Tecnologie dei processi di produzione - Esercitazione

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Tecn l gie dei processi di produzione

Anno V

La tutela dell’ambiente ECCO PERCHÉ È IMPORTANTE!

La fabbricazione della carta TUTTE LE CURIOSITÀ

L’arte della cinematografia UN MONDO DA SCOPRIRE

La sicurezza sul lavoro GLI ASPETTI PRINCIPALI

e d i z i o n i


Editoriale Il futuro ha nuove idee...

“LA TECNOLOGIA È IN COSTANTE EVOLUZIONE”

Questa rivista racchiude tutti gli argomenti affrontati nel corso dell’anno scolastico 2017/2018 con i proff. A. Cavallo e L. Adessi nella disciplina Tecnologie dei processi di produzione. Grazie a questo lavoro ho acquisito competenze nel campo della grafica editoriale, che giorno dopo giorno diventa sempre più importante. Con l’avvento del digitale e di nuove forme di comunicazione, anche le riviste si sono modernizzate. Al giorno d’oggi, in aggiunta al tradizionale prodotto cartaceo è stata introdotta una versione online, ricca di contenuti interattivi, come si suol dire prêt-à-porter. Pertanto, queste ultime continuano ad essere molto apprezzate e utili per rimanere sempre aggiornati sulle ultime notizie e curiosità di ogni genere. La tecnologia è in costante evoluzione e certamente creerà nuovi prodotti all’avanguardia e migliorerà le forme di comunicazione esistenti.

Di Valeria Guarino

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SOMMARIO LA FABBRICAZIONE DELLA CARTA Cenni storici...............................................6 La fabbricazione della carta ...............7 Operazioni post-stampa.......................9 Le caratteristiche chimico-fisiche.........................................10 Le principali tipologie di carta...........11

LA CINEMATOGRAFIA Dagli esordi ai giorni nostri..................14 Le fasi di una produzione cinematografica.....................................16 La saga di Hunger Games...................18

LA TUTELA DELL’AMBIENTE La definizione.........................................22 L’evoluzione della normativa............23 Le norme europee.................................25 Le definizioni ambientali della norma italiana............................26 Le problematiche delle aziende grafiche..........................27 Il sistema di Gestione Ambientale...........................29

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LA SICUREZZA SUL LAVORO Definizione...............................................32 Qual è la differenza tra rischio e pericolo?............................33

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LA CARTA L’articolo descrive la storia della carta, a partire dalla sua invenzione, sino ai giorni nostri, illustrando le fasi di fabbricazione e le sue caratteristiche.

Cenni storici Le principali tipologie


La fabbricazione Le caratteristiche chimico-fisiche


La carta

Cenni storici S ulla base di alcuni ritrovamenti archeologici, il primo impiego della carta è collocabile alcuni secoli prima di Cristo, ma l’invenzione viene ufficialmente attribuita ad un cinese di nome Ts’ai Lun, nel 105 d.C. Secondo la leggenda, Ts’ai Lun si trovava sulle rive di uno stagno, adibito a lavatoio, accanto ad una lavandaia che stava sciacquando energicamente alcuni panni sporchi. Notò che a causa dello strofinamento, si staccarono delle fibre di tessuto, che si raggrupparono in un velo ai suoi piedi. Incuriosito, raccolse il sottile velo e lo mise ad essiccare, ottenendo così un “foglio” di colore biancastro e di una certa consistenza. Dopodiché, nel VII secolo la fabbricazione della carta passò prima in Corea e successivamente in Giappone; nell’VIII secolo si diffuse anche in Occidente, in seguito ad una guerra, al termine della quale gli arabi fecero prigionieri alcuni cinesi, che gli insegna-

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rono la fabbricazione della carta. Furono gli arabi a diffondere in seguito la carta anche in altri territori, come la Spagna e la Sicilia (Palermo). Dall’Italia, la produzione passò nel resto dell’Europa e particolarmente in Francia, Paesi Bassi e Inghilterra. Fino ai primi decenni dell’Ottocento, il ciclo di produzione della carta rimase invariato; ma, l’aumento delle richieste, soprattutto grazie alla diffusione dei periodici, portò all’introduzione di tecnologie innovative. Ad oggi, la carta è uno dei materiali più importanti nel settore grafico. Con l’avvento della tecnologia, si pensava che i prodotti multimediali avrebbero ridotto la quantità di carta prodotta, ma, contro tutte le aspettative, la carta continua ad essere la materia prima maggiormente utilizzata. La carta è un prodotto formato da un sottile strato di fibre di cellulosa, insieme a collanti, cariche minerali e coloranti.

