rassegna stampa del 25 settembre 2020

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PRIMO PIANO

VENERDÌ 25 SETTEMBRE 2020 LA TRIBUNA

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Le elezioni: i riflessi su Treviso il CaSo

Barbisan nello staff di Da Re ma ora vacilla da capogruppo L’eurodeputato vittoriese ufficializza su Fb il paracadute per il suo pupillo dopo lo scandalo dei buoni Inps. Nel capoluogo cresce la fronda con due candidati TREVIISO

Tavolata al Galivm, locale di Serravalle (con “v” rigorosamente latina). Primo da sinistra Riccardo Barbisan, uno dei tre candidati alle regionali della Lega esclusi dalla liste per lo scandalo dei Bonus Covid 19 dell’Inps; dall’altra parte Toni Da Re. Con lui, gli altri commensali sono l’intero staff dell’europarlamentare vittoriese: Elisabetta Bortoluzzi, Anna Bassano, Renato Zanchettin. Didascalia “serata con i miei col aboratori”. Ha atteso le urne, Da Re, per ufficializzare il “paracadute” offerto a Barbisan già a caldo. Il consigliere regionale uscente aveva ricevuto due buoni da 600 euro: il primo subito devoluto al fondo comunale contro l’emergenza Covid, il secondo alla Pro Loco di Canizzano e

Lo staff di Da Re: a sinistra il neoentrato Barbisan, Bassano, Zanchettin, Da Re e Bortoluzzi

San Vitale, il cui presidente aveva poi scritto a titolo personale una lettera al quartiere con cui sosteneva la candidatura di Barbisan.

Il consigliere regionale, che ha dovuto salutare anticipatamente- Venezia, e gli oltre 8 mila euro al mese di emolumento, rientra a Bruxelles come as-

sistente sul territorio: percepirà poco meno di 3 mila euro al mese. Dicono che Da Re abbia presentato la domanda di sostituzione dell’assistente – Bar-

bisan subentra a Bepi Paolin, appena ripescato alla Camera dopo i riconteggi delle politiche 2018 – a metà settembre. Il sito ufficiale dell’Europarlamento non ha ancora aggiornato il cambio. Ma vacilla il ruolo di capogruppo della Lega ai Trecento: partito e sindaco vorrebbero far decidere gli 8 consiglieri del Carroccio, dopo che sembrava dominare la voglia di blindarlo, anche di fronte alle bordate delle minoranze (c’era chi ne chiedeva la dimissioni tout court). Ora cresce la fronda antiBarbisan. Non bastasse il gruppo spaccato a metà (4 contro 4) - con esplicita richiesta dei caneriani di sostituzione – ecco che sono “ufficiali” ben due candidature alla successione. Quella di Matteo Marin, vicepresidente del consiglio e presidente della commissione bilancio (fedelissimo di Barbisan, ha rotto con i gobbiani e ha corso per Caner) e di Roberto Borsato, gobbiano doc. E c’è chi spinge per Giancarlo Da Tos, veterano e consigliere provinciale. Un bel rebus: palla ora ai tre segretari di sezione Giacomo Savi (Nord), Christian Schiavon (Centro) e Marco Tonellato (Sud) – con il sindaco Conte e il nuovo responsabile organizzativo cittadino, lo stesso Tonellato. Intanto, due domande agitano il post urne della Lega sul piano politico. E rimbalzano

preFerenZe e ComUni: dentro le Urne

TREVISO

Alberto Villanova? Raddoppia: 8.406, preferenze a fronte delle 3.957 del 2015. Ma in termini assoluti fa meglio il debuttante Roberto Bet, 8.506, un fenomeno. Sonia Brescacin, dal canto suo, aumenta di 3mila preferenze il bottino del 2015: 8.863, erano 5.861. Il 60% in più. E cresce anche Silvia Rizzotto, 7.309, rispetto alle 6.317 di 5 anni fa un migliaio netto in più. Quasi il 20%. I tre consiglieri uscenti hanno capitalizzato il loro mandato, sfruttando anche la valanga di voti del brand Zaia. Ma attenzione anche a Bet. Un dato lo incorona a dimensioni marziane: nella sua Codognè riceve 1.436 preferenze su meno di 3000 elettori, (ha votato il 54,4% degli elettori, e gli abitanti sono 5.300, under 18 compresi!). Quasi 6 elettori su 10 hanno scritto il suo nome: mostruoso. Generazione di fenomeni – canterebbero gli Stadio – questi Zaya girls and boys E lo Zaialand – epicentri Conegliano e Godega, cuore del feudo di Zaia che è la provincia– addita alla Marca intera un modello di organizzazione elettorale di consenso che nessun’altra zona possiede, nemmeno nella macchina del voto leghista. Chi ha detto che la concorrenza fratricida è controproducente? Anche il commissario Gianangelo Bof avrebbe cercato di dissuadere Bet dal correre, per eccessivo affollamento. E invece. i tre vicini di casa conquistano il podio, con oltre 25 mila preferenza collettive.

Da sinistra Roberto Bet , Sonia Brescacin, Alberto Villanova (lista Zaia) e Stefano Busolin

Bet marziano in casa e fuori Villanova ha raddoppiato E spunta il fattore Asco Una lezione. Altrove, vedi Treviso e hinterland, i duelli hanno creato la tonnara, mille polemiche, veleni e bocciature illustri. In altre zone, invece, territori sgombri “consegnati” sulla carta a candidati senza rivali si sono trasformati in paludi. Il Vittoriese per Possamai; la Castellana per Gerolimetto; l’Opitergino Mottense per Della Libera e Speranzon. E questo va detto nonostante risultati rile-

vanti dei singoli. Ma rimaniamo alle performance domestiche. Dietro Bet, chi ha giocato bene in casa, ha costruito il trampolino per la vittoria. Con qualche eccezione, vedi Mauro Dal Zilio, ex sindaco di Quinto (9,881 abitanti) che ottiene 1.505 preferenze, batte persino la lista Zaia, ma arriva solo quarto in Lega. Vana la miglior prestazione domestica dopo Bet. Appena sotto, sul terzo gra-

dino, ecco Tommaso Razzolini, di Fratelli d’Italia (1.554 preferenze): Valdobbiadene di cui è vicesindaco ha 10.409 abitanti. E lui è volato verso Venezia con i resti, autentica rivelazione delle urne. Molto bene anche Silvia Rizzotto, che nella sua Altivole (6.919 abitanti) miete 976 preferenze, e Alberto Villanova nella sua Pieve di Soligo (1.705 su 11.955 abitanti). Appena sotto Paolo Speranzon a

la CUrioSitÀ

Busolin apre le danze Festa domani a Paese Tommaso Razzolini, Fratelli d’italia, ha rinviato tutto alla fine della vendemmia nella sua Valdobbiadene. Alberto V illanova , della list a Zaia, ci sta pensando, come Fderico Caner (Lega). Chi ha già deciso dove festeggiare con i suoi sostenitori il suo ingresso in consiglio regionale è Stefano Busolin nella sua Paese (dove non ha certo avuti la Lega locale a sostegno). Ha dato appuntamento agli impianti sportivi di Paese, sabato pomeriggio. Ingresso ristretto, causa norme Covid 19. Il più caustico è Andrea Zanoni, rieletto nel Pd: «Qui non c’è nulla da festeggiare».

dal K3 alle sezioni. La prima è legata alla scalata cittadina di Caner, che ha aggregato 11 consiglieri comunali su 17. Iniziativa personale, in un vuoto politico accentuato dalla valanga Zaia? O gli zaiani puntano a costruire una rete di sentinelle sul territorio? La seconda è su Da Re: si concentrerà su Bruxelles, o tornerà a guardare alla sua Marca? Dicono voglia togliersi diversi sassolini dalle scarpe.— A.P.

QUi pd

Analisi del voto Un’assemblea web sulla disfatta E il Pd trevigiano fa i conti con la disfatta del voto. Nei prossimi giorni una direzione regionale – il 3 ottobre? – dovrebbe compiere la primissima analisi del voto. Nella Marca di annuncia una serie di assemblee su Zoom, per capire la valanga Zaia che tutto ha travolto e tutti, ma anche gli scenari di Castelfranco, dove Sartoretto contenderà al ballottaggio la vittoria a Lega e Marcon. A breve sarà convocata anche la segreteria provinciale. E si parla già di un’assemblea provinciale.

Motta (10.765 abitanti, 1.329 preferenze). Stefano Busolin, nella sua Paese, centra 928 preferenze, su 20 mila abitanti . Peggio fa Nazzareno Gerolimetto, che paga dazio: in una Castelfranco da 33 mila abitati, con il tarino di Zaia, raccoglie solo 1.108 preferenze. Tra lui e Bet, l’indice di radicamento è 9 volte inferiore, gli altri rivali lo battono di 4-5 volte Come dimostrano Dal Zilio e Speranzon, però, non basta giocare ben in casa. In lega, ad esempio, con molti e molti voti in meno, Caner si ferma a 1.304 (e Schiavon 760) preferenze: ma il capoluogo ha 85 mila abitanti, E Rachele Scarpa del Pd li batte entrambi ( al debutto come Razzolini e Bet, e con soli 1.300 € di fondo elettorale) Favero, a Montebelluna (23 mila) ne prende 1.008, quasi la metà del totale delle schede. In trasferta i voti sono come i gol, valgono doppio, se non triplo.. E qui, chiedete a Brescacin, Bet, Villanova, Busolin, Rizzotto: hanno raccolto ovunque, in tutti i comuni, con exploit clamorosi. Villanova ha 280 preferenze a Treviso (e Bet 211), Busolin è stato il più votato, come in altri 14 comuni dell’ hinterland: 3 mila voti sui 4.908 che gli hanno consentito di battere Gerolimetto al fotofinish. Villanova e Bet viaggiano bene a Spresiano e, in altri comuni del fronte civico di Ascoholding che pure ha sfidato la Lega. Villanova ne ha prese 151 a Spresiano, feudo di Dalla Pietra che in area Fdi stravince sulla Lega. Bet è neoconsigliere di Ascopiave, la quotata Villanova è di Pieve, sede del colosso. Il gas unisce ciò che la politica divide?— A.P.


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VENERDÌ 25 SETTEMBRE 2020 IL MATTINO

PRIMO PIANO

Dopo le elezioni

Donazzan, record di preferenze è più Forte del genero di Berlato Guerra delle poltrone tra i candidati di Fratelli d’Italia a Vicenza, i cacciatori tradiscono l’eurodeputato Albino Salmaso / PADOCVA

Il partito dei cacciatori, l’eterna riserva di voti di Berlato a Vicenza, non ce l’ha fatta a fermare Elena Donazzan che torna a palazzo Ferro Fini con 10.743 preferenze, esattamente il doppio di quelle raccolte da Vincenzo Forte, segretario di Fratelli d’Italia e genero dell’eurodeputato, battuto anche da Joe Formaggio e Silvio Giovine. La Donazzan è la donna più votata della nuova assemblea e ha vinto il derby rosa con lady sanità Emanuela Lanzarin della Lega. L’altro big della scuderia di Matteo Salvini è Nicola Finco e il gioco di squadra ha trasformato Bassano in una repubblica autonoma con Usl ad hoc nel regno di Zaia. Privilegio assoluto, visto che la Donazzan è di Pove del Grappa. L’altra metà del potere è nelle mani di Roberto Ciambetti e quelle 4 superpoltrone oscurano il Carroccio

trevigiano, pronto a chiedere il riequilibro dopo l’80% alle urne. La Donazzan verrà riconfermata a Palazzo Balbi e con quali deleghe? Per cinque anni ha gestito sia il lavoro che la pubblica istruzione, la cassa integrazione con le crisi aziendali e l’esercito dei precari con i fondi alle scuole paritarie. Nel 2015 rappresentava Forza Italia, proprio perché la sua convivenza con Berlato era impossibile e se n’era andata, dopo una lunga militanza nel Msi e poi An di Fini. E Zaia l’ha scelta con il consenso di Berlusconi ma poi sono iniziati i litigi con Renato Brunetta e lei si è messa in proprio, per tornare in FdI. Ora è convinta di tornare a Palazzo Balbi con l’appoggio di Meloni e Urso perché incarna l’anima autentica della destra sociale mai convertita ai valori liberal. Insomma, lei non festeggia il 25 aprile con i partigiani e quando c’è da attaccare il sottosegretario agli

Interni Variati non se lo fa ripetere due volte. Dice che Achille è un amico, ma poi lo sommerge di critiche addossandogli la responsabilità politica di un’aggressione contro un anziano a Vicenza. Il motivo? Bisogna aumentare le forze dell’ordine sul territorio. Nei suoi post ha criticato an-

Con 10.743 consensi è la donna più votata di Palazzo Ferro Fini Gli attacchi a Variati

Elena Donazzan e Sergio Berlato: nel FdI di Vicenza non c’è pace

che la Diesel per una pubblicità in cui si vede una persona prendere una pastiglia e cambiare genere. «In quel messaggio c’è solo il demonio, chi prende pasticche diventa dipendente. È un’aberrazione usare la chimica per cambiare sesso». E poi si lancia in una crociata a difesa e dei “simboli della fede” per ribadire il suo

il segretario regionale verso le dimissioni

Bisato ammette la sconfitta del Pd «Grazie dei voti, ma non ce l’ho fatta» Ruzzante ricorda il suo emendamento alla legge elettorale bocciato dalla Lega per limitare al 63% il premio della maggioranza VENEZIA

