioni; ogni macchina può interagire con gli EsvaLabs, segnalando errate classificazioni e nuove minacce, e ricevere dagli stessi EsvaLabs aggiornamenti con cadenza oraria. Ecco quindi come da una sola segnalazione giunta da una singola installazione ne possono beneficiare tutte le altre istanze attive, rendendo questo sistema molto efficace e reattivo alle nuove minacce.

A proposito di Libraesva Libraesva è la società leader nella fornitura di soluzioni avanzate di email security. Nata come spin-off dalla struttura di sviluppo software di Libra, Libraesva si pone oggi come uno dei più importanti brand nel mondo della security, con una vastissima base installata. La soluzione email content gateway ESVA – Email Security Virtual Appliance, sviluppata a partire dal 2005, è stata riconosciuta dal prestigioso Virus Bulletin come uno dei migliori ed efficaci sistemi di protezione e analisi dei contenuti della posta elettronica. Libraesva è nella TOP100 della classifica 2016 di Red Herring.

Per maggiori informazioni:

www.libraesva.com


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STILE LIBERO Lavoro

La rottamazione dei contratti a progetto Con il “Jobs Act” si può ancora parlare di collaborazioni? STUDIO LIZIER, BOTTARI E ASSOCIATI

a.basso@studiprofessionali.org

Fra le novità facenti capo al cosiddetto “Jobs Act” meritano indubbiamente una breve disamina le modifiche introdotte in tema di collaborazioni coordinate e continuative dal D.lgs. 81/2015. L’annunciata volontà di “rottamare” le varie forme di co.co.co e co.co.pro. ha prodotto in verità un parziale ritorno al passato, riportando le collaborazioni a come le conoscevamo prima del 2003, anno di entrata in vigore della disciplina sul lavoro a progetto.

su questo (circolare n° 3/2016) chiarendo che va applicata la disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni per le quali risultano avverate, congiuntamente, le seguenti condizioni svolte personalmente dal titolare del rapporto di collaborazione, senza l’ausilio di altri soggetti; che si ripetono in un determinato arco temporale al fine di conseguire una reale utilità; etero-organizzate da parte del committente, in altri termini “ogniqualvolta il collaboratore operi all’interno di una organizzazione datoriale rispetto alla quale sia tenuto ad osservare determinati orari di lavoro e sia tenuto a prestare la propria attività presso luoghi individuati dallo stesso committente”.

Stop ai contratti a progetto Dal 25 giugno 2015 non è più possibile stipulare nuovi contratti di collaborazione nella forma a progetto, ma resta intatta la possibilità di utilizzare le vecchie co.co.co.. La reale volontà del legislatore si coglie però all’art. 2 del Decreto citato sopra ove si dispone che, a partire dal 1° gennaio 2016, debba applicarsi la disciplina del lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro: personali, continuative, le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed ai luoghi di lavoro. Il Ministero del Lavoro ha fornito la propria interpretazione

Lavoratori autonomi, disciplina del lavoro subordinato Appare evidente come il punto focale sia il terzo, pertanto, dal 1° gennaio 2016, il personale ispettivo nei casi in cui l’attività del collaboratore venga svolta nei locali aziendali ed in orari prestabiliti, potrà applicare la disciplina del lavoro subordinato al rapporto. La sostanziale differenza rispetto al passato è che una simile impostazione semplifica l’attività dell’organo ispettivo, potendoci essere dei lavoratori che rimarranno formalmente autonomi ma essendo etero-organizzati (non etero-diretti

in quanto il collaboratore non ha lo stesso obbligo di obbedienza tipico di un lavoratore subordinato) gli si applicherà la disciplina del lavoro subordinato.

Dalla collaborazione al tempo indeterminato Se questa è l’impostazione generale, bisogna però accennare alla possibilità, prevista dall’art. 54 del Decreto citato, per cui i datori di lavoro privati, dal 1° gennaio 2016, possono sanare pregressi rapporti di collaborazione e di lavoro autonomo ritenuti “non genuini”, assumendo i soggetti parti di tali rapporti con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Tale sanatoria tombale è efficace se: viene sottoscritto un verbale di conciliazione in sede protetta con rinuncia ad ogni pretesa relativa al pregresso rapporto; il datore di lavoro non recede dal rapporto nei 12 mesi successivi, salvo che per giusta causa o giustificato motivo soggettivo. I possibili scenari? Le collaborazioni svolte in luoghi ed in orari predefiniti potranno essere più facilmente ricondotte nell’alveo del lavoro subordinato, mentre quelle svincolate da tali condizionamenti, se genuine, continueranno ad essere lecite senza aver più nemmeno l’onere della stesura di un progetto specifico. 71


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Gli studi professionali nella trasformazione digitale L’ICT cambia le professioni intellettuali 2.0 RUGGERO PAOLO ORTICA - ENRICO FANTUZZI

Con l’imperversare della tecnologia informatica, per poter svolgere determinati servizi obbligatori, si è reso necessario anche per le professioni intellettuali l’aggiornamento tecnologico e la trasformazione digitale degli studi professionali. Digitalizzazione: commercialisti tra i primi a cambiare La necessità di adeguarsi ad un contesto esterno in perenne e rapido cambiamento e teso alla digitalizzazione di massa dei flussi informativi e dei processi di lavoro, è divenuta essenziale anche per le professioni intellettuali, in cui il professionista attraverso le sue conoscenze e capacità personali è in grado di soddisfare le esigenze dei propri clienti. Tra queste professioni, quella del Dottore Commercialista è sicuramente una di quelle che negli ultimi decenni ha dovuto fare i passi più lunghi. Questi professionisti infatti, per adattarsi ad esigenze spesso imposte dall’amministrazione finanziaria e conseguenti all’aumento dei controlli e degli obblighi posti a carico dei contribuenti, persone fisiche, enti o società, si sono trovati a dover gestire flussi immani di dati 72

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che solo attraverso la digitalizzazione dei processi di invio e controllo degli stessi sono stati in grado di governare.

Come cambiano le collaborazioni I commercialisti hanno, infatti, dovuto dotarsi di strumenti e conoscenze digitali prima non necessari, al fine di poter comunicare con l’amministrazione finanziaria ed adempiere così agli obblighi informativi gravanti sui propri clienti. L’avvento della trasformazione digitale non ha tuttavia inciso solo sui rapporti tra il professionista e gli enti pubblici: anche il rapporto commercialista-cliente è di fatto molto cambiato per effetto dell’ICT. La collaborazione “di persona”, che caratterizza ancor oggi il valore fiduciario che il cliente ripone nel professionista, si sta pian piano modificando, lasciando spazio a nuove forme di interazione tra il professionista ed i sui clienti. Lo sviluppo delle Information and Comunication Technologies come cellulari, programmi di comunicazione in tempo reale e più semplicemente le e-mail, consente

oggi di ridurre la distanza tra i soggetti e di ottimizzare il tempo a loro disposizione. Il modello di consulenza professionale di oggi, per effetto della digitalizzazione, è di fatto molto cambiato; se prima la necessità di interfacciarsi di persona con il cliente era d’obbligo, oggi la consulenza avviene molto spesso attraverso un richiesta per mail del cliente a cui segue una dettagliata analisi del professionista.

Il fisco digitale è un fattore positivo La categoria dei commercialisti in un recente sondaggio “Come cambia la professione” della Fondazione Nazionale Commercialisti, evidenzia che, se per una minima parte della categoria la digitalizzazione è motivo di preoccupazione in quanto porterebbe ad una “svalutazione” delle attività di base, per la gran parte dei professionisti invece la rivoluzione digitale del fisco e della contabilità è un fattore positivo. Infatti, la trasformazione digitale che sta investendo la professione è percepita dai più come un’opportunità per il professionista, che in questo modo può avere


STILE LIBERO Fisco

accesso con maggiore semplicità ad un’infinità di dati, come ad esempio l’interazione in tempo reale, attraverso la connessione in remoto, con il software dei propri clienti.