Le materie prime per la sua produzione sono cambiate nel corso dei secoli. Inizialmente, venivano usati stracci di origine vegetale di colore bianco oppure la paglia. Nell’800 la crescente richiesta di carta ha portato all’estrazione della cellulosa dal legno. Il legno è formato dalla cellulosa e dalla lignina, una caratteristica negativa, in quanto tende a far ingiallire nel tempo la carta. Dal legno si ricava la pasta legno, la pasta di cellulosa ed altre materie fibrose. La pasta legno, detta anche pasta meccanica, è il materiale di base per la produzione della carta. Si tratta di un materiale fibroso che si ricava dai tondelli di legno, tramite operazioni puramente meccaniche, senza subire nessun trattamento chimico. La pasta di cellulosa, o pasta chimica, è quella che si ottiene dalla cellulosa che, nel legno secco, si trova in quantità di circa 50/60%. Si separa attraverso mezzi chimici.


La fabbricazione della carta La fabbricazione della carta inizia con il taglio degli alberi; i tronchi vengono ridotti in tondelli e in seguito trasportati in cartiera. Successivamente, i tondelli vengono inseriti, tramite un nastro elevatore, all’interno della scortecciatrice, un grande cilindro, ricoperto per due terzi di acqua, che ruota lentamente. I tondelli, per effetto del rotolamento e dello sfregamento gli uni contro gli altri, perdono la corteccia, che viene poi raccolta e bruciata. Questo passaggio è indispensabile, in quanto la corteccia è ricca di sughero e priva di cellulosa, pertanto rappresenta un elemento di disturbo per la purezza della pasta legno. Dopo aver eliminato la corteccia, è necessario ridurre i tondelli in parti più piccole; questa operazione può essere effettuata da due

macchine: la sminuzzatrice, che li riduce in minuzzoli e la sfibratrice, che li riduce in fibre. Entrambe danno come risultato finale dei pezzetti di legno, che vengono chiamati chip. I chip ottenuti vengono messi all’interno del vibrovaglio, che effettua una prima superficiale divisione tra la parte buona e gli scarti. Il vibrovaglio è formato da una rete metallica, che lascia passare la parte buona

e trattiene gli scarti, che vengono poi recuperati e rimessi in circolo, dopo essere passati attraverso un raffinatore degli scarti. In fondo al vibrovaglio, la parte buona viene raccolta ed inviata all’assortitore centrifugo, una struttura cilindrica, mantenuta in costante rotazione. È formato da un cestello forato, che lascia passare l’ulteriore parte buona e trattiene altri scarti, che vengono anch’es-

Chip di legno.

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La carta

si recuperati e rimessi in circolo. In questa fase, le fibre non sono ancora di ottima qualità, per cui è prevista un’ulteriore operazione di epurazione tramite gli idrocicloni. Gli idrocicloni impiegano forze centrifughe, che consentono di eliminare le impurità, ottenendo come risultato finale un impasto. Prima di essere inviato alla torre di imbianchimento, l’impasto viene inserito nell’addensatore, che viene utilizzato per eliminare l’acqua in eccesso. Anche in questo caso, l’acqua che viene eliminata non viene scartata, ma recuperata e inviata nel reparto di produzione della carta dove è necessario il suo utilizzo. Dopo questa ultima operazione, l’impasto carico di fibre di ottima qualità è pronto per essere inviato alla torre di imbianchimento. Nella torre di imbianchimento si effettua l’operazione di sbianca, che attenua il colore giallo della materia fibrosa. I procedimenti per rendere più o meno bianca la carta sono diversi e danno come risultato finale carte di qualità diversa. La carta prodotta con la pasta legno ha scarsa resistenza meccanica e contiene la lignina del legno, che comporta evidenti alterazioni per effetto della luce, dell’umidità e del calore, portando all’ingiallimento della carta. Nonostante questo, ha un prezzo molto più economico, presenta una buona stampabilità e può dare carte con elevato grado di liscio. Per questi motivi, la pasta legno viene impiegata per la realizzazione delle carte dei quotidiani, dei periodici, delle carte da parati e di alcuni tipi di carta patinata. La cellulosa invece, nel processo di fabbricazione della carta, subisce sostanzialmente le stesse fasi della pasta legno, sino all’addensamento. Dopodiché si effettua la lisciviatura, un trattamento chimico che viene effettuato in appositi bollitori. L’impasto legnoso viene trattato, sotto pressione, ad alta temperatura (150-180°C) con una 8

