2014 n3 Cuore Amico

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Periodico di informazione dell’Associazione Cuore Sano Anno X IX -n.3 luglio-settembre 2014

OPERAZIONE TERMINILLO TUTTO BENE!

ALL’INTERNO: TANTI DEFIBRILLATORI, MA DOVE STANNO? ENTRA NELL’OSPEDALE C’È CHI TI ACCOGLIE DAI NAS DATI SHOCK SUI CIBI FUORILEGGE RINASCE L’EX OSPEDALE S. MARIA DELLA PIETÀ


Nella valutazione regionale degli esiti degli interventi

Ottima performance del S. Spirito per la cura dell’infarto miocardico di Andrea Porzio* nche quest’anno, come ogni stati trattati 557 pazienti con infarto La mortalità a 30 giorni dopo l’accesso anno, il Dipartimento di epi- miocardico acuto. La percentuale di in ospedale per infarto miocardico acudemiologia della Regione La- questi pazienti trattati con angioplastica to è risultata la più bassa tra le Cardiolozio ha pubblicato online i dati coronarica (il 77%) è tra le più alte della gie laziali, pari al 5,3%. Questi dati sodel Programma Prevale riferi- Regione, così come il Santo Spirito è ai no, come ognun vede, estremamente ti ai volumi di attività e alla performan- primi posti per rapidità di esecuzione confortanti, e rappresentano il risultato ce degli ospedali laziali. Per le più rile- dell’angioplastica (53% dei pazienti dell’attenzione posta in questi anni nelvanti patologie e interventi chirurgici, trattati entro 48h). Il volume di angio- l’ottimizzare il processo di cura, con con riferimento ai ricoveri del 2013, so- plastiche coronariche, 498 sempre nel particolare riferimento alle emergenzeno stati analizzati i volumi di attività (ad 2013, è significativamente superiore al- urgenze cardiologiche. In particolare, dal 2008, anno della disattivazione delesempio il numero di pazienti ricoverati lo standard minimo richiesto. per specifica patologia), alcuni indica- I dati più significativi riguardano, però, l’Ospedale San Giacomo, la Cardiolotori di buona qualità dell’assistenza (il gli esiti a distanza delle cure prestate. gia del Santo Spirito, per fronteggiare al meglio l’aumentata domanda tempo di attesa dell’intervento assistenziale e grazie al per frattura femore, tempo di atrinforzo dei colleghi trasferiti tesa per angioplastica coronaridal San Giacomo, ha riorgaca nell’infarto, ecc.) e gli esiti nizzato l’offerta assistenziaclinici: mortalità a 30 giorni le, attivando la sala di Emodalla dimissione per infarto, dinamica 24h e definendo complicanze intraospedaliere percorsi diagnostico-teranella colecistectomia, ecc. peutici condivisi anche con il La patologia che ci interessa è, Pronto Soccorso e con la Carovviamente, l’infarto miocardidiologia riabilitativa. co acuto. Come si è comportata la Cardiologia del Santo Spirito l’anno scorso? I dati della struttura – di cui è primario il dr. Roberto Ricci – sono ottimi in generale, e potremo dire eccezionali in termini di volume di attività, rapportato ai posti letto disponibili. Infatti tra gli ospedali di Roma e provincia, il Santo Spirito è risultato il terzo ospedale in termini di numero di infartuati ricoverati, dopo l’Ospedale Tor Vergata e a ridosso del San Camillo, ma prima di molti altri ospedali romani, anche L’ingresso dell’Unità di terapia intensiva cardiologica maggiori in termini di disponibidel Santo Spirito (foto di Carla Maria Rossi) lità di posti letto. Nel 2013 sono

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4 Novità al Santo Spirito: il Punto di accoglienza per pazienti e visitatori

Entra nell’ospedale, c’è chi ti accoglie di Alessandro Bazzoni e Francesca Russo*

ccolo, il nuovo Punto di accoglienza del Santo Spirito, inaugurato a Natale dell’anno scorso, in cui sono impegnati sette operatori (ed è giusto farne subito i nomi: Alessandro Bazzoni, Johan Haggi, Monica Intoppa, Raffaele Pagano, Francesca Russo, Daniela Santella e Rosaria Totaro), e che si inserisce nella lunga tradizione d’accoglienza e di riconoscimento dei diritti dei malati del più antico nosocomio della Capitale. Dalla ristrutturazione del 2000 non era stato progettato né previsto un luogo e un servizio dedicato all’accoglienza, reso ancor più necessario se consideriamo la difficoltà per le persone di orientarsi all’interno di un presidio ospedaliero che, per la sua struttura protomedievale, comprende diversi punti d’ingresso, servizi che da un punto di vista logistico non sono facilmente individuabili, una segnaletica spesso confusa o assente, causa di oggettive difficoltà per i cittadini nell’orientarsi. In più, un ulteriore valore aggiunto del Punto di accoglienza è rappresentato dalla collaborazione (e piena integrazione) del personale volontario dell’AVO e dell’ARVAS che tanto hanno contribuito, insieme a Cittadinanzattiva-Tribunale dei diritti del malato, alla progettazione e realizzazione di questo importante servizio all’utenza.Quattro gli obiettivi realizzati con l’apertura del Punto, che è sistemato all’entrata principale del Santo Spirito: 1.- Miglioramento della relazione con i cittadini: interpretazione della domanda e individuazione dei bisogni di ciascuno, sia esso paziente o visitatore; fornitura di tutte le informazioni, in diverse lingue, ed indicazione dei processi assistenziali e organizzativi del presidio. Il servizio è offerto sei giorni su sette, dal lunedì al sabato dalle 7 alle19.

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2.- Facilitazione dell’orientamento del cittadino/utente nel Presidio Ospedaliero dando luogo ad una semplificazione delle modalità dell’accesso alle informazioni e trasparenza in merito ai servizi presenti e alle prestazioni erogate, anche in riferimento a tutti gli altri servizi della ASL sia ospedalieri che territoriali. Questo servizio è coadiuvato dall’installazione di un pannello interattivo che descrive l’intero complesso ospedaliero e monumentale del Santo Spirito e indica le mappe per orientarsi che possono essere stampate e fornite ai cittadini. Degli schermi installati subito dopo il punto accoglienza, permettono la visualizzazione del percorso facilitando l’accesso ai servizi e alle strutture presenti nel Presidio. Sia il pannello che gli schermi sono attivi 24H. 3.- Accompagnamento e sostegno ai cittadini nel risolvere i problemi relativi all’uso dei servizi erogati; fornitura di informazioni sui reparti e ambulatori, sulle modalità di ricovero e sui pazienti ricoverati, sul servizio prenotazioni, sulle attività e sulle prestazioni erogate, sulle associazioni di tutela e di volontariato presenti. Presso il Punto possono essere formulati suggerimenti, reclami, segnalazioni utili per promuovere un miglioramento dei servizi offerti. 4.- Provvedere, attraverso il supporto dei volontari ospedalieri, in casi di particolari situazioni di fragilità, o utenti con par-