Condannati all’irrilevanza politica a Palazzo Ferro Fini, i 9 consiglieri dell’opposizione (compreso Lorenzoni) non potranno mai convocare una seduta straordinaria del consiglio regionale con un loro ordine del giorno, per mancanza

di numero legale. Il regolamento non lo consente. Il Pd si trova imbrigliato nel labirinto della Lega che avrà due facce: quella della lista Zaia e l’altra della lista Salvini che verrà rinforzata a palazzo Ferro Fini. A capire le conseguenze di una clamorosa sconfitta, era stato Piero Ruzzante che durante la discussione della legge elettorale in perfetta solitudine aveva presentato un emendamento per limitare al 63% il premio per la maggioranza. «La norma è prevista in molte altre regioni e non met-

tere alcun limite in Veneto lo ritenevo lesivo dei diritti delle opposizioni. Scendere sotto la soglia non consentirà all’opposizione tra l’altro di richiedere la convocazione del consiglio o le dimissioni di un assessore. Inutile dire che i miei emendamenti vennero bocciati e nessuno se ne preoccupó né in aula né fuori dall’aula. Il 76% era “ancora lungo da venire”» ricorda Piero Ruzzante che dalla politica si è ritirato. I tormenti del Pd non sono finiti. Arturo Lorenzoni sostiene di essere stato lasciato solo

a combattere contro Zaia, quando in realtà la sua malattia da Covid l’ha costretto alla quarantena il giorno in cui Zingaretti era a Padova per lanciare la candidatura. Lui in consiglio regionale è entrato e al suo fianco ci sarà Elena Ostanel. Così il Pd ha rinunciato a due seggi per cederli a un leader civico che rappresenta un cenacolo di amici, élite radical-chic progressista. Chi invece ha servito la causa di partito senza ottenere nulla in cambio è Alessandro Bisato, il segretario che non entra

Alessandro Bisato, Pd

in consiglio regionale. «Come molti sapranno» scrive su Fb «le 5.044 preferenze ricevute non mi consentono di diventare consigliere regionale, risultando il primo dei non eletti nella lista PD nel collegio elettorale di Padova. È un buon risultato? È un cattivo risultato? Semplicemente è il risultato

“no” alle pubblicità gender e al mondo Lgbt. Insomma, la Donazzan è come Salvini sempre pronto a sgranare il rosario tra le mani, e il suo legame con Santa Romana Chiesa l’ha spinta fin nelle segrete stanze del Vaticano per i legami con il segretario di Stato Pietro Parolin. Il cardinale è nato a Mason, a due passi da Breganze, e a maggio non rinuncia all’asparago che gli arriva da Bassano, grazie anche ai legami che la Donazzan ha costruito tra la rete locale e gli chef d’oltre Tevere. E Sergio Berlato come ha incassato la sconfitta di Vincenzo Forte? «No comment», ci sarà presto l’occasione della rivincita con la corsa a Camera e Senato. Il suo patto con Giorgia Meloni l’ha portato a restare a Bruxelles, anche perché Zaia non lo vuole in giunta. L’eurodeputato è stato l’artefice del dossier con cui la procura di Venezia ha fatto scattare il blitz con la mega retata del Mose e la fine del regno di Galan. Lo ha ricordato in aula con un video rilanciato in queste settimane. «Ho raccolto i documenti nel 2009 e il 4 giugno 2014 è scattata l’operazione. Ho anche scommesso con i colleghi che ci saranno altre novità sui flussi di denaro bancari dal Lussemburgo, Liechtenstein e Malta: tra un po’ vedrete che vi ho detto la verità». Che avrà mai voluto dire? — © RIPRODUZIONE RISERVATA

tangibile del lavoro fatto in questi anni nelle istituzioni, dal Comune di Noventa Padovana, alla Provincia e al comitato di gestione Usl 6». Un lavoro quotidiano nelle istituzioni, rivendica Bisato, «a favore dei cittadini e al di là delle appartenenze di partito. «Le soddisfazioni più importanti» aggiunge «sono gli attestati di stima di cittadini e amministratori più delusi di me per il mancato risultato, che mi spronano ad impegnarmi ancora di più per una politica dei cittadini prima ancora degli equilibri di partito. Grazie a tutte le persone che mi hanno sostenuto, a chi ha montato i gazebo, a chi mi ha dato consigli, alla mia famiglia combattente fino alla fine. Per tre anni ho guidato anche il Pd, ma questa è un’altra storia». — ALBINO SALMASO © RIPRODUZIONE RISERVATA


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VENERDÌ 25 SETTEMBRE 2020 CORRIERE DELLE ALPI

PRIMO PIANO

Dopo le elezioni

Donazzan, record di preferenze è più Forte del genero di Berlato Guerra delle poltrone tra i candidati di Fratelli d’Italia a Vicenza, i cacciatori tradiscono l’eurodeputato Albino Salmaso / PADOCVA

Il partito dei cacciatori, l’eterna riserva di voti di Berlato a Vicenza, non ce l’ha fatta a fermare Elena Donazzan che torna a palazzo Ferro Fini con 10.743 preferenze, esattamente il doppio di quelle raccolte da Vincenzo Forte, segretario di Fratelli d’Italia e genero dell’eurodeputato, battuto anche da Joe Formaggio e Silvio Giovine. La Donazzan è la donna più votata della nuova assemblea e ha vinto il derby rosa con lady sanità Emanuela Lanzarin della Lega. L’altro big della scuderia di Matteo Salvini è Nicola Finco e il gioco di squadra ha trasformato Bassano in una repubblica autonoma con Usl ad hoc nel regno di Zaia. Privilegio assoluto, visto che la Donazzan è di Pove del Grappa. L’altra metà del potere è nelle mani di Roberto Ciambetti e quelle 4 superpoltrone oscurano il Carroccio

trevigiano, pronto a chiedere il riequilibro dopo l’80% alle urne. La Donazzan verrà riconfermata a Palazzo Balbi e con quali deleghe? Per cinque anni ha gestito sia il lavoro che la pubblica istruzione, la cassa integrazione con le crisi aziendali e l’esercito dei precari con i fondi alle scuole paritarie. Nel 2015 rappresentava Forza Italia, proprio perché la sua convivenza con Berlato era impossibile e se n’era andata, dopo una lunga militanza nel Msi e poi An di Fini. E Zaia l’ha scelta con il consenso di Berlusconi ma poi sono iniziati i litigi con Renato Brunetta e lei si è messa in proprio, per tornare in FdI. Ora è convinta di tornare a Palazzo Balbi con l’appoggio di Meloni e Urso perché incarna l’anima autentica della destra sociale mai convertita ai valori liberal. Insomma, lei non festeggia il 25 aprile con i partigiani e quando c’è da attaccare il sottosegretario agli

Interni Variati non se lo fa ripetere due volte. Dice che Achille è un amico, ma poi lo sommerge di critiche addossandogli la responsabilità politica di un’aggressione contro un anziano a Vicenza. Il motivo? Bisogna aumentare le forze dell’ordine sul territorio. Nei suoi post ha criticato an-

Con 10.743 consensi è la donna più votata di Palazzo Ferro Fini Gli attacchi a Variati

Elena Donazzan e Sergio Berlato: nel FdI di Vicenza non c’è pace

che la Diesel per una pubblicità in cui si vede una persona prendere una pastiglia e cambiare genere. «In quel messaggio c’è solo il demonio, chi prende pasticche diventa dipendente. È un’aberrazione usare la chimica per cambiare sesso». E poi si lancia in una crociata a difesa e dei “simboli della fede” per ribadire il suo

il segretario regionale verso le dimissioni

Bisato ammette la sconfitta del Pd «Grazie dei voti, ma non ce l’ho fatta» Ruzzante ricorda il suo emendamento alla legge elettorale bocciato dalla Lega per limitare al 63% il premio della maggioranza VENEZIA

Condannati all’irrilevanza politica a Palazzo Ferro Fini, i 9 consiglieri dell’opposizione (compreso Lorenzoni) non potranno mai convocare una seduta straordinaria del consiglio regionale con un loro ordine del giorno, per mancanza

di numero legale. Il regolamento non lo consente. Il Pd si trova imbrigliato nel labirinto della Lega che avrà due facce: quella della lista Zaia e l’altra della lista Salvini che verrà rinforzata a palazzo Ferro Fini. A capire le conseguenze di una clamorosa sconfitta, era stato Piero Ruzzante che durante la discussione della legge elettorale in perfetta solitudine aveva presentato un emendamento per limitare al 63% il premio per la maggioranza. «La norma è prevista in molte altre regioni e non met-

tere alcun limite in Veneto lo ritenevo lesivo dei diritti delle opposizioni. Scendere sotto la soglia non consentirà all’opposizione tra l’altro di richiedere la convocazione del consiglio o le dimissioni di un assessore. Inutile dire che i miei emendamenti vennero bocciati e nessuno se ne preoccupó né in aula né fuori dall’aula. Il 76% era “ancora lungo da venire”» ricorda Piero Ruzzante che dalla politica si è ritirato. I tormenti del Pd non sono finiti. Arturo Lorenzoni sostiene di essere stato lasciato solo

a combattere contro Zaia, quando in realtà la sua malattia da Covid l’ha costretto alla quarantena il giorno in cui Zingaretti era a Padova per lanciare la candidatura. Lui in consiglio regionale è entrato e al suo fianco ci sarà Elena Ostanel. Così il Pd ha rinunciato a due seggi per cederli a un leader civico che rappresenta un cenacolo di amici, élite radical-chic progressista. Chi invece ha servito la causa di partito senza ottenere nulla in cambio è Alessandro Bisato, il segretario che non entra

Alessandro Bisato, Pd

in consiglio regionale. «Come molti sapranno» scrive su Fb «le 5.044 preferenze ricevute non mi consentono di diventare consigliere regionale, risultando il primo dei non eletti nella lista PD nel collegio elettorale di Padova. È un buon risultato? È un cattivo risultato? Semplicemente è il risultato

“no” alle pubblicità gender e al mondo Lgbt. Insomma, la Donazzan è come Salvini sempre pronto a sgranare il rosario tra le mani, e il suo legame con Santa Romana Chiesa l’ha spinta fin nelle segrete stanze del Vaticano per i legami con il segretario di Stato Pietro Parolin. Il cardinale è nato a Mason, a due passi da Breganze, e a maggio non rinuncia all’asparago che gli arriva da Bassano, grazie anche ai legami che la Donazzan ha costruito tra la rete locale e gli chef d’oltre Tevere. E Sergio Berlato come ha incassato la sconfitta di Vincenzo Forte? «No comment», ci sarà presto l’occasione della rivincita con la corsa a Camera e Senato. Il suo patto con Giorgia Meloni l’ha portato a restare a Bruxelles, anche perché Zaia non lo vuole in giunta. L’eurodeputato è stato l’artefice del dossier con cui la procura di Venezia ha fatto scattare il blitz con la mega retata del Mose e la fine del regno di Galan. Lo ha ricordato in aula con un video rilanciato in queste settimane. «Ho raccolto i documenti nel 2009 e il 4 giugno 2014 è scattata l’operazione. Ho anche scommesso con i colleghi che ci saranno altre novità sui flussi di denaro bancari dal Lussemburgo, Liechtenstein e Malta: tra un po’ vedrete che vi ho detto la verità». Che avrà mai voluto dire? — © RIPRODUZIONE RISERVATA

tangibile del lavoro fatto in questi anni nelle istituzioni, dal Comune di Noventa Padovana, alla Provincia e al comitato di gestione Usl 6». Un lavoro quotidiano nelle istituzioni, rivendica Bisato, «a favore dei cittadini e al di là delle appartenenze di partito. «Le soddisfazioni più importanti» aggiunge «sono gli attestati di stima di cittadini e amministratori più delusi di me per il mancato risultato, che mi spronano ad impegnarmi ancora di più per una politica dei cittadini prima ancora degli equilibri di partito. Grazie a tutte le persone che mi hanno sostenuto, a chi ha montato i gazebo, a chi mi ha dato consigli, alla mia famiglia combattente fino alla fine. Per tre anni ho guidato anche il Pd, ma questa è un’altra storia». — ALBINO SALMASO © RIPRODUZIONE RISERVATA


Cronaca 23

IL GIORNALE DI VICENZA Venerdì 25 Settembre 2020

POLITICA. Leelezioniregionali hanno sancitoil crollodei moderati

Forza Italia in crisi Da un elettore su 4 asolounosucento Nel1995 gli azzurri incittà eranoal22percento adesso sonouscitidalleurne conun risicato1,6 Zanettin:«Ci siamochiusitroppo, serve apertura» Roberta Labruna

