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Mani pulite sempre contro le infezioni
si la biro offerta allo va provata. Allora Pittet mise a punto un col e glicerina, venti secondi di frizione sportello della banca? protocollo di osservazione sul persona- che interrompono il passaggio di virus e Assorbi qualche milio- le sanitario ogni volta che qualcuno era batteri. Grazie all’introduzione del gel ne di batteri. Adoperi il chiamato a effettuare una procedura idroalcolico il tasso di infezioni nosocomiali era crollato vertiginosamente nemouse in comune con medica. altri colleghi? Altri mi- Risultato (sconfortante) riferito da Elisa gli HUG nel volgere di appena un mese. lioni di germi. Afferri la maniglia del Manacorda, giornalista e ricercatrice Avrebbe potuto diventare milionario, il tram? Come sopra. Tre esempi, ma po- che ha fondato il giornale scientifico on Nostro. E invece ha deciso di non bretremmo farne a diecine, con lo stesso, line “Galileo”: l’adesione media alla di- vettare formula e protocolli di un proidentico risultato: la diffusione delle in- sinfezione delle mani era del 48%, più dotto che, oramai, ha fatto il giro del fezioni. Ecco perché è indispensabile la- alta tra infermiere e ostetriche (52 e mondo sotto centinaia di marche e convarsi spesso le mani (o pulirsele con un 60%), bassa tra i medici (30%), bassis- fezioni diverse, anche qui in Italia. Coapposito detergente), e farlo bene, come sima tra i tecnici di radiologia: 8%. A munque nel vasto androne degli Ospedio comanda, anzi come ha suggerito il domanda la risposta era quasi unanime dali universitari di Ginevra viene proiet“padre” della campagna universale di e sempre identica: non c’è tempo. E al- tato in continuazione su un grande controllo delle infezioni della Organiz- lora il prof. Pittet insieme al farmacista schermo uno spot in cui viene mostrato zazione Mondiale della Sanità, il prof. ospedaliero Wlliam Griffiths mise a come ci si lavano correttamente le mani. Didier Pittet, epidemiologo e medico punto “la” soluzione: un gel a base di al- Anche senza bisogno del gel, infatti, acqua e sapone bastano sì, ma non per una agli Ospedali universitari di Ginevra frettolosa passata: piuttosto con un più (HUG). attento e corretto lavaggio: quello che si Qual è il suo merito? Presto detto (ma può leggere in questa stessa pagina e che faticosamente fatto): tutto comincia nel occupa non più di due-tre minuti. Le fasi 1992 quando, proprio negli HUG, per lavare bene le mani con l’abitudine scoppia un’epidemia di stafilococco audiventano un automatismo che serve reo, un super-batterio molto resistente. non solo agli operatori sanitari ma a tutti Lavorando con le infermiere, il prof. noi, anche a casa o in ufficio, a scuola, in Pittet aveva scoperto che la trasmissione fabbrica, nel bus. E non solo dopo essere di questo super-apportatore di infezioni stati in bagno e prima di mangiare, ma era di circa il 18%, addirittura con picsempre e ovunque, in particolare chi del 30% proprio nei reparti di tedopo aver frequentato luoghi rapia intensiva. Pittet intuì che la pubblici e anche per difenderci diffusione del micidiale batterio dai nostri stessi era dovuta alla cellulari: penscarsa igiene delle mani dei sate, l’80%dei colleghi e delle più comuni infermiere. Ma batteri umani Poche ma precise regole per un corretto lavaggio delle mani: 1) bagnarle con l’acqua una cosa è l’indimorano sui e applicare il sapone su tutta la superficie delle mani: dritto, rovescio, dita; 2) friziotuizione ed nostri smartnare le mani palmo contro palmo; 3) poi palmo sul dorso intrecciando le dita; 4) un’altra la propalmo a palmo con le dita intrecciate; 5) palmi opposti con dita racchiuse; 6) strofiphone! nare con rotazione i pollici; 7) strofinare con le dita sul palmo; 8) risciacquare le mani con acqua; 9) asciugare, possibilmente con salvietta monouso.
Come lavarle bene
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Mani pulite sempre contro le infezioni
si la biro offerta allo va provata. Allora Pittet mise a punto un col e glicerina, venti secondi di frizione sportello della banca? protocollo di osservazione sul persona- che interrompono il passaggio di virus e Assorbi qualche milio- le sanitario ogni volta che qualcuno era batteri. Grazie all’introduzione del gel ne di batteri. Adoperi il chiamato a effettuare una procedura idroalcolico il tasso di infezioni nosocomiali era crollato vertiginosamente nemouse in comune con medica. altri colleghi? Altri mi- Risultato (sconfortante) riferito da Elisa gli HUG nel volgere di appena un mese. lioni di germi. Afferri la maniglia del Manacorda, giornalista e ricercatrice Avrebbe potuto diventare milionario, il tram? Come sopra. Tre esempi, ma po- che ha fondato il giornale scientifico on Nostro. E invece ha deciso di non bretremmo farne a diecine, con lo stesso, line “Galileo”: l’adesione media alla di- vettare formula e protocolli di un proidentico risultato: la diffusione delle in- sinfezione delle mani era del 48%, più dotto che, oramai, ha fatto il giro del fezioni. Ecco perché è indispensabile la- alta tra infermiere e ostetriche (52 e mondo sotto centinaia di marche e convarsi spesso le mani (o pulirsele con un 60%), bassa tra i medici (30%), bassis- fezioni diverse, anche qui in Italia. Coapposito detergente), e farlo bene, come sima tra i tecnici di radiologia: 8%. A munque nel vasto androne degli Ospedio comanda, anzi come ha suggerito il domanda la risposta era quasi unanime dali universitari di Ginevra viene proiet“padre” della campagna universale di e sempre identica: non c’è tempo. E al- tato in continuazione su un grande controllo delle infezioni della Organiz- lora il prof. Pittet insieme al farmacista schermo uno spot in cui viene mostrato zazione Mondiale della Sanità, il prof. ospedaliero Wlliam Griffiths mise a come ci si lavano correttamente le mani. Didier Pittet, epidemiologo e medico punto “la” soluzione: un gel a base di al- Anche senza bisogno del gel, infatti, acqua e sapone bastano sì, ma non per una agli Ospedali universitari di Ginevra frettolosa passata: piuttosto con un più (HUG). attento e corretto lavaggio: quello che si Qual è il suo merito? Presto detto (ma può leggere in questa stessa pagina e che faticosamente fatto): tutto comincia nel occupa non più di due-tre minuti. Le fasi 1992 quando, proprio negli HUG, per lavare bene le mani con l’abitudine scoppia un’epidemia di stafilococco aureo, un super-batterio molto resistente. diventano un automatismo che serve non solo agli operatori sanitari ma a tutti Lavorando con le infermiere, il prof. noi, anche a casa o in ufficio, a scuola, in Pittet aveva scoperto che la trasmissione fabbrica, nel bus. E non solo dopo essere di questo super-apportatore di infezioni stati in bagno e prima di mangiare, ma era di circa il 18%, addirittura con picsempre e ovunque, in particolare chi del 30% proprio nei reparti di tedopo aver frequentato luoghi rapia intensiva. Pittet intuì che la pubblici e anche per difenderci diffusione del micidiale batterio dai nostri stessi era dovuta alla cellulari: penscarsa igiene sate, l’80%dei delle mani dei più comuni colleghi e delle batteri umani infermiere. Ma Poche ma precise regole per un corretto lavaggio delle mani: 1) bagnarle con l’acqua dimorano sui una cosa è l’ine applicare il sapone su tutta la superficie delle mani: dritto, rovescio, dita; 2) friziotuizione ed nare le mani palmo contro palmo; 3) poi palmo sul dorso intrecciando le dita; 4) nostri smartun’altra la propalmo a palmo con le dita intrecciate; 5) palmi opposti con dita racchiuse; 6) strofiphone! nare con rotazione i pollici; 7) strofinare con le dita sul palmo; 8) risciacquare le mani con acqua; 9) asciugare, possibilmente con salvietta monouso.
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Due nuovi farmaci per lo scompenso
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o schema terapeutico dello scompenso cardiaco (SC) con funzione sistolica ridotta del ventricolo sinistro (HFr EF ), che negli ultimi anni ha prodotto dei miglioramenti importanti nella prognosi di pazienti affetti da una malattia grave e cronica, è composto da una serie di farmaci che “collaborano“ tra loro nella inibizione di una serie di sistemi responsabili del mantenimento della malattia. Classicamente, la terapia dello SC si basa sull’inibizione neurormonale del sistema renina-angiotensina-aldosterone (ACE-inibitori o Sartanici e antialdosteronici ) e del sistema nervoso simpatico (Beta Bloccanti o BB ). A questo cocktail di farmaci ben definito negli ultimi anni si sono aggiunti due nuovi medicinali che agiscono in modo diverso: l‘Ivabradina, un bradicardizzante puro, indicato quando la frequenza cardiaca, nonostante i BB, si mantiene al di sopra dei 70 battiti/min, oppure se esiste una assoluta intolleranza ai BB; e gli ARNI. L‘Ivabradina ha dimostrato di avere un effetto benefico soprattutto nel ridurre il numero dei ricoveri per scompenso. Gli ARNI rappresentano la nuova classe degli inibitori del recettore dell’angiotensina e della neprilisina come il Sacubitril/Valsartan. La combinazione delle due molecole aumenta la disponibilità dei peptidi natriuretici (PN), naturalmente secreti dall’organismo come forma di difesa dallo SC. Infatti, i PN aumentano la diuresi, provocano la riduzione della ritenzione di acqua e di sodio nell’organismo e l’abbassamento delle resistenze periferiche delle arterie.
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di Angela Beatrice Scardovi Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Il vantaggio degli ARNI è dunque la possibilità di aumentare farmacologicamente i PN. Dal 2016 il farmaco e’ entrato a far parte delle Linee Guida della Societa’ Europea di Cardiologia e dal 12 marzo 2017 è rimborsabile dal SSN, previa compilazione del piano terapeutico da parte del cardiologo ospedaliero. Si tratta di una terapia veramente innovativa perché, a differenza delle precedenti, non inibisce un sistema dell’organismo ma lo modula, potenziandone gli effetti benefici. Una terapia anche di successo, come dimostrano i risultati di Paradigm-HF, il più vasto studio clinico mai condotto fino ad ora nello scompenso cronico a funzione sistolica ridotta, che ha coinvolto 8.400 pazienti nel mondo. In questo trial l’ARNI è stato confrontato con enalapril, l’ACE-inibitore che rappresenta lo standard di terapia nello SC. I risultati ottenuti rispetto ad esso sono stati molto positivi con riduzione della mortalità cardiovascolare del 20%, della ospedalizzazione per SC del 21%, e della mortalità per tutte le cause del 16%. E’ stato calcolato che in media ARNI allunga la sopravvivenza dei pazienti con SC regalando almeno 1,3 anni di vita libera da eventi. Questi risultati nella pratica clinica si traducono non solo in un prolungamento dell’aspettativa di vita, ma anche in un miglioramento della sua qualità; la fame d’aria e la grave stanchezza tipiche dello SC, infatti, si riducono sensibilmente e i pa-
zienti possono tornare gradualmente ad una vita più attiva. Altro pregio del farmaco (la cui introduzione in terapia deve essere prudente, con aumenti graduali del dosaggio e frequente controllo clinico e di laboratorio nel periodo di “titolazione“) è che non comporta un aumento del numero di pillole che gli scompensati sono costretti ad assumere quotidianamente poiché sostituisce l’ ACE- inibitore o il Sartanico, fattore che favorisce la compliance alla terapia. Il farmaco è indicato in tutti i pazienti con SC cronico di tipoHFr EF che siano abbastanza stabili, cioè che non siano stati appena ricoverati per SC acuto che siano ancora sintomatici, abbiano una pressione sistolica di almeno 100 mmHg, non abbiano una grave insufficienza renale né livelli di potassiemia al di sopra della norma. Gli ARNI sono cioè indicati nei pazienti con SC grave ma in fase ambulatoriale, ovvero all’incirca un terzo di tutti gli scompensati. Uno di questi farmaci, l’Arni, è da un anno rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale.
Vino, meglio il rosso del bianco ma sempre con moderazione
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ere vino fa male? La risposta è delicata. Spesso si sente dire che un bicchiere di vino rosso a pasto allunga la salute. È così? E perché il vino rosso? Perché è ricco di polifenoli, in particolare diresveratrolo, antociani, flavonoidi e tirosolo, presente anche nell’olio d’oliva extravergine. L’effetto benefico del vino rosso deriverebbe proprio dalla presenza di resveratrolo, sostanza naturale della famiglia delle fitoalessine, prodotta da alcune piante a scopo “preventivo” per difendersi da possibili aggressioni di agenti nocivi.
di Antonella Chiera Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
E il vino bianco? E’ ricco di acido caffeico, sostanza con potenzialità antiossidanti molto utili all’apparato cardiovascolare ma la mancanza di resveratrolo rende i suoi benefici sulla salute inferiori a quelli del vino rosso. Uno studio, ormai datato, parla di “paradosso francese”. Una ricerca sull’incidenza delle malattie cardiovascolari ha confrontato una popolazione di francesi con una popolazione di statunitensi che condividevano con i francesi le abitudini alimentari tranne l’assunzione di vino rosso nella dieta. I risultati dello studio hanno dimostrato una significativa riduzione di eventi cardiovascolari tra i francesi rispetto agli americani e la variabile più direttamente correlata è risultata il moderato consumo di vino rosso. Occorre considerare, però, più di un fattore per spiegare questo dato. Le caratteristiche di vita, l’inquinamento, lo stress e l’assunzione di diete diverse, sono importanti fattori per ottenere un profilo cardiovascolare sano. Ma il dato interessante è che il vino rosso aiuta, forse solo in piccola parte, a mantenere le arterie relativamente pulite dal colesterolo cattivo. Ricerche più recenti indicano che il resveratroloavrebbe un effetto protettivo sui vasi sanguigni e inoltre avendo una azione anti-ossidante proteggerebbe dai radicali liberi anche le cellule cerebrali, con un possibile effetto benefico sullo sviluppo di malattie come
l’Alzheimer e la demenza senile. I dati osservazionali sul consumo di alcol e la salute del cuore suggeriscono che un’assunzione leggera e moderata di alcool, sembra essere sana e benefica per la salute. Tuttavia, quando i modelli matematici sono stati applicati per determinare la causalità dell’effetto del moderato uso di vino rosso i risultati sono stati contrastanti. Ammettendo un effetto benefico, quanto vino è concesso? Il consumo eccessivo e l’abuso cronico di alcool sono fattori di rischio che contribuiscono ad un aumento della malattia globale come la cirrosi epatica, la morte improvvisa e le cardiomiopatie alcoliche. E’ difficile stabilire la quantità di alcool che si può assumere senza essere considerata un rischio. Infatti la concentrazione di alcool nel sangue dipende da molti fattori: quota ingerita, modalità di assunzione (meglio al pasto che a digiuno), peso corporeo, quantità di acqua corporea, sesso, fattori genetici, metabolismo individuale, abitudine al consumo di alcolici. Le donne, avendo un minor peso rispetto agli uomini, hanno minori quantità di acqua corporea e quindi una maggiore vulnerabilità agli effetti dell’alcol che viene smaltito con maggior lentezza. Comunque, secondo la comunità scientifica europea, non bisogna superare un bicchiere al giorno per le donne, due bicchieri al giorno per gli uomini, un bicchiere al giorno per i giovani, di età compresa tra i 18 ed i 20 anni e sopra i 65 anni.
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Alcune cose da sapere sui nuovi anticoagulanti orali
I
nuovi anticoagulanti orali (o meglio, gli anticoagulanti orali diretti, DOACs) sono uno dei maggiori progressi terapeutici degli ultimi anni, soprattutto per la loro indubbia efficacia e sicurezza rispetto agli antagonisti della vitamina K (AVK), aggiunti al vantaggio di essere assunti in dose fissa senza la necessità del controllo periodico dell'effetto terapeutico (INR). Per ottimizzare i vantaggi del trattamento e ridurre gli eventi sfavorevoli, è necessario fare attenzione ad alcuni aspetti: I farmaci efficaci sono quelli che vengono effettivamente assunti. Ciò è particolarmente importante per i DOACs in considerazione della loro rapidità di azione, che corrisponde ad una rapida perdita di efficacia alla interruzione della terapia. Al contrario degli AVK, che funzionavano per accumulo, e per i quali saltare una dose non comportava l'immediata perdita di efficacia, con i DOACs saltare una assunzione provoca velocemente la cessazione dell'effetto terapeutico e quindi un maggior rischio di eventi trombo-embolici. I DOACs vanno generalmente assunti a stomaco pieno, per garantire una maggiore efficacia e ridurre uno degli effetti sfavorevoli che consiste nel bruciore epigastrico. (Al contrario, gli AVK non vengono ben assorbiti se non assunti lontano dai pasti). Il maggior vantaggio dei DOACs rispetto ad AVK consiste nella riduzione di oltre il 50% del rischio di emorragia cerebrale, evento drammatico e spesso mortale; al contrario, esiste un lieve aumento del rischio
di Francesco Biscione Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
di sanguinamento gastro-intestinale (molto meno grave). E' importante segnalare al medico ogni significativo sanguinamento, ma non sospendere auto-
L’adenosina contenuta nelle cipolle è un anticoagulante naturale, mentre il principio attivo dell’aglio, riduce la formazione di vitamina K, diminuendo così la coagulazione
nomamente la terapia. L'insufficienza renale o epatica comportano un eccesso di attività dei DOACs, di cui il medico prescrittore deve tenere conto. I DOACs non risentono significativamente di interferenze alimentari (al contrario di AVK, la cui azione è modificata dall'assunzione di alcune verdure e di altri cibi). Alcuni farmaci ne modificano l'efficacia terapeutica: è im-
portante riferire al medico tutta la terapia assunta anche per il trattamento di altre patologie, ed ogni variazione successiva, per verificarne la compatibilità. In caso di interventi chirurgici o procedure invasive, i medici coinvolti dovranno programmare una adeguata gestione della terapia anticoagulante, che generalmente non prevede la sostituzione temporanea con derivati eparinici per iniezioni sottocutanee. Per la sicurezza dei pazienti, è indispensabile eseguire dei periodici controlli degli esami del sangue a cadenza almeno semestrare o più frequentemente per i pazienti più fragili (anziani, con insufficienza renale o epatica o con anemia). Al contrario di AVK, esistono degli antidoti diretti per i DOACs (alcuni ancora in fase di sperimentazione), che aumentano la sicurezza del trattamento. Non tutti i pazienti che hanno bisogno di terapia anticoagulante possono essere curati con i DOACs: in particolare, quelli con insufficienza renale severa o con alcune malattie delle valvole cardiache dovranno continuare ad assumere AVK. In conclusione, i nuovi farmaci anticoagulanti orali costituiscono un indubbio progresso di trattamento per le patologie trombo-emboliche, con un favorevole profilo di efficacia, sicurezza e tollerabilità, purché si rispettino alcune importanti regole gestionali.
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Perché i cardiopatici devono vaccinarsi
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onostante gli spettacolari successi ottenuti nel XX secolo con gli antibiotici e le vaccinazioni, le infezioni continuano a colpire i gruppi più fragili, come i cardiopatici e i soggetti predisposti alle cardiopatie per la presenza di fattori di rischio, come fumo, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, malattie renali. Tracciare un bilancio è difficile, perché le infezioni tendono ad agire in modo subdolo ed indiretto, aggravando una malattia cardiaca cronica già in atto o precipitando un evento cardiaco acuto. Il rapporto tra infezioni respiratorie virali ed eventi cardiovascolari acuti è evidenziato dall’andamento parallelo dell’incidenza di entrambi nel corso dell’anno, con un picco nei mesi invernali, e dal fatto che fino ad un terzo degli infarti si verifica poco dopo un’infezione respiratoria acuta. Ciò costituisce un problema di salute pubblica, per il numero elevato di soggetti coinvolti: nell’inverno 2017-18, otto milioni di italiani sono stati colpiti da malattie delle prime vie respiratorie. L’impatto complessivo sulla mortalità cardiovascolare è rilevante, con stime relative agli USA intorno a 30.000-90.000 decessi in più all’anno. Tra i virus respiratori, quelli influenzali sono i più importanti: da soli provocano almeno il 25% di dei casi; inoltre, il rischio di infarto è dieci volte maggiore per il virus influenzale B e cinque per quello A, mentre per gli altri virus respiratori è solo intorno a tre. Da altri studi risulta un’associazione tra eventi cardiovascolari ed infezioni respiratorie batteriche, in particolare le polmoniti più gravi, come quella da pneu-
di Edoardo Nevola Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Tre i vaccini altamente raccomandati: contro l’influenza, lo pneumococco e l’herpes zoster
mococco, in cui il rischio di infarto è aumentato fino a otto volte. Non meno importante per il cardiopatico è l’Herpes zoster o “fuoco di sant’Antonio”, che aumenta il rischio di infarto del 60% e quello di ictus del 40%. Per fortuna, contro influenza, pneumococco e zoster disponiamo di vaccini efficaci. L’antiinfluenzale riduce il rischio di ammalarsi di un buon 50-60% e determina negli altri casi un decorso attenuato. Soprattutto, riduce il rischio di eventi cardiovascolari del 50-55%, di infarti del 25-30%, di morte cardiovascolare del 40%. L’antipneumococcica può prevenire il 50-80% delle infezioni gravi, e riduce l’incidenza di infarto del 15-20%. L’antizoster riduce il rischio di malattia del 90%; benché manchino ancora dati diretti, ci si attende pari efficacia nella pre-
venzione degli eventi cardiovascolari. Considerando le minori spese sanitarie derivanti dalla riduzione dei casi di malattia, si calcola che per ogni euro investito in vaccino se ne recuperino 18 per l’antiinfluenzale, 20 per l’antipneumococco, 22 per l’antizoster; se si vaccinassero contro l’influenza novecentomila persone in
più rispetto ai due milioni attuali, si risparmierebbero fino a 450 milioni di euro all’anno. Le maggiori agenzie preposte alla salute pubblica concordano nel raccomandare a tutti i cardiopatici tutte e tre le vaccinazioni. L’ antiinfluenzale va effettuata annualmente e, data la stagionalità della malattia, dalla metà di ottobre alla fine di dicembre, con qualche beneficio fino al mese di febbraio per i ritardatari. L’antipneumococcica (due dosi) e l’antizoster (unica dose) si effettuano in qualsiasi periodo dell’anno, possono essere associate all’antinfluenzale e non prevedono richiami a breve scadenza. Nonostante i decisivi vantaggi, esistono rare controindicazioni ai vaccini; per individuarle, si raccomanda sempre di decidere la vaccinazione insieme al medico curante.