ticolari necessità (disabili, anziani, stranieri ecc.) all’accompagnamento ai servizi dell’Ospedale. Prendendo in considerazione, come esempio, la UOC di Cardiologia, tutti questi obiettivi si concretizzano attraverso: informare il paziente cardiopatico sui percorsi da seguire e le modalità di accesso ai vari reparti U.T.I.C , U.S.I.C, sulle attività di riabilitazione, gli orari di visita per familiari, gli eventuali trasferimenti e presa in carico dei pazienti attraverso il sistema telematico (programma SIO); guidarlo, sempre con il prezioso aiuto dei volontari, nel percorso per esami e visite cardiologiche, per la registrazione della prenotazione (CUP) e l’ambulatorio cardiologico dove eseguire le visite di controllo; sostenendolo quando si trova in difficoltà sulle procedure e percorsi da seguire in azienda, e fornendo esatte informazioni sui mezzi di trasporto pubblici o privati, richiesti dal paziente dopo la dimissione. Inoltre si considera il Punto quale accoglienza di primo livello in quanto si riferisce a tutto il presidio e alle relative strutture, mentre è accoglienza di secondo livello quella che si realizza all’interno delle singole strutture di degenza, del poliambulatorio, del pronto soccorso, del CUP, del centro trasfusionale, del centro prelievi, oltre ai servizi amministrativi d’interesse per il cittadino che fanno riferimento alla direzione del polo ospedaliero. Il Punto ha la funzione di correlare e integrare la prima accoglienza con la seconda per rendere il percorso del cittadino, il più razionale, rapido, efficace ed agevole possibile anche attraverso la prossima diffusione delle Carte dell’accoglienza delle singole strutture. * Équipe del Punto di accoglienza


Manca una mappa che indichi l’esatta posizione dei salvavita

Tanti defibrillatori operativi ma nessuno sa dove sono di Alessandro Carunchio* igliaia e migliaia di defibrillatori, una valanga. Ma come siano distribuiti nel Paese e come il cittadino possa sapere dov’è il più vicino salvavita è un mistero paradossale e assurdo. Vediamo come stanno le cose. La Sanità ha stanziato nel 2011 otto milioni di euro perché la regioni possano acquistare defibrillatori. Non tutte le regioni ne hanno ancora approfittato, nion tutte le somme stanziate sono state utilizzate. In totale, grazie a questo provvedimento, già tremila “bauletti” sono in circolazione. E poi più di mille sono stati donati (a scuole, supermercati, circoli e altri luoghi di aggregazione) grazie ad una raccolta di fondi di “Trenta ore per la vita – Onlus”. Inoltre tutte le centrali operative del 118 hanno almeno un apparecchio. Ecco però, se si eccettuano i salvavita del pronto soccorso, nessuno sa dove sono gli altri, cioè la stragrande maggioranza. Si intuisce per esempio che qualche scuola ne sia fornita. E che almeno una parte delle società sportive ne siano già dotate in applicazione dell’obbligo previsto dal decreto Balduzzi in vigore da diciassette mesi: quelle professioniste sarebbero giù tutte in regola. Assai meno le 120mila società dilettantistiche, che hanno tempo sino all’ottobre 2016 per mettersi in regola. Allo stato, solo il 4% sarebbe già in possesso di un defibrillatore, ma sono ancor meno le società dotate di qualcuno (sportivo e non) autorizzato a utilizzarlo. (Come sanno i nostri lettori, al S. Spirito si svolgono regolarmente corsi pra-

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tici che consentono il rilascio del “patentino”.) Insomma, manca una mappa generale, nazionale, che indichi l’esatta posizione dei defibrillatori. Manca in sostanza una regìa che sappia trasformare una realtà effettiva ma oggi indefinita in un contenitore unico, accessibile a tutti, e magari con una app che indichi l’ubicazione degli apparecchi. Chi può farlo? Un organismo già attrezzato potrebbe essere la Società italiana sistemi 118 (www.sis118.it) che raggruppa tutte le centrali di emergenza e urgenza: una spinta può venire dal tavolo tecnico sul 118 della Conferenza stato-regioni. Un’altra strada, ma geograficamente limitata, è stata intrapresa dal “Progetto Vita” di Piacenza (la città più “cardioprotetta” del Paese: ne abbiamo già riferito tempo addietro) e dal 118-Lazio: sia l’uno che l’altro hanno ottenuto dalle aziende produttrici (o rappresentanti di fabbriche estere) di defibrillatori numeri e dislocazione dei salvavita da essi venduti, e a chi. Non c’è alcun segreto professionale da violare, come ognuno intende. Proprio la dott.ssa Daniela Aschieri, responsabile medico del Progetto di Piacenza è tra quanti invocano (con l’energia e l’esperienza che provengono dal successo cittadino) la mappa unica nazionale: “Sarebbe assai utile, e che fosse aggiornata in tempo reale e consultabile dal cellulare per potere accedere rapidamente al defibrillatore. Noi, a Piacenza, abbiamo un gruppo di tre persone che censisce e aggiorna tutti i dati giornalmente”.

La redazione di Cuore Amico ringrazia le case farmaceutiche Daiichi-Sankyo e Eli Lilly per il sostegno offerto alla pubblicazione di questo giornale

Migliaia di defibrillatori presenti sul territorio, di cui pochissimi conoscono l’ubicazione. Una app con una mappa generale, sarebbe auspicabile al fine di poter sfruttare queste apparecchiature. e salvare vite umane.


6 Il segreto: dieta mediterranea e Servizio sanitario universale

Perché siamo più longevi degli americani? di Edoardo Nevola* ue dati confortanti sono stati appena forniti dal rapporto statistico 2014 della Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il primo dice che l’aspettativa di vita degli italiani – 82,6 anni, totale uomini + donne – è, nel mondo intero, dietro solo a Svizzera (82,9) e Singapore (82,65). Se scomponiamo la cifra, l’aspettativa in Italia degli uomini è di 80,2 anni, e quella della donna è di 85. A livello globale i valori medi sono 73 anni per le donne e 68 per gli uomini, ma è la solita media del pollo di Trilussa, nel senso che un bimbo nato in un paese ricco vive intorno ai 76 anni, mentre uno che nasce in un paese povero non supera i 69. L’altro dato: secondo il rapporto le bambine nate in Italia nel 2012 hanno una speranza di vita di 85 anni, i bambini di 80,2. Per fare un paragone significativo, questi pargoli hanno la prospettiva di vivere in media quattro anni in più dei loro coetanei nati negli Stati Uniti dove l’aspettativa di vita è di 81 anni per le femmine e di 76 per i maschi. Come si spiegano questi dati positivi, anzi la conferma di una tendenza oramai consolidata sulla buona salute e la longevità degli italiani e soprattutto delle italiane? Le opinioni di geriatri, cardiologi, pediatri e nutrizionisti sono sostanzialmente unanimi. LA DIETA. L’Italia resta il paese più ancorato di altri a una dieta di stampo mediterraneo che è assai efficace nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e dei tumori. Il che si traduce in meno carne e più pe-

