Cuore amico 2017 n. 4

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VA LO CC HA INA I G RS IÀ I FA TT O?

Periodico dell’Associazione Cuore Sano in collaborazione con la UOC Cardiologia del Santo Spirito Anno XXII - n. 4 ottobre-dicembre 2017

All’interno:

2017

ARRIVANO DA BARCELLONA TRE NOVITÀ SUL CUORE I VANTAGGI E LE RISERVE DELL’USO DELLA POLIPILLOLA COS’È IL “RISCHIO CLINICO” E COME SI FRONTEGGIA NUOVI LIVELLI DI ASSISTENZA PERCHÉ TANTI RITARDI



Un team di specialisti per le nostre arterie di Alessandro Totteri Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito

l congresso europeo di cardiologia, a Barcellona, sono state presentate le nuove linee-guida (LG) riguardanti la diagnosi ed il trattamento delle malattie delle arterie periferiche (Peripheral Arterial Disease – PAD), frutto della collaborazione delle Società Europee di Cardiologia e di Chirurgia Vascolare. La prima importante raccomandazione delle LG nell’affrontare le PAD è rappresentata dal suggerimento di un approccio specialistico multidisciplinare a queste malattie, che coinvolga più specialisti del settore (cardiologo, angiologo, chirurgo vascolare e radiologo interventista) al fine, laddove è possibile, di costituire un vero e proprio Team vascolare per una migliore diagnosi e l’ottimizzazione del trattamento delle malattie delle arterie periferiche. Viene inoltre puntualizzata l’importanza di sviluppare iniziative mediche e pubbliche per migliorare la conoscenza di queste patologie, in particolare per quanto riguarda le arteriopatie carotidee, che coinvolgono la circolazione cerebrale, e quelle degli arti inferiori. In generale in tutte le PAD appare fondamentale effettuare uno screening di verifica su eventuali patologie associate come la presenza di una situazione di scompenso cardiaco o di fibrillazione atriale, situazioni che possono modificare in modo significativo la condotta terapeutica. Nelle PAD stabili clinica-

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mente, ma in presenza di fibrillazione atriale, infatti, dovrà essere utilizzata unicamente la terapia anticoagulante orale. Per quanto riguarda le patologie carotidee sussiste una indicazione al trattamento chirurgico o endovascolare (stent carotideo) nelle lesioni critiche solo se ad alto rischio di ictus, con preferenza della metodica di stenting nei pazienti ad alto rischio chirurgico. In considerazione inoltre della frequente associazione tra arteriopatie carotidee e coronariche in tutte le situazioni di chirurgia elettiva carotidea viene raccomandata l’esecuzione di coronarografia, mentre la rivascolarizzazione preventiva delle lesioni carotidee asintomatiche, seppure critiche, prima di by-pass aor-

to/coronarico è controindicata. Relativamente invece alle arteriopatie degli arti inferiori per la prima volta i riflettori sono puntati sull’utilizzo estensivo delle statine, che indipendentemente dalla riduzione del colesterolo, in numerosi studi hanno dimostrato di migliorare la performance di marcia e prevenire la formazione di ulteriori placche aterosclerotiche all’interno delle arterie. Il moderno trattamento di queste arteriopatie inoltre non deve prescindere dall’esercizio fisico, controllato da personale sanitario, che dovrà far sempre parte integrante del trattamento anche dopo un intervento di rivascolarizzazione. Un intero capitolo delle LG è stato inoltre dedicato alla terapia farmacologica antitrombotica (farmaci antiaggreganti piastrinici) da modulare relativamente alle diverse presentazioni delle PAD, non tralasciando l’utilizzo, nei casi selezionati, della terapia anticoagulante orale a lungo termine con particolare riguardo ai nuovi anticoagulanti. Infine nei casi di ischemia cronica critica degli arti inferiori a rischio amputazione particolare risalto viene dato alle ferite e alle infezioni delle estremità che sono considerate attraverso una specifica nuova classificazione. Personalmente ritengo che, nell’era delle super specializzazioni, la prima raccomandazione di queste LG ci deve indurre a riflettere come la collaborazione tra vari specialisti possa costituire il cardine nella valutazione ed il trattamento appropriato delle patologie del singolo paziente.

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Per l’angioplastica tempo massimo 90’ di Maurizio Burattini Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito

l Congresso è consuetudine presentare il lavoro svolto da numerosi e prestigiosi nomi della cardiologia mondiale condensato nelle “Linee Guida della Società Europea di Cardiologia”. Gli aggiornamenti nell’approccio alle problematiche cardiologiche di maggior rilievo vengono così pubblicati e rappresentano il punto di riferimento di ogni cardiologo. E’ quindi in questo scenario che Il professor Stefan James ha presentato l’aggiornamento 2017 delle linee guida dell’infarto STEMI (Infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST). E’ stato sottolineato come sia necessario uno sforzo ulteriore nella ricerca volto ad aumentare il livello di evidenza delle raccomandazioni. In questa versione infatti il 49% delle raccomandazioni risulta ancora in livello di evidenza C (derivanti da consensus di esperti, piccoli studi, dati retrospettivi o di registro). Le principali novità presentate nelle nuove linee guida riguardano l’utilizzo routinario dell’accesso attraverso l’arteria radiale nella esecu-

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zione della coronarografia e dell’angioplastica, l’uso estensivo degli stent medicati rispetto agli stent metallici. E’ stata stigmatizzata la strategia di rivascolarizzare completamente il paziente durante l’ospedalizzazione e di non limitarsi al trattamento delle lesioni “culprit”. E’ stata anche data enfasi alla dimissione precoce per ridurre al minimo la necessità di ospedalizzazione dei pazienti colpiti da infarto miocardico acuto. Ad ogni cardiologo è noto un aforisma che recita: “il tempo è muscolo”, che sta a sottolineare la necessità di essere il più precoci possibile nel trattare con una angioplastica la coronaria che, chiudendosi, causa l’infarto. Parlando di tempestività delle cure si era definito già nelle precedenti linee guida il termine temporale accettabile per eseguire l’angioplastica in 90 minuti. C’era però un gap da colmare: era definito in modo poco chiaro il tempo da cui far partire il cronometro dei fatidici 90 minuti. Per la prima volta è stato definito con chiarezza il momento in cui far partire l’orologio del target dei 90 minuti per l’angioplastica.