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La sindrome-apnea nel sonno che può danneggiare il cuore
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di Stefano Iosi Dirigente medico Uoc Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza S. Spirito
a sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS, Obstructive Sleep Apnea Syndrome), consiste in episodi ricorrenti di ostruzione reversibile completa o parziale delle prime vie aeree, rino e orofaringe, durante il sonno. Essa è dovuta a un alterato controllo ventilatorio e/o neuro funzionale dei muscoli delle pareti delle vie aeree. La prevalenza della sindrome è tra 1,2 e 7,5 % ma aumenta con l’età arrivando al 25% dopo gli 80 anni. Si presenta più nei maschi, nei soggetti obesi o in sovrappeso anche se il 30% degli affetti da OSAS è normopeso; e inoltre nelle persone con il collo corto e tozzo (taurino), in chi ha ostruzioni delle prime vie aeree (a livello del naso, della bocca o della gola). La patologia si associa con la bronco pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) in una percentuale compresa tra il 9 e il 28%. L’individuazione della patologia è spesso casuale e il primo sospetto è quello del partner che si accorge delle “pause” respiratorie notturne. Dal punto di vista clinico, è caratterizzata da sonnolenza diurna e/o alterazioni delle performance durante la veglia e da russamento nel sonno. Per la diagnosi bi-
sogna rivolgersi allo specialista (otorino o pneumologo) che farà fare una polisonnografia. Si parla di sindrome delle apnee ostruttive nel sonno in presenza di almeno cinque episodi/ora in presenza di altri sintomi come la sonnolenza diurna, oppure, in assenza di sintomi, quando si verifica almeno un numero di eventi uguale o superiore a quindici. Ma qual è la relazione col cuore? Durante un’apnea, la saturazione di ossigeno nel sangue crolla mentre sale l’anidride carbonica. Ciò stimola i centri nervosi a incrementare lo sforzo del diaframma che si abbassa energicamente per riaprire le vie aeree. Le vie si riaprono ma anche lo sforzo del diaframma aggrava momentaneamente la riduzione di ossigeno nel sangue. Inoltre il violento abbassamento del diaframma pro-
duce più del solito una pressione negativa all’interno del torace e ciò può indurre uno stimolo vagale. Quest’ultimo a sua volta può determinare delle aritmie durante il sonno (aritmie ipocinetiche). La bassa saturazione di ossigeno peggiora la funzione cardiaca. I soggetti con OSAS hanno una probabilità doppia di morte cardiaca improvvisa durante il sonno rispetto alla popolazione normale e hanno una maggiore probabilità di ammalare di patologie cardiovascolari. Una volta accertata la patologia, il paziente deve rimuovere le eventuali cause anatomiche di ostruzione e deve dimagrire. Poi, su indicazione dello specialista, potrà usufruire della terapia con CPAP (Continuous Positive Airway Pressure), un dispositivo da tenere durante il sonno che attraverso una pressione positiva nelle vie aeree evita che queste collassino. Anche se il dispositivo spesso non è ben tollerato, il paziente, visti i rischi indotti dalle apnee, si gioverà della terapia con CPAP e ne gioverà anche il partner.
Due giornate di studio sul cuore In autunno l’Ospedale Santo Spirito ospiterà due importanti giornate di studio promosse dalla Asl Roma 1 con il sostegno della Regione Lazio, e delle quali sarà responsabile scientifico il direttore della Cardiologia Roberto Ricci. Il 24 ottobre si terrà il secondo Workshop sul percorso cardiovascolare nell’area ospedaliera del Santo Spirito, una rete che comprende tre distretti. Poi, il 14 novembre, si svolgerà il primo Meeting dell’area cardiologia Asl Roma 1, che riguarderà l’Ehra 2018, guida pratica alla gestione della terapia con nuovi anticoagulanti orali nei pazienti con fibrillazione atriale; e la presa in carico del pazienti cardiopatici nella Asl Roma 1.
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Quando, dove e perchè c’è una lesione all’aorta
L’
aorta è l’arteria più grande del nostro corpo. Origina dal cuore e termina nel punto in cui si divide nelle due arterie iliache. E’ divisa essenzialmente in un tratto toracico e in un tratto addominale. Attraverso tutte le sue diramazioni porta il sangue, appena ossigenato attraverso i polmoni, a tutti i tessuti del nostro organismo. La sua parete è costituita da tre strati, o tonache, che dall’interno verso l’esterno sono la tonaca intima, la tonaca media e la tonaca avventizia. La dissezione aortica, o dissecazione aortica, è rappresentata da una lacerazione della parete interna dell’aorta. La rottura dell’aorta è invece rappresentata dalla lesione di tutta la parete dell’aorta con coinvolgimento quindi anche della tonaca avventizia. Il principale fattore di rischio per la dissezione dell’aorta è rappresentato dall’ ipertensione arteriosa seguita dalla preesistenza di malattie dell’aorta o di malattie valvolari aortiche, dalla presenza di una storia familiare di malattie dell’aorta, da precedenti interventi cardio-chirurgici, e inoltre da fumo di sigaretta, lesioni traumatiche e uso di droghe assunte per via endovenosa come la cocaina e le amfetamine. Questi fattori di rischio possono determinare delle lesioni attraverso i vari strati del-
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di Patrizia Romano Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
la parete dell’aorta con la formazione di un “falso lume” che può estendersi a varia distanza e rientrare poi all’interno del vaso (è il caso della dissezione) oppure procedere verso lo strato più esterno, la tonaca avventizia, con rottura dell’aorta stessa. I sintomi correlati a tale condizione sono strettamente correlati alla sede in cui si verifica la lesione. Se si verifica nel tratto toracico si potrà avere dolore localizzato al torace (simulando a volte il dolore da infarto acuto del miocardio), al dorso, agli arti superiori, o ancora si potrà avere l’ictus se la lesione interessa le arterie che irrorano il cervello. Se la lesione è localizzata a livello del tratto addominale si potrà
avere dolore alle gambe o dolore addominale o ancora sensazione di pulsazione addominale. Le complicazioni sono rappresentate dal versamento pericardico, che può diventare così importante da determinare la grave condizione nota come tamponamento cardiaco, l’ insufficienza della valvola aortica,o ancora disturbo della irrorazione dei vari organi. La dissezione aortica è una condizione clinica molto grave che deve essere sospettata e diagnosticata nel più breve tempo possibile per poter essere trattata nel miglior modo. Quando dobbiamo sospettare una patologia dell’aorta? Sicuramente la presenza dei sintomi, il dolore prima di tutto, e la presenza delle condizioni cliniche prima descritte possono farci sospettare una dissezione. Cosa fare in questi casi? Senz’altro chiamare il 118 che condurrà il paziente nel più vicino pronto soccorso dove verranno effettuati un elettrocardiogramma, un ecocardiogramma trans toracico ed eventualmente, a giudizio del medico, potrà essere effettuato un ecocardiogramma trans esofageo o una TC del torace e dell’addome per confermare la presenza di una dissezione aortica e definire meglio il tratto di aorta dissecato e la sua estensione. Tutto questo permetterà di scegliere il tipo di intervento più adeguato.
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Come si previene un evento cardiaco
n quali soggetti dobbiamo prevenire un evento cardiaco? In una persona qualsiasi (prevenzione primaria) o in una persona che abbia già avuto un evento cardiovascolare (prevenzione secondaria)? Ovvero come mantenere il muscolo cardiaco allenato e sano ed evitare recidive? Tranne criteri più restrittivi richiesti nella prevenzione secondaria (valori più bassi di colesterolemia, di pressione arteriosa, di circonferenza addominale ecc.), non ci sono differenze. La salute del nostro cuore è strettamente legata allo stile di vita che conduciamo ogni giorno, fin da giovani, ed è perciò importante conoscere le regole base per fare una buona prevenzione primaria. In neretto “fin da giovani”: sì perché questo è un punto fondamentale. L’aterosclerosi inizia ancora prima dei 30 anni. E’ da giovani che si deve iniziare a fare prevenzione specie nei soggetti con familiarità. La prevenzione si fa su quelli che sono riconosciuti fattori di rischio. Li distinguiamo in modificabili e non modificabili e variano da persona a persona. Tra i fattori non modificabili si indica l’età. Ma è vero? A parità di età, un soggetto asciutto, attivo, dinamico rispetto ad un soggetto obeso e sedentario ha sicuramente un futuro diverso. L’età è dunque un fattore di rischio modificabile (quella biologica rispetto all’anagrafica) se ci impegniamo a dimagrire e ad aumentare l’attività fisica e mentale. Parliamo di familiarità quando un parente di primo grado ha avuto cardiopatia Ischemica
di Alessandro Carunchio Presidente Associazione Cuore Sano
con un evento in giovane età (tra 50 e 60 anni). Non è familiarità se un genitore è morto di infarto > 65 anni. Spesso la familiarità per cardiopatia ischemica dipende dalla trasmissione ereditaria di ipercolesterolemia, diabete, ipertensione, ma anche da comportamenti sbagliati: i figli di fumatori sono spesso fumatori, i figli di soggetti sedentari sono spesso pigri e sedentari mentre se in famiglia si fa sport i figli più facilmente saranno sportivi. Ecco quindi che, in senso lato, anche la familiarità diventa un
diverso perché è una ghiandola che secerne sostanze pro-aterosclerotiche. Nella donna aumenta dopo la menopausa: in questo caso bisogna avere molta attenzione ad iperglicemia, ipertensione e grasso addominale perché incrementano il rischio di malattie cardiovascolari. Sono importanti due numeri: nell’uomo 102 cm. di circonferenza addominale e nella donna 88 cm. Non mi soffermo sulla necessità di curare l’ipertensione come fattore di rischio e neppure sulla necessità di smettere di fu-
La salute del nostro cuore fattore di rischio è strettamente legata allo stile di vita modificabile. che conduciamo Tra i fattori di rischio modificabili c’è il diabete che è spesso ereditario ma mare: il fumo è uno dei più potenti fattoè anche una pandemia dei giorni nostri ri di rischio aterosclerotico e per tumori. dovuta ad eccessi alimentari e a scarso C’è poi lo stress non in quanto tale ma consumo di energia. Il diabete è un po- per come noi rispondiamo allo stress. Se tente fattore di rischio per i danni car- siamo “rabbiosi” ed aggressivi rischiamo diovascolari che comporta. Obesità e di più. Così anche chi va incontro a forvita sedentaria sono spesso legate al dia- me di depressione maggiore. In conclubete. L’obesità viscerale è in correlazione sione c’è molto da fare per ridurre il ridiretta con la circonferenza addomina- schio cardiovascolare e, ripeto, bisogna le. Il grasso viscerale è un grasso molto cominciare dalla giovane età.
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GE Healthcare
Noi di GE ci siamo presi l'impegno di contribuire a far sì che la cura della salute sia sempre più accessibile, migliorando la qualità e riducendo i costi. Proprio come fanno i medici in ogni parte del globo. Investendo nell'innovazione, diamo supporto ai professionisti sanitari di tutto il mondo, perché facciano quello che sanno fare meglio: prendersi cura dei pazienti a livello globale. Ogni giorno, i medici lavorano per dare più salute a sempre più persone, e la tecnologia di GE Healthcare è al loro fianco.
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In corso nuove assunzioni di personale infermieristico
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opo un decennio di blocco del turnover, in particolare per il personale di assistenza infermieristica, ostetrica e degli operatori di supporto si è aperta una nuova fase per la ASL Roma1. Fase determinata dal nuovo piano di assunzioni per tutte le professioni che, oltre a garantire la continuità dei servizi, facilita il consolidamento di innovativi modelli organizzativi innovativi più adeguati a rispondere ai bisogni degli assistiti. Al 1° febbraio di quest’anno erano presenti 2070 infermieri con varie qualifiche e responsabilità, comprendendo dipendenti e altre tipologie contrattuali, escluse esternalizzazioni. Per il blocco, nella nostra l’età media dei dipendenti infermieri è elevata: età media di 52 anni ma tenendo presente che il 30% del personale è compreso nel range 55-66 anni. Da qui numerose limitazioni lavorative che hanno determinato la necessità dell’elaborazione di specifiche strategie di gestione del personale. In considerazione dell’età, le cessazioni di lavoro per raggiunti limiti di età e/o per pensioni di anzianità, sono numerose con una
di Anna Zoppegno Responsabile Uoc Assist. Inferm. Polo Osp. S. Spirito
previsione di uscita costante nel prossimo triennio e conseguente progressivo assottigliamento della forza lavoro: l’anno scorso sono usciti a vario titolo dal polo 91 infermieri. Il reintegro delle risorse a tempo indeterminato per infermieri è avvenuto attraverso lo scorrimento di graduatorie concorsuali aziendali ed extra-aziendali molto datate nel tempo, con difficoltà a reperire risorse disponibili. Per fare fronte a tale situazione, la ASL Roma 1, nel 2017 ha bandito un avviso pubblico per infermieri a tempo determinato, espletato quest’anno e che ha consentito sin qui l’assunzione di 89 infermieri che diventeranno progressivamente 150-180. Tra i nuovi assunti sono compresi 15 infermieri che lavoravano già nei servizi ospedalieri e territoriali attraverso altra modalità contrattuale. A seguito di autorizzazione regionale, l’azienda ha indetto le procedure di mobilità per l’assunzione a tempo indeterminato di 4 infermieri attraverso un avviso di mobilità inter-re-
gionale i cui termini per la presentazione delle domande sono scaduti a luglio. Ulteriore aspetto positivo, per la ASL e per i lavoratori, è rappresentato dai processi di stabilizzazione del personale che, con una procedura già espletata, ha consentito l’assunzione a tempo indeterminato di 15 infermieri che prestavano servizio presso il Presidio Ospedaliero S. Filippo Neri. A ciò si devono aggiungere le procedure di stabilizzazione ex art. 20 del cosiddetto “Decreto Madia” per le quali è in corso la procedura di verifica dei requisiti posseduti dagli operatori. Tra questi c’è un discreto numero di infermieri. L’immissione nei servizi di personale infermieristico e ostetrico con età anagrafica di molto inferiore alla media presente nella ASL, consentirà la sostenibilità dei servizi, in particolare di quelli ospedalieri dove le caratteristiche correlate all’età anagrafica e alle limitazioni lavorative incidono maggiormente. Altrettanto rilevanti sono le specifiche procedure di reperimento della figura di ostetrica che hanno consentito l’assunzione di 16 specialiste: cinque a tempo indeterminato (attraverso lo scorrimento di graduatoria di altra ASL), una attraverso mobilità, e dieci a tempo determinato.
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Siamo (dopo il Giappone) il Paese più vecchio al mondo
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ultimo rapporto dell’Istat ci conferma che, fatta eccezione per il Giappone, siamo il Paese più vecchio del mondo: 13 milioni e 672mila italiani sopra i 65 anni, pari al 22,6% della popolazione) e ci dice che oggi ci sono 170 anziani per ogni 100 giovani. Ma tra appena dieci anni il divario sarà ancor più grande: gli anziani saranno 217 ogni 100 giovani (o relativamente tali). Due le cause: da un lato la denatalità, né l’immigrazione ri-equilibra il rapporto se non in minima parte; e dall’altro lato i progressi formidabili della medicina e il pur modesto miglioramento dei rapporti socio-economici: non va dimenticato che il 6,3% delle famiglie italiane si trova in uno stato di “povertà assoluta” e che un altro 10,6% di famiglie è in “povertà relativa”. Lo stesso rapporto dell’Istituto statistico fornisce altri dati inquietanti, proprio sullo stato degli anziani nel nostro Paese. Anzitutto esattamente la metà degli interpellati (migliaia ma attentamente scelti per campioni di diverso status sociale, di diversa età, di diversa istruzione) dichiara di non avere amici. Magari ha una qualche forma di as-
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Nel nostro Paese due anziani su tre dichiarano di non avere amici e la stessa percentuale sopperisce con l’utilizzo dei social sistenza o di rete sociale, ma non un amico che è cosa molto importante anche e in particolare ad una certa età. Di più: uno su tre (e qui scattano soprattutto le condizioni economico-sociali) non ha proprio nessuno che possa in qualche modo stargli accanto: non un parente, non un vicino di casa, non un assistente pubblico e, manco a dirlo, non un amico. Due dati che dicono di una diffusa infelicità. Per contro c’è qualche segnale insperato. Lo ha rivelato una trasmissione di Rai3, dal titolo apparentemente negativo (“Non ho l’età”) che ha raccontato invece le storie di nuove coppie ultrasettantenni. “Abbiamo scoperto – ha raccontato al Corriere della Sera Claudia Carotenuto, una delle autrici del format – che questi amori sono molto diffusi: dopo i 60 adesso ci si apre di nuovo alla vita e quindi anche all’amore”. Non è il solo anticorpo alla solitudine, ma ce n’è un altro assai più diffuso: il ricorso alle tecnologie che si pensa siano patrimonio pressoché esclusivo dei giovani o di chi lavora. Lo
documenta una indagine di AstraRicerche commissionata dalla potente compagnia assicuratrice Bnp Paribas Cardif: il 66,2% degli interpellati dichiara di adoperare in modo autonomo dispositivi elettronici (cellulari, Internet, ecc.) e social network; ed il 57% rivela che con i social ha rimediato alla solitudine, facendo conoscenze, riscoprendo amici, ecc., ma anche per controllare l’arrivo del bus, farsi mandare a casa una pizza, e così via. “Anche sopra i 90 rispondono alle domande dello smartphone”, racconta l’amministratore delegato di AstraRicerche, Cosimo Finzi. E se a tutte le età si è spaventati dall’idea di finire nel vortice di qualche grave malattia, quest’incubo è assai maggiore tra uomini e donne fra i 65 e i 75 anni (passato quel limite ci sarebbe, secondo la ricerca, una sorta di reazione allo scampato pericolo). E allora quali sono le maggiori paure degli anziani? La più frequente consiste nel cadere, soprattutto nel cadere in casa: lo teme il 50,2% degli interpellati; poi gli acciacchi, in particolare quelli destinati a modificare i piani della vita quotidiana (47%). E infatti una terza inchiesta condotta per “La 27 Ora-Corriere della Sera” racconta che per il 30% degli uomini e il 33% delle donne oltre i 55 anni associano alla felicità un argomento inesistente tra i giovani: l’assenza di dolore. Ma per AstraRicerche nella ricerca della felicità contano soprattutto i valori ideali (56,2%), la coscienza di essere una risorsa per la famiglia e per la società (79,4%), la curiosità (44,1%) e l’ottimismo (44,1%). Almeno per quanti se lo possono permettere…
Un sito dell’Istituto di Sanità contrasta bufale e falsi miti
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e bufale in materia di salute? A smentirle, e a liquidare i falsi miti, ci pensa la prima voce istituzionale di informazione (“Bufale e falsi miti”, appunto) realizzata dall’Istituto superiore di Sanità, e che è consultabile in una apposita sezione del sito www.ISSalute.it . Questa sezione di fake news, aggiornata continuamente, ha già collezionato centinaia di informazioni ingannevoli e le correda da spiegazioni scientifiche che ne evidenziano l’infondatezza. Alcuni esempi. Diversamente da quanto crede più di qualcuno, nessuno studio scientifico ha mai provato che lo zucchero di canna apporti maggiori benefici rispetto allo zucchero bianco. Entrambi contengono, infatti, la stessa molecola (il saccarosio) mentre il processo industriale al quale viene sottoposto lo zucchero per diventare bianco non danneggia il prodotto. Ancora, dicono che se hai bisogno di ferro, devi mangiare tanti spinaci. “Bollino bufala” anche qui, perché gran parte del ferro in essi contenuto è inutilizzabile come nutriente perché presente insieme ad altre
sostanze che ne inibiscono l’assorbimento. Altre bufale? Le medicine alternative sono più sicure ed efficaci; il sole abbassa la pressione perciò può sostituire i farmaci contro l’ipertensione; le cure per i tumori esistono ma non ce le vogliono dare. “Scendiamo in campo contro le bufale sparse a voce e/o on line – spiega il presidente dell’Iss, Walter Ricciardi – perché vogliamo offrire un approdo sicuro, un punto di riferimento rigoroso e autorevole ai tanti cittadini che sempre più spesso consultano il web per motivi di salute trovandovi tutto e il contrario di tutto”. E in effetti almeno un italiano su tre (indagine Censis) naviga in rete per ottenere informazioni sulla salute. Di questi, oltre il 90% effettua ricerche su specifiche patologie ma sempre più spesso le informazioni fornite dal computer sono contaminate da bufale puntualmente smascherate dall’Istituto su-
periore di Sanità. Come si articola la voce dell’Iss? Quattro sezioni: la salute dall’a alla z; stili di vita e ambiente; falsi miti; più una dedicata alle news, aggiornata dall’agenzia Ansa sui temi di attualità e ricerca. In più ci sono, oggi, oltre 1.700 schede su cause, disturbi, cure e prevenzione delle malattie. Insomma, una voce sicura, realizzata da ricercatori e tecnici dell’Istituto, valutati ed approvati dal Comitato scientifico dell’Iss in collaborazione con un team di esperti. “E’ un’informazione certificata all’origine perché prodotta negli stessi luoghi e con gli stessi mezzi con cui si fa ricerca e di produce conoscenza”, aggiunge ancora Ricciardi con l’obiettivo di “spiegare ai cittadini il valore della ricerca e di tutta la conoscenza prodotta dalla comunità scientifica per renderla fruibile al maggior numero possibile di persone, senza discriminazioni anche di livello di alfabetizzazione”.
Spinello? Gli italiani forti consumatori Sono spesso giovani e utilizzano per lo più marijuana. Cresce in modo esponenziale (circa il 40% in soli due anni) il numero delle persone segnalate per consumo di droghe nel Paese: dal 2015 al 2017 sono passate da 27.718 a 38.613. E, in questo quadro, si conferma l’impennata delle segnalazioni dei minori: quadruplicato. Secondo i dati diffusi dalla nona edizione del Libro bianco sulle droghe promosso dalla Società della Ragione-onlus ad essere sanzionati o segnalati all’autorità giudiziaria sono otto volte su dieci i consumatori di cannabinoidi (79%), seguono cocaina (14%) ed eroina (5%). Numeri che rispecchiano quelli diffusi dal rapporto dell’Agenzia europea delle droghe secondo cui l’Italia è il terzo paese europeo in cui si consuma più cannabis, con il 33% della popolazione che l’ha usata almeno una volta nella vita.
