Rassegna stampa del 22 settembre 2020

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22-SET-2020 Estratto da pag. 20

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

3043

a cura dell'Ufficio Stampa e Comunicazione


22-SET-2020 Estratto da pag. 20

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

3043

a cura dell'Ufficio Stampa e Comunicazione


22-SET-2020 Estratto da pag. 32

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

3043

a cura dell'Ufficio Stampa e Comunicazione


22-SET-2020 Estratto da pag. 21

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

3043

a cura dell'Ufficio Stampa e Comunicazione


22-SET-2020 Estratto da pag. 10

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

3043

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22-SET-2020 Estratto da pag. 10

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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a cura dell'Ufficio Stampa e Comunicazione


22-SET-2020 Estratto da pag. 15

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 30

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 17

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 17

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 15

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 15

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 33

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 23

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 23

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-7

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-27

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-27

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-27

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-3

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-11

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-19

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-6

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22-SET-2020 Estratto da pag. 8-8

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-35

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-3

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-10

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22-SET-2020 Estratto da pag. 25

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 24

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a cura dell'Ufficio Stampa e Comunicazione ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

EDIZIONE DELLA MATTINA

22-SET-2020 Estratto da pag. 1-23 3043


22-SET-2020 Estratto da pag. 1-23

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 40

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22-SET-2020 Estratto da pag. 10

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-2

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-2

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-2

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 5

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22-SET-2020 Estratto da pag. 19

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-5

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-5

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22-SET-2020 Estratto da pag. 23

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 13

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 8

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22-SET-2020 Estratto da pag. 19

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22-SET-2020 Estratto da pag. 6

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22-SET-2020 Estratto da pag. 20

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 16

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-8

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22-SET-2020 Estratto da pag. 32

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22-SET-2020 Estratto da pag. 42

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

3043

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22-SET-2020 Estratto da pag. 5

ARTICOLO NON CEDIBILE AD ALTRI AD USO ESCLUSIVO DI MINISTERO DELL'INTERNO

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22-SET-2020 Estratto da pag. 5

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22-SET-2020 Estratto da pag. 8

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22-SET-2020 Estratto da pag. 1-27

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Primo Piano

Martedì 22 Settembre 2020 www.gazzettino.it

L’attesa a palazzo Ferro Fini

LAVORI IN CORSO A sinistra Paolo Feltrin, a destra Roberto Ciambetti. Al centro l’aula consiliare sotto sanificazione

GLI EQUILIBRI VENEZIA Nel giorno della verità a Palazzo Ferro Fini, la battuta più gettonata è l’ultima delle frasi di Osho: «Veneto, testa a testa tra Zaia e Sì». Ma quando su Venezia cala la notte, la satira lascia spazio all’evidenza: non solo Zaia Presidente si è aggiudicata il derby interno alla Lega, ma la corazzata zaianleghista ha messo all’angolo gli alleati di Fratelli d’Italia e Forza Italia, cambiando così definitivamente gli equilibri nel centrodestra. Al punto che lungo il Canal Grande comincia a serpeggiare la tentazione di un monocolore al Balbi, là dove “il doge Luca” potrebbe non avere più bisogno di alcuna stampella per formare la sua Giunta, se non altro su un piano strettamente aritmetico. Roberto Ciambetti, presidente uscente del Consiglio regionale e ricandidato (o meglio: rieletto) proprio nella lista Zaia, prova a cavarsela con un sorriso: «Potenzialmente saremmo autosufficienti, ma non vogliamo sembrare quelli che stravincono». II fatto è che la galassia leghista ha stravinto. Così perfino il prudente Lorenzo Fontana, segretario di una Liga Veneta che per queste delicate elezioni si era pure aggiunta il marchio “per Salvini Premier”, non nasconde che la possibilità di governare da soli rappresenterebbe una «garanzia per consentire a Zaia di proseguire la sua azione amministrativa senza biso-

Lega scossa dal suo “doge” «Governare da soli si può» Ora missione ripescaggi: in giunta anche i big “bocciati” dagli elettori `

gno di andare a compromessi», in un terzo mandato in cui dovranno essere chiusi i fascicoli rimasti aperti: «Per noi è chiaramente importante per poter lavorare con tranquillità in un momento in cui si dovranno affrontare partite come le Olimpiadi di Cortina, la realizzazione della Pedemontana e l’ autonomia». Ma evidentemente la politica è ben più che matematica. Ed è chiaro a tutti che proprio l’autonomia, peraltro oggetto di un sospirato accordo pre-elettorale tra i leader Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, potrà essere portata a casa solo con un ampio consenso a livello parlamentare, coinvolgendo anche quel recalcitrante Sud su cui Fdi e Fdi magari un qualche utile ascendente possono tuttora averlo.

VERONA A Verona c’è il sorpasso di Fratelli d’Italia su Lega e Pd. Ma la destra nel resto del Veneto non sfonda. E se complessivamente il voto regionale per Fdi passa complessivamente dal 6 al 9 per cento, la situazione varia da provincia a provincia. «Siamo molto soddisfatti del risultato raggiunto - commenta Luca De Carlo, coordinatore veneto di Fdi -. Il messaggio che emerge in tutto il Veneto è che il centrodestra è maggioritario in tutta la Regione. Questo significa che la parte produttiva del Paese guarda al centrodestra. Questo risultato va di pari passo con l’ottimo risultato racconto a Venezia e a Treviso».

L’ECCEZIONE Ma a Venezia è andata male, sotto il 7 per cento. Idem a Treviso, dove comanda Zaia (e in subordine la Lega salviniana). Pure la sua Belluno non dà grandi soddisfazioni al neo eletto senatore De Carlo: sotto l’8

molti fattori. Per esempio il rispetto della rappresentanza territoriale, la riconferma di quegli assessori uscenti a cui il governatore non intende rinunciare, il consenso ottenuto nelle urne. E pure il suo opposto contrario, come indicato da Fontana in queste ore, vale a dire la necessità di consolare i delusi, attraverso il ripescaggio nell’esecutivo dei big bocciati dagli elettori.

IL DIVARIO Ma forse tutte queste sono bazzecole, rispetto alla grana di una lista Zaia Presidente che ha il triplo dei consensi rispetto a quelli della Liga Veneta per Salvini Premier. «Averne di questi problemi...», dice Ciambetti:

NELL’ESECUTIVO Difficile dunque che Zaia voglia rompere il patto di centrodestra, per quanto sappia che la composizione della sua squadra dovrà soddisfare tante aspettative già fra i suoi e tenere conto di

Fdi non sfonda ma si arrocca nel fortino Verona IL CASO

Tentazione monocolore: «Non vogliamo stravincere, ma niente compromessi» `

per cento. Certo, nel complesso molto più di cinque anni fa quando Fratelli d’Italia era lontana dal 3 per cento e oggi triplica i consensi. Però, forse, le ambizioni erano altre. Magari quella di avvicinare la lista della Lega Salvini, sopraffatta dall’imperante Zaia di questa tornata elettorale. Lo strapotere del nuovo doge, evidentemente ha travolto anche l’elettorato di destra. Che però può gioire nel fortino veronese, dove semmai la vera sfida è quella sulle preferenze individuali, con il duello tra i consiglieri uscenti Stefano Casali e Massimo Giorgetti. E Fdi sfiora - in un testa a testa - i voti alla Lega. Con un ribaltamento nel

NELLE BATTAGLIE TRA LE LISTE PER LE REGIONALI SOLO NELLA CITTÀ SCALIGERA LA DESTRA DIVENTA IL SECONDO PARTITO

SEGRETARIO Lorenzo Fontana, a capo della Liga Veneta

capoluogo scaligero: prima la lista Zaia col 31%, segue Fdi (17%) e il Pd (16,5%) e Lega (14%); Fi (4,6%) su M5S (3,5%). «È un risultato che premia il lavoro fatto sia come amministratori sia sul territorio, tra i cittadini - dice subito Daniele Polato (Fdi) che risultava in testa ieri sera nella lista con 1074 preferenze solo a Verona, inseguito da Stefano Casali con 635 e da Massimo Mariotti con 374 (dati ovviamente parziali) - Siamo il secondo partito in città e ci avviciniamo ad esserlo anche in provincia. A San Zeno di Montagna, abbiamo superato il 40%. Abbiamo dimostrato sempre di essere un alleato fedele, e lo saremo anche per questi prossimi 5 anni». «Con Zaia oltre il 75% questo è un risultato che va oltre le nostre aspettative - commenta Nicolò Zavarise segretario del Carroccio Veronese -. Il dato per noi non è scindibile tra lista Zaia e Lega». Andando a guardare le preferenze in provincia nella lista Zaia brilla Stefano Valdegamberi e nella Lega se la giocano il consigliere comunale uscente Enrico Corsi e l’esordiente Raika Marcazzan. In difficoltà, invece, l’assessore regionale uscente Elisa De Berti nel Carroccio, e il consigliere regionale uscente ed ex onorevole Giovanna Negro (ex tosiana) in Veneta Autonomia. Massimo Rossignati © RIPRODUZIONE RISERVATA

CIAMBETTI: «SO CHE LUCA NON VUOLE FARE IL SEGRETARIO, MA ORA DOVRÀ ESSERE PIÙ COINVOLTO DAL PARTITO IN GIRO PER L’ITALIA»

Azzurri al 3,5% «Mancato il traino di Berlusconi» GLI AZZURRI VENEZIA La sensazione è di avere scampato il pericolo di trovarsi a mani vuote dopo avere scalato il palo della cuccagna. I primi dati che, faticosamente, sono cominciati ad affluire non erano proprio confortanti per Forza Italia. Nel tardo pomeriggio, quando era stato scrutinato appena il 10% delle schede, dava Forza Italia al di sotto della soglia critica del 3 per cento, che avrebbe escluso i rappresentanti del movimento che fu di Giancarlo Galan dal Consiglio regionale. E da una maggioranza schiacciante a favore del centrodestra di Luca Zaia.

SVOLTA IN SERATA Poi i dati hanno cominciato lentamente a risalire e in serata, a metà delle operazioni di spoglio, l’azzurro era diventato già meno sbiadito, in ogni caso al di sopra della percentuale che avrebbe garantito la rappresentanza a Palazzo Ferro Fini, dove i consiglieri

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uscenti erano quattro. «Non faccio i salti di gioia - è il primo commento del coordinatore regionale Michele Zuin, già parlamentare e vicesindaco uscente della Giunta di Luigi Brugnaro a Venezia - ma portare a casa un 3,5-4% non è un risultato da buttare. Se riesco a portare a casa un paio di consiglieri, e la Lega ne ottiene 8-9 per noi è un buon risultato, se si considera che la candidatura di Zaia ha pescato dappertutto». A destra come a sinistra, ma soprattutto nel polo moderato che rappresenta il bacino elettorale di Forza Italia. Confortanti, per Zuin, i primi dati che in serata sono arrivati da Verona, tradizionale roccaforte del

«Dietro le quinte del comizio di Cittadella, ho osservato Luca e Matteo: parlavano e scherzavano, non mi sembravano certo due persone divise da tensioni o invidie. Non so se Zaia avrà un futuro a livello nazionale, tutto può cambiare dall’oggi al domani. Ma in questo momento lo vedo concentrato sul Veneto dei prossimi cinque anni, senza nessun dualismo fra la sua lista e il partito. Noi tutti candidati eravamo intercambiabili per queste Regionali, io stesso fino a un mese fa ero in lizza con la Lega e poi sono stato spostato in Zaia Presidente, ma sempre e tutti leghisti siamo». Il ragionamento di Fontana è analogo: «Il divario? Era atteso. Anche nelle elezioni comunali, quando hai un candidato forte, accade qualcosa di simile. Però a differenza di quello che accade nei Comuni, la civica del presidente in questo caso è formata da leghisti. Zaia è nel direttorio della Liga Veneta. Lui stesso è iscritto nel gruppo della Liga Veneta in Regione, il nostro obiettivo era quello di superare il 50% fra le due liste per avere la maggioranza di leghisti in Regione e la cosa mi pare sia riuscita». E cosa farà Zaia dopo questa vittoria personale? Comunque vada, il governatore dovrà contare di più, suggerisce Ciambetti: «Non lo vedo segretario e so che Luca non vuole farlo. Ma come presidente più votato della storia, credo proprio che dovrà essere coinvolto di più dal partito in giro per l’Italia». Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA

centrodestra, ma anche da Padova e Venezia. «In ogni caso si è vinto - prosegue Zuin non stiamo certo parlando di una sconfitta». Forza Italia del resto non doveva vedersela soltanto con la Lega di Zaia ma anche con i Fratelli d’Italia che, in questi anni, hanno esercitato una notevole attrattiva fra i militanti del centrodestra. Agli azzurri è poi venuto a mancare il sostegno di Silvio Berlusconi, colpito dal virus e costretto a rinunciare, dopo anni, a vivere in prima persona la campagna elettorale. «Aveva promesso di venire in Veneto, la sua presenza avrebbe portato qualcosa in più - ammette Zuin - In questo momento però la cosa più importante è che il presidente abbia vinto la sua battaglia personale contro il virus».

ATTESA A VENEZIA

Ora per Zuin non resta che guardare in casa propria: «La vedo bene in chiave veneziana - dice - conto che il risultato di Zaia faccia sentire i suoi effetti sulla candidatura di Brugnaro e vada ad aggiun«DUE a quanto otterranno in CONSIGLIERI gersi città Lega, Fratelli d’Italia e NON È Forza Italia. Rispetto all’exit UN RISULTATO poll del primo pomeriggio veDA BUTTARE» do ancora il sindaco sopra il Michele Zuin 50%. Alberto Francesconi coord. Fi © RIPRODUZIONE RISERVATA



MARTEDÌ 22 SETTEMBRE 2020 LA NUOVA

PRIMO PIANO

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Elezioni

Una seduta del Consiglio regionale veneto prima della pandemia, senza mascherine e distanziamento obbligatori. A destra in alto Cristiano Corazzari e, sotto, Elisa De Berti

Lanzarin e Pan assessori uscenti che hanno rischiato di restare appiedati I membri della giunta regionale uscente si sono difesi dall’assalto di nuovi pretendenti. Il trionfo di Bottacin VENEZIA

Stravince il partito che non c’è. La lista costruita ad immagine e somiglianza del cinquantaduenne presidente del Veneto ridicolizza quella del Carroccio che reca nel contrassegno il nome del senatore-segretario Matteo Salvini. Morale della favola, la lista Zaia Presidente fa incetta di seggi. Fuori gioco l’ex vicepresidente Gianluca Forcolin in seguito all’affaire del bonus da

600 euro, gli assessori uscenti hanno provato a difendere con le unghie e con i denti le loro poltrone dall’assalto dei nuovi pretendenti. Il complesso meccanismo legato all’assegnazione dei seggi dirà se sono stati premiati gli sforzi del titolare della Cultura, Cristiano Corazzari, che nella circoscrizione di Rovigo ha trainato la Lega al 26,8% (a quattro punti dalla lista di Zaia), raccogliendo quasi duemila preferenze personali.

