ottobre 16, 2009
Obiettivi
Decadentismo pascoliano
Biografia
Temi
Il fanciullino
Tecnica analogica
Myricae
GIOVANNI PASCOLI
il poeta fanciullino Lavandare
Analisi del testo
Genesi del testo
X Agosto
Parafrasi
Struttura
Mappa
Esercizio
Luca Gervasutti - 2009 -
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ottobre 16, 2009
Obiettivi dell'UnitĂ di Apprendimento
1. Acquisire competenze metodologiche per lo studio del testo poetico (parafrasi, strutture metriche, analisi delle parole chiave, messaggio) 2. Riconoscere e analizzare i caratteri fondamentali e i motivi ricorrenti della poetica pascoliana 3. Riconoscere e analizzare le caratteristiche del linguaggio poetico di Giovanni Pascoli 4. Saper operare connessioni tra i dati biografici dell'autore e i temi principali delle sue opere
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Decadentismo pascoliano
Benché Giovanni Pascoli non fosse consapevole di appartenere al Decadentismo, la sua opera è a pieno titolo ascrivibile a quell’universo artistico. Anzi, Pascoli è il primo autore autenticamente decadente della nostra letteratura. I motivi che ci inducono a inserirlo in questo movimento sono numerosi; ecco, in sintesi, i principali: - La scelta di evadere dalla realtà e di ripiegarsi nel proprio intimo, per ascoltare le sollecitazioni dell'anima di fronte alle piccole cose. - L’attrazione verso l'ignoto e lo sgomento di fronte al mistero insondabile della vita e dell’universo; - Il linguaggio ricco di suggestioni musicali e simboliche; - La predilezione per la poesia intima, ispirata al quotidiano e non a temi aulici. - L’impressionismo, inteso come modo di esprimersi con immediatezza, per impressioni rapide dell'anima. - Il lessico semplice, lontano dalle forme poetiche della tradizione classica.
Wiki Area Decadentismo: http://it.wikipedia.org/wiki/Decadentismo
Impressionismo:
http://it.wikipedia.org/wiki/Impressionismo
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Biografia
Wiki Area Biografia: http://www.fondazionepascoli.it/lavita.html Carducci: http://it.wikipedia.org/wiki/Giosuè_Carducci
Pascoli trascorse un'infanzia lieta e spensierata a S. Mauro di Romagna, ma era ancor fanciullo quando, nel 1867, suo padre fu assassinato da mano ignota. In pochi anni gli morirono poi una sorella, la madre e un fratello: una vera tragedia che lasciò tracce di cupo pessimismo e di dolore in tutte le sue opere. Nel 1876 l'accresciuto disagio economico della famiglia gli suscitò moti di ribellione, inducendolo a trascurare gli studi per partecipare alle lotte di rivendicazione sociale a fianco dei socialisti e degli anarchici. Tre anni dopo fu arrestato per pochi mesi per aver partecipato a manifestazioni estremiste e assolto; questa esperienza lo indusse ad abbandonare ogni esaltazione politica per dedicarsi a terminare gli studi. Laureatosi nel 1882, nel 1895 divenne docente di letteratura latina e greca all’Università di Bologna, poi a Messina e a Pisa e, nel 1905, succedendo al Carducci, ottenne la cattedra di letteratura italiana di nuovo a Bologna. In questa città visse il resto della sua vita, anche se amò appartarsi spesso nella casa di Castelvecchio, in Garfagnana, dove, ritrovando la gioia del contatto con la campagna e con le cose semplici, compose molte delle opere più suggestive. Morì a Bologna nel 1912.
Casa di Castelvecchio :
http://www.fondazionepascoli.it/casadelpoeta.html
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Temi
Pascoli espose i principi fondamentali della sua poetica in un testo in prosa, pubblicato nel 1897, intitolato "Il fanciullino". Con l'immagine del fanciullino egli indica, in senso metaforico, la capacità di stupirsi davanti alle cose, che è tipica per i bambini e che solo il poeta mantiene intatta durante tutta la vita, mentre gli altri uomini attratti da altri interessi e preoccupazioni, troppo spesso non ascoltano la voce del fanciullo che è in ognuno di loro. Compito del poeta, grazie all'intatto potere analogico e suggestivo delle sue percezioni e delle sue visioni di eterno fanciullo, non ancora contaminato da schemi razionali o da pregiudizi scientifici, è pertanto quello di scoprire e rivelare agli uomini il mistero che circonda la vita delle creature e del cosmo. E per fare questo, osserva Pascoli in polemica verso il raffinato estetismo dannunziano, non è necessario guardare e cantare le cose grandi e insolite: proprio negli aspetti più umili della vita quotidiana si possono cogliere "le somiglianze e le relazioni più ingegnose"; anzi, il sentimento poetico abbonda più nelle cose modeste e in apparenza insignificanti che in quelle pompose ed esotiche.