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È nota l’efficacia della dieta mediterranea nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. Meno carne, più pesce meno burro, più olio d’oliva meno condimenti, più aromi

sce, olio extravergine al posto del burro, frutta e verdura più che a volontà. Esattamente l’opposto di un menu-tipo americano. LA PREVENZIONE. Giocano un ruolo d’avanguardia i piani nazionali di prevenzione (anche di singoli organismi, ad esempio dei giornalisti per l’ictus) e gli screening per la diagnosi precoce dei tumori; come pure le campagne per le vaccinazioni, a cominciare da quella autunnale contro l’influenza, spesso sottovalutata proprio dagli anziani più soggetti a complicanze. IL SERVIZIO SANITARIO. Ma un elemento decisivo è rappresentato dalle caratteristiche del nostro Servizio sanitario nazionale. Se ne sottolineino pure deficienze e burocratismi, ma si tratta di uno dei pochi al mondo che è insieme moderno e universalistico. La prova? In una nazione come gli Usa, dove le tecnologie in campo cardiologico sono probabilmente le migliori del mondo, ma dove non c’è un sistema sanitario ad accesso universale (e le assicurazioni private costano un occhio, come del resto in Svizzera, tanto per restare più vicini a noi), il tasso di mortalità media per malattie cardiovascolari non è molto diverso da quello dell’Albania. LA DISABILITÀ. Secondo dati europei recenti che valutano anche l’aspettativa di vita in rapporto all’aspettativa di vita senza disabilità, la Finlandia ad esempio ha un’attesa di vita non molto diversa da quella italiana, ma la sua attesa di vita con disabilità è molto maggiore. In altre parole: i finlandesi vivono più o meno quanto gli italiani, ma trascorrono più anni “da malati”, e su questo parametro l’influenza degli stili di vita, prevenzione e accesso a cure efficaci è fondamentale.


Rinasce come centro di aggregazione l’ex Ospedale psichiatrico S.Maria della Pietà di Alessandra Cazzola* uella che era “la città dei matti” – cioè l’ex Ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà – ha appena celebrato il centenario della sua esistenza totalmente rinnovata: da luogo (oramai antistorico) di cura mentale a luogo di aggregazione culturale e sociale. La riapertura (dovuta al partneriato tra Asl Roma-E e RomaCapitale-Municipio XIV) è avvenuta nelle settimane scorse con una fitta serie di eventi scientifici, artistici e di intrattenimento completamente gratuiti. Convegni, teatro, cortometraggi, musica, spettacoli per bambini, percorsi educativi e di prevenzione per una nuova visione della salute e della partecipazione a sottolineare che il Santa Maria della Pietà non è più solo un grande spazio urbano sede di servizi pubblici ma un patrimonio da valorizzare in tutte le sue potenzialità e da rendere fruibile ai cittadini. L’importanza della celebrazione e, più in generale, di questa ri-apertura, è stata ben riassunta dal Direttore generale della Asl Roma E, dott. Angelo Tanese, che ha racchiuso in cinque parole-chiave il senso dell’iniziativa e delle prospettive del rinato luogo. Anzitutto il Centenario è memoria, lettura contemporanea di dati materiali e immateriali che rintracciamo attraverso presenze documentarie ma anche nelle parole dei testimoni, in ricordi sempre carichi di sentimenti e magie. Poi è salute, nella misura in cui pone al centro del dibattito anche un nuovo cambio di paradigma: tutelare la salute individuale e collettiva non significa solamente curare le malattie, ma soprattutto promuovere la migliore qualità possibile di vita al cittadino-paziente, oltre che il suo giusto bisogno di informazione e

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condivisione delle cure. Da questo punMemoria to di vista il Santa Maria si pone anche Salute come sede potenziale di una Casa della Benessere Salute per il Distretto 19 della ASL RoArte ma E. Il Centenario è anche benessere Partecipazione se celebra un luogo in grado di essere accogliente e fruibile, che favorisce e Queste sono le cinque incoraggia anche la pratica di uno stile parole-chiave dell’iniziativa di vita sano che incide sulla salute delle sostenuta dalla Asl Roma E persone, all’interno di un Parco restituie dal Municipio XIV to alla sua dignità e fruibilità. Ma Tanese ha sottolineato che il Centenario è poi pure arte nella espressione architettonica, naturale, museale, multimediale di uno straordinario e multiforme complesso come quello del Santa Maria della Pietà, capace di estendersi fuori dai luoghi canonici e specialistici, per generare anche un’etica del luogo stesso, un’etica del bene pubblico Nella foto, da sinistra che aiuti a ritrovare cura e il Direttore generale della Asl Roma E, Angelo Tanese, rispetto per il Parco. E infie il presidente del Municipio XIV, Valerio Barletta ne il Centenario è una grande forma e occasione di partecipazione, intesa sia come apertura al territorio e a un ruolo attivo della cittadinanza, ma anche come costruzione di una nuova coesione sociale. Per la ASL Roma E, insomma, l’iniziativa non è un momento di celebrazione isolato ma segna l’avvio di una nuova fase di interventi di riqualificazione e di fruizione del Parco, quali ad esempio la regolamentazione dell’accesso dei veicoli e uno studio in corso da parte della ASL per utilizzare al meglio i finanziamenti disponibili per la ristrutturazione dei padiglioni del Santa Maria. Asl RM E

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Ancora una volta (la nona) un successo

Operazione Terminillo: tutto ok per i quindici che hanno sfidato i monti di Roberto Ricci* perazione Terminillo: ok per tutti i cardiopatici stabilizzati che vi hanno partecipato il 3 e 4 luglio scorso. Ma questo è il meno (anche se ha la sua importanza). Quel che ha più colpito è la resistenza, la capacità di ciascuno/a di forzare se stessi – entro limiti controllati, naturalmente – mano a mano che la prova presentava asperità maggiori. E pensare che uno dei pazienti era partito controvoglia e rassegnato ad essere costretto a tornare indietro. Invece è andato avanti: tutti insieme sono partiti e tutti insieme sono arrivati. Stavolta non sulla vetta del Terminillo (duemila metri) ma, con un po’ di fantasia rinnovatrice della tradizionale cima, ai 1.975 del Passo La Fara, sino alla Sella di Pratorecchia e poi giù per il Sentiero delle Genziane che, in un panorama impareggiabile e straordinariamente fiorito, porta dritto al rifugio Sebastiani, tradizionale e attesissima mèta per una gratificante polenta ai funghi.Ma c’è un altro elemento-chiave, collegato al primo, che è il vero e proprio “segreto” della resistenza e rivelatore di una efficace riabilitazione nella palestra del S. Spirito. Parliamo dell’età dei quindici pazienti. A parte il campione Santo Lui (89 anni e tre mesi), solo

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due pazienti avevano 69 anni, tutti gli altri erano oltre i settanta. Chiosa necessaria: e poi, di fronte alla prestazione dei quindici pazienti del S. Spirito, c’è più di qualcuno che va sostenendo che la montagna “fa male”, “è pericolosa”, per gli anziani. Niente vero: in realtà l’aria salubre dei monti, un controllo costante delle condizioni psico-fisiche, un’alimentazione corretta, l’adeguata preparazione ad uno sforzo moderato, sono condizioni ideali per affrontare la montagna anche oltre i duemila metri (e infatti qualcuno dei pazienti stabilizzati è abituato a trascorrere le vacanze sulle Dolomiti o su altre montagne senza alcun disturbo).