sostanza chimica, chiamata liscivio. Dopo la cottura, la massa liquida viene trasferita in appositi filtri di lavaggio e altri assortitori, dove vengono eliminati nodi e incotti, ottenendo un impasto di migliore qualità rispetto alla pasta legno. Dopodiché l’impasto carico di acqua viene inviato alla macchina continua in piano, che provvede alla realizzazione della bobina di carta. L’impasto carico di acqua (100%) viene introdotto nella cassa di flusso, che distribuisce il materiale sulla tavola di fabbricazione, detta anche piana. Successivamente, il nastro metallico riceve l’impasto ad alta velocità e lo trasporta alle presse umide, dette anche aspiranti, dove comincia a perdere gradualmente l’acqua. In questo momento la percentuale di acqua presente è circa il 70%. Per eliminare completamente l’acqua, l’impasto passa attraverso due seccherie. Nella prima seccheria l’impasto entra con una temperatura di circa 12°C e viene portato gradualmente alla temperatura di 100°C, in modo da far evaporare l’acqua. Grazie a questo processo, l’impasto si trasforma definitivamente in nastro di carta. Nella seconda seccheria si ha una continua perdita di umidità e la temperatura viene gradualmente ridotta, per permettere al nastro di carta di raffreddarsi lentamente. Fra la prima e la seconda seccheria si trova il gruppo collante, che svolge l’operazione di collatura superficiale.

La macchina continua in piano.

La pressa collante è composta da due cilindri sovrapposti, dai quali passa il nastro, che riceve la colla (operazione di collatura in superficie) oppure la patina (operazione di patinatura), nel caso in cui la colla sia stata già inserita nell’impasto. All’uscita dalla seconda seccheria il nastro di carta essiccato, che si presenta con un grado di umidità del 5 %, viene fatto passare nella liscia di macchina, strumento formato da una serie di cilindri metallici, che permette di rendere la carta più liscia e compatta. Dopodiché si effettua un’operazione di lucidatura accurata del nastro, che passa dal cilindro Yankee, presente all’interno della macchina continua in piano. È di dimensioni molto elevate ed è riscaldato a temperatura costante. Le carte che subiscono questo trattamento vengono chiamate monolucide, e risultano particolarmente adatte per manifesti o alcuni tipi di carte da imballaggio. All’uscita dal cilindro Yankee, il nastro di carta passa attraverso il cilindro raffreddatore, che conferisce alla carta il giusto grado di temperatura e umidità. A questo punto il nastro di carta può essere arrotolato. L’arrotolatore è un dispositivo che svolge tre funzioni: avvolge il nastro di carta in bobina, lo taglia quando la bobina è completa e lo avvolge su una nuova anima, ossia un tubo di cartone, ottenendo un rotolo di circa 10 metri, pronto per essere tagliato nelle dimensioni opportune per le macchine da stampa.


Operazioni post-stampa La collatura La collatura è l’operazione che completa un foglio di carta, rendendolo pronto per la stampa. Questa operazione è fondamentale, in quanto la buona parte della carta prodotta viene destinata alla stampa e i fogli devono possedere delle specifiche caratteristiche, adatte a ricevere materiali fluidi (come inchiostri, vernici, ecc). Si possono effettuare due opzioni di collatura: - la collatura in impasto, che consiste nell’aggiungere, durante la preparazione dell’impasto, una serie di additivi opportuni. Il materiale più utilizzato è la colofonia. - la collatura in superficie, che consiste nell’applicare la sostanza collante sulla superficie del nastro di carta già formato. I materiali più utilizzati sono gli amidi (di mais e patate), che non inscuriscono la carta, ma anche i prodotti siliconici o l’alcol polivinilico. Durante le prime fasi della fabbricazione della carta, è possibile aggiungere all’impasto anche il colore e le cariche. Il colore permette di ottenere la carta della tonalità che si desidera (come il

quotidiano sportivo La Gazzetta dello Sport); si realizza inserendo nell’impasto una serie di sostanze coloranti. Le cariche invece, vengono aggiunte durante l’impasto per dare alla carta un elevato grado di bianco, ma anche una buona opacità e le caratteristiche idonee ad una buona stampabilità.

ne appositamente costruite. La patinatura può essere singola, doppia o tripla. Questa operazione consiste nel rivestire la carta con un sottile strato di sostanze (patina) che rende la carta più liscia e resistente, più gradevole alla vista e particolarmente adatta alla stampa.