Federico Caner, assessore al Turismo, schierato dalla Lega nella circoscrizione di Treviso, ha trovato sulla sua strada Marzio Favero, sindaco di Montebelluna. Un vero trionfo si profila nel Bellunese la cavalcata elettorale di Gianpaolo Bottacin, titolare della Protezione civile, che ha messo a frutto al meglio (con quasi 7 mila preferenze) la popolarità guadagnata, a fianco di Zaia, durante le dirette tv del periodo del lockdown.

Il virologo Crisanti ha seguito da Londra l’appuntamento elettorale «Centrosinistra e M5s mi hanno offerto una candidatura al Senato»

«Zaia in marzo mi ha dato retta ed è stato premiato alle urne» L’INTERVISTA Francesco Rigatelli

l virologo Andrea Crisanti (nella foto) segue da Londra i risultati delle elezioni: «I veneti hanno premiato Zaia per come ha gestito l’epidemia, con tutti i meriti e le

I

contraddizioni del caso». Professore, cosa intende? «In una situazione disastrosa il presidente mi ha dato retta seguendo l’evidenza scientifica». C’è un effetto Crisanti? «Se non fosse stato per me Zaia avrebbe combinato un disastro. Il 28 febbraio parlò di epidemia mediatica, poi si è pre-

so il merito e non ho potuto tacere». Avete litigato? «No, l’ho trovata una debolezza umana, ma non mi sono fatto mettere i piedi in testa e ho difeso i meriti miei e dell’Università di Padova». Zaia glieli riconosce? «Sarebbe doloroso per lui. La gratitudine è un sentimento

Più sofferto il tentativo di rielezione di Roberto Marcato, assessore allo Sviluppo economico, e di Giuseppe Pan, titolare dell’Agricoltura, che a Padova si sono trovati, sotto le insegne della Lega Salvini, a respingere l’assalto del sindaco di Carceri Tiberio Businaro. Elena Donazzan, responsabile dell’Istruzione, si è dovuta confrontare, nel Vicentino, con Joe Formaggio, entrato nell’ultimo scorcio di legislatura a Palazzo Ferro-Fini in seguito al trasloco a Bruxelles di Sergio Berlato. Ma a insediarle il seggio berico di Fratelli d’Italia ha provato stavolta anche Vincenzo Forte che di Berlato è, incidentalmente, il genero e il pupillo. I primi esiti dello spoglio non sembrano positivi per Manuela Lanzarin, assessore alla Sanità, che nella lista Lega Salvini, ha affrontato una corsa all’ultimo respiro con il consigliere uscente Maurizio Colman, con il sindaco di Posina (558 abitanti) Andrea Cecchellero e con il capogruppo uscente del Carroccio Nicola Finco. Sempre nel Vicentino sembra invece lanciato verso il quarto mandato Roberto Ciambetti, che ha trovato un posto più comodo nella Lista Zaia. Potrebbe rivelarsi non

raro che talvolta genera ostilità». Questo le ha dato problemi? «Ho solo ricevuto qualche suggerimento di abbozzare, ma sono una persona libera. Dopo 25 anni all’Imperial college di Londra non devo niente a nessuno». Poi le hanno offerto una candidatura? «Al Senato per il centrosinistra e il M5s, ma preferisco rimanere uno scienziato. È così che mi sento più utile. Magari quando andrò in pensione ci penserò, ma mancano cinque anni». Lei è di sinistra? «Sono contro le diseguaglianze e per le pari opportunità. Mi piaceva la terza via di Blair, mentre ho sofferto l’era Corbin. Sicuramente non sono di

RIVALI DELLA DONAZZAN IN ALTO JOE FORMAGGIO E, IN BASSO VINCENZO FORTE, GENERO DI BERLATO

Corazzari ha portato molta acqua al mulino della Lega Confronto al coltello per Donazzan con Joe Formaggio e il genero di Berlato Un astro nascente insidia invece De Berti

scontata la rielezione di Elisa De Berti, assessore uscente ai Lavori pubblici, che deve guardarsi dall’assalto di Marco Andreoli. Boom di preferenze per Stefano Valdegamberi nella Lista Zaia. Sul versante dell’opposizione si segnala il bottino raccolto da Francesca Zottis, consigliere uscente e... rientrante, che ha ben distanziato gli avversari nella lista del Partito Democratico. Francesco Calzavara è il candidato consigliere più votato per la Lista Zaia nella provincia di Venezia. Emozionante, nella Marca, la corsa tra i quattro zaiani più gettonati: oltre quota seimila Silvia Rizzotto, Alberto Villanova, Sonia Brescacin e Alberto Villanova. Un ottimo risultato si profila anche per Fabrizio Boron, presidente della commissione regionale Sanità, schierato nelle file zaiane, che ha concesso il bis nel Padovano. Tra i volti nuovi dell’assemblea di Palazzo Ferro-Fini figura Enoch Soranzo, già presidente della Provincia, in corsa con Fratelli d’Italia. Nella circoscrizione di Vicenza il più votato del Partito democratico è il trentenne Giacomo Possamai. CLAUDIO BACCARIN © RIPRODUZIONE RISERVATA

destra». E nella politica italiana? «Trovo nel Pd un punto di riferimento, anche se è dilaniato da tante contraddizioni». Preferisce quello più di sinistra di Zingaretti o quello più riformista di Renzi? «Bisogna vedere se Renzi sia davvero riformista… Mi sento un liberal senza casa, attento alla giustizia sociale. Ho dedicato anni a contrastare le epi-

demie del terzo mondo». È vero che è contrario al G20 sulla salute in Lombardia? «Se vogliamo commemorare i morti facciamolo lì, ma se celebriamo il modello italiano contro il coronavirus meglio il Veneto o il Lazio». Un complimento a Zingaretti? «Ci mancherebbe, hanno lavorato bene anche a Roma e lo Spallanzani è un punto di riferimento». Ci sarà una conseguenza epidemica delle elezioni? «Tanta gente che si muove non è irrilevante, ma come al solito molto dipende dai comportamenti. Viviamo un equilibrio instabile in cui da una parte ci siamo noi e dall’altra il virus». — © RIPRODUZIONE RISERVATA


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MARTEDÌ 22 SETTEMBRE 2020 CORRIERE DELLE ALPI

PRIMO PIANO

Elezioni Delusione per il leader della Lega che sognava il cappotto alle Regionali Non dà la spallata in Toscana e deve accontentarsi di un pareggio (3-3)

Salvini: «Le Camere sono delegittimate ma non chiedo il voto anticipato» IL COLLOQUIO Alberto Mattioli / MILANO

B

enché ieri fosse San Matteo, non è andata troppo bene. Il 7 a 0 pronosticato a Cernobbio era in effetti improbabile però, al netto della Valle d’Aosta e dei suoi particolarismi bizantini, Matteo Salvini sognava un 5 a 1 e sperava in un 4 a 2. Invece la partita delle regionali è finita tre pari, con l’aggravante che la battaglia più salviniana di tutte, quella della Toscana, è stata persa, magari con onore, ai rigori, ma persa. Forse per questo il Capitano sbuca nella sala stampa di via Bellerio tardi, appena in tempo per i tiggì delle 20, dopo lunghi conciliaboli con Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli, preceduto da un tweet di ringraziamento per gli elettori che anticipa il mantra più ripetuto dei commenti: il centrodestra governa ormai 15 regioni su 20 (quindi «cambieranno gli equilibri nella

Conferenza Stato-Regioni») ed è maggioranza nel Paese. Però qualche confusione sulla linea c’è. Hanno infatti già parlato due leghisti di peso. Il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, fa presente che dopo la vittoria del sì al referendum la «logica conseguenza» dev’essere lo scioglimento delle Camere. E l’ex vicesegretario, Edoardo Rixi,

«Se in Toscana tutti nel centrodestra avessero preso i voti della Lega avremmo vinto» proclama che l’attuale Parlamento «non può votare» il nuovo Presidente della Repubblica. Opinioni personali o della Lega, Salvini? «Quanto questo Parlamento rappresenti il popolo italiano è legittimo chiederselo perché, primo, ci sono trecento parlamentari di più e, secondo, è sovrarappresentato un partito, il M5s, che in certe zone è stato in pratica can-

cellato dagli elettori». Quindi, chiede anche lei elezioni? «No. Avevo detto che non avrei usato questo voto per iniziative politiche e lo confermo». E sul nuovo Presidente? «Manca un anno e mezzo, ci sono altre priorità. Quante aziende rischiano di chiudere e quanti lavoratori di perdere il posto quando finiranno il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione? Per questo dico che è urgente che il Governo ci coinvolga nelle scelte. Rischiamo una tempesta economica e sociale». Poi c’è tutto il capitolo degli equilibri sempre più instabili con gli alleati. Meloni dice che FdI è l’unico partito del centrodestra a crescere da Nord a Sud... «La Lega è il primo partito del centrodestra e la leadership la decidono gli elettori. Certo, per le amministrative di primavera dovremo andare al di là dell’attuale centrodestra candidando nelle grandi città manager e imprenditori che mi hanno già dato la loro disponibilità». Ma al Capitano scappa comunque detto che “spera-

Il leader della Lega Matteo Salvini

vo di più dalla Puglia” . In effetti si sapeva che la Campania era persa e la Toscana difficile, ma dagli alleati rivali di Fratelli d’Italia e da Raffaele Fitto, raccontano nei corridoi di via Bellerio, ci si aspettava un risultato migliore. «La Toscana è la pagliuzza nell’occhio di Salvini ma la Puglia la trave in quello della Meloni», chiosa un leghista con uso di Sacre Scritture. Già, la Toscana. Salvini rivendica una campagna elettorale «garbata» e in effetti stavolta non si è messo a suonare campanelli. Ma allora Susanna Ceccardi, con la sua identità partitica così spiccata e il suo curriculum di posizioni estreme, non era forse la candi-

data più adatta per farla... «Susanna si è spesa in maniera incredibile. Abbiamo perso ma il sono contento. Prendere il 40% in Toscana è una soddisfazione enorme. Non rimpiango nulla e rifarei tutto». Però lì la Lega passa dal 32 delle Europee a un 22 scarso, mentre FdI raddoppia. «Se i voti restano nel centrodestra sono contento», ribatte Salvini, poi torna sincero: «Se in Toscana tutti nel centrodestra avessero preso i voti della Lega avremmo vinto». Infine, il Veneto. Che la lista Zaia abbia preso il triplo dei voti di quella della Lega salviniana è un fatto. Secondo Salvini, però, non è un problema: «Gli eletti sono tutti leghisti. Vorrei che le cose andasse-

ro storte così ovunque e prendere il 60% in tutta Italia». E canta vittoria per il senatore eletto in Sardegna alle suppletive e per il candidato leghista al ballottaggio a Reggio Calabria. Più una mezza sconfitta che una mezza vittoria, insomma. Tuttavia dentro il partito nessuno contesterà la leadership salviniana, men che meno Zaia che punta a un ruolo di riserva della Repubblica. «Ma poi, quale partito? – sbotta Gianni Fava, leader della piccola ma combattiva minoranza interna – Il partito non c’è. Ci sono soltanto alcune decine di scendiletto disposti a tutto pur di restare in sella. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

La presidente di Fratelli d’Italia amareggiata per il ko in Puglia: nel mirino lo scarso apporto del Carroccio. «Adesso ridiamo voce agli italiani»

Meloni prende le Marche, ma non scala il centrodestra LA PROTAGONISTA Amedeo La Mattina / ROMA

G

iorgia Meloni corre in serata nelle Marche per condividere la vittoria del suo candidato Francesco Acquaroli, ma ha il sapore amaro in bocca per la sconfitta di Raffaele Fitto in Puglia. Si era battuta con tutte le sue forze per convincere Matteo Salvini che i suoi due candidati fossero i migliori da spendere contro un centrosinistra da sempre al governo ad Ancona e contro il roccioso governatore Michele Emiliano. Il leader leghista ha sperato nel colpaccio in Toscana, ma ha fallito ancora una volta come è successo in Emilia Romagna, «consolandosi» con il successo bulgaro di Luca Zaia. Meloni invece non ha nessun competitore dentro Fratelli d’Italia che ha portato attorno al 15% a livello nazionale, riprendendosi tutti i voti rispetto ai momenti migliori di

Alleanza nazionale. Fdi prende i voti che perde la Lega e ora Giorgia può dire di avere espugnato una vera roccaforte rossa, a differenza di Salvini che non è riuscito a farlo finora. Rimane in lei però quel sapore amaro per la sconfitta sonora in Puglia. Se anche in questa Regione ce l’avesse fatta, la strada per la leadership del centrodestra sarebbe stata spianata. Ora deve volare più basso, prendersi la soddisfazione delle Marche, leccarsi le ferite pugliesi dove a crollare è stata la lista della Lega, con i veleni che si porta dietro. Dentro Fdi spiegano che in Puglia non ci sono leghisti per convinzione ma per convenienza, che non hanno lavorato sodo per Fitto: lì c’è una vecchia ruggine tra un pezzo di ceto politico che stava con Fitto e poi è passato col Carroccio. Tra l’altro in Puglia la Lega ha rischiato di non fare nemmeno l’8% richiesto per eleggere 4 consiglieri. FdI invece si conferma primo partito del centrodestra non solo in Puglia.