Sin qui un paio di sensazioni a pelle della seconda e più impegnativa giornata della Montagnaterapia di quest’anno. Ma anche

Chi è salito sui monti Sono quindici i cardiopatici stabilizzati (molti fedelissimi, quattro “matricole”) che hanno partecipato alla nona edizione della Montagnaterapia: Berardino Amici, Paola Arduini, Giorgio Baldini (prima volta), Giorgio Buonopera, Giuseppe Capocchia, Maria Antonietta Carlini (prima volta), Alfredo Ferranti, Giorgio Frasca Polara, Eugenio Galanti, Santo Lui (il decano 88enne), Lucia Lunghetti (prima volta), Maurizio Mastruzzi, Vittorio Petrone, Marcella Pizzolito e Anna Lia Stock, anche lei matricola. Con essi un’infiltrata, Verena Konig, moglie di un cardiopatico. A garantire tutti la presenza generosa della cardiologa Francesca Lumia, degli psicologi Giulio Scoppola ed Eliana Capannolo, dell’emodinamista Alessandro Danesi, degli infermieri professionali Bozena Agnieszka Krakowska e Mauro Romano. Da Rieti sono intervenuti la cardiologa Isabella Marchese, lo psicologo Paolo di Benedetto e il presidente emerito del Cai rietino Piero Ratti.

la prima giornata ha avuto un suo valore tecnico-scientifico, e non solo propedeutico. Partito di buon mattino da Roma, il gruppo aveva fatto una prima tappa a Pian de Rosce, a quota mille metri. Qui, seduti in circolo sull’erba, dopo una reciproca presentazione e scambio di esperienze precedenti, Scoppola e Lumia hanno prima stimolato una sorta di autocoscienza e poi ricordato alcune regole di buona gestione delle attitudini di ciascuno (le pratiche di respirazione, la valorizzazione delle proprie capacità di marcia, ecc.), e poi guidando, tra i prati e i boschi, una fase di esercizi e di “riscaldamento”. Quindi un pranzo molto leggero e soprattutto sano; poi, dopo un breve riposo, una deviazione (tra storia, curiosità e ghiottoneria) per raggiungere il molino duecentesco di Santa Susanna che tuttora macina il grano a ruota sfruttando appunto l’acqua di un torrente per produrre tre qualità di farina. Infine l’arrivo alla base, il borgo medioevale di Leonessa. No, meglio rinviare di qualche momento la passeggiata tra le antiche chiese, le doppie mura, gli splendidi portali anche di semplici case contadine. Prima Bozena e Mauro, gl’infaticabili infermieri, devono misurare a tutti pressione e frequenza cardiaca, ma anche i medici non si tirano indietro ad applicare il bracciale, e registrano tutti i dati (l’operazione sarà ripetuta più volte l’indomani, nelle pause della salita e della discesa) per comporre un quadro completo dei risultati di quella che è insieme una ricerca e una conferma della validità del progetto che la Cardiologia del S. Spirito porta avanti da più di dieci anni (due sole sessioni saltate: nel 2008 e l’anno scorso). E l’indomani, al mattino, il gruppo si è mosso verso il rifugio Sebastiani. Qui, il tempo di calzare gli scarponi, “indossare” i bastoncini e, sacco in spalla, via!, si imbocca il sentiero suggerito da Piero Ratti,


l’espertissimo veterano del Club Alpino di Rieti. Chi macina più speditamente la salita, chi lo fa più lentamente (e per questi l’incoraggiamento psicologico e la generosa sollecitudine, più che la “assistenza”, di Giulio Scoppola sono un fattore prezioso), libero dunque ciascuno di marciare secondo le proprie forze e qualche problema: il timore per un’anca, un ginocchio malfermo, la paura delle (inesistenti) vipere e l’ovvio fiatone. Nulla di preoccupante, intendiamoci, e nulla che impedisca al gruppo – sotto l’occhio vigile ma discretissimo dei medici – di mantenere una media sufficientemente simile sia sulle creste in salita come nelle discese a volte ripide. E i test confermeranno che, al più,

serba in sé: la soddisfazione di aver raggiunto una mèta, la tenacia con cui l’ha inseguita. Per chi rinnovava da anni questa esperienza è stato l’appagamento di un piccolo sogno: quello che il passar degli anni non abbia indebolito la capacità di raggiungere il traguardo. Per chi ci provava per la prima volta è stata la inedita e sorprendente scoperta di potercela fare. Una soddisfazione per gli uni e per gli altri. E, manco a dirlo, per quanti – medici e infermieri, con il sostegno e la collaborazione dell’Associazione Cuore Sano – hanno potuto mettere in conto un nuovo successo di un’ idea pazientemente ma tenacemente perseguita: la Montagnaterapia, appunto.

in taluni pazienti si avvertirà qualche stanchezza muscolare. Il ritorno a Roma non richiede cronaca. Quel che conta è la storia che ciascuno di loro – i pazienti, dico, ma anche quanti hanno dato loro una valida mano – ha acquisito grazie alla Montagnaterapia e ora

La bella lezione del Terminillo

Quando si sale sui monti forse si è davvero guariti l termine dei due giorni trascorsi insieme tra Leonessa ed il Terminillo, abbiamo raccolto le nostre sensazioni e pensieri. Ogni partecipante è stato invitato a raccontare la propria esperienza. Per tutti l’iniziativa è risultata molto bella e stimolante. Tutti hanno percepito, nonostante le perplessità e i timori iniziali, di poter superare limiti apparentemente non alla propria portata. L’impegno di ognuno, il reciproco aiuto ed il supporto della équipe del Santo Spirito, hanno consentito a tutti di terminare l’impresa maggiore, anche a chi avrebbe preferito ritirarsi in buon ordine viste le difficoltà affrontate il pomeriggio precedente. Tutti si sono sentiti parte di un gruppo rafforzando i rapporti interpersonali. La sanità attuale rende spesso il lavoro, come in terapia intensiva e così poi in reparto di Cardiologia, impersonale, quasi a catena di montaggio. Il paziente entra in reparto, viene trattato con le terapie più sofisticate ed attuali e poi dimesso: “guarito”. Viene inviato a casa, trattato da un punto di vista medico; ma spesso poco sappiamo di ciò che ha vissuto il paziente, quali sono i suoi dubbi e le sue ansie, come elaborerà quanto gli è capitato e quali conseguenze tutto questo avrà sul suo futuro. Devo riconoscere al dott. Ceci, nostro precedente primario, la lungimiranza nell’avere capito questo aspetto importantissimo. Tra i primi, ha avuto la consapevolezza che il paziente avesse diritto ad un percorso completo di cura che, a cominciare dalla fase