Premiati gli studi “più digitalizzati” Un altro studio, questa volta promosso dal Politecnico di Milano, ha voluto lanciare un “contest” per verificare il livello di digitalizzazione degli studi professionali italiani. Ne è uscita una competizione volta a premiare gli studi che hanno saputo sfruttare al meglio la tecnologia per migliorare i propri processi interni di lavoro, riducendo i costi ed aumentando l’efficienza, migliorare il livello di interazione con i clienti, ed allargare il proprio business verso nuovi mercati. Nell’edizione dello scorso anno sono stati premiati due studi che in maniera differente hanno saputo sfruttare

la trasformazione tecnologica della professione. Il primo ha infatti sfruttato gli strumenti 2.0 (portali, blog, testate on line, ecc.) mettendoli gratuitamente a diposizione del pubblico per ampliare il proprio bacino d’utenza, slegandosi da una clientela prettamente territoriale e rivolgendosi invece al territorio nazionale. Il secondo studio si è invece distinto per essere riuscito a sfruttare le nuove tecnologie per efficientare i propri flussi di lavoro, attraverso la digitalizzazione totale della documentazione dello studio e l’utilizzo di programmi in grado di guidare i processi di lavoro e misurarne i tempi d’esecuzione.

ad un ventaglio di opportunità nuove e dinamiche. La sfida per il professionista moderno è e sarà proprio quella di saper volgere a suo favore la trasformazione digitale in corso e trarre beneficio da essa. Ed in questo contesto dinamico la lean production già adottata dalle migliori imprese dev’essere assolutamente applicata anche agli studi professionali, perché una produzione snella anche di tali servizi, consente al professionista di dare il feedback al cliente nei tempi stretti richiesti e quindi il risultato è ottimale per le due parti in gioco, professionista e cliente.

Trasformazione digitale, un’opportunità da cogliere Il panorama che emerge da quanto detto finora mostra uno scorcio temporale di una professione in continuo cambiamento, che apre 73


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PCT - Processo Civile Telematico La partenza “in sordina” del processo telematico ANDREA MANUEL

Recentemente il presidente del Consiglio ha fatto un bilancio del progetto a un anno dal suo avvio comunicando che “uno dei primi atti del Governo sul tema giustizia è stato introdurre il processo civile telematico. Dopo più di un anno guardiamo con grande soddisfazione i dati che si stanno consolidando”. Il presidente afferma “Lo avevamo promesso, lo stiamo facendo grazie al lavoro quotidiano di Andrea Orlando, vogliamo liberare i Tribunali dalle scartoffie e dalla burocrazia, con maggiore efficienza, trasparenza, riducendo drasticamente i costi per la collettività e anche i tempi della Giustizia”. Quindi tutto bene: il processo civile telematico funziona con grande soddisfazione. Magari fosse così.

L’inadeguatezza delle infrastrutture Come spesso accade, la realtà, è ben diversa dagli annunci trionfalistici. Purtroppo gli operatori del diritto sono spesso disorientati di fronte 74

alle norme introdotte per il PCT e si devono - giornalmente - confrontare con server inadeguati, connessioni obsolete, pochi p.c., continue interruzioni del servizio. Insomma: il processo civile telematico non funziona come dovrebbe. Spesso l’accesso al servizio, per depositare o leggere gli atti, è poco fruibile, quando non si interrompe del tutto per un problema di rete o di server. Persino il Tribunale di Milano, fiore all’occhiello del PCT in Italia perché suo pioniere, ha dovuto alzare bandiera bianca ufficialmente il 12.01.2015. Per quel giorno il presidente ha autorizzato il deposito di atti cartacei in deroga all’obbligo di usare solo il digitale. Ciò ha dovuto fare avendo riscontrato che vi era un problema di funzionamento del sistema informatico e delle numerose istanze di autorizzazione al deposito analogico prestate lo stesso giorno dagli Avvocati. A ordinanze simili sono arrivati i Tribunali di Torino e di Ivrea: senza parlare del Tribunale di Roma laddove - nel più grande ufficio giudiziario - il sistema è andato in tilt a luglio scorso.

Tribunali, mancano i pc per tutti i giudici Vi è stata un’indagine al C.S.M. che ha riferito che il 40% degli uffici giudiziari non dispone di computer efficienti e che le connessioni solo nei 42% dei casi sono idonee a sostenere il flusso documentale. Circa la metà dei tribunali si lamenta della tempistiche dell’assistenza tecnica (quindi se c’è un guasto, per giorni, il computer del giudice o persino il server non funziona e si blocca tutto). Non c’è un computer per tutti i giudici, che quindi sono costretti a condividerli per leggere un atto! A luglio il presidente del distretto della Corte d’Appello di Milano,


STILE LIBERO Parola all’avvocato Gianni Canzio, ha spedito al Ministero della Giustizia una lettera chiedendo il perché del ritardo nel realizzare infrastrutture adeguate al PCT. Va ricordato che il processo civile telematico è previsto da un decreto del presidente della Repubblica che risale addirittura al 2001, ha preso davvero piede sul territorio nazionale soltanto negli ultimi anni, peraltro in maniera non uniforme e non priva di complicazioni. Insomma, il PCT è, secondo alcuni, un mezzo fallimento, o al meglio, una inutile complicazione.

La necessità di investire di più Come sempre, pur tuttavia, la realtà appare molto più sfumata e meno manichea.

Ci sono parecchi vantaggi, come poter depositare gli atti e conoscere l’andamento del processo senza doversi recare in tribunale, inviare le notifiche con pec anzichè a mano, e ricevere le ordinanze in maniera integrale, non parziale come accadeva prima.

Nel 2015 si prevedono 50 milioni di euro in più: ma gli investimenti da fare sono grossi, per predisporre nuove sale server, più potenti e magari dotate di sistema back up, disaster ricovery e business continuity.

Rimangono, però, problemi di non poco conto.

Il legislatore e i tribunali non sono allineati

I problemi sono squisitamente tecnici e, come sempre, sono dovuti alle scarse risorse che sono state destinate per la soluzione dei problemi.

È evidente che il problema è a monte: in tante cose del PCT il Legislatore si è messo a correre senza preoccuparsi che la tecnologia e l’organizzazione dei tribunali fossero pronti.

Basti ricordare che il budget informatico della Giustizia ammonta a 79,5 milioni di euro nel 2014 contro il 92 milioni del 2012 e 124 del 2011.

Quindi, al di là dei toni trionfalistici, il problema, nella fase di “transizione” è sentito soprattutto dagli operatori di diritto che si trovano, costretti, ad utilizzare un mezzo che spesso e volentieri non funziona adeguatamente e a dover far fronte, con proprie risorse, alle carenze che si sono manifestate. Se poi si tiene conto che il processo civile è regolato da termini e scadenze spesso improrogabili o perentori, meglio si può comprendere la difficoltà di gestire un processo civile utilizzando strumenti inefficienti. Resta l’augurio che tutto ciò sia dovuto alla fase di “avvio” e che si possa, nel futuro, disporre degli strumenti necessari per poter far funzionare il processo civile telematico. Esigenza che, in questo momento, è particolarmente sentita non solo (e non tanto) dagli operatori del diritto ma soprattutto da tutti i cittadini di un paese normale!