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S E VO L E T E S O S T E N E R C I Unicredit Banca di Roma – Roma 173 – Ospedale Borgo S.Spirito, 3 – 00193 Roma Codice IBAN IT 66 Z 02008 05135 000400005512 – Swift code UNCRITM1B83 Posta – c/c n. 1031536970 Cod. Fisc. Associazione (5 per mille) – 96255480582
Pillole di salute IL BUONO DELLE ALGHE – Sono quelle (le “nori”) che avvolgono i sushi che hanno proprietà digestive e riducono l’assorbimento dei grassi. Quelle (le “dulse”) ricche di ferro e utili per le diete vegetariane, e poi le “brune” usate come integratore per ridurre il grasso addominale. Ma tutte le alghe, diecine di tipi, sono ricche di Sali minerali, di vitamine, di acidi grassi omega 3, di fibre. La Fao le ha definite “il cibo del futuro” perla ricchezza dei valori nutritivi e il contenuto proteico che le rendono un’arma efficace contro la denutrizione. Diffusissime in Oriente, si stanno facendo strada anche in Italia. Un’azienda olandese ha messo in commercio alghe essiccate che possono essere lessate e condite come spaghetti o fritte come il bacon di cui ricordano il gusto affumicato. Un’altra, italiana, ne arricchisce biscotti e succhi. PREVENZIONE? POCA – Secondo i dati raccolti dalla Banca del Cuore attraverso un sondaggio su 26mila italiani, la prevenzione non è propriamente diffusa in modo capillare. Il 32% degli interpellati non si muove per niente, il
53% fa un’attività fisica leggera, e moderata la fa appena un 15%. Gli uomini in sovrappeso sono il 44%, meno le donne: il 30%. L’allarme scatta con il colesterolo: il 39% ne ha oltre quota 200; l’82% ha un colesterolo Ldl (quello “cattivo”) oltre 70, quota massima per chi è ad alto rischio (diabete o infartuato); e comunque c’è un 25% che ha l’Ldl molto alto. SE TI MUOVI INVECE... – Una nuova prova dell’effetto anti-invecchiamento dell’attività fisica: analizzando i marcatori del sistema immunitario di 125 ciclisti dilettanti di età compresa tra i 55 e i 79 anni, si è visto che, a differenza dei loro coetanei più o meno sedentari, gli sportivi producevano la stessa quantità di linfociti T di un ventenne. Di norma il sistema immunitario comincia a declinare del 2-3 per cento all’anno a partire dai vent’anni. L’attività fisica regolare – scrive la rivista Aging Cell – può dunque rallentare il fisiologico invecchiamento. DIABETE + OBESITÀ – Si chiama “diabesità” e rappresenta un pericolo
molto serio, quasi una pandemia. Spieghiamo: in Italia 3,2 milioni di persone soffre di diabete, e di queste circa 2 milioni sono obese. Negli ultimi trent’anni si è passati dal 2,9 al 5,6% dell’intera popolazione. Tra le cause principali l’assenza di una dieta appropriata e necessariamente severa: l’obesità è uno dei fattori di rischio principali per il diabete. Si stima (dati Istat e Fondazione Ibdo) che quasi la metà dei casi di diabete tipo 2, il più diffuso, siano attribuibili all’obesità o anche solo al sovrappeso. ATTENZIONE ALL’ALCOL – Dopo aver analizzato i dati di circa 600mila persone che consumano regolarmente alcol, alcuni ricercatori di Cambdridge (Regno Unito) hanno confermato che bere aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e accorcia la vita. Naturalmente una cosa è bere un bicchiere di birra e un’altra scolarsi mezza bottiglia di whisky. Secondo questo studio (riportato dall’autorevolissima rivista The Lancet) l’aspettativa di vita di un quarantenne si riduce di mezz’ora per ogni bicchiere di vino in più rispetto al limite raccomandato in molti paesi, tra cui l’Italia (cento grammi di alcol settimanali, pari a cinque bicchieri di vino o di birra). Comunque chi supera i 18 bicchieri di vino per settimana è già a rischio.
Periodico dell’Associazione Cuore Sano in collaborazione con la Uoc Cardiologia S.Spirito • Anno XXIII - n. 3 lug./set. 2018 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Edoardo Nevola, Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi, Giulio Scoppola • Redazione Lungotevere in Sassia n. 3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Segretaria di redazione Carla Maria Rossi• Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Ass. Cuore Sano e redazione di Cuore Amico tel. 06.68352323 • E-mail: dmed.car@aslroma1.it • segreteriacs@cuore-sano.it • www.cuore-sano.it • Stampato dalla Stamperia Lampo
GIORGIO HA LE SUE PERSONALI ESIGENZE IN TERMINI DI TERAPIA ANTICOAGULANTE 82 anni: paziente con insufficienza renale FANV, anziano, sovrappeso, insufficienza renale moderata, molteplici comorbilità, stile di vita sedentario
L’insufficienza renale di Giorgio aumenta il suo rischio di sanguinamento nella FANV - è stato osservato che il rischio relativo di sanguinamento è superiore nei pazienti con nefropatia rispetto ai pazienti che non la presentano.1 I tuoi pazienti stanno tutti assumendo una terapia anticoagulante specifica per le loro personali esigenze? COMORBILITÀ
TERAPIE CONCOMITANTI
NON COMPLIANTE
Bibliografia: 1. Olesen JB et al. Stroke and bleeding in atrial fibrillation with chronic kidney disease. N Engl J Med 2012;367(7):625–635.
FANV= fibrillazione atriale non valvolare
INSUFFICIENZA RENALE
ETÀ AVANZATA
BASSO PESO CORPOREO
Due nuovi farmaci per lo scompenso
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o schema terapeutico dello scompenso cardiaco (SC) con funzione sistolica ridotta del ventricolo sinistro (HFr EF ), che negli ultimi anni ha prodotto dei miglioramenti importanti nella prognosi di pazienti affetti da una malattia grave e cronica, è composto da una serie di farmaci che “collaborano“ tra loro nella inibizione di una serie di sistemi responsabili del mantenimento della malattia. Classicamente, la terapia dello SC si basa sull’inibizione neurormonale del sistema renina-angiotensina-aldosterone (ACE-inibitori o Sartanici e antialdosteronici ) e del sistema nervoso simpatico (Beta Bloccanti o BB ). A questo cocktail di farmaci ben definito negli ultimi anni si sono aggiunti due nuovi medicinali che agiscono in modo diverso: l‘Ivabradina, un bradicardizzante puro, indicato quando la frequenza cardiaca, nonostante i BB, si mantiene al di sopra dei 70 battiti/min, oppure se esiste una assoluta intolleranza ai BB; e gli ARNI. L‘Ivabradina ha dimostrato di avere un effetto benefico soprattutto nel ridurre il numero dei ricoveri per scompenso. Gli ARNI rappresentano la nuova classe degli inibitori del recettore dell’angiotensina e della neprilisina come il Sacubitril/Valsartan. La combinazione delle due molecole aumenta la disponibilità dei peptidi natriuretici (PN), naturalmente secreti dall’organismo come forma di difesa dallo SC. Infatti, i PN aumentano la diuresi, provocano la riduzione della ritenzione di acqua e di sodio nell’organismo e l’abbassamento delle resistenze periferiche delle arterie.
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di Angela Beatrice Scardovi Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Il vantaggio degli ARNI è dunque la possibilità di aumentare farmacologicamente i PN. Dal 2016 il farmaco e’ entrato a far parte delle Linee Guida della Societa’ Europea di Cardiologia e dal 12 marzo 2017 è rimborsabile dal SSN, previa compilazione del piano terapeutico da parte del cardiologo ospedaliero. Si tratta di una terapia veramente innovativa perché, a differenza delle precedenti, non inibisce un sistema dell’organismo ma lo modula, potenziandone gli effetti benefici. Una terapia anche di successo, come dimostrano i risultati di Paradigm-HF, il più vasto studio clinico mai condotto fino ad ora nello scompenso cronico a funzione sistolica ridotta, che ha coinvolto 8.400 pazienti nel mondo. In questo trial l’ARNI è stato confrontato con enalapril, l’ACE-inibitore che rappresenta lo standard di terapia nello SC. I risultati ottenuti rispetto ad esso sono stati molto positivi con riduzione della mortalità cardiovascolare del 20%, della ospedalizzazione per SC del 21%, e della mortalità per tutte le cause del 16%. E’ stato calcolato che in media ARNI allunga la sopravvivenza dei pazienti con SC regalando almeno 1,3 anni di vita libera da eventi. Questi risultati nella pratica clinica si traducono non solo in un prolungamento dell’aspettativa di vita, ma anche in un miglioramento della sua qualità; la fame d’aria e la grave stanchezza tipiche dello SC, infatti, si riducono sensibilmente e i pa-
zienti possono tornare gradualmente ad una vita più attiva. Altro pregio del farmaco (la cui introduzione in terapia deve essere prudente, con aumenti graduali del dosaggio e frequente controllo clinico e di laboratorio nel periodo di “titolazione“) è che non comporta un aumento del numero di pillole che gli scompensati sono costretti ad assumere quotidianamente poiché sostituisce l’ ACE- inibitore o il Sartanico, fattore che favorisce la compliance alla terapia. Il farmaco è indicato in tutti i pazienti con SC cronico di tipoHFr EF che siano abbastanza stabili, cioè che non siano stati appena ricoverati per SC acuto che siano ancora sintomatici, abbiano una pressione sistolica di almeno 100 mmHg, non abbiano una grave insufficienza renale né livelli di potassiemia al di sopra della norma. Gli ARNI sono cioè indicati nei pazienti con SC grave ma in fase ambulatoriale, ovvero all’incirca un terzo di tutti gli scompensati. Uno di questi farmaci, l’Arni, è da un anno rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale.
Vino, meglio il rosso del bianco ma sempre con moderazione
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ere vino fa male? La risposta è delicata. Spesso si sente dire che un bicchiere di vino rosso a pasto allunga la salute. È così? E perché il vino rosso? Perché è ricco di polifenoli, in particolare diresveratrolo, antociani, flavonoidi e tirosolo, presente anche nell’olio d’oliva extravergine. L’effetto benefico del vino rosso deriverebbe proprio dalla presenza di resveratrolo, sostanza naturale della famiglia delle fitoalessine, prodotta da alcune piante a scopo “preventivo” per difendersi da possibili aggressioni di agenti nocivi.
di Antonella Chiera Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
E il vino bianco? E’ ricco di acido caffeico, sostanza con potenzialità antiossidanti molto utili all’apparato cardiovascolare ma la mancanza di resveratrolo rende i suoi benefici sulla salute inferiori a quelli del vino rosso. Uno studio, ormai datato, parla di “paradosso francese”. Una ricerca sull’incidenza delle malattie cardiovascolari ha confrontato una popolazione di francesi con una popolazione di statunitensi che condividevano con i francesi le abitudini alimentari tranne l’assunzione di vino rosso nella dieta. I risultati dello studio hanno dimostrato una significativa riduzione di eventi cardiovascolari tra i francesi rispetto agli americani e la variabile più direttamente correlata è risultata il moderato consumo di vino rosso. Occorre considerare, però, più di un fattore per spiegare questo dato. Le caratteristiche di vita, l’inquinamento, lo stress e l’assunzione di diete diverse, sono importanti fattori per ottenere un profilo cardiovascolare sano. Ma il dato interessante è che il vino rosso aiuta, forse solo in piccola parte, a mantenere le arterie relativamente pulite dal colesterolo cattivo. Ricerche più recenti indicano che il resveratroloavrebbe un effetto protettivo sui vasi sanguigni e inoltre avendo una azione anti-ossidante proteggerebbe dai radicali liberi anche le cellule cerebrali, con un possibile effetto benefico sullo sviluppo di malattie come
l’Alzheimer e la demenza senile. I dati osservazionali sul consumo di alcol e la salute del cuore suggeriscono che un’assunzione leggera e moderata di alcool, sembra essere sana e benefica per la salute. Tuttavia, quando i modelli matematici sono stati applicati per determinare la causalità dell’effetto del moderato uso di vino rosso i risultati sono stati contrastanti. Ammettendo un effetto benefico, quanto vino è concesso? Il consumo eccessivo e l’abuso cronico di alcool sono fattori di rischio che contribuiscono ad un aumento della malattia globale come la cirrosi epatica, la morte improvvisa e le cardiomiopatie alcoliche. E’ difficile stabilire la quantità di alcool che si può assumere senza essere considerata un rischio. Infatti la concentrazione di alcool nel sangue dipende da molti fattori: quota ingerita, modalità di assunzione (meglio al pasto che a digiuno), peso corporeo, quantità di acqua corporea, sesso, fattori genetici, metabolismo individuale, abitudine al consumo di alcolici. Le donne, avendo un minor peso rispetto agli uomini, hanno minori quantità di acqua corporea e quindi una maggiore vulnerabilità agli effetti dell’alcol che viene smaltito con maggior lentezza. Comunque, secondo la comunità scientifica europea, non bisogna superare un bicchiere al giorno per le donne, due bicchieri al giorno per gli uomini, un bicchiere al giorno per i giovani, di età compresa tra i 18 ed i 20 anni e sopra i 65 anni.
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Alcune cose da sapere sui nuovi anticoagulanti orali
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nuovi anticoagulanti orali (o meglio, gli anticoagulanti orali diretti, DOACs) sono uno dei maggiori progressi terapeutici degli ultimi anni, soprattutto per la loro indubbia efficacia e sicurezza rispetto agli antagonisti della vitamina K (AVK), aggiunti al vantaggio di essere assunti in dose fissa senza la necessità del controllo periodico dell'effetto terapeutico (INR). Per ottimizzare i vantaggi del trattamento e ridurre gli eventi sfavorevoli, è necessario fare attenzione ad alcuni aspetti: I farmaci efficaci sono quelli che vengono effettivamente assunti. Ciò è particolarmente importante per i DOACs in considerazione della loro rapidità di azione, che corrisponde ad una rapida perdita di efficacia alla interruzione della terapia. Al contrario degli AVK, che funzionavano per accumulo, e per i quali saltare una dose non comportava l'immediata perdita di efficacia, con i DOACs saltare una assunzione provoca velocemente la cessazione dell'effetto terapeutico e quindi un maggior rischio di eventi trombo-embolici. I DOACs vanno generalmente assunti a stomaco pieno, per garantire una maggiore efficacia e ridurre uno degli effetti sfavorevoli che consiste nel bruciore epigastrico. (Al contrario, gli AVK non vengono ben assorbiti se non assunti lontano dai pasti). Il maggior vantaggio dei DOACs rispetto ad AVK consiste nella riduzione di oltre il 50% del rischio di emorragia cerebrale, evento drammatico e spesso mortale; al contrario, esiste un lieve aumento del rischio
di Francesco Biscione Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
di sanguinamento gastro-intestinale (molto meno grave). E' importante segnalare al medico ogni significativo sanguinamento, ma non sospendere auto-
L’adenosina contenuta nelle cipolle è un anticoagulante naturale, mentre il principio attivo dell’aglio, riduce la formazione di vitamina K, diminuendo così la coagulazione
nomamente la terapia. L'insufficienza renale o epatica comportano un eccesso di attività dei DOACs, di cui il medico prescrittore deve tenere conto. I DOACs non risentono significativamente di interferenze alimentari (al contrario di AVK, la cui azione è modificata dall'assunzione di alcune verdure e di altri cibi). Alcuni farmaci ne modificano l'efficacia terapeutica: è im-
portante riferire al medico tutta la terapia assunta anche per il trattamento di altre patologie, ed ogni variazione successiva, per verificarne la compatibilità. In caso di interventi chirurgici o procedure invasive, i medici coinvolti dovranno programmare una adeguata gestione della terapia anticoagulante, che generalmente non prevede la sostituzione temporanea con derivati eparinici per iniezioni sottocutanee. Per la sicurezza dei pazienti, è indispensabile eseguire dei periodici controlli degli esami del sangue a cadenza almeno semestrare o più frequentemente per i pazienti più fragili (anziani, con insufficienza renale o epatica o con anemia). Al contrario di AVK, esistono degli antidoti diretti per i DOACs (alcuni ancora in fase di sperimentazione), che aumentano la sicurezza del trattamento. Non tutti i pazienti che hanno bisogno di terapia anticoagulante possono essere curati con i DOACs: in particolare, quelli con insufficienza renale severa o con alcune malattie delle valvole cardiache dovranno continuare ad assumere AVK. In conclusione, i nuovi farmaci anticoagulanti orali costituiscono un indubbio progresso di trattamento per le patologie trombo-emboliche, con un favorevole profilo di efficacia, sicurezza e tollerabilità, purché si rispettino alcune importanti regole gestionali.
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Perché i cardiopatici devono vaccinarsi
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onostante gli spettacolari successi ottenuti nel XX secolo con gli antibiotici e le vaccinazioni, le infezioni continuano a colpire i gruppi più fragili, come i cardiopatici e i soggetti predisposti alle cardiopatie per la presenza di fattori di rischio, come fumo, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, malattie renali. Tracciare un bilancio è difficile, perché le infezioni tendono ad agire in modo subdolo ed indiretto, aggravando una malattia cardiaca cronica già in atto o precipitando un evento cardiaco acuto. Il rapporto tra infezioni respiratorie virali ed eventi cardiovascolari acuti è evidenziato dall’andamento parallelo dell’incidenza di entrambi nel corso dell’anno, con un picco nei mesi invernali, e dal fatto che fino ad un terzo degli infarti si verifica poco dopo un’infezione respiratoria acuta. Ciò costituisce un problema di salute pubblica, per il numero elevato di soggetti coinvolti: nell’inverno 2017-18, otto milioni di italiani sono stati colpiti da malattie delle prime vie respiratorie. L’impatto complessivo sulla mortalità cardiovascolare è rilevante, con stime relative agli USA intorno a 30.000-90.000 decessi in più all’anno. Tra i virus respiratori, quelli influenzali sono i più importanti: da soli provocano almeno il 25% di dei casi; inoltre, il rischio di infarto è dieci volte maggiore per il virus influenzale B e cinque per quello A, mentre per gli altri virus respiratori è solo intorno a tre. Da altri studi risulta un’associazione tra eventi cardiovascolari ed infezioni respiratorie batteriche, in particolare le polmoniti più gravi, come quella da pneu-
di Edoardo Nevola Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Tre i vaccini altamente raccomandati: contro l’influenza, lo pneumococco e l’herpes zoster
mococco, in cui il rischio di infarto è aumentato fino a otto volte. Non meno importante per il cardiopatico è l’Herpes zoster o “fuoco di sant’Antonio”, che aumenta il rischio di infarto del 60% e quello di ictus del 40%. Per fortuna, contro influenza, pneumococco e zoster disponiamo di vaccini efficaci. L’antiinfluenzale riduce il rischio di ammalarsi di un buon 50-60% e determina negli altri casi un decorso attenuato. Soprattutto, riduce il rischio di eventi cardiovascolari del 50-55%, di infarti del 25-30%, di morte cardiovascolare del 40%. L’antipneumococcica può prevenire il 50-80% delle infezioni gravi, e riduce l’incidenza di infarto del 15-20%. L’antizoster riduce il rischio di malattia del 90%; benché manchino ancora dati diretti, ci si attende pari efficacia nella pre-
venzione degli eventi cardiovascolari. Considerando le minori spese sanitarie derivanti dalla riduzione dei casi di malattia, si calcola che per ogni euro investito in vaccino se ne recuperino 18 per l’antiinfluenzale, 20 per l’antipneumococco, 22 per l’antizoster; se si vaccinassero contro l’influenza novecentomila persone in
più rispetto ai due milioni attuali, si risparmierebbero fino a 450 milioni di euro all’anno. Le maggiori agenzie preposte alla salute pubblica concordano nel raccomandare a tutti i cardiopatici tutte e tre le vaccinazioni. L’ antiinfluenzale va effettuata annualmente e, data la stagionalità della malattia, dalla metà di ottobre alla fine di dicembre, con qualche beneficio fino al mese di febbraio per i ritardatari. L’antipneumococcica (due dosi) e l’antizoster (unica dose) si effettuano in qualsiasi periodo dell’anno, possono essere associate all’antinfluenzale e non prevedono richiami a breve scadenza. Nonostante i decisivi vantaggi, esistono rare controindicazioni ai vaccini; per individuarle, si raccomanda sempre di decidere la vaccinazione insieme al medico curante.
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La sindrome-apnea nel sonno che può danneggiare il cuore
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di Stefano Iosi Dirigente medico Uoc Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza S. Spirito
a sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS, Obstructive Sleep Apnea Syndrome), consiste in episodi ricorrenti di ostruzione reversibile completa o parziale delle prime vie aeree, rino e orofaringe, durante il sonno. Essa è dovuta a un alterato controllo ventilatorio e/o neuro funzionale dei muscoli delle pareti delle vie aeree. La prevalenza della sindrome è tra 1,2 e 7,5 % ma aumenta con l’età arrivando al 25% dopo gli 80 anni. Si presenta più nei maschi, nei soggetti obesi o in sovrappeso anche se il 30% degli affetti da OSAS è normopeso; e inoltre nelle persone con il collo corto e tozzo (taurino), in chi ha ostruzioni delle prime vie aeree (a livello del naso, della bocca o della gola). La patologia si associa con la bronco pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) in una percentuale compresa tra il 9 e il 28%. L’individuazione della patologia è spesso casuale e il primo sospetto è quello del partner che si accorge delle “pause” respiratorie notturne. Dal punto di vista clinico, è caratterizzata da sonnolenza diurna e/o alterazioni delle performance durante la veglia e da russamento nel sonno. Per la diagnosi bi-
sogna rivolgersi allo specialista (otorino o pneumologo) che farà fare una polisonnografia. Si parla di sindrome delle apnee ostruttive nel sonno in presenza di almeno cinque episodi/ora in presenza di altri sintomi come la sonnolenza diurna, oppure, in assenza di sintomi, quando si verifica almeno un numero di eventi uguale o superiore a quindici. Ma qual è la relazione col cuore? Durante un’apnea, la saturazione di ossigeno nel sangue crolla mentre sale l’anidride carbonica. Ciò stimola i centri nervosi a incrementare lo sforzo del diaframma che si abbassa energicamente per riaprire le vie aeree. Le vie si riaprono ma anche lo sforzo del diaframma aggrava momentaneamente la riduzione di ossigeno nel sangue. Inoltre il violento abbassamento del diaframma pro-
duce più del solito una pressione negativa all’interno del torace e ciò può indurre uno stimolo vagale. Quest’ultimo a sua volta può determinare delle aritmie durante il sonno (aritmie ipocinetiche). La bassa saturazione di ossigeno peggiora la funzione cardiaca. I soggetti con OSAS hanno una probabilità doppia di morte cardiaca improvvisa durante il sonno rispetto alla popolazione normale e hanno una maggiore probabilità di ammalare di patologie cardiovascolari. Una volta accertata la patologia, il paziente deve rimuovere le eventuali cause anatomiche di ostruzione e deve dimagrire. Poi, su indicazione dello specialista, potrà usufruire della terapia con CPAP (Continuous Positive Airway Pressure), un dispositivo da tenere durante il sonno che attraverso una pressione positiva nelle vie aeree evita che queste collassino. Anche se il dispositivo spesso non è ben tollerato, il paziente, visti i rischi indotti dalle apnee, si gioverà della terapia con CPAP e ne gioverà anche il partner.