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acuta della malattia, passando per le cure più importanti ed immediate, comprendesse anche un percorso ambulatoriale di controlli specialistici successivi di cui doveva, a buon titolo, fare parte la riabilitazione cardiologica. Lo scopo finale doveva essere il recupero completo del cardiopatico: per i pazienti in età lavorativa significa la ripresa della propria occupazione; e, per tutti, la ripresa di una vita affettiva, sociale e ricreativa la più normale possibile. Ecco quindi il valore della riabilitazione cardiologica che tende non solo ad un recupero fisico, con attività classica di palestra per i muscoli, ma anche un percorso orientato ad un recupero psicologico della persona. Vanno spezzati pensieri di sconfitta, di fine del proprio vigore, di dubbi sul futuro, ed invece recuperati vigore, autostima, fiducia nelle proprie possibilità future. Ecco quindi il lavoro importante della dott.sa Francesca Lumia e del dott. Giulio Scoppola che lavorano a stretto contatto per rendere possibile tutto questo nell’attività quotidiana nella palestra ma anche in occasioni come la Montagnaterapia sul Terminillo. Raggiungere, anche faticosamente, una vetta, vuol dire avere recuperato non solo la funzione del cuore e del fisico in generale, ma anche la fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità. Un grazie particolare, dunque, anche a Mauro Romano e a Bozena Kracowska che vanno sempre oltre il loro dovere di infermieri professionali regalando a tutti un sorriso, un conforto, una battuta di spirito e di incoraggiamento. 9


10 P.S. Ebbene si, alla fine mi sono commosso. Mi sono commosso nel ringraziare tutti ed in particolare gli infermieri, al pensiero che non sono tutti così. Riusciamo a fare molto in Cardiologia, grazie alla buona volontà, disponibilità e generosità di molti. Ma forse mi sono commosso anche perché vivo un momento particolare della mia vita. Ho deciso di lasciare il Santo Spirito di mia iniziativa ma non senza perplessità e timori. Mi sento un po’ decano della Cardiologia e, come tale, pur non essendo il primario, mi sento in dovere di ringraziare chi contribuisce in maniera concreta al buon andamento di tutto il reparto. Ringrazio tutti, colleghi, infermieri, ausiliari che spesso hanno aiutato me in molti momenti, anche difficili ed impegna-

tivi con disponibilità ed affetto. Ringrazio anche i partecipanti all’iniziativa sul Terminillo che mi hanno dimostrato stima, simpatia ed affetto. Spero di poter ricambiare in futuro contribuendo al buon andamento dell’associazione Cuore Sano. Siamo noi a testimoniare la gratitudine dovuta al dr. Carunchio per la generosità e la perizia con cui ha guidato sino a qualche settimana fa il reparto di Terapia sub intensiva della Cardiologia. Come molti sanno il dr. Carunchio non taglierà il cordone ombelicale con il Santo Spirito: l’assemblea dell’Associazione Cuore Sano lo ha acclamato nuovo presidente della onlus. Staremo ancora insieme, a lungo, a lungo.

Dopo l’intervento, torna in palestra “cioè in famiglia” apoletano verace, funzionario civile dell’aeronautica militare, 83 anni, Alberto De Simone aveva già uno stent, e da quattro anni frequentava con impegno la palestra del Santo Spirito tra la simpatia (direi meglio: l’affetto) dei suoi “colleghi” per ciascuno dei quali aveva ed ha una battuta, un ragionamento, una osservazione ora ironica e ora comprensiva. I “colleghi” son poi quelli stessi che una mattina del marzo scorso, quando lui si è sentito improvvisamente male poco prima di entrare in palestra, gli hanno dato amorevole aiuto trasportandolo immediatamente al pronto soccorso dell’ospedale. Diagnosi rapidissima, arteria tappata, ricovero al San Filippo Neri e inevitabile by pass. Qualche settimana di riabilitazione, l’affetto dei suoi compagni, le amorevoli cure della moglie e delle due figlie, ed eccolo di ritorno in palestra.

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Bentornato, Alberto! Che cosa ti ha spinto a tornare appena i cardiologi te l’hanno consentito? “Non vedevo l’ora di tornare, davvero. Perché, con mia moglie Anna e le mie due figlie, Patrizia e Maria Pia, la mia famiglia è qui, tra voi e con voi! Non scherzo e non esagero: per me, ma cre-

do non solo per me, dividere con i miei colleghi ansie e speranze, esperienze e soddisfazioni, è molto importante, molto – come dire? – educativo, e soprattutto molto confortante. E poi voglio aggiungere una cosa…”

Una foto di Alberto De Simone quando era un po’ più giovane

Aggiungi pure: la nostra chiacchierata serve proprio a questo, a dare un’immagine di quel che ha vissuto e vive un paziente della Cardiologia. “Ecco, un fattore per me decisivo di questa solidarietà tra colleghi è stato proprio il momento in cui mi sono sentito male – il classico dolore al petto – e ho capito che da solo non ce l’avrei fat-

ta. I miei compagni si sono accorti di quel che mi capitava, non ho avuto bisogno di chiedere aiuto. Loro non hanno avuto esitazioni, non hanno neanche atteso che arrivasse una barella. Mi hanno preso e sollevato per le braccia e mi hanno portato all’emergenza, sono quattro passi, dalla sala in cui ci ritroviamo prima di entrare in palestra, al pronto soccorso. Quattro passi sì, ma non dimenticherò mai la generosità, la carica amorevole che ci hanno messo. Ecco perché la mia famiglia si è…allargata a loro.” Come hai vissuto quegli istanti e i successivi, sino all’intervento? “Con tanta paura, inutile negarlo. Non me l’aspettavo. Certo, la frequenza regolare della palestra per quattro anni aveva quanto meno rinviato quella che chiamerei la resa dei conti, ma non c’è dubbio che la prospettiva di un intervento così invasivo mi inquietava assai. Poi, dopo l’intervento, non solo la paura è passata, ma un po’ la lenta conquista di un nuovo benessere, un po’ la prospettiva di riprendere una vita normale, e soprattutto la sicurezza di tornare in palestra – tutto questo mi ha fatto vedere, come dice quella canzone francese?, la vie en rose.


Sarà in forma elettronica, ma ci sono ritardi...

