Botticelli e Guinizzelli

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LA VENERE - BOTTICELLI di Ambra Grieco Accarezzando le verdi onde del mare, sospinta e riscaldata dal soffio fecondo di Zefiro, ella giunge sulla spiaggia di Cipro col candore di un corpo appena generato risplendente di una bellezza divina e celestiale. Su di una conchiglia, con la perlacea brillantezza della sua pelle, la dea viene accolta dall'affetto della ninfa che gentilmente le porge un ampio manto il cui fiorito ricamo freme dalla voglia di avvolgere la sua meravigliosa nudità. Fra la danza di dieci, cento o mille fiori dal color rosa delicato, in lontananza il cielo all'orizzonte si bacia con il mare in quel susseguirsi giocondo di accadimenti dove tutto si separa e tutto si riunisce. Quell'energia vitale, sublimata dall'avvolgente abbraccio di due corpi teneramente uniti e velati dal celeste panneggio, sembra prender vita da un “...foco d'amore “ che “in gentil cor s’aprende” nel saggio equilibrio tra passione fisica e purezza spirituale. Ed ella, con il lumeggiar dei suoi capelli dorati, in una posa che rimembra l'antica Venus pudica, durante i suoi primi fremiti di vita annuncia già all'umanità la sua complessa responsabilità. Così attraente e pericolosa in un'atmosfera di pagana teofania, mostra con ponderata discrezione la sua nuda bellezza caratterizzata dall'armonia della sua fisicità. E come la luce non può separarsi dal sole, così come il calore non può abbandonare la sua fiamma, anche l'amore non potrà distaccarsi mai da un cuore gentile dove “rempaira sempre” come “l'ausello in selva a la verdura”. E così la linea si fonde con l'idea nella rappresentazione botticelliana della bellezza neoplatonica con la costante esaltazione della superiorità dello spirito sulla materia. Il disegno, così puro e deciso crea una profonda idealizzazione delle immagini portatrici di un messaggio universale che esalta l'amore e la suprema bellezza concepite come vie privilegiate per raggiungere Dio. Il suo viso, lievemente reclinato e pieno di humanitas, sembra velato di una dolce malinconia nata dalla consapevolezza di una bellezza fragile e fugace, preda di un gioco bizzarro in cui infiniti dualismi danzano sulle note di una vita costituita da corpo ed anima, spirito e materia.


GUIDO GUINIZZELLI, “Al cor gentil rempaira sempre amore”

Al cor gentil rempaira sempre amore come l’ausello in selva a la verdura; né fe’ amor anti che gentil core, né gentil core anti ch’amor, natura: ch’adesso con’ fu ’l sole, sì tosto lo splendore fu lucente, né fu davanti ’l sole; e prende amore in gentilezza loco così propiamente come calore in clarità di foco. Foco d’amore in gentil cor s’aprende come vertute in petra preziosa, che da la stella valor no i discende anti che ’l sol la faccia gentil cosa; poi che n’ha tratto fòre per sua forza lo sol ciò che li è vile, stella li dà valore: così lo cor ch’è fatto da natura asletto, pur, gentile, donna a guisa di stella lo ’nnamora. Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?», siando l’alma mia a lui davanti. «Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti e desti in vano amor Me per semblanti: ch’a Me conven le laude e a la reina del regname degno, per cui cessa onne fraude». Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza che fosse del Tuo regno; non me fu fallo, s’in lei posi amanza».


Parafrasi

L’amore torna regolarmente, quindi ha la sua vera dimora, nel cuore gentile, come l’uccello nel bosco ritorna in mezzo al verde; e la natura non creò l’amore prima del cuore gentile, né il cuore gentile prima dell’amore: allo stesso modo, appena fu creato il sole, subito lo splendore apparve luminoso, né il suo splendore, la sua luce, apparve prima del sole; e l’amore prende il suo posto nel cuore gentile così naturalmente come il calore prende posto nella luce del fuoco. Il fuoco dell’amore si accende dentro il cuore gentile allo stesso modo che le virtù delle pietre preziose, che discendono dalle stelle e si destano nelle pietre, ma non prima che il sole ne abbia fatta una gentil cosa, cioè le abbia purificate; Una volta che il sole, con la sua forza, ha tratto fuori dalla pietra ogni impurità, la stella le conferisce il suo valore, la sua proprietà: alla stessa maniera nel cuore, che la natura ha reso eletto, puro e gentile, nasce l’amore per l’influsso della donna, simile all’influsso della stella. Donna, Dio mi dirà: «Che presunzione hai avuto?», quando la mia anima sarà davanti a lui. «Hai attraversato il cielo e sei venuto fino a Me e Mi hai usato come termine di paragone per un amore vano: poiché le lodi spettano solo a Me e alla Madonna, regina del cielo grazie alla quale cessa ogni peccato». Potrò dire a Lui: «Aveva l’aspetto di un angelo che appartenesse al tuo regno; non feci peccato, se posi in lei il mio amore».