Due giornate di studio sul cuore In autunno l’Ospedale Santo Spirito ospiterà due importanti giornate di studio promosse dalla Asl Roma 1 con il sostegno della Regione Lazio, e delle quali sarà responsabile scientifico il direttore della Cardiologia Roberto Ricci. Il 24 ottobre si terrà il secondo Workshop sul percorso cardiovascolare nell’area ospedaliera del Santo Spirito, una rete che comprende tre distretti. Poi, il 14 novembre, si svolgerà il primo Meeting dell’area cardiologia Asl Roma 1, che riguarderà l’Ehra 2018, guida pratica alla gestione della terapia con nuovi anticoagulanti orali nei pazienti con fibrillazione atriale; e la presa in carico del pazienti cardiopatici nella Asl Roma 1.
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Quando, dove e perchè c’è una lesione all’aorta
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aorta è l’arteria più ù grande del nostro corpo. Origina dal cuore e termina nel punto in cui si divide nelle due arterie iliache. E’ divisa essenzialmente in un tratto toracico e in un tratto addominale. Attraverso tutte le sue diramazioni porta il sangue, appena ossigenato attraverso i polmoni, a tutti i tessuti del nostro organismo. La sua parete è costituita da tre strati, o tonache, che dall’interno verso l’esterno sono la tonaca intima, la tonaca media e la tonaca avventizia. La dissezione aortica, o dissecazione aortica, è rappresentata da una lacerazione della parete interna dell’aorta. La rottura dell’aorta è invece rappresentata dalla lesione di tutta la parete dell’aorta con coinvolgimento quindi anche della tonaca avventizia. Il principale fattore di rischio per la dissezione dell’aorta è rappresentato dall’ ipertensione arteriosa seguita dalla preesistenza di malattie dell’aorta o di malattie valvolari aortiche, dalla presenza di una storia familiare di malattie dell’aorta, da precedenti interventi cardio-chirurgici, e inoltre da fumo di sigaretta, lesioni traumatiche e uso di droghe assunte per via endovenosa come la cocaina e le amfetamine. Questi fattori di rischio possono determinare delle lesioni attraverso i vari strati del-
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di Patrizia Romano Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
la parete dell’aorta con la formazione di un “falso lume” che può estendersi a varia distanza e rientrare poi all’interno del vaso (è il caso della dissezione) oppure procedere verso lo strato più esterno, la tonaca avventizia, con rottura dell’aorta stessa. I sintomi correlati a tale condizione sono strettamente correlati alla sede in cui si verifica la lesione. Se si verifica nel tratto toracico si potrà avere dolore localizzato al torace (simulando a volte il dolore da infarto acuto del miocardio), al dorso, agli arti superiori, o ancora si potrà avere l’ictus se la lesione interessa le arterie che irrorano il cervello. Se la lesione è localizzata a livello del tratto addominale si potrà
avere dolore alle gambe o dolore addominale o ancora sensazione di pulsazione addominale. Le complicazioni sono rappresentate dal versamento pericardico, che può diventare così importante da determinare la grave condizione nota come tamponamento cardiaco, l’ insufficienza della valvola aortica,o ancora disturbo della irrorazione dei vari organi. La dissezione aortica è una condizione clinica molto grave che deve essere sospettata e diagnosticata nel più breve tempo possibile per poter essere trattata nel miglior modo. Quando dobbiamo sospettare una patologia dell’aorta? Sicuramente la presenza dei sintomi, il dolore prima di tutto, e la presenza delle condizioni cliniche prima descritte possono farci sospettare una dissezione. Cosa fare in questi casi? Senz’altro chiamare il 118 che condurrà il paziente nel più vicino pronto soccorso dove verranno effettuati un elettrocardiogramma, un ecocardiogramma trans toracico ed eventualmente, a giudizio del medico, potrà essere effettuato un ecocardiogramma trans esofageo o una TC del torace e dell’addome per confermare la presenza di una dissezione aortica e definire meglio il tratto di aorta dissecato e la sua estensione. Tutto questo permetterà di scegliere il tipo di intervento più adeguato.
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Come si previene un evento cardiaco
n quali soggetti dobbiamo prevenire un evento cardiaco? In una persona qualsiasi (prevenzione primaria) o in una persona che abbia già avuto un evento cardiovascolare (prevenzione secondaria)? Ovvero come mantenere il muscolo cardiaco allenato e sano ed evitare recidive? Tranne criteri più restrittivi richiesti nella prevenzione secondaria (valori più bassi di colesterolemia, di pressione arteriosa, di circonferenza addominale ecc.), non ci sono differenze. La salute del nostro cuore è strettamente legata allo stile di vita che conduciamo ogni giorno, fin da giovani, ed è perciò importante conoscere le regole base per fare una buona prevenzione primaria. In neretto “fin da giovani”: sì perché questo è un punto fondamentale. L’aterosclerosi inizia ancora prima dei 30 anni. E’ da giovani che si deve iniziare a fare prevenzione specie nei soggetti con familiarità. La prevenzione si fa su quelli che sono riconosciuti fattori di rischio. Li distinguiamo in modificabili e non modificabili e variano da persona a persona. Tra i fattori non modificabili si indica l’età. Ma è vero? A parità di età, un soggetto asciutto, attivo, dinamico rispetto ad un soggetto obeso e sedentario ha sicuramente un futuro diverso. L’età è dunque un fattore di rischio modificabile (quella biologica rispetto all’anagrafica) se ci impegniamo a dimagrire e ad aumentare l’attività fisica e mentale. Parliamo di familiarità quando un parente di primo grado ha avuto cardiopatia Ischemica
di Alessandro Carunchio Presidente Associazione Cuore Sano
con un evento in giovane età (tra 50 e 60 anni). Non è familiarità se un genitore è morto di infarto > 65 anni. Spesso la familiarità per cardiopatia ischemica dipende dalla trasmissione ereditaria di ipercolesterolemia, diabete, ipertensione, ma anche da comportamenti sbagliati: i figli di fumatori sono spesso fumatori, i figli di soggetti sedentari sono spesso pigri e sedentari mentre se in famiglia si fa sport i figli più facilmente saranno sportivi. Ecco quindi che, in senso lato, anche la familiarità diventa un
diverso perché è una ghiandola che secerne sostanze pro-aterosclerotiche. Nella donna aumenta dopo la menopausa: in questo caso bisogna avere molta attenzione ad iperglicemia, ipertensione e grasso addominale perché incrementano il rischio di malattie cardiovascolari. Sono importanti due numeri: nell’uomo 102 cm. di circonferenza addominale e nella donna 88 cm. Non mi soffermo sulla necessità di curare l’ipertensione come fattore di rischio e neppure sulla necessità di smettere di fu-
La salute del nostro cuore fattore di rischio è strettamente legata allo stile di vita modificabile. che conduciamo Tra i fattori di rischio modificabili c’è il diabete che è spesso ereditario ma mare: il fumo è uno dei più potenti fattoè anche una pandemia dei giorni nostri ri di rischio aterosclerotico e per tumori. dovuta ad eccessi alimentari e a scarso C’è poi lo stress non in quanto tale ma consumo di energia. Il diabete è un po- per come noi rispondiamo allo stress. Se tente fattore di rischio per i danni car- siamo “rabbiosi” ed aggressivi rischiamo diovascolari che comporta. Obesità e di più. Così anche chi va incontro a forvita sedentaria sono spesso legate al dia- me di depressione maggiore. In conclubete. L’obesità viscerale è in correlazione sione c’è molto da fare per ridurre il ridiretta con la circonferenza addomina- schio cardiovascolare e, ripeto, bisogna le. Il grasso viscerale è un grasso molto cominciare dalla giovane età.
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GE Healthcare
Noi di GE ci siamo presi l'impegno di contribuire a far sì che la cura della salute sia sempre più accessibile, migliorando la qualità e riducendo i costi. Proprio come fanno i medici in ogni parte del globo. Investendo nell'innovazione, diamo supporto ai professionisti sanitari di tutto il mondo, perché facciano quello che sanno fare meglio: prendersi cura dei pazienti a livello globale. Ogni giorno, i medici lavorano per dare più salute a sempre più persone, e la tecnologia di GE Healthcare è al loro fianco.
GE imagination at work © 2017 General Electric Company GE Healthcare srl a General Electric company, doing business as GE Healthcare.
In corso nuove assunzioni di personale infermieristico
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opo un decennio di blocco del turnover, in particolare per il personale di assistenza infermieristica, ostetrica e degli operatori di supporto si è aperta una nuova fase per la ASL Roma1. Fase determinata dal nuovo piano di assunzioni per tutte le professioni che, oltre a garantire la continuità dei servizi, facilita il consolidamento di innovativi modelli organizzativi innovativi più adeguati a rispondere ai bisogni degli assistiti. Al 1° febbraio di quest’anno erano presenti 2070 infermieri con varie qualifiche e responsabilità, comprendendo dipendenti e altre tipologie contrattuali, escluse esternalizzazioni. Per il blocco, nella nostra l’età media dei dipendenti infermieri è elevata: età media di 52 anni ma tenendo presente che il 30% del personale è compreso nel range 55-66 anni. Da qui numerose limitazioni lavorative che hanno determinato la necessità dell’elaborazione di specifiche strategie di gestione del personale. In considerazione dell’età, le cessazioni di lavoro per raggiunti limiti di età e/o per pensioni di anzianità, sono numerose con una
di Anna Zoppegno Responsabile Uoc Assist. Inferm. Polo Osp. S. Spirito
previsione di uscita costante nel prossimo triennio e conseguente progressivo assottigliamento della forza lavoro: l’anno scorso sono usciti a vario titolo dal polo 91 infermieri. Il reintegro delle risorse a tempo indeterminato per infermieri è avvenuto attraverso lo scorrimento di graduatorie concorsuali aziendali ed extra-aziendali molto datate nel tempo, con difficoltà a reperire risorse disponibili. Per fare fronte a tale situazione, la ASL Roma 1, nel 2017 ha bandito un avviso pubblico per infermieri a tempo determinato, espletato quest’anno e che ha consentito sin qui l’assunzione di 89 infermieri che diventeranno progressivamente 150-180. Tra i nuovi assunti sono compresi 15 infermieri che lavoravano già nei servizi ospedalieri e territoriali attraverso altra modalità contrattuale. A seguito di autorizzazione regionale, l’azienda ha indetto le procedure di mobilità per l’assunzione a tempo indeterminato di 4 infermieri attraverso un avviso di mobilità inter-re-
gionale i cui termini per la presentazione delle domande sono scaduti a luglio. Ulteriore aspetto positivo, per la ASL e per i lavoratori, è rappresentato dai processi di stabilizzazione del personale che, con una procedura già espletata, ha consentito l’assunzione a tempo indeterminato di 15 infermieri che prestavano servizio presso il Presidio Ospedaliero S. Filippo Neri. A ciò si devono aggiungere le procedure di stabilizzazione ex art. 20 del cosiddetto “Decreto Madia” per le quali è in corso la procedura di verifica dei requisiti posseduti dagli operatori. Tra questi c’è un discreto numero di infermieri. L’immissione nei servizi di personale infermieristico e ostetrico con età anagrafica di molto inferiore alla media presente nella ASL, consentirà la sostenibilità dei servizi, in particolare di quelli ospedalieri dove le caratteristiche correlate all’età anagrafica e alle limitazioni lavorative incidono maggiormente. Altrettanto rilevanti sono le specifiche procedure di reperimento della figura di ostetrica che hanno consentito l’assunzione di 16 specialiste: cinque a tempo indeterminato (attraverso lo scorrimento di graduatoria di altra ASL), una attraverso mobilità, e dieci a tempo determinato.
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Siamo (dopo il Giappone) il Paese più vecchio al mondo
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ultimo rapporto dell’Istat ci conferma che, fatta eccezione per il Giappone, siamo il Paese più vecchio del mondo: 13 milioni e 672mila italiani sopra i 65 anni, pari al 22,6% della popolazione) e ci dice che oggi ci sono 170 anziani per ogni 100 giovani. Ma tra appena dieci anni il divario sarà ancor più grande: gli anziani saranno 217 ogni 100 giovani (o relativamente tali). Due le cause: da un lato la denatalità, né l’immigrazione ri-equilibra il rapporto se non in minima parte; e dall’altro lato i progressi formidabili della medicina e il pur modesto miglioramento dei rapporti socio-economici: non va dimenticato che il 6,3% delle famiglie italiane si trova in uno stato di “povertà assoluta” e che un altro 10,6% di famiglie è in “povertà relativa”. Lo stesso rapporto dell’Istituto statistico fornisce altri dati inquietanti, proprio sullo stato degli anziani nel nostro Paese. Anzitutto esattamente la metà degli interpellati (migliaia ma attentamente scelti per campioni di diverso status sociale, di diversa età, di diversa istruzione) dichiara di non avere amici. Magari ha una qualche forma di as-
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Nel nostro Paese due anziani su tre dichiarano di non avere amici e la stessa percentuale sopperisce con l’utilizzo dei social sistenza o di rete sociale, ma non un amico che è cosa molto importante anche e in particolare ad una certa età. Di più: uno su tre (e qui scattano soprattutto le condizioni economico-sociali) non ha proprio nessuno che possa in qualche modo stargli accanto: non un parente, non un vicino di casa, non un assistente pubblico e, manco a dirlo, non un amico. Due dati che dicono di una diffusa infelicità. Per contro c’è qualche segnale insperato. Lo ha rivelato una trasmissione di Rai3, dal titolo apparentemente negativo (“Non ho l’età”) che ha raccontato invece le storie di nuove coppie ultrasettantenni. “Abbiamo scoperto – ha raccontato al Corriere della Sera Claudia Carotenuto, una delle autrici del format – che questi amori sono molto diffusi: dopo i 60 adesso ci si apre di nuovo alla vita e quindi anche all’amore”. Non è il solo anticorpo alla solitudine, ma ce n’è un altro assai più diffuso: il ricorso alle tecnologie che si pensa siano patrimonio pressoché esclusivo dei giovani o di chi lavora. Lo
documenta una indagine di AstraRicerche commissionata dalla potente compagnia assicuratrice Bnp Paribas Cardif: il 66,2% degli interpellati dichiara di adoperare in modo autonomo dispositivi elettronici (cellulari, Internet, ecc.) e social network; ed il 57% rivela che con i social ha rimediato alla solitudine, facendo conoscenze, riscoprendo amici, ecc., ma anche per controllare l’arrivo del bus, farsi mandare a casa una pizza, e così via. “Anche sopra i 90 rispondono alle domande dello smartphone”, racconta l’amministratore delegato di AstraRicerche, Cosimo Finzi. E se a tutte le età si è spaventati dall’idea di finire nel vortice di qualche grave malattia, quest’incubo è assai maggiore tra uomini e donne fra i 65 e i 75 anni (passato quel limite ci sarebbe, secondo la ricerca, una sorta di reazione allo scampato pericolo). E allora quali sono le maggiori paure degli anziani? La più frequente consiste nel cadere, soprattutto nel cadere in casa: lo teme il 50,2% degli interpellati; poi gli acciacchi, in particolare quelli destinati a modificare i piani della vita quotidiana (47%). E infatti una terza inchiesta condotta per “La 27 Ora-Corriere della Sera” racconta che per il 30% degli uomini e il 33% delle donne oltre i 55 anni associano alla felicità un argomento inesistente tra i giovani: l’assenza di dolore. Ma per AstraRicerche nella ricerca della felicità contano soprattutto i valori ideali (56,2%), la coscienza di essere una risorsa per la famiglia e per la società (79,4%), la curiosità (44,1%) e l’ottimismo (44,1%). Almeno per quanti se lo possono permettere…
Un sito dell’Istituto di Sanità contrasta bufale e falsi miti
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e bufale in materia di salute? A smentirle, e a liquidare i falsi miti, ci pensa la prima voce istituzionale di informazione (“Bufale e falsi miti”, appunto) realizzata dall’Istituto superiore di Sanità, e che è consultabile in una apposita sezione del sito www.ISSalute.it . Questa sezione di fake news, aggiornata continuamente, ha già collezionato centinaia di informazioni ingannevoli e le correda da spiegazioni scientifiche che ne evidenziano l’infondatezza. Alcuni esempi. Diversamente da quanto crede più di qualcuno, nessuno studio scientifico ha mai provato che lo zucchero di canna apporti maggiori benefici rispetto allo zucchero bianco. Entrambi contengono, infatti, la stessa molecola (il saccarosio) mentre il processo industriale al quale viene sottoposto lo zucchero per diventare bianco non danneggia il prodotto. Ancora, dicono che se hai bisogno di ferro, devi mangiare tanti spinaci. “Bollino bufala” anche qui, perché gran parte del ferro in essi contenuto è inutilizzabile come nutriente perché presente insieme ad altre
sostanze che ne inibiscono l’assorbimento. Altre bufale? Le medicine alternative sono più sicure ed efficaci; il sole abbassa la pressione perciò può sostituire i farmaci contro l’ipertensione; le cure per i tumori esistono ma non ce le vogliono dare. “Scendiamo in campo contro le bufale sparse a voce e/o on line – spiega il presidente dell’Iss, Walter Ricciardi – perché vogliamo offrire un approdo sicuro, un punto di riferimento rigoroso e autorevole ai tanti cittadini che sempre più spesso consultano il web per motivi di salute trovandovi tutto e il contrario di tutto”. E in effetti almeno un italiano su tre (indagine Censis) naviga in rete per ottenere informazioni sulla salute. Di questi, oltre il 90% effettua ricerche su specifiche patologie ma sempre più spesso le informazioni fornite dal computer sono contaminate da bufale puntualmente smascherate dall’Istituto su-
periore di Sanità. Come si articola la voce dell’Iss? Quattro sezioni: la salute dall’a alla z; stili di vita e ambiente; falsi miti; più una dedicata alle news, aggiornata dall’agenzia Ansa sui temi di attualità e ricerca. In più ci sono, oggi, oltre 1.700 schede su cause, disturbi, cure e prevenzione delle malattie. Insomma, una voce sicura, realizzata da ricercatori e tecnici dell’Istituto, valutati ed approvati dal Comitato scientifico dell’Iss in collaborazione con un team di esperti. “E’ un’informazione certificata all’origine perché prodotta negli stessi luoghi e con gli stessi mezzi con cui si fa ricerca e di produce conoscenza”, aggiunge ancora Ricciardi con l’obiettivo di “spiegare ai cittadini il valore della ricerca e di tutta la conoscenza prodotta dalla comunità scientifica per renderla fruibile al maggior numero possibile di persone, senza discriminazioni anche di livello di alfabetizzazione”.
Spinello? Gli italiani forti consumatori Sono spesso giovani e utilizzano per lo più marijuana. Cresce in modo esponenziale (circa il 40% in soli due anni) il numero delle persone segnalate per consumo di droghe nel Paese: dal 2015 al 2017 sono passate da 27.718 a 38.613. E, in questo quadro, si conferma l’impennata delle segnalazioni dei minori: quadruplicato. Secondo i dati diffusi dalla nona edizione del Libro bianco sulle droghe promosso dalla Società della Ragione-onlus ad essere sanzionati o segnalati all’autorità giudiziaria sono otto volte su dieci i consumatori di cannabinoidi (79%), seguono cocaina (14%) ed eroina (5%). Numeri che rispecchiano quelli diffusi dal rapporto dell’Agenzia europea delle droghe secondo cui l’Italia è il terzo paese europeo in cui si consuma più cannabis, con il 33% della popolazione che l’ha usata almeno una volta nella vita.
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S E VO L E T E S O S T E N E R C I Unicredit Banca di Roma – Roma 173 – Ospedale Borgo S.Spirito, 3 – 00193 Roma Codice IBAN IT 66 Z 02008 05135 000400005512 – Swift code UNCRITM1B83 Posta – c/c n. 1031536970 Cod. Fisc. Associazione (5 per mille) – 96255480582
Pillole di salute IL BUONO DELLE ALGHE – Sono quelle (le “nori”) che avvolgono i sushi che hanno proprietà digestive e riducono l’assorbimento dei grassi. Quelle (le “dulse”) ricche di ferro e utili per le diete vegetariane, e poi le “brune” usate come integratore per ridurre il grasso addominale. Ma tutte le alghe, diecine di tipi, sono ricche di Sali minerali, di vitamine, di acidi grassi omega 3, di fibre. La Fao le ha definite “il cibo del futuro” perla ricchezza dei valori nutritivi e il contenuto proteico che le rendono un’arma efficace contro la denutrizione. Diffusissime in Oriente, si stanno facendo strada anche in Italia. Un’azienda olandese ha messo in commercio alghe essiccate che possono essere lessate e condite come spaghetti o fritte come il bacon di cui ricordano il gusto affumicato. Un’altra, italiana, ne arricchisce biscotti e succhi. PREVENZIONE? POCA – Secondo i dati raccolti dalla Banca del Cuore attraverso un sondaggio su 26mila italiani, la prevenzione non è propriamente diffusa in modo capillare. Il 32% degli interpellati non si muove per niente, il
53% fa un’attività fisica leggera, e moderata la fa appena un 15%. Gli uomini in sovrappeso sono il 44%, meno le donne: il 30%. L’allarme scatta con il colesterolo: il 39% ne ha oltre quota 200; l’82% ha un colesterolo Ldl (quello “cattivo”) oltre 70, quota massima per chi è ad alto rischio (diabete o infartuato); e comunque c’è un 25% che ha l’Ldl molto alto. SE TI MUOVI INVECE... – Una nuova prova dell’effetto anti-invecchiamento dell’attività fisica: analizzando i marcatori del sistema immunitario di 125 ciclisti dilettanti di età compresa tra i 55 e i 79 anni, si è visto che, a differenza dei loro coetanei più o meno sedentari, gli sportivi producevano la stessa quantità di linfociti T di un ventenne. Di norma il sistema immunitario comincia a declinare del 2-3 per cento all’anno a partire dai vent’anni. L’attività fisica regolare – scrive la rivista Aging Cell – può dunque rallentare il fisiologico invecchiamento. DIABETE + OBESITÀ – Si chiama “diabesità” e rappresenta un pericolo
molto serio, quasi una pandemia. Spieghiamo: in Italia 3,2 milioni di persone soffre di diabete, e di queste circa 2 milioni sono obese. Negli ultimi trent’anni si è passati dal 2,9 al 5,6% dell’intera popolazione. Tra le cause principali l’assenza di una dieta appropriata e necessariamente severa: l’obesità è uno dei fattori di rischio principali per il diabete. Si stima (dati Istat e Fondazione Ibdo) che quasi la metà dei casi di diabete tipo 2, il più diffuso, siano attribuibili all’obesità o anche solo al sovrappeso. ATTENZIONE ALL’ALCOL – Dopo aver analizzato i dati di circa 600mila persone che consumano regolarmente alcol, alcuni ricercatori di Cambdridge (Regno Unito) hanno confermato che bere aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e accorcia la vita. Naturalmente una cosa è bere un bicchiere di birra e un’altra scolarsi mezza bottiglia di whisky. Secondo questo studio (riportato dall’autorevolissima rivista The Lancet) l’aspettativa di vita di un quarantenne si riduce di mezz’ora per ogni bicchiere di vino in più rispetto al limite raccomandato in molti paesi, tra cui l’Italia (cento grammi di alcol settimanali, pari a cinque bicchieri di vino o di birra). Comunque chi supera i 18 bicchieri di vino per settimana è già a rischio.