La patinatura

La calandratura

La patinatura è un trattamento superficiale, che viene eseguito per ottenere una carta di qualità ancora migliore. Si possono seguire due metodi diversi di patinatura: la patinatura in macchina, che avviene durante il ciclo di fabbricazione della carta, e la patinatura fuori macchina, che avviene con macchi-

La calandratura è un altro trattamento superficiale, generalmente effettuato dopo la patinatura. Questa operazione conferisce alla superficie della carta un buon grado di liscio e di lucido. L’operazione consiste nel far scorrere il nastro di carta attraverso una serie di cilindri posti a contatto fra loro.

La calandra, macchina composta da rulli ad assi paralleli.

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La carta

Le caratteristiche chimico-fisiche La grammatura: la grammatura di una carta è il peso della carta espresso in grammi per un metro quadrato di superficie. Secondo la grammatura le carte possono essere classificate in: Carta bibbia: 25-35 g/m2; Carta leggera: 35-60 g/m2; Carta da stampa: 60-115 g/m2 (la carta da fotocopiatrici e stampa ink-

Un esempio di carta ad uso mano.

Un esempio di carta patinata.

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jet ha una grammatura di 80 g/m2); Carta ruvida o bouffant: 115-220 g/m2; Cartoncino: oltre 220 g/m2. Il volume: il volume di una carta è il rapporto tra lo spessore di un foglio in micrometri e la sua grammatura in grammi per metro quadrato. Il valore tipico del volume è attorno a 1, in quanto lo spessore della carta è solitamen-

te 0,07 mm, cioè 70 micrometri. ISO Brightness: è un attributo percettivo del colore e, in italiano, significa “brillanza”, ma è distante dalla parola in sé per sé. In realtà la ISO Brightness, chiamata anche grado di bianco, è la misura del fattore di riflessione della luce nella regione blu. In altre parole è la misura della bianchezza della cellulosa e della carta.


Altri tipi di carta WFC

ità attiv di rio rato labo

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La GardaGloss Art è una carta dalla superficie lucida e un’alta rigidità. È prodotta in ambiente neutro, senza acidi, ed è resistente all’invecchiamento. Ha un’ottima stampabilità e macchinabilità.

Le principali tipologie di carta Le principali tipologie di carta sono la carta ad uso mano e la carta patinata. La carta ad uso mano, detta anche naturale o non patinata, non subisce trattamenti chimici e consente un’ottima resa sul tratto (disegno dalle linee nette e nitide) e di conseguenza sul carattere di stampa. Per questi motivi, la carta non patinata viene maggiormente utilizzata per la realizzazione di libri di solo testo, come i romanzi o i prodotti con poche immagini. La carta patinata è una carta che viene resa lucida grazie al processo di patinatura. Inoltre, assorbe meno inchiostro rispetto ad altre naturali, e per questo è quella con la miglior resa nella stampa di foto e di immagini. Infatti, il minor assorbimento di inchiostro consente di ottenere colori più brillanti e definiti, facendo risaltare maggiormente le immagini. La carta patinata può presentare diversi fattori di lucidezza (anche chiamati gradi di lucido):

lucida (gloss) tra 50 e 80, satinata (silk) tra 20 e 40 e opaca (matte) tra 10 e 20. La classificazione delle carte da stampa. A partire dalla qualità più alta, la classificazione delle carte da stampa è: • WFC – Woodfree coated – Patinata senza pasta legno (pasta chimica); • MWC – Medium weight coated – Patinata (pasta meccanica); • Hi-Brite LWC – High brightness low weight coated – Patinatino (pasta meccanica); • Std LWC – Standard low weight coated – Patinatino (pasta meccanica); • MFC – Machine finished coated – Patinata; • SC – Supercalandered – Supercalandrata (pasta meccanica); • INP – Improved newsprint – Giornale migliorato (pasta meccanica); • SNP – Standard newsprint – Carta da giornale (pasta meccanica).

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La GardaMatt Art ha una superficie opaca e massima levigatezza. Anch’essa prodotta in ambiente neutro, è resistente all’invecchiamento. Ha un’alta rigidità e una buona resa in spessore. È elegante e raffinata.

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La GardaPat Art è una carta con superficie opaca e vellutata, ad alto spessore (volume 1.3). Questa carta esalta la stampa di sfumature e mezzi toni, per cui è ideale per la stampa in quadricromia e in duotono. 11


LA CINEMATOGRAFIA Come nasce il cinema? Cosa c’è dietro un film? Questo articolo descrive la storia del cinema e i diversi ruoli che contribuiscono alla realizzazione di un film.