Wiki Area Il fanciullino (testo completo) : http://www.classicitaliani.it/pascoli/pascoli_fanciullino.htm
Estetismo dannunziano: http://www.marginalia.it/mediawiki/index.php/ L'estetismo_e_la_figura_di_Gabriele_D'Annunzio
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Il fanciullino
Wi ki
Podcast: lettura del brano
Te c
a
È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi (...), ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell'età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell'angolo d'anima d'onde esso risuona. E anche, egli, l'invisibile fanciullo, si perita vicino al giovane più che accanto all'uomo fatto e al vecchio, ché più dissimile a sé vede quello che questi. Il giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna la conversazione, come chi si vergogni d'un passato ancor troppo recente. Ma l'uomo riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono e grave; e l'armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare, come d'un usignuolo che gorgheggi presso un ruscello che mormora. (...) Non l'età grave impedisce di udire la vocina del bimbo interiore, anzi invita forse e aiuta, mancando l'altro chiasso intorno, ad ascoltarla nella penombra dell'anima. E se gli occhi con cui si mira fuor di noi, non vedono più , ebbene il vecchio vede allora soltanto con quelli occhioni che son dentro di lui, e non ha avanti sé altro che la visione che ebbe da fanciullo e che hanno per solito tutti i fanciulli. E se uno avesse a dipingere Omero, lo dovrebbe figurare vecchio e cieco, condotto per mano da un fanciullino, che parlasse sempre guardando torno torno. Giovanni Pascoli, da Il Fanciullino
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La tecnica analogica
Così intesa, la poesia, in quanto trascrizione immediata e ricca di emozioni, svolge anche una funzione etico-sociale. Rendendo gli uomini consapevoli del dolore dell'esistenza e della vanità di ogni sogno, essa infatti "pone un soave e leggero freno all'instancabile desiderio, che ci fa perpetuamente correre con infelice ansia per la via della felicità". Inoltre, consolando dolcemente le "anime irrequiete", dispone gli uomini ad accontentarsi del loro piccolo mondo, inteso come rifugio dai pericoli del divenire storico e sociale. Pertanto, secondo l'umanitarismo pascoliano e il suo utopico desiderio di una fraterna conciliazione delle genti, la poesia contribuisce ad "abolire la lotta di classe e la guerra tra i popoli". Il risvolto più interessante della poetica del "fanciullino" è costituito dal profondo rinnovamento che essa comporta in campo stilistico-espressivo. Infatti, se la poesia è una pura trascrizione di suggestioni irrazionali colte nel mondo circostante, per esprimersi il poeta deve necessariamente avvalersi di nuovi mezzi e nuove forme. Nasce così, con Pascoli, un linguaggio poetico nuovo, caratterizzato dall'uso della tecnica analogica (che giustappone immagini apparentemente eterogenee, legate in realtà da profonde corrispondenze) e da un lessico preciso ed essenziale. Attraverso queste forme espressive il poeta carica di suggestione e di mistero gli oggetti reali e le stesse forme della natura: per questa via i dati reali, assunti a simboli della precaria condizione umana, sembrano stagliarsi, isolati impressionisticamente, su uno sfondo di silenzio inquieto, suggerito dalla frequenti pause, dalla brevità dei periodi, dall'andamento spezzato e incerto dei versi.