Riguardo alla farmacoterapia la trombo-aspirazione ha perso importanza nelle attuali raccomandazioni così come anche l’utilizzo della bivalirudina. C’è stato un upgrade invece nell’utilizzo di un altro anticoagulante: l’enoxaparina. Un altro elemento che è stato variato è il valore limite della saturazione di ossigeno al pulsossimetro oltre il quale si deve somministrare ossigeno in maschera. Questo limite è stato portato da 95% a 90%. Sempre nell’ottica di una maggiore sicurezza, quando il paziente con infarto miocardico non può essere sottoposto ad angioplastica e deve essere trattato con farmaci trombolitici, il dosaggio da utilizzare è stato ridotto. Durante l’ultimo congresso europeo di cardiologia sono state aggiornate anche le linee guida al trattamento di altre patologie. L’impegno di ogni cardiologo è volto alla lettura, alla comprensione ed alla attuazione di tali “raccomandazioni”. Ognuno, per il proprio ambito, dovrebbe fare in modo di osservare quanto riportato e di applicarlo per migliorare la qualità delle cure offerte al cittadino.

C’è bisogno di assistenza ai degenti del Santo Spirito L’Associazione regionale volontari assistenza sanitaria (Arvas) ha lanciato un appello ai cittadini dei quartieri intorno al Santo Spirito e a Villa Betania: c’è bisogno di assistenti volontari ai degenti di questi due ospedali. Il volontariato consiste nell’offrire una presenza amichevole e qualificata donando un po’ di tempo a chi vive momenti di sofferenza e di solitudine. Per questo, per la qualificazione del proprio volontariato, l’Arvas ha indetto corsi di formazione (già in atto da fine novembre, ma si è sempre in tempo per partecipare) che consistono in dieci incontri a cadenza settimanale. La quota di iscrizione, compresi oneri assicurativi, è di 20 euro. Per tutte le info chiamare il 340.73770449 o il 335.8109659. La segreteria dell’Arvas: 06.5132000, oppure www.arvaslazio.it


Le novità per le malattie delle valvole cardiache di Guglielmo Vitaliani Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito

l congresso sono state presentate anche le nuove Linee Guida sulle malattie valvolari, redatte congiuntamente dai cardiologi e dai cardio-chirurghi. Molte le raccomandazioni nuove o modificate: le più rilevanti riguardano la stenosi aortica (SA), l’insufficienza mitralica (IM) e la gestione della fibrillazione atriale (FA) nei pazienti con malattia valvolare. Rispetto alle precedenti linee guida del 2012, l’innovazione fondamentale riguarda il concetto di “Heart Team”. Le decisioni nel trattamento delle malattie valvolari devono essere condivise e prese da un Heart Team costituito da cardiologi e cardio-chirurghi. Riguardo la stenosi valvolare aortica, sono state ampliate le indicazioni per la TAVI (impianto di protesi aortica biologica per via percutanea, attraverso un catetere inserito in una arteria, di solito femorale) in quanto ci sono nuove evidenze nella popolazione a rischio chirurgico non elevato (intermedio). Si specifica che la TAVI va considerata in alternativa alla SAVR (sostituzione chirurgica della valvola aortica) in un ampio range di pazienti con rischio chirurgico aumentato (intermedio ed elevato). In linea di massima, i pazienti ad alto rischio di inter vento chirurgico, solitamente piu anziani, dovrebbero ricevere una TAVI e quelli a basso rischio (soprattutto i più giovani) dovrebbero essere sottoposti a SAVR. Una nuova raccomandazione stabilisce che

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entrambe le procedure dovrebbero essere eseguite in un centro dedicato alle valvole cardiache con reparti sia di chirurgia cardiaca sia di cardiologia, e la decisione tra TAVI e SAVR dovrebbe

esser presa dall’Heart Team. Riguardo l’insufficienza della valvola mitralica (IM) secondaria a dilatazione del ventricolo sinistro, le nuove linee guida 2017 consentono di considerare una procedura percutanea (mitraclip: piccola clip che unendo i lembi della valvola mitralica cura l’insufficienza) nei pazienti a rischio chirurgico elevato,

con grave IM secondaria e disfunzione del ventricolo sinistro (frazione di eiezione > 30%) che rimangono sintomatici nonostante una gestione medica ottimale, e che hanno un’idonea morfologia valvolare valutata mediante ecocardiografia, evitando interventi inutili”. Nell’area della terapia antitrombotica, sono ora disponibili dati sufficienti per raccomandare anticoagulanti orali non-VKA (i nuovi anticoagulanti orali: NAO) in alternativa agli anticoagulanti VKA (vecchi anticoagulanti) nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) e malattia valvolare aortica (stenosi o insufficienza valvolare) o insufficienza mitralica. In particolare, sono state inserite quattro specifiche raccomandazioni per la gestione della fibrillazione in pazienti con malattia delle valvole cardiache mediante i nuovi anticoagulanti. Questi ultimi “dovrebbero essere considerati come alternativi ai VKA in pazienti con stenosi aortica, insufficienza aortica e insufficienza mitralica”. I NAO rimangono tuttavia controindicati nei pazienti con stenosi mitralica di origine reumatica e nei portatori di protesi valvolari meccaniche. Inoltre, “ i NAO dovrebbero essere considerati come alternativi ai VKA dopo il terzo mese di impianto chirurgico o transcatetere di una bioprotesi valvolare”. Peraltro, come accennato, “l’uso dei NAO non è raccomandato in pazienti con FA e stenosi mitralica da moderata a grave” e “sono controindicati in pazienti con valvola meccanica”.

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Pressione arteriosa, perché è stagionale a pressione arteriosa (PA) è condizionata da molti, variabili fattori: alimentari, genetici e anche ambientali. Ormai da oltre cinquant’anni anni si parla di stagionalità della pressione arteriosa. Molti studi confermano che la pressione arteriosa sistolica e diastolica aumenti in inverno, si abbassi in estate e si assesti su valori intermedi in autunno e primavera. Uno studio del 1982, che coinvolgeva oltre 17.000 pazienti ipertesi, confermava che durante la stagione invernale rispetto all’estate si verificava un aumento medio di 6–7 mmHg per la PA sistolica e di 3–4 mmHg per la PA diastolica. Questo fenomeno sostanzialmente presente in tutta la popolazione, sia quella con normali valori pressori che ipertesa, sembra più accentuato negli anziani, meno nei giovani e nei magri. Lo studio PAMELA ha inoltre dimostrato che non solo la pressione arteriosa, misurata nell’ambulatorio del medico ma anche quella a domicilio e nelle 24 ore, era più bassa d’estate e più elevata in inverno. I meccanismi che determinano questa variabilità dei valori pressori, sono almeno in parte dovuti al comportamento dei vasi sanguigni quando esposti a cambi di temperatura.Infatti,se la temperatura esterna sale, si ha una vasodilatazione cutanea, quindi, si suda di più, l’organismo perde una maggiore quantità di acqua e sali e ciò provoca un abbassamento della pressione arteriosa. Non solo: le variazioni di temperatura, in estate o inverno, agiscono anche sull’attività del si-