Storia del cinema Il cinema oggi


Le fasi della produzione cinematografica

La troupe cinematografica


La cinematografia

Il cinema: Dagli esordi ai giorni nostri Il cinema può essere definito come l’insieme delle arti, delle tecniche e delle attività che producono come risultato finale un film.

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a cinematografia nasce dal desiderio dell’uomo di conoscere ogni parte del mondo. Ha numerosi antenati che risalgono fino al mondo antico. In Oriente esisteva la rappresentazione delle Ombre cinesi, mentre in Europa si effettuarono studi ottici sulle proiezioni tramite le lenti sin dal 1490, con la camera oscura leonardiana. Nel 1646 nacque la Lanterna Magica, che proiettava su una parete di una stanza buia immagini dipinte su vetro e illuminate da una candela dentro una scatola chiusa. Verso la fine del ‘700 si diffuse il Mondo Nuovo, apparecchio simile alla Lanterna Magica, ma, a differenza di quest’ultima, le

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immagini venivano proiettate all’interno della scatola chiusa. Dopo la nascita della fotografia (nel 1839) si iniziò a studiare la riproduzione del movimento in scatti consecutivi. Si iniziarono a cercare modi di proiettare le fotografie in successione, in modo da ricreare l’illusione ottica del movimento. Tra le centinaia di esperimenti in tutto il mondo, si distinsero Thomas Edison, che inventò il Kinetoscopio, e Auguste e Louis Lumière, che inventarono il Cinematografo, un apparecchio in grado di proiettare su uno schermo bianco una sequenza di immagini distinte, impresse su una pellicola di 35 mm. Il cinema nasce convenzionalmente il 28 dicembre 1895 a Pari-

gi, negli scantinati del Grand Café; vennero proiettati dieci filmati da un minuto ciascuno, che raccontavano scene di vita quotidiana, riprese da un’unica inquadratura fissa. Furono proiettati 16 m di pellicola; i filmati più importanti furono: “La sortie des usines Lumière” (L’uscita dalle officine Lumière), “L’arroseur arrosé” (L’innaffiatore annaffiato), “Le Repas de bébé” (La colazione del bimbo) e infine “L’Arrivée d’un train à La Ciotat” (L’arrivo del treno alla Ciotat). Nel 1900 i fratelli Lumière cedettero i diritti di sfruttamento del cinematografo, che si diffuse così in Europa e poi nel resto del mondo. Nel 1932 la Kodak produsse la prima cinepresa con la pellicola da 8 mm, una vera e propria rivoluzione che favorì l’affermazione del cinema. Successivamente, dopo diversi studi e sperimenti, si introdussero anche il sonoro e il colore, che completarono il cinema, rendendolo più comprensibile e piacevole. Ad oggi produrre un film è molto complicato e richiede la partecipazione di centinaia di per-


A sinistra Thomas Edison, a destra i fratelli Auguste e Louis Lumière: le principali figure che hanno contribuito alla nascita del cinema.

“La sortie des usines Lumière”, in italiano “L’uscita dalle officine Lumière”, è uno dei più famosi cortometraggi dei fratelli Lumière. È stato il primo ad essere proiettato al primo spettacolo pubblico, per cui viene solitamente indicato come il punto di partenza della storia del cinema. sone, oltre che l’impiego di attrezzature molto costose e l’investimento di ingenti somme di denaro. Grazie all’avvento del digitale però, i costi si sono notevolmente abbassati. La produzione di un film è possibile grazie al lavoro di una troupe cinematografica, ossia un insieme di lavoratori altamente specializzati che eseguono compiti artistici, tecnici e logistici. Per questo, la troupe si divide in diversi reparti, ognuno guidato da un capo-reparto, responsabile delle scelte artistiche e tecniche di tutto il gruppo. La composizione della troupe

varia in base al budget prefissato e alle necessità tecniche e artistiche del film, ma anche in base alla tipologia del film stesso. Nei film di cortometraggio la troupe minima in fase di produzione è di circa venti persone; in caso di film di lungometraggio la troupe minima si aggira intorno alle sessanta persone. Nei progetti complessi è possibile che si crei una seconda unità, ossia una seconda troupe di dimensioni ridotte che si occupa di portare avanti autonomamente una specifica parte della lavorazione, in concordanza con il

lavoro della troupe principale. Generalmente si occupa di riprese che non richiedono la presenza degli attori principali oppure non richiedono proprio la presenza di attori. In alcune produzioni possono esistere anche ulteriori unità aggiuntive, che prenderanno il nome di terze unità e così via. Inoltre, nelle produzioni che impiegano effetti speciali è possibile che si creino delle unità speciali, ossia delle mini-troupe che si dedicano a compiti specifici che riguardano gli effetti speciali.