Dal “siamo tantissimi” al “siamo pochissimi”. Dell’inno di Forza Italia rimane, ormai, solo uno sbiadito ricordo. E l’esito di queste elezioni regionali ne certificano l’inesorabile declino. Vent’anni fa, per dire, quasi un vicentino su tre votava per il partito che ha sempre scandito il ritmo dei moderati. Oggi, dati alla mano, la proporzione è di neanche tre cittadini su 100. In città anche meno. «Certo, rispetto a vent’anni fa - riflette il deputato azzurro Pierantonio Zanettin - è cambiato il mondo: allora il pil cresceva, c’era entusiasmo verso la Ue, oggi le persone sono arrabbiate e spaventate». Ed evidentemente non vedono più in Forza Italia un punto di riferimento. Dai tempi di Giancarlo Galan, il partito nel Vicentino ha perso per strada qualcosa come 89 mila voti. Alle regionali del 1995 in provincia il partito era al 21,73 per

cento e in città al 22. Nel 2000, quando per la prima volta è andata in scena l’elezione diretta dei presidenti di Regione e la sfida era tra Galan e Massimo Cacciari, Forza Italia viaggiava al 31,79 per cento e nel capoluogo sopra il 30. Cinque anni dopo l’asticella arrivava al 23 per cento in provincia e poco meno nel capoluogo. Nel 2010, invece, l’insegna è quella del Pdl e il candidato presidente è il leghista Luca Zaia. Il partito, nato dalla fusione tra Forza Italia e Alleanza nazionale, prende il 25 per cento in provincia e il 27,11 in città. Con la Lega staccata di un punto. Cinque anni fa tutto cambia: Forza Italia crolla al 5,52 per cento in provincia, con 18.498 voti, e al 6,88 in città (2.543 voti). E stavolta va pure peggio: 1,6 per cento (1.212 voti) nel capoluogo e il 2,9 (6.147 voti) in provincia. Insomma, Forza Italia ne esce polverizzata. «Chiaro che, in generale, per noi la situazione in questo

momento non è rosea e che prosegue Zanettin - va fatta autocritica: ci siamo chiusi troppo come partito, bisogna aprire a forze nuove. Dopodiché è evidente che in Veneto paghiamo la forza di Luca Zaia, che parla anche ad un elettorato moderato». Questo in Veneto. Ma pure a livello nazionale il partito è in affanno. Schiacciato tra Lega e Fratelli d’Italia. E se c’è chi sostiene che proprio questa collocazione non sia di incentivo ai moderati per riavvicinarsi, Zanettin risponde con pragmatismo: «Tutto nasce dal sistema elettorale. Con il maggioritario occorre fare una scelta di campo: o di qua o di là». Fatto sta che, tornando a queste latitudini, il risultato è magro. «I numeri - dice il capogruppo a palazzo Trissino Roberto Cattaneo - parlano chiaro: è andata male. Ma noi siamo vivi e io sono convinto che il nostro peso sia in realtà maggiore di quello ottenuto in questa tornata elettorale, nella quale Zaia ha intercetta-

Dell’innodi Forza Italia“Siamotantissimi” restaormai poco: ilpartitodiBerlusconi è aiminimistorici

Officinadicultura politica

Uncorsointreweek-end perfuturiamministratori Cittadinieamministratorisi diventa.Eforse si può cambiareilmondo partendo dalproprio comune.Èquestala sfidachesi ponel’Officina di culturapolitica, promuovendoil secondocorso,rivoltoa giovani dai16 ai 35anni, cheaspirano adavereun’infarinaturaprima diimpegnarsiinpolitica. “Versoquale società: amministrarele città: ideee strumenti”èil titolo del percorsodiformazione che partequestasera, con 40 giovaniinpresenza a Castelfrancoepotràessere

L’onorevoleDelriofra i relatori seguitoonline. “Democraziaerappresentanza” èiltema cheverràaffrontato staseradaMarco Valbruzzi, docenteall’UniversitàdiNapoli.

Domanisiindagheranno “Gli ingranaggidellacittà. Organie funzionamento”con Raffaella Balestrini,segretario comunale e dirigentealla prefettura di Padova,eAndrea Cereser, sindacodiSan DonàdiPiave. Il9 ottobre siparla di“Tuteladel suolo,comeeperchéinvertire la rotta”eil 10 di“Pianificazione urbanaesostenibilità”. Venerdì23 ottobre,il temasarà “Lo strumentodel bilancio,quali scelteper le città”, fra irelatori EnricoGiovannini, economista e giàministro dellepolitiche sociali ePresidentedell’Istat. Sabato 24 chiudeil percorso formativo l’onorevoleGrazianoDelrio sul tema“CittàchiamaEuropa”. Lapropostaèpromossa dall’associazioneUn’altraideadi mondoe VeLa,Veneto Laboratoriocivico, chemira a crearereti diimpegno. © RIPRODUZIONERISERVATA

to anche il nostro elettorato. Anche la Lega, infatti, se guardiamo alla città, non è andata benissimo». E sul perché a Vicenza Forza Italia ha preso percentuali ancora più basse rispetto alle altre province Cattaneo avanza una spiegazione, che è anche quella del vicesindaco e coordinatore provinciale Matteo Tosetto, cioè l’affollamento di nomi pesanti. E in effetti, nel Vicentino, c’è stata una concentrazione di big: dai leghisti Roberto Ciambetti, Manuela Lanzarin, Nicola Finco, all’assessore uscente di Fratelli d’Italia Elena Donazzan. Anche Tosetto ha corso e ha preso quasi 1.500 preferenze. «Soddisfatto? Il 57 per cento dei nostri elettori in città mi ha dato fiducia e io ne sono orgoglioso, ma è chiaro che questo non compensa la delusione per i dati del mio partito. Certo, sapevamo che con Zaia a questi livelli la partita era difficilissima, ma dobbiamo avviare seriamente una riflessione su come recuperare il voto dei moderati. Io credo che la chiave sia mettere in evidenza i nostri valori e ciò che ci distingue dalle posizioni più estreme dei nostri alleati». Si vedrà. Intanto, c’è chi si chiede se questo esito porterà a delle ripercussioni in giunta. «Non credo proprio, non ne vedrei il motivo. Queste - replica Zanettin - sono state elezioni regionali, la squadra di governo della città si basa sulle comunali e la nostra squadra è composta dai due consiglieri e dall’assessore Tosetto. A palazzo Trissino stiamo portando un importante contributo e nessun problema, credo che questo ci venga riconosciuto da tutti». • © RIPRODUZIONERISERVATA

CENTROSINISTRA. Il segretario cittadino dei dem avevano anticipato prima delle elezioni che avrebbe dato le dimissioni

Acque agitate nel Pd: lascia Formisano «Il dato delle regionali non c’entra AVicenzasiamopure migliorati» Sembra solo questione di giorni prima che il segretario veneto del Partito democratico Alessandro Bisato metta sul tavolo, dopo l’esito disastroso delle ultime regionali, le sue dimissioni e pure a Vicenza c’è chi ha deciso di fare altrettanto. Anche se nel caso di Federico Formisano, attuale numero uno dei dem della città, la decisione non è legata all’andamento delle urne ma è stata maturata nei mesi scorsi. Prima, per capirci, del peggior risultato di sempre incassato del centrosinistra alle elezioni regionali. «Già da tempo – spiega infatti Formisano – avevo an-

nunciato che avrei considerato concluso il mio compito di segretario dopo le elezioni e giorni fa ho formalizzato la mia intenzione con una lettera ai componenti dell’esecutivo e ai segretari di circolo». Il motivo? «Sono convinto che il Pd abbia bisogno di una sferzata, di una carica nuova, di una ventata di aria fresca. Per questo, dopo tre anni, ho deciso di passare la mano». Senza fretta. «Lunedì ho convocato un esecutivo e avvieremo una discussione sulle modalità del passaggio. Ci prenderemo il tempo necessario per valutare come arri-

Formisanotraghetterà ilpartitoaspettandogli sviluppiregionali

vare alla scelta del nuovo segretario». Con Formisano che farà da traghettatore. In attesa anche di capire cosa succederà a livello regionale, dove c’è un terremoto in atto. E diversamente non potrebbe essere. «Non possiamo certo nascondere – dice Formisano – di aver subito una gravissima sconfitta politica, con il Pd ai minimi storici in Veneto e nella nostra provincia». L’unica, parziale, consolazione è il dato dei dem in città: «Nel capoluogo teniamo. Anzi, cresciamo un po’, visto che passiamo dal 18,5 per cento delle regionali 2015 al 20,06 per centro di quest’anno. Il Pd è il primo partito della città: superiamo di due volte i voti ottenuti dalla Lega, di due volte quelli di Fratelli

d’Italia e sono decuplicate le percentuali di Forza Italia e del Movimento 5 Stelle. Ovviamente fa storia a sé la lista Zaia, che ottiene un risultato assolutamente straordinario, ma che non può essere considerata come un partito politico». Un dato su cui ovviamente incide la marea di voti presa da Giacomo Possamai e che, secondo Formisano, fa ben sperare per il futuro: «In città il risultato di Possamai è notevolissimo: 4277 voti lo pongono chiaramente al primo posto, con quasi quattro volte i voti della Donazzan, del presidente Ciambetti, dell’assessore Giovine e addirittura sei volte i voti del vicesindaco Tosetto e dell’assessore Maino. Riteniamo che questo risultato possa avere riscontri significativi anche nell’ottica delle elezioni amministrative del 2023, quando emergeranno le incertezze e le inconcludenze dell’at-

tuale giunta e potremmo far ripartire un disegno di città più credibile e vicino alla nostra tradizione di buona amministrazione». Si vedrà. Intanto, si guarda all’oggi e nel Pd tira una brutta aria. Con Formisano che porta sul proscenio ciò che dentro il partito pensano un po’ tutti: «Apprezzo lo sforzo di Arturo Lorenzoni, ma la verità è che si è arrivati tardi e male al suo nome. Si sarebbe dovuto fare un percorso per tempo, organizzando anche le primarie, invece non c’è stato coinvolgimento e siamo andati al carro della candidatura di Lorenzoni». Ecco perché, secondo Federico Formisano, la scelta delle dimissioni di Bisato è cosa buona e giusta: «Il partito regionale ha delle responsabilità importanti e, davanti ad un esito del genere, mi pare che le dimissioni siano inevitabili». • RO.LA. © RIPRODUZIONERISERVATA


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Nordest

ALLERTA METEO FINO A DOMANI È confermato fino a sabato lo stato di allerta meteo in Veneto a causa dei forti temporali soprattutto nella fascia montana e pedemontana. Venerdì 25 Settembre 2020 www.gazzettino.it

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Gli hacker all’attacco delle industrie Dopo Luxottica, tocca al Gruppo Carraro di Campodarsego `Alcuni dipendenti hanno lavorato da remoto, ma intanto essere colpito da un virus informatico che ha paralizzato i pc è partita la richiesta di cassa integrazione per 1400 persone `

IL CASO PADOVA Il sistema informatico che inizia all’improvviso a bloccarsi, le mail che non partono più, i dipendenti costretti a spegnere il computer aziendale per poi starsene a casa. È successo ancora. Dopo la bellunese Luxottica, un altro colosso industriale veneto finisce vittima degli hacker informatici. È il Gruppo Carraro di Campodarsego, provincia di Padova, leader internazionale nel comparto delle macchine agricole che conta oltre tremila dipendenti in tutto il mondo e un fatturato che sfiora i 550 milioni. Martedì mattina i pc hanno iniziato a presentare un’anomalia dietro l’altra, i tecnici si sono messi subito ad indagare e la scoperta ha confermato un fenomeno sempre più diffuso: è stato un attacco informatico. Un’intrusione virtuale che ha costretto l’azienda a invitare centinaia di impiegati a lavorare da remoto (per quel che è possibile) facendo intanto partire la richiesta di cassa integrazione per i 1.400 dipendenti italiani delle sedi di Campodarsego, Rovigo, Pordenone e Poggiofiorito in provincia di Chieti. «La cassa integrazione è una precauzione - spiegano dal quartier generale nell’Alta Padovana - Non tutti ov-

LA CISL: «SIAMO PREOCCUPATI PERCHÉ L’ATTIVITÀ ERA GIÀ STATA RALLENTATA A CAUSA DEL COVID»

viamente ne usufruiranno. Essendo stata richiesta poche ore fa, in questo momento è difficile fare un conteggio e un distinguo tra chi sta riuscendo a lavorare in remoto e chi invece si trova a casa in regime di cassa». Intanto è stata informata la Polizia Postale.

temporaneamente interrotte, mentre per altre sono state attivate procedure alternative di connessione. Per i collaboratori italiani che in queste ore non potessero garantire la propria prestazione lavorativa l’azienda ha provveduto precauzionalmente all’attivazione della cassa integrazione. Inoltre sono state attivate le coperture assicurative dedicate». Le attività torneranno a regime tra oggi e domani, potrebbe però servire anche una bonifica della rete dei server sotto attacco. «Aspettiamo riscontri dall’azienda sulla situazione e sui tempi di rientro - sospira Oriella Tomasello della segreteria Fim Cisl di Padova Rovigo -. Siamo preoccupati perché questo attacco accentua ulteriormente il rallentamento della produzione già provocato dal Covid».

IL FENOMENO In Veneto negli ultimi sette giorni è la terza volta che un hackeraggio diventa un caso di cronaca perché la vittima è decisamente illustre. La scorsa settimana era stato colpito il governatore Luca Zaia: fuori uso Whatsapp e Instagram. Nel weekend, invece, è toccato ad un impero dell’occhialeria come Luxottica: due stabilimenti bloccati, ad Agordo e Sedico, con ottomila dipendenti costretti a restare a casa. Lunedì c’è stato lo stop generale e martedì le attività sono ripartite. Negli ultimi giorni erano stati vittime di pirati informatici anche il sito internet del Ministero dell’Istruzione, i profili social della ministra Azzolina e pure l’università di Roma Tor Vergata. Ora un altro caso. L’ennesimo.

LA NOTA Uno sgarbo mirato o un puro sfizio di qualche hacker? La domanda è ancora senza risposta. Di ufficiale, per adesso, c’è solo la nota dell’azienda. «Nelle scorse ore il Gruppo Carraro ha subito un attacco informatico che ha colpito parte dell’infrastruttura IT. La tempestiva attivazione dei sistemi di difesa ha consentito di ridurre la gravità degli impatti garantendo nel contempo l’integrità dei dati aziendali. A scopo precauzionale alcune attività degli uffici, che richiedevano la connessione ai server interni, sono state

GLI INVESTIGATORI

Centro Cadore, 2 sul lago di Lago, 2 sul lago di Santa Maria e 1 sullo specchio nautico di Albarella) per un totale di circa 149 Km di costa controllata adibita alla balneazione (tra mare e laghi). Nella stagione balneare 2020 Arpav ha esaminato 1044 campioni di cui 1042 risultati favorevoli.