La leader di FdI Giorgia Meloni con Francesco Acquaroli

In ogni caso la soddisfazione di Meloni non può che essere dimezzata, non permette di dare l’assalto alla leadership della coalizione. Ma l’obiettivo rimane quello e una sua frase di ieri ad Ancona tradisce questa intenzione: «Questa è una straordinaria vittoria che strappa un’altra roccaforte al centrosinistra che consente al centrodestra, con guida fondamentale di FdI, di offrire una stagione di sviluppo diversa a questa regione». «In alcuni casi - ha ricordato - abbiamo com-

battuto a mani nude contro veri e propri carri armati. Abbiamo visto ministri di questo governo andare in giro per le regioni per spiegare ai cittadini che i soldi del Recovery Fund sarebbero arrivati solo se si fosse votato per loro. Sono metodi con i quali non potevamo e non volevamo competere». Si capirà presto quali saranno i nuovi equilibri nel centrodestra. Per il momento si finge fair play. Ignazio La Russa afferma di aver visto un Salvini impegnato ovunque in manie-

ra leale per tutti i candidati, anche in Puglia dove sarebbe prevalso a suo avviso «il voto clientelare di Emiliano e il voto disgiunto dei 5 stelle pur di non far vincere Fitto». «Certo - fa notare La Russa - la Lega pugliese non è tutta composta da leghisti doc, quelli che non erano orientati per il nostro candidato. Detto questo il nostro obiettivo in questa tornata non era la leadership del centrodestra ma il sorpasso dei 5S e ci siamo riusciti ovunque. La leadership l’avrà chi prenderà più voti alle elezioni nazionali». L’ordine di scuderia di Meloni è di evitare polemiche, non dire che in Puglia la sconfitta è imputabile a Salvini, ma è chiaro che il mancato sfondamento al Sud delle liste del Carroccio sta facendo la differenza. Per non parlare del tonfo del forzista Stefano Caldoro triturato da De Luca. La forza del centrodestra rimane visto che governa comunque 15 Regioni su 20. E ora dovrà cominciare a ragionare sulle prossime elezioni co-

munali del 2021 con due città come Roma e Milano contendibili alla sinistra. Meloni vuole indicare il candidato sindaco della capitale e lasciare a Salvini la scelta del capoluogo lombardo. Meloni sa che la battaglia per il governo nazionale è durissima e dovrà aspettare fino al 2023. Dichiara però che «il governo nazionale ne esce indebolito, mentre il centrodestra si rafforza». Allora Giuseppe Conte dovrebbe buttare la spugna perché nel Paese c’è una maggioranza ben diversa da quella che lo sostiene. Dichiarazioni di rito, di segno opposto tra l’altro rispetto a quelle di Salvini. Per Meloni lo stesso esito del referendum, che conferma la decisione presa dal Parlamento con «il contributo determinante di Fratelli d’Italia», richiede «ulteriori coraggiose riforme costituzionali». Può farle solo «un parlamento pienamente legittimato». «Ridare voce agli italiani: per Fdi è prioritario il passaggio a Presidenzialismo». — © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Primo Piano

Martedì 22 Settembre 2020 www.gazzettino.it

Le elezioni regionali

ELEZIONI2020 REGIONALI 2020

VENETO VOTO AL PRESIDENTE 2984 sezioni su 4751

Luca ZAIA

PROVINCE

Arturo LORENZONI

Enrico CAPPELLETTI

Daniela SBROLLINI

Simonetta RUBINATO

Patrizia BARTELLE

Antonio GUADAGNINI

Paolo BENVEGNU’

Paolo GIROTTO

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VENEZIA

(650 su 823)

247.057

74,82

54.319

16,45

14.076

4,26

1.894

0,57

1.273

0,39

2.371

0,72

2.732

0,83

3.246

0,98

3.255

0,99

TREVISO

(630 su 826)

269.366

80,17

41.566

12,37

8.437

2,51

1.501

0,45

3.539

1,05

1.689

0,50

4.115

1,22

2.030

0,60

3.764

1,12

PADOVA

(485 su 888)

190.970

73,97

48.739

18,88

7.921

3,07

1.265

0,49

1.252

0,48

1.431

0,55

1.300

0,50

1.871

0,72

3.438

1,33

BELLUNO

(219 su 242)

66.955

77,78

13.258

15,40

2.301

2,67

592

0,69

955

1,11

682

0,79

450

0,52

885

1,03

##

##

ROVIGO

(185 su 275)

57.046

75,77

12.729

16,91

2.715

3,61

394

0,52

377

0,50

509

0,68

350

0,46

800

1,06

369

0,49

VICENZA

(445 su 834)

166.297

75,27

37.865

17,14

6.548

2,96

1.549

0,70

1.499

0,68

1.130

0,51

2.106

0,95

1.474

0,67

2.475

1,12

VERONA

(370 su 863)

133.003

75,43

30.052

17,04

6.943

3,94

1.851

1,05

333

0,19

1.310

0,74

1.217

0,69

1.613

0,91

##

##

1.130.694

76,24

238.528

16,08

48.941

3,30

9.046

0,61

9.228

0,62

9.122

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TOTALE REGIONE

21 09 2020 23:40:28

Zaia III, mai nessuno come lui Il governatore uscente ottiene il voto di tre veneti su quattro `Cambia la geografia politica: all’opposizione supera la soglia Record in 50 anni di storia delle Regioni. E fa “ombra” a Salvini di sbarramento solo il centrosinistra (16 per cento), M5s fuori `

IL RISULTATO dal nostro inviato

VILLORBA (TREVISO) “Il nuovo campione della Lega”, titolava alla vigilia del voto il quotidiano francese Le Monde. Sbagliava. Perché Luca Zaia non è solo il campione di un partito. È un fenomeno che ieri ha scritto una pagina di storia. Ha messo all’angolo gli oppositori. Gli alleati. E, particolare non ininfluente, il suo stesso partito. Candidato per la terza volta consecutiva alla guida della Regione del Veneto, Zaia non ha vinto. Ha stravinto, superando perfino i sondaggi che già da mesi davano previsioni dai ri-

IN PASSATO SOLO LA DC AVEVA OTTENUTO DA SOLA IL 50% AFFLUENZA AL 61% CONTRO UNA MEDIA NAZIONALE DEL 57%

IL FOCUS TREVISO Il montaggio del palco davanti alla sede provinciale della Lega trevigiana, alle porte del capoluogo, è cominciato ben prima dell’inizio dello spoglio. Una festa in piena regola: decine e decine di operatori, più gli uomini del servizio d’ordine, hanno allestito tutto per celebrare l’impresa di Luca Zaia. Dubbi? Zero. Ore 15, missione compiuta: lo confermano i primi exit poll. Nel piazzale sono state sistemate 200 sedie, rigorosamente distanziate nel pieno rispetto delle misure di prevenzione contro la diffusione del coronavirus. A pochi metri c’erano anche i mezzi degli “Chef in viaggio”, chiamati per togliere fame e sete. Ma a nessuno da queste parti piace parlare

sultati stratosferici: settanta per cento, settantadue, settantaquattro. Alle otto di ieri sera, con quasi un quarto di sezioni scrutinate, 1.033 su 4.751, aveva più del 76 per cento. Il più votato di tutti, in tutta Italia: più di Giovanni Toti riconfermato in Liguria col 55 per cento dei voti, più del dem Vincenzo De Luca votato dal 67 per cento dei campani. E più di tutti a livello assoluto perché in cinquant’anni di storia delle Regioni mai nessuno aveva da solo raggiunto così tanti consensi. Voti personali. Presi magari da chi è leghista e da chi non lo è. E se qualcuno - il Capitano Matteo Salvini - pensava di ridimensionarlo togliendogli tutti gli assessori per candidarli nella lista della Lega, ora dovrà arrendersi ai numeri: il Carroccio non è stato solo doppiato dalla lista Zaia Presidente, è arrivato addirittura poco meno di un terzo: la civica del governatore al 47 per cento, la Lega per Salvini Premier al 14. Semmai, la Lega può “consolarsi” per avere bissato la storica Balena Bianca ai tempi della

Prima Repubblica: solo la Democrazia Cristiana era riuscita ad avere da sola il 50 per cento dei voti, una maggioranza assoluta adesso replicata dalla galassia leghista e cioè dalle tre liste partorite tra il K3, la sede storica del Carroccio in Veneto, e via Bellerio.

L’APPELLO «Votate per chi volete, ma andare a votare», era stato l’unico appello di Luca Zaia in campagna elettorale. Refrattario ai confronti con gli altri candidati, aveva detto no a tutte le emittenti televisive dopo che il suo principale competitor, il professor Arturo Lorenzoni a capo di un pezzo di coalizione del centrosinistra, avendo perso per strada Italia Viva e i socialisti, era risultato positivo al coronavirus. «O ci siamo tutti o nessuno», aveva detto Zaia. E così, per la prima volta nella storia del Veneto, non c’è stato un solo confronto tra tutti i candidati. Peraltro parecchi: nove. Tutti umiliati nel segreto dell’urna. I veneti sono andati a votare,

Il voto nel 2010

60,16% Luca Zaia centrodestra

29,08% Giuseppe Bortolussi centrosinistra

Il voto nel 2015

50,08% Luca Zaia centrodestra

22,74% Alessandra Moretti centrosinistra

eccome. Altro che paura del Covid, altro che timore di ammalarsi ai seggi. Affluenza del 61 per cento contro una media nazionale del 57. Alle urne per mandare a casa Zaia? Macché. Per dare un segnale? Forse non era questa l’intenzione degli elettori, ma curiosamente è quello che risulta da una prima lettura del risultato elettorale. Zaia è “Re Veneto”, gli altri solo comparse. L’indipendentista Antonio Guadagnini, l’autonomista Simonetta Rubinato, la renziana Daniela Sbrollini, il comunista Paolo Benvegnù, il no vax Paolo Girotto, l’ambientalista Patrizia Bartelle collezionano un risultato da prefisso telefonico, sostenuti da neanche un veneto su cento. Sotto la soglia di sbarramento del 3 per cento anche i 5stelle di Enrico Cappelletti. E Arturo Lorenzoni che all’inizio dello spoglio si attesta sul 16 per cento e conquista il nuovo record del centrosinistra: il più basso risultato di sempre, peggiore ancora del 22 per cento cinque anni fa di Alessandra Moretti. Ma almeno lui

resta in consiglio: unica forza all’opposizione. Ma il vero dato non è la sconfitta dei Lorenzoni & C. È la batosta inflitta a Matteo Salvini la cui Lega si ferma al 14 per cento.

NEL QUARTIER GENERALE DI TREVISO ANCHE IL SEGRETARIO VENETO FONTANA: «RISULTATO STORICO, UN GIUSTO PREMIO ALLA QUALITÀ»

za in consiglio regionale per garantire una buona amministrazione. E più voti prende la lista Zaia, più leghisti eleggiamo in consiglio». Sono facce della stessa medaglia. Che però resteranno separate anche una volta formatasi la nuova assemblea della Regio-

IL DOMANI Si potrà anche puntualizzare che tutti i candidati delle tre liste che sostenevano Zaia, compresa la Lista Veneta Autonoma, erano composte da leghisti. Vero. Ma i leghisti veneti, in Veneto, hanno votato Zaia, non Lega. E non solo loro. Dieci anni fa Zaia aveva preso il 60 per cento dei voti, cinque anni dopo con la diaspora dei tosiani era sceso al 50, adesso ha convinto tre veneti su quattro. La domanda adesso è: cosa farà? “Condannato” a restare in Veneto? «Resterà qui finché non porterà a casa l’autonomia, ne sono certo», dice il segretario della Lega Lorenzo Fontana. Salvo aggiungere: «Lo dico egoisticamente, ma Zaia darebbe valore aggiunto alle prossime Politiche». Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ore 15, scoppia subito la festa «Noi siamo tutti leghisti nessun derby tra le due liste» della cronaca di una vittoria annunciata. La campagna elettorale - ripetono nell’attesa che si appalesi il governatore in carne, ossa e consensi - ha richiesto la stessa determinazione di sempre. Solo ora la tensione può sciogliersi nei festeggiamenti. Oltre a Gianangelo Bof, responsabile della Lega trevigiana, il primo big ad arrivare al K3, storico quartier generale del partito nella Marca, è stato Lorenzo Fontana, vicesegretario nazionale e segretario della

Lega in Veneto. Proprio colui che parteggiava - per dovere di partito - per la lista Lega, quella con il nome di Salvini che arriva a raccogliere solo un terzo dei voti della lista Zaia. «Siamo davanti a un risultato storico che fa capire la qualità dell’amministrazione e la qualità del presidente – mette in chiaro – le emergenze, a cominciare da quella relativa al coronavirus, ma non solo, sono state gestite in modo egregio in Veneto. E alla fine Zaia è stato giustamente premiato».

DUALISMI NO Forse ieri sera ha contribuito anche la musica sparata dalle casse sistemate sotto al palco, fatto sta che nella sede trevigiana della Lega non è stato sentito alcuno scricchiolio legato al risultato del derby partito-lista Zaia. «Abbiamo fatto le liste assieme al governatore, che siede nel direttorio. La lista Zaia non è una civica nei termini classici. Lo dimostra il fatto che è composta da leghisti – sottolinea il segretario regionale – per noi l’obiettivo è avere la maggioran-

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Primo Piano

Martedì 22 Settembre 2020 www.gazzettino.it

L’intervista Luca Zaia ono le 21.10 quando Luca Zaia sale sul palco allestito davanti al K3, la storica sede della Lega trevigiana. Lo aspettano in centinaia, dagli assessori uscenti ai semplici militanti, quelli che alla fine definirà «i nostri diamanti». Attacca con i ringraziamenti: «A tutti voi per essere qua stasera. Alla Lega, il mio partito, per aver sempre creduto in me. Ai sostenitori, se non ci foste bisognerebbe inventarvi», fino alla moglie Raffaella «che mi sopporta in tutte le campagne elettorali». E subito ridimensiona la «festa»: «Questo risultato mi dà, dà a tutti noi, molta responsabilità. È un voto dei veneti per il Veneto. E quando dico veneti intendo quelli che sono qui da generazioni, ma anche quelli di adozione e gli ultimi arrivati che hanno un progetto di vita in Veneto».

S

«Un voto per il Veneto Tra me e Salvini non c’è alcuna contrapposizione»

lista Zaia Presidente sono della Lega. La Lista Zaia non è un soggetto politico. Io stesso in consiglio regionale continuerò a far parte del gruppo della Lega».

Il governatore: «L’esito mi dà grande `«La giunta non sarà un monocolore responsabilità. E adesso l’autonomia» leghista, ma terrò conto del risultato»

L’autonomia è l’unico traguardo? «È il principale, ma ne abbiamo tantissimi altri, dalla Pedemontana alle Olimpiadi, al risanamento delle acque dai Pfas, fino alla sanità che cambierà pelle nei prossimi anni con le tecnologie. C’è molto da fare».