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di Antonella Chiera Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito

stema nervoso simpatico e sul rilascio di alcune molecole come catecolamine e vasopressina che regolano i valori pressori. Uno studio più recente ha mostrato che durante l’esposizione al freddo si ha che un aumento dell’attività simpatica determinando una differenza in media di 5 mmHg tra inverno ed estate. Bisogna comunque sottolineare che non tutti soggetti rispondono alle variazioni climatiche in modo simile e che spesso ci sono variazioni tra le misurazioni diurne e quelle notturne, conriduzioni della pressione diurna ma non di quella notturna. Quanto s’è detto finora ha delle conseguenze cliniche soprattutto per chi assume terapia antiipertensiva, anche se nelle linee guida sul trattamento dell’ipertensione non si prende in considerazione una gestione terapeutica basata sulla stagionalità ma il bersaglio della terapia rimane il valore della PA. Tuttavia, nella pratica clinica è frequente che i pazienti esposti alle elevate temperature in estate abbiano una riduzione della PA e quindi richiedano dosaggi minori della terapia antiipertensiva, soprattutto per quanto riguarda l’uso dei diuretici negli anziani, per il rischio di eccessiva riduzione del volume plasmatico, per prevenire sincopio un’insufficienza renale acuta. Infatti il paziente anziano è caratterizzato da una riduzione dell’acqua corporea, in parte per una minor assunzione di liquidi. Perciò va suggerito agli anziani di bere regolarmente anche quando non hanno sete,

aiutandosi anche con frutta e verdura di stagione che sono ricche di acqua, di aumentare moderatamente l’assunzione di sodio se aumenta la sudorazione, evitare di stare all’aperto nelle ore più calde della giornata, vestirsi in modo leggero per facilitare la termoregolazione. Invece l’incremento assoluto della PA nei mesi invernali può contribuire a spiegare l’aumentato rischio di eventi cardiovascolari osservati con il freddo, durante il quale la terapia potrebbe essere incrementata. Un abbigliamento adeguato è già una forma di prevenzione, per proteggersi dal freddo, ma anche dagli sbalzi di temperatura nel passaggio dall’interno all’esterno. Quindi sapere che la pressione è sensibile alla variazione delle temperature esterne è molto importante per stabilire terapie anti-ipertensive più personalizzate e sicure, in termini di dosaggi e combinazioni. Questo non significa che, con la bella stagione, si possa ridurre o addirittura sospendere la terapia antiipertensiva: solo il medico curante può decidere se è il caso di ridurre il dosaggio dei farmaci o di modificare il regime terapeutico abituale.

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I vantaggi (e le riserve) dell’uso della polipillola di Maddalena Piro Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito

onostante i progressi terapeutici le malattie cardiovascolari rappresentano ancora oggi la principale causa di mortalità e morbilità nei paesi industrializzati, essendo responsabili di circa l’80% dei decessi. L’aumento dell’aspettativa di vita legato al trattamento tempestivo dell’infarto e ad una migliore gestione dello scompenso cardiaco ha comportato un incremento delle co-morbilità secondarie all’invecchiamento della popolazione generale. Di fronte alla necessità di correggere multipli fattori di rischio nello stesso individuo è nata la politerapia che ha nuociuto alla spesa sanitaria per prescrizioni spesso inappropriate ed ha inficiato l’aderenza al trattamento farmacologico per incremento di effetti collaterali, senza un’effettiva riduzione del rischio cardiovascolare. Nel tentativo di arginare il problema emergente di un aumento sproporzionato di farmaci è stata introdotta nella legislazione sanitaria la polipillola, una compressa unica da assumere una sola volta al giorno con formulazioni precostituite di diversi principi attivi al suo interno (di solito un antiaggregante, due antipertensivi e una statina). Rispetto alle consuete terapie di prevenzione primaria e secondaria gli studi di efficacia hanno mostrato un significativo miglioramento dell’aderenza alla terapia con la polipillola

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che racchiude in un’unica formulazione i principi attivi dei farmaci essenziali nella prevenzione cardiovascolare. Anche la Società Europea di Cardiologia

hha riconosciuto alla polipillola un possibile ruolo nella prevenzione secondaria dell’infarto miocardico per migliorare l’aderenza alla terapia. Anche se il miglior rapporto costo beneficio si ha in prevenzione secondaria, l’obiettivo prioritario è la prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari nei paesi in via di sviluppo. In tale contesto la polipillola rappresenta una soluzione appetibile per il basso costo, dato che tutti i principi attivi sono dei generici.

Pur rimanendo un grande potenziale di salute pubblica per i vantaggi derivanti dalla facilità e dalla convenienza di assumere una sola pillola al giorno e dal risparmio di costi sanitari, la polipillola non è scevra da svantaggi. Una terapia di associazione a dose fissa potrebbe non essere accettabile per i pazienti più complessi. Eventuali intolleranze ad uno o più dei principi attivi contenuti nel preparato potrebbero creare problemi di compliance, con notevole impatto nel controllo dei fattori di rischio. Ad esempio un sanguinamento cronico secondario all’aspirina potrebbe portare a sospendere la polipillola con la conseguente perdita anche di benefici derivanti dagli altri principi attivi. Sulla base di queste premesse rimane compito del cardiologo, in collaborazione con il medico di medicina generale, controllare il numero, il tipo e la posologia di farmaci da prescrivere al fine di minimizzare prescrizioni inappropriate a favore di strategie terapeutiche adeguate che tengano conto del profilo di rischio di ogni pz, anche in funzione di metabolismo, abitudini di vita e preferenze individuali. Nonostante i risultati incoraggianti nel controllo dei valori pressori e di colesterolo, rimangono perplessità sul suo impiego su vasta scala. Ad oggi la polipillola ha dimostrato un netto miglioramento dell’aderenza alla terapia farmacologica ma il prossimo passo è capire se tale miglioramento si possa tradurre in una riduzione degli eventi cardiovascolari.


Enorme lo spreco di farmaci ma troppi poveri ne sono privi ati impressionanti sullo spreco di farmaci, sul costo di questo sperpero e, per contro, sull’impossibilità di curare adeguatamente i ceti più poveri del Paese sono emersi dall’approvazione, alla Camera, di una serie di mozioni che – in misura largamente unitaria – ponevano questo drammatico problema. Com’è possibile che questo accada, e che cosa si può (e anzi si deve) fare per combattere questo assurdo fenomeno? Fatto è che più di un anno fa (agosto 2016) il Parlamento ha approvato una serie di disposizioni concernenti “la donazione e la distribuzione di prodotti farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”. Ma quella legge è ancora inapplicata perché manca il decreto – da emanare “entro 90 giorni”! – con cui il ministero della Salute deve individuare e fissare la modalità per rendere possibile la donazione di farmaci alle onlus e ad altri enti e associazioni che svolgono attività assistenziale. Qualche cifra sull’enormità degli sprechi? Il Banco del farmaco ha calcolato che solo meno della metà delle confezioni prescritte (il 49%) sono state utilizzate del tutto e, nel caso di medicine prescritte ai bambini, la quota sprecata sale al 65%. I farmaci che più frequentemente “avanzano” sono gli antidolorifici e antinfiammatori: l’82% non viene utilizzato interamente. (Qui si apre un altro capitolo: quello del dosaggio, spesso sovrastimato. In Inghilterra e altrove il farmacista fornisce il numero di pillole o di