Commento Il Dolce Stil Novo è un importante movimento poetico italiano nato nel tredicesimo secolo a Bologna e poi sviluppatosi a Firenze, città d'origine di quasi tutti i suoi rappresentanti. Questa corrente letteraria entra in contrasto con la precedente corrente siciliana dell'amor cortese e con quella dei lirici toscani, capeggiati da Guittone d’Arezzo. Gli Stilnovisti, infatti, non parlano unicamente di una donna amata, ma di una donna angelo, e lo fanno con rime semplici, piane, dolci, e senza quell’eccessivo formalismo stilistico proprio dei poeti siciliani e guittoniani, senza contare che gli Stilnovisti introducono nei loro componimenti riferimenti filosofici, morali, religiosi, mediante il regolare uso di metafore e simbolismi, portando così ad un livello alto la loro poesia, destinata ad una ristretta cerchia di eletti. Al cor gentil rempaira sempre amore è considerata il manifesto dello Stilnovismo. Il tema centrale della canzone è quello della vera nobiltà, ossia la nobiltà d’animo, detta gentilezza, contrapposta alla nobiltà di sangue. Questa tematica era già stata trattata dalla cultura cortese con Andrea Cappellano il quale affermava che la nobiltà non dipende dalla nascita, ma dal valore della persona, dalle sue virtù, e quindi la vera nobiltà non è ereditaria, perché non è sufficiente essere di sangue nobile per essere veramente dei gentiluomini. C’è in tutto questo il desiderio da parte dell’alta borghesia di soppiantare il potere della nobiltà comunale, per dare vita ad una nuova nobiltà cittadina la cui esistenza è basata sulle doti di intelligenza e cultura, ovvero quello che Dante chiamava altezza dell'ingegno. La canzone si apre con il sintagma cor gentil, dove l’aggettivo gentile designa appunto la nuova aristocrazia dello spirito contrapposta alla nobiltà di sangue, incapace di provare sentimenti elevati come l’amore. Accanto all’aggettivo gentile, troviamo un'altra parola-chiave, cioè natura: la gentilezza deriva dalla natura e non si acquisisce per eredità. E di conseguenza la società non è immobile e chi ha capacità naturali come intelligenza e intraprendenza, può conquistare in essa posizioni sempre più elevate. Lo Stilnovismo parla quindi d’Amore, ma questo non esclude il fatto che gli stessi componimenti trattino tematiche politico-sociali, come quelle appena descritte, o addirittura tematiche filosofiche. Quando Guinizzelli scrive che l’amore si trova nel cuore gentile in potenza, e che può passare in atto solo grazie alla donna, che è la causa dell’innamoramento, si rifà alla teoria di Aristotele per cui ogni entità (sostanza), è costituita di materia e di forma. Un tavolo, ad esempio, è l'insieme di una materia (il legno) e di una forma (ciò che lo fa essere appunto un tavolo e non un bastone). Ma la forma è contenuta nella materia solo potenzialmente e perché si realizzi, cioè passi in atto, e quindi affinché il legno si trasformi in tavolo, è necessario l’intervento di qualcosa o qualcuno, che Aristotele chiama causa efficiente, e che nel nostro esempio sarà il lavoro del falegname.


Una precisazione Si legge molto spesso che la grande novità portata dai poeti Stilnovisti, è la cosiddetta figura della donna-angelo. In realtà, che la donna fosse simile ad un angelo, era già convinzione dei provenzali, siciliani e guittoniani. Basti citare il verso l’angelica figura e comprovata di Lentini, o ancora Iesu Cristo creolla in paradiso e poi la fece angelo incarnata di Inghilfredi. In conclusione, la vera novità portata da Guinizzelli e dagli Stilnovisti, è l’interpretazione della metafora tradizionale della donna-angelo, alla luce della teoria filosofica basata sull'identificazione angelo/ intelligenza.

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