Quasimodo e Albani

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PRIMAVERA – FRANCESCO ALBANI di Federico Giannini Così come “Specchio” di Salvatore Quasimodo, anche la “Primavera” di Francesco Albani è uno degli inni più belli alla stagione dei fiori e dell'amore. Il dipinto, che è conservato alla Galleria Borghese di Roma e risale al 1616, fa parte di un ciclo di quattro tondi, ognuno dedicato a una stagione diversa: quello della primavera rappresenta l'“Acconciatura di Venere”, altro nome con cui è nota l'opera del pittore emiliano (la dea è sulla sinistra, seduta sul suo trono, mentre alcune ninfe si apprestano ad abbellirla). Questo capolavoro si ispira all'opera di un autore greco, Filostrato di Lemno, vissuto nel secondo secolo avanti Cristo: aveva scritto un'opera intitolata Eikones (ovvero “immagini”), che narra, sotto forma di dialogo, di un filosofo che porta i suoi allievi a Napoli per visitare una galleria di più di sessanta quadri (non sappiamo però se i quadri esistevano davvero o sono un'invenzione dello scrittore). Quattro di questi dipinti raccontano i giochi degli amorini attraverso le quattro stagioni: in primavera, si divertono a salire sugli alberi e a raccogliere mele, magari lanciandosele anche! Vediamo infatti che il grande albero alle spalle della protagonista Venere viene letteralmente “scalato” da alcuni amorini: due sono già arrivati sui rami, mentre il terzo si sta ancora arrampicando sul tronco, e i due sui rami hanno iniziato a scagliare i pomi a terra, mentre un amorino, a braccia aperte, si prepara ad accogliere una mela che vediamo in volo, e un altro sulla destra è a terra che sta raccogliendo quelle che evidentemente non è riuscito ad afferrare! Nella sua opera letteraria, Filostrato descrive le singole azioni degli amorini: alcuni giocano, altri simulano una lotta, c'è chi si innamora, chi tira con l'arco, alcuni volano nell'aria. Francesco Albani inserisce un particolare nuovo rispetto alla narrazione di Filostrato, e si tratta proprio della dea Venere, che è fisicamente assente nella descrizione del dipinto osservato dal protagonista delle Eikones ma la cui presenza si percepisce comunque perché nel luogo dove giocano gli amorini si trova un santuario che le ninfe hanno voluto dedicare alla dea, e poi anche perché, dice Filostrato, gli amorini stessi, dopo aver terminato la raccolta delle mele, rivolgeranno una preghiera alla loro madre. Francesco Albani, pittore bolognese, fu uno dei massimi esponenti del classicismo seicentesco, insieme ad altri grandi artisti, anch'essi provenienti da Bologna, come Guido Reni e il Domenichino, che furono suoi compagni di studi: con la “Primavera” della Galleria Borghese, Francesco Albani dimostra di essere un pittore colto e di trovare ispirazione nelle opere letterarie antiche. Il classicismo del Seicento proponeva opere d'arte idealizzate, eteree e idilliache, che si ispiravano ai grandi maestri del Rinascimento come Raffaello e Tiziano e trattavano spesso temi tratti dal repertorio antico e dalla mitologia classica. All'interno della pittura classicista si sviluppò anche una pittura paesaggista che prediligeva scorci che potessero descrivere tutta la bellezza, la prosperità e la rigogliosità della natura. Ne è un esempio proprio la “Primavera” di Francesco Albani: sullo sfondo abbiamo un meraviglioso paesaggio, che presenta, ai piedi di alcune montagne, un bosco lussureggiante attraversato da un ruscello dove giocano e fanno il bagno gli amorini. Un paesaggio idilliaco dove regnano la bellezza, l'equilibrio, la tranquillità e l'armonia, il tutto per un delicato dipinto che ci offre una primavera da sogno!


SALVATORE QUASIMODO, “Specchio”

Ed ecco sul tronco si rompono le gemme: un verde più nuovo dell’erba che il cuore riposa: il tronco pareva già morto, piegato sul botro. E tutto mi sa di miracolo; e sono quell’acqua di nube che oggi rispecchia nei fossi più azzurro il suo pezzo di cielo, quel verde che spacca la scorza che pure stanotte non c’era.

Commento Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la letteratura nel 1959, descrive in questa poesia l’esplosione di vita che trasforma la vegetazione. Quel repentino cambiamento portato in natura dalla primavera e racchiuso bene in quel “ed ecco”, che introduce quello schiudersi delle gemme sui rami in apparenza secchi. Il tronco dell’albero che poco tempo prima sembrava morto, quasi ripiegato su se stesso, ora riprende vita. Ecco che un virgulto spacca la corteccia e spunta la gemma di un verde brillante, tenerissimo, ancora più splendente dell'erba, che ha ripreso a crescere nei prati prima desolati ed aridi. È la vita che rinasce dopo il lungo letargo invernale e il cuore del poeta non prova più ansia (che il cuore riposa). Tutto questo, per Quasimodo, ha del miracoloso (e tutto mi sa di miracolo) ed anche lui diventa parte della natura che si sveglia e rinasce in tutto il suo splendore e finisce per sentirsi quindi vivo e vitale.

DIRITTI D’AUTORE


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