Sul sito internet della Polizia Postale il tema degli attacchi informatici trova molto spazio. «I server dispongono di sistemi finalizzati alla registrazione di numerose attività svolte sugli stessi. Una delle prime operazioni svolte dall’hacker - si legge - è quella di alterare o eliminare i cosiddetti file di log in maniera tale da cancellare le tracce dell’intrusione e delle attività svolte sul server stesso. Nel caso in cui questa operazione non fosse effettuata alla perfezione, sarebbero riscontrabili elementi tali da permetterne una facile identificazione». Gli agenti sono al lavoro proprio per questo. Intanto le aziende venete si cautelano con sistemi di sicurezza sempre più all’avanguardia. Gabriele Pipia

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di un progetto di attenzione e sostegno che dedichiamo al mondo dello sport e con il quale condividiamo molti ideali. Siamo orgogliosi di aver concluso un accordo così esclusivo e speciale pensando soprattutto alle persone che, da sempre, sono il fulcro delle nostre attenzioni e dedizioni». L’ex rugbista Gianluca Bagherini, titolare dell’agenzia Reale Mutua Padova Fiera ha dirottato nell’attività professionale l’esperienza maturata in campo sportivo: «Collaboro da anni con molte società sportive, in particolare nel rugby e proprio per il

rugby ho redatto una polizza infortuni diventata punto di riferimento per la tutela di molti atleti, a livello nazionale e internazionale, che è stata il riferimento per la collaborazione tra Reale Mutua e la Federazione per molti anni. Ho voluto approfondire molti argomenti per la tutela del giocatore, da qui la nascita dell’accordo col Benetton, con l’obiettivo comune di fare qualcosa per i giocatori che finora non avevano alcuna forma di tutela pensionistica». Ennio Grosso

LA SEDE PADOVANA L’interno del Gruppo Carraro a Campodarsego: produce macchine agricole

Il bilancio dell’Arpav

Le acque del Veneto quasi tutte balneabili PADOVA Si è appena conclusa la campagna di controlli sulla balneazione effettuata da Arpav e Guardia costiera del Veneto. Il bilancio della stagione estiva 2020 è di 99,8 % di conformità ai parametri di legge, tutte le spiagge dell’Adriatico sono sempre state aperte alla balneazione. Così per i laghi, Garda e laghi minori, ad eccezione di uno

dei due punti monitorati nel lago di Centro Cadore che ha avuto due episodi di non conformità. La rete regionale di monitoraggio della qualità delle acque di balneazione in Veneto consta di 174 acque di balneazione distribuite su 8 corpi idrici (95 sul mare Adriatico, 65 sul lago di Garda, 4 sul lago di Santa Croce, 1 sul lago del Mis, 4 sul lago di

Benetton, un fondo pensione per i giocatori di rugby con Reale Mutua con la quale collaboriamo da parecchi anni. L’attenzione all’atleta vuole essere totale, sia dentro sia fuori dal campo di gara, rappresenta per noi uno dei principali asset societari e con questo progetto rafforziamo quello che è il nostro impegno in tal senso. I nostri atleti sono dei professionisti e per questo risultava prioritario e significativo intervenire su questo aspetto».

LA CURIOSITÀ TREVISO Professionisti di fatto ma dilettanti per la legislazione e nel rapporto di lavoro sportivo. Così il Benetton, prima franchigia italiana a battersi con le big d’Europa apre una nuova strada guardando concretamente al futuro dei propri tesserati offrendo una polizza a fondo pensionistico a tutela integrale della previdenza complementare dei giocatori che altrimenti non avrebbero nessuna posizione assistenziale. Così il blasonato club della Ghirada e Reale Mutua tramite l’agenzia di Padova Fiera, confermando e consolidando il rapporto di collaborazione, hanno messo in campo la polizza a fondo pensionistico “Teseo” per i Leoni biancoverdi. «Per noi è motivo d’orgoglio essere il primo club in Italia nel nostro settore a muoversi in questa direzione – dice Amerino Zatta, presidente Benetton Rugby –. Siamo lieti di aver intrapreso questa strada

«PENSARE AL FUTURO»

IL PRESIDENTE: «L’ATTENZIONE ALL’ATLETA VUOLE ESSERE TOTALE SIA DENTRO CHE FUORI DAL CAMPO»

Il post carriera è sempre una incognita per ogni atleta, figuriamoci l’aspetto pensionistico: «Sin da giocatore ho sempre pensato che sarebbe servito aiutare gli atleti, soprattutto i più giovani, affiancandoli lungo il percorso sportivo ma pensando anche al loro futuro, valutando una previdenza complementare – l’opinione di Antonio Pavanello, ds Benetton Rugby –. Per sopperire alla mancanza di tutele dal punto di vista pensionistico, da tempo abbiamo cominciato a lavora-

I LEONI Per i giocatori del Benetton Rugby arriva un fondo pensione complementare. Nell’altra foto il presidente Zatta

re su questo progetto insieme al nostro partner Reale Mutua. Tutti noi, sia come società sia come giocatori, abbiamo capito che è necessario pensare al futuro nonostante per molti possa sembrare una preoccupazione non immediata. Da questa stagione saremo noi, come Benetton Rugby, i protagonisti nell’apertura di fondi pensionistici a tutti i giocatori, i quali potranno poi proseguire personalmente». «La nostra sponsorizzazione al Benetton – sostiene Michele Quaglia, direttore commerciale e brand di Reale Group – fa parte

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VENERDÌ 25 SETTEMBRE 2020 CORRIERE DELLE ALPI

PRIMO PIANO

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Dopo le elezioni

Marilena Marin, Umberto Bossi e Franco Rocchetta ai primi passi del venetismo ufficiale. In alto a destra Ettore Beggiato in un’immagine di vent’anni fa e, sotto, Giorgio Panto all’epoca del suo Progetto Nordest Sono fra i volti più significativi del movimento politico venetista presto finito sotto l’egemonia lombarda. Il fallimento politico è stato quasi sempre determinato da liti fra personalità rivali e conseguenti scissioni

Dagli esordi alle elezioni del 1985 allo “zero virgola” delle ultime consultazioni regionali viaggio fra personalità e proclami di un desiderio di contare che il leghismo ha soffocato

Il partito dei veneti affondato in trentacinque anni di baruffe L’ANALISI FRANCESCO JORI

ome è triste San Marco. Per l’undicesima volta consecutiva da mezzo secolo a questa parte, nelle urne regionali la voce dei venetisti, così forte di decibel alla vigilia, alla prova delle urne si è trasformata in un flebile sussurro. L’unico seggio conquistato è frutto della decisione di una delle liste in gara di schierarsi con la task-force di Zaia, peraltro da semplice reggicoda. Ma il fallimento più clamoroso è quello del Partito dei Veneti, che alla vigilia si era presentato con grandi ambizioni, proclamando di essere finalmente riuscito a mettere insieme componenti diverse della rissosa galassia venetista, sul modello Sudtiroler Volkspartei: ha raggranellato un miserando un per cento, e meno di 20 mila voti. «Saremo il vascello corsaro a Roma», aveva annunciato prima del voto. Dal quale è uscito in realtà ridotto a sgangherato pedalò. La tabella che proponiamo fotografa con l’implacabile evidenza dei numeri la storia di un ininterrotto fallimento. In cinquant’anni di voto per la Regione, le forze dichiaratamente venetiste e alternative alla Liga-Lega hanno raci-

C

I VENETISTI ALLE PROVE ELETTORALI ANNO 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010

2015

2020

PARTITO NESSUNO NESSUNO NESSUNO LIGA VENETA SERENISSIMA UNION POPOLO VENETO LEGA AUTONOMIA VENETA VENETI D'EUROPA FRONTE MARCO POLO LIGA FRONTE VENETO PROGETTO NORDEST LIGA VENETO AUTONOMO UNIONE NORDEST VENETO INDIPENDENSA PARTITO NASIONAL VENETO INDIPENDENZA NOI VENETI INDIPENDENZA VENETA UNIONE NORDEST PROGETTO VENETO AUTONOMO RAZZA PIAVE PARTITO DEI VENETI LISTA VENETO AUTONOMIA SANCA AUTONOMIA VENETO PER LE AUTONOMIE

molato sei seggi in tutto, viaggiando regolarmente su percentuali da cabina telefonica. Con una sola significativa eccezione: il progetto Nordest di Giorgio Panto, che nel 2005 riuscì a superare la soglia dei 100 mila voti e una percentuale del cinque, portando a casa due seggi; ma durò la meteora di una legislatura. Troppo schiacciante la presenza di un leghismo egemone.

VOTI 0 0 0 6.553 58.093 73.342 56.448 28.568 27.524 125.690 4.390 34.697 7.879 6.226 50.251 46.690 11.159 6.242 3.485 19.756 48.932 2.405 12.028

È una storia che parte di fatto da metà anni Ottanta, perché la Liga fa il suo esordio elettorale con le politiche del 1983, e si presenta per la prima volta in Regione nel 1985, fermandosi sotto il 4 per cento e ottenendo due seggi. Ma il trionfale esordio con l’ingresso a sorpresa in Parlamento è già stato avvelenato dalla sequenza di litigi e contrasti interni sotto la gestione da padre-padrone

PERCENTUALE 0 0 0 0,22 1,9 2,9 2,5 1,2 1,2 5,4 0,2 1,5 0,3 0,3 2,7 2,5 0,6 0,3 0,2 1 2,4 0,1 0,6

SEGGI 0 0 0 0 1 0 0 0 0 2 0 1 0 0 1 0 0 0 0 0 1 0 0

di Franco Rocchetta: a quelle elezioni si presenta anche una lista alternativa, la Liga Veneta Serenissima, che tuttavia raccoglie solo briciole. La volta successiva, i dissidi interni producono un effetto più consistente: dall’ennesima spaccatura nasce l’Union del Popolo Veneto, che ottiene un seggio con Ettore Beggiato; sarà una delle poche volte. Nel 1995 fa fiasco la Lega Autonomia Veneta pro-

mossa dall’ex sindaco di Venezia Mario Rigo, che rimane a bocca asciutta malgrado sfiori il 3 per cento. Da lì in avanti l’offerta venetista comincia a differenziarsi, ma l’esito rimane comunque nullo. Nel 2005 corrono i Veneti d’Europa e il Fronte Marco Polo, che insieme si avvicinano al 4 per cento, ma separati non prendono seggi. Sono ben quattro le liste venetiste del 2010, prime dell’era Zaia: una sommatoria di debolezze, che insieme sta poco sopra il due per cento. E si arriva addirittura a cinque la volta successiva, nel 2015, una delle poche in cui qualche briciola arriva: Indipendenza Noi Veneti sta poco sotto il tre per cento e incassa un seggio. Gli altri rimangono a digiuno: inclusa una lista “Razza Piave” che si ispira al fiume sacro alla Patria ma in realtà risulta un modesto rivolo dello 0,2 per cento. Infine, le elezioni di domenica scorsa in cui, alla voce “Partito dei Veneti”, il termine “partito” sta per aggettivo anziché per sostantivo. Partito, e non pervenuto. È l’ennesimo, fallimentare capitolo di un’odissea autonomista che si trascina da decenni senza riuscire a produrre risultati concreti, e con tanti tumultuosi capitoli: il più famoso dei quali rimane quello dell’assalto dei Serenissimi al campanile di San Marco, nel maggio 1997, duecentesimo anniversario della fine della Repubblica di Venezia. Ma già prima c’erano stati episodi minori, ma al limite della farsa. Come l’Armata Dolomitica Indipendentistica, che nel 1979 dalle montagne del Bellunese aveva proclamato la nascita di una Nazione Dolomitica, minacciando pure attentati puntualmente rimasti di carta. Come l’Unità Popolare Veneta degli anni Novanta che si richiamava tra gli altri perfino a

Che Guevara e ai baschi di Batasuna. Come la joint-venture veneto-olandese dello Stato Veneto-Nederland, che aveva annunciato il proposito di aprire un’ambasciata ad Amsterdam, della quale peraltro non si è mai avuta notizia. È stato un buco nell’acqua anche quando i venetisti hanno provato a farsele da soli, le urne. Come nel 2009, quando sono state indette le “libere elezioni del popolo veneto” estese alla Lombardia: il candidato più votato ottenne 196 preferenze, che peraltro gli bastarono per autoproclamarsi “capo del governo del popolo veneto”. O come nel 2014, quando un ciarlatano qualsiasi proclamò di aver ottenuto via internet l’adesione di due milioni e mezzo di veneti per l’indipendenza della regione, e l’anno successivo non riuscì neppure a racimolare le poche migliaia di firme per presentarsi alle elezioni. In definitiva, ne esce il quadro di una sostanziale impotenza, specchio di una diaspora esasperata che non riesce a raggiungere la massa critica per contare davvero, malgrado le decine di tentativi. Le ragioni sono tante e diverse. Ma al fondo, la più concreta rimane desolatamente quella formulata quasi un secolo e mezzo fa da un fervente sostenitore della causa autonomista, il trevigiano Piergiovanni Mozzetti: il quale in uno suo scritto prendeva amaramente atto che nella partita con Roma il Veneto sarebbe stato regolarmente sconfitto non solo e non tanto per le resistenze centralistiche, ma per le “barufe in famégia” interne, eredi della commedia goldoniana delle “barufe ciozòte”. Il guaio è che magari, per non pochi venetisti di oggi, Mozzetti rischia di essere al massimo il nome di una birra. — © RIPRODUZIONE RISERVATA