Prima proiezione negli scantinati del Grand Café.

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La cinematografia

Le fasi della produzione cinematografica Come accennato in precedenza, le fasi della produzione cinematografica (detta anche filmmaking o film production) sono sostanzialmente cinque. Analizziamo le diverse fasi e le figure che operano al loro interno.

Sviluppo del progetto La prima fase è importantissima in quanto vengono decisi tutti gli aspetti fondamentali per la realizzazione del film stesso. Prima di tutto ci si dedica al budgeting, ossia al reperimento dei fondi necessari per la realizzazione del film. Dopodiché si procede alla stesura del soggetto, ossia un breve racconto che illustra a grandi linee la trama del film, fornendo un’idea dei 16

tempi, dei luoghi e dei personaggi. Successivamente ci si occupa della sceneggiatura, che prevede una descrizione dettagliata di scene e dialoghi, oltre che di tutti i luoghi e gli oggetti che si intendono far apparire. Questo compito è svolto da un gruppo di lavoro, dove spicca la figura del regista e del dialoghista, che si occupa di scrivere i dialoghi di ogni scena. In questa fase viene scelto anche il cast artistico, formato da: attore protagonista, attore coprotagonista, attore caratterista (ossia un attore non protagonista che interpreta un personaggio singolare, caratteristico o eccentrico), cameo/ cammeo (la breve apparizione di un personaggio famoso) e infine la comparsa (un attore generalmen-

te non professionista, che ricopre ruoli di contorno in un film).

Pre-produzione La fase di pre-produzione è la vera e propria produzione del film, al termine della quale inizieranno le riprese effettive. La fase di pre-produzione vede la collaborazione delle figure chiave della troupe, ossia: il regista, l’aiuto-regista, l’organizzatore generale e il direttore di produzione, insieme ai capi-reparto, al direttore della fotografia, allo scenografo e al costumista. Questa fase inizia con lo spoglio della sceneggiatura, che spetta al direttore di produzione o all’aiuto-regista, ed è l’operazione che consente di determinare le sin-


Schema che illustra le cinque fasi della Produzione Cinematografica.

gole scene e che permette di individuare tutti i fabbisogni del film (attori, costumi, location, scenografie, materiali di scena, attrezzature, luci, e così via). Completato lo spoglio della sceneggiatura si passa alla fase successiva, chiamata preparazione. In questa fase il direttore di produzione e l’aiuto-regista, in base alle indicazioni del regista e del produttore, compilano il piano di lavorazione, ossia un calendario delle riprese, che farà da riferimento per tutta la troupe. Mentre, i reparti si procurano tutti i materiali necessari, comprandoli, noleggiandoli o realizzandoli, che verranno poi sistemati in appositi locali attrezzati. L’ultimo aspetto da sistemare in questa fase è il set, dove si svolgeranno le riprese cinematografiche.

Lavorazione La fase di lavorazione prevede,

come prima cosa, dei sopralluoghi, che servono per accertarsi che le location scelte siano adatte alle condizioni di ripresa. Il compito spetta alla produzione, formata da location manager, aiuto regia e direttore della fotografia. I fattori che determinano che la location scelta sia efficiente sono di tipo produttivo: la disponibilità di corrente elettrica, condizioni di luce, situazione audio, spazi in grado di ospitare una troupe intera, servizi in genere. Si scattano poi delle fotografie che vengono in seguito mostrate ai vari reparti. Dopodiché si realizzano i costumi e i trucchi dei diversi personaggi, in linea con la loro personalità e il loro stile di vita, precedentemente descritto nella sceneggiatura. Questo compito viene svolto dai costumisti e dai truccatori. Anche il set viene personalizzato e decorato dal set decorator, detto anche arredatore. A questo punto, tutto è pronto per iniziare le riprese.

Post-produzione La post-produzione è la fase in cui tutte le scene girate vengono montate, attraverso l’utilizzo di software dedicati, aggiungendo anche il sonoro, gli effetti sonori, i titoli, l’eventuale doppiaggio e gli eventuali effetti visivi, analogici e digitali. Di questo se ne occupa l’editor (o montatore).

Distribuzione La distribuzione è la fase del processo di diffusione e presentazione al pubblico di un film. Questa fase è coordinata da una società specializzate.