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flaconi strettamente necessari…) Agli enormi danni ambientali si somma il costo per la sanità pubblica: lo spreco rapina circa 1,6 miliari di euro/anno al Servizio sanitario nazionale. Solo una minima parte (8%) viene gettato negli appositi contenitori presso le farmacie. Nel rapporto 2016 dell’Ispra sui rifiuti urbani si denuncia che sono migliaia le tonnellate di farmaci scaduti che finiscono nei rifiuti delle famiglie. L’analisi a campione riguarda solo duemila comuni per oltre 14 milioni di abitanti. Ebbene finiscono nei secchi di casa 92,4 tonnellate di farmaci scaduti pericolosi, e 1.178,2 tonnellate di farmaci scaduti non pericolosi. La spesa sostenuta per lo smaltimento dei farmaci (dati Ispra e medici dell’Anaao) è quantificata intorno a 2,3 milioni di euro. Ma attenzione: lo studio di riferisce sempre e solo ad un quarto dei comuni italiani, mentre se si fa un calcolo complessivo, a livello nazionale, la cifra supera i 9 milioni di euro/anno. A fronte di questa realtà ce n’è un’altra, non meno impressionante: la distribuzione della spesa farmaceutica. Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio donazione farmaci, in Italia si spendono mediamente – la solita media del pollo – 682 euro/anno a persona per curarsi. Ma per i cittadini indigenti la spesa crolla a 123 euro. Rispetto al totale della spesa media mensile, nelle famiglie non povere si destina il 4,4% del budget domestico alle cure, mentre in quelle povere il dato quasi si dimezza, al 2,6%. Anche così si spiega come e perché oltre 12 milioni di italiani (non solo poveri) hanno dovuto limitare il numero della visite mediche o gli esami di accertamento.

Uno spreco impressionante di farmaci e l’impossibilit di curare i ceti più poveri: come combattere questa assurdità?

Naturalmente allo spreco di farmaci fa da contraltare la fame di medicine per i meno abbienti. Una denunzia dei soli organismi assistenziali cattolici (Unitalsi, Acli, Caritas, ecc.) che pure hanno un forte peso nella società rivela che la richiesta di medicinali da parte dei 1.663 enti assistenziali sostenuti dal Banco farmaceutico è cresciuto nel 2016 dell’8,3% rispetto all’anno precedente. Ma le confezioni di farmaci che si sono potute donare non raggiungono il milione, ed ha coperto solo il 37,5% del fabbisogno espresso. Per fortuna che c’è anche l’intervento delle donazioni delle aziende farmaceutiche: 1,2 milioni di confezioni nei primi otto mesi dell’anno scorso. Ma l’aiuto ha riguardato appena mezzo milione dei poveri italiani, il 12%.

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Cos’è il “rischio clinico” e come si fronteggia i è soliti definire Rischio Clinico la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso, ovvero subisca un qualsiasi danno o disagio imputabile, anche se in modo involontario, alle cure mediche o alle prestazioni sanitarie; danno o disagio che possono causare un prolungamento del periodo di degenza o addirittura un peggioramento delle condizioni di salute o la stessa morte. Il rischio clinico può essere controllato o meglio sarebbe mitigato attraverso iniziative di Clinical Risk Management attuate a livello di singola struttura sanitaria. Il Clinical Risk Management in sanità può essere sostanzialmente definito, quindi, come il complesso delle azioni messe in atto per migliorare la qualità delle prestazioni sanitarie e garantire la gestione ottimale di possibili errori od inconvenienti, a tutela della sicurezza del paziente. L’attività di Clinical Risk Management si articola in alcune fasi fondamentali: conoscenza ed analisi dell’errore; individuazione e correzione delle cause dell’errore; monitoraggio delle soluzioni messe in atto; implementazione e sostegno attivo delle soluzioni proposte. L’analisi dell’errore è finalizzata alla quantificazione e classificazione del rischio; ciò orienterà le scelte strategiche e gestionali conseguenti per la gestione del medesimo (trasferimento, ritenzione, condivisione, eliminazione ecc.). Il rischio (R) sarà rappresentato non solo dalla probabilità di occorrenza dell’evento avverso, ma anche dal possibile danno per il paziente. Ne deriva che il medesimo sarà espresso come prodotto della probabilità di accadimento dell’evento (P) per la gravità del danno asso-

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di Alessandro Danesi Dirigente medico Uoc Cardiologia S. Spirito

ciato (D): R = P X D. I fattori che concorrono alla definizione del “grado di rischio” in sanità possono essere raggruppati nelle seguenti classi: 1 Fattori strutturali-tecnologici: sicurezza e logistica degli ambienti; apparecchiature e strumentazioni (funzionamento, manutenzione, rinnovo); caratteristiche del fabbricato sanitario. 2 Fattori organizzativo-gestionali e condizioni di lavoro: struttura organizzativa (ruoli, responsabilità, distribuzione del lavoro); politica e gestione delle risorse umane: organizzazione, stili di leadership, sistema premiante, supervisione e controllo, formazione e aggiornamento, carico di lavoro e turni (che concorrono a determinare fatica e stress);sistema di comunicazione organizzativa; coinvolgimento degli stakeholder; politiche per la promozione della sicurezza del paziente: linee guida e percorsi diagnosticoterapeutici; sistemi di segnalazione degli errori.

3 Fattori umani (individuali e del team): personale: caratteristiche individuali (percezione, attenzione, memoria, capacità di prendere decisioni, percezione della responsabilità, condizioni mentali e fisiche, abilità psicomotorie) e competenza professionale; dinamiche interpersonali e di gruppo e conseguente livello di cooperazione. Importante è anche tenere conto delle caratteristiche dell’utenza: epidemiologia ed aspetti socio-culturali (aspetti demografici, etnia, ambiente socioeconomico, istruzione, capacità di gestione delle situazioni, complessità e compresenza di patologie acute e croniche). E dei fattori esterni: normativa e obblighi di legge; vincoli finanziari; contesto socio-economico-culturale; influenze della opinione pubblica e dei media, delle associazioni professionali e di pubblica tutela; assicurazioni. La maggior parte degli incidenti in organizzazioni complesse, come quelle sanitarie, è, quindi, generato dall’interazione fra le diverse componenti del sistema: tecnologica, umana ed organizzativa. A fronte di tutto ciò possiamo dunque concludere che solo la consapevolezza del verificarsi dell’errore (fattore peraltro comune a tutte le organizzazioni dotate di una certa complessità organizzativa e strutturale) deve sensibilizzare gli operatori a svolgere al meglio e con sempre maggiore attenzione il proprio lavoro.