Periodico dell’Associazione Cuore Sano in collaborazione con la Uoc Cardiologia S.Spirito • Anno XXIII - n. 3 lug./set. 2018 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Edoardo Nevola, Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi, Giulio Scoppola • Redazione Lungotevere in Sassia n. 3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Segretaria di redazione Carla Maria Rossi• Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Ass. Cuore Sano e redazione di Cuore Amico tel. 06.68352323 • E-mail: dmed.car@aslroma1.it • segreteriacs@cuore-sano.it • www.cuore-sano.it • Stampato dalla Stamperia Lampo
GIORGIO HA LE SUE PERSONALI ESIGENZE IN TERMINI DI TERAPIA ANTICOAGULANTE 82 anni: paziente con insufficienza renale FANV, anziano, sovrappeso, insufficienza renale moderata, molteplici comorbilità, stile di vita sedentario
L’insufficienza renale di Giorgio aumenta il suo rischio di sanguinamento nella FANV - è stato osservato che il rischio relativo di sanguinamento è superiore nei pazienti con nefropatia rispetto ai pazienti che non la presentano.1 I tuoi pazienti stanno tutti assumendo una terapia anticoagulante specifica per le loro personali esigenze? COMORBILITÀ
TERAPIE CONCOMITANTI
NON COMPLIANTE
Bibliografia: 1. Olesen JB et al. Stroke and bleeding in atrial fibrillation with chronic kidney disease. N Engl J Med 2012;367(7):625–635.
FANV= fibrillazione atriale non valvolare
INSUFFICIENZA RENALE
ETÀ AVANZATA
BASSO PESO CORPOREO
U
Mani pulite sempre contro le infezioni
si la biro offerta allo va provata. Allora Pittet mise a punto un col e glicerina, venti secondi di frizione sportello della banca? protocollo di osservazione sul persona- che interrompono il passaggio di virus e Assorbi qualche milio- le sanitario ogni volta che qualcuno era batteri. Grazie all’introduzione del gel ne di batteri. Adoperi il chiamato a effettuare una procedura idroalcolico il tasso di infezioni nosocomiali era crollato vertiginosamente nemouse in comune con medica. altri colleghi? Altri mi- Risultato (sconfortante) riferito da Elisa gli HUG nel volgere di appena un mese. lioni di germi. Afferri la maniglia del Manacorda, giornalista e ricercatrice Avrebbe potuto diventare milionario, il tram? Come sopra. Tre esempi, ma po- che ha fondato il giornale scientifico on Nostro. E invece ha deciso di non bretremmo farne a diecine, con lo stesso, line “Galileo”: l’adesione media alla di- vettare formula e protocolli di un proidentico risultato: la diffusione delle in- sinfezione delle mani era del 48%, più dotto che, oramai, ha fatto il giro del fezioni. Ecco perché è indispensabile la- alta tra infermiere e ostetriche (52 e mondo sotto centinaia di marche e convarsi spesso le mani (o pulirsele con un 60%), bassa tra i medici (30%), bassis- fezioni diverse, anche qui in Italia. Coapposito detergente), e farlo bene, come sima tra i tecnici di radiologia: 8%. A munque nel vasto androne degli Ospedio comanda, anzi come ha suggerito il domanda la risposta era quasi unanime dali universitari di Ginevra viene proiet“padre” della campagna universale di e sempre identica: non c’è tempo. E al- tato in continuazione su un grande controllo delle infezioni della Organiz- lora il prof. Pittet insieme al farmacista schermo uno spot in cui viene mostrato zazione Mondiale della Sanità, il prof. ospedaliero Wlliam Griffiths mise a come ci si lavano correttamente le mani. Didier Pittet, epidemiologo e medico punto “la” soluzione: un gel a base di al- Anche senza bisogno del gel, infatti, acqua e sapone bastano sì, ma non per una agli Ospedali universitari di Ginevra frettolosa passata: piuttosto con un più (HUG). attento e corretto lavaggio: quello che si Qual è il suo merito? Presto detto (ma può leggere in questa stessa pagina e che faticosamente fatto): tutto comincia nel occupa non più di due-tre minuti. Le fasi 1992 quando, proprio negli HUG, per lavare bene le mani con l’abitudine scoppia un’epidemia di stafilococco aureo, un super-batterio molto resistente. diventano un automatismo che serve non solo agli operatori sanitari ma a tutti Lavorando con le infermiere, il prof. noi, anche a casa o in ufficio, a scuola, in Pittet aveva scoperto che la trasmissione fabbrica, nel bus. E non solo dopo essere di questo super-apportatore di infezioni stati in bagno e prima di mangiare, ma era di circa il 18%, addirittura con picsempre e ovunque, in particolare chi del 30% proprio nei reparti di tedopo aver frequentato luoghi rapia intensiva. Pittet intuì che la pubblici e anche per difenderci diffusione del micidiale batterio dai nostri stessi era dovuta alla cellulari: penscarsa igiene sate, l’80%dei delle mani dei più comuni colleghi e delle batteri umani infermiere. Ma Poche ma precise regole per un corretto lavaggio delle mani: 1) bagnarle con l’acqua dimorano sui una cosa è l’ine applicare il sapone su tutta la superficie delle mani: dritto, rovescio, dita; 2) friziotuizione ed nare le mani palmo contro palmo; 3) poi palmo sul dorso intrecciando le dita; 4) nostri smartun’altra la propalmo a palmo con le dita intrecciate; 5) palmi opposti con dita racchiuse; 6) strofiphone! nare con rotazione i pollici; 7) strofinare con le dita sul palmo; 8) risciacquare le mani con acqua; 9) asciugare, possibilmente con salvietta monouso.
Come lavarle bene
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Due nuovi farmaci per lo scompenso
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o schema terapeutico dello scompenso cardiaco (SC) con funzione sistolica ridotta del ventricolo sinistro (HFr EF ), che negli ultimi anni ha prodotto dei miglioramenti importanti nella prognosi di pazienti affetti da una malattia grave e cronica, è composto da una serie di farmaci che “collaborano“ tra loro nella inibizione di una serie di sistemi responsabili del mantenimento della malattia. Classicamente, la terapia dello SC si basa sull’inibizione neurormonale del sistema renina-angiotensina-aldosterone (ACE-inibitori o Sartanici e antialdosteronici ) e del sistema nervoso simpatico (Beta Bloccanti o BB ). A questo cocktail di farmaci ben definito negli ultimi anni si sono aggiunti due nuovi medicinali che agiscono in modo diverso: l‘Ivabradina, un bradicardizzante puro, indicato quando la frequenza cardiaca, nonostante i BB, si mantiene al di sopra dei 70 battiti/min, oppure se esiste una assoluta intolleranza ai BB; e gli ARNI. L‘Ivabradina ha dimostrato di avere un effetto benefico soprattutto nel ridurre il numero dei ricoveri per scompenso. Gli ARNI rappresentano la nuova classe degli inibitori del recettore dell’angiotensina e della neprilisina come il Sacubitril/Valsartan. La combinazione delle due molecole aumenta la disponibilità dei peptidi natriuretici (PN), naturalmente secreti dall’organismo come forma di difesa dallo SC. Infatti, i PN aumentano la diuresi, provocano la riduzione della ritenzione di acqua e di sodio nell’organismo e l’abbassamento delle resistenze periferiche delle arterie.
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di Angela Beatrice Scardovi Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Il vantaggio degli ARNI è dunque la possibilità di aumentare farmacologicamente i PN. Dal 2016 il farmaco e’ entrato a far parte delle Linee Guida della Societa’ Europea di Cardiologia e dal 12 marzo 2017 è rimborsabile dal SSN, previa compilazione del piano terapeutico da parte del cardiologo ospedaliero. Si tratta di una terapia veramente innovativa perché, a differenza delle precedenti, non inibisce un sistema dell’organismo ma lo modula, potenziandone gli effetti benefici. Una terapia anche di successo, come dimostrano i risultati di Paradigm-HF, il più vasto studio clinico mai condotto fino ad ora nello scompenso cronico a funzione sistolica ridotta, che ha coinvolto 8.400 pazienti nel mondo. In questo trial l’ARNI è stato confrontato con enalapril, l’ACE-inibitore che rappresenta lo standard di terapia nello SC. I risultati ottenuti rispetto ad esso sono stati molto positivi con riduzione della mortalità cardiovascolare del 20%, della ospedalizzazione per SC del 21%, e della mortalità per tutte le cause del 16%. E’ stato calcolato che in media ARNI allunga la sopravvivenza dei pazienti con SC regalando almeno 1,3 anni di vita libera da eventi. Questi risultati nella pratica clinica si traducono non solo in un prolungamento dell’aspettativa di vita, ma anche in un miglioramento della sua qualità; la fame d’aria e la grave stanchezza tipiche dello SC, infatti, si riducono sensibilmente e i pa-
zienti possono tornare gradualmente ad una vita più attiva. Altro pregio del farmaco (la cui introduzione in terapia deve essere prudente, con aumenti graduali del dosaggio e frequente controllo clinico e di laboratorio nel periodo di “titolazione“) è che non comporta un aumento del numero di pillole che gli scompensati sono costretti ad assumere quotidianamente poiché sostituisce l’ ACE- inibitore o il Sartanico, fattore che favorisce la compliance alla terapia. Il farmaco è indicato in tutti i pazienti con SC cronico di tipoHFr EF che siano abbastanza stabili, cioè che non siano stati appena ricoverati per SC acuto che siano ancora sintomatici, abbiano una pressione sistolica di almeno 100 mmHg, non abbiano una grave insufficienza renale né livelli di potassiemia al di sopra della norma. Gli ARNI sono cioè indicati nei pazienti con SC grave ma in fase ambulatoriale, ovvero all’incirca un terzo di tutti gli scompensati. Uno di questi farmaci, l’Arni, è da un anno rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale.
Vino, meglio il rosso del bianco ma sempre con moderazione
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ere vino fa male? La risposta è delicata. Spesso si sente dire che un bicchiere di vino rosso a pasto allunga la salute. È così? E perché il vino rosso? Perché è ricco di polifenoli, in particolare diresveratrolo, antociani, flavonoidi e tirosolo, presente anche nell’olio d’oliva extravergine. L’effetto benefico del vino rosso deriverebbe proprio dalla presenza di resveratrolo, sostanza naturale della famiglia delle fitoalessine, prodotta da alcune piante a scopo “preventivo” per difendersi da possibili aggressioni di agenti nocivi.
di Antonella Chiera Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
E il vino bianco? E’ ricco di acido caffeico, sostanza con potenzialità antiossidanti molto utili all’apparato cardiovascolare ma la mancanza di resveratrolo rende i suoi benefici sulla salute inferiori a quelli del vino rosso. Uno studio, ormai datato, parla di “paradosso francese”. Una ricerca sull’incidenza delle malattie cardiovascolari ha confrontato una popolazione di francesi con una popolazione di statunitensi che condividevano con i francesi le abitudini alimentari tranne l’assunzione di vino rosso nella dieta. I risultati dello studio hanno dimostrato una significativa riduzione di eventi cardiovascolari tra i francesi rispetto agli americani e la variabile più direttamente correlata è risultata il moderato consumo di vino rosso. Occorre considerare, però, più di un fattore per spiegare questo dato. Le caratteristiche di vita, l’inquinamento, lo stress e l’assunzione di diete diverse, sono importanti fattori per ottenere un profilo cardiovascolare sano. Ma il dato interessante è che il vino rosso aiuta, forse solo in piccola parte, a mantenere le arterie relativamente pulite dal colesterolo cattivo. Ricerche più recenti indicano che il resveratroloavrebbe un effetto protettivo sui vasi sanguigni e inoltre avendo una azione anti-ossidante proteggerebbe dai radicali liberi anche le cellule cerebrali, con un possibile effetto benefico sullo sviluppo di malattie come
l’Alzheimer e la demenza senile. I dati osservazionali sul consumo di alcol e la salute del cuore suggeriscono che un’assunzione leggera e moderata di alcool, sembra essere sana e benefica per la salute. Tuttavia, quando i modelli matematici sono stati applicati per determinare la causalità dell’effetto del moderato uso di vino rosso i risultati sono stati contrastanti. Ammettendo un effetto benefico, quanto vino è concesso? Il consumo eccessivo e l’abuso cronico di alcool sono fattori di rischio che contribuiscono ad un aumento della malattia globale come la cirrosi epatica, la morte improvvisa e le cardiomiopatie alcoliche. E’ difficile stabilire la quantità di alcool che si può assumere senza essere considerata un rischio. Infatti la concentrazione di alcool nel sangue dipende da molti fattori: quota ingerita, modalità di assunzione (meglio al pasto che a digiuno), peso corporeo, quantità di acqua corporea, sesso, fattori genetici, metabolismo individuale, abitudine al consumo di alcolici. Le donne, avendo un minor peso rispetto agli uomini, hanno minori quantità di acqua corporea e quindi una maggiore vulnerabilità agli effetti dell’alcol che viene smaltito con maggior lentezza. Comunque, secondo la comunità scientifica europea, non bisogna superare un bicchiere al giorno per le donne, due bicchieri al giorno per gli uomini, un bicchiere al giorno per i giovani, di età compresa tra i 18 ed i 20 anni e sopra i 65 anni.
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Alcune cose da sapere sui nuovi anticoagulanti orali
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nuovi anticoagulanti orali (o meglio, gli anticoagulanti orali diretti, DOACs) sono uno dei maggiori progressi terapeutici degli ultimi anni, soprattutto per la loro indubbia efficacia e sicurezza rispetto agli antagonisti della vitamina K (AVK), aggiunti al vantaggio di essere assunti in dose fissa senza la necessità del controllo periodico dell'effetto terapeutico (INR). Per ottimizzare i vantaggi del trattamento e ridurre gli eventi sfavorevoli, è necessario fare attenzione ad alcuni aspetti: I farmaci efficaci sono quelli che vengono effettivamente assunti. Ciò è particolarmente importante per i DOACs in considerazione della loro rapidità di azione, che corrisponde ad una rapida perdita di efficacia alla interruzione della terapia. Al contrario degli AVK, che funzionavano per accumulo, e per i quali saltare una dose non comportava l'immediata perdita di efficacia, con i DOACs saltare una assunzione provoca velocemente la cessazione dell'effetto terapeutico e quindi un maggior rischio di eventi trombo-embolici. I DOACs vanno generalmente assunti a stomaco pieno, per garantire una maggiore efficacia e ridurre uno degli effetti sfavorevoli che consiste nel bruciore epigastrico. (Al contrario, gli AVK non vengono ben assorbiti se non assunti lontano dai pasti). Il maggior vantaggio dei DOACs rispetto ad AVK consiste nella riduzione di oltre il 50% del rischio di emorragia cerebrale, evento drammatico e spesso mortale; al contrario, esiste un lieve aumento del rischio
di Francesco Biscione Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
di sanguinamento gastro-intestinale (molto meno grave). E' importante segnalare al medico ogni significativo sanguinamento, ma non sospendere auto-
L’adenosina contenuta nelle cipolle è un anticoagulante naturale, mentre il principio attivo dell’aglio, riduce la formazione di vitamina K, diminuendo così la coagulazione
nomamente la terapia. L'insufficienza renale o epatica comportano un eccesso di attività dei DOACs, di cui il medico prescrittore deve tenere conto. I DOACs non risentono significativamente di interferenze alimentari (al contrario di AVK, la cui azione è modificata dall'assunzione di alcune verdure e di altri cibi). Alcuni farmaci ne modificano l'efficacia terapeutica: è im-
portante riferire al medico tutta la terapia assunta anche per il trattamento di altre patologie, ed ogni variazione successiva, per verificarne la compatibilità. In caso di interventi chirurgici o procedure invasive, i medici coinvolti dovranno programmare una adeguata gestione della terapia anticoagulante, che generalmente non prevede la sostituzione temporanea con derivati eparinici per iniezioni sottocutanee. Per la sicurezza dei pazienti, è indispensabile eseguire dei periodici controlli degli esami del sangue a cadenza almeno semestrare o più frequentemente per i pazienti più fragili (anziani, con insufficienza renale o epatica o con anemia). Al contrario di AVK, esistono degli antidoti diretti per i DOACs (alcuni ancora in fase di sperimentazione), che aumentano la sicurezza del trattamento. Non tutti i pazienti che hanno bisogno di terapia anticoagulante possono essere curati con i DOACs: in particolare, quelli con insufficienza renale severa o con alcune malattie delle valvole cardiache dovranno continuare ad assumere AVK. In conclusione, i nuovi farmaci anticoagulanti orali costituiscono un indubbio progresso di trattamento per le patologie trombo-emboliche, con un favorevole profilo di efficacia, sicurezza e tollerabilità, purché si rispettino alcune importanti regole gestionali.
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Perché i cardiopatici devono vaccinarsi
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onostante gli spettacolari successi ottenuti nel XX secolo con gli antibiotici e le vaccinazioni, le infezioni continuano a colpire i gruppi più fragili, come i cardiopatici e i soggetti predisposti alle cardiopatie per la presenza di fattori di rischio, come fumo, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, malattie renali. Tracciare un bilancio è difficile, perché le infezioni tendono ad agire in modo subdolo ed indiretto, aggravando una malattia cardiaca cronica già in atto o precipitando un evento cardiaco acuto. Il rapporto tra infezioni respiratorie virali ed eventi cardiovascolari acuti è evidenziato dall’andamento parallelo dell’incidenza di entrambi nel corso dell’anno, con un picco nei mesi invernali, e dal fatto che fino ad un terzo degli infarti si verifica poco dopo un’infezione respiratoria acuta. Ciò costituisce un problema di salute pubblica, per il numero elevato di soggetti coinvolti: nell’inverno 2017-18, otto milioni di italiani sono stati colpiti da malattie delle prime vie respiratorie. L’impatto complessivo sulla mortalità cardiovascolare è rilevante, con stime relative agli USA intorno a 30.000-90.000 decessi in più all’anno. Tra i virus respiratori, quelli influenzali sono i più importanti: da soli provocano almeno il 25% di dei casi; inoltre, il rischio di infarto è dieci volte maggiore per il virus influenzale B e cinque per quello A, mentre per gli altri virus respiratori è solo intorno a tre. Da altri studi risulta un’associazione tra eventi cardiovascolari ed infezioni respiratorie batteriche, in particolare le polmoniti più gravi, come quella da pneu-
di Edoardo Nevola Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Tre i vaccini altamente raccomandati: contro l’influenza, lo pneumococco e l’herpes zoster
mococco, in cui il rischio di infarto è aumentato fino a otto volte. Non meno importante per il cardiopatico è l’Herpes zoster o “fuoco di sant’Antonio”, che aumenta il rischio di infarto del 60% e quello di ictus del 40%. Per fortuna, contro influenza, pneumococco e zoster disponiamo di vaccini efficaci. L’antiinfluenzale riduce il rischio di ammalarsi di un buon 50-60% e determina negli altri casi un decorso attenuato. Soprattutto, riduce il rischio di eventi cardiovascolari del 50-55%, di infarti del 25-30%, di morte cardiovascolare del 40%. L’antipneumococcica può prevenire il 50-80% delle infezioni gravi, e riduce l’incidenza di infarto del 15-20%. L’antizoster riduce il rischio di malattia del 90%; benché manchino ancora dati diretti, ci si attende pari efficacia nella pre-
venzione degli eventi cardiovascolari. Considerando le minori spese sanitarie derivanti dalla riduzione dei casi di malattia, si calcola che per ogni euro investito in vaccino se ne recuperino 18 per l’antiinfluenzale, 20 per l’antipneumococco, 22 per l’antizoster; se si vaccinassero contro l’influenza novecentomila persone in
più rispetto ai due milioni attuali, si risparmierebbero fino a 450 milioni di euro all’anno. Le maggiori agenzie preposte alla salute pubblica concordano nel raccomandare a tutti i cardiopatici tutte e tre le vaccinazioni. L’ antiinfluenzale va effettuata annualmente e, data la stagionalità della malattia, dalla metà di ottobre alla fine di dicembre, con qualche beneficio fino al mese di febbraio per i ritardatari. L’antipneumococcica (due dosi) e l’antizoster (unica dose) si effettuano in qualsiasi periodo dell’anno, possono essere associate all’antinfluenzale e non prevedono richiami a breve scadenza. Nonostante i decisivi vantaggi, esistono rare controindicazioni ai vaccini; per individuarle, si raccomanda sempre di decidere la vaccinazione insieme al medico curante.
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La sindrome-apnea nel sonno che può danneggiare il cuore
L
di Stefano Iosi Dirigente medico Uoc Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza S. Spirito
a sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS, Obstructive Sleep Apnea Syndrome), consiste in episodi ricorrenti di ostruzione reversibile completa o parziale delle prime vie aeree, rino e orofaringe, durante il sonno. Essa è dovuta a un alterato controllo ventilatorio e/o neuro funzionale dei muscoli delle pareti delle vie aeree. La prevalenza della sindrome è tra 1,2 e 7,5 % ma aumenta con l’età arrivando al 25% dopo gli 80 anni. Si presenta più nei maschi, nei soggetti obesi o in sovrappeso anche se il 30% degli affetti da OSAS è normopeso; e inoltre nelle persone con il collo corto e tozzo (taurino), in chi ha ostruzioni delle prime vie aeree (a livello del naso, della bocca o della gola). La patologia si associa con la bronco pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) in una percentuale compresa tra il 9 e il 28%. L’individuazione della patologia è spesso casuale e il primo sospetto è quello del partner che si accorge delle “pause” respiratorie notturne. Dal punto di vista clinico, è caratterizzata da sonnolenza diurna e/o alterazioni delle performance durante la veglia e da russamento nel sonno. Per la diagnosi bi-
sogna rivolgersi allo specialista (otorino o pneumologo) che farà fare una polisonnografia. Si parla di sindrome delle apnee ostruttive nel sonno in presenza di almeno cinque episodi/ora in presenza di altri sintomi come la sonnolenza diurna, oppure, in assenza di sintomi, quando si verifica almeno un numero di eventi uguale o superiore a quindici. Ma qual è la relazione col cuore? Durante un’apnea, la saturazione di ossigeno nel sangue crolla mentre sale l’anidride carbonica. Ciò stimola i centri nervosi a incrementare lo sforzo del diaframma che si abbassa energicamente per riaprire le vie aeree. Le vie si riaprono ma anche lo sforzo del diaframma aggrava momentaneamente la riduzione di ossigeno nel sangue. Inoltre il violento abbassamento del diaframma pro-
duce più del solito una pressione negativa all’interno del torace e ciò può indurre uno stimolo vagale. Quest’ultimo a sua volta può determinare delle aritmie durante il sonno (aritmie ipocinetiche). La bassa saturazione di ossigeno peggiora la funzione cardiaca. I soggetti con OSAS hanno una probabilità doppia di morte cardiaca improvvisa durante il sonno rispetto alla popolazione normale e hanno una maggiore probabilità di ammalare di patologie cardiovascolari. Una volta accertata la patologia, il paziente deve rimuovere le eventuali cause anatomiche di ostruzione e deve dimagrire. Poi, su indicazione dello specialista, potrà usufruire della terapia con CPAP (Continuous Positive Airway Pressure), un dispositivo da tenere durante il sonno che attraverso una pressione positiva nelle vie aeree evita che queste collassino. Anche se il dispositivo spesso non è ben tollerato, il paziente, visti i rischi indotti dalle apnee, si gioverà della terapia con CPAP e ne gioverà anche il partner.