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La cinematografia

Da chi è stata realizzata la saga di Hunger Games? Mettiamo in pratica ciò che abbiamo descritto in precedenza e andiamo ad analizzare la troupe cinematografica che ha contribuito alla realizzazione del primo film della Saga che ha incassato oltre 691 milioni di dollari in tutto il mondo. Titolo originale: Hunger Games Tratto dal romanzo di: Suzanne Collins Paese di produzione: USA Lingua originale: inglese Durata: 142 min Anno: 2012 Genere: fantascienza, azione, thriller Regia: Gary Ross Sceneggiatura: Gary Ross, Suzanne Collins

Katniss Everdeen 18

Peeta Mellark

Produttore: Nina Jacobson, Jon Kilik Produttore esecutivo: Robin Bissell, Suzanne Collins, Louise Rosner Casa di produzione: Lions Gate Entertainment, Color Force Distribuzione (Italia): Warner Bros Pictures Fotografia: Tom Stern Montaggio: Stephen Mirrione, Juliette Welfling Effetti speciali: Scott Farrar, Industrial Light

Gale Hawthorne

Haymitch Abernathy

Effie Trinket


Musiche: James Newton Howard Scenografia: Philip Messina Costumi: Judianna Makovsky Trucco: Elena Arroy Interpreti e personaggi Jennifer Lawrence: Katniss Everdeen Josh Hutcherson: Peeta Mellarck Liam Hemsworth: Gale Hawthorne Woody Harrelson: Haymitch Abernathy Elizabeth Banks: Effie Trinket Lenny Kravitz: Cinna Stanley Tucci: Caesar Flickerman Donald Sutherland: Presidente Snow Wes Bentley: Seneca Crane Toby Jones: Claudius Templesmith Alexander Ludwig: Cato Isabelle Fuhrman: Clove Amandla Stenberg: Rue Willow Shields: Primrose Everdeen

Cinna

Caesar Flickerman

Paula Malcomson: Mrs. Everdeen Raiko Bowman: Mrs. Mellark Kimiko Gelman: Venia Nelson Ascencio: Flavius Brooke Bundy: Octavia Dayo Okeniyi: Thresh Leven Rambin: Glimmer Jack Quaid: Marvel Latarsha Rose: Portia Ian Nelson: Ragazzo Distretto 3 Kalia Prescott: Ragazza Distretto 3 Ethan Jamieson: Ragazzo Distretto 4 Jacqueline Emerson: Faccia Di Volpe Mackenzie Lintz: Ragazza Distretto 8 Imanol Yepez-Frias: Ragazzo Distretto 9 Annie Thurman: Ragazza Distretto 9 Dakota Hood: Ragazza Distretto 10 Karan Kendrick: Atala Phillip Troy Linger: Mr. Everdeen

Presidente Snow

Seneca Crane

Primrose Everdeen 19


LA TUTELA DELL’AMBIENTE L’articolo fornisce dettagliate informazioni sulla tutela dell’ambiente, analizzando l’evoluzione della normativa italiana ed europea a tal proposito. Successivamente descrive i diversi tipi di inquinamento prodotti dalle aziende grafiche.

Definizione di ambiente Definizione di inquinamento La normativa italiana ed europea Le definizioni ambientali della normativa italiana

Le problematiche delle aziende grafiche



La tutela dell’ambiente

LA TUTELA

DELL’AMBIENTE

L‘

ambiente indica tutto ciò con cui un essere vivente entra in contatto influenzandone, in maniera positiva o negativa, il ciclo vitale. Il ciclo vitale è l’insieme di una serie di passaggi che costituiscono la vita di un organismo (dalla fecondazione alla morte). Per evidenziare gli effetti dell’uomo sull’ambiente circostante, si distinguono: l’ambiente naturale e l’ambiente antropizzato. L’ambiente è detto naturale quando non ha subito alcuna modifica da parte dell’uomo, oppure se le modifiche subite non hanno cambiato radicalmente il suo aspetto e le 22

sue funzionalità originarie; è detto antropizzato (o artificiale), invece, quando l’intervento dell’uomo è molto evidente. Le caratteristiche dell’ambiente sono fortemente cambiate nel corso dei millenni; l’inquinamento prodotto dall’attività umana è fonte di grande preoccupazione. Con la parola inquinamento si intende la modifica dell’equilibrio di un ecosistema, ossia l’insieme delle sostanze non viventi e degli organismi viventi, che stabiliscono uno scambio di materiali ed energie in un’area delimitata. L’inquinamento può comportare gravissime conseguenze, sia per