Wiki Area Umanitarismo pascoliano: http://it.wikipedia.org/wiki/Umanitarismo
Analogia: http://it.encarta.msn.com/encyclopedia _761565612/Analogia.html
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Myricae
Tutto questo rende la lirica pascoliana nuova rispetto alla poesia tradizionale italiana, ma anche piuttosto alta e difficile. Così, sul piano del lessico, proprio la ricerca di un'estrema precisione espressiva, in polemica con l'indeterminatezza e il "grigiore" della lingua letteraria, finisce per privilegiare un registro linguistico colto, in cui delle parole viene messo in evidenza non il significato, ma la componente fonica e simbolica. La prima raccolta poetica di Giovanni Pascoli si intitola Myricae. Scegliendo come motto, all’inizio del volume, la frase « Arbusta iuvant humilesque myricae » (a me piacciono i filari di alberi e le basse tamerici), tratte dal Quarto libro delle Bucoliche di Virgilio (poeta latino vissuto dal 70 al 19 a.C., amatissimo dal Pascoli), egli spiega implicitamente che i suoi versi si ispirano a soggetti modesti e semplici, proprio come i bassi cespugli delle tamerici. Secondo il Pascoli la poesia non deve affrontare temi eroici e solenni: essa ha semmai il compito di raccontare i più dolci e cari momenti della vita di tutti, come pure quelli di malinconia e di dolore: il lavoro sereno, le sussurrate parole d'amore, la gioia della famiglia all'ora di cena, il piccolo scolaro che svolge il compito, la madre che osserva la figlia perduta dietro i suoi sogni, le gioie dell’infanzia, la morte, la natura.
Wiki Area Myricae: http://it.wikipedia.org/wiki/Myricae Tamerici: http://it.wikipedia.org/wiki/Tamarix
Virgilio: http://it.wikipedia.org/wiki/Publio_Virgilio_Marone
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Lavandare
Proprio la contemplazione della natura e l'interpretazione del paesaggio sono al centro di Lavandare, una tra le liriche piĂš celebri di Myricae
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero resta un aratro senza buoi che pare dimenticato, tra il vapor leggero. E cadenzato dalla gora viene lo sciabordare delle lavandare con tonfi spessi e lunghe cantilene: Il vento soffia e nevica la frasca, e tu non torni ancora al tuo paese! quando partisti, come son rimasta! come l’aratro in mezzo alla maggese. Giovanni Pascoli, da Myricae Wi ki
Te c
a
Podcast: lettura e analisi di Lavandare
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Analisi del testo
Questa poesia è composta da due terzine e da una quartina; i versi sono tutti endecasillabi. Sono presenti rime incatenate (ABA CBC) e alternate (ABAB). Nell'ultima quartina è presente una rima imperfetta (frasca - rimasta). Nel campo, in parte lavorato e in parte no, è rimasto un aratro abbandonato, che sembra dimenticato in mezzo alla foschia. Dal canale proviene il rumore delle lavandaie che battono i panni sulle pietre ritmato da tonfi pesanti e dalle lunghe cantilene. Il vento soffia e dal ramo scendono le foglie come fiocchi di neve e tu ancora non torni al tuo paese. Quando partisti, come son rimasta! come l’aratro in mezzo ad un campo lasciato a riposo (maggese).
Wiki Area Strofa : http://it.wikipedia.org/wiki/Strofa Onomatopea: http://it.wikipedia.org/wiki/Strofa Poetica simbolista : http://it.wikipedia.org/wiki/Strofa
La poesia si compone di 3 momenti diversi, una per ogni strofa. Nella prima prevalgono le sensazioni visive: il poeta fissa la sua attenzione su un aratro abbandonato che diviene simbolo di solitudine. L'attenzione si sposta poi alle lavandaie (e alla trascrizione delle sensazioni uditive) il cui sciacquio è accompagnato dal tonfo pesante dei panni e da un triste canto. Il terzo momento è il canto delle lavandaie in cui si parla di una fanciulla che abbandonata dal suo amato è rimasta sola come l'aratro. La poesia si chiude, così, con un'immagine che richiama quella iniziale. Elementi quotidiani che appartengono alla natura circostante si caricano qui di significati particolari e di profonde suggestioni, e l’immagini dell’aratro in mezzo al campo si rivela come un simbolo di desolazione e di abbandono. La tecnica poetica è quella dell'analogia, attraverso la quale il significato principale - emotivo ed esistenziale - della donna abbandonata come un oggetto dopo l'esperienza dell'amore, viene evocato da un'immagine simbolica - l’aratro abbandonato - collegata al contesto lessicale del discorso dalla congiunzione "come". L'analogia è uno dei mezzi privilegiato della poetica simbolista; essa non serve a "spiegare" ma semplicemente ad alludere, lasciando all'immaginazione del lettore l'opera di approfondimento del senso.