PRIMO PIANO

Corriere del Veneto Venerdì 25 Settembre 2020

IL GOVERNO che sono state stabilite delle regole, tra l’altro volute anche dall’opposizione che le ha votate: probabilmente qualcuno non aveva valutato che avrebbe potuto esserci un exploit elettorale. Io penso che non sia questo il problema a tre giorni dalle elezioni, dopo di ché il consiglio si riunirà e deciderà». E a proposito di consiglieri. Come fece cinque anni fa, a pochi giorni dal voto Zaia ha voluto riunire al K3 di Treviso gli eletti della Lega e della Lista Zaia, per un primo incontro conoscitivo, utile a dare alcune indicazioni sia politiche che pratiche. Come al solito, i neofiti di Palazzo Ferro Fini sono stati invitati alla massima cautela con i giornalisti, a cui è sempre meglio sottrarsi

ed è bene rispondere senza uscire dal seminato. Il commissario Lorenzo Fontana ha ringraziato la squadra, dai militanti ai segretari provinciali e di sezione, e tutti coloro che si sono spesi per la causa, anche se non eletti. Zaia ha invece tenuto un discorso «motivazionale», teso a far sentire tutto il peso e la responsabilità di una vittoria senza precedenti: «Ricordate - ha detto - sul vostro epitaffio ci sarà scritto: aveva fatto il consigliere regionale. Qui rappresentiamo il 75% dei veneti e davanti abbiamo una sfida epocale perché dobbiamo uscire da questa crisi». Pancia a terra e lavorare, dunque, senza personalismi, con in testa l’obiettivo più importante, l’autonomia. Nessun accenno alla giunta, men che meno alle tensioni tra la Lega e la Lista Zaia: «Siamo tutti leghisti, punto». Alla fine, ai fotografi è stato concesso di salire per la foto di gruppo. Tornando all’evento di Jesolo, il presidente ha affrontato il tema del turismo, caro agli imprenditori del litorale: «I nostri albergatori ci hanno rimesso il 30, il 50 anche il 70%. Abbiamo perso 60 mila posti di lavoro in Veneto di cui 30 mila appartengono al comparto turistico. Abbiamo già rimodulato i fondi comunitari per intervenire nella promozione e gli aiuti alle imprese. Adesso aspettiamo la grande partita del Recovery Fund che sono 209 miliardi di euro e la quota parte del Veneto sarà naturalmente dedicata anche alle imprese turistiche. Ci saranno altri progetti con Emilia Romagna e e Friuli Venezia Giulia perché dopo il covid abbiamo capito come l’aggregazione dell’offerta turistica sia è assolutamente vincente». Andrea Rossi Tonon © RIPRODUZIONE RISERVATA

● L’intervento

Il rischio dell’isolamento

di Gianfranco Refosco* L’esito delle elezioni regionali in Veneto è chiaro: un pieno successo personale di Zaia e della sua lista, cui si deve aggiungere la conferma del consenso (in termini di preferenze) della squadra di governo uscente. Viceversa le urne hanno penalizzato fortemente tutte le forze politiche che oggi sono al governo. Alcune non saranno nemmeno presenti in Consiglio regionale. Il Veneto si trova così ad essere un unicum sul piano nazionale: maggioranza granitica a livello regionale ma totalmente distante, agli antipodi, da quella parlamentare nazionale (e, non dimentichiamocelo mai, da quella dell’Ue). Il rischio, oggettivo, è quello dell’isolamento politico. In tempi di ricostruzione economica, di interdipendenza potenziata (Codid-19 insegna) e di nuove competizioni internazionali questa condizione non porta nulla di buono con sé. Va assolutamente evitato che

nei palazzi romani si consolidi una indifferenza verso le necessità/istanze di questa regione e, nello stesso tempo, bisogna impedire che nei palazzi veneziani si coltivi una politica che vive di rivendicazioni improduttive. Siamo però convinti che chi ha ottenuto rinnovati plebisciti elettorali voglia trasformarli in risultati concreti. Nessuno vuole contare di meno nella scena politica nazionale ed europea. Sarebbe quindi utile che chi amministra il Veneto nei prossimi 5 anni nei quali saranno disponibili in tutta Europa (e quindi nelle sue regioni) le eccezionali risorse disposte dall’Unione per il rilancio, si proponga nei tavoli di discussione con la forza di un piano regionale per la ripartenza economica ed una nuova equità sociale che sia frutto di un solido patto discusso, concordato e sottoscritto da tutte le rappresentanze del lavoro e dell’economia venete. In questa prospettiva la Cisl ha avanzato già in campagna elettorale precise proposte per il futuro del Veneto. Ci attendiamo di discuterle con Regione e mondo associativo nelle prossime settimane. *Segretario regionale Cisl

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Tutte le partite aperte sull’asse Venezia-Roma

«Luca prenda posizione sulle grandi navi e chieda un’autonomia possibile» Baretta: «Roma è pronta a dare una risposta ma serve realismo: rivendicare 23 materie è velleitario»

Chi è ● Pier Paolo Baretta, veneziano classe 1949, lavora a Porto Marghera e nel frattempo inizia la carriera nel sindacato Fim Cisl ● Come segretario regionale Cisl del Veneto alla fine degli anni Settanta segue la ristrutturazione del Polo industriale di Porto Marghera ● Dal 1984 è per vent’anni uno dei leader Cisl nel dialogo con governi e controparti industriali sui temi della siderurgia e della previdenza ● Nel 2008 si candida alla Camera in Veneto col Pd, venendo confermato nel 2013 ● Ricopre il ruolo di sottosegretario all’Economia nei governi Letta, Renzi, Gentiloni e Conte bis

La lunga apnea elettorale è terminata: smessa l’armatura da sfidante nella battaglia per la poltrona di sindaco di Venezia – e sappiamo che non è andata -, Pier Paolo Baretta torna a vestire a tempo pieno i panni del governante («Ma resterò in consiglio comunale a Ca’ Farsetti», mette in chiaro) laddove si manovrano i cordoni della borsa, al ministero dell’Economia. Sottosegretario Baretta, il tributo di popolo a Zaia e la contemporanea smaterializzazione dei 5 Stelle sulla scena politica regionale, hanno fatto del Veneto la regione più all’opposizione che ci sia rispetto al governo nazionale. E il governo nazionale rispetto al Veneto? «Sia chiaro che il plebiscito a Zaia non significa, da parte del governo, un atteggiamento di negatività: il confronto istituzionale c’era prima e continuerà a esserci adesso, nell’interesse superiore di questo territorio. Certo, a chi ha riscosso un consenso popolare così alto si deve chiedere ora di rappresentare tutte le istanze della sua terra, non soltanto quelle di parte». Nel concreto, cosa può dare ora il governo nazionale a questa regione «disallineata»? «Qui è bene chiarire un punto tutto politico: è evidente che il successo di Zaia arriva all’apice battendo sul tasto dell’autonomia regionale, poi però ha sbagliato strada rivendicando per il Veneto tutte e 23 le materie previste, cioè una cosa impossibile. Allora, detto che Zaia su questo tema ha portato a casa il nulla quando a governare c’era Salvini, adesso il dialogo è ripreso e sta andando sul concreto grazie al nostro ministro Boccia. Bene, una risposta al Veneto va sicuramente data ma chiedo alla Regione di fare un’operazione di sano realismo: insistere per avere tutte e 23 le materie è semplicemente velleitario. Zaia selezioni i temi su cui vuole confrontarsi nel merito e il governo farà la sua parte». Sta entrando nel vivo la partita per la ripartizione delle risorse del Recovery Fund: come sta funzionando la comunicazione VeneziaRoma? «C’è una cabina di regia, a cui partecipano tutte le Regioni. Il Veneto deve presentare le proprie proposte, raccogliendo e selezionando anche quelle che salgono dai Comuni». Quali richieste si aspetta che arriveranno da qui? «Sicuramente il completamento dell’infrastruttura ferroviaria ad alta velocità tra MiVENEZIA

I signori dell’Economia Il sottosegretario Pier Paolo Baretta (a destra) con il ministro dell’Economia e Finanze Roberto Gualtieri

lano e Venezia e poi la sua prosecuzione verso Trieste. Mi attendo e soprattutto mi auguro che ci sia anche un forte capitolo in tema ambientale, visto che in regione il consumo del suolo è particolarmente elevato. E poi mi aspetto che la Regione intervenga e prenda una chiara posizione anche sulle grandi questioni che interessano la sua città capoluogo, Venezia». Intende in particolare le grandi navi? «Per l’appunto: sul tema è già partito il confronto per arrivare alla migliore soluzione definitiva ma, nel frattempo, dobbiamo dare un’efficace risposta transitoria per non perdere le crociere turistiche, non appena riprenderanno a navigare. E su questo vorrei proprio sentire l’opinione di Zaia e del sindaco Brugnaro, che si proclamano alleati, di fronte al fatto assodato che il presidente del Friuli Venezia Giulia, Fedriga, leghista pure lui, si sta spendendo in tutti i modi affinché Trieste diventi l’home-port, il porto base per le crociere che toccano l’Alto Adriatico». A proposito di Brugnaro:

il suo primo atto da sindaco rieletto è stato rampognare i veneziani del centro storico, che si lamentano dei problemi e poi non votano per lui: «Basta mangiare e mettere in tasca», è stato il messaggio. «Decisamente non è partito con il piede giusto, e proprio il risultato elettorale di Venezia, dove non c’è stato il plebiscito e il centrodestra non è andato oltre il 54%, avrebbe dovuto consigliargli di usare toni diversi, mettendosi da subito ad affrontare i problemi veri». Tra l’altro, anche Brugnaro alla fine dovrà rivolgersi a voi del governo nazionale per molte partite che riguardano la sua città. «È così, e il sindaco sa benissimo, anche se non vuole riconoscerlo, che il governo ha dato a Venezia più di 1,3 miliardi di euro. Il mio compito, d’ora in avanti, è anzitutto assicurare ai veneziani che noi ci saremo e che io ci sarò, anche dopo la contesa elettorale, in consiglio comunale e in città». Alessandro Zuin © RIPRODUZIONE RISERVATA

Cos’hanno da dire lui e Brugnaro sul fatto che il leghista Fedriga spinge per portare le crociere a Trieste?


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Primo Piano

Venerdì 25 Settembre 2020 www.gazzettino.it

Regionali, i vinti L’intervista Alessandro Bisato

lessandro Bisato è il primo dei non eletti fra i dem in provincia di Padova, ma è anche e soprattutto il segretario veneto del Pd. Un partito verso cui il candidato presidente Arturo Lorenzoni, nell’intervista di ieri al Gazzettino, ha espresso una certa delusione («C’era un atteggiamento rinunciatario. Ho dovuto combattere contro la rassegnazione»). Con questa premessa sabato 3 ottobre, alle porte di Padova, la direzione regionale si riunirà per l’analisi del voto.

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Cosa risponde a Lorenzoni? «Arturo lo abbiamo chiaramente candidato noi del Pd, altrimenti non ci sarebbe stata la coalizione di centrosinistra, quindi mi pare ingeneroso questo suo giudizio. Che poi il clima d’intorno fosse difficile, questo va al di là dei nostri atteggiamenti. Era lo scenario d’insieme che obiettivamente aveva uno scarto già scritto. Parliamo tanto di par condicio, ma questa non può valere solo negli ultimi 45 giorni e non per i 147 che hanno visto due ore quotidiane di diretta tivù». Questo attiene a Luca Zaia. Ma per quanto riguarda il Pd? «Nessuna scusante. Il risultato è drammatico e testimonia l’incapacità di aggregare intorno non tanto a un uomo, ma a una proposta, un pezzo significativo della società veneta. Questo è il punto che merita una riflessione profonda. Serve la ricostruzione di una proposta alternativa. Ma perché queste non siano parole vuote, bisogna che il progetto sappia incarnare il Veneto produttivo: l’artigiano, il commerciante, il contadino. Perché in alcune realtà amministrative riusciamo a parlare anche a queste persone, mentre in ambito regionale non esistiamo più e non siamo riconosciuti più?». Che risposta si è dato? «C’è una motivazione tutta interna, su cui chiamerò a responsabilità tutti: le faide dentro al partito producono all’esterno la visione di una comunità lacerata e divisa. Anche quando con difficoltà si trovano l’identità, l’uomo e la traiettoria, dal giorno dopo c’è chi ricomincia a farsi la guerra».

«IL MIO INCARICO È A DISPOSIZIONE MA CREDO SAREBBE RIDUTTIVO CAVARSELA CON IL LEADER CHE SI ASSUME OGNI RESPONSABILITÀ»

PADOVANO Alessandro Bisato, sindaco di Noventa, è il segretario regionale del Partito Democratico dal 2017, quando aveva sostituito Roger De Menech dopo la sconfitta alle Regionali 2015. Domenica e lunedì il 49enne ha ottenuto 5.044 voti, primo dei non eletti

«Faide interne nel Pd dietro le sconfitte: vogliamo farci male» Il segretario regionale: «Incapaci di «Lorenzoni ingeneroso, l’abbiamo scelto aggregare pezzi della società veneta» noi. Dov’erano i nostri tre sottosegretari?» `

Le “Sardine”

«Lotte di potere, base dimenticata» «Senza un progetto condiviso e allargato non si va da nessuna parte» e ancora «un partito che si concentra sulle lotte di potere ma si dimentica la base ha i giorni contati». Ricordiamoci «la vicenda di Renzi» che è crollato e del «M5S», entrambi «vittime dell’incoerenza». È quanto dice, in sintesi, il leader delle Sardine, Mattia Santori, in una

video-lettera indirizzata al segretario del Pd, Nicola Zingaretti dopo la tornata elettorale, dal titolo ‘Una questione di coerenza”. Una lettera che punta a un dialogo tra territorio e partito, aprendo al dialogo con Zingaretti che ha capito come ci sia «una comunità affamata di stimoli ma che oggi si sente distante».