Due giornate di studio sul cuore In autunno l’Ospedale Santo Spirito ospiterà due importanti giornate di studio promosse dalla Asl Roma 1 con il sostegno della Regione Lazio, e delle quali sarà responsabile scientifico il direttore della Cardiologia Roberto Ricci. Il 24 ottobre si terrà il secondo Workshop sul percorso cardiovascolare nell’area ospedaliera del Santo Spirito, una rete che comprende tre distretti. Poi, il 14 novembre, si svolgerà il primo Meeting dell’area cardiologia Asl Roma 1, che riguarderà l’Ehra 2018, guida pratica alla gestione della terapia con nuovi anticoagulanti orali nei pazienti con fibrillazione atriale; e la presa in carico del pazienti cardiopatici nella Asl Roma 1.
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Quando, dove e perchè c’è una lesione all’aorta
L’
aorta è l’arteria più ù grande del nostro corpo. Origina dal cuore e termina nel punto in cui si divide nelle due arterie iliache. E’ divisa essenzialmente in un tratto toracico e in un tratto addominale. Attraverso tutte le sue diramazioni porta il sangue, appena ossigenato attraverso i polmoni, a tutti i tessuti del nostro organismo. La sua parete è costituita da tre strati, o tonache, che dall’interno verso l’esterno sono la tonaca intima, la tonaca media e la tonaca avventizia. La dissezione aortica, o dissecazione aortica, è rappresentata da una lacerazione della parete interna dell’aorta. La rottura dell’aorta è invece rappresentata dalla lesione di tutta la parete dell’aorta con coinvolgimento quindi anche della tonaca avventizia. Il principale fattore di rischio per la dissezione dell’aorta è rappresentato dall’ ipertensione arteriosa seguita dalla preesistenza di malattie dell’aorta o di malattie valvolari aortiche, dalla presenza di una storia familiare di malattie dell’aorta, da precedenti interventi cardio-chirurgici, e inoltre da fumo di sigaretta, lesioni traumatiche e uso di droghe assunte per via endovenosa come la cocaina e le amfetamine. Questi fattori di rischio possono determinare delle lesioni attraverso i vari strati del-
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di Patrizia Romano Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
la parete dell’aorta con la formazione di un “falso lume” che può estendersi a varia distanza e rientrare poi all’interno del vaso (è il caso della dissezione) oppure procedere verso lo strato più esterno, la tonaca avventizia, con rottura dell’aorta stessa. I sintomi correlati a tale condizione sono strettamente correlati alla sede in cui si verifica la lesione. Se si verifica nel tratto toracico si potrà avere dolore localizzato al torace (simulando a volte il dolore da infarto acuto del miocardio), al dorso, agli arti superiori, o ancora si potrà avere l’ictus se la lesione interessa le arterie che irrorano il cervello. Se la lesione è localizzata a livello del tratto addominale si potrà
avere dolore alle gambe o dolore addominale o ancora sensazione di pulsazione addominale. Le complicazioni sono rappresentate dal versamento pericardico, che può diventare così importante da determinare la grave condizione nota come tamponamento cardiaco, l’ insufficienza della valvola aortica,o ancora disturbo della irrorazione dei vari organi. La dissezione aortica è una condizione clinica molto grave che deve essere sospettata e diagnosticata nel più breve tempo possibile per poter essere trattata nel miglior modo. Quando dobbiamo sospettare una patologia dell’aorta? Sicuramente la presenza dei sintomi, il dolore prima di tutto, e la presenza delle condizioni cliniche prima descritte possono farci sospettare una dissezione. Cosa fare in questi casi? Senz’altro chiamare il 118 che condurrà il paziente nel più vicino pronto soccorso dove verranno effettuati un elettrocardiogramma, un ecocardiogramma trans toracico ed eventualmente, a giudizio del medico, potrà essere effettuato un ecocardiogramma trans esofageo o una TC del torace e dell’addome per confermare la presenza di una dissezione aortica e definire meglio il tratto di aorta dissecato e la sua estensione. Tutto questo permetterà di scegliere il tipo di intervento più adeguato.
I
Come si previene un evento cardiaco
n quali soggetti dobbiamo prevenire un evento cardiaco? In una persona qualsiasi (prevenzione primaria) o in una persona che abbia già avuto un evento cardiovascolare (prevenzione secondaria)? Ovvero come mantenere il muscolo cardiaco allenato e sano ed evitare recidive? Tranne criteri più restrittivi richiesti nella prevenzione secondaria (valori più bassi di colesterolemia, di pressione arteriosa, di circonferenza addominale ecc.), non ci sono differenze. La salute del nostro cuore è strettamente legata allo stile di vita che conduciamo ogni giorno, fin da giovani, ed è perciò importante conoscere le regole base per fare una buona prevenzione primaria. In neretto “fin da giovani”: sì perché questo è un punto fondamentale. L’aterosclerosi inizia ancora prima dei 30 anni. E’ da giovani che si deve iniziare a fare prevenzione specie nei soggetti con familiarità. La prevenzione si fa su quelli che sono riconosciuti fattori di rischio. Li distinguiamo in modificabili e non modificabili e variano da persona a persona. Tra i fattori non modificabili si indica l’età. Ma è vero? A parità di età, un soggetto asciutto, attivo, dinamico rispetto ad un soggetto obeso e sedentario ha sicuramente un futuro diverso. L’età è dunque un fattore di rischio modificabile (quella biologica rispetto all’anagrafica) se ci impegniamo a dimagrire e ad aumentare l’attività fisica e mentale. Parliamo di familiarità quando un parente di primo grado ha avuto cardiopatia Ischemica
di Alessandro Carunchio Presidente Associazione Cuore Sano
con un evento in giovane età (tra 50 e 60 anni). Non è familiarità se un genitore è morto di infarto > 65 anni. Spesso la familiarità per cardiopatia ischemica dipende dalla trasmissione ereditaria di ipercolesterolemia, diabete, ipertensione, ma anche da comportamenti sbagliati: i figli di fumatori sono spesso fumatori, i figli di soggetti sedentari sono spesso pigri e sedentari mentre se in famiglia si fa sport i figli più facilmente saranno sportivi. Ecco quindi che, in senso lato, anche la familiarità diventa un
diverso perché è una ghiandola che secerne sostanze pro-aterosclerotiche. Nella donna aumenta dopo la menopausa: in questo caso bisogna avere molta attenzione ad iperglicemia, ipertensione e grasso addominale perché incrementano il rischio di malattie cardiovascolari. Sono importanti due numeri: nell’uomo 102 cm. di circonferenza addominale e nella donna 88 cm. Non mi soffermo sulla necessità di curare l’ipertensione come fattore di rischio e neppure sulla necessità di smettere di fu-
La salute del nostro cuore fattore di rischio è strettamente legata allo stile di vita modificabile. che conduciamo Tra i fattori di rischio modificabili c’è il diabete che è spesso ereditario ma mare: il fumo è uno dei più potenti fattoè anche una pandemia dei giorni nostri ri di rischio aterosclerotico e per tumori. dovuta ad eccessi alimentari e a scarso C’è poi lo stress non in quanto tale ma consumo di energia. Il diabete è un po- per come noi rispondiamo allo stress. Se tente fattore di rischio per i danni car- siamo “rabbiosi” ed aggressivi rischiamo diovascolari che comporta. Obesità e di più. Così anche chi va incontro a forvita sedentaria sono spesso legate al dia- me di depressione maggiore. In conclubete. L’obesità viscerale è in correlazione sione c’è molto da fare per ridurre il ridiretta con la circonferenza addomina- schio cardiovascolare e, ripeto, bisogna le. Il grasso viscerale è un grasso molto cominciare dalla giovane età.
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GE Healthcare
Noi di GE ci siamo presi l'impegno di contribuire a far sì che la cura della salute sia sempre più accessibile, migliorando la qualità e riducendo i costi. Proprio come fanno i medici in ogni parte del globo. Investendo nell'innovazione, diamo supporto ai professionisti sanitari di tutto il mondo, perché facciano quello che sanno fare meglio: prendersi cura dei pazienti a livello globale. Ogni giorno, i medici lavorano per dare più salute a sempre più persone, e la tecnologia di GE Healthcare è al loro fianco.
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In corso nuove assunzioni di personale infermieristico
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opo un decennio di blocco del turnover, in particolare per il personale di assistenza infermieristica, ostetrica e degli operatori di supporto si è aperta una nuova fase per la ASL Roma1. Fase determinata dal nuovo piano di assunzioni per tutte le professioni che, oltre a garantire la continuità dei servizi, facilita il consolidamento di innovativi modelli organizzativi innovativi più adeguati a rispondere ai bisogni degli assistiti. Al 1° febbraio di quest’anno erano presenti 2070 infermieri con varie qualifiche e responsabilità, comprendendo dipendenti e altre tipologie contrattuali, escluse esternalizzazioni. Per il blocco, nella nostra l’età media dei dipendenti infermieri è elevata: età media di 52 anni ma tenendo presente che il 30% del personale è compreso nel range 55-66 anni. Da qui numerose limitazioni lavorative che hanno determinato la necessità dell’elaborazione di specifiche strategie di gestione del personale. In considerazione dell’età, le cessazioni di lavoro per raggiunti limiti di età e/o per pensioni di anzianità, sono numerose con una
di Anna Zoppegno Responsabile Uoc Assist. Inferm. Polo Osp. S. Spirito
previsione di uscita costante nel prossimo triennio e conseguente progressivo assottigliamento della forza lavoro: l’anno scorso sono usciti a vario titolo dal polo 91 infermieri. Il reintegro delle risorse a tempo indeterminato per infermieri è avvenuto attraverso lo scorrimento di graduatorie concorsuali aziendali ed extra-aziendali molto datate nel tempo, con difficoltà a reperire risorse disponibili. Per fare fronte a tale situazione, la ASL Roma 1, nel 2017 ha bandito un avviso pubblico per infermieri a tempo determinato, espletato quest’anno e che ha consentito sin qui l’assunzione di 89 infermieri che diventeranno progressivamente 150-180. Tra i nuovi assunti sono compresi 15 infermieri che lavoravano già nei servizi ospedalieri e territoriali attraverso altra modalità contrattuale. A seguito di autorizzazione regionale, l’azienda ha indetto le procedure di mobilità per l’assunzione a tempo indeterminato di 4 infermieri attraverso un avviso di mobilità inter-re-
gionale i cui termini per la presentazione delle domande sono scaduti a luglio. Ulteriore aspetto positivo, per la ASL e per i lavoratori, è rappresentato dai processi di stabilizzazione del personale che, con una procedura già espletata, ha consentito l’assunzione a tempo indeterminato di 15 infermieri che prestavano servizio presso il Presidio Ospedaliero S. Filippo Neri. A ciò si devono aggiungere le procedure di stabilizzazione ex art. 20 del cosiddetto “Decreto Madia” per le quali è in corso la procedura di verifica dei requisiti posseduti dagli operatori. Tra questi c’è un discreto numero di infermieri. L’immissione nei servizi di personale infermieristico e ostetrico con età anagrafica di molto inferiore alla media presente nella ASL, consentirà la sostenibilità dei servizi, in particolare di quelli ospedalieri dove le caratteristiche correlate all’età anagrafica e alle limitazioni lavorative incidono maggiormente. Altrettanto rilevanti sono le specifiche procedure di reperimento della figura di ostetrica che hanno consentito l’assunzione di 16 specialiste: cinque a tempo indeterminato (attraverso lo scorrimento di graduatoria di altra ASL), una attraverso mobilità, e dieci a tempo determinato.
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Siamo (dopo il Giappone) il Paese più vecchio al mondo
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ultimo rapporto dell’Istat ci conferma che, fatta eccezione per il Giappone, siamo il Paese più vecchio del mondo: 13 milioni e 672mila italiani sopra i 65 anni, pari al 22,6% della popolazione) e ci dice che oggi ci sono 170 anziani per ogni 100 giovani. Ma tra appena dieci anni il divario sarà ancor più grande: gli anziani saranno 217 ogni 100 giovani (o relativamente tali). Due le cause: da un lato la denatalità, né l’immigrazione ri-equilibra il rapporto se non in minima parte; e dall’altro lato i progressi formidabili della medicina e il pur modesto miglioramento dei rapporti socio-economici: non va dimenticato che il 6,3% delle famiglie italiane si trova in uno stato di “povertà assoluta” e che un altro 10,6% di famiglie è in “povertà relativa”. Lo stesso rapporto dell’Istituto statistico fornisce altri dati inquietanti, proprio sullo stato degli anziani nel nostro Paese. Anzitutto esattamente la metà degli interpellati (migliaia ma attentamente scelti per campioni di diverso status sociale, di diversa età, di diversa istruzione) dichiara di non avere amici. Magari ha una qualche forma di as-
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Nel nostro Paese due anziani su tre dichiarano di non avere amici e la stessa percentuale sopperisce con l’utilizzo dei social sistenza o di rete sociale, ma non un amico che è cosa molto importante anche e in particolare ad una certa età. Di più: uno su tre (e qui scattano soprattutto le condizioni economico-sociali) non ha proprio nessuno che possa in qualche modo stargli accanto: non un parente, non un vicino di casa, non un assistente pubblico e, manco a dirlo, non un amico. Due dati che dicono di una diffusa infelicità. Per contro c’è qualche segnale insperato. Lo ha rivelato una trasmissione di Rai3, dal titolo apparentemente negativo (“Non ho l’età”) che ha raccontato invece le storie di nuove coppie ultrasettantenni. “Abbiamo scoperto – ha raccontato al Corriere della Sera Claudia Carotenuto, una delle autrici del format – che questi amori sono molto diffusi: dopo i 60 adesso ci si apre di nuovo alla vita e quindi anche all’amore”. Non è il solo anticorpo alla solitudine, ma ce n’è un altro assai più diffuso: il ricorso alle tecnologie che si pensa siano patrimonio pressoché esclusivo dei giovani o di chi lavora. Lo
documenta una indagine di AstraRicerche commissionata dalla potente compagnia assicuratrice Bnp Paribas Cardif: il 66,2% degli interpellati dichiara di adoperare in modo autonomo dispositivi elettronici (cellulari, Internet, ecc.) e social network; ed il 57% rivela che con i social ha rimediato alla solitudine, facendo conoscenze, riscoprendo amici, ecc., ma anche per controllare l’arrivo del bus, farsi mandare a casa una pizza, e così via. “Anche sopra i 90 rispondono alle domande dello smartphone”, racconta l’amministratore delegato di AstraRicerche, Cosimo Finzi. E se a tutte le età si è spaventati dall’idea di finire nel vortice di qualche grave malattia, quest’incubo è assai maggiore tra uomini e donne fra i 65 e i 75 anni (passato quel limite ci sarebbe, secondo la ricerca, una sorta di reazione allo scampato pericolo). E allora quali sono le maggiori paure degli anziani? La più frequente consiste nel cadere, soprattutto nel cadere in casa: lo teme il 50,2% degli interpellati; poi gli acciacchi, in particolare quelli destinati a modificare i piani della vita quotidiana (47%). E infatti una terza inchiesta condotta per “La 27 Ora-Corriere della Sera” racconta che per il 30% degli uomini e il 33% delle donne oltre i 55 anni associano alla felicità un argomento inesistente tra i giovani: l’assenza di dolore. Ma per AstraRicerche nella ricerca della felicità contano soprattutto i valori ideali (56,2%), la coscienza di essere una risorsa per la famiglia e per la società (79,4%), la curiosità (44,1%) e l’ottimismo (44,1%). Almeno per quanti se lo possono permettere…
Un sito dell’Istituto di Sanità contrasta bufale e falsi miti
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e bufale in materia di salute? A smentirle, e a liquidare i falsi miti, ci pensa la prima voce istituzionale di informazione (“Bufale e falsi miti”, appunto) realizzata dall’Istituto superiore di Sanità, e che è consultabile in una apposita sezione del sito www.ISSalute.it . Questa sezione di fake news, aggiornata continuamente, ha già collezionato centinaia di informazioni ingannevoli e le correda da spiegazioni scientifiche che ne evidenziano l’infondatezza. Alcuni esempi. Diversamente da quanto crede più di qualcuno, nessuno studio scientifico ha mai provato che lo zucchero di canna apporti maggiori benefici rispetto allo zucchero bianco. Entrambi contengono, infatti, la stessa molecola (il saccarosio) mentre il processo industriale al quale viene sottoposto lo zucchero per diventare bianco non danneggia il prodotto. Ancora, dicono che se hai bisogno di ferro, devi mangiare tanti spinaci. “Bollino bufala” anche qui, perché gran parte del ferro in essi contenuto è inutilizzabile come nutriente perché presente insieme ad altre
sostanze che ne inibiscono l’assorbimento. Altre bufale? Le medicine alternative sono più sicure ed efficaci; il sole abbassa la pressione perciò può sostituire i farmaci contro l’ipertensione; le cure per i tumori esistono ma non ce le vogliono dare. “Scendiamo in campo contro le bufale sparse a voce e/o on line – spiega il presidente dell’Iss, Walter Ricciardi – perché vogliamo offrire un approdo sicuro, un punto di riferimento rigoroso e autorevole ai tanti cittadini che sempre più spesso consultano il web per motivi di salute trovandovi tutto e il contrario di tutto”. E in effetti almeno un italiano su tre (indagine Censis) naviga in rete per ottenere informazioni sulla salute. Di questi, oltre il 90% effettua ricerche su specifiche patologie ma sempre più spesso le informazioni fornite dal computer sono contaminate da bufale puntualmente smascherate dall’Istituto su-
periore di Sanità. Come si articola la voce dell’Iss? Quattro sezioni: la salute dall’a alla z; stili di vita e ambiente; falsi miti; più una dedicata alle news, aggiornata dall’agenzia Ansa sui temi di attualità e ricerca. In più ci sono, oggi, oltre 1.700 schede su cause, disturbi, cure e prevenzione delle malattie. Insomma, una voce sicura, realizzata da ricercatori e tecnici dell’Istituto, valutati ed approvati dal Comitato scientifico dell’Iss in collaborazione con un team di esperti. “E’ un’informazione certificata all’origine perché prodotta negli stessi luoghi e con gli stessi mezzi con cui si fa ricerca e di produce conoscenza”, aggiunge ancora Ricciardi con l’obiettivo di “spiegare ai cittadini il valore della ricerca e di tutta la conoscenza prodotta dalla comunità scientifica per renderla fruibile al maggior numero possibile di persone, senza discriminazioni anche di livello di alfabetizzazione”.
Spinello? Gli italiani forti consumatori Sono spesso giovani e utilizzano per lo più marijuana. Cresce in modo esponenziale (circa il 40% in soli due anni) il numero delle persone segnalate per consumo di droghe nel Paese: dal 2015 al 2017 sono passate da 27.718 a 38.613. E, in questo quadro, si conferma l’impennata delle segnalazioni dei minori: quadruplicato. Secondo i dati diffusi dalla nona edizione del Libro bianco sulle droghe promosso dalla Società della Ragione-onlus ad essere sanzionati o segnalati all’autorità giudiziaria sono otto volte su dieci i consumatori di cannabinoidi (79%), seguono cocaina (14%) ed eroina (5%). Numeri che rispecchiano quelli diffusi dal rapporto dell’Agenzia europea delle droghe secondo cui l’Italia è il terzo paese europeo in cui si consuma più cannabis, con il 33% della popolazione che l’ha usata almeno una volta nella vita.
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Pillole di salute IL BUONO DELLE ALGHE – Sono quelle (le “nori”) che avvolgono i sushi che hanno proprietà digestive e riducono l’assorbimento dei grassi. Quelle (le “dulse”) ricche di ferro e utili per le diete vegetariane, e poi le “brune” usate come integratore per ridurre il grasso addominale. Ma tutte le alghe, diecine di tipi, sono ricche di Sali minerali, di vitamine, di acidi grassi omega 3, di fibre. La Fao le ha definite “il cibo del futuro” perla ricchezza dei valori nutritivi e il contenuto proteico che le rendono un’arma efficace contro la denutrizione. Diffusissime in Oriente, si stanno facendo strada anche in Italia. Un’azienda olandese ha messo in commercio alghe essiccate che possono essere lessate e condite come spaghetti o fritte come il bacon di cui ricordano il gusto affumicato. Un’altra, italiana, ne arricchisce biscotti e succhi. PREVENZIONE? POCA – Secondo i dati raccolti dalla Banca del Cuore attraverso un sondaggio su 26mila italiani, la prevenzione non è propriamente diffusa in modo capillare. Il 32% degli interpellati non si muove per niente, il
53% fa un’attività fisica leggera, e moderata la fa appena un 15%. Gli uomini in sovrappeso sono il 44%, meno le donne: il 30%. L’allarme scatta con il colesterolo: il 39% ne ha oltre quota 200; l’82% ha un colesterolo Ldl (quello “cattivo”) oltre 70, quota massima per chi è ad alto rischio (diabete o infartuato); e comunque c’è un 25% che ha l’Ldl molto alto. SE TI MUOVI INVECE... – Una nuova prova dell’effetto anti-invecchiamento dell’attività fisica: analizzando i marcatori del sistema immunitario di 125 ciclisti dilettanti di età compresa tra i 55 e i 79 anni, si è visto che, a differenza dei loro coetanei più o meno sedentari, gli sportivi producevano la stessa quantità di linfociti T di un ventenne. Di norma il sistema immunitario comincia a declinare del 2-3 per cento all’anno a partire dai vent’anni. L’attività fisica regolare – scrive la rivista Aging Cell – può dunque rallentare il fisiologico invecchiamento. DIABETE + OBESITÀ – Si chiama “diabesità” e rappresenta un pericolo
molto serio, quasi una pandemia. Spieghiamo: in Italia 3,2 milioni di persone soffre di diabete, e di queste circa 2 milioni sono obese. Negli ultimi trent’anni si è passati dal 2,9 al 5,6% dell’intera popolazione. Tra le cause principali l’assenza di una dieta appropriata e necessariamente severa: l’obesità è uno dei fattori di rischio principali per il diabete. Si stima (dati Istat e Fondazione Ibdo) che quasi la metà dei casi di diabete tipo 2, il più diffuso, siano attribuibili all’obesità o anche solo al sovrappeso. ATTENZIONE ALL’ALCOL – Dopo aver analizzato i dati di circa 600mila persone che consumano regolarmente alcol, alcuni ricercatori di Cambdridge (Regno Unito) hanno confermato che bere aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e accorcia la vita. Naturalmente una cosa è bere un bicchiere di birra e un’altra scolarsi mezza bottiglia di whisky. Secondo questo studio (riportato dall’autorevolissima rivista The Lancet) l’aspettativa di vita di un quarantenne si riduce di mezz’ora per ogni bicchiere di vino in più rispetto al limite raccomandato in molti paesi, tra cui l’Italia (cento grammi di alcol settimanali, pari a cinque bicchieri di vino o di birra). Comunque chi supera i 18 bicchieri di vino per settimana è già a rischio.