Studio Legale Nordio Manuel

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Protezione dei dati personali Il nuovo regolamento europeo in materia UNIS&F

Tel. 0422 916465

privacy@unindustriatv.it

La corretta impostazione delle politiche di trattamento dei dati personali ad opera delle aziende necessita anche della redazione di specifici atti, necessari sia per adempiere agli obblighi previsti dal Codice della Privacy, sia per effettuare trattamenti leciti e conformi alle prescrizioni. Un regolamento che valuta il rischio effettivo Il 15 dicembre 2015 la Commissione Europea, il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo sul Regolamento sulla protezione dei dati personali. La filosofia generale del regolamento è quella di un approccio basato sull’effettivo rischio nelle singole aziende, senza più obblighi uguali per tutti e in particolare, tra i principi di maggiore rilevanza, meritano un approfondimento quelli su consenso, accountability, privacy officer, diritto all’oblio, privacy by design, sanzioni.

Consenso Rimane “inequivocabile” il modo in cui il consenso deve essere fornito dall’interessato per qualsiasi 76

trattamento di dati personali, con la precisazione però che ciò richiede una “chiara azione affermativa” e che il consenso deve essere “esplicito” per i dati sensibili.

Accountability In virtù di tale principio il regolamento dispone che il responsabile del trattamento adotti politiche e attui misure adeguate per garantire ed essere in grado di dimostrare che il trattamento dei dati personali effettuato è conforme allo stesso Regolamento.

Privacy Officer La figura del “responsabile della protezione dei dati”, (data protection officer) è stata prevista in casi strettamente limitati. Lo stesso, però, rimane, una nuova figura professionale, seppur facoltativa, con rilevanti compiti decisionali e responsabilità in materia di privacy, anche se non sono ancora completamente chiari i rapporti con il responsabile del trattamento.

Diritto all’oblio L’interessato ha il diritto di chiedere

che siano cancellati, e non più sottoposti a trattamento, i propri dati personali che non siano più necessari per le finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati, quando abbia ritirato il consenso o si sia opposto al trattamento dei dati personali che lo riguardano o quando il trattamento dei suoi dati personali non sia altrimenti conforme al Regolamento.

Privacy by design Richiede che la tutela dei diritti e delle libertà degli interessati con riguardo al trattamento dei dati personali comporti l’attuazione di adeguate misure tecniche e organizzative al momento sia della progettazione che dell’esecuzione del trattamento stesso, onde garantire il rispetto delle disposizioni del Regolamento. In particolare, se


STILE LIBERO Privacy all’interessato è lasciata facoltà di scelta relativamente al trattamento dei dati personali, il responsabile del trattamento garantisce che siano trattati, di default, solo i dati personali necessari per ciascuna finalità specifica del trattamento e che, in particolare, la quantità dei dati raccolti e la durata della loro conservazione non vadano oltre il minimo necessario per le finalità perseguite.

Sanzioni Sono previste diverse categorie di misure sanzionatorie, ma i livelli massimi sono stati fissati al 4% del fatturato globale.

Una normativa al passo coi tempi Il nuovo Regolamento europeo sulla protezione dei dati dovrà essere adottato dalle aziende entro la fine del 2017 e introdurrà un’unica legislazione in tutte e 28 le nazioni dell’UE. UNIS&F, che nel corso del tempo ha seguito e affiancato numerose imprese in materia di privacy, seguirà dal proprio osservatorio privilegiato l’evoluzione e l’attuazione della norma. L’accordo raggiunto consentirà, infatti, alle imprese europee di operare in un quadro armonizzato con riferimento ai temi privacy e permetterà di adeguare la vigente normativa, risalente al 1995, allo sviluppo tecnologico e ai servizi della società dell’informazione. Le nuove norme, inoltre, si applicheranno in egual maniera a tutte le imprese che trattano dati dei cittadini europei, assicurando un level-playing-field tra imprese UE ed extra-UE.

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Reati informatici: legislazione e prevenzione I danni legati ai reati informatici e come difendersi GIULIA TEBALDI

giulia.tebaldi@gmail.com

Le realtà imprenditoriali vengono con crescente ricorrenza interessate da attacchi informatici provenienti sia dall’esterno, tipico hacking, sia dall’interno dell’azienda, attraverso condotte illecite perpetrate dagli stessi soci e dipendenti. Un adeguato investimento in web security ed in consulenza legale ed informatica può preservare l’azienda da molteplici profili di danno, curando l’adozione di modelli organizzativi e gestionali idonei. I danni da attacchi informatici Il danno derivante da inside and outside attacks può essere composto da un danno patrimoniale, inteso quale danno emergente e lucro cessante, e da un danno all’immagine aziendale. Si rileva inoltre un danno sanzionatorio a norma del D.lgs 231/2001 e della L. 18/03/2008 n. 48: l’impresa, in quanto persona giuridica, risponde degli illeciti informatici, qualora sia ravvisabile un suo interesse o vantaggio, commessi sia da soggetti in posizione apicale che da sottoposti. Alle sanzioni amministrative pecuniarie si devono 78

aggiungere le sanzioni interdittive che prevedono, tra le altre, il divieto di esercizio dell’attività aziendale per determinati periodi di tempo.

captazione o intercettazione illecita di comunicazioni, realizzano condotte di concorrenza sleale ai danni dell’azienda.

Outside attacks

Tipologie di reati informatici

Gli attacchi provenienti dall’esterno che si registrano più spesso riguardano frodi perpetrate mediante accessi abusivi ai sistemi informatici ed in particolare grazie alla posta elettronica aziendale. Una tecnica molto usata è il phishing, con cui l’hacker carpisce dati e percepisce pagamenti fingendosi un interlocutore commerciale qualificato dell’impresa. In altri casi vengono utilizzati programmi chiamati keylogger che accedono a tutte le informazioni conservate nei server e nei pc utlizzati in azienda, le sottraggono oppure le rendono inservibili e inaccessibili.

Il Codice Penale appresta una tutela anzitutto improntata sulla repressione delle intrusioni quale violazione del domicilio informatico virtuale, mediante i seguenti articoli: accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, art. 615 ter c.p.; detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici, art. 615 quater c.p.; diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico, art. 615 quinquies.

Inside attacks Le minacce interne invece riguardano fatti di soci e dipendenti che, utilizzando impropriamente i sistemi informatici, acquisiscono documenti, dati aziendali, disegni tecnici, formule, brevetti, ovvero, mediante l’utilizzo di sistemi di

Il Legislatore persegue poi nell’ambito dei delitti contro l’inviolabilità dei segreti, concernenti corrispondenza e comunicazioni informatiche o telematiche: la violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza, art. 616 c.p., che contempla ai sensi dell’ultimo comma, anche le comunicazioni informatiche o telematiche; le intercettazioni o le interruzioni di comunicazioni informatiche o telematiche e


STILE LIBERO Azienda sicura

l’installazione di apparecchiature atte a realizzare dette intercettazioni ed interruzioni, grazie agli articoli 617 quater c.p. e 617 quinquies c.p.; la falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche all’art. 617 sexies. Tra i reati contro il patrimonio infine sono previsti i seguenti: danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici, art. 635 ter c.p., con ipotesi aggravate ai successivi artt. 635 quater e quinquies c.p.; frode informatica artt. 640 ter e quinquies c.p.. Altri delitti che riguardano l’esercizio dell’impresa e che possono essere collegati teleologicamente ai crimini informatici sono: turbata libertà dell’industria e del commercio, art. 513 c.p.; rivelazione del contenuto di documenti segreti, art. 621 c.p. e rivelazione di segreti scientifici e industriali, art. 623 c.p..