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Vaccinarsi? Subito!

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ono contrario ai vaccini ma, avendo avuto un infarto il medico di famiglia insiste perché mi vaccini contro l’influenza. Devo proprio vaccinarmi? Caro lettore di Cuore Amico, ultimamente, in Italia, c’è stato un grande parlare di vaccinazioni in genere e di vaccinazione antinfluenzale in particolare. Molti sostengono che le vaccinazioni ai bambini producono danni permanenti (molti evocano l’autismo come causato dalle vaccinazioni). Nella campagna vaccinale di due anni fa furono attribuite al vaccino antinfluenzale delle morti successive alle vaccinazioni. Cosa c’è di vero in tutto questo? In medicina si deve stare molto attenti a non seguire dei casi “anedottici” cioè casi, spesso isolati, spesso non confermati successivamente, ma che vengono amplificati dai media e resi veri per tutta la popolazione. Le notizie sui giornali ed ora, ahimè, su internet assumono una diffusione molto ampia e si tende, di fronte a un caso di morte, a rendere l’evento assoluto. Si grida alla colpa di... e si genera sfiducia nelle terapie. In Medicina, come dicevo, si deve tornare sui grandi numeri e sulle statistiche che ne derivano. Se valutiamo su queste solide basi, scopriamo che i benefici delle vaccinazioni sono di gran lunga superiori ai possibili effetti avversi. E’ sempre antipatico parlare di mortalità a persone con problemi di salute ma dobbiamo parlare con molta chiarezza per evitare confusione. Bisogna in pratica, contare quanti cardiopatici e broncopatici non vaccinati muoiono, in inverno per complicanze legate all’influenza e, per contro, quanti vaccinati muoiono realmente in conseguenza della vaccinazione. I dati ufficiali

dell’Istituto Superiore della Sanità dicono che nell’inverno 2016-2017 si è vaccinato meno di un ultra65enne su due. E i decessi sono aumentati del 15% rispetto alle attese. Il record a inizio gennaio: +42%. Ecco allora la risposta alla sua domanda. Le persone sopra i 65 anni con problemi di salute come cardiopatie o bronco pneumopatie, specie se diabetici o affetti da altre malattie concomitanti, devono essere vaccinati contro l’influenza per proteggersi dalle complicanze dell’influenza stessa. Rischieranno sicuramente meno che con eventuali complicanze da vaccino. A questo proposito è molto importante seguire alcune regole tra cui la principale è quella di vaccinarsi nel momento del benessere evitando, ad esempio, una fase di possibile incubazione di malattia. A volte si ha lìappuntamento dal medico per il vaccino e, per non perderlo, si va anche se con iniziale raffreddore o malessere. Questo è da evitare. Può sembrare un paradosso ma bisogna vaccinarsi quando si sta proprio bene. Nel dubbio rimandare o chiedere sempre consiglio al medico di Fiducia. La diffusione estesa della vaccinazione, con la presenza di numerosi soggetti protetti dalla malattia, rende più difficile la diffusione della malattia stessa bloccando il contagio. A questo proposito utile la vaccinazione anche delle persone a contatto con i soggetti fragili quali conviventi, familiari e/o badanti. Alessandro Carunchio

Prevenire è sempre meglio che curare Se, come sempre, prevenire è meglio che curare, la prevenzione nel caso dell’influenza inizia da piccole azioni di igiene personale: lavarsi spesso ed accuratamente le mani, se in assenza di acqua utilizzare gli specifici gel alcolici; una buona igiene respiratoria: coprirsi bocca o naso in caso di tosse o starnuti, usando preferibilmente fazzoletti di carta; soprattutto per i cardiopatici evitare, quando possibile, il contatto con persone influenzate o con malattie respiratorie febbrili, specie in fase iniziale… tutte piccole precauzioni che possono evitare problemi ben più fastidiosi.

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La palestra, “un’oasi di serenità”

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ma sempre in tempo per non ricascarci) vengo in palestra.» Dimmi una cosa: hai mai provato a “far palestra” a casa tua invece che qui? «No, a casa ci ho provato, ho pure una cyclette simile a questa. Ma che noia! Insopportabile, persino inutile. E invece in quest’oasi è bello, è utile, insomma una soddisfazione che in casa non ho mai provato.»

ardiopatico precocissimo – «fu lo stress del mio lavoro» – Romualdo Caporali, 64 anni, artigiano orafo, moglie e due figli, ha una definizione della palestra di riabilitazione del S. Spirito che è assolutamente inedita in questa periodica rassegna dei problemi, delle ansie, delle speranze dei pazienti amici del S. Spirito. LA definizione è icastica: “un’oasi di serenità”.

Bello il paragone tra la nostra palestra e l’oasi... da dove ti è nato? «Dal clima che ci circonda: la congestione della città, il traffico caotico, le tante difficoltà di viverci, il ritmo frenetico di tutto e per tutto. Poi, almeno qualche ora la settimana, ti lasci tutto alle spalle, entri qui dentro e conquisti la serenità, il rilassamento non solo fisico ma soprattutto psicologico. Cerco questo e l’ho trovato. Non è un’oasi?» Riavvolgiamo il nastro della tua vita. Sei stato un cardiopatico precocissimo, vuoi spiegarlo ai lettori? «Semplice: ho avuto il primo infarto a 36 anni, quasi una rarità. Fumavo, ma

Romualdo Caporali al suo banco di orafo

poco; nessun precedente familiare e nessun pre-allarme. Ma, zàcchete, è successo. E tutto mi dice che è stato lo stress: la tensione in un lavoro molto delicato, le ordinazioni che si accavallavano, i tempi di consegna da rispettare. Solo dopo dieci anni l’intervento di by pass, al Gemelli. Poi nel 2015, restringimento di un’arteria e uno stent, qui al S. Spirito, affidato alle mani sicure del dr. Danesi. E da allora (un po’ tardi? forse,

E invece, qui in palestra, perché è bello fare ginnastica? «Intanto per un motivo tecnico-scientifico: fisioterapista e infermiera ti tengono sotto controllo, ti seguono, ti correggono la mossa falsa, sanno quando puoi spingerti più avanti e quando invece rallentare. Ma poi anche, e soprattutto, per un motivo psicologico, che richiama quella definizione che ti ha tanto colpito, l’oasi. Qui si socializza, si creano amicizie, ci si confronta e persino ci si confessa i propri malanni, i propri progressi, le proprie difficoltà. Allora, ogni volta che esco di qua, sento un miglioramento non solo nel mio fisico (in questi due anni e mezzo mai avuto il minimo disturbo) ma anche nel mio morale. Ti pare poco? A me sembra molto...».