Periodico dell’Associazione Cuore Sano in collaborazione con la Uoc Cardiologia S.Spirito • Anno XXIII - n. 3 lug./set. 2018 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Edoardo Nevola, Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi, Giulio Scoppola • Redazione Lungotevere in Sassia n. 3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Segretaria di redazione Carla Maria Rossi• Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Ass. Cuore Sano e redazione di Cuore Amico tel. 06.68352323 • E-mail: dmed.car@aslroma1.it • segreteriacs@cuore-sano.it • www.cuore-sano.it • Stampato dalla Stamperia Lampo
GIORGIO HA LE SUE PERSONALI ESIGENZE IN TERMINI DI TERAPIA ANTICOAGULANTE 82 anni: paziente con insufficienza renale FANV, anziano, sovrappeso, insufficienza renale moderata, molteplici comorbilità, stile di vita sedentario
L’insufficienza renale di Giorgio aumenta il suo rischio di sanguinamento nella FANV - è stato osservato che il rischio relativo di sanguinamento è superiore nei pazienti con nefropatia rispetto ai pazienti che non la presentano.1 I tuoi pazienti stanno tutti assumendo una terapia anticoagulante specifica per le loro personali esigenze? COMORBILITÀ
TERAPIE CONCOMITANTI
NON COMPLIANTE
Bibliografia: 1. Olesen JB et al. Stroke and bleeding in atrial fibrillation with chronic kidney disease. N Engl J Med 2012;367(7):625–635.
FANV= fibrillazione atriale non valvolare
INSUFFICIENZA RENALE
ETÀ AVANZATA
BASSO PESO CORPOREO
Due nuovi farmaci per lo scompenso
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o schema terapeutico dello scompenso cardiaco (SC) con funzione sistolica ridotta del ventricolo sinistro (HFr EF ), che negli ultimi anni ha prodotto dei miglioramenti importanti nella prognosi di pazienti affetti da una malattia grave e cronica, è composto da una serie di farmaci che “collaborano“ tra loro nella inibizione di una serie di sistemi responsabili del mantenimento della malattia. Classicamente, la terapia dello SC si basa sull’inibizione neurormonale del sistema renina-angiotensina-aldosterone (ACE-inibitori o Sartanici e antialdosteronici ) e del sistema nervoso simpatico (Beta Bloccanti o BB ). A questo cocktail di farmaci ben definito negli ultimi anni si sono aggiunti due nuovi medicinali che agiscono in modo diverso: l‘Ivabradina, un bradicardizzante puro, indicato quando la frequenza cardiaca, nonostante i BB, si mantiene al di sopra dei 70 battiti/min, oppure se esiste una assoluta intolleranza ai BB; e gli ARNI. L‘Ivabradina ha dimostrato di avere un effetto benefico soprattutto nel ridurre il numero dei ricoveri per scompenso. Gli ARNI rappresentano la nuova classe degli inibitori del recettore dell’angiotensina e della neprilisina come il Sacubitril/Valsartan. La combinazione delle due molecole aumenta la disponibilità dei peptidi natriuretici (PN), naturalmente secreti dall’organismo come forma di difesa dallo SC. Infatti, i PN aumentano la diuresi, provocano la riduzione della ritenzione di acqua e di sodio nell’organismo e l’abbassamento delle resistenze periferiche delle arterie.
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di Angela Beatrice Scardovi Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Il vantaggio degli ARNI è dunque la possibilità di aumentare farmacologicamente i PN. Dal 2016 il farmaco e’ entrato a far parte delle Linee Guida della Societa’ Europea di Cardiologia e dal 12 marzo 2017 è rimborsabile dal SSN, previa compilazione del piano terapeutico da parte del cardiologo ospedaliero. Si tratta di una terapia veramente innovativa perché, a differenza delle precedenti, non inibisce un sistema dell’organismo ma lo modula, potenziandone gli effetti benefici. Una terapia anche di successo, come dimostrano i risultati di Paradigm-HF, il più vasto studio clinico mai condotto fino ad ora nello scompenso cronico a funzione sistolica ridotta, che ha coinvolto 8.400 pazienti nel mondo. In questo trial l’ARNI è stato confrontato con enalapril, l’ACE-inibitore che rappresenta lo standard di terapia nello SC. I risultati ottenuti rispetto ad esso sono stati molto positivi con riduzione della mortalità cardiovascolare del 20%, della ospedalizzazione per SC del 21%, e della mortalità per tutte le cause del 16%. E’ stato calcolato che in media ARNI allunga la sopravvivenza dei pazienti con SC regalando almeno 1,3 anni di vita libera da eventi. Questi risultati nella pratica clinica si traducono non solo in un prolungamento dell’aspettativa di vita, ma anche in un miglioramento della sua qualità; la fame d’aria e la grave stanchezza tipiche dello SC, infatti, si riducono sensibilmente e i pa-
zienti possono tornare gradualmente ad una vita più attiva. Altro pregio del farmaco (la cui introduzione in terapia deve essere prudente, con aumenti graduali del dosaggio e frequente controllo clinico e di laboratorio nel periodo di “titolazione“) è che non comporta un aumento del numero di pillole che gli scompensati sono costretti ad assumere quotidianamente poiché sostituisce l’ ACE- inibitore o il Sartanico, fattore che favorisce la compliance alla terapia. Il farmaco è indicato in tutti i pazienti con SC cronico di tipoHFr EF che siano abbastanza stabili, cioè che non siano stati appena ricoverati per SC acuto che siano ancora sintomatici, abbiano una pressione sistolica di almeno 100 mmHg, non abbiano una grave insufficienza renale né livelli di potassiemia al di sopra della norma. Gli ARNI sono cioè indicati nei pazienti con SC grave ma in fase ambulatoriale, ovvero all’incirca un terzo di tutti gli scompensati. Uno di questi farmaci, l’Arni, è da un anno rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale.
Vino, meglio il rosso del bianco ma sempre con moderazione
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ere vino fa male? La risposta è delicata. Spesso si sente dire che un bicchiere di vino rosso a pasto allunga la salute. È così? E perché il vino rosso? Perché è ricco di polifenoli, in particolare diresveratrolo, antociani, flavonoidi e tirosolo, presente anche nell’olio d’oliva extravergine. L’effetto benefico del vino rosso deriverebbe proprio dalla presenza di resveratrolo, sostanza naturale della famiglia delle fitoalessine, prodotta da alcune piante a scopo “preventivo” per difendersi da possibili aggressioni di agenti nocivi.
di Antonella Chiera Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
E il vino bianco? E’ ricco di acido caffeico, sostanza con potenzialità antiossidanti molto utili all’apparato cardiovascolare ma la mancanza di resveratrolo rende i suoi benefici sulla salute inferiori a quelli del vino rosso. Uno studio, ormai datato, parla di “paradosso francese”. Una ricerca sull’incidenza delle malattie cardiovascolari ha confrontato una popolazione di francesi con una popolazione di statunitensi che condividevano con i francesi le abitudini alimentari tranne l’assunzione di vino rosso nella dieta. I risultati dello studio hanno dimostrato una significativa riduzione di eventi cardiovascolari tra i francesi rispetto agli americani e la variabile più direttamente correlata è risultata il moderato consumo di vino rosso. Occorre considerare, però, più di un fattore per spiegare questo dato. Le caratteristiche di vita, l’inquinamento, lo stress e l’assunzione di diete diverse, sono importanti fattori per ottenere un profilo cardiovascolare sano. Ma il dato interessante è che il vino rosso aiuta, forse solo in piccola parte, a mantenere le arterie relativamente pulite dal colesterolo cattivo. Ricerche più recenti indicano che il resveratroloavrebbe un effetto protettivo sui vasi sanguigni e inoltre avendo una azione anti-ossidante proteggerebbe dai radicali liberi anche le cellule cerebrali, con un possibile effetto benefico sullo sviluppo di malattie come
l’Alzheimer e la demenza senile. I dati osservazionali sul consumo di alcol e la salute del cuore suggeriscono che un’assunzione leggera e moderata di alcool, sembra essere sana e benefica per la salute. Tuttavia, quando i modelli matematici sono stati applicati per determinare la causalità dell’effetto del moderato uso di vino rosso i risultati sono stati contrastanti. Ammettendo un effetto benefico, quanto vino è concesso? Il consumo eccessivo e l’abuso cronico di alcool sono fattori di rischio che contribuiscono ad un aumento della malattia globale come la cirrosi epatica, la morte improvvisa e le cardiomiopatie alcoliche. E’ difficile stabilire la quantità di alcool che si può assumere senza essere considerata un rischio. Infatti la concentrazione di alcool nel sangue dipende da molti fattori: quota ingerita, modalità di assunzione (meglio al pasto che a digiuno), peso corporeo, quantità di acqua corporea, sesso, fattori genetici, metabolismo individuale, abitudine al consumo di alcolici. Le donne, avendo un minor peso rispetto agli uomini, hanno minori quantità di acqua corporea e quindi una maggiore vulnerabilità agli effetti dell’alcol che viene smaltito con maggior lentezza. Comunque, secondo la comunità scientifica europea, non bisogna superare un bicchiere al giorno per le donne, due bicchieri al giorno per gli uomini, un bicchiere al giorno per i giovani, di età compresa tra i 18 ed i 20 anni e sopra i 65 anni.
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Alcune cose da sapere sui nuovi anticoagulanti orali
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nuovi anticoagulanti orali (o meglio, gli anticoagulanti orali diretti, DOACs) sono uno dei maggiori progressi terapeutici degli ultimi anni, soprattutto per la loro indubbia efficacia e sicurezza rispetto agli antagonisti della vitamina K (AVK), aggiunti al vantaggio di essere assunti in dose fissa senza la necessità del controllo periodico dell'effetto terapeutico (INR). Per ottimizzare i vantaggi del trattamento e ridurre gli eventi sfavorevoli, è necessario fare attenzione ad alcuni aspetti: I farmaci efficaci sono quelli che vengono effettivamente assunti. Ciò è particolarmente importante per i DOACs in considerazione della loro rapidità di azione, che corrisponde ad una rapida perdita di efficacia alla interruzione della terapia. Al contrario degli AVK, che funzionavano per accumulo, e per i quali saltare una dose non comportava l'immediata perdita di efficacia, con i DOACs saltare una assunzione provoca velocemente la cessazione dell'effetto terapeutico e quindi un maggior rischio di eventi trombo-embolici. I DOACs vanno generalmente assunti a stomaco pieno, per garantire una maggiore efficacia e ridurre uno degli effetti sfavorevoli che consiste nel bruciore epigastrico. (Al contrario, gli AVK non vengono ben assorbiti se non assunti lontano dai pasti). Il maggior vantaggio dei DOACs rispetto ad AVK consiste nella riduzione di oltre il 50% del rischio di emorragia cerebrale, evento drammatico e spesso mortale; al contrario, esiste un lieve aumento del rischio
di Francesco Biscione Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
di sanguinamento gastro-intestinale (molto meno grave). E' importante segnalare al medico ogni significativo sanguinamento, ma non sospendere auto-
L’adenosina contenuta nelle cipolle è un anticoagulante naturale, mentre il principio attivo dell’aglio, riduce la formazione di vitamina K, diminuendo così la coagulazione
nomamente la terapia. L'insufficienza renale o epatica comportano un eccesso di attività dei DOACs, di cui il medico prescrittore deve tenere conto. I DOACs non risentono significativamente di interferenze alimentari (al contrario di AVK, la cui azione è modificata dall'assunzione di alcune verdure e di altri cibi). Alcuni farmaci ne modificano l'efficacia terapeutica: è im-
portante riferire al medico tutta la terapia assunta anche per il trattamento di altre patologie, ed ogni variazione successiva, per verificarne la compatibilità. In caso di interventi chirurgici o procedure invasive, i medici coinvolti dovranno programmare una adeguata gestione della terapia anticoagulante, che generalmente non prevede la sostituzione temporanea con derivati eparinici per iniezioni sottocutanee. Per la sicurezza dei pazienti, è indispensabile eseguire dei periodici controlli degli esami del sangue a cadenza almeno semestrare o più frequentemente per i pazienti più fragili (anziani, con insufficienza renale o epatica o con anemia). Al contrario di AVK, esistono degli antidoti diretti per i DOACs (alcuni ancora in fase di sperimentazione), che aumentano la sicurezza del trattamento. Non tutti i pazienti che hanno bisogno di terapia anticoagulante possono essere curati con i DOACs: in particolare, quelli con insufficienza renale severa o con alcune malattie delle valvole cardiache dovranno continuare ad assumere AVK. In conclusione, i nuovi farmaci anticoagulanti orali costituiscono un indubbio progresso di trattamento per le patologie trombo-emboliche, con un favorevole profilo di efficacia, sicurezza e tollerabilità, purché si rispettino alcune importanti regole gestionali.
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Perché i cardiopatici devono vaccinarsi
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onostante gli spettacolari successi ottenuti nel XX secolo con gli antibiotici e le vaccinazioni, le infezioni continuano a colpire i gruppi più fragili, come i cardiopatici e i soggetti predisposti alle cardiopatie per la presenza di fattori di rischio, come fumo, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, malattie renali. Tracciare un bilancio è difficile, perché le infezioni tendono ad agire in modo subdolo ed indiretto, aggravando una malattia cardiaca cronica già in atto o precipitando un evento cardiaco acuto. Il rapporto tra infezioni respiratorie virali ed eventi cardiovascolari acuti è evidenziato dall’andamento parallelo dell’incidenza di entrambi nel corso dell’anno, con un picco nei mesi invernali, e dal fatto che fino ad un terzo degli infarti si verifica poco dopo un’infezione respiratoria acuta. Ciò costituisce un problema di salute pubblica, per il numero elevato di soggetti coinvolti: nell’inverno 2017-18, otto milioni di italiani sono stati colpiti da malattie delle prime vie respiratorie. L’impatto complessivo sulla mortalità cardiovascolare è rilevante, con stime relative agli USA intorno a 30.000-90.000 decessi in più all’anno. Tra i virus respiratori, quelli influenzali sono i più importanti: da soli provocano almeno il 25% di dei casi; inoltre, il rischio di infarto è dieci volte maggiore per il virus influenzale B e cinque per quello A, mentre per gli altri virus respiratori è solo intorno a tre. Da altri studi risulta un’associazione tra eventi cardiovascolari ed infezioni respiratorie batteriche, in particolare le polmoniti più gravi, come quella da pneu-
di Edoardo Nevola Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
Tre i vaccini altamente raccomandati: contro l’influenza, lo pneumococco e l’herpes zoster
mococco, in cui il rischio di infarto è aumentato fino a otto volte. Non meno importante per il cardiopatico è l’Herpes zoster o “fuoco di sant’Antonio”, che aumenta il rischio di infarto del 60% e quello di ictus del 40%. Per fortuna, contro influenza, pneumococco e zoster disponiamo di vaccini efficaci. L’antiinfluenzale riduce il rischio di ammalarsi di un buon 50-60% e determina negli altri casi un decorso attenuato. Soprattutto, riduce il rischio di eventi cardiovascolari del 50-55%, di infarti del 25-30%, di morte cardiovascolare del 40%. L’antipneumococcica può prevenire il 50-80% delle infezioni gravi, e riduce l’incidenza di infarto del 15-20%. L’antizoster riduce il rischio di malattia del 90%; benché manchino ancora dati diretti, ci si attende pari efficacia nella pre-
venzione degli eventi cardiovascolari. Considerando le minori spese sanitarie derivanti dalla riduzione dei casi di malattia, si calcola che per ogni euro investito in vaccino se ne recuperino 18 per l’antiinfluenzale, 20 per l’antipneumococco, 22 per l’antizoster; se si vaccinassero contro l’influenza novecentomila persone in
più rispetto ai due milioni attuali, si risparmierebbero fino a 450 milioni di euro all’anno. Le maggiori agenzie preposte alla salute pubblica concordano nel raccomandare a tutti i cardiopatici tutte e tre le vaccinazioni. L’ antiinfluenzale va effettuata annualmente e, data la stagionalità della malattia, dalla metà di ottobre alla fine di dicembre, con qualche beneficio fino al mese di febbraio per i ritardatari. L’antipneumococcica (due dosi) e l’antizoster (unica dose) si effettuano in qualsiasi periodo dell’anno, possono essere associate all’antinfluenzale e non prevedono richiami a breve scadenza. Nonostante i decisivi vantaggi, esistono rare controindicazioni ai vaccini; per individuarle, si raccomanda sempre di decidere la vaccinazione insieme al medico curante.
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La sindrome-apnea nel sonno che può danneggiare il cuore
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di Stefano Iosi Dirigente medico Uoc Pronto Soccorso e Medicina d’urgenza S. Spirito
a sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS, Obstructive Sleep Apnea Syndrome), consiste in episodi ricorrenti di ostruzione reversibile completa o parziale delle prime vie aeree, rino e orofaringe, durante il sonno. Essa è dovuta a un alterato controllo ventilatorio e/o neuro funzionale dei muscoli delle pareti delle vie aeree. La prevalenza della sindrome è tra 1,2 e 7,5 % ma aumenta con l’età arrivando al 25% dopo gli 80 anni. Si presenta più nei maschi, nei soggetti obesi o in sovrappeso anche se il 30% degli affetti da OSAS è normopeso; e inoltre nelle persone con il collo corto e tozzo (taurino), in chi ha ostruzioni delle prime vie aeree (a livello del naso, della bocca o della gola). La patologia si associa con la bronco pneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) in una percentuale compresa tra il 9 e il 28%. L’individuazione della patologia è spesso casuale e il primo sospetto è quello del partner che si accorge delle “pause” respiratorie notturne. Dal punto di vista clinico, è caratterizzata da sonnolenza diurna e/o alterazioni delle performance durante la veglia e da russamento nel sonno. Per la diagnosi bi-
sogna rivolgersi allo specialista (otorino o pneumologo) che farà fare una polisonnografia. Si parla di sindrome delle apnee ostruttive nel sonno in presenza di almeno cinque episodi/ora in presenza di altri sintomi come la sonnolenza diurna, oppure, in assenza di sintomi, quando si verifica almeno un numero di eventi uguale o superiore a quindici. Ma qual è la relazione col cuore? Durante un’apnea, la saturazione di ossigeno nel sangue crolla mentre sale l’anidride carbonica. Ciò stimola i centri nervosi a incrementare lo sforzo del diaframma che si abbassa energicamente per riaprire le vie aeree. Le vie si riaprono ma anche lo sforzo del diaframma aggrava momentaneamente la riduzione di ossigeno nel sangue. Inoltre il violento abbassamento del diaframma pro-
duce più del solito una pressione negativa all’interno del torace e ciò può indurre uno stimolo vagale. Quest’ultimo a sua volta può determinare delle aritmie durante il sonno (aritmie ipocinetiche). La bassa saturazione di ossigeno peggiora la funzione cardiaca. I soggetti con OSAS hanno una probabilità doppia di morte cardiaca improvvisa durante il sonno rispetto alla popolazione normale e hanno una maggiore probabilità di ammalare di patologie cardiovascolari. Una volta accertata la patologia, il paziente deve rimuovere le eventuali cause anatomiche di ostruzione e deve dimagrire. Poi, su indicazione dello specialista, potrà usufruire della terapia con CPAP (Continuous Positive Airway Pressure), un dispositivo da tenere durante il sonno che attraverso una pressione positiva nelle vie aeree evita che queste collassino. Anche se il dispositivo spesso non è ben tollerato, il paziente, visti i rischi indotti dalle apnee, si gioverà della terapia con CPAP e ne gioverà anche il partner.
Due giornate di studio sul cuore In autunno l’Ospedale Santo Spirito ospiterà due importanti giornate di studio promosse dalla Asl Roma 1 con il sostegno della Regione Lazio, e delle quali sarà responsabile scientifico il direttore della Cardiologia Roberto Ricci. Il 24 ottobre si terrà il secondo Workshop sul percorso cardiovascolare nell’area ospedaliera del Santo Spirito, una rete che comprende tre distretti. Poi, il 14 novembre, si svolgerà il primo Meeting dell’area cardiologia Asl Roma 1, che riguarderà l’Ehra 2018, guida pratica alla gestione della terapia con nuovi anticoagulanti orali nei pazienti con fibrillazione atriale; e la presa in carico del pazienti cardiopatici nella Asl Roma 1.