`

Presidente, un risultato storico. E adesso qual è l’obiettivo? «Ne abbiamo uno solo, l’autonomia. Abbiamo avuto un segnale importante il 22 ottobre 2017 con oltre 2 milioni e 300mila veneti che sono andati a votare e ne abbiamo avuto uno anche in questa occasione». Come spiega tutto questo consenso? «Penso sia stata premiata l’amministrazione, quindi condivido questo risultato con tutti quelli che mi hanno aiutato, la mia squadra, i consiglieri di una legislatura che ha prodotto più leggi in assoluto. I risultati li avete visti: portare a casa il referendum sull’autonomia o le Olimpiadi quando nessuno ci credeva tanto per fare solo due esempi. E siamo l’unica Regione d’Italia che non applica tasse, noi non preleviamo dalle tasche dei veneti un controvalore di 1 miliardo 179 milioni di euro all’anno».

PROPAGANDA CON IL COVID? AVEVO GIÀ CONSENSI ALTISSIMI NON MI SERVIVA QUESTA DISGRAZIA

dov’erano stati candidati gli assessori uscenti. Come si spiega questo successo? E che riflessi avrà nella formazione della giunta? «È la quinta volta che facciamo la lista civica e trovo strano che qualcuno pensi che sia in contrapposizione a qualcun altro. Nessuna contrapposizione. La squadra è competenza del presidente, i numeri sono chiari, invece di pensare a poltrone dedichiamoci a lavorare pancia a terra per i veneti». Il suo successo si contrappone però a un risultato meno soddisfacente della Lega a livello nazionale. Influirà sulla leadership e sui rapporti di forza all’interno del partito? «Per me assolutamente no, non ho minimamente ambizioni na-

zionali né partitiche. La mia storia lo dimostra, avrei potuto in più occasioni cogliere delle opportunità. A me la vita ha dedicato un ruolo: amministrare. Se i veneti ci premiano è perché sanno che hanno un amministratore che non si distrae pensando a politica, scalate, correnti. Amministro guardando in faccia la gente e tranquillizzo tutti i nostri oppositori, anche se non sono molti da quel che si capisce, sul fatto che avremo cinque anni di eccezionale amministrazione. Tutti quelli che vogliono fare opposizione si preparino, fra cinque anni non ci sarò più». Però una conta tra Lega e Zaia Presidente c’è stata. «No, non c’è stata nessuna conta, peraltro tutti i candidati della

Ha chiamato il candidato del centrosinistra, il professor Arturo Lorenzoni? «No, ma immagino che lo sentirò».

NESSUNA CONTA CON IL CARROCCIO LA MIA LISTA NON DIVENTERÀ UN SOGGETTO POLITICO

Che legislatura vi aspettate con una opposizione così debole almeno dal punto di vista numerico? «Sarà una legislatura in cui, pancia a terra, si lavora. Alle mie maggioranze, e ormai ne ho avute tante, dico sempre che quando non c’è opposizione nasce l’opposizione, quindi faremo in modo che ci sia l’opposizione». Si sente più presidente o amministratore delegato dei veneti? «Mah, io so che i veneti hanno capito che se le robe non funzionano xè colpa mia». Puglia e Toscana sono rimaste al centrosinistra. Secondo lei che dinamiche ci sono state? «Non lo so, come voi leggo i giornali. Il governatore del Veneto non ha tempo da perdere per occuparsi di politica o sondaggi. Il mio mestiere è governare questa Regione. Io non vorrei vedere il mio presidente di Regione che va in giro a fare comizi».

Cosa dice a chi sostiene che nei 140 giorni di emergenza sanitaria lei con le dirette si è fatto propaganda? «Io prima del coronavirus avevo consensi altissimi, non avevo bisogno di questa disgrazia per portare a casa voti». Ha detto che questa vittoria è una grande responsabilità, l’hanno votata anche non leghisti. «Ho coscienza del fatto che non tutti quelli che ci hanno votato sono elettori che comunemente ci votano. Sarà mia garanzia rappresentare tutti, fare in modo di non deludere il nostro elettorato ma anche i nuovi elettori che si sono avvicinati a noi in questa avventura amministrativa».

Che effetto le fa aver raggiunto il record più alto di sempre a livello regionale? «Intanto attenderei i risultati finali. È sicuramente un buon risultato, dà responsabilità e preoccupazione. Ma, come dice mio padre, non viviamo in roulotte, siamo facilmente rintracciabili, i cittadini devono avere la certezza che si lavora e si produce».

Ha sentito Matteo Salvini? «Sì, mi ha messaggiato. Si è congratulato».

A quando la nuova giunta? «Appena ci sarà la proclamazione degli eletti». Alda Vanzan

La lista Zaia Presidente ha umiliato la lista della Lega,

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LA FESTA LEGHISTA Al K3, storica sede della Lega a Treviso, si sono dati appuntamento i fedelissimi: palco e parterre allestiti per l’intervento in serata di Luca Zaia. Qui accanto l’assessore uscente Roberto Marcato e il sindaco di Treviso, Mario Conte (foto NUOVE TECNICHE)

ne. «Sarà come è stato negli ultimi cinque anni – chiarisce Fontana – pure l’altra volta sono rimasti due gruppi, per questioni interne, tecniche. Ma sono tutti della Lega». Nel pomeriggio è giunto nella sede trevigiana l’assessore regionale uscente Federico Ca-

Pare che abbiate la maggioranza assoluta in consiglio regionale: la giunta sarà un monocolore leghista o coinvolgerà gli alleati di coalizione? «Intanto attendiamo i numeri. Il nostro motto comunque è vincere, non stravincere. Abbiamo dei compagni di viaggio, ci confronteremo con loro. Ovviamente forti del fatto che i cittadini si sono espressi in maniera incontrovertibile».

CANER “INCORONA” IL GOVERNATORE: «IN QUESTO MOMENTO RAPPRESENTA TUTTI ANCHE IL MONDO DEL CENTROSINISTRA»

ner, seguito poi da Roberto Marcato. «Un risultato del genere mi ha sorpreso. Un conto è parlare del sentiment raccolto tra i cittadini. Altro è vederlo uscire dalle urne – ammette Caner – Zaia in questo momento rappresenta un po’ tutti. Non solo il mondo del centrodestra,

ma anche quello del centrosinistra. È questa la vera verità. È simile a ciò che è accaduto con il referendum sull’autonomia. In quell’occasione erano andati a votare anche molti del centrosinistra. Oggi il presidente Zaia ha catalizzato tutto questo consenso dato dalla capacità amministrativa».

LA SQUADRA Caner legge in questo modo pure il derby tra la lista della Lega a quella personale di Zaia. «In realtà non è stato un derby.

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C’è stata la volontà di creare un’altra lista per far votare chi magari aveva difficoltà a livello ideologico a votare Lega. In questo modo hanno potuto comunque votare per Zaia – tira le fila – le persone inserite nella lista Zaia sono militanti della Lega. Alla fine i risultati si sommano. C’è una sola cosa che conta: siamo tutti della stessa squadra». Adesso si apre già la partita riguardante la squadra. Quanti assessori ci saranno? E, soprattutto, da quali province arrive-

ranno? «Il gruppo costituito da Fontana e Zaia è un bellissimo gruppo. Che una provincia abbia poi un assessore in più rispetto a un’altra non è quello che ci importa – specifica Gianangelo Bof, segretario della Lega di Treviso – l’unica preoccupazione è quella di mettere in piedi una bella squadra, che sarà sicuramente composta da persone capaci e competenti». Sempre assieme agli alleati del centrodestra? «A livello nazionale siamo nella grande famiglia del centrodestra. Ed è così che ci piace amministrare in tutti i territori, alle spalle c’è un progetto politico per i cittadini. E nel progetto, assieme a noi, ci sono anche gli amici di Fratelli d’Italia e di Forza Italia». Nell’ordine, a quanto pare. Mauro Favaro © RIPRODUZIONE RISERVATA


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PRIMO PIANO

MARTEDÌ 22 SETTEMBRE 2020 IL MATTINO

Il voto sul referendum

VENETO E PROVINCE

DATI DEFINITIVI

a uenza

BELLUNO PADOVA ROVIGO TREVISO VENEZIA VERONA VICENZA VENETO

56,1%

43,9%

61,9%

62,4%

37,6%

69,0%

67,1%

32,9%

64,3%

60,2%

39,8%

66,8%

65,2%

34,8%

67,0%

61,8%

38,2%

63,3%

62,7%

37,3%

68,0%

62,4%

37,6%

66,5%

referendum costituzionale, le operazioni di scrutinio

il taglio ai parlamentari

Referendum, in Veneto “sì” al 62% con il picco della partecipazione D’Incà: avanti con le riforme, ora Senato su base regionale e legge elettorale. A Belluno picco di “no” di garantire l'equilibrio tra i poteri dello Stato e gli organi costituzionali per il buon funzionamento delle nostre istituzioni e, dall'altro lato, riformare la legge elettorale con la reintroduzione delle preferenze», spiega il senatore Antonio De Poli (Fi-Udc) che ha raccolto le firme per il referendum confermativo.

Albino Salmaso / PADOVA

Trionfa il “sì” con il 69% nel referendum per il taglio dei parlamentari, ma in Veneto e in Friuli il “no” raggiunge il 37 e 40 per cento, dieci punti oltre la media nazionale. Nella prossima legislatura, i deputati saranno 400 e il Veneto ne eleggerà 32 mentre ora sono 50. Il Senato scende a 200 seggi, 16 dei quali designati dalla nostra regione contro i 24 eletti nel 2018. Un taglio lineare del 33 per cento, che non penalizza i piccoli partiti mentre resta da capire quale sarà il destino di Rovigo e Belluno con i nuovi maxicollegi da 1 milione di abitanti: le due province saranno accorpate con Padova e Treviso, con un inesorabile ridimensionamento a Roma. BELLUNO E ROVIGO

Materia complessa, che sarà affrontata dal Parlamento con la nuova legge elettorale proporzionale e soglia di sbarramento al 5 per cento e la composizione dei futuri collegi di Camera e Senato, da disegnare ex novo dopo la riforma del Rosatellum. Perché il No è così alto al Nord e in Veneto supera il 37%? Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale e rieletto per la quarta legislatura, ammette che a Belluno la paura di restare senza deputati e senatori si è fatta sentire nelle ultime settimane. «Ho girato i mercati, si tratta di una provincia con 200 mi-

suppletive a verona

Il sindaco De Carlo (FdI) neo senatore torna a Roma

ESULTANO I GRILLINI

Luca De Carlo, sindaco di Calalzo di Cadore (Belluno) e già deputato di Fratelli d'Italia, ha vinto l'elezione suppletiva per il collegio Veneto 9 del Senato, in provincia di Verona. De Carlo ha ottenuto 5.012 preferenze, pari al 69,62% superando Matteo Melotti, Pd (1.487 voti, 20,66%), ed Emanuele Sterzi del Movimento 5 Stelle (700 voti, 9,72%). la abitanti che inevitabilmente dovrà essere accorpata. C’è il timore di subire un’ulteriore penalizzazione e i sostenitori del No hanno fatto breccia tra gli elettori, anche se tutti i partiti hanno sostenuto ufficialmente il Sì». A Belluno il “No” ha raggiunto il record del 43 per cento. Ma a Rovigo si è registrato l’esatto opposto. Nel Polesine destinato all’aggregazione dei collegi con Padova o Verona, il “No” si è fermato al 32,8% proprio perché gli elettori hanno rispettato fedelmente le indicazioni dei partiti. In

Veneto dove la sinistra è debolissima e non ha schierato candidati autorevoli contro Zaia, l’area del Pd legata alla Bindi e a Veltroni e i “rottamati” della stagione Renzi, sono scesi in campo per difendere il parlamento dall’onda anti-casta dei grillini, che hanno guidato il fronte del Sì. Un’élite culturale che difende la Costituzione come valore assoluto. RECORD DI AFFLUENZA

Il professor Paolo Feltrin, che guida l’Osservatorio elettorale, sottolinea che il Vene-

to ha dato prova di grande senso di comunità con la partecipazione alle urne del 61,2% che sale al 67,6% per il referendum. Il motivo del gap? Per le regionali non ci sono i voti dei veneti residenti all’estero, che non tornano a casa per eleggere Zaia, visto che ha vinto lo stesso con oltre il 70 per cento. LA NUOVA LEGGE ELETTORALE

«La vittoria del Sì è netta e la volontà degli italiani va rispettata. Ora ciò che serve è una riforma seria e organica che sia in grado, da un lato,

Il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà ringrazia chi ha lavorato ai seggi. «Con il consenso espresso dagli elettori s’ inaugura un nuovo metodo che i cittadini hanno dimostrato di apprezzare. Il “Sì” alla riduzione del numero dei parlamentari, che dalla prossima legislatura passeranno dai 945 attuali a 600, è stato approvato con un’ampia maggioranza che permette a questa riforma di essere definitiva. Permette anche di andare avanti speditamente con le altre riforme in qualche modo collegate, alcune delle quali, come l’equiparazione dell’elettorato attivo per Camera e Senato, la modifica dell’elezione al Senato su base regionale e la riduzione dei delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica, hanno già iniziato il loro percorso in Parlamento. Andremo avanti anche con la legge elettorale, prestando particolare attenzione alle esigenze di rappresentanza delle aree interne del Paese e tenendo in dovu-

ta considerazione anche le preoccupazioni per chi ha votato no. Dimostreremo che non ci sono rischi di rappresentanza, rilanceremo il ruolo e la centralità del Parlamento e stimoleremo sempre di più la partecipazione popolare», conclude D’Incà. Anche la Lega ha sostenuto il Sì, come ricorda Lorenzo Fontana, deputato e commissario del partito: «Questa riforma lasciata da sola è poca cosa. È tanta la burocrazia che ostacola l’attività del Parlamento che dovrebbe essere più snello ma anche capace di agire. A me preoccupa anche la nuova legge elettorale perché non vorrei che poi qualcuno puntasse a un sistema capace di imbrigliare di più le eventuali maggioranze. Serve un governo capace di fare scelte precise e nette». — © RIPRODUZIONE RISERVATA

ilgovernatore fedriga

Friuli, tanti contrari «Ora non si ritorni al proporzionale» «Ha indubbiamente vinto il sì» anche se con numeri «al di sotto dei sondaggi di qualche mese fa. Il Friuli Venezia Giulia è la regione dove maggiore è stato il numero dei no» con il 40,43%. È il commento del governatore Massimiliano Fedriga all'esito del referendum che ha decurtato il numero dei parlamentari. «Mi auguro - ha proseguito Fedriga - che non vogliano andare avanti con una legge elettorale con il proporzionale puro, perché questo toglie il diritto di scelta ai cittadini». A questo punto, dunque, il «Parlamento dovrà uniformare la legge elettorale ai nuovi numeri parlamentari», poi si andrà al voto, ed è «opportuno che sia un Parlamento diverso ad eleggere il Capo dello Stato», ha concluso il governatore del Friuli. — © RIPRODUZIONE RISERVATA