L’invenzione della dieta mediterranea Quanti sanno come e quando è nato il nome di “dieta mediterranea”? E’ nato più di quarant’anni fa quando due scienziati americani dell’alimentazione, Ancel e Margaret Keys, scrissero “La dieta mediterranea. Come mangiare bene e stare bene», ora tradotto e stampato in Italia per meritoria iniziativa di Slow Food. Zeppa di ricette e statistiche, è una sorta di bibbia anticipatrice: sui danni dei grassi idrogenati; sul pane americano gommoso, precotto e pieno di conservanti che si fa strada da tempo anche sulle nostre tavole; sul valore della pasta, dell’olio extra, della verdura, della frutta, del cibo integrale. Il vero rimedio dunque? Quella sorta di – per dirla con l’antropologo Marino Niola - abbondanza frugale di cui il Mediterraneo è la sintesi storica, ecologica e sociale

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I nuovi livelli di assistenza (ma si aspetta un decreto...) inalmente – dopo più di vent’anni! – sono pronti i nuovi, più avanzati livelli essenziali di assistenza (i Lea). Ma…, c’è un ma grande come una casa: i nuovi Lea, apparsi in Gazzetta ufficiale già a metà marzo, non possono ancora essere applicati dai me-

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dici (soprattutto quelli di famiglia e gli ambulatoriali, i più frequentati dalla gente comune) perché manca, è ancora letteralmente inesistente, il decreto di definizione delle tariffe massime delle prestazioni, in particolare della assai frequentata specialistica ambulatoriale e di quella protesica. Un’invenzione speculativa? Niente affatto: incredula la redazione di Cuore Amico si è rivolto ai vertici del ministero della Salute scoprendo che c’è in ballo una mostruosa trafila burocratica. Sentite il ministero: “Il decreto di definizione delle tariffe, che consentirà di fare entrare in vigore le prestazioni Lea, è ancora in itinere in quanto (primo step,

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ndr) la commissione tariffe, in seduta plenaria, sta ultimando le verifiche a seguito delle consultazioni con le associazioni di categoria e con le società scientifiche; subito dopo questo iter, lo schema di decreto, corredato dalla relazione tecnica, verrà trasmesso (secondo step, ndr) al ministero dell’Economia e finanze per la prevista acquisizione dell’assenso tecnico. Successivamente (terzo step, ndr) il decreto verrà trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni-Province autonome per l’intesa”. Insomma, campa cavallo non per settimane ma – temiamo – per mesi. Con le immaginabili conseguenze per milioni e milioni di utenti del Servizio sanitario nazionale (soprattutto i meno abbienti) che aspettano la reale fruibilità dei nuovi Lea, e soprattutto in modo uniforme – ecco un punto chiave – scavalcando la contestata autonomia delle regioni in materia sanitaria. L’importanza dei nuovi Lea sta nel fatto che include prestazioni tecnologicamente avanzate, elimina quelle oramai superate, e introduce una ampia casistica di malattie sin qui ignorate dal Ssn. In pratica: - si revisiona l’elenco delle malattie rare, inserendo altre centodieci tra singole rare e gruppi di malattie. Nell’elenco, tra l’altro la sarcoidosi, la sclerosi sistemica progressiva, la miastenia. Le prestazioni concernenti le malattie rare sono erogate in regime di esenzione; - si revisiona l’elenco delle malattie croniche includendone sei sin qui esenti: sindrome da talidomide, osteomielite cronica, patologie rena-

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li croniche, endometriosi, proncopneumopatia cronico-ostruttiva; e si introducono nuovi vaccini (antipneumococco, anti-meningococco, anti-papillomavirus; si prevedono nuovi accertamenti per le patologie neonatali, come la sordità e la cataratta congenite; si introduce l’endometriosi nell’elenco delle patologie croniche e invalidanti (negli stadi clinici “moderato” e “grave”) con diritto ad usufruire in esenzione di prestazioni specialistiche di controllo (si calcola in 300mila le pazienti che ne potranno usufruire); si riconosce e si pratica gratuitamente o con ticket - finalmente! - la procreazione medicalmente assistita; sarà possibile prescrivere ausili informatici e di comunicazione per le vittime di gravissime disabilità; attrezzature di allarme e di telesoccorso, posaterie e suppellettili per le disabilità motorie, scooter a quattro ruote, sollevatori e carrelli servoscala, arti artificiali a tecnologia avanzata e sistemi di riconoscimento vocale e di puntamento con lo sguardo.

Insomma l’ampiezza dello spettro di nuove cure sostenute dal Servizio sanitario è tale da suggerire che questo benedetto decreto sia varato il più rapidamente possibile. Si dice: ma i tempi delle consultazioni, dei pareri, dei “concerti” sono quelli che si immagina, almeno in questo paese assurdamente burocratizzato sulla pelle dei cittadini e in primo luogo dei pazienti.


C’è un milione di diabetici che non sanno di esser malati di Francesco Chiaramonte Direttore Uoc Diabetologia e Dietologia

l diabete mellito rappresenta uno dei maggiori problemi sanitari su scala globale sia per la sua grande diffusione che per la gravità delle complicanze che spesso ad esso si accompagnano. Secondo le più recenti stime i soggetti affetti da diabete mellito sono nel mondo 415 milioni e le proiezioni prevedono che nel 2040 la popolazione diabetica sarà di 450 milioni. Il diabete di tipo 2 è la forma più diffusa, all’incirca il 90% , mentre il restante 10% è rappresentato dal diabete di tipo 1, dal diabete gestazionale ecc. In Italia i dati dell’Osservatorio Arno relativi al 2015 indicano una prevalenza nella popolazione generale pari al 6,4%. Tuttavia, analizzando la distribuzione per fasce di età troviamo una prevalenza rispettivamente del 26% negli uomini e del 21% nelle donne nella fascia di età compresa tra 65-79 anni. Inoltre secondo i dati ISTAT quasi un milione di persone tra i 20 e i 79 anni è affetta da diabete ma non sa ancora di averlo. Il forte impatto socio- sanitario del diabete è costituito anche dagli elevati costi assistenziali. L’International Diabetes Federation riporta per il trattamento del diabete a livello mondiale una spesa pari all’11,6% della spesa sanitaria totale. Per l’Italia il rapporto è del 9% rispetto alla spesa sanitaria nazionale totale. Analizzando i costi diretti legati all’assistenza alle persone diabetiche si nota che il 20% di essi è dovuto alla specialistica, l’11% ai farmaci antidiabetici e ai dispositivi (strisce per autocontrollo ,aghi per insulina ecc.), il 21% agli altri farmaci ma ben il 48% dei costi è determinato dalle ospedalizzazioni, soprattutto in presenza di