Ad esempio? «Non ci sono nomi e cognomi, è qualcosa di strisciante e sotterraneo. Più che una tendenza, direi proprio una volontà di farsi del male. Io sono stato chiamato dopo la sconfitta di cinque anni fa e sono arrivato con la voglia dell’uomo libero che nelle istituzioni riusciva, nel suo piccolo, a interpretare pezzi di società oltre

il ristretto argine di quelli che stanno dentro. Invece non siamo mai riusciti a far entrare aria nuova. Per questo serve una ricostruzione: non dei ruoli, ma della cultura politica e dei riferimenti ideali nel centrosinistra veneto». Parla da dimissionario? «Il mio incarico è a disposizione. Ma credo sarebbe riduttivo per tutti cavarsela con il segretario

VENEZIA Centrosinistra paralizzato dalle inarrivabili soglie per l’esercizio di almeno sei prerogative dell’opposizione? L’asse zaianleghista si pone di traverso a qualsiasi ipotesi di revisione dello statuto del Veneto e del regolamento del Consiglio. L’indicazione politica è emersa dal vertice di ieri pomeriggio alle porte di Treviso, dove il governatore Luca Zaia ha riunito gli eletti nelle sue tre liste, malgrado il Pd con il riconfermato consigliere Andrea Zanoni avesse chiesto un correttivo per «garantire alla minoranza il ruolo che le spetta».

I MARGINI Nell’incontro al K3 sono stati illustrati, soprattutto ai debuttanti che non conoscono le rego-

le approvate fra il 2012 e il 2015, i margini entro cui potranno agire i 9 rappresentanti di Partito Democratico, Il Veneto che Vogliamo ed Europa Verde. In particolare è stato spiegato che le mozioni di sfiducia nei confronti del presidente o di riserve nei riguardi degli assessori non sono state presentate nemmeno quando i numeri degli oppositori avrebbero permesso il raggiungimento del minimo prescritto e cioè, in quei casi, 10. Inoltre è stato ricordato che nel

LA MAGGIORANZA CHIUDE A IPOTESI DI MODIFICHE DELLO STATUTO IL DEM ZANONI: «DAREMO BATTAGLIA»

2018 la legge regolamentare è stata modificata per assicurare davvero un ruolo di garanzia alla commissione Vigilanza a partire da questa legislatura: «La presidenza della Quarta commissione è affidata ad un componente di opposizione». Infine è stato rammentato che, in merito all’organizzazione dei lavori d’aula, «un quinto dei provvedimenti inseriti nel programma è riservato alle proposte delle minoranze», indipendentemente dalla loro consistenza. Tutte argomentazioni che, secondo il centrodestra, dovrebbero bastare per zittire le istanze di intervento legislativo, che fra l’altro avrebbe bisogno di seguire la procedura rafforzata (e dunque più lunga dell’ordinario), trattandosi di materia statutaria.

LA RAPPRESENTANZA Zanoni però ha fatto presente

Si è sentito poco difeso dal Pd? «So per certo che delle 5.044 persone che hanno deciso di scrivere Bisato sulla scheda, una grossa parte era fuori dal partito e la ringrazio di cuore. Ma non nascondo il risultato che certifica che nemmeno il segretario veneto riesce a entrare in Consiglio regionale. Se posso darmi una colpa, è di aver mediato all’indicibile con chiunque in questi tre anni. Fossero poi sensibilità politiche, porterebbero un “di più” alla discussione, invece sono solo personalismi. Al netto ovviamente del candidato di centrodestra, che schiaccia tutto il resto, noi parliamo a chi intraprende e si spacca la schiena, o invece coltiviamo l’idea della riserva indiana?». Pare una domanda retorica... «Ma è qua la discussione vera». Tornasse indietro, risceglierebbe un candidato esterno? «Quella decisione è stata presa subito dopo l’Emilia Romagna e appena prima del Covid, nel momento in cui il vento della novità erano le Sardine che si aprivano a un mondo altro rispetto a quello codificato dentro un partito. Con il senno di poi, diciamo che l’obiettivo di avere più consiglieri regionali doveva essere tenuto più in conto. Questa presunta apertura ci ha portato a non averne due in più. Ma dal punto di vista umano e politico sono molto vicino ad Arturo, la scelta va portata fino alle estreme conseguenze. Piuttosto i tre sottosegretari, nostri padri nobili, avrebbero dovuto sostenerlo molto di più. Invece il partito nazionale ha deciso di impegnarsi in altre partite maggiormente contendibili». Cosa accadrà il 3 ottobre? «Niente riti, tanta concretezza. Disponibilità assoluta a mettersi in gioco, ma nemmeno capri espiatori che servano da autoassoluzione. Il Pd prende l’11,9% perché Bisato ha sbagliato il candidato, o perché sotto tre strati di pelle non c’è una nervatura connessa al Veneto?». Angela Pederiva © RIPRODUZIONE RISERVATA

Opposizione bloccata in aula «Ma le spetterà la Vigilanza» LA POLEMICA

che si assume tutta la responsabilità con fare enfatico: non restituirebbe la verità e la carsicità di quello che è successo. Veniamo da due anni di segreteria u-ni-ta-ria (lo scandisce, ndr.), in cui sono rappresentate tutte le sensibilità del partito, tanto che l’indicazione del candidato presidente alla fine è stata decisa da tutti. Invocare adesso una nuova classe dirigente, significa non aver capito niente, se semplicemente si prende un altro, lo si mette là e poi non lo si difende».

IN MINORANZA Il dem Andrea Zanoni con la collega Francesca Zottis

che «385mila veneti» non hanno votato per la maggioranza e hanno il diritto di essere adeguatamente rappresentati. «Indipendentemente dal margine di vittoria e dal premio di maggioranza – ha dichiarato – chi sta all’opposizione deve sempre avere la garanzia di poter svolgere in maniera adeguata il proprio ruolo. Avevamo denunciato a suo tempo i pericoli della legge elettorale e, purtroppo, abbiamo avuto ragione». In ogni caso il dem ha auspicato che, a proposito dello statuto

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regionale attualmente vigente, venga colmata una lacuna. «L’unico strumento rimasto sulla carta, a distanza di otto anni dall’approvazione in Consiglio, è la Commissione di garanzia statutaria – ha affermato – che è esplicitamente prevista. A settembre 2018 è stato depositato il progetto di legge di cui sono primo firmatario, sottoscritto da Pd, Civica per il Veneto, Leu e IiC, ma la maggioranza non ha ritenuto di doverlo portare in aula, lasciandolo chiuso nei cassetti. Perché questa contrarietà

all’istituzione di una squadra “super partes” composta da tre giuristi che possa fornire al Consiglio dei pareri in caso di controversie non condizionati dall’appartenenza partitica? Non ci arrendiamo e sarà una delle prime proposte che come Pd presenteremo nella prossima legislatura, insieme alla richiesta di rendere pubbliche le sedute delle commissioni consiliari, con la possibilità di seguirle in streaming». Nell’arsenale politico dell’opposizione, comunque, restano gli strumenti dell’attività ispettiva. «Non faremo sconti – ha promesso Zanoni – utilizzando le armi a disposizione in Consiglio, come le interrogazioni, e fuori, continuando a incontrare i cittadini come ho fatto negli ultimi cinque anni, ascoltando i loro problemi e portando alla luce le troppe e spesso nascoste lacune delle politiche leghiste. Posso assicurare che daremo filo da torcere alla maggioranza e le faremo vedere i sorci verdi, nonostante i numeri a Palazzo Ferro Fini». (a.pe.) © RIPRODUZIONE RISERVATA


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VENERDÌ 25 SETTEMBRE 2020 IL MATTINO

PRIMO PIANO

Elezioni comunali

Venezia, Tomaello sarà il vicesindaco «La Lega fondamentale per Brugnaro» Trent’anni, di Mirano come il sindaco, è commissario provinciale del Carroccio. «Nessun dualismo tra noi e Zaia» Alberto Vitucci / VENEZIA

Di sicuro, anche se non ancora ufficiale, c’è solo il nome del vicesindaco. La nuova giunta Brugnaro avrà un vice della Lega, come da accordi elettorali. Il nome è quello di Andrea Tomaello, 30 anni, commissario provinciale della Lega, laureato a Ca’ Foscari con una tesi sullo Sviluppo di impresa. È di Mirano – come Brugnaro – e secondo il sindaco «è la persona giusta per ricoprire quel ruolo». Niente di ufficiale. Le consultazioni e gli incontri con gli alleati partiranno solo lunedì, perché Brugnaro si è preso qualche giorno di riposo, in campagna con la famiglia. Ma la strada sembra segnata. Anche nel 2015 l’accordo per il ballottaggio prevedeva il vicesindaco e due assessori per il Carroccio. Vicesindaco è stata nominata Luciana Colle, funzionario del Demanio, mai riconosciuta dai leghisti. Assessori al Commercio che si sono rapidamente avvicendati. E Giovanni Giusto, esponente lagunare del Carroccio, nominato consigliere delegato alla Voga e alle Tradizioni. Un incarico che potrebbe anche mantenere nella prossima amministrazione. «Mi piacerebbe comprare casa a Venezia», aveva detto Tomaello a urne appena aperte, «vogliamo portare in giunta due o tre persone della Lega, serie e preparate». Smentisce rivalità con la lista Zaia («Basta con questo dualismo, la Lega è Zaia e Zaia è la Lega, la lista Zaia l’ho fatta io...». Un risultato non esplosivo quello della Lega a Venezia. Anche se i voti sono più o meno gli stessi dell’altra volta, quando correva con gli autonomisti al primo turno. «Siamo stati leggermente sotto tono», dice Tomaello, «ma la Lega è stata fondamentale per la

vittoria di Brugnaro». E poi «i patti sono patti». Come quelli che prevedono la riconferma quasi sicura nel governo cittadino di Michele Zuin, unico consigliere eletto di Forza Italia. Anche gli azzurri di Brunetta e Berlusconi crollano sotto il 3%. Ma la riconferma di Zuin al Bilancio, che ha contribuito a “salvare” in questi anni, sembra sicura. Poi ci sono da sistemare i due super votati della lista civica di Brugnaro. I due fucsia in testa alla classifica delle preferenze sono Simone Venturini, assessore uscente al Welfa-

Giovanni Giusto potrebbe mantenere l’incarico attuale di delegato alla Voga re, e l’inossidabile Renato Boraso, delegato alla Mobilità e Trasporti. Protestava contro il tram ai tempi delle giunte Cacciari, adesso si è trovato a gestirlo. Nel gioco degli assessori eletti in Consiglio entra anche la possibilità per molti esclusi di rientrare a Ca’ Loredan. Come Francesca Rogliani, rimasta fuori. O Giorgia Pea, già in commissione Cultura. Tra gli ex assessori, potrebbero essere riconfermati anche Paola Mar – non necessariamente al Turismo – e Massimiliano De Martin (Edilizia privata e Urbanistica). Un posto di consigliere delegato potrebbe arrivare anche per il votatissimo Paolino D’Anna, o per la new entry Aldo Reato, ex presidente dei gondolieri. Resta fuori invece Maurizio Crovato. «Veneziani non ce ne sono», ha commentato amaro. La maggioranza degli eletti nella lista del sindaco proviene dalla terraferma. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

Andrea Tomaello, 30 anni di Mirano, leghista quasi certo nel ruolo di vicesindaco: è molto apprezzato dal sindaco Brugnaro

zo dove abita alcune secchiate di acqua in due riprese diverse, bagnando anche un cameriere di un vicino ristorante mentre due turisti, seduti allo stesso locale, scappavano. Episodi segnalati alla Digos con conseguenti polemiche velenose sui social di cui hanno fatto le spese anche persone che nulla c’entravano con le vicende. Ieri la scoperta della serranda incollata: dentro in attesa del fabbro restano i palloncini e i manifesti fucsia della campagna elettorale. Anna Brondino invece è partita per alcuni giorni di riposo. «È stata una esperienza bella ma complicata. Ora non vedo l’ora di tornare all’emporio solidale ad occuparmi di chi ha bisogno», si sfoga. —

la segnalazione

La serranda è stata incollata nel punto elettorale fucsia L’amarezza di Anna Brondino per l’ennesimo sgarbo alle sede di campo Beccherie «Altra delusione dopo la mancata elezione in Consiglio» VENEZIA

Dopo polemiche e secchiate d’acqua, la avvelenata campagna elettorale si chiude in centro storico con una serranda bloccata dalla colla. È quella

del punto fucsia in campo delle Beccherie aperto dalla candidata a consigliere comunale Anna Brondino. «Siamo arrivati per liberare lo spazio che è mio, di proprietà, ed avevo utilizzato con altri candidati come punto elettorale. E niente, ci hanno incollato la serranda con l’Attack. Pensavo di essere io ad aver sbagliato chiavi ma invece qualcuno ci ha incollato la serratura ed è impossibile aprirla senza l’in-

tervento del fabbro. Dovremo aspettare lunedì», racconta Anna Brondino che alla delusione per la mancata elezione in consiglio comunale deve aggiungere anche l’ennesimo sgarbo. Perché nelle scorse settimane ci sono stati altri episodi spiacevoli: prima una signora ha inveito contro i candidati fucsia e contro il sindaco uscente. Poi, molto probabilmente la stessa donna ha pensato bene di lanciare dal palaz-

La serranda incollata al punto fucsia di Brugnaro

M.CH.