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MARTEDÌ 22 SETTEMBRE 2020 LA NUOVA

PRIMO PIANO

Elezioni Delusione per il leader della Lega che sognava il cappotto alle Regionali Non dà la spallata in Toscana e deve accontentarsi di un pareggio (3-3)

Salvini: «Le Camere sono delegittimate ma non chiedo il voto anticipato» IL COLLOQUIO Alberto Mattioli / MILANO

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enché ieri fosse San Matteo, non è andata troppo bene. Il 7 a 0 pronosticato a Cernobbio era in effetti improbabile però, al netto della Valle d’Aosta e dei suoi particolarismi bizantini, Matteo Salvini sognava un 5 a 1 e sperava in un 4 a 2. Invece la partita delle regionali è finita tre pari, con l’aggravante che la battaglia più salviniana di tutte, quella della Toscana, è stata persa, magari con onore, ai rigori, ma persa. Forse per questo il Capitano sbuca nella sala stampa di via Bellerio tardi, appena in tempo per i tiggì delle 20, dopo lunghi conciliaboli con Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli, preceduto da un tweet di ringraziamento per gli elettori che anticipa il mantra più ripetuto dei commenti: il centrodestra governa ormai 15 regioni su 20 (quindi «cambieranno gli equilibri nella

Conferenza Stato-Regioni») ed è maggioranza nel Paese. Però qualche confusione sulla linea c’è. Hanno infatti già parlato due leghisti di peso. Il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, fa presente che dopo la vittoria del sì al referendum la «logica conseguenza» dev’essere lo scioglimento delle Camere. E l’ex vicesegretario, Edoardo Rixi,

«Se in Toscana tutti nel centrodestra avessero preso i voti della Lega avremmo vinto» proclama che l’attuale Parlamento «non può votare» il nuovo Presidente della Repubblica. Opinioni personali o della Lega, Salvini? «Quanto questo Parlamento rappresenti il popolo italiano è legittimo chiederselo perché, primo, ci sono trecento parlamentari di più e, secondo, è sovrarappresentato un partito, il M5s, che in certe zone è stato in pratica can-

cellato dagli elettori». Quindi, chiede anche lei elezioni? «No. Avevo detto che non avrei usato questo voto per iniziative politiche e lo confermo». E sul nuovo Presidente? «Manca un anno e mezzo, ci sono altre priorità. Quante aziende rischiano di chiudere e quanti lavoratori di perdere il posto quando finiranno il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione? Per questo dico che è urgente che il Governo ci coinvolga nelle scelte. Rischiamo una tempesta economica e sociale». Poi c’è tutto il capitolo degli equilibri sempre più instabili con gli alleati. Meloni dice che FdI è l’unico partito del centrodestra a crescere da Nord a Sud... «La Lega è il primo partito del centrodestra e la leadership la decidono gli elettori. Certo, per le amministrative di primavera dovremo andare al di là dell’attuale centrodestra candidando nelle grandi città manager e imprenditori che mi hanno già dato la loro disponibilità». Ma al Capitano scappa comunque detto che “spera-

Il leader della Lega Matteo Salvini

vo di più dalla Puglia” . In effetti si sapeva che la Campania era persa e la Toscana difficile, ma dagli alleati rivali di Fratelli d’Italia e da Raffaele Fitto, raccontano nei corridoi di via Bellerio, ci si aspettava un risultato migliore. «La Toscana è la pagliuzza nell’occhio di Salvini ma la Puglia la trave in quello della Meloni», chiosa un leghista con uso di Sacre Scritture. Già, la Toscana. Salvini rivendica una campagna elettorale «garbata» e in effetti stavolta non si è messo a suonare campanelli. Ma allora Susanna Ceccardi, con la sua identità partitica così spiccata e il suo curriculum di posizioni estreme, non era forse la candi-

data più adatta per farla... «Susanna si è spesa in maniera incredibile. Abbiamo perso ma il sono contento. Prendere il 40% in Toscana è una soddisfazione enorme. Non rimpiango nulla e rifarei tutto». Però lì la Lega passa dal 32 delle Europee a un 22 scarso, mentre FdI raddoppia. «Se i voti restano nel centrodestra sono contento», ribatte Salvini, poi torna sincero: «Se in Toscana tutti nel centrodestra avessero preso i voti della Lega avremmo vinto». Infine, il Veneto. Che la lista Zaia abbia preso il triplo dei voti di quella della Lega salviniana è un fatto. Secondo Salvini, però, non è un problema: «Gli eletti sono tutti leghisti. Vorrei che le cose andasse-

ro storte così ovunque e prendere il 60% in tutta Italia». E canta vittoria per il senatore eletto in Sardegna alle suppletive e per il candidato leghista al ballottaggio a Reggio Calabria. Più una mezza sconfitta che una mezza vittoria, insomma. Tuttavia dentro il partito nessuno contesterà la leadership salviniana, men che meno Zaia che punta a un ruolo di riserva della Repubblica. «Ma poi, quale partito? – sbotta Gianni Fava, leader della piccola ma combattiva minoranza interna – Il partito non c’è. Ci sono soltanto alcune decine di scendiletto disposti a tutto pur di restare in sella. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

La presidente di Fratelli d’Italia amareggiata per il ko in Puglia: nel mirino lo scarso apporto del Carroccio. «Adesso ridiamo voce agli italiani»

Meloni prende le Marche, ma non scala il centrodestra LA PROTAGONISTA Amedeo La Mattina / ROMA

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iorgia Meloni corre in serata nelle Marche per condividere la vittoria del suo candidato Francesco Acquaroli, ma ha il sapore amaro in bocca per la sconfitta di Raffaele Fitto in Puglia. Si era battuta con tutte le sue forze per convincere Matteo Salvini che i suoi due candidati fossero i migliori da spendere contro un centrosinistra da sempre al governo ad Ancona e contro il roccioso governatore Michele Emiliano. Il leader leghista ha sperato nel colpaccio in Toscana, ma ha fallito ancora una volta come è successo in Emilia Romagna, «consolandosi» con il successo bulgaro di Luca Zaia. Meloni invece non ha nessun competitore dentro Fratelli d’Italia che ha portato attorno al 15% a livello nazionale, riprendendosi tutti i voti rispetto ai momenti migliori di

Alleanza nazionale. Fdi prende i voti che perde la Lega e ora Giorgia può dire di avere espugnato una vera roccaforte rossa, a differenza di Salvini che non è riuscito a farlo finora. Rimane in lei però quel sapore amaro per la sconfitta sonora in Puglia. Se anche in questa Regione ce l’avesse fatta, la strada per la leadership del centrodestra sarebbe stata spianata. Ora deve volare più basso, prendersi la soddisfazione delle Marche, leccarsi le ferite pugliesi dove a crollare è stata la lista della Lega, con i veleni che si porta dietro. Dentro Fdi spiegano che in Puglia non ci sono leghisti per convinzione ma per convenienza, che non hanno lavorato sodo per Fitto: lì c’è una vecchia ruggine tra un pezzo di ceto politico che stava con Fitto e poi è passato col Carroccio. Tra l’altro in Puglia la Lega ha rischiato di non fare nemmeno l’8% richiesto per eleggere 4 consiglieri. FdI invece si conferma primo partito del centrodestra non solo in Puglia.

La leader di FdI Giorgia Meloni con Francesco Acquaroli

In ogni caso la soddisfazione di Meloni non può che essere dimezzata, non permette di dare l’assalto alla leadership della coalizione. Ma l’obiettivo rimane quello e una sua frase di ieri ad Ancona tradisce questa intenzione: «Questa è una straordinaria vittoria che strappa un’altra roccaforte al centrosinistra che consente al centrodestra, con guida fondamentale di FdI, di offrire una stagione di sviluppo diversa a questa regione». «In alcuni casi - ha ricordato - abbiamo com-

battuto a mani nude contro veri e propri carri armati. Abbiamo visto ministri di questo governo andare in giro per le regioni per spiegare ai cittadini che i soldi del Recovery Fund sarebbero arrivati solo se si fosse votato per loro. Sono metodi con i quali non potevamo e non volevamo competere». Si capirà presto quali saranno i nuovi equilibri nel centrodestra. Per il momento si finge fair play. Ignazio La Russa afferma di aver visto un Salvini impegnato ovunque in manie-

ra leale per tutti i candidati, anche in Puglia dove sarebbe prevalso a suo avviso «il voto clientelare di Emiliano e il voto disgiunto dei 5 stelle pur di non far vincere Fitto». «Certo - fa notare La Russa - la Lega pugliese non è tutta composta da leghisti doc, quelli che non erano orientati per il nostro candidato. Detto questo il nostro obiettivo in questa tornata non era la leadership del centrodestra ma il sorpasso dei 5S e ci siamo riusciti ovunque. La leadership l’avrà chi prenderà più voti alle elezioni nazionali». L’ordine di scuderia di Meloni è di evitare polemiche, non dire che in Puglia la sconfitta è imputabile a Salvini, ma è chiaro che il mancato sfondamento al Sud delle liste del Carroccio sta facendo la differenza. Per non parlare del tonfo del forzista Stefano Caldoro triturato da De Luca. La forza del centrodestra rimane visto che governa comunque 15 Regioni su 20. E ora dovrà cominciare a ragionare sulle prossime elezioni co-

munali del 2021 con due città come Roma e Milano contendibili alla sinistra. Meloni vuole indicare il candidato sindaco della capitale e lasciare a Salvini la scelta del capoluogo lombardo. Meloni sa che la battaglia per il governo nazionale è durissima e dovrà aspettare fino al 2023. Dichiara però che «il governo nazionale ne esce indebolito, mentre il centrodestra si rafforza». Allora Giuseppe Conte dovrebbe buttare la spugna perché nel Paese c’è una maggioranza ben diversa da quella che lo sostiene. Dichiarazioni di rito, di segno opposto tra l’altro rispetto a quelle di Salvini. Per Meloni lo stesso esito del referendum, che conferma la decisione presa dal Parlamento con «il contributo determinante di Fratelli d’Italia», richiede «ulteriori coraggiose riforme costituzionali». Può farle solo «un parlamento pienamente legittimato». «Ridare voce agli italiani: per Fdi è prioritario il passaggio a Presidenzialismo». — © RIPRODUZIONE RISERVATA


V

Speciale Elezioni

Martedì 22 Settembre 2020 www.gazzettino.it

Francesca Zottis: «Non va bene, ma riusciamo a tenere» Pellicani: «Va messa in campo una nuova classe dirigente»

REGIONALI 2020

695 sez. su 823 CITTA’ METROPOLITANA E CAPOLUOGO CITTA’ METROP.

LISTE

VOTI

Movimento 3V Sanca Autonomia

CENTROSINISTRA SAN DONA’/VENEZIA La roccaforte del Pd resiste a San Donà. La consigliera Francesca Zottis è prudente, «dai conteggi sono avanti nelle preferenze, (oltre 700 a San Donà con 33 sezioni scrutinate su 40, quindi oltre l’80%). Il risultato del Pd sembra stabile, anche se nella passata elezione si assestava al 15% nel complesso. Non va bene ma nel panorama del centrosinistra siamo gli unici a tenere». Una ricetta per essere competitivi in futuro? «Riunire tutto il centrosinistra a partire dagli alleati di Leu, pur rimasti in coalizione, e cercare un dialogo con gli elettori di “Italia viva” che hanno puntato su Daniela Sbrollini. Altro passo è riunire i verdi: alcuni sono rimasti in coalizione, altri con il gruppo “Veneto ecolo-

gia solidarietà” hanno presentato Patrizia Bartelle. Per superare questa frammentazione sono imprescindibili unità e coesione sociale, altrimenti non saremo mai competitivi contro una corazzata come quella di Zaia». «Le preferenze di Zaia hanno sotterrato la Lega – commenta – per i veneti è un punto di riferimento chiaro, anche per chi votava in altra direzione e soprattutto rispetto alla Lega di Matteo Salvini. Tradotto in seggi in consiglio regionale Zaia potrà godere di una maggioranza “bulgara”. Noi dovremo lavorare fuori, tra i cittadini per riacquisire forza e credibilità». E secondo Zottis ci sono comunque delle battaglie di Zaia condivisibili, tra cui quella sull’autonomia, «anch’io avevo votato a favore e con il Ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia il lavoro sta procedendo.

CANDIDATI VINCENTI Francesco Calzavara (a dx) qui con Gabriele Michieletto, entrambi della lista Zaia

quale Calzavara si è piazzato al primo posto, davanti a Lucas Pavanetto di Fratelli d’Italia, che ha raccolto 1.400 preferenze, e a Otello Bergamo, assessore all’Urbanistica, fermo a quota 900. Anche per loro rimane da verificare il risultato negli altri comuni, anche se l’ingresso a Ferro Fini è tutto da decifrare. Decisamente più sereno, su questo fronte, Calzavara, che però fino a tarda sera ha invocato cautela in attesa di tutti i risultati.

FATTORE FORCOLIN

personale e le 1.850 preferenze raccolte solo a Jesolo. «Mi limito a dire che a Jesolo il risultato è stato molto positivo - commenta – anche perché la competizione non era facile, visto che proprio a Jesolo c’erano tre candidati del centrodestra che sostenevano tutti lo stesso governatore, è stata una bella competizione». Una sfida a tre nella

Da verificare quanto ha influito nel risultato l’assenza di Gianluca Forcolin, escluso dalla liste. «A Jesolo non credo – conclude Calzavara – perché i bacini di riferimento sono differenti, qualcosa può essere cambiato negli altri comuni, non a caso rispetto a 5 anni ho fatto campagna anche fuori Jesolo, soprattutto nell’ultimo periodo. Sarà interessante analizzare il dato complessivo». Giuseppe Babbo © RIPRODUZIONE RISERVATA

Zaia deve ringraziare questo governo se si continua a lavorare con una certa continuità, perché Salvini non aveva fatto nulla».