Entro giugno 2015 Fascicolo Sanitario per tutti gli italiani ochi sanno che entro il 30 giugno scorso tutte le Regioni avrebbero dovuto predisporre i loro piani per realizzare, attraverso un sito internet, l’archiviazione e la gestione informatica dei documenti sanitari di tutti i loro cittadini attraverso il così detto Fascicolo sanitario elettronico (Fse). Una volta approvati i piani (ma poche Regioni hanno rispettato questa prima scadenza), essi dovranno essere realizzati e attuati entro il 30 giugno 2015, pena una perdita del 3% nel riparto del Fondo sanitario nazionale. Sanzione già prevedibile per tre quarti delle Regioni, se è vero che – dati del ministero della Salute – la creazione del Fascicolo è in fase molto avanzata solo in Emilia-Romagna, Lombardia, Trentino, Toscana, Veneto e Sardegna. Il segnale che arriva da queste sei regioni è tuttavia assai importante: il Fascicolo riesce a diffondersi velocemente e su grandi numeri se contiene strumenti, “voci”, che consentano al cittadino la gestione diretta (e naturalmente protetta, a tutela della privacy) della propria salute e gli consentano di svolgere un ruolo attivo nel processo di cura. In altre parole, non basta creare l’Fse e riempirlo di tutte le informazioni certificate previste dalla legge, ma occorre in qualche modo “invogliare” il cittadino a farne uso offrendogli la possibilità di personalizzarlo. Un paio di esempi. A Bologna, anche grazie alla possibilità di prenotare esami e visite da casa senza neanche recarsi al Cup, il Fascicolo è stato già attivato per il 45% dei cittadini residenti tra i 36 e i 45 anni. E ancora: in Trentino, grazie al

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progetto del sito online “TreC–Cartella Clinica del Cittadino” (trec.trentino.salute.net), in cento giorni, da dicembre a marzo scorsi, l’adesione al Fse sanitario è schizzata al 93% quando è stata aggiunta una piattaforma collaterale di servizi: il Taccuino persona del cittadino, una sezione del sito a lui riservata per dargli la possibilità di inserire dati e informazioni personali, documenti sanitari, diario di eventi rilevanti, promemoria dei controlli medici periodici. Risultato, alla piattaforma si sono iscritte oltre 28mila persone con oltre 250mila referti visualizzati e circa 600mila accessi alla home page. In effetti molte Regioni prevedono un “taccuino personale” che rappresenta un’evoluzione, uno sviluppo, un corollario del Fse. Quel Fascicolo di seconda generazione invocato da Fabrizio Ricci, dirigente di ricerca del Laboratorio virtuale di sanità elettronica dell’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma, e coordinatore del gruppo di studio del Fse composto da esperti della Società italiana di telemedicina e sanità elettronica e da ricercatori del Cnr. Ma ci sono molte difficoltà, grandi (queste cui si è appena accennato) e piccole. Tra queste ultime la diffidenza degli utenti. Secondo un sondaggio della Società italiana di telemedicina tra un migliaio di medici di famiglia, il 40% dei pazienti non darebbe il consenso al trattamento dei propri dati, ma è dato in calo: due anni fa, in base ad analogo sondaggi della Federazione dei medici di medicina generale, la percentuale era del 60-70%.

Si ringrazia la Abbott Vascular Knoll-Ravizza per il sostegno economico alla pubblicazione di questo giornale

A Bologna, dove il Fascicolo Sanitario è già una realtà, è possibile prenotare esami medici e visite specialistiche, da casa


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Dai Nas dati shock sui cibi fuorilegge, ristoranti-porcili e mercato parallelo di farmaci e false ricette per rimborsi di Francesco Biscione* parlamentari delle commissioni Sanità di Camera e Senato sono rimasti letteralmente di sasso leggendo un voluminoso rapporto dei Nuclei antisofisticazioni dei carabinieri, rapporto che ha voluto personalmente firmare il comandante dei Nas, generale Cosimo Piccinno, quasi a sottolineare la portata del report e, insieme, l’allarme che destano i risultati delle ispezioni nel settore alimentare e – sorpresa – in quello farmaceutico. Che truffe e adulterazioni, dalle bistecche colorate al vinaccio frizzante spacciato per champagne di gran marca, siano all’ordine del giorno è cosa nota, ma ora il quadro si fa drammatico: un alimento su tre, tra quelli inseriti nella catena di distribuzione, è “non conforme” alle leggi. Ma il pericolo più serio si annida nel settore della ristorazione, grande e piccola, di lusso e di strada: solo tra il 1. gennaio e il 15 maggio di quest’anno (dati dunque recentissimi) ben 1.379 ristoranti su 2.818 sono stati multati o addirittura chiusi per la violazione di almeno una norma: prodotti andati a male, cucine luride, elementari precauzioni igieniche ignorate. Se poi si va ad un dato macroscopico, ecco che nel rapporto dei Nas si rivela che tra il 2012 e il 2014 i controlli nei ristoranti sono stati 90mila circa: 31mila non hanno superato i test. Nello stesso arco di tempo sono stati sottoposti a verifica 27.419 locali pubblici, diversi dai ristoranti, e ben 11.524 di essi sono stati multati o sanzionati più severamente per violazione delle norme. In più una novità, gravissima: l’accertata infiltrazione della criminalità organizzata non solo nell’acquisto e nella gestione di bar e ristoranti, cosa

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già nota; ma ora anche la creazione di una sorta di mercato parallelo della distribuzione di alimentari attraverso il controllo di alcuni centri di smistamento e di più supermercati, così prendendo due piccioni con una fava: guadagno su cibi e bevande (prodotti per giunta spesso contraffatti) e riciclaggio di enormi quantità di danaro. Di più e di peggio: la criminalità ha messo piede, attraverso siti internet anche nel mercato dei medicinali – la denuncia era già stata fatta all’Arma dall’Agenzia per i farmaci – e persino nel mercato delle ricette mediche false per ottenere il rimborso dal Servizio sanitario nazionale. Torniamo intanto ai controlli alimentari, e proprio nell’arco dei primi mesi di quest’anno. A Parma (sì, a Parma) sequestrati 2.300 prosciutti “ottenuti da animali alimentati con rifiuti”. A Palermo denunciati 23 macellai che vendevano carne, evidentemente avariata, “trattata con ione solfito che la faceva diventare rossa e sanguinolenta”. A proposito di carni, su circa 12mila allevamenti di bovini e ovini quasi 4mila erano fuorilegge. La situazione non cambia con il pesce: in quattro regioni – Puglia, Marche, Emilia Romagna e Veneto – sono stati sequestrati centinaia di litri di Cafodos e tonnellate di pesce, soprat-