VENERDÌ 25 SETTEMBRE 2020 LA NUOVA

PRIMO PIANO

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Dopo le elezioni

Il gruppone degli eletti fedeli al governatore riuniti al quartier generale K3: 24 consiglieri della Lista Zaia, 9 della Lega, 1 di Autonomia Veneta; rappresentano la maggioranza assoluta in consiglio regionale Foto Mattiuzzo

Il governatore: «Noi l’argine a FdI» Avviso agli eletti: chi sbaglia è fuori L’incontro con i consiglieri di rito leghista, poi l’attacco al Governo in tivù: non rappresenta più il territorio Salvini in Veneto: lunedì a Castelfranco e a Portogruaro per i ballottaggi a fianco del presidente rieletto Filippo Tosatto / TREVISO

smo italiano.

«Lo vedete questo simboletto? Ci ha permesso di arginare Fratelli d’Italia, provate a immaginare il risultato finale senza la mia lista in campo». Nel cubo di cemento K3, quartier generale del partito trevigiano, Luca Zaia arringa la corazzata degli eletti di rito leghista - ben 34 a fronte dei 50 che compongono l’assemblea del Veneto, una maggioranza “nordcoreana” che renderà accessorio il concorso di destra e FI - e rivendica così il valore aggiunto ad un trionfo elettorale (76,8%) che non trova precedenti nella storia del regionali-

VETERANI E VOLTI NUOVI

Davanti a lui, in religioso silenzio, gli assessori uscenti Roberto Marcato, Manuela Lanzarin, Gianpaolo Bottacin, Elisa De Berti e Federico Caner mancano all’appello Cristiano Corazzari (assente giustificato), Gianluca Forcolin azzoppato dalla tempesta estiva sul bonus Covid, Giuseppe Pan, bocciato dalle urne - e i veterani della legislatura precedente che aspirano ad un posto al sole; il capogruppo Nicola Finco (che scalpita per entrare in Giunta) e la speaker d’aula Silvia Rizzotto; il presidente di

Palazzo Ferro-Fini, Roberto Ciambetti e il commissario del partito Lorenzo Fontana affiancato dal “mago” dell’organizzazione, Giuseppe Paolin; soprattutto, il salone si affolla rapidamente di volti nuovi, semisconosciuti ai media, talvolta “miracolati” dall’esondazione di voti. Tant’è. VIA I CELLULARI, C’È UN DECALOGO

Deposti i cellulari all’ingresso («Non siamo qui per distrarci e chiacchierare»), i convenuti ascoltano il paterno viatico del governatore: «Vi raccomando serietà, impegno e compattezza. La discussione è libera ma la linea definita sarà

vincolante per tutti, chi intende creare divisioni e polemiche sarà invitato ad accomodarsi altrove», è la premessa. Guai a sfiorare l’argomento poltrone - «È una mia prerogativa, valuterò in totale autonomia nel rispetto delle competenze, del consenso acquisito e dell’equilibrio territoriale», il monito sbrigativo - e attenzione all’uso disinvolto dei social: «D’ora in poi non rappresentate soltanto voi stessi, se sbagliate danneggerete la Regione e l’intera coalizione, siate rispettosi degli avversari, non replicate alle provocazioni, preparatevi seriamente evitando improvvisazioni e per-

sonalismi, soprattutto sui temi etici». L’AGENDA ISTITUZIONALE

Qualche sguardo smarrito tra i neofiti mentre l’esperto Ciambetti riassume l’imminente percorso istituzionale che si articolerà in tre tappe: la proclamazione degli eletti da parte della Corte d’Appello attesa nella prima settimana di ottobre; la convocazione inaugurale dell’assemblea legislativa per l’insediamento dei consiglieri e la nomina di presidente e capigruppo, entro dieci giorni; la seduta successiva chiamata a votare la fiducia alla neonata Giunta. Mai evoca-

Zaia ha capito che governare l’Italia da Roma è impossibile

Z

A BRACCETTO SUL PALCO

A proposito del Capitano in felpa: lunedì farà capolino a Castelfranco e a Portogruaro (comuni al ballottaggio) spalleggiato nell’occasione da Zaia. Mercoledì, i consiglieri veneti ricambieranno la visita, a Roma, per una solenne benedizione salviniana in avvio di mandato. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

PAOLO GURISATTI

IL COMMENTO

aia ha raccolto consensi molto elevati per tre ragioni. La prima: ha scelto un tema, quello dell’autonomia, che ben rappresenta le ambizioni politiche dei Veneti. Non solo della maggioranza leghista della società, ma della minoranza produttiva, che non crede la Lega capace di governare, ma condivide l’obiettivo del federalismo. La seconda: ha davanti a sé il deserto. O meglio, ha davanti a sé una classe politica, nel PD, che ha perso il

to apertamente ma aleggiante in platea, il braccio di ferro a distanza tra il Luca-pigliatutto e Matteo Salvini, discretamente indispettito dai 17 punticini raccolti dal marchio Lega a fronte del trionfo (44,6%) del rivale veneto la cui statura politica nazionale cresce a vista d’occhio. In serata, su Rete 4, alternerà il serio «Questo Governo non rappresenta più il territorio» - al faceto: «Il Prosecco ha salvato l’Italia dalla Cina perché ci ha permesso di precederla nella classifica Unesco». E a riguardo, en passant, l’entourage zaiano è lesto ad additare gli insuccessi mietuti dal Carroccio nelle regioni d’Italia dove gli aggressivi alleati di Giorgia Meloni non hanno trovato un competitor altrettanto efficaci.

contatto con la realtà, vive in un mondo trapassato e non è in grado né di rappresentare il sentiment della popolazione, né di proporre soluzioni governative efficaci (una strategia di sviluppo per la regione). La terza: Zaia, per ragioni personali e per l’esperienza vissuta come ministro, non è interessato al ruolo di leader nazionale. Non è, sinceramente, interessato a Roma e non ha un modello per il Paese o una strategia (nemmeno federalista) per risolvere i proble-

mi dell’Italia. L’ultima ragione è la più importante. Smarcandosi da Salvini e dalla linea nazionalista/sovranista, dominante all’interno del Centro-Destra, lancia un messaggio subliminale ai propri elettori, e non solo. L’Italia non si governa dal centro. Veneti, andiamo avanti con le nostre forze e lasciamo perdere qualsiasi ambizione egemonica. Tanto è tempo perso. Salvini è un bravo ragazzo, ma non va da nessuna parte, né con gli slogan

anti-Euro, né con le tiritere anti-immigrazione, che durano lo spazio di un’estate. Governare l’Italia da Roma è impossibile. Un domani ci fosse un’Europa delle regioni? Vediamo. Forse trattare con Bruxelles è meglio che battere i pugni sul muro di gomma di Roma. Andasse al governo il Centro-Destra in Italia? Vediamo. Già il governo Conte 1, con la ministra Stefani in prima fila, ci ha tirato un bidone. Stiamo sulle nostre e negoziamo con tutti.

Zaia non è uno statista, non ha un programma di governo e nemmeno una squadra in grado di sviluppare un progetto ambizioso. Conosce invece la forza delle competenze diffuse nella società regionale. All’interno della sanità, nonostante gli errori e i misfatti compiuti dalla classe politica, esistono dirigenti e medici e infermieri e tecnologie di primordine. All’interno del sistema produttivo, sono presenti reti di tecnici e competenze formative e imprenditoriali di

classe mondiale. Queste reti non hanno bisogno di strutture pubbliche di assistenza. Il governo regionale può dedicarsi a distribuire briciole ai più piccoli e rappresentare all’esterno la forza del sistema economico regionale. Basta così! Zaia è consapevole dei propri limiti e della forza “autonoma” del sistema economico e sociale che rappresenta. Fa bene il suo mestiere e lo farà bene anche in futuro. Basterà a risolvere i problemi del Veneto o dell’Italia? Neanche per sogno! Ma, non è il compito che si è assunto. — © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Venerdì 25 Settembre 2020 Corriere del Veneto

VE

La politica Dopo il voto

LA REGIONE

IlgovernatorehariunitolasquadraalK3permotivarla «Nuoveregoleinaiutoallaminoranza?Decidal’aula»

Zaia promette appoggio a Venezia «I poteri sulla laguna al sindaco» Luca Zaia sceglie il «Terrazza Mare» di Jesolo, dove si è tenuta la cerimonia di consegna dei riconoscimenti «Awards Best Of Alpe Adria» della guida Best Gourmet, per la sua prima uscita ufficiale dopo la plebiscitaria rielezione alla presidenza della Regione. Ed è da lì che Zaia tende una mano al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, rinsaldando una volta di più quel legame tra Palazzo Balbi e Ca’ Farsetti già esibito durante la campagna elettorale con l’oramai celeberrimo incontro all’Arsenale: «Intanto faccio i miei complimenti a Gigi Brugnaro che è stato bravo, bravissimo - ha detto Zaia-. Adesso si lavora insieme, in tandem. Lui avrà un sacco di sfide e per quel che mi riguarda continueremo a lavorare affinché Venezia abbia piene competenze, e sto parlando di Laguna in particolar modo». Una presa di posizione non banale, considerando le tante partite che vedono Regione e Comune impegnate sullo stesso fronte, dal Porto alle Grandi Navi, dalle bonifiche ai filoni di spesa del Recovery Fund, così come non sfugge il riferimento diretto alla battaglia sull’Agenzia per Venezia chiamata a gestire il Mose e gli interventi di tutela della laguna, su cui Brugnaro vorrebbe avere più poteri, a discapito del governo. JESOLO

● L’editoriale

NuovaGenerazioneVeneto Oravoltiamopagina

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SEGUE DALLA PRIMA

n obiettivo difficilmente riconoscibile, per ora, sia nelle proposte abbozzate da categorie economiche e giunta regionale veneta, sia nella lista dei tanti «piccoli» interventi proposti dal comune di Venezia. Salto paradigmatico cercasi. Ma se le proposte innovative produttive non possono che partire da «il» capitale, la politica regionale deve favorirle fornendo «la» capitale, per usare la felice sintesi di Gigi Copiello (Corriere del Veneto del 17 settembre) che, con Alberto Baban (Corriere del Veneto del 12 settembre), individua un handicap da rimuovere per lo sviluppo del Veneto nella mancanza di una città capitale, a differenza di Lombardia ed Emilia-Romagna. Il tema è tutt’altro che banale naturalmente solo se per «capitale» intendiamo non un luogo simbolico destinatario di privilegi immotivati, ma un «vertice funzionale», a servizio di un sistema insediativo-produttivo regionale che, essendo intrinsecamente gerarchico, ha bisogno di un caput: di un vertice urbano, sua prima infrastruttura, necessario e capace, con le sue contaminazioni casuali produttrici di, e prodotte da, biodiversità aziendale e sociale, di «attrarre o trattenere giovani talenti – che oggi abbandonano a frotte il Veneto - ed accaparrarsi imprese innovative». Infrastruttura ancor più strategica nel mondo post-covid nel quale un 40% del lavoro - soprattutto se creativo e direzionale - si svolgerà da casa . Darsi il «vertice funzionale» che manca al Nordest è il possibile filo conduttore di una politica infrastrutturale veneta a sostegno della rottamazione produttiva e territoriale richiesta dal #NuovaGenerazioneVeneto. Una politica che dovrebbe partire dal ricucire con infrastrutture e servizi di trasporto e di comunicazione, fisici e digitali, il triangolo Padova, Venezia, Treviso, per renderlo tutto equi-attraente per le scelte localizzative di talenti e innovatori. Triangolo ricco della dimensione demografica, delle necessarie dotazioni di servizio superiore e dell’immagine (Venezia) necessari per risalire la gerarchia dei nodi metropolitani continentali. Un vertice metropolitano del quale potenziare poi la centralità rileggendo le sue connessioni con il mondo, con l’Europa, e con la regione che oggi esso contende a Milano, Bologna, Monaco di Baviera e Lubiana. Si immagini l’area metropolitana di Padova-TrevisoVenezia servita dall’alta velocità completata verso Verona-Milano, dalla direttrice autostradale verso Monaco di Baviera e da quella autostradale e ferroviaria verso Tarvisio, oltre che dall’alta velocità prolungata ad est fino a Lubiana e potenziata a sud fino a Bologna. Un’area collegata al mondo , da Venezia, dall’ aeroporto intercontinentale (persone) e dal porto (merci), messo quest’ultimo in condizione, con le opere complementari del Mose, di reinserirsi sulle rotte euroasiatiche. Sono tutti progetti già accarezzati in un qualche momento dell’ultima storia veneta, ma mai messi a sistema. Facendolo oggi provocheremmo quel salto di paradigma che cambierebbe, in meglio dal Nordest, il ruolo dell’Italia. Paolo Costa

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Zaia e il turismo Useremo i fondi del Recovery Fund per aiutare il settore. E sulla promozione avanti insieme a Friuli ed Emilia

I Mondiali di sci

quelli previsti dal regolamento a suo favore, dai consigli straordinari alle mozioni di sfiducia. Una situazione che sta facendo maturare l’ipotesi di modificare il regolamento stesso, abbassando il numero di firme necessario (oggi oscilla tra 11 e 13) così da restituire un minimo margine di

azione a Pd, Veneto che Vogliamo e Europa Verde: «Il consiglio è sempre sovrano e sarà il consiglio a decidere dato che è eletto democraticamente. Non sono cose che competono a me, io non ho poteri sull’assemblea ed è bene che sia così - ha messo le mani avanti Zaia -. Diciamo