Le sanzioni Nella prassi gli attacchi più ricorrenti interni ed esterni, sopra brevemente descritti, ricadono principalmente nelle seguenti fattispecie: accesso abusivo a sistema informatico, frode informatica e rivelazione di segreti scientifici ed industriali. In estrema sintesi l’art. 615 ter c.p. persegue chi si introduce ed utilizza il

sistema invito domino, ovvero senza l’autorizzazione espressa o tacita di chi detiene il domicilio virtuale e/o per finalità non consentite. L’art. 640 ter c.p. sanziona invece l’intervento e l’alterazione illeciti di dati e programmi informatici a cui consegua la realizzazione di un ingiusto profitto. Da ultimo l’art. 623 c.p. reprime le condotte volte e rivelare informazioni indisponibili alla generalità dei terzi e rilevanti economicamente per l’imprensa, da intendersi anche quale, nella più ampia accezione, know how aziendale.

Come prevenire tutto questo? Accade sovente che gli imprenditori si trovino soli a fronteggiare queste difficili situazioni. Si recano presso la Polizia Postale o la Polizia Giudiziaria, depositano una denuncia querela contro ignoti, per la quale, trascorsi 6 mesi, in assenza di riscontri, viene chiesta l’archiviazione ex art. 415 c.p.p.. Purtroppo alcuni di questi atti nemmeno vengono rubricati, in quanto contro ignoti, e mai pervengono alla Procura competente in materia di reati informatici. Attualmente difettano risorse presso molte sedi della Procura della Repubblica che consentano l’effettuazione di complesse investigazioni che richiedono competenze specifiche e sofisticate

attrezzature. Per tale ragione è di fondamentale importanza agire in prevenzione e, qualora si verifichi il danno, fare tempestivamente monitorare il sistema informatico aziendale per reperire le cause ed evidenziare le criticità del sistema stesso onde evitare la reiteazione dell’attacco e della fuga di dati. Per agevolare la Procura fornendo materiale attendibile ed immediatamente spendibile per la prosecuzione indagini, oltre che valido ai fini processuali, si segnala la possibilità di effettuare investigazioni a mezzo del difensore e del consulente tecnico all’uopo nominato ai sensi degli artt. 391 bis e ss. c.p.p.. Attraverso un’analisi condotta professionalmente dei supporti hardware e software presenti in azienda, la verbalizzazione delle attività svolte dal consulente nelle forme dell’accertamento tecnico difensivo, accompagnata se del caso all’assunzione di sommarie informazioni da parte di persone a conoscenza dei fatti, si può attivamente coadiuvare la Magistratura Inquirente e Giudicante affinchè si pervenga, in tempi brevi all’identificazione dell’indagato, all’imputazione, alla formazione della prova e, ove ne ricorrano i presupposti di legge, alla condanna del colpevole.

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L’uso del videoterminale (VDT) sul lavoro Rischi connessi, consigli pratici e di buon senso ALBERTO BRUNO

dott.albertobruno@gmail.com

Negli ultimi 30-40 anni si è assistito ad un progressivo e costante incremento nell’utilizzo dei videoterminali, anche e soprattutto nei luoghi di lavoro. La mansione del videoterminalista era regolata dall’articolo 54 del D Lgs 626/94, oggi sostituito dall’articolo 175 del D Lgs 81/2008; sostanzialmente il datore di lavoro ha l’obbligo da una parte di allestire postazioni di lavoro che abbiano delle minime caratteristiche dal punto di vista microclimatico, ergonomico ed illuminotecnico, dall’altra di sottoporre i videoterminalisti (ovvero coloro che utilizzano il videoterminale almeno 20

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ore a settimana) a sorveglianza sanitaria secondo la periodicità indicata dal Medico Competente incaricato. I problemi visivi I problemi di natura visiva connessi all’uso del VDT sono costituiti dall’astenopia, ovvero da quel corredo di sintomi come ad esempio secchezza oculare, sensazione di corpo estraneo all’occhio, arrossamento oculare, in sostanza la cosiddetta stanchezza visiva. Questo corredo di sintomi è assolutamente reversibile e non implicato nella comparsa e peggioramento di eventuali difetti visivi. L’imperativo è imparare a gestire questi sintomi in


STILE LIBERO Medicina e lavoro modo da evitare che la stanchezza visiva connessa all’utilizzo lavorativo del VDT non diventi insostenibile.

Rimedi e precauzioni Innanzitutto rimangono irrinunciabili i normali controlli oculistici che chiunque deve fare almeno una volta ogni due anni; inoltre è fondamentale che il lavoratore rispetti l’obbligo, ogni 120 minuti di utilizzo continuativo del VDT, di sospendere l’attività al VDT per almeno 15 minuti, il che, ricordiamolo, non significa prendersi una pausa lavorativa ma sostanzialmente riposare la vista. Infine è importante che i dipendenti vengano visitati regolarmente dal Medico Competente che verificherà globalmente la funzione visiva ed eventualmente potrà indicare nel giudizio di idoneità la necessità di aumentare la frequenza delle pause al VDT oppure, ad esempio, di alternare più frequentemente la posizione in piedi a quella seduta.

Il reale problema nell’utilizzo dei VDT In realtà negli anni si è assistito ad un progressivo e consistente

miglioramento della qualità degli schermi in uso, tanto che in realtà il “vero” problema nell’utilizzo continuativo del VDT sono i disturbi muscolo-osteo-tendinei. Questi sono molto frequentemente collegati ad una cattiva gestione della propria postazione di lavoro, ad esempio non regolando correttamente la seduta in accordo alle proprie caratteristiche antropometriche, oppure non rispettando le raccomandazioni che regolarmente vengono impartite in sede di formazione (obbligatoria per legge) come ad esempio tenere documenti cartacei tra il proprio corpo e la tastiera e lo schermo, che inevitabilmente obbliga a mantenere in costante flessione il rachide lombare per leggere le informazioni sul VDT. È importante ricordare che eventuali malfunzionamenti dei meccanismi di regolazione della seduta vanno segnalati a chi di dovere. Un minimo di attenzione a questi suggerimenti può fare una grande differenza in termini di benessere lavorativo e di conseguenza in termini di giornate lavorative perse, anche in considerazione del progressivo ed inevitabile invecchiamento della popolazione lavorativa, con beneficio di tutte le parti in causa.

Vale anche la pena ricordare che il “low back pain” è la prima causa di assenza dal lavoro in tutto il mondo, quindi un argomento studiato diffusamente, con la conseguenza di avere molte interpretazioni del fenomeno; una cosa su cui però sono tutti d’accordo è la necessità di praticare una moderata attività fisica in scarico del rachide lombare in modo da migliorare globalmente la performance del tratto lombare e di conseguenza ridurre la frequenza e l’intensità dei sintomi che accompagnano questi disturbi.

Conclusioni In conclusione una corretta gestione nella progettazione degli uffici unita ad un’equilibrata conduzione della propria postazione di lavoro da parte del videoterminalista rendono quantomai attuali le parole del prof. Saia (Ordinario di Medicina del Lavoro presso l’Università degli Studi di Padova), il quale era solito ripetere: “Gli unici videoterminali che fanno male sono quelli che cascano sui piedi!”.