tutto spada e tonni. Quel Cafodos, spiega il rapporto, “è un additivo che viene mescolato con il ghiaccio e dopo qualche secondo diventa invisibile anche alle analisi di laboratorio. Ha un effetto miracoloso: consente di dare freschezza apparente al prodotto-pesce che all’interno è generalmente già marcio”. Non parliamo dell’olio extravergine: su 86 controlli effettuati in questi primi quattro mesi e mezzo, ben 27 hanno rivelato che l’etichetta era bugiarda, in molti casi sostituzione secca con olio di soia e ulteriore adulterazione per insaporire all’olivo. Anzi, a Bari è stato scoperto, a marzo, uno stabilimento dove l’olio veniva colorato per farlo diventare più verde e apparire così genuino. Un altro settore dove la truffa dilaga è il blocco farine-pane-pasta: su 4.387 controlli effettuati tra gennaio e metà maggio, 1.505 hanno portato a multe e denunce penali per reati gravi. Ma il capolavoro della contraffazione è stato scoperto dal Nas di Napoli: migliaia di bottiglie di “champagne” Moet & Chandon, Veuve Clicquot Pondsardin e Bollinger già piazzati in enoteche, ristoranti e supermercati: prodotti assolutamente fasulli ma perfetti con tanto di bollini, imballaggi, tappi, cliché dei marchi. La camorra c’entra solo in parte: è un traffico internazionale con basi anche in Spagna, Portogallo, Inghilterra e la stessa Francia. In sintesi, e solo dall’inizio di quest’anno a primavera: 28.470 alimenti sequestrati per un peso di oltre un milione e mezzo di chili; 412 strutture chiuse o sequestrate; quasi duecento milioni di euro il valore dei sequestri da inizio anno; un miliardo e 101 milioni di euro il valore dei sequestri dal 2012 a oggi. Spaventoso, nevvero?


Preoccupante calo del consumo di pesce. Altro che le raccomandate “due porzioni a settimana” onostante ne sia nota a tutti (e in particolare ai cardiopatici) l’importanza nutrizionale, i consumi di pesce nell’ultimo anno in Italia sono molto calati, ben lontani da quelle “almeno due porzioni la settimana” raccomandate dai medici, e in particolare dai cardiologi. Colpa del prezzo? Non si segnalano aumenti sensibili del prodotto fresco; e stabili sono quelli dei surgelati che in genere non solo offrono le massime garanzie ma fanno ugualmente bene. E comunque ci sono molte varietà di pesce dal prezzo molto contenuto e ampiamente disponibili (pensiamo solo al caso delle acciughe), dalla valenza nutrizionale eccellente e che forniscono dosi notevoli dei famosi grassi acidi Omega 3, un vero e proprio salva cuore per i potenti effetti di protezione delle arterie. Si è fatto l’esempio delle acciughe, o alici, ma tutta la serie dei “pesci azzurri” (sardine, sgombro nelle due varietà, alalunga, le stesse acciughe naturalmente, ecc.) è esemplare per economicità, diffusione, molteplicità delle ricette. Ma anche numerose altre specie di pescato locale, meno famose e meno costose perché più abbondanti sono reperibili in tutto il Mediterraneo e praticamente in tutte le stagioni. Attenzione, poi, ad una regola che ora è legge e che in effetti e per fortuna è largamente rispettata non solo nelle pescherie, ma anche nei mercati rionali per non parlare della grande distribuzione. Si tratta del codice, la cosiddetta “zona Fao”, che premette – dando uno sguardo al numeretto segnato sul cartellino del prezzo, e verificandolo sulla grande tabella esposta nello stesso punto di vendita – di identificare la zona di provenienza del pescato: meglio puntare sul Mediterraneo che sull’Atlantico o sul Pacifico…

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Poi, ora, è opportuno sfatare due miti. Anzitutto quello secondo cui il pesce surgelato (generalmente di costo più contenuto, ove non si scelgano tranci già preparati con sughi o patate o panatura) abbia un valore nutritivo differente dal fresco. Valori identici, e non solo: semmai il surgelato può offrire maggiori garanzie igieniche rispetto a un fresco mal conservato. Ma anche qui facciamo attenzione ai surgelati “preparati”: attenzione ai grassi nascosti nelle impanature o nei condimenti. Meglio impanare a casa i filetti nature, benché surgelati. L’altro mito è la presunta differenza tra pesci magri e pesci grassi che induce taluno alla monotona ripetizione dell’acquisto in base ad una regola-trappola. Spiegazione: è vero che esiste una classificazione. I pesci magri (merluzzo, orata, dentice, sogliola, spigola) contengono non più del 3% di grassi; i semigrassi (cefalo, tonno, pesce spada, più gli “azzurri”) non più dell’8-9%; e quelli grassi (salmone, anguilla, pochi altri) più del 9%. Ma è anche vero che i grassi del pesce – di tutti i pesci – sono tutti polinsaturi e quindi hanno un effetto molto positivo sulla salute e anzitutto sul cuore. (Discorso a parte per molluschi e crostacei: avranno pure un po’ di colesterolo in più, compensato però dalla quasi completa assenza di acidi grassi saturi. Via libera anche a questi, ma cotti.) Annotazione finale, sul crudo. Non vale a niente il limone: non basta come misura battericida, in particolare per combattere la larva del pericoloso parassita anisakis. O si è certi della produzione, del trasporto e della fine sul piatto (surgelazione sicura o comunque controlli severi sul freschissimo), o è meglio rinunciare al crudo e passare all’affumicato, che dà qualche garanzia in più ma non quella dell’eccessiva salatura…

È vero che esistono pesci più o meno grassi, ma sono grassi polinsaturi che hanno comunque un effetto positivo su cuore e arterie

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Tu sai essere mediterraneo? Fra le 3 voci proposte, scegli quella che più si avvicina alle tue abitudini alimentari CEREALI (1 porzione = 50 gr di pane oppure 40 gr di pasta, riso o prodotti analoghi) Quanta pasta o pane mangi? A ne mangio meno di 2 porzioni al giorno o meno; B ne mangio meno 3 porzioni al giorno; C ne mangio almeno 4-5 porzioni al giorno. Quanta condisci pasta e riso? A do la preferenza ai sughi “ricchi” (burro, panna, besciamella, pancetta...); B alterno sughi “ricchi” con quelli più semplici come pomodoro, aglio e olio, ecc.; C mangio quasi sempre pasta o riso conditi con pomodoro, altri ortaggi o olio.