PELLICANI CRITICO

BATTAGLIERA Zottis, consiglieera uscente del Pd. Nella foto grande i candidati Pd nel veneziano

AMBIENTALISTI E SINISTRA VENEZIA I Verdi sembrano aver ben digerito il risultato uscito dalle urne a livello regionale. «Un buon risultato, anche migliore nelle città capoluogo, benchè per difendere l’ambiente e avviare la transizione a un’economia green ci voglia di più. Insisteremo. Abbiamo ricostruito una presenza ecologista in tutte le province, con un forte rinnovamento interno, malgrado povertà di mezzi e scarsa visibilità, a cui purtroppo siamo abituati. Ma rafforzeremo l’impegno, sperando di riuscire a entrare in consiglio regionale». Commenta così il voto regionale Gianfranco Bettin, leader del movimento ambientalista, già deputato e consigliere regionale, nonché assessore più volte del Comune di Venezia e per ultimo presidente dell’importante Municipalità di Marghera. Europa Verde, che aveva come capolista la 47enne Elisa Casonato, ha sostenuto il candidato presidente per il centrosinistra, Arturo Lorenzoni, portando avanti i temi che le sono da sempre cari: la comune ricerca

San Donà dunque regge ma è indubbiamente pesante la disamina di Nicola Pellicani sui risultati scaturiti a livello regionale. «Il risultato delle elezioni regionali in Veneto era ampiamente annunciato, ma ciò non cambia l’entità e la gravità della sconfitta del centrosinistra. Zaia ottiene una vittoria che non ha eguali nella storia del regionalismo italiano, confermando di avere un solidissimo radicamento territoriale e una grande capacità comunicativa. Voglio ringraziare Arturo Lorenzoni, per la grande generosità dimostrata in questi mesi in cui ha messo la faccia di fronte a una sfida che fin dall’ini-

0,12

Il Veneto che Vogliamo

3.929

1,34

40.349 13,80

Partito dei Veneti

2.936

Movimento 5 Stelle

11.121 3,80

IV, PSI, PRI Civica Veneto

1.792

Zaia Presidente Forza Italia

1,00

VENEZIA VOTI

%

520 0,64 112

0,14

684 0,84 1.283

1,58

15.354 18,97 683 0,84 3.322

4,10

0,61

470 0,58

138.782 47,47

36.324 44,87

11.211 3,84

1.607

1,99

Lega Liga Veneta

42.733 14,62

9.517 11,76

Fratelli d’Italia

20.058 6,86

5.517 6,82

Solidarietà Ambiente Lavoro

2.208 0,76

Europa Verde

5.371

1,84

2.819 3,48

Veneto per le Autonomie

1.078 0,37

283 0,35

Lista Veneta Autonomia

4.426

822

Veneto Ecologia Solidarietà

1.660 0,57

1,51

872

1,08

1,02

761 0,94

Regionali 2015: Zaia 22,8%; Lega Nord 14,9%; Partito Democratico 20%; Movimento 5 Stelle 12,8%; Forza Italia 5,8%; Lista Tosi 3%; Alessandra Moretti Presidente 4,2%; Indipendenza Noi Veneto 2,7%; Fratelli d’Italia-An-Altri 2,5%; Indipendenza Veneta 2,1%; Ncd-Udc-Area Popolare 2%; Veneto Civico 1,3%; Il Veneto Del Fare 0,6%; Verdi Europei-Sel-Sinistra 2%; Partito Pensionati 0,8%; L’Altro Veneto 1%; Unione Nord Est 0,7%; Progetto Veneto Autonomo 0,4%; Veneto Stato-Razza Piave 0,1% 22 09 2020 00:00:43

zio si preannunciava come difficilissima». Il deputato Pd addolcisce la pillola ricordando la vittoria del centrosinistra in Toscana, Puglia e Campania ma «in Veneto i numeri però parlano chiaro e dimostrano come gli elettori veneti non abbiano neppure percepito l’esistenza di una vera alternativa a Zaia. Credo che, in particolare il PD debba avviare una profonda riflessione sulle politi-

ALLEATI L’esponente ambientalista Gianfranco Bettin qui col senatore Pd Ferrazzi a un incontro di sostegno a Baretta

639551a3-9092-423e-b08e-29672fa7b792

340

1.833 0,63

Bettin: «Rinasce l’ambientalismo ma serve di più»

«PER I VERDI RISULTATO INCORAGGIANTE» MOGNATO (ARTICOLO 1): «IL CENTROSINISTRA AI SEGGI HA PRESO UN’ALTRA LEZIONE»

2.502 0,86

+Veneto in Europa Volt

Partito Democratico

Tira aria pesante nel “fortino” del Pd «Una vera batosta»

%

208 sez. su 257

della giustizia sociale e della giustizia ambientale; una nuova idea di Veneto con un’attenzione più accurata alle tante periferie che la abitano; la lotta per ridurre le disuguaglianze nell’accesso e nella qualità del lavoro, dell’acqua e dell’aria buona, nei servizi dell’istruzio-

che svolte fino ad oggi. Non ci sono scorciatoie, il partito va completamente rifondato, uscendo da logiche correntizie che hanno finito per indebolire ulteriormente il partito. E va messa in campo al più presto una nuova classe dirigente, con una forte impronta federalista in grado di mettersi in connessione con i veneti». Davide De Bortoli © RIPRODUZIONE RISERVATA

ne, nella cura della salute, nell’abitazione, nella mobilità e nella fruizione della cultura e delle bellezze del territorio. Per Articolo 1 parla Michele Mognato, già parlamentare democratico e vicesindaco del Comune di Venezia: «Il centrosinistra in Veneto ha preso l’ennesima lezione, dalla quale non resta che trarre la conclusione: o le forze che ambiscono a costruire un’alternativa si mettono a lavorare giorno dopo giorno per cinque anni, oppure il diluvio che si è verificato oggi è destinato a ripetersi ciclicamente». «Zaia ha raccolto un consenso trasversale che ridimensiona persino la Lega – afferma Mognato - Avrà uno strapotere che, dal punto di vista democratico è stato ottenuto legittimamente ma che ugualmente preoccupa. Chi siederà sui banchi dell’opposizione, a maggior ragione sarà chiamato a raddoppiare le energie, anche in nome di quel lavoro di ricostruzione che è dovuto all’elettorato che non si riconosce in questo voto plebiscitario», conclude l’esponente di punta della sinistra veneta e veneziana. © RIPRODUZIONE RISERVATA


2

MARTEDÌ 22 SETTEMBRE 2020 CORRIERE DELLE ALPI

PRIMO PIANO

Elezioni

Vince il “Sì”, Toscana e Puglia al Pd Il voto blinda l’alleanza di governo Referendum e regionali: il centrosinistra tiene anche la Campania. Al centrodestra Veneto, Liguria e Marche. Niente spallata Francesco Grignetti / ROMA

Prima annotazione: il Covid non ha spaventato gli italiani, che sono andati alle urne ugualmente, pur con la mascherina. Con un’affluenza del 53,8%, si può affermare che il referendum ha convinto gli elettori ad uscire di casa. Un risultato non scontato, specie dove non si votava per gli enti locali. Un desiderio forse di ripartenza verso la normalità. Proprio il referendum sul taglio del numero dei parlamentari, con un 70% circa di Sì e appena il 30% dei No, è la novità principale del

IL VOTO NELLE REGIONI

Altri 2

PRIMA Cdx 13

Csx 6

ORA Cdx 14

Csx 5

iccardo Fraccaro è sul treno per Roma, di ritorno da Trento dove ha votato per il referendum. Per il Sì? «Ho votato “forse”», scherza, lui che da ex ministro per le Riforme ai tem-

R

Arturo Lorenzoni Pd

Daniela Sbrollini Italia Viva

Francesco Acquaroli FdI - Centrodestra Maurizio Mangialardi Pd, Italia Viva

Ferruccio Sansa M5S, Pd

Mario Mercorelli M5S

Aristide Massardo Italia Viva

TOSCANA

CAMPANIA

Eugenio Giani Pd, Italia Viva

PUGLIA

Vincenzo De Luca Pd, Italia Viva

Michele Emiliano Pd

Susanna Ceccardi Lega - Centrodestra

Raffaele Fitto FdI - Centrodestra Stefano Caldoro FI - Centrodestra

Irene Galletti M5S

Ivan Scalfarotto Italia Viva

Valeria Ciarambino M5S

Antonella Laricchia M5S

Fonte: Ministero dell’Interno, Proiezioni Opinio/Rai

IL REFERENDUM Affluenza

69,62% 30,38%

NO

I precedenti referendum costituzionali 7 ottobre 2001 Modifica del Titolo V della parte seconda della Costituzione

25-26 giugno 2006 Modifiche alla seconda parte della Costituzione ("Devolution")

4 dicembre 2016 Riforma costituzionale Renzi-Boschi

Fonte: Ministero dell’Interno

64,2% Affluenza 34,1%

38,71 Affluenza 53,36%

40,88% Affluenza 65,5%

Fraccaro: «Adesso si apre una nuova stagione di riforme» Federico Capurso / ROMA

Enrico Cappelletti M5S

MARCHE

Giovanni Toti Cambiamo! - Centrodestra

L’ex ministro grillino: «Nella legge elettorale vorremmo le preferenze Si può fare un lavoro importante con il Pd da qui alle amministrative»

L’INTERVISTA

Luca Zaia Lega - Centrodestra

LIGURIA

Il 69,62 per cento si è espresso a favore del taglio dei parlamentari giorno. Dalla prova escono vincitori soprattutto chi, come Luigi Di Maio e il M5S, questo taglio dei parlamentari lo ha voluto. Molto rinfrancato dal voto referendario è però anche il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che si era trovato alle prese con un partito spaccato, e tanti padri nobili che facevano campagna per il No. Zingaretti ha creduto nel Sì, legandolo a una prossima riforma della legge elettorale, e ha vinto la scommessa. Meno significativa e convinta è stata l’adesione al Sì di Matteo Salvini o di Giorgia Meloni, che ne ricaveranno un minor dividendo politico. Sconfitta secca, invece per l’unico leader che aveva cavalcato il No: l’anziano Silvio Berlusconi. Per il segretario del Pd la scommessa era doppia. E sembrava così ardua alla vigilia che qualcuno già ave-

Altri 2

VENETO

pi del Conte I è stato il padrino della riforma. Ma al di là dell’«orgoglio» per la vittoria, la prima reazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha il sapore di una rivendicazione: «Hanno raccontato per anni che il Movimento fosse il partito del No, invece grazie a noi il popolo italiano vota e vince il Sì. È la dimostrazione che portiamo proposte

per costruire, non per disfare». C’è stato del sollievo? L’affluenza è stata alta e il No è rimasto su percentuali inferiori rispetto alle previsioni. «Sono contento che si sia superato il 50% dell’affluenza, anche se non c’era il quorum. Segno di una voglia di esprimersi, da parte degli italiani, nonostante la paura del Covid. È un Sì che apre le porte a un’impor-

va speculato sulle sue dimissioni. Gli occhi erano puntati sulla tenuta delle Regioni a guida di centrosinistra: Toscana, Puglia, Campania e Marche. Ebbene, la spallata del centrodestra non c’è stata. La Toscana, pur con molte paure, ha tenuto: il candidato di centrosinistra Eugenio Giani veleggia attorno al 48% contro la sfidante di centrodestra Susanna Ceccardi, ferma al 40. «Non c'è stato un momento in cui ho temuto di perdere - dice Giani - , ma c'è stato un momento in cui mi infastidivano tut-

ti questi messaggi che collegavano la Toscana ad uno scenario nazionale». Così la Puglia: Michele Emiliano è in testa con il 46,6% contro Raffaele Fitto al 37,6%. Gli è andata benissimo perché ha dovuto vedersela con candidati di Renzi e del M5S.«Tantissimi pugliesi che avrebbero votato anche per il M5S probabilmente hanno preferito un voto utile». E poi c’è il successone di Vincenzo De Luca in Campania, che con il 64% di consensi raccoglie il triplo dei voti di Stefano Caldoro,

tante stagione di riforme». Cosa dice al fronte del No? «A chi ha votato strumentalmente, per attaccare il governo o il M5S, dico che non condivido questo atteggiamento. A chi invece aveva timori legati al ruolo del Parlamento, dico che lavoreremo per dimostrare che questa riforma lo rafforzerà, anche attraverso le riforme, come quella per introdurre la sfiducia costruttiva, di cui stiamo discutendo con il Pd». Di Maio sostiene che il fronte del No si sia unito contro di lui. Condivide l’ipotesi? «Credo che una parte abbia attaccato, utilizzando il no, anche Luigi Di Maio “Anche”, non “solo”. La sua battaglia per il Sì lo rende particolarmente soddisfatto e sono contento per lui. Si è battuto come

un leone». Ora c’è da mettere mano alla legge elettorale. «È la prima riforma da portare a termine. Il punto di incontro con le forze di maggioranza sulla soglia di sbarramento era al 5%, se poi qualche partito ha cambiato idea ne prendiamo atto. Nessuno però ha mai chiesto di toccarla. Sulla base di questo testo, noi vorremmo invece inserire le preferenze». Il Movimento rilancia anche sul taglio degli stipendi dei parlamentari. È una priorità del Paese? «Tante cose si possono fare contemporaneamente». Il M5S ha vinto il referendum, ma il Pd ha vinto le regionali. I vostri alleati potrebbero far pesare l’esito, a partire dal Mes.

al 20%. De Luca che si sente oltre destra e sinistra, e ringrazia «l’unità di popolo, delle energie positive, delle forze sane, del mondo produttivo». Alla fine, il centrodestra guadagna una sola Regione, le Marche, con il candidato Francesco Acquaroli, FdI, vicino al 48% dei voti quando lo sfidante di centrosinistra Maurizio Mangialardi è al 38%. Una vittoria sua e di Giorgia Meloni che lo ha fortissimamente voluto. Ed è un successo significativo perché le Marche sono state governate


MARTEDÌ 22 SETTEMBRE 2020 CORRIERE DELLE ALPI

PRIMO PIANO

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Elezioni dal centrosinistra negli ultimi 25 anni. In Liguria, Giovanni Toti è confermato con un ottimo risultato (il 55% circa) e può legittimamente vantarsi di essere stato l’unico candidato di centrodestra ad avere battuto un rappresentante unitario di Pd e M5S, il giornalista Ferruccio Sansa, fermo al 38%. Superlativo, poi, è il successo di Luca Zaia in Veneto, confermato al suo terzo mandato con oltre il 75% dei voti. Addirittura la sua lista personale umilia quella ufficiale della Lega e indubbiamente, anche se tutti lo negano a parole, si rafforza il dualismo con Matteo Salvini. Il povero sfidante di centrosinistra, Arturo Lorenzoni, azzoppato dal Covid, supera a malapena il 16%. Di Zaia salta agli occhi anche il suo primo commento, ben lontano da toni salviniani: «È un voto dei veneti per il Veneto, per quelli che sono qui da generazioni, quelli di adozione e quelli ultimi arrivati che hanno un progetto di vita in Veneto...».