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complicanze. La presenza di queste ultime condiziona non solo i costi ma anche, assieme al livello del controllo glicemico, il tasso di mortalità. Le principali cause di morte nelle persone affette da diabete sono nell’ordine: le malattie cardiovascolari, i tumori, il diabete scompensato e le malattie dell’apparato digerente. La consapevolezza del vorticoso aumento di incidenza e prevalenza del diabete, e il timore della non sostenibilità degli elevati costi assistenziali ad esso legati, hanno indotto varie istituzioni nazionali e sovranazionali ad intraprendere azioni e politiche atte a

globale al pari delle epidemie dovute a malattie infettive e indicava nella prevenzione del diabete e delle sue complicanze obiettivi vincolanti per gli stati membri proclamando contestualmente il 14 novembre come Giornata mondiale diabete. Nel 2007 anche il parlamento europeo indicava il diabete come un’assoluta priorità ed invitava gli stati membri a sviluppare piani nazionali. Nel 2012 in Italia è stato approvato il Piano nazionale sulla malattia diabetica. Dalla seconda metà del Novecento nei paesi sviluppati l’eccesso di mortalità cardiovascolare nei pazienti diabetici è

prevenire il diabete e le sue complicanze. Già nel 1989 la “Dichiarazione di Saint Vincent” e successivamente nel 2006 la Conferenza di Vienna sul diabete istituivano un fronte comune su più punti per la lotta al diabete. Sempre nel 2006 L’Onu, preso atto dei tassi di prevalenza e incidenza del diabete, ne denunciava la reale minaccia alla salute

sceso rispetto alla popolazione generale dal 200% a valori oscillanti tra il 15 e il 69%..La Giornata mondiale per lotta al diabete vuole appunto ricordare che la strategia vincente si basa soprattutto sulla prevenzione di questa malattia attraverso la modifica degli stili di vita e sulla prevenzione delle sue complicanze migliorando il compenso glicemico.

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Ictus, come e quando dare l’allarme al 118 ictus rappresenta in Europa la prima causa di disabilità e l’incidenza aumenta dopo i 65 anni. Da un rapporto inglese recentemente presentato a Roma emerge purtroppo la stima che nei prossimi vent’anni il numero dei casi nell’Ue aumenterà del 34% passando dai poco più di 600mila del 2015 a più di 800mila nel 2035. Come fronteggiare

L’

FACE (il fenomeno della “bocca storta”), in caso di ARM (braccia deboli che non riescono a sollevarsi), e ancora, in caso di SPEECH (difficoltà ad esprimersi correttamente), occorre immediatamente TIME, cioè chiamare il 118. Basta pronunciare l’acronimo che si riferisce al caso specifico, e l’appello telefonico varrà ad attivare la rete-ictus e a far ricoverare immediatamente il paziente

questo problema. Anzitutto con un intervento immediato appena un parente, un vicino, un collega si accorge che qualcuno ne è vittima. Come? La diagnosi (relativamente agevole) deve essere FAST, cioè veloce. Il termine aiuta a ricordare che in caso di

in un’unià dedicata, le cosiddette Stroke Unit. Ma qui si apre un drammatico problema: secondo il ministero della Salute, sul territorio italiano dovrebbero essere presenti e operative più di 300 Stroke Units, praticamente una ogni 200mila abitanti. Ma in realtà ne sono operative solo 189 per la gran parte concentrate

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nel Centro-Nord: per dire 42 in Lombardia, 5 in Lazio e altrettante in Sicilia (regione relativamente “privilegiata” in tutto il Mezzogiorno) ma nessuna a Napoli… Ora, le Stroke Units sono delle unità sub-intensive specializzate nel trattamento acuto dell’ictus: gli studi hanno dimostrato che il trattamento in queste unità determina per il paziente un risultato migliore di quello di una unità non specializzata. Ma anche le Stroke, così come sono (cioè poche), non bastano a soddisfare tutte le esigenze della vittima di ictus. Vale a dire che una SU dovrebbe anche occuparsi della parte riabilitativa, almeno nella prima fase post-ictus. Il che avviene solo raramente: i posti letto e le stesse attrezzature non consentono se non un turn over piuttosto rapido. Si pone allora anche un altro problema: quello dell’assistenza domiciliare. La dottoressa Francesca Romana Pezzella, che opera presso la Stroke Units del San Camillo-Forlanini, qui a Roma, rileva che, su mille pazienti monitorati dal’Associazione per la lotta all’ictus cerebrale in collaborazione con il Censis, solo il 26,2% è riuscito a usufruirne. Tra le famiglie che non sono riuscite ad accedere al servizio, il 15,1% non ha potuto farlo per difficoltà burocratiche; in un 8% dei casi il servizio non si è rivelato pari alle aspettative; e addirittura il 12,7% delle persone ha dichiarato di non sapere neppure che è possibile ottenere, tramite il Servizio sanitario nazionale, un’assistenza domiciliare…


Buon Natale 2017 e auguri per il 2018! Eccoci all’ultimo numero di Cuore Amico 2017. Ancora un anno è passato ed è tempo di consuntivi. Siamo tutti molto soddisfatti per essere riusciti ad iniziare i cicli di Riabilitazione Cardiologica “estensiva” ovvero protratta oltre i limiti concessi dal Sistema Sanitario e offerta a tutti i nostri soci per una prevenzione sia primaria, per i paziente ad alto rischio, che secondaria, ovvero dopo un evento acuto. L’associazione cerca di fare fronte a tutte le necessità dei soci per quanto riguarda questa attività compresa l’assicurazione contro gli infortuni. Tutti i soci, in regola con la quota annuale, sono assicurati contro infortuni legati alle varie attività dell’associazione ed anche questa è una novità importante per la quale dobbiamo ringraziare il dott. De Gregorio nostro amministratore. Sono stati svolti i corsi mensili sui temi delle patologie cardiovascolari, coordinati dalla dott.sa Lumia, ed i corsi di rianimazione cardiopolmonare per pazienti e parenti dei dimessi dal nostro repartogestiti dai dott.ri Cautilli e Totteri. Come attività sociali abbiamo avuto una serata Gospel nella Sala Alessandrina del Museo di Storia dell’Arte Sanitaria tenuta dal formidabile gruppo Voices of Freedom Choir con canti africani, inni di lode, spiritual che hanno coinvolto emotivamente tutti i presenti. Un grazie di cuore al dott. Cautilli, membro ed animatore del coro. Molto bene sta andando l’iniziativa del Nordic Walking che raccoglie molti appassionati a Villa Pamphili grazie all’impegno della dott.sa Di Censo. Molto bene anche le gite culturali a San Clemente, alle mura Aureliane, alla Garbatella ed alla necropoli Etrusca della Banditaccia e al museo di