LEGUMI (1 porzione = 100 gr di legumi freschi oppure 30 gr di legumi secchi) Quante porzioni fanno parte del tuo menù? A ne mangio meno una porzione asettimana o meno; B ne mangio 2 o più porzioni alla settimana, quasi sempre come contorno; C ne mangio 2 o più porzioni alla settimana, quasi sempre come secondo piatto, insieme ai cereali come piatto unico. VERDURA (1 porzione = 200 gr di ortaggi oppure 50 gr di insalata) Quante porzioni ne mangi? A ne mangio meno una porzione asettimana o meno;

B ne mangio 2 o più porzioni alla setti- B mangio almeno 1-2 porzioni di pesce mana, quasi sempre come contorno; alla settimana ma quasi mai “azzurC ne mangio 2 o più porzioni alla settiro”; mana, quasi sempre come secondo C mangio almeno 1 o 2 porzioni di pepiatto, insieme ai cereali come piatto sce alla settimana, spesso di tipo “azunico. zurro”. CARNI, SALUMI (1 porzione = 100 gr di carne oppure 50 gr di salumi) Qual è la frequenza con cui li metti nel piatto? A mangio 7 o più porzioni di carni e salumi alla settimana; B mangio 6 porzioni di carni e salumi alla settimana; C non mangio più di 4-5 porzioni di carni e salumi alla settimana.

FRUTTA (1 porzione = un frutto medio ) PESCE Quanto compare nella tua dieta? (1 porzione = 150 gr ) A ne mangio una porzione al giorno o Quante volte è sulla tua tavola? meno; A non mangio mai pesce o solo rara- B ne mangio 2 porzioni al giorno; mente; C ne mangio almeno 3 porzioni al giorno. ASSEGNATI: 0 punti per ogni risposta A; 1 punto per ogni risposta B; 2 punti per ogni risposta C. Da 0 a 8 punti Faresti bene a rivedere le tue abitudini. Probabilmente non dai il giusto spazio agli alimenti di origine vegetale (frutta, verdura, cereali, legumi) e non presti la dovuta attenzione ai grassi. Da 9 a 15 punti Sei sulla buona strada, ma hai ancora vari ritocchi da fare qua e là. Da 16 a 20 punti Stai andando davvero bene! Non devi far altro che continuare a dar ampio spazio agli alimenti di origine vegetale, a non eccedere con quelli di origine animale e scegliere bene i condimenti.

LATTE, YOGURT E FORMAGGI Quanto uso ne fai? A ne mangio solo raramente oppure ne faccio uso in grande quantità senza preoccuparmi del contenuto di grassi; B ne mangio in grandi quantità preferendo prodotti magri; C ne faccio uso abitualmente in quantità da piccola a moderata. GRASSI DA CONDIMENTO Come condisci i tuoi piatti? A uso spesso grassi di origine animale; B uso quasi solo grassi vegetali, compreso l’olio d’oliva; C uso quasi solo olio d’oliva. DOLCI Quanti dolci ti concedi? A ne mangio ogni giorno; B ne mangio 2-3 volte alla settimana; C ne mangio solo occasionalmente.


PILLOLE DI SALUTE… BENEFICI DELLE FRAGOLE – Secondo i risultati della ricerca di una équipe di scienziati italiani e spagnoli (ne riferisce l’autorevole Journal of Nutritional Biochemistry) mangiar fragole “abitualmente” protegge dalle malattie cardiovascolari. Ventitre giovani sani hanno mangiato per un mese mezzo chilo al giorno di fragole. Alla fine, il colesterolo era sceso in media del 14% e i trigliceridi di oltre il 20. Però, quindici giorni dopo, i valori tendevano a tornare al livello iniziale. Comunque un campione limitato ad un numero così ristretto di individui può costituire solo un indizio, non rappresenta

una conclusione scientifica. MA ANCHE DELL’AVENA – Una ricerca internazionale, presentata in occasione del convegno annuale dell’American Chemical Society, ha mostrato che un composto presente solo nell’avena (si chiama avenanthramide) possiede potenti proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e anticancerogene, utilissime per il benessere anche di cuore e arterie. Dove trovi avena? Nei burger vegetali, nei pani così detti speciali, nelle barrette, e poi è componente essenziale del muesli, il piatto più sano per una prima colazione energetica.

CUORE IN FORMA = CERVELLO SCATTANTE – Uno studio dell’Università dell’Utah ha formulato l’ipotesi che una buona salute cardiovascolare sia associata ad un cervello più scattante. Monitoraggio di 17.761 persone dai 45 anni in su. I medici li hanno suddivisi in tre sottogruppi a seconda dello stato di salute del cuore: pessimo, intermedio, ideale. Poi tutti sono stati sottoposti ad una batteria di test di memoria, apprendimento e linguaggio. Ebbene, più il cuore sta bene più il cervello funziona. All’inverso, più la salute cardiovascolare si deteriora più le funzioni cognitive progressivamente si deteriorano.

…E SALUTE IN PILLOLE ARRIVA IL POMODORO NERO – E’ in arrivo nei mercati il pomodoro nero: lo hanno battezzato “Sunblak”, cioè Sole nero. Nata in laboratorio, questa varietà ha un fortissimo potere antiossidante, prezioso quindi per prevenire guai alle arterie o come coadiuvante nella cura di varie cardiopatie. Attenzione: non c’entrano Ogm e consumismo. Questo pomodoro nasce da un progetto di ricerca coordinato nientemeno che dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ed una azienda pisana (l’Ortofruttifero) provvederà alla commercializzazione in seguito alla firma di un contratto di licenza con la Scuola di cui è stata rettore sino a ieri

l’ex ministra dell’Istruzione prof. Maria Chiara Carrozza.

LA SOGLIA-COLESTEROLO – Vogliamo ricordare ancora una volta le soglie del colesterolo negli adulti? Premessa: non basta sapere quanto si ha di valore totale (anche se è importante), ma è necessario conoscere anche il livello di Ldl, cioè

del colesterolo “cattivo”, quello costituito da lipoproteine a bassa intensità. Dunque, si considerano valori elevati quelli sopra quota 240 (totale) e sopra 160 (Ldl); sono valori diciamo borderline, cioè al limite, quelli tra 200 e 239 (totale) e 134-159 (Ldl); sono livelli accettabili sotto i 200 (totale) e sotto 130 (Ldl). Cibi di conseguenza da tenere sott’occhio: cervello (più di 2.000 mg ogni 100 gr.), uovo intero (371), caviale (300), burro (250), gamberi (150), salame (95), carne bovina (da 60 a 150), parmigiano (91), aragosta (85), croissant (75), prosciutto (60, se si toglie il grasso visibile).

Donazioni: Associazione Cuore Sano /// Unicredit Banca di Roma - Roma 173 - Ospedale Borgo S.Spirito, 3 – 00193 Roma – c/c n. 400005512 – Codice IBAN 66 Z 02008 05135 000400005512 – Swift code UNCRITM1B83 /// Posta – IT 68 y 076 0103 2000 0008 3738005 /// Cod. Fisc. Associazione (5 per mille) 96255480582

Periodico di informazione dell’Associazione Cuore Sano • Anno XIX - n.3 - luglio/settembre 2014 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Edoardo Nevola, Antonio Cautili, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi, Giulio Scoppola • Redazione Lungotevere in Sassia n.3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Associazione Cuore Sano e redazione Cuore Amico tel. 06.68352323. • E-mail: dmedcar@asl-rme.it • www.cuoresano.it • Stampa Tipolitografia Visconti - Terni


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