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KAIZEN, il cambiamento continuo fa bene all’azienda Come una filosofia orientale può migliorare il lavoro LUCIANO CAMPAGNARO

casaincino.weebly.com

Gestire un’azienda è una cosa tutt’altro che facile e si basa su due componenti principali: il mantenimento di ciò che si è raggiunto nel tempo e il miglioramento di quello che ancora non funziona come dovrebbe. Parlando di mantenimento, il management dovrà stabilire tutte le politiche, le direttive e le procedure necessarie per essere in grado di ripetere anche in futuro le performance raggiunte, spesso con tanta fatica. Una volta stabilite, compito della Direzione sarà quello di farsi garante del fatto che tutti all’interno dell’azienda le rispettino. Parlando invece di miglioramento, possiamo riconoscerne due modi completamente diversi: l’innovazione (rapida e radicale) ed il Kaizen (lento, costante ma inarrestabile).

Alle origini della metodologia Kaizen Il Kaizen è una strategia di management giapponese che significa “cambiare in meglio” o “miglioramento lento e continuo”: un credo che si basa sulla convinzione che tutti gli aspetti della vita possano essere costantemente migliorati. 82

Deriva dalle parole giapponesi “kai”, che significa “continuo” o “cambiamento”, e “zen”, che significa “miglioramento”, “meglio”. Questo metodo incoraggia e caldeggia piccoli miglioramenti da farsi giorno dopo giorno, in maniera continua. Il Kaizen si basa sul principio che l’energia viene dal basso, ovvero sulla comprensione che il risultato in un’impresa non viene raggiunto dal management, ma dal lavoro diretto sul prodotto. L’aspetto più importante del Kaizen è proprio il processo di miglioramento continuo che c’è alla base: un metodo soft e graduale che si oppone alle abitudini occidentali di eliminare ogni cosa che sembra non funzionare bene per rifarla da capo. In Giappone, questo strumento si applica a tutti gli aspetti della vita, non solo al posto di lavoro. Kaizen è la parola che fu originariamente utilizzata per descrivere l’elemento chiave del Sistema di Produzione Toyota, col significato di “fare le cose nel modo in cui andrebbero fatte”. Nell’utilizzo pratico, il Kaizen descrive un ambiente in cui l’azienda e gli individui che vi lavorano si impegnano in maniera proattiva per migliorare i processi. La base del miglioramento è quella di

incoraggiare le persone ad apportare ogni giorno piccoli cambiamenti nella loro area di lavoro. L’effetto complessivo di tutti questi piccoli cambiamenti, nel tempo, diventa significativo. Uno dei concetti basilari del Kaizen è quello che “se non c’è azione non c’è successo”. L’obiettivo non è la risoluzione totale di tutti i problemi nello stesso momento. Il processo non deve essere subito perfetto. Il Kaizen è un’attività che va portata avanti giorno dopo giorno e che va al di là del semplice aumento


STILE LIBERO Benessere sul lavoro l’esempio per prima, il Kaizen non potrà mai decollare. I manager dovranno anche assicurare che i suggerimenti adottati, se pertinenti, vengano implementati al più presto. In alcuni casi, un’azione suggerita la mattina può essere addirittura adottata nel pomeriggio. Fondamentale anche tenere le persone aggiornate sull’iter che stanno avendo i loro suggerimenti: le buone intenzioni non devono essere inghiottite dal solito “buco nero” di dimenticanze e ritardi.

Una storia zen per spiegare la metodologia della produttività. È un processo che, quando viene portato avanti in maniera corretta, umanizza il posto di lavoro, elimina la maggior parte del lavoro duro (sia mentale che fisico), insegna alle persone come fare sperimentazione sul proprio lavoro utilizzando il metodo scientifico e come imparare a localizzare ed eliminare gli sprechi all’interno dei processi che conducono.

Il Kaizen in azienda Per la maggior parte delle aziende occidentali, adottare il Kaizen significa cambiare completamente la propria cultura. Questa è la chiave del successo. L’atteggiamento delle persone, dal Top management fino ai nuovi assunti, deve cambiare. Un ulteriore grosso ostacolo è quello che in molte aziende i problemi sono visti come qualcosa di negativo. Il Kaizen li identifica, perché vengano comunicati a tutti e risolti. Il ruolo del management nel Kaizen è quello di coinvolgere e incoraggiare tutti ad apportare piccoli miglioramenti quotidiani al modo di lavorare. Se la Direzione non è pronta a dare

Per concludere, una storiella zen utile per capire cosa è il Kaizen e per le vostre sedute di meditazione prima di iniziare una riunione. Un professore della Facoltà di Psicologia fa il suo ingresso in aula. Prima che inizi la lezione c’è un gran vociare tra gli studenti. Il professore tiene in mano un bicchiere d’acqua: cammina tra i banchi, in silenzio. Gli studenti si scambiano sguardi divertiti, ma non sono sorpresi. Il professore si ferma, e domanda ai suoi studenti: “Secondo voi quanto pesa questo bicchiere d’acqua?

paralizzato!“ “In ognuno di questi tre casi il peso del bicchiere non è cambiato! Eppure, più il tempo passa, più il bicchiere sembra diventare pesante… Lo stress e le preoccupazioni sono come questo bicchiere d’acqua. Piccole o grandi che siano, ciò che conta è quanto tempo dedichiamo loro. Se dedichiamo ad esse il tempo minimo indispensabile, la nostra mente non ne risente. Se iniziamo a pensarci più volte durante la giornata, la nostra mente inizia ad essere stanca e nervosa. Se pensiamo continuamente alle nostre preoccupazioni, la nostra mente si paralizza! “Per ritrovare la serenità, dovete imparare a lasciare andare lo stress e le preoccupazioni. Dovete imparare a dedicare loro il minor tempo possibile, focalizzando la vostra attenzione su ciò che volete, e non su ciò che non volete! Dovete imparare a mettere giù il bicchiere d’acqua!”. Questo è il Kaizen! Luciano Campagnaro, Psicologo Zen

”Spiazzati, rispondono ipotizzando un peso compreso tra i 200 e i 300 grammi. “Il peso assoluto del bicchiere d’acqua è irrilevante”, risponde il professore. “Ciò che conta davvero, è per quanto tempo lo tenete sollevato!” Felice di aver catturato l’attenzione dei suoi studenti, il professore continua: “Sollevatelo per un minuto, e non avrete problemi! Sollevatelo per un’ora, e vi ritroverete un braccio dolorante… Sollevatelo per un’intera giornata, e vi ritroverete un braccio 83


DALLA MAIL ALLA STRETTA DI MANO

Per il quinto anno torna la grande vetrina delle produzioni, delle lavorazioni e dei servizi promossa e organizzata da Unindustria Bologna, per moltiplicare le occasioni di business delle imprese. Per informazioni visita il sito: http://farete.unindustria.bo.it

5-6 settembre 2016 Pad. 15 -18 BolognaFiere


STILE LIBERO Naturopata

Alimentazione consapevole Un investimento per il futuro VANIA LOT

vania.naturopata@gmail.com

L’alimentazione è il primo tra i fattori che influenzano il nostro corpo. Prendersene cura e alimentarsi in modo corretto significa investire sul nostro futuro, non depositare denaro bensì tanta salute. Ecco alcuni consigli pratici per “arricchirci” tutti. Perché l’alimentazione è così importante? Il nostro fisico prende nutrimento dal cibo, dall’aria, dalle persone che frequentiamo e dall’ambiente in cui viviamo, ma solo sul primo fattore possiamo agire in maniera efficace e veloce. Tutto quello che introduciamo nel nostro corpo, una volta scomposto nei vari elementi nutritivi, infatti, diventa la sostanza con cui si formano le nuove cellule del corpo; queste saranno sane e funzionanti se daremo loro da mangiare sostanze buone ma diventeranno unità biologiche malate se le alimenteremo in maniera scorretta.