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X Agosto: la genesi / 1
San Mauro di Romagna. E’ la mattina del 10 agosto 1857. Ruggero Pascoli, amministratore della più grande tenuta agricola della Romagna, sta per partire per uno dei suoi viaggi quotidiani. Sella la sua cavallina preferita, "la storna", così chiamata per il mantello prevalentemente nero con macchie di peli bianchi disposti a grappolo, e la aggioga al suo calesse scoperto. Deve andare alle fiere e ai mercati dei paesi vicini.
Le due figlie, Margherita e Mariù, al mattino sono irrequiete: piangono e supplicano il padre di portarle con sé o di non partire. Ruggero le tranquillizza, le accarezza e promette loro un regalino. Poi si avvia, a bordo del suo calesse. Arriva a Gatteo, compie i suoi affari di amministratore, tratta l'acquisto di bestiame e si ferma a una bancarella della fiera; vede delle belle bambole di pezza variopinta, si ricorda delle figlie... della promessa. Acquista il regalino, lo ripone in un angolo del calesse e riparte. Da Gatteo a Gambettola, e di qui a Cesena per la Via Emilia. Infine torna verso casa: deve andare a Savignano a sbrigare un'ultima faccenda, percorrerà quindi tutta la via Emilia. Arriva a Villa di Gualdo, poi c'è la pieve di San Giovanni in Compito dove la Via Emilia compie una piccola curva proprio sul bivio che a destra porta verso Longiano e a sinistra passa davanti alla chiesetta per poi proseguire per Gatteo: davanti si vedono già in lontananza le case di Savignano. Ma ad un tratto, da dietro un cespuglio, parte un colpo di schioppo! Un sicario, rimasto sconosciuto, gli ha sparato e lo ha colpito mortalmente.
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X Agosto: la genesi / 2
La cavallina, che tante volte aveva percorso quella strada, prosegue verso Savignano, ormai senza guida, mentre il suo padrone si sta lentamente spegnendo in un bagno di sangue. Arrivata al ponte romano sul Rubicone, all'ingresso di Savignano, un passante la riconosce. La storna si lascia condurre all'ospedale "Santa Colomba", mentre il suo padrone viene coperto con un pietoso telo. All'ospedale si constata che per il povero conducente non c'è più niente da fare: Ruggero Pascoli è morto. L'unica testimone del delitto è la cavallina storna, che viene accompagnata a casa. Caterina, la moglie di Ruggero, accarezza la criniera della storna e inutilmente le chiede chi sia stato. Sul calesse in un angolo ci sono ancora le bambole per Margherita e Mariù, intrise del sangue del padre.
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X Agosto
San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla. Ritornava una rondine al tetto: l’uccisero: cadde tra spini: ella aveva nel becco un insetto: la cena de’ suoi rondinini. Ora è là come in croce, che tende quel verme a quel cielo lontano; e il suo nido è nell’ombra, che attende, che pigola sempre più piano. Anche un uomo tornava al suo nido: l’uccisero: disse: Perdono; e restò negli aperti occhi un grido portava due bambole in dono...
Wi ki
Te c
Vittorio Gassman legge X Agosto
a
Ora là, nella casa romita, lo aspettano, aspettano in vano: egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano E tu, Cielo, dall’alto dei mondi sereni, infinito, immortale, Oh! d’un pianto di stelle lo inondi quest’atomo opaco del Male!
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Parafrasi
O San Lorenzo, io lo so perché tante stelle si accendono e cadono nell’aria serena, io so perché un pianto così grande risplende nella volta del cielo. Una rondine ritornava al suo nido: (qualcuno) la uccise: (lei) cadde in mezzo alle spine: aveva nel becco un insetto: era il cibo per i suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che mostra quel verme a quel cielo lontano; e i suoi piccoli sono nell’ombra che aspettano, che piangono sempre più piano.
Anche un uomo tornava alla sua casa: qualcuno lo uccise; (egli) disse: Perdono; e gli restò negli occhi aperti un’espressione disperata; portava due bambole in dono.
Ora là nella sua casa solitaria, lo aspettano, aspettano inutilmente: egli immobile, come stupito, mostra le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo infinito, immortale, dall’alto dei mondi senza dolore, sommergi questo frammento oscuro di male con un pianto di stelle.
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La struttura simmetrica
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Mappa concettuale
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