Cerveteri curate tutte dalla dott.sa Dattile e dalla nostra segretaria Carla Maria Rossi. Finalmente abbiamo ripreso la Montagnaterapia al Terminillo con ottimi risultati.Molti soci visitano il sito Web www.cuore-sano.itche è sempre aggiornato e dove è anche presente in formato elettronico il nostro giornale “Cuore Amico” che ha aumentato le sue pagine ed ha “preso” il colore. Il programma per il prossimo anno prevede di continuare tutte le attività già in atto con il progetto di tornare a Ponza per una gita associativa con programma di escursioni e passeggiate con il metodo del Nordik walking. Finalmente gli auguri. A tutti un Buon Natale ed un anno nuovo pieno di salute, serenità, gioia, affetto, amicizia, relazioni umane piene di simpatia e cordialità ! Evviva l’anno nuovo !!! Quest’anno consentitemi di fare degli auguri speciali, affettuosi , sentiti e riconoscenti a tutti i medici ed infermieri della Cardiologia del Santo Spirito. Sono tornato in corsia da parente di un degente. Nelle attese al 3° piano tra emodinamica e reparto un vero via vai di barelle e letti attrezzati. Quanto lavoro e quanta professionalità viene profusa ogni giorno per garantire cure eccellenti ai tanti pazienti che provengono da Pronto Soccorso e da altri Ospedali. Grazie di cuore a tutti gli operatori a nome di tutti i pazienti di cui vi prendete cura. Come ogni anno vi invito a versare la quota associativa. L’associazione ha bisogno del vostro contributo per continuare ad esistere e proporre e sostenere iniziative valide, a cominciare dal periodico che state leggendo. La quota associativa può essere versata direttamente in segreteria (3° piano Ospedale Santo Spirito o durante le manifestazioni) o con c/c postale n. 83738005, oppure in banca con Iban IT28M0300205135000400005512.

Alessandro Carunchio, presidente Associazione Cuore Sano

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S E VO L E T E S O S T E N E R C I Unicredit Banca di Roma – Roma 173 – Ospedale Borgo S.Spirito, 3 – 00193 Roma Codice IBAN IT 66 Z 02008 05135 000400005512 – Swift code UNCRITM1B83 Posta – c/c n. 1031536970 Cod. Fisc. Associazione (5 per mille) – 96255480582

Pillole di salute L’ETÀ DEL CUORE – A 50 anni un uomo su dieci ha un cuore che ne dimostra 60, con un maggior rischio di andare incontro ad attacchi di cuore e ictus fatali. E’ quanto emerge da un’indagine condotta dall’agenzia per la salute del ministero inglese della sanità. La rilevazione è stata fatta su 1.2 milioni di persone. In base a questo studio è stato calcolato che ogni mese 7.400 persone muoiono di infarto o ictus e che circa l’80% di questi eventi, nelle persone sotto i 75 anni, potrebbero essere prevenuti. Circa metà delle persone ha detto di non conoscere la propria pressione. Solo in Inghilterra quasi sei milioni di persone non sanno di avere la pressione alta. UN CEROTTO ANTI INFLUENZA – In futuro il vaccino contro l’influenza potrebbe essere somministrato con un cerotto che lo stesso paziente applica sulla pelle? Lo riferisce l’autorevole rivista inglese The Lancet. Si tratta di un dispositivo che contiene aghi microscopici in grado di iniettare il vaccino nel corpo. Non ci sono controindicazioni ma in alcuni casi sono state osservate reazioni lievi come un prurito.

L’ARTROSI DEL GINOCCHIO – Questa patologia è diventata più comune nelle società industrializzate. Uno studio condotto negli Stati Uniti (ne riferisce la rivista dell’Accademia americana delle scienze) ha mostrato che rispetto alla preistoria e all’800 negli ultimi cinquant’anni questa condizione è raddoppiata anche se si tiene conto di fattori come l’aumento della durata della vita e la tendenza al sovrappeso. Questo suggerisce che a vita moderna presenta alcuni fattori di rischio per l’artrosi del ginocchio non ancora identificati.

SUPERCOLLA PER IL CUORE – Inventata una colla da sutura che copia il muco di una specie di lumaca, la Arion subfuscus. Il muco è resistente, elastico e appiccicoso su superfici umide, e quindi molto adatto a chiudere lesioni su tessuti umidi e dinamici come quello cardiaco. Questa colla, frutto delle ricerche di bioingegneria dell’università di Harvard, è stata sperimentata sul fagato di topi e sul cuore di un maiale: dieci volte più appiccicosa di quelle usate attualmente in chirurgia, si adatta ai movimenti dei tessuti e non crea problemi di tossicità. Ora si tratta di testare la sua sicurezza per l’uomo. OLIO CONTRO L’ALZHEIMER – L’extravergine di oliva attiva l’autofagia, un processo di ripulitura dai rifiuti tra cui anche le placche amiloidi e i grovigli di proteina tau, cioè i due segni principali dell’Alzheimer. E’ la tesi di tre ricercatori italiani che lavorano due a Philadelphia (Usa) e uno alla Sapienza e che hanno confrontato gli effetti dell’alimentazione arricchita con evo in uno di due gruppi di topi testati, Test di memoria notevolmente migliori.

Periodico dell’Associazione Cuore Sano in collaborazione con la Uoc Cardiologia S.Spirito • Anno XXII - n. 4 ott./dic. 2017 • Reg. Trib. di Roma n.00323/95 • Direttore responsabile Giorgio Frasca Polara • Comitato scientifico Roberto Ricci (presidente), Edoardo Nevola, Antonio Cautilli, Alessandro Danesi, Gabriella Greco, Francesca Lumia, Alessandro Totteri, Marco Renzi, Giulio Scoppola • Redazione Lungotevere in Sassia n. 3 • 00193 Roma Ospedale Santo Spirito • Segretaria di redazione Carla Maria Rossi• Recapiti: Cardiologia-reparto terapia intensiva (Utic) tel. 06.68352579; Cardiologia-reparto Subintensiva (Usic) tel. 06.68352213; Segreterie Cardiologia, Ass. Cuore Sano e redazione di Cuore Amico tel. 06.68352323 • E-mail: dmed.car@aslroma1.it • segreteriacs@cuore-sano.it • www.cuore-sano.it • Stampato dalla Stamperia Lampo


GIORGIO HA LE SUE PERSONALI ESIGENZE IN TERMINI DI TERAPIA ANTICOAGULANTE 82 anni: paziente con insufficienza renale FANV, anziano, sovrappeso, insufficienza renale moderata, molteplici comorbilità, stile di vita sedentario

L’insufficienza renale di Giorgio aumenta il suo rischio di sanguinamento nella FANV - è stato osservato che il rischio relativo di sanguinamento è superiore nei pazienti con nefropatia rispetto ai pazienti che non la presentano.1 I tuoi pazienti stanno tutti assumendo una terapia anticoagulante specifica per le loro personali esigenze? COMORBILITÀ

TERAPIE CONCOMITANTI

NON COMPLIANTE

Bibliografia: 1. Olesen JB et al. Stroke and bleeding in atrial fibrillation with chronic kidney disease. N Engl J Med 2012;367(7):625–635.

FANV= fibrillazione atriale non valvolare

INSUFFICIENZA RENALE

ETÀ AVANZATA

BASSO PESO CORPOREO



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