Superlativo il successo di Zaia in Veneto al suo terzo mandato con il 75% dei voti Tutti quanti, migranti compresi. In definitiva, queste elezioni regionali sono segnate sopratutto dalla riconferma di Governatori uscenti. A sinistra non era scontato. Riconosce Toti: «Il premio al centrosinistra va ad alcuni Governatori che hanno la mia personale stima, come De Luca ed Emiliano, per la loro serietà di governo». E se Nicola Zingaretti sorride, Luigi Di Maio può rivendicare un successo referendario che oscura il sostanziale insuccesso dei grillini a queste elezioni amministrative. «Credo - dice il ministro degli Esteri - che qualcuno abbiamo tentato di trasformare questo referendum anche in un referendum contro il governo. E quindi ha ricevuto contro un boomerang, visto il risultato». — © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il Partito democratico incalza: sul tavolo di Palazzo Chigi le spine decreti sicurezza e Mes I timori per le fibrillazioni in casa grillina su alleanze, rapporti con Casaleggio e Stati Generali

Conte: «Un rimpasto? Non ora» E spinge sull’alleanza dem-M5S IL RETROSCENA Ilario Lombardo / ROMA

l paradosso di Giuseppe Conte è contenuto negli effetti politici di questi risultati elettorali: il premier che si è sfilato dalla competizione, evitando di farsi trascinare in una sfida che sarebbe potuta finire diversamente, si gode i frutti di un successo altrui e capitalizza al meglio, per sé e per il governo, un voto che per giorni ha liquidato solo come un importante appuntamento regionale, niente di più. In caso di sconfitta nella sua Puglia, abbinata magari anche alla Toscana nello scenario più tragico, a Palazzo Chigi avevano già pronta una campagna martellante sull’importanza storica del Recovery fund, su quanto la disfatta locale aveva poco a che fare con i destini della nazione e del suo premier. Compiuta, invece, la missione del Pd di fermare la destra nelle due regioni politicamente più sensibili, Conte si immerge nella festa, con la convinzione di averci visto giusto quando a metà agosto suggerì al M5S di apparentarsi con il Pd anche a livello amministrativo. Lo crede ancora di più ora, dopo aver compreso dai flussi che le simpatie grilline di un certo elettorato sono state dirottate dal voto disgiunto e utile verso i candidati del centrosinistra. Poi c’è il caso delle Marche, dove gli alleati di governo avrebbero potuto giocarsela con il centrodestra, se si fossero apparentati. Il primo a riconoscerglielo è Michele Emiliano, approfittandone per gettare addosso al M5S la responsabilità di aver messo in pericolo l’esecutivo: «Ha vinto Conte, il governo è uscito rafforzato dal-

I

«In generale, legare le elezioni locali alle attività dell’esecutivo indebolisce il governo, perché si considera sempre a rischio. Poi però ci lamentiamo dell’instabilità. Sul Mes il confronto non dovrà essere ideologico, ma noi continueremo a dire che non lo vogliamo». Se si chiederà un rimpasto? «Penso che il governo stia facendo bene. Se qualcuno chiederà il rimpasto, se ne prenderà la responsabilità e si trarranno le dovute conseguenze. Noto però che prima era giustificato dalla previsione del cattivo esito del Pd alle Regionali, ora invece dal buon esito dello stesso voto. A me non sembra abbia senso parlarne». Dalle Regionali il Movimento esce con le ossa rotte e percentuali di voto dimezzate ri-

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a Campo de' Fiori dopo il voto di domenica

le elezioni pugliesi. È stato un errore dei grillini non fare l’alleanza». Incassato questo riconoscimento, adesso però il presidente del Consiglio deve fare i conti con gli appetiti dei partiti. Con le ambizioni, gonfiate dall’esito delle urne, del Pd di Nicola Zingaretti. E con le paure del M5S, polverizzato ancora una volta dalle elezioni amministrative, in preda a una lotta intestina senza fine, incerto se accelerare sul percorso degli Stati Generali per scegliere leadership e forma-partito, oppure restare ostaggio delle regole del presidente-padrone della piattaforma Rousseau, Davide Casaleggio. Conte ha fatto un giro di telefonate per congratularsi con i leader. Ha chiamato Zingaretti, Matteo Renzi, Vito Crimi. Poi ha aggiunto una telefonata a Luigi Di Maio, un segnale di riconoscimen-

spetto al 2015. «Nei territori abbiamo sempre avuto difficoltà, che vanno analizzate. Credo che in molti casi i cittadini abbiano votato per il candidato con più possibilità per evitare un governatore peggiore: questo, partendo sfavoriti, non ci ha aiutato». Un fallimento in Liguria, però, dove correvate con il Pd. «Serve più tempo. Non era sbagliato il candidato né l’alleanza. Se troviamo con largo anticipo programmi e candidati condivisi, si possono ottenere dei risultati diversi. Non bastano pochi mesi». L’alleanza con il Pd nei territori si può rilanciare per le amministrative del 2021? «Si può fare un lavoro importante con il Pd da qui alle amministrative. Poi io sono fede-

to verso l’ex capo politico del M5S che ha forzatamente spostato su di sé i riflettori della vittoria del Sì al referendum. Conte sa di cosa si discute nella pancia dei partiti che sorreggono la sua maggioranza: rimpasto sì o rimpasto no? «Dipende da Conte», dicono Zingaretti e una buona fetta della sua segreteria. Una manciata di minuti dopo le prime proiezioni, le disquisizioni già si concentravano sulla ripartenza del governo. Conte non fa che ribadire di non vedere i motivi di un cambio di squadra. Tanto meno ora, dopo un voto che ha tra i suoi effetti la stabilizzazione del governo, alla vigilia della presentazione della bozza di Bilancio che dovrà tener conto delle prime tranche dei 209 miliardi del Recovery fund. Serve chiarezza, puntualità, mente lucida e concordanza di intenti, per la presentazione di

ralista di natura: decidono i territori. Se non c’è l’ok degli attivisti, forzare la mano è controproducente». La condanna di Chiara Appendino è un intoppo nei vostri piani per le amministrative. E anche per il suo ingresso nella futura segreteria politica del M5S. «Sono rimasto sorpreso, ma le sentenze si rispettano. Ho grande stima per Chiara. Lei si è giustamente autosospesa dal M5S, visto il nostro codice di comportamento, e questo le impedisce una ricandidatura. Non so se abbia mai pensato di entrare in una segreteria politica, ma mi auguro che in appello ribalterà la sentenza. Ha la mia vicinanza. Non cambia quello che penso di lei». — © RIPRODUZIONE RISERVATA

un piano che dovrà apparire credibile. Chiuso il capitolo elettorale e tirato un bel sospiro di sollievo collettivo, Conte chiederà il massimo della concentrazione anche perché i dossier ancora aperti e senza una soluzione – da Ilva ad Alitalia ad Autostrade alla rete unica – si imporranno all’opinione pubblica. Dai prossimi giorni si comprenderanno le intenzioni reali dei partiti. Quanto punteranno sui temi, o sugli uomini. Anche perché è chiaro che, toccata una sola casella, potrebbe cambiare l’intero equilibrio di governo. Per esempio Renzi ha voglia di pesare di più e considera l’ingresso di Zingaretti una breccia per infilare Italia Viva nel rimescolamento dei ministeri. Dentro il Pd non sono tanti a scommettere sulla reale volontà del segretario dem di lasciare il Lazio, anche se si comincia a sussurrare di un pos-

sibile patto con il M5S sulla Regione, un accordo siglato in nome dei buoni rapporti tra Zingaretti e la consigliera grillina Roberta Lombardi, a sua volta avversaria della sindaca di Roma Virginia Raggi. Da parte sua, Zingaretti mostra di avere fretta di ribilanciare le priorità a favore della sinistra e delle sue battaglie. Chiede di avere subito un segnale sui Decreti sicurezza – l’accordo con il premier e il Movimento era di cambiarli subito dopo il voto – e si precipita a insistere sul Mes, il fondo europeo destinato per l’emergenza Covid alle spese sanitarie, che resta molto indigesto ai 5 Stelle. Le alleanze strategiche per uscire dalla sacca dell’irrilevanza, sono ormai un tema che unisce tanti nel M5S. Anche Di Maio sembra aver abbandonato i suoi furori sovranisti, al contrario di Alessandro Di Battista impegnato a schivare le bordate che gli arrivano dal fuoco amico (dentro il Movimento o da Beppe Grillo) ogni qual volta fa una uscita pubblica, in genere molto aggressiva verso i dem. Le discussioni sulle alleanze, sui rapporti con Casaleggio, e sugli Stati Generali si intrecciano ai piani di rimpasto. Sulla carta, si presenta come un’operazione molto rischiosa perché i risultati elettorali legittimano le pretese degli alleati del Pd. Ma da settimane c’è un gioco di sponda tra Renzi, pezzi di Pd e diversi grillini dalle ambizioni frustrate. Di Maio nega di voler tornare a fare il vicepremier, come Zingaretti nega di volerlo fare. Nel M5S sostengono che sia il Pd a dover fare il primo passo e Conte a formalizzare la decisione del rimpasto. Ma tra sottosegretari e parlamentari 5 Stelle non è difficile trovare l’elenco dei nomi finiti nel mirino: dal sottosegretario Riccardo Fraccaro ai ministri Federico D’Incà, Nunzia Catalfo, Lucia Azzolina, e persino Alfonso Bonafede. «È evidente – dice il viceministro Stefano Buffagni – che siano state fatte delle scelte sbagliate e che dovremo rivedere tante cose a livello di proposte e di persone. Dobbiamo decidere cosa fare da grandi». E non sta parlando solo di territori e alleanze. — © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Primo Piano

Martedì 22 Settembre 2020 www.gazzettino.it

Le elezioni regionali

ELEZIONI2020 REGIONALI 2020

VENETO VOTO AL PRESIDENTE 2984 sezioni su 4751

Luca ZAIA

PROVINCE

Arturo LORENZONI

Enrico CAPPELLETTI

Daniela SBROLLINI

Simonetta RUBINATO

Patrizia BARTELLE

Antonio GUADAGNINI

Paolo BENVEGNU’

Paolo GIROTTO

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VOTI

%

VENEZIA

(650 su 823)

247.057

74,82

54.319

16,45

14.076

4,26

1.894

0,57

1.273

0,39

2.371

0,72

2.732

0,83

3.246

0,98

3.255

0,99

TREVISO

(630 su 826)

269.366

80,17

41.566

12,37

8.437

2,51

1.501

0,45

3.539

1,05

1.689

0,50

4.115

1,22

2.030

0,60

3.764

1,12

PADOVA

(485 su 888)

190.970

73,97

48.739

18,88

7.921

3,07

1.265

0,49

1.252

0,48

1.431

0,55

1.300

0,50

1.871

0,72

3.438

1,33

BELLUNO

(219 su 242)

66.955

77,78

13.258

15,40

2.301

2,67

592

0,69

955

1,11

682

0,79

450

0,52

885

1,03

##

##

ROVIGO

(185 su 275)

57.046

75,77

12.729

16,91

2.715

3,61

394

0,52

377

0,50

509

0,68

350

0,46

800

1,06

369

0,49

VICENZA

(445 su 834)

166.297

75,27

37.865

17,14

6.548

2,96

1.549

0,70

1.499

0,68

1.130

0,51

2.106

0,95

1.474

0,67

2.475

1,12

VERONA

(370 su 863)

133.003

75,43

30.052

17,04

6.943

3,94

1.851

1,05

333

0,19

1.310

0,74

1.217

0,69

1.613

0,91

##

##

1.130.694

76,24

238.528

16,08

48.941

3,30

9.046

0,61

9.228

0,62

9.122

0,62

12.270

0,83

11.919

0,80

13.301

0,90

TOTALE REGIONE

21 09 2020 23:40:28

Zaia III, mai nessuno come lui Il governatore uscente ottiene il voto di tre veneti su quattro `Cambia la geografia politica: all’opposizione supera la soglia Record in 50 anni di storia delle Regioni. E fa “ombra” a Salvini di sbarramento solo il centrosinistra (16 per cento), M5s fuori `

IL RISULTATO dal nostro inviato

VILLORBA (TREVISO) “Il nuovo campione della Lega”, titolava alla vigilia del voto il quotidiano francese Le Monde. Sbagliava. Perché Luca Zaia non è solo il campione di un partito. È un fenomeno che ieri ha scritto una pagina di storia. Ha messo all’angolo gli oppositori. Gli alleati. E, particolare non ininfluente, il suo stesso partito. Candidato per la terza volta consecutiva alla guida della Regione del Veneto, Zaia non ha vinto. Ha stravinto, superando perfino i sondaggi che già da mesi davano previsioni dai ri-

IN PASSATO SOLO LA DC AVEVA OTTENUTO DA SOLA IL 50% AFFLUENZA AL 61% CONTRO UNA MEDIA NAZIONALE DEL 57%

IL FOCUS TREVISO Il montaggio del palco davanti alla sede provinciale della Lega trevigiana, alle porte del capoluogo, è cominciato ben prima dell’inizio dello spoglio. Una festa in piena regola: decine e decine di operatori, più gli uomini del servizio d’ordine, hanno allestito tutto per celebrare l’impresa di Luca Zaia. Dubbi? Zero. Ore 15, missione compiuta: lo confermano i primi exit poll. Nel piazzale sono state sistemate 200 sedie, rigorosamente distanziate nel pieno rispetto delle misure di prevenzione contro la diffusione del coronavirus. A pochi metri c’erano anche i mezzi degli “Chef in viaggio”, chiamati per togliere fame e sete. Ma a nessuno da queste parti piace parlare

sultati stratosferici: settanta per cento, settantadue, settantaquattro. Alle otto di ieri sera, con quasi un quarto di sezioni scrutinate, 1.033 su 4.751, aveva più del 76 per cento. Il più votato di tutti, in tutta Italia: più di Giovanni Toti riconfermato in Liguria col 55 per cento dei voti, più del dem Vincenzo De Luca votato dal 67 per cento dei campani. E più di tutti a livello assoluto perché in cinquant’anni di storia delle Regioni mai nessuno aveva da solo raggiunto così tanti consensi. Voti personali. Presi magari da chi è leghista e da chi non lo è. E se qualcuno - il Capitano Matteo Salvini - pensava di ridimensionarlo togliendogli tutti gli assessori per candidarli nella lista della Lega, ora dovrà arrendersi ai numeri: il Carroccio non è stato solo doppiato dalla lista Zaia Presidente, è arrivato addirittura poco meno di un terzo: la civica del governatore al 47 per cento, la Lega per Salvini Premier al 14. Semmai, la Lega può “consolarsi” per avere bissato la storica Balena Bianca ai tempi della

Prima Repubblica: solo la Democrazia Cristiana era riuscita ad avere da sola il 50 per cento dei voti, una maggioranza assoluta adesso replicata dalla galassia leghista e cioè dalle tre liste partorite tra il K3, la sede storica del Carroccio in Veneto, e via Bellerio.