Che differenza c’è tra alimentazione e nutrizione? La differenza è abissale. Oggi la maggior parte delle persone si alimenta, che significa introdurre

nel proprio corpo dei cibi, spesso in quantità esagerate, senza sapere cosa sono, come sono fatti, cosa contengono, con delle conseguenze che portano ad un graduale allontanamento da una condizione di salute. Nutrirsi significa, invece, dare al proprio corpo tutti gli elementi essenziali di cui necessita, avendo la consapevolezza di quello che stiamo ingerendo. Nutrire il corpo equivale anche a mangiare meno, utilizzando alimenti che hanno grandi quantità di componenti essenziali integri, a differenza, invece, di cibi che hanno subito molti processi industriali e sono stati privati degli elementi nutritivi. Nutrire significa quindi cercare la qualità del cibo, alimentare evidenzia la necessità di ingoiare qualcosa che ci permetta di andare avanti.

Allora come si nutre in maniera adeguata il corpo? Ogni persona è unica e un regime alimentare davvero sano e corretto deve essere sempre imbastito addosso al singolo individuo. Si possono tuttavia dare delle semplici raccomandazioni per aumentare il nostro benessere. Ad esempio, limitare alimenti ad alta densità calorica (raffinati, precotti,

confezionati) che sono stati privati di elementi nutritivi. Evitare le bevande zuccherate che forniscono elevate quantità caloriche senza aumentare il senso della sazietà. Ma anche ridurre il consumo di carni che generano forte acidificazione nel corpo e ingenti quantità di tossine da espellere e che, a lungo andare, ne compromettono l’equilibrio generando patologie. È importante cercare di evitare totalmente le carni conservate (insaccati, prosciutti, wurstel, carni in scatola), le cotture alla brace e le fritture che innescano la produzione di nitrosammine altamente cancerogene, e non c’è un limite al di sotto del quale probabilmente non vi sia rischio. Considerando inoltre che la quantità di sodio presente naturalmente negli alimenti che assumiamo copre già il fabbisogno necessario, è consigliabile diminuire la quantità di sale. Non fumare e limitare il consumo delle bevande alcoliche, e basare la propria alimentazione prevalentemente su cibi di provenienza vegetale, con cereali non raffinati e legumi. Evitare di assumere tutti i tipi di latticini poiché altamente intossicanti, acidificanti e debilitanti per il tessuto osseo. E, infine, bere molta acqua, naturale non gassata. 85


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AIRBNB Un’esperienza autentica in risposta al bisogno dell’utente Intervista a Matteo Stifanelli, Country Manager Italia di Airbnb Una community che mette in contatto le persone per creare autentiche e irripetibili esperienze di viaggio per qualsiasi fascia di prezzo. Questa è la prerogativa di un servizio nato sulla rete, che ha messo insieme la convenienza economica e la necessità di conoscere le persone. Ad oggi sono 2 milioni gli annunci in tutto il mondo. Come nasce Airbnb? L’idea di Airbnb nasce per risolvere un problema concreto: nel 2008 Joe Gebbia e Brian Chesky erano studenti di design al college e vivevano in un appartamento in affitto. Un giorno il padrone di casa ha deciso inaspettatamente 86


STILE LIBERO Il viaggio di alzare il costo dell’affitto e loro si sono trovati nei guai perché non avevano assolutamente i soldi per pagarlo. Proprio in quei giorni, San Francisco ospitava una delle più importanti fiere del design degli Stati Uniti e gli hotel erano strapieni. Guardando il loro salotto, si sono resi conto che c’era spazio per posizionare tre materassini ad aria (“air bed” in inglese) e gli è venuta un’idea: perché non offrire “materassino e colazione” a chi non aveva trovato un posto in cui dormire? In 24 ore hanno messo online un sito con l’annuncio: ne hanno parlato tutti i principali blog di design e loro hanno ricevuto centinaia di richieste. Da quel momento Airbnb è passata da 1 annuncio disponibile in una città a quasi 2 milioni di annunci in tutto il mondo.

Qual è stato il cambiamento nel modo di viaggiare o l’opportunità che ha intravisto Airbnb quando è nato? Airbnb è nata da un’esigenza concreta ma, sin dalla prima esperienza, è stato evidente che chi sceglie di vivere, anche se per poco tempo, nella casa di un altro non lo fa solo perché ha bisogno di un posto in cui dormire: sono persone alla ricerca di esperienze autentiche, persone aperte e curiose che non vogliono vivere la città da semplici turisti. Il desiderio di vivere come a casa, in qualsiasi parte del mondo, si è poi incontrato con l’esistenza di grandissimo numero di spazi (stanze, ma anche seconde case) che le persone possiedono ma che rimangono spesso inutilizzati: con Airbnb è possibile finalmente sfruttare al meglio questi spazi in modo che non siano solo un costo ma possano generare un piccolo reddito extra per i proprietari.

Quali sono i presupposti su cui si fonda? Airbnb ha come obiettivo quello di farti sentire a casa ovunque nel mondo. Si fonda sulla cultura dell’ospitalità, sul rapporto umano e sulla condivisione all’interno della propria community, che è alla base della piattaforma.

Come, secondo lei, il digitale sta trasformando il settore del turismo? E come favorisce una piattaforma di “home sharing” come Airbnb? Il digitale ha già rivoluzionato profondamente il nostro modo di viaggiare e Airbnb rappresenta in questo senso una piattaforma che permette di scoprire e prenotare sia 87


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online, sia da smartphone, che da tablet con comodità. Sicuramente una piattaforma come la nostra può vivere necessariamente solo sul web, su un’interfaccia che permetta lo scambio fra guest e host e che garantisca l’affidabilità degli annunci e regola la community.

Quali sono le questioni in sospeso all’interno di questo nuovo modello di business? Ci riferiamo soprattutto alla tutela degli ospiti e alle tematiche fiscali: a che punto siete? La maggior parte dei nostri host sono persone che occasionalmente affittano la casa in cui vivono. Noi li incoraggiamo a pagare le tasse che devono e forniamo periodicamente un rendiconto di tutti i guadagni fatti attraverso Airbnb in modo che gli utenti possano consegnare la documentazione al proprio commercialista. Inoltre stiamo collaborando con tutte le principali amministrazioni locali e nazionali affinché il fenomeno della sharing economy venga regolato da normative chiare e semplici per chi decide di condividere la propria casa. Grandi passi avanti sono già stati fatti ad esempio in Lombardia e nelle città di Milano e Firenze.

Come gestite il rapporto con i vostri utenti perché non abbiano la percezione di dialogare con un monitor? Gli utenti della community sono al centro della piattaforma Airbnb; come azienda siamo in stretto contatto con la community e a loro, ad esempio, è dedicato il nostro evento annuale più importante, l’Airbnb Open, che quest’anno si è svolto a Parigi e ha visto la partecipazione di oltre 5000 host provenienti da oltre 110 paesi. Appuntamenti come questo sono fondamentali per noi e ci permettono di condividere esperienze e raccogliere consigli per migliorare il nostro servizio e fare in modo che il mondo diventi sempre di più un luogo dove sentirsi sempre a casa. Nel 2011 abbiamo connesso il nostro servizio con i social network, in questo modo ci si può connettere a Facebook e vedere se host e ospiti hanno amici in comune. I consumatori possono anche vedere posti in cui sono stati i loro amici.