Foto di gruppo Luca Zaia al centro con i 33 consiglieri della Lega e della Lista Zaia eletti a Palazzo Ferro Fini

Sensori e super telecamere, l’abito hi-tech di Cortina 2021 Sicurezza e adrenalina via tivù

CORTINA D’APEZZO Sensori e tele-

camere ad alta definizione, due sale operative, quindi una piattaforma dotata di intelligenza artificiale, che consentirà l’analisi avanzata dei contenuti video; infine una rete radio per garantire comunicazioni sicure. Il tutto messo in opera da un team di operatori esperti, inviati sul posto per formare e assistere tecnicamente il personale che, 24 ore su 24, vigilerà sulla manifestazione. É, per sommi capi, la descrizione dell’abito ad alta tecnologia che Leonardo ha tagliato su misura per i mondiali di sci di Cortina 2021. «Le soluzioni contribuiranno alla gestione sicura di tutto l’evento - spiega Alessandro Profumo, ad della società attiva nel settore aerospazio, partner tecnologico per la sicurezza dei mondiali di febbraio, dopo la recente intesa siglata con Fondazione Cortina 2021 - garantendo il massimo livello di protezione e migliorando la qualità dell’esperienza per gli atleti, il pubblico e la comuni-

Zaia ha parlato anche della scarsa agibilità politica lamentata dai consiglieri di minoranza a causa della sproporzione tra gli eletti dei due schieramenti: 42 per la maggioranza, solo 9 per l’opposizione. Numeri che non consentiranno al centrosinistra di attivare alcun istituto tra

Il sopralluogo I tecnici di Infront e Rai sulle piste iridate: caccia ai punti dove fissare le telecamere

tà locale». L’obiettivo è far gareggiare senza il minimo imprevisto i seicento atleti provenienti da 70 Paesi. Sicurezza über alles anche per operatori, comunità e territorio, attraverso soluzioni evolute e non invasive di video-sorveglianza per la raccolta dati sul campo e di videoanalisi per la classificazione

delle informazioni in tempo reale, ma non solo. I campionati al via il 7 febbraio prossimo promettono di essere uno spettacolo di adrenalina, che sarà trasmesso in diretta mondiale a oltre 500 milioni di spettatori, cui andrà sommato il pubblico digitale che seguirà l’evento sui nuovi media. Anche qui, l’hi-tech domina. In-

front Sports & Media e Rai, partner di Infront, che trasmetterà la manifestazione in diretta in esclusiva e in chiaro per l’Italia, hanno completato tre giorni di sopralluogo sulle piste iridate. L’ispezione, sui tracciati dell’Olympia delle Tofane, della Vertigine, del Druscié A, della Labirinti, arrivi inclusi, è servita a individuare i migliori posizionamenti delle telecamere per riprese mozzafiato di ogni istante di gara. «I Campionati del mondo sono pronti a partire - dice Valerio Giacobbi, ad di Fondazione Cortina 2021 -. Mancano meno di 140 giorni e non vediamo l’ora. In questa fase stiamo lavorando con grande attenzione anche alla qualità del “racconto Mondiale”, perché tutti gli appassionati possano seguire ogni istante dell’evento. L’occasione di visibilità internazionale assicurata dai Mondiali, peraltro, sarà un prezioso driver di sviluppo per il territorio dolomitico e per tutto il Paese». (r.piv.) © RIPRODUZIONE RISERVATA


PRIMO PIANO

Corriere del Veneto Venerdì 25 Settembre 2020

IL GOVERNO che sono state stabilite delle regole, tra l’altro volute anche dall’opposizione che le ha votate: probabilmente qualcuno non aveva valutato che avrebbe potuto esserci un exploit elettorale. Io penso che non sia questo il problema a tre giorni dalle elezioni, dopo di ché il consiglio si riunirà e deciderà». E a proposito di consiglieri. Come fece cinque anni fa, a pochi giorni dal voto Zaia ha voluto riunire al K3 di Treviso gli eletti della Lega e della Lista Zaia, per un primo incontro conoscitivo, utile a dare alcune indicazioni sia politiche che pratiche. Come al solito, i neofiti di Palazzo Ferro Fini sono stati invitati alla massima cautela con i giornalisti, a cui è sempre meglio sottrarsi

ed è bene rispondere senza uscire dal seminato. Il commissario Lorenzo Fontana ha ringraziato la squadra, dai militanti ai segretari provinciali e di sezione, e tutti coloro che si sono spesi per la causa, anche se non eletti. Zaia ha invece tenuto un discorso «motivazionale», teso a far sentire tutto il peso e la responsabilità di una vittoria senza precedenti: «Ricordate - ha detto - sul vostro epitaffio ci sarà scritto: aveva fatto il consigliere regionale. Qui rappresentiamo il 75% dei veneti e davanti abbiamo una sfida epocale perché dobbiamo uscire da questa crisi». Pancia a terra e lavorare, dunque, senza personalismi, con in testa l’obiettivo più importante, l’autonomia. Nessun accenno alla giunta, men che meno alle tensioni tra la Lega e la Lista Zaia: «Siamo tutti leghisti, punto». Alla fine, ai fotografi è stato concesso di salire per la foto di gruppo. Tornando all’evento di Jesolo, il presidente ha affrontato il tema del turismo, caro agli imprenditori del litorale: «I nostri albergatori ci hanno rimesso il 30, il 50 anche il 70%. Abbiamo perso 60 mila posti di lavoro in Veneto di cui 30 mila appartengono al comparto turistico. Abbiamo già rimodulato i fondi comunitari per intervenire nella promozione e gli aiuti alle imprese. Adesso aspettiamo la grande partita del Recovery Fund che sono 209 miliardi di euro e la quota parte del Veneto sarà naturalmente dedicata anche alle imprese turistiche. Ci saranno altri progetti con Emilia Romagna e e Friuli Venezia Giulia perché dopo il covid abbiamo capito come l’aggregazione dell’offerta turistica sia è assolutamente vincente». Andrea Rossi Tonon © RIPRODUZIONE RISERVATA

● L’intervento

Il rischio dell’isolamento

di Gianfranco Refosco* L’esito delle elezioni regionali in Veneto è chiaro: un pieno successo personale di Zaia e della sua lista, cui si deve aggiungere la conferma del consenso (in termini di preferenze) della squadra di governo uscente. Viceversa le urne hanno penalizzato fortemente tutte le forze politiche che oggi sono al governo. Alcune non saranno nemmeno presenti in Consiglio regionale. Il Veneto si trova così ad essere un unicum sul piano nazionale: maggioranza granitica a livello regionale ma totalmente distante, agli antipodi, da quella parlamentare nazionale (e, non dimentichiamocelo mai, da quella dell’Ue). Il rischio, oggettivo, è quello dell’isolamento politico. In tempi di ricostruzione economica, di interdipendenza potenziata (Codid-19 insegna) e di nuove competizioni internazionali questa condizione non porta nulla di buono con sé. Va assolutamente evitato che

nei palazzi romani si consolidi una indifferenza verso le necessità/istanze di questa regione e, nello stesso tempo, bisogna impedire che nei palazzi veneziani si coltivi una politica che vive di rivendicazioni improduttive. Siamo però convinti che chi ha ottenuto rinnovati plebisciti elettorali voglia trasformarli in risultati concreti. Nessuno vuole contare di meno nella scena politica nazionale ed europea. Sarebbe quindi utile che chi amministra il Veneto nei prossimi 5 anni nei quali saranno disponibili in tutta Europa (e quindi nelle sue regioni) le eccezionali risorse disposte dall’Unione per il rilancio, si proponga nei tavoli di discussione con la forza di un piano regionale per la ripartenza economica ed una nuova equità sociale che sia frutto di un solido patto discusso, concordato e sottoscritto da tutte le rappresentanze del lavoro e dell’economia venete. In questa prospettiva la Cisl ha avanzato già in campagna elettorale precise proposte per il futuro del Veneto. Ci attendiamo di discuterle con Regione e mondo associativo nelle prossime settimane. *Segretario regionale Cisl

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Tutte le partite aperte sull’asse Venezia-Roma

«Luca prenda posizione sulle grandi navi e chieda un’autonomia possibile» Baretta: «Roma è pronta a dare una risposta ma serve realismo: rivendicare 23 materie è velleitario»

Chi è ● Pier Paolo Baretta, veneziano classe 1949, lavora a Porto Marghera e nel frattempo inizia la carriera nel sindacato Fim Cisl ● Come segretario regionale Cisl del Veneto alla fine degli anni Settanta segue la ristrutturazione del Polo industriale di Porto Marghera ● Dal 1984 è per vent’anni uno dei leader Cisl nel dialogo con governi e controparti industriali sui temi della siderurgia e della previdenza ● Nel 2008 si candida alla Camera in Veneto col Pd, venendo confermato nel 2013 ● Ricopre il ruolo di sottosegretario all’Economia nei governi Letta, Renzi, Gentiloni e Conte bis

La lunga apnea elettorale è terminata: smessa l’armatura da sfidante nella battaglia per la poltrona di sindaco di Venezia – e sappiamo che non è andata -, Pier Paolo Baretta torna a vestire a tempo pieno i panni del governante («Ma resterò in consiglio comunale a Ca’ Farsetti», mette in chiaro) laddove si manovrano i cordoni della borsa, al ministero dell’Economia. Sottosegretario Baretta, il tributo di popolo a Zaia e la contemporanea smaterializzazione dei 5 Stelle sulla scena politica regionale, hanno fatto del Veneto la regione più all’opposizione che ci sia rispetto al governo nazionale. E il governo nazionale rispetto al Veneto? «Sia chiaro che il plebiscito a Zaia non significa, da parte del governo, un atteggiamento di negatività: il confronto istituzionale c’era prima e continuerà a esserci adesso, nell’interesse superiore di questo territorio. Certo, a chi ha riscosso un consenso popolare così alto si deve chiedere ora di rappresentare tutte le istanze della sua terra, non soltanto quelle di parte». Nel concreto, cosa può dare ora il governo nazionale a questa regione «disallineata»? «Qui è bene chiarire un punto tutto politico: è evidente che il successo di Zaia arriva all’apice battendo sul tasto dell’autonomia regionale, poi però ha sbagliato strada rivendicando per il Veneto tutte e 23 le materie previste, cioè una cosa impossibile. Allora, detto che Zaia su questo tema ha portato a casa il nulla quando a governare c’era Salvini, adesso il dialogo è ripreso e sta andando sul concreto grazie al nostro ministro Boccia. Bene, una risposta al Veneto va sicuramente data ma chiedo alla Regione di fare un’operazione di sano realismo: insistere per avere tutte e 23 le materie è semplicemente velleitario. Zaia selezioni i temi su cui vuole confrontarsi nel merito e il governo farà la sua parte». Sta entrando nel vivo la partita per la ripartizione delle risorse del Recovery Fund: come sta funzionando la comunicazione VeneziaRoma? «C’è una cabina di regia, a cui partecipano tutte le Regioni. Il Veneto deve presentare le proprie proposte, raccogliendo e selezionando anche quelle che salgono dai Comuni». Quali richieste si aspetta che arriveranno da qui? «Sicuramente il completamento dell’infrastruttura ferroviaria ad alta velocità tra MiVENEZIA

I signori dell’Economia Il sottosegretario Pier Paolo Baretta (a destra) con il ministro dell’Economia e Finanze Roberto Gualtieri

lano e Venezia e poi la sua prosecuzione verso Trieste. Mi attendo e soprattutto mi auguro che ci sia anche un forte capitolo in tema ambientale, visto che in regione il consumo del suolo è particolarmente elevato. E poi mi aspetto che la Regione intervenga e prenda una chiara posizione anche sulle grandi questioni che interessano la sua città capoluogo, Venezia». Intende in particolare le grandi navi? «Per l’appunto: sul tema è già partito il confronto per arrivare alla migliore soluzione definitiva ma, nel frattempo, dobbiamo dare un’efficace risposta transitoria per non perdere le crociere turistiche, non appena riprenderanno a navigare. E su questo vorrei proprio sentire l’opinione di Zaia e del sindaco Brugnaro, che si proclamano alleati, di fronte al fatto assodato che il presidente del Friuli Venezia Giulia, Fedriga, leghista pure lui, si sta spendendo in tutti i modi affinché Trieste diventi l’home-port, il porto base per le crociere che toccano l’Alto Adriatico». A proposito di Brugnaro:

il suo primo atto da sindaco rieletto è stato rampognare i veneziani del centro storico, che si lamentano dei problemi e poi non votano per lui: «Basta mangiare e mettere in tasca», è stato il messaggio. «Decisamente non è partito con il piede giusto, e proprio il risultato elettorale di Venezia, dove non c’è stato il plebiscito e il centrodestra non è andato oltre il 54%, avrebbe dovuto consigliargli di usare toni diversi, mettendosi da subito ad affrontare i problemi veri». Tra l’altro, anche Brugnaro alla fine dovrà rivolgersi a voi del governo nazionale per molte partite che riguardano la sua città. «È così, e il sindaco sa benissimo, anche se non vuole riconoscerlo, che il governo ha dato a Venezia più di 1,3 miliardi di euro. Il mio compito, d’ora in avanti, è anzitutto assicurare ai veneziani che noi ci saremo e che io ci sarò, anche dopo la contesa elettorale, in consiglio comunale e in città». Alessandro Zuin © RIPRODUZIONE RISERVATA

Cos’hanno da dire lui e Brugnaro sul fatto che il leghista Fedriga spinge per portare le crociere a Trieste?


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