L’APPELLO «Votate per chi volete, ma andare a votare», era stato l’unico appello di Luca Zaia in campagna elettorale. Refrattario ai confronti con gli altri candidati, aveva detto no a tutte le emittenti televisive dopo che il suo principale competitor, il professor Arturo Lorenzoni a capo di un pezzo di coalizione del centrosinistra, avendo perso per strada Italia Viva e i socialisti, era risultato positivo al coronavirus. «O ci siamo tutti o nessuno», aveva detto Zaia. E così, per la prima volta nella storia del Veneto, non c’è stato un solo confronto tra tutti i candidati. Peraltro parecchi: nove. Tutti umiliati nel segreto dell’urna. I veneti sono andati a votare,

Il voto nel 2010

60,16% Luca Zaia centrodestra

29,08% Giuseppe Bortolussi centrosinistra

Il voto nel 2015

50,08% Luca Zaia centrodestra

22,74% Alessandra Moretti centrosinistra

eccome. Altro che paura del Covid, altro che timore di ammalarsi ai seggi. Affluenza del 61 per cento contro una media nazionale del 57. Alle urne per mandare a casa Zaia? Macché. Per dare un segnale? Forse non era questa l’intenzione degli elettori, ma curiosamente è quello che risulta da una prima lettura del risultato elettorale. Zaia è “Re Veneto”, gli altri solo comparse. L’indipendentista Antonio Guadagnini, l’autonomista Simonetta Rubinato, la renziana Daniela Sbrollini, il comunista Paolo Benvegnù, il no vax Paolo Girotto, l’ambientalista Patrizia Bartelle collezionano un risultato da prefisso telefonico, sostenuti da neanche un veneto su cento. Sotto la soglia di sbarramento del 3 per cento anche i 5stelle di Enrico Cappelletti. E Arturo Lorenzoni che all’inizio dello spoglio si attesta sul 16 per cento e conquista il nuovo record del centrosinistra: il più basso risultato di sempre, peggiore ancora del 22 per cento cinque anni fa di Alessandra Moretti. Ma almeno lui

resta in consiglio: unica forza all’opposizione. Ma il vero dato non è la sconfitta dei Lorenzoni & C. È la batosta inflitta a Matteo Salvini la cui Lega si ferma al 14 per cento.

NEL QUARTIER GENERALE DI TREVISO ANCHE IL SEGRETARIO VENETO FONTANA: «RISULTATO STORICO, UN GIUSTO PREMIO ALLA QUALITÀ»

za in consiglio regionale per garantire una buona amministrazione. E più voti prende la lista Zaia, più leghisti eleggiamo in consiglio». Sono facce della stessa medaglia. Che però resteranno separate anche una volta formatasi la nuova assemblea della Regio-

IL DOMANI Si potrà anche puntualizzare che tutti i candidati delle tre liste che sostenevano Zaia, compresa la Lista Veneta Autonoma, erano composte da leghisti. Vero. Ma i leghisti veneti, in Veneto, hanno votato Zaia, non Lega. E non solo loro. Dieci anni fa Zaia aveva preso il 60 per cento dei voti, cinque anni dopo con la diaspora dei tosiani era sceso al 50, adesso ha convinto tre veneti su quattro. La domanda adesso è: cosa farà? “Condannato” a restare in Veneto? «Resterà qui finché non porterà a casa l’autonomia, ne sono certo», dice il segretario della Lega Lorenzo Fontana. Salvo aggiungere: «Lo dico egoisticamente, ma Zaia darebbe valore aggiunto alle prossime Politiche». Alda Vanzan © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ore 15, scoppia subito la festa «Noi siamo tutti leghisti nessun derby tra le due liste» della cronaca di una vittoria annunciata. La campagna elettorale - ripetono nell’attesa che si appalesi il governatore in carne, ossa e consensi - ha richiesto la stessa determinazione di sempre. Solo ora la tensione può sciogliersi nei festeggiamenti. Oltre a Gianangelo Bof, responsabile della Lega trevigiana, il primo big ad arrivare al K3, storico quartier generale del partito nella Marca, è stato Lorenzo Fontana, vicesegretario nazionale e segretario della

Lega in Veneto. Proprio colui che parteggiava - per dovere di partito - per la lista Lega, quella con il nome di Salvini che arriva a raccogliere solo un terzo dei voti della lista Zaia. «Siamo davanti a un risultato storico che fa capire la qualità dell’amministrazione e la qualità del presidente – mette in chiaro – le emergenze, a cominciare da quella relativa al coronavirus, ma non solo, sono state gestite in modo egregio in Veneto. E alla fine Zaia è stato giustamente premiato».

DUALISMI NO Forse ieri sera ha contribuito anche la musica sparata dalle casse sistemate sotto al palco, fatto sta che nella sede trevigiana della Lega non è stato sentito alcuno scricchiolio legato al risultato del derby partito-lista Zaia. «Abbiamo fatto le liste assieme al governatore, che siede nel direttorio. La lista Zaia non è una civica nei termini classici. Lo dimostra il fatto che è composta da leghisti – sottolinea il segretario regionale – per noi l’obiettivo è avere la maggioran-

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12

MARTEDÌ 22 SETTEMBRE 2020 LA NUOVA

PRIMO PIANO

Elezioni

Disastro Pd al 12%, mai così basso Lorenzoni al 16% prenota 8 poltrone Variati: «I sovranisti del centrodestra sono i veri sconfitti». Pellicani: «Il partito va rifondato su base federalista» far passare proposte indispensabili per la regione», spiega il docente di Economia dell’Energia.

Albino Salmaso / PADOVA

Disastro Pd, mai così male in Veneto. Umiliati al 12 per cento e il gap con il centrodestra sale a 60 punti. Un abisso. Con Arturo Lorenzoni che viaggia attorno al 16%, contro il 22% di Alessandra Moretti nel 2015, anche se grazie alla nuova legge elettorale i seggi conquistati a palazzo Ferro Fini possono addirittura diventare 8 o 9. Un miracolo. La poltrona è salva. Anche dopo la Caporetto del 20 settembre 2020 che ha visto una sconfitta storica, che porterà inevitabilmente a un congresso straordinario e al ricambio dei dirigenti che non hanno saputo gestire la fase pre-elettorale con largo anticipo. E’ mancata la scelta del leader presidente e di una squadra autorevole e compatta, che si è invece sfilacciata come un’armata Brancaleone nella ricerca disperata del voto disgiunto evocando il nome Zaia come un taumaturgo.

LA FORBICE CON LA LEGA

Superato lo shock dopo i primi risultati, Andrea Zanoni, consigliere regionale in carica del Pd, dal suo quartier generale a Paese distilla un po’ d’ironia. «Tranquilli, un po’ alla volta superiamo la Lega in Veneto, che è al 14,7%. Noi siamo al 13. La forbice si sta accorciando, possiamo battere Salvini. Zaia sta sbancando le urne per come ha gestito la partita del Covid. Lorenzoni? Purtroppo è stato bloccato nella fase più delicata della sfida. Chi sarà rieletto avrà responsabilità anco-

L’ironia di Zanoni «Tra un po’ superiamo la Lega di Salvini, siamo a un passo...» ra maggiore, bisogna lavorare sodo e saper comunicare di più. Dobbiamo osare con coraggio. Lo dico da trevigiano, qui la lista Zaia è al 60%, la Lega al 12 e noi al 9».

NON DECOLLA LA LISTA CIVICA

Non decolla nemmeno “Il Veneto che vogliamo”, il team civico di Lorenzoni che resta attorno al 2 per cento e insegue l’obiettivo di un consigliere a palazzo Ferro Fini. Appena uscito dalla convalescenza dalla sua casa a Padova, Arturo Lorenzoni rilascia una breve intervista in cui ribadisce che la clamorosa batosta è da ricondurre allo strapotere mediatico di Zaia durante i 3 mesi di lockdown. A Padova dove ha governato per tre anni come vicesindaco, ha superato il 30%. Ma in Veneto è un flop, nessuno lo conosce. «Non è il risultato cui aspiravo, ma la campagna elettorale è stata anomala. Chi ha avuto grande visibilità mediatica è stato premiato, qui

VARIATI CANTA VITTTORIA

Arturo Lorenzoni vota a casa sua: la pandemia da Covid l’ha costretto alla quarantena

come altrove», dice Lorenzoni. Il riferimento è al governatore De Luca che ha ottenuto il bis in Campania con oltre il 60 per cento. A gennaio non lo volevano ricandidare, ora è osannato come un re dopo il trionfo elettorale legato ai diktat sulla pande-

mia a Napoli. «Resta il lavoro che ho fatto con la mia squadra: darà il suo frutto nel tempo. Questo non è un punto di arrivo ma di partenza. Io non ho nulla da rimproverarmi: ho fatto lo sforzo di tenere insieme mondi diversi. Se avessi avuto a disposizio-

ne più fondi e più tempo i veneti avrebbero conosciuto meglio il nostro progetto. Adesso guardiamo avanti. La Lega è una forza politica appiattita sull'appartenenza e non sulle idee. Penso che un’opposizione che dia idee possa avviare un dialogo e

La senatrice Daniela Sbrollini ammette che il progetto va rivisto Parte l’appello per costruire un progetto alternativo delle opposizioni

ne in Italia assorbendo tutti i voti sia dei moderati e sia dei riformisti in Veneto. E dopo che il centrosinistra ha confermato quello che noi abbiamo sempre detto sulla debolezza di quel progetto, visto che sta perdendo quasi di 60 punti di scarto contro i 27,5 di Alessandra Moretti cinque anni fa. Noi di certo non abbiamo nulla da festeggiare oggi ma tutti dovremmo rimettere in moto insieme un progetto di alternativa completamente diverso da quelli messi in campo negli ultimi 25 anni. E’ stato il claim di questa campagna elettorale, cambiamo volto e storia al Veneto dopo 25 anni sempre uguali. Ora continueremo il lavoro iniziato per dare un’alternativa ai veneti, cerchere-

Italia Viva alza bandiera bianca «Risultato molto deludente» aniela Sbrollini, senatrice di Italia Viva è scesa in campo per lanciare il programma di Renzi, ma non è riuscita a raggiungere nemmeno l’1 per cento. la sua riflessione è molto amara: «Possiamo dirlo con chiarezza e senza giri di parole come è nel mio stile. È un risultato

D

deludente. Però lo abbiamo detto fin dall’inizio della campagna elettorale. Questo, anche se non come volevamo, è solo l’inizio di un percorso e di un progetto futuro. Sarebbe un grave errore fermarlo proprio adesso che abbiamo segnato una strada in Veneto, alternativa, riformista e moderata che non c’era»,

spiega la candidata Presidente del Veneto per Italia Viva, psi, pri e Civica per il Veneto. I seggi scrutinati sono il 50% ma il risultato certo. «Il nostro progetto non può fermarsi proprio ora» continua la Sbrollini. «Soprattutto dopo che Zaia ha raggiunto il più grande risultato di un presidente di regio-

A Roma per fortuna, tira un’aria diversa. Vinta la Puglia e la Toscana, la poltrona di Nicola Zingaretti è salva e uno dei suoi proconsoli in Veneto canta vittoria, con grande tenacia e coraggio. «Per l’ennesima volta l’arroganza di Salvini non paga. Il segretario della Lega ha perso anche questa scommessa, il PD ha vinto il braccio di ferro con il centrodestra, Zingaretti esce rafforzato e consolidato nella sua leadership. Il centrodestra sovranista non sfonda in Italia, e anche dove vince lo fa più attraverso i

DANIELA SBROLLINI SENATRICE VICENTINA E CANDIDATA DI ITALIA VIVA

«ll nostro progetto non può fermarsi proprio ora, bisogna girare pagina dopo 25 anni di dominio di Galan e Zaia»

proprio governatori uscenti che per il risultato delle liste di Lega e FdI. Come vediamo in Veneto e in Liguria con le liste di Zaia e Toti, che superano quella della Lega. Addirittura la lista Zaia, in Veneto, umilia la Lega, riducendola a percentuali che la renderanno irrilevante in Regione. Insomma: il progetto politico sovranista di Salvini, con le sue pericolose tentazioni autoritarie, sta fallendo. Questo era esattamente l’obiettivo per cui questo governo e questa maggioranza sono nati, e questo è il dato politico della giornata», afferma il sottosegretario agli Interni Achille Variati. A gennaio fu proprio lui con un suo intervento a decidere la scelta di Lorenzoni alla guida del centrosinistra contro Stefano Fracasso, l’attuale capogruppo che ribatte: «L’idea di inseguire la “sardine” con i movimenti civici si è dimostrata un disastro. A Venezia dove è sceso in campo il sottosegretario Baretta il centrosinistra è quasi al 30%. Gli errori si pagano. Ci vuole autorevolezza». RIFONDARE IL PARTITO

Proprio da Venezia fa sentire la sua voce il deputato Nicola Pellicani. «Zaia ottiene una vittoria che non ha eguali nella storia del regionalismo italiano, confermando di avere un solidissimo radicamento territoriale e una grande capacità comunicativa. Arturo Lorenzoni va ringraziato per la grande generosità dimostrata in questi mesi ma il Pd deve aprire una riflessione molto profonda. Credo che vada avviata un’analisi sulle politiche svolte fino ad oggi. Non ci sono scorciatoie, il partito va completamente rifondato su base federalista». — © RIPRODUZIONE RISERVATA

mo di ascoltare chi chiede aiuto e non trova risposta, soprattutto i più fragili e deboli. Con il nostro stile gentile ma determinato, coraggioso e riformista, guardando al futuro». La delusione è grande, non solo in Veneto. Il partito di Matteo Renzi è bloccato al 3,7% nella sua Toscana, e i candidati governatori non sono andati meglio: Scalfarotto al 2% in Puglia, Massardo al 2,8% in Liguria, Sbrollini sotto l'1% in Veneto. Non resta che avviare una riflessione con Carlo Calenda per far nascere un partito di centro con l’obiettivo di superare il quorum del 5 per cento, se mai verrà confermato nella nuova legge elettorale. — © RIPRODUZIONE RISERVATA


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