Quali sono i punti di forza del vostro servizio?
 Ancora una volta per prima cosa la community, che è alla 88


IL VIAGGIO base del nostro servizio: Airbnb mette a disposizione la piattaforma, ma sono gli utenti a tenerla viva tramite la pubblicazione degli annunci e le recensioni. Altro punto di forza è sicuramente la varietà degli annunci: che si tratti di un appartamento per una notte, un castello per una settimana o una villa per un mese, Airbnb mette in contatto le persone per creare autentiche e irripetibili esperienze di viaggio per qualsiasi fascia di prezzo. Non meno importante il nostro servizio clienti che presta assistenza a guest e host 24 ore su 24, 7 giorni alla settimana.

Siete presenti in più parti del mondo, quanto la cultura influenza il modo di agire con la tecnologia sia di chi lavora che di chi usufruisce del servizio? Airbnb rappresenta un tipo di tecnologia che aiuta gli utenti locali e li facilita nella ricerca e nell’offerta di listing, grazie alla possibilità di scegliere oggi fra 26 lingue; siamo presenti in 192 paesi e aiutiamo in questo senso a riscoprire le culture locali, favorendo gli scambi fra diverse persone provenienti da ogni parte del mondo. Le differenze culturali sia nel team di Airbnb che nella community rappresentano certamente un grandissimo patrimonio che ci impegniamo quotidianamente a conservare e valorizzare.

Matteo Stifanelli

country Manager Italia di Airbnb 89


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KIARA FONTANESI La prima donna su due ruote a vincere 4 volte il titolo mondiale Sale in moto a 3 anni e decide di non scendere mai piÚ: è la storia della campionessa Kiara Fontanesi

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STILE LIBERO Sport Segni particolari: motociclista italiana 4 volte campione del mondo, nei suoi sogni avere una famiglia. Passionale e determinata, e consapevole che spesso è necessario fare dei sacrifici per raggiungere il proprio obiettivo. Ci racconta come la sua passione iniziata all’età di tre anni continua ad emozionarla. Come ci si sente ad essere la prima donna a vincere il Campionato mondiale femminile per quattro volte di fila? Vincere è sempre una bellissima sensazione. Riuscire a infilare il poker è semplicemente fantastico. Ho stabilito un record e quest’anno proverò a prolungarlo. Il bello dello sport è che ogni anno devi cercare nuovi stimoli e battere obiettivi che ti sei prefissata per mantenere alta la concentrazione. E poi ogni stagione è sempre più difficile, ma anche eccitante, perché le avversarie lavorano sodo per battermi, di conseguenza anche io devo progredire senza mai dormire sugli allori.

Quando e come hai iniziato ad andare in moto? La prima volta che sono salita in moto è stato a tre anni. Mio fratello Luca, più grande di me, correva nel Minicross e io con tutta la famiglia lo seguivo. Un giorno mio padre mi ha portato a casa una Yamaha 50. È stato amore a prima vista. Mia mamma ha detto che quando l’ho vista dalla finestra sono scoppiata a piangere e sono voluta scendere subito a vederla. Sono salita e mio padre mi teneva la sella. Poi piano piano mi ha lasciata e io giravo da sola e stavo in equilibrio senza aiuti. Ho imparato prima ad andare in moto che in bicicletta senza rotelle.

Come ha reagito la tua famiglia alla questa scelta di vita? Hanno reagito bene e sono stati i primi a credere in me. Giravo nel paddock delle gare dove correva mio fratello con la mia moto. Poi a sei anni mi hanno iscritta al trofeo Lem. Ho vinto al primo anno il torneo e da lì non ho più smesso di correre. Mi piaceva un sacco e mi piace ancora oggi come la prima volta.

Come scegli la moto che ti accompagna nelle tue gare? Sono stata tanti anni con Yamaha. E con il marchio 91


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giapponese ho vinto i miei primi quattro mondiali. Quest’anno correrò con la Honda. Una nuova avventura, nuovi stimoli. Ho iniziato ad usare la nuova moto a inizio gennaio. Abbiamo svolto un bel lavoro con il team per affinarla secondo le mie esigenze. Il lavoro non è ancora finito, ma dopo la prima gara del Qatar avrò ancora un mese per ottimizzare il tutto in vista delle altre gare del mondiale e dell’Italiano.

Quanto hai dovuto sacrificare della tua vita personale per arrivare a questi livelli? Se fai uno sport a livello professionistico rinunci a qualcosa rispetto ai coetanei: può essere il tempo libero a disposizione, la discoteca e alcune serate. Però a me non pesa questo. Non mi è mai interessato molto andare a ballare o fare altro. Mi è sempre piaciuto andare in moto, fare sport. Da bambina facevo danza e oggi quando posso vado in snowboard. E poi quando sono a casa adoro stare con la mia famiglia e i miei amici. Certo ho meno tempo rispetto ai miei coetanei che vivono la quotidianità, mentre io tra allenamenti, gare e viaggi sono spesso impegnata. Ma è la mia vita e mi piace. Poi anche il mio ragazzo Maverick (Vinales è pilota ufficiale Suzuki in Motogp) è un pilota e dunque viviamo la stessa passione e riusciamo comunque a passare molto tempo insieme.

Come hai vinto lo scetticismo degli uomini, che immagino ci sia stato, che hai incontrato nella tua ascesa verso il successo? Sinceramente non ho mai avuto problemi con gli uomini. Ho sempre corso in mezzo ai ragazzi nei miei primi anni di gare e dunque ho sempre avuto un bel rapporto con loro. Non hanno mai fatto commenti, forse perché mi conoscevano da sempre, poi certo se li battevo forse bruciava di più che a prendere “paga” da un maschio.

Come il digitale ti aiuta nei rapporti con i tuoi fan? Mi piace tenere i rapporti con i miei tifosi. Mi diverte e mi diverto a scrivere sui social o a postare foto della mia vita di tutti i giorni. È bello essere seguita da tanta gente e sento il loro affetto. Da parte mia cerco sempre di

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essere disponibile e condividere attraverso il digitale i miei momenti.

Cosa ti è servito per arrivare sul podio? Dedizione, sacrifici, concentrazione, forma fisica e psicologica. Ho un bel team composto dalla mia famiglia, il mio meccanico Silvio e il mio preparatore Mauro con i quale dividiamo gioie e dolori, e soprattutto sono fondamentali per arrivare al meglio alle gare sia tecnicamente che fisicamente e mentalmente.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Continuare a correre in moto, rincorrere ogni anno un traguardo diverso e in futuro avere una famiglia. Ho i sogni di tutte le ragazze. E devo dire che ho un ragazzo fantastico, sono felice, stiamo molto bene insieme. Il resto verrà da sé. Alla fin penso che il futuro si crei costruendo un bel presente.

Esiste un campionato che per te è inarrivabile? Di inarrivabile penso non ci sia nulla se hai voglia di arrivare e ci si mette l’anima per arrivare all’obiettivo. Io certo – ride- non correrò mai in MotoGp, quindi è inarrivabile.

Qual è il consiglio che senti di dover dare a chi come te vuole diventare una campionessa? Dare il massimo e sfruttare appieno il talento. Allenarsi tanto, credere in ciò che si fa e attorniarsi da persone giuste che ti aiutino in ogni momento e ti sostengano, e poi mettersi alla prova e dare il massimo con ciò che abbiamo. Non è semplice, bisogna certamente sacrificare qualcosa, ma si può fare e c’è tempo per fare tutto.