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Quando, dove e perchè c’è una lesione all’aorta
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aorta è l’arteria più ù grande del nostro corpo. Origina dal cuore e termina nel punto in cui si divide nelle due arterie iliache. E’ divisa essenzialmente in un tratto toracico e in un tratto addominale. Attraverso tutte le sue diramazioni porta il sangue, appena ossigenato attraverso i polmoni, a tutti i tessuti del nostro organismo. La sua parete è costituita da tre strati, o tonache, che dall’interno verso l’esterno sono la tonaca intima, la tonaca media e la tonaca avventizia. La dissezione aortica, o dissecazione aortica, è rappresentata da una lacerazione della parete interna dell’aorta. La rottura dell’aorta è invece rappresentata dalla lesione di tutta la parete dell’aorta con coinvolgimento quindi anche della tonaca avventizia. Il principale fattore di rischio per la dissezione dell’aorta è rappresentato dall’ ipertensione arteriosa seguita dalla preesistenza di malattie dell’aorta o di malattie valvolari aortiche, dalla presenza di una storia familiare di malattie dell’aorta, da precedenti interventi cardio-chirurgici, e inoltre da fumo di sigaretta, lesioni traumatiche e uso di droghe assunte per via endovenosa come la cocaina e le amfetamine. Questi fattori di rischio possono determinare delle lesioni attraverso i vari strati del-
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di Patrizia Romano Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito
la parete dell’aorta con la formazione di un “falso lume” che può estendersi a varia distanza e rientrare poi all’interno del vaso (è il caso della dissezione) oppure procedere verso lo strato più esterno, la tonaca avventizia, con rottura dell’aorta stessa. I sintomi correlati a tale condizione sono strettamente correlati alla sede in cui si verifica la lesione. Se si verifica nel tratto toracico si potrà avere dolore localizzato al torace (simulando a volte il dolore da infarto acuto del miocardio), al dorso, agli arti superiori, o ancora si potrà avere l’ictus se la lesione interessa le arterie che irrorano il cervello. Se la lesione è localizzata a livello del tratto addominale si potrà
avere dolore alle gambe o dolore addominale o ancora sensazione di pulsazione addominale. Le complicazioni sono rappresentate dal versamento pericardico, che può diventare così importante da determinare la grave condizione nota come tamponamento cardiaco, l’ insufficienza della valvola aortica,o ancora disturbo della irrorazione dei vari organi. La dissezione aortica è una condizione clinica molto grave che deve essere sospettata e diagnosticata nel più breve tempo possibile per poter essere trattata nel miglior modo. Quando dobbiamo sospettare una patologia dell’aorta? Sicuramente la presenza dei sintomi, il dolore prima di tutto, e la presenza delle condizioni cliniche prima descritte possono farci sospettare una dissezione. Cosa fare in questi casi? Senz’altro chiamare il 118 che condurrà il paziente nel più vicino pronto soccorso dove verranno effettuati un elettrocardiogramma, un ecocardiogramma trans toracico ed eventualmente, a giudizio del medico, potrà essere effettuato un ecocardiogramma trans esofageo o una TC del torace e dell’addome per confermare la presenza di una dissezione aortica e definire meglio il tratto di aorta dissecato e la sua estensione. Tutto questo permetterà di scegliere il tipo di intervento più adeguato.
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Come si previene un evento cardiaco
n quali soggetti dobbiamo prevenire un evento cardiaco? In una persona qualsiasi (prevenzione primaria) o in una persona che abbia già avuto un evento cardiovascolare (prevenzione secondaria)? Ovvero come mantenere il muscolo cardiaco allenato e sano ed evitare recidive? Tranne criteri più restrittivi richiesti nella prevenzione secondaria (valori più bassi di colesterolemia, di pressione arteriosa, di circonferenza addominale ecc.), non ci sono differenze. La salute del nostro cuore è strettamente legata allo stile di vita che conduciamo ogni giorno, fin da giovani, ed è perciò importante conoscere le regole base per fare una buona prevenzione primaria. In neretto “fin da giovani”: sì perché questo è un punto fondamentale. L’aterosclerosi inizia ancora prima dei 30 anni. E’ da giovani che si deve iniziare a fare prevenzione specie nei soggetti con familiarità. La prevenzione si fa su quelli che sono riconosciuti fattori di rischio. Li distinguiamo in modificabili e non modificabili e variano da persona a persona. Tra i fattori non modificabili si indica l’età. Ma è vero? A parità di età, un soggetto asciutto, attivo, dinamico rispetto ad un soggetto obeso e sedentario ha sicuramente un futuro diverso. L’età è dunque un fattore di rischio modificabile (quella biologica rispetto all’anagrafica) se ci impegniamo a dimagrire e ad aumentare l’attività fisica e mentale. Parliamo di familiarità quando un parente di primo grado ha avuto cardiopatia Ischemica
di Alessandro Carunchio Presidente Associazione Cuore Sano
con un evento in giovane età (tra 50 e 60 anni). Non è familiarità se un genitore è morto di infarto > 65 anni. Spesso la familiarità per cardiopatia ischemica dipende dalla trasmissione ereditaria di ipercolesterolemia, diabete, ipertensione, ma anche da comportamenti sbagliati: i figli di fumatori sono spesso fumatori, i figli di soggetti sedentari sono spesso pigri e sedentari mentre se in famiglia si fa sport i figli più facilmente saranno sportivi. Ecco quindi che, in senso lato, anche la familiarità diventa un
diverso perché è una ghiandola che secerne sostanze pro-aterosclerotiche. Nella donna aumenta dopo la menopausa: in questo caso bisogna avere molta attenzione ad iperglicemia, ipertensione e grasso addominale perché incrementano il rischio di malattie cardiovascolari. Sono importanti due numeri: nell’uomo 102 cm. di circonferenza addominale e nella donna 88 cm. Non mi soffermo sulla necessità di curare l’ipertensione come fattore di rischio e neppure sulla necessità di smettere di fu-
La salute del nostro cuore fattore di rischio è strettamente legata allo stile di vita modificabile. che conduciamo Tra i fattori di rischio modificabili c’è il diabete che è spesso ereditario ma mare: il fumo è uno dei più potenti fattoè anche una pandemia dei giorni nostri ri di rischio aterosclerotico e per tumori. dovuta ad eccessi alimentari e a scarso C’è poi lo stress non in quanto tale ma consumo di energia. Il diabete è un po- per come noi rispondiamo allo stress. Se tente fattore di rischio per i danni car- siamo “rabbiosi” ed aggressivi rischiamo diovascolari che comporta. Obesità e di più. Così anche chi va incontro a forvita sedentaria sono spesso legate al dia- me di depressione maggiore. In conclubete. L’obesità viscerale è in correlazione sione c’è molto da fare per ridurre il ridiretta con la circonferenza addomina- schio cardiovascolare e, ripeto, bisogna le. Il grasso viscerale è un grasso molto cominciare dalla giovane età.
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GE Healthcare
Noi di GE ci siamo presi l'impegno di contribuire a far sì che la cura della salute sia sempre più accessibile, migliorando la qualità e riducendo i costi. Proprio come fanno i medici in ogni parte del globo. Investendo nell'innovazione, diamo supporto ai professionisti sanitari di tutto il mondo, perché facciano quello che sanno fare meglio: prendersi cura dei pazienti a livello globale. Ogni giorno, i medici lavorano per dare più salute a sempre più persone, e la tecnologia di GE Healthcare è al loro fianco.
GE imagination at work © 2017 General Electric Company GE Healthcare srl a General Electric company, doing business as GE Healthcare.
In corso nuove assunzioni di personale infermieristico
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opo un decennio di blocco del turnover, in particolare per il personale di assistenza infermieristica, ostetrica e degli operatori di supporto si è aperta una nuova fase per la ASL Roma1. Fase determinata dal nuovo piano di assunzioni per tutte le professioni che, oltre a garantire la continuità dei servizi, facilita il consolidamento di innovativi modelli organizzativi innovativi più adeguati a rispondere ai bisogni degli assistiti. Al 1° febbraio di quest’anno erano presenti 2070 infermieri con varie qualifiche e responsabilità, comprendendo dipendenti e altre tipologie contrattuali, escluse esternalizzazioni. Per il blocco, nella nostra l’età media dei dipendenti infermieri è elevata: età media di 52 anni ma tenendo presente che il 30% del personale è compreso nel range 55-66 anni. Da qui numerose limitazioni lavorative che hanno determinato la necessità dell’elaborazione di specifiche strategie di gestione del personale. In considerazione dell’età, le cessazioni di lavoro per raggiunti limiti di età e/o per pensioni di anzianità, sono numerose con una
di Anna Zoppegno Responsabile Uoc Assist. Inferm. Polo Osp. S. Spirito
previsione di uscita costante nel prossimo triennio e conseguente progressivo assottigliamento della forza lavoro: l’anno scorso sono usciti a vario titolo dal polo 91 infermieri. Il reintegro delle risorse a tempo indeterminato per infermieri è avvenuto attraverso lo scorrimento di graduatorie concorsuali aziendali ed extra-aziendali molto datate nel tempo, con difficoltà a reperire risorse disponibili. Per fare fronte a tale situazione, la ASL Roma 1, nel 2017 ha bandito un avviso pubblico per infermieri a tempo determinato, espletato quest’anno e che ha consentito sin qui l’assunzione di 89 infermieri che diventeranno progressivamente 150-180. Tra i nuovi assunti sono compresi 15 infermieri che lavoravano già nei servizi ospedalieri e territoriali attraverso altra modalità contrattuale. A seguito di autorizzazione regionale, l’azienda ha indetto le procedure di mobilità per l’assunzione a tempo indeterminato di 4 infermieri attraverso un avviso di mobilità inter-re-
gionale i cui termini per la presentazione delle domande sono scaduti a luglio. Ulteriore aspetto positivo, per la ASL e per i lavoratori, è rappresentato dai processi di stabilizzazione del personale che, con una procedura già espletata, ha consentito l’assunzione a tempo indeterminato di 15 infermieri che prestavano servizio presso il Presidio Ospedaliero S. Filippo Neri. A ciò si devono aggiungere le procedure di stabilizzazione ex art. 20 del cosiddetto “Decreto Madia” per le quali è in corso la procedura di verifica dei requisiti posseduti dagli operatori. Tra questi c’è un discreto numero di infermieri. L’immissione nei servizi di personale infermieristico e ostetrico con età anagrafica di molto inferiore alla media presente nella ASL, consentirà la sostenibilità dei servizi, in particolare di quelli ospedalieri dove le caratteristiche correlate all’età anagrafica e alle limitazioni lavorative incidono maggiormente. Altrettanto rilevanti sono le specifiche procedure di reperimento della figura di ostetrica che hanno consentito l’assunzione di 16 specialiste: cinque a tempo indeterminato (attraverso lo scorrimento di graduatoria di altra ASL), una attraverso mobilità, e dieci a tempo determinato.
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Siamo (dopo il Giappone) il Paese più vecchio al mondo
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ultimo rapporto dell’Istat ci conferma che, fatta eccezione per il Giappone, siamo il Paese più vecchio del mondo: 13 milioni e 672mila italiani sopra i 65 anni, pari al 22,6% della popolazione) e ci dice che oggi ci sono 170 anziani per ogni 100 giovani. Ma tra appena dieci anni il divario sarà ancor più grande: gli anziani saranno 217 ogni 100 giovani (o relativamente tali). Due le cause: da un lato la denatalità, né l’immigrazione ri-equilibra il rapporto se non in minima parte; e dall’altro lato i progressi formidabili della medicina e il pur modesto miglioramento dei rapporti socio-economici: non va dimenticato che il 6,3% delle famiglie italiane si trova in uno stato di “povertà assoluta” e che un altro 10,6% di famiglie è in “povertà relativa”. Lo stesso rapporto dell’Istituto statistico fornisce altri dati inquietanti, proprio sullo stato degli anziani nel nostro Paese. Anzitutto esattamente la metà degli interpellati (migliaia ma attentamente scelti per campioni di diverso status sociale, di diversa età, di diversa istruzione) dichiara di non avere amici. Magari ha una qualche forma di as-
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Nel nostro Paese due anziani su tre dichiarano di non avere amici e la stessa percentuale sopperisce con l’utilizzo dei social sistenza o di rete sociale, ma non un amico che è cosa molto importante anche e in particolare ad una certa età. Di più: uno su tre (e qui scattano soprattutto le condizioni economico-sociali) non ha proprio nessuno che possa in qualche modo stargli accanto: non un parente, non un vicino di casa, non un assistente pubblico e, manco a dirlo, non un amico. Due dati che dicono di una diffusa infelicità. Per contro c’è qualche segnale insperato. Lo ha rivelato una trasmissione di Rai3, dal titolo apparentemente negativo (“Non ho l’età”) che ha raccontato invece le storie di nuove coppie ultrasettantenni. “Abbiamo scoperto – ha raccontato al Corriere della Sera Claudia Carotenuto, una delle autrici del format – che questi amori sono molto diffusi: dopo i 60 adesso ci si apre di nuovo alla vita e quindi anche all’amore”. Non è il solo anticorpo alla solitudine, ma ce n’è un altro assai più diffuso: il ricorso alle tecnologie che si pensa siano patrimonio pressoché esclusivo dei giovani o di chi lavora. Lo
documenta una indagine di AstraRicerche commissionata dalla potente compagnia assicuratrice Bnp Paribas Cardif: il 66,2% degli interpellati dichiara di adoperare in modo autonomo dispositivi elettronici (cellulari, Internet, ecc.) e social network; ed il 57% rivela che con i social ha rimediato alla solitudine, facendo conoscenze, riscoprendo amici, ecc., ma anche per controllare l’arrivo del bus, farsi mandare a casa una pizza, e così via. “Anche sopra i 90 rispondono alle domande dello smartphone”, racconta l’amministratore delegato di AstraRicerche, Cosimo Finzi. E se a tutte le età si è spaventati dall’idea di finire nel vortice di qualche grave malattia, quest’incubo è assai maggiore tra uomini e donne fra i 65 e i 75 anni (passato quel limite ci sarebbe, secondo la ricerca, una sorta di reazione allo scampato pericolo). E allora quali sono le maggiori paure degli anziani? La più frequente consiste nel cadere, soprattutto nel cadere in casa: lo teme il 50,2% degli interpellati; poi gli acciacchi, in particolare quelli destinati a modificare i piani della vita quotidiana (47%). E infatti una terza inchiesta condotta per “La 27 Ora-Corriere della Sera” racconta che per il 30% degli uomini e il 33% delle donne oltre i 55 anni associano alla felicità un argomento inesistente tra i giovani: l’assenza di dolore. Ma per AstraRicerche nella ricerca della felicità contano soprattutto i valori ideali (56,2%), la coscienza di essere una risorsa per la famiglia e per la società (79,4%), la curiosità (44,1%) e l’ottimismo (44,1%). Almeno per quanti se lo possono permettere…
Un sito dell’Istituto di Sanità contrasta bufale e falsi miti
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e bufale in materia di salute? A smentirle, e a liquidare i falsi miti, ci pensa la prima voce istituzionale di informazione (“Bufale e falsi miti”, appunto) realizzata dall’Istituto superiore di Sanità, e che è consultabile in una apposita sezione del sito www.ISSalute.it . Questa sezione di fake news, aggiornata continuamente, ha già collezionato centinaia di informazioni ingannevoli e le correda da spiegazioni scientifiche che ne evidenziano l’infondatezza. Alcuni esempi. Diversamente da quanto crede più di qualcuno, nessuno studio scientifico ha mai provato che lo zucchero di canna apporti maggiori benefici rispetto allo zucchero bianco. Entrambi contengono, infatti, la stessa molecola (il saccarosio) mentre il processo industriale al quale viene sottoposto lo zucchero per diventare bianco non danneggia il prodotto. Ancora, dicono che se hai bisogno di ferro, devi mangiare tanti spinaci. “Bollino bufala” anche qui, perché gran parte del ferro in essi contenuto è inutilizzabile come nutriente perché presente insieme ad altre
sostanze che ne inibiscono l’assorbimento. Altre bufale? Le medicine alternative sono più sicure ed efficaci; il sole abbassa la pressione perciò può sostituire i farmaci contro l’ipertensione; le cure per i tumori esistono ma non ce le vogliono dare. “Scendiamo in campo contro le bufale sparse a voce e/o on line – spiega il presidente dell’Iss, Walter Ricciardi – perché vogliamo offrire un approdo sicuro, un punto di riferimento rigoroso e autorevole ai tanti cittadini che sempre più spesso consultano il web per motivi di salute trovandovi tutto e il contrario di tutto”. E in effetti almeno un italiano su tre (indagine Censis) naviga in rete per ottenere informazioni sulla salute. Di questi, oltre il 90% effettua ricerche su specifiche patologie ma sempre più spesso le informazioni fornite dal computer sono contaminate da bufale puntualmente smascherate dall’Istituto su-
periore di Sanità. Come si articola la voce dell’Iss? Quattro sezioni: la salute dall’a alla z; stili di vita e ambiente; falsi miti; più una dedicata alle news, aggiornata dall’agenzia Ansa sui temi di attualità e ricerca. In più ci sono, oggi, oltre 1.700 schede su cause, disturbi, cure e prevenzione delle malattie. Insomma, una voce sicura, realizzata da ricercatori e tecnici dell’Istituto, valutati ed approvati dal Comitato scientifico dell’Iss in collaborazione con un team di esperti. “E’ un’informazione certificata all’origine perché prodotta negli stessi luoghi e con gli stessi mezzi con cui si fa ricerca e di produce conoscenza”, aggiunge ancora Ricciardi con l’obiettivo di “spiegare ai cittadini il valore della ricerca e di tutta la conoscenza prodotta dalla comunità scientifica per renderla fruibile al maggior numero possibile di persone, senza discriminazioni anche di livello di alfabetizzazione”.
Spinello? Gli italiani forti consumatori Sono spesso giovani e utilizzano per lo più marijuana. Cresce in modo esponenziale (circa il 40% in soli due anni) il numero delle persone segnalate per consumo di droghe nel Paese: dal 2015 al 2017 sono passate da 27.718 a 38.613. E, in questo quadro, si conferma l’impennata delle segnalazioni dei minori: quadruplicato. Secondo i dati diffusi dalla nona edizione del Libro bianco sulle droghe promosso dalla Società della Ragione-onlus ad essere sanzionati o segnalati all’autorità giudiziaria sono otto volte su dieci i consumatori di cannabinoidi (79%), seguono cocaina (14%) ed eroina (5%). Numeri che rispecchiano quelli diffusi dal rapporto dell’Agenzia europea delle droghe secondo cui l’Italia è il terzo paese europeo in cui si consuma più cannabis, con il 33% della popolazione che l’ha usata almeno una volta nella vita.
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S E VO L E T E S O S T E N E R C I Unicredit Banca di Roma – Roma 173 – Ospedale Borgo S.Spirito, 3 – 00193 Roma Codice IBAN IT 66 Z 02008 05135 000400005512 – Swift code UNCRITM1B83 Posta – c/c n. 1031536970 Cod. Fisc. Associazione (5 per mille) – 96255480582
Pillole di salute IL BUONO DELLE ALGHE – Sono quelle (le “nori”) che avvolgono i sushi che hanno proprietà digestive e riducono l’assorbimento dei grassi. Quelle (le “dulse”) ricche di ferro e utili per le diete vegetariane, e poi le “brune” usate come integratore per ridurre il grasso addominale. Ma tutte le alghe, diecine di tipi, sono ricche di Sali minerali, di vitamine, di acidi grassi omega 3, di fibre. La Fao le ha definite “il cibo del futuro” perla ricchezza dei valori nutritivi e il contenuto proteico che le rendono un’arma efficace contro la denutrizione. Diffusissime in Oriente, si stanno facendo strada anche in Italia. Un’azienda olandese ha messo in commercio alghe essiccate che possono essere lessate e condite come spaghetti o fritte come il bacon di cui ricordano il gusto affumicato. Un’altra, italiana, ne arricchisce biscotti e succhi. PREVENZIONE? POCA – Secondo i dati raccolti dalla Banca del Cuore attraverso un sondaggio su 26mila italiani, la prevenzione non è propriamente diffusa in modo capillare. Il 32% degli interpellati non si muove per niente, il
53% fa un’attività fisica leggera, e moderata la fa appena un 15%. Gli uomini in sovrappeso sono il 44%, meno le donne: il 30%. L’allarme scatta con il colesterolo: il 39% ne ha oltre quota 200; l’82% ha un colesterolo Ldl (quello “cattivo”) oltre 70, quota massima per chi è ad alto rischio (diabete o infartuato); e comunque c’è un 25% che ha l’Ldl molto alto. SE TI MUOVI INVECE... – Una nuova prova dell’effetto anti-invecchiamento dell’attività fisica: analizzando i marcatori del sistema immunitario di 125 ciclisti dilettanti di età compresa tra i 55 e i 79 anni, si è visto che, a differenza dei loro coetanei più o meno sedentari, gli sportivi producevano la stessa quantità di linfociti T di un ventenne. Di norma il sistema immunitario comincia a declinare del 2-3 per cento all’anno a partire dai vent’anni. L’attività fisica regolare – scrive la rivista Aging Cell – può dunque rallentare il fisiologico invecchiamento. DIABETE + OBESITÀ – Si chiama “diabesità” e rappresenta un pericolo
molto serio, quasi una pandemia. Spieghiamo: in Italia 3,2 milioni di persone soffre di diabete, e di queste circa 2 milioni sono obese. Negli ultimi trent’anni si è passati dal 2,9 al 5,6% dell’intera popolazione. Tra le cause principali l’assenza di una dieta appropriata e necessariamente severa: l’obesità è uno dei fattori di rischio principali per il diabete. Si stima (dati Istat e Fondazione Ibdo) che quasi la metà dei casi di diabete tipo 2, il più diffuso, siano attribuibili all’obesità o anche solo al sovrappeso. ATTENZIONE ALL’ALCOL – Dopo aver analizzato i dati di circa 600mila persone che consumano regolarmente alcol, alcuni ricercatori di Cambdridge (Regno Unito) hanno confermato che bere aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e accorcia la vita. Naturalmente una cosa è bere un bicchiere di birra e un’altra scolarsi mezza bottiglia di whisky. Secondo questo studio (riportato dall’autorevolissima rivista The Lancet) l’aspettativa di vita di un quarantenne si riduce di mezz’ora per ogni bicchiere di vino in più rispetto al limite raccomandato in molti paesi, tra cui l’Italia (cento grammi di alcol settimanali, pari a cinque bicchieri di vino o di birra). Comunque chi supera i 18 bicchieri di vino per settimana è già a rischio.
Periodico dell’Associazione Cuore Sano in collaborazione con la Uoc Cardiologia S.Spirito • Anno XXIII - n. 3 lug./set. 2018 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Edoardo Nevola, Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi, Giulio Scoppola • Redazione Lungotevere in Sassia n. 3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Segretaria di redazione Carla Maria Rossi• Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Ass. Cuore Sano e redazione di Cuore Amico tel. 06.68352323 • E-mail: dmed.car@aslroma1.it • segreteriacs@cuore-sano.it • www.cuore-sano.it • Stampato dalla Stamperia Lampo
GIORGIO HA LE SUE PERSONALI ESIGENZE IN TERMINI DI TERAPIA ANTICOAGULANTE 82 anni: paziente con insufficienza renale FANV, anziano, sovrappeso, insufficienza renale moderata, molteplici comorbilità, stile di vita sedentario
L’insufficienza renale di Giorgio aumenta il suo rischio di sanguinamento nella FANV - è stato osservato che il rischio relativo di sanguinamento è superiore nei pazienti con nefropatia rispetto ai pazienti che non la presentano.1 I tuoi pazienti stanno tutti assumendo una terapia anticoagulante specifica per le loro personali esigenze? COMORBILITÀ
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NON COMPLIANTE
Bibliografia: 1. Olesen JB et al. Stroke and bleeding in atrial fibrillation with chronic kidney disease. N Engl J Med 2012;367(7):625–635.
FANV= fibrillazione atriale non valvolare
INSUFFICIENZA RENALE
ETÀ AVANZATA
BASSO PESO CORPOREO