l’ambiente sia per gli esseri viventi che lo abitano. I fattori che hanno contribuito all’aumentare dell’inquinamento, sono legati allo sviluppo industriale; inizialmente si trattava di inquinamento di tipo biologico e chimico, ma col passare del tempo si sono aggiunti l’inquinamento acustico, termico ed elettromagnetico. Inoltre, la società industriale ha prodotto materiali di scarto (rifiuti industriali e civili) che non sono stati gestiti nel modo corretto, provocando gravissimi disastri ambientali. In particolare, nella città di Bhopal (India), nel 1984, fuoriuscirono oltre 40 tonnellate di isocianato di


metile, un composto utilizzato per la produzione di fitofarmaci. Questo episodio causò 15.000 vittime. Altrettanto disastroso è stato l’episodio avvenuto nello Stretto di Prince William, un’insenatura del Golfo di Alaska, nel 1989. La Exxon Valdez, una multinazionale petrolifera, versò in mare oltre quaranta milioni di litri di petrolio, distruggendo un intero ecosistema. Nel processo che seguì il disastro ambientale, la Exxon Valdez venne accusata e gli fu imposto di pagare una somma pari a 5 miliardi di dollari. In seguito, la multinazionale patteggiò fino ad arrivare alla somma di 507,5 milioni di dollari. Anche in Italia, il 10 luglio 1976, si verificò un disastro ambientale: a Seveso, dallo stabilimento dell’Icmesa fuoriuscì una nube di diossina. Furono evacuate ampie aree circostanti e da queste furono costretti ad asportare il terreno per monitorarlo in apposite vasche. Ancora oggi, gli studiosi affermano che gli effetti sul corpo umano continuano ad essere significativi.

L’evoluzione della normativa In seguito a questi episodi, la popolazione mondiale ha compreso le gravi conseguenze e i pericoli per il futuro, perciò si è evoluta anche la normativa. Inizialmente, nella Costituzione italiana non esisteva nemmeno una definizione di “ambiente”, anche se con la presenza di tre articoli se ne garantiva comunque la tutela. Gli articoli in questione sono: l’articolo 9 “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”; l’articolo 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”; infine, l’articolo 117 “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: […] tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”. La prima legge sull’inquinamento atmosferico risale al 1966. La prima norma per la tutela delle acque risale al maggio 1976, detta anche legge Merli (dal nome del suo relatore). Nel 1982 promulgarono la prima

normativa sui rifiuti, con il Decreto del Presidente della Repubblica. La legge si affermerà totalmente nel 1997, con il decreto Ronchi. Nel 2004 fu approvato il Decreto Legislativo n. 42, ossia il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Infine, ad aprile 2006, entrò in vigore l’importantissimo Decreto Legislativo n. 152, ossia il Testo Unico Ambientale. Quest’ultimo è diviso in sei parti. La prima parte riguarda le cosiddette “disposizioni comuni”, ossia le caratteristiche generali della legge (le materie trattate, le finalità del decreto e delle disposizioni per eventuali modifiche future). La seconda parte introduce le procedure per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e per l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA o IPCC). In particolare, la VAS è un procedimento di analisi preventiva dell’impatto ambientale che si ottiene

CURIOSITÀ La Costituzione italiana: è il documento prodotto dall’Assemblea Costituente ed è entrato in vigore l’1 gennaio 1948. È, in ordine di importanza, la maggiore fonte del diritto italiano. La Corte Costituzionale: è il massimo organo giuridico in materia di interpretazione della legittimità degli atti di Stato e Regioni.

Il “Disastro di Seveso”, così viene ricordato il terribile incidente dell’azienda Icmesa. Nella foto, i cartelli che delimitano la zona danneggiata.

Amianto: detto anche asbesto, può portare ad una malattia polmonare cronica, dovuta all’inalazione di fibre di asbesto/amianto.

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La tutela dell’ambiente

Insediamento industriale con un effetto rilevante sulll’ambiente circostante.

attuando determinate scelte per il territorio. La VAS dovrebbe consentire all’ente pubblico di effettuare scelte consapevoli e nel rispetto dell’ambiente, in quanto consente di conoscere tutti i fattori che compongono l’ecosistema e permette di mettere a confronto varie alternative (tra cui l’alternativa “zero”, ossia quella di non fare una determinata opera perché l’impatto sarebbe distruttivo per l’ambiente). Pertanto, dovrebbe essere uno strumento di fondamentale supporto, per garantire uno sviluppo sostenibile e per proteggere l’ambiente. La VIA serve per valutare quei progetti specifici che possono avere un

CURIOSITÀ Un esempio eclatante della necessità dell’AIA è