SPORT

Kiara Fontanesi Moto: Honda Crf 250 Team: Fonta Mx Nata: Parma 10/3/1994 Risultati 2000: 1° Trofeo Lemm 2002: 1° regionale FMI debuttanti 2003: 1° regionale FMI cadetti 2004: 1° regionale FMI cadetti 2005: 1° regionale FMI cadetti 2006: 3° Trofeo ITALIA femminile (al via con una 85 cc) 2007: 1° Trofeo Loretta Lynns negli USA (trofeo molto importante e con tanti piloti in America) 2008: 1° Campionato Italiano Femminile 2009: 9° Mondiale Femminile MX (1 vittoria di manche) 2010: 4° Mondiale Femminile MX (2 vittorie di manche), 1° campionato Italiano Femminile 2011: 2° Mondiale Femminile MX (6 manche vinte; 2 Gp vinti), 1° Campionato Italiano Femminile 2012: Campione del Mondo WMX 2013: Campione del Mondo WMX, 3° X Games in Usa 2014: Campione del Mondo WMX, 1° trofeo delle Nazioni 2015: Campione del Mondo WMX, 1° trofeo delle Nazioni

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L’acqua di mare & l’erba voglio

La cucina a modo mio: cucina trendy, facile o un po’ elaborata, ma alla portata di tutti e di tutte le situazioni. di Luisa Giacomini cuoca per passione luisa.jackomini@gmail.com

C’erano una volta gli spaghetti di cereali o riso… Oggi imperversano gli spaghetti vegetali! La cucina si evolve in una continua reinterpretazione, non solo nella creatività ma soprattutto nel genere, nuovi stili di vita e relative tendenze alimentari. Sempre più persone cambiano e scelgono la propria alimentazione in base alle esigenze personali, gusti o eventuali intolleranze, sempre più preparati e consci del fatto che una cucina alternativa è lontana dall’essere povera di gusto, incompleta e poco appetibile. L’importante è informarsi correttamente districandosi tra le molteplici discipline, sempre su stretto consiglio di esperti medici nutrizionisti. Sorprendenti, gli spaghetti vegetali sono sempre più gettonati: molteplici e svariate le ricette, una più intrigante dell’altra e non solo gli spaghetti! Oggi esistono varianti originali di pasta corta, ravioli e cannelloni, tutti ottenuti con l’ausilio dei vegetali. Una splendida e buonissima proposta dalla cucina crudista igienista, gli spaghetti Van Gogh si presentano in un appetitoso piatto come un girasole ispirato alla nota opera artistica “I girasoli”. 94

Spaghetti Van Gogh


STILE LIBERO Cucina Ingredienti x 4 Per gli spaghetti: 10 zucchine verdi fresche e sode (belle diritte), macchina per spaghetti vegetali (per tutte le tasche, sul web e nei negozi specializzati).

Per la crema: 20 fiori di zucca, 2 avocado, 1 finocchio medio oppure 8/9 coste di sedano mondate dai filamenti, erba cipollina q.b., sale igienista (sale di sedano) o sale rosa, semi di canapa sativa decorticati oppure 16 pistacchi, qualche goccia di limone o lime, olio di canapa oppure olio EVO.

Per completare il piatto: 18/20 fiori di zucca, capperi col picciolo dissalati (cucunci)

Esecuzione Mondare e eliminare le zucchine della parte verde e passare l’interno bianco delle stesse alla macchina per spaghetti vegetali, selezionare gli spaghetti più belli e integri, recuperare i pochi rovinati e gli avanzi delle zucchine in altre ricette. Tagliare e frullare la polpa degli avocado con il finocchio o il sedano a dadini, i fiori di zucca a pezzi , mondati del picciolo e della parte interna del pistillo, l’erba cipollina o qualche rondella cruda e sottile di porro bianco. Insaporire la crema ottenuta con un pizzico di sale di sedano o sale rosa, due gocce di limone e due fili d’olio EVO delicato o di canapa.

E con ciò che rimane delle zucchine… pesto di zucchine, mandorle e menta! Se non piace la menta si può optare per la rucola e timo limone. Le dosi di questa ricetta sono in base alla quantità delle zucchine e in base al gusto personale, consiglio l’uso dell’olio di canapa dal gusto amabile e neutro con un delicato sentore di nocciola. Nulla toglie l’uso dell’olio extra vergine d’oliva, nel caso consiglio un delicato del Garda. In una ciotola mettere due zucchine grattugiate, oppure in questo caso mettere gli avanzi grattugiati o tritati. Spruzzare poco sale rosa per far spurgare e perdere l’acqua vegetale delle zucchine per circa 15 minuti. Scolare l’acqua in un colino a maglia fitta, premere con forza e strizzare bene il trito in modo che perda tutto il liquido. Mettere nel frullatore con una manciatina di foglie di menta, una di erba cipollina, qualche foglia di basilico e una manciata di mandorle pelate, frullare con dell’olio di canapa per pochi secondi fino ad ottenere un composto profumato e ben amalgamato, morbido denso non liquido. Si conserva in un contenitore di vetro per tre giorni in frigorifero. Aglio e peperoncino sono facoltativi.

Condire delicatamente gli spaghetti con la salsa ottenuta.

Per la decorazione: Mondare i fiori di zucchina del picciolo eliminando la parte interna del pistillo, aprire ogni fiore come da foto e marinare in una terrina per 20/30 minuti con poco sale igienista o rosa e olio Evo o quello di canapa. In un piatto piano disporre i petali di fiore di zucchina a raggiera, spruzzarli con qualche goccia di limone o lime. Al centro disporre un coppa pasta, versare un nido di spaghetti ben composto, avvolgendoli con forchetta e cucchiaio, spruzzarli con poco sale di sedano e alcuni semi di canapa, oppure pochi pistacchi spellati e tritati. Terminare con un filo d’olio Evo o di canapa e decorare con i capperi dissalati come da foto. Per chi non ama il gusto vegetale della zucchina può mettere gli spaghetti in una ciotola spruzzati di sale, mescolare delicatamente e far riposare 15 minuti a perdere l’acqua. Scolare in un colino a maglia fitta e con un pugno a tampone, premere con molta forza sugli spaghetti , in modo da fare fuoriuscire tutta l’acqua. Si possono ulteriormente asciugarli tamponando con carta cucina senza mai strascinare. Rimarranno intatti, asciutti e pronti per essere conditi.

Abbinamenti vino: Trentino Nosiola – L’Offida passerina – Nuragus di Cagliari

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STILE LIBERO Fumetti

La matita di Sue

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N. 12 Pubblicazione semestrale Registrazione Tribunale di Treviso n. 201 del 09/11/2012 ROC n. 22990/2012 direttore responsabile Leonardo Canal caporedattore Dora Carapellese responsabile organizzativa Giovanna Bellifemine hanno collaborato Gian Nello Piccoli, Dora Carapellese, Elisa Carraro, Stefano Moriggi, Stefano Biral, Attilio Cuccato, Andrea Basso, Ruggero Paolo Ortica, Enrico Fantuzzi, Andrea Manuel, Giulia Tebaldi, Unis&F Alberto Bruno, Luciano Campagnaro, Vania Lot, Luisa Giacomini, Sue Maurizio. realizzazione grafica Franco Brunello segreteria e sede operativa Via Newton 21, 31020 Villorba (TV), telefono 0422.628711, fax 0422.928759 redazione@logyn.it editore Eurosystem S.p.A., via Newton 21, 31020 Villorba (TV) redazione@logyn.it per la pubblicità e per i numeri arretrati Eurosystem S.p.A., via Newton 21, 31020 Villorba (TV), telefono 0422.628711 redazione@logyn.it stampa Trevisostampa Srl Via Edison 133, 31020 Villorba (TV) telefono 0422.440200 info@trevisostampa.it Nell’eventualità in cui immagini di proprietà di terzi siano state qui riprodotte, l’Editore ne risponde agli aventi diritto che si rendano reperibili. Porrà inoltre rimedio, su segnalazione, a eventuali involontari errori e/o omissioni nei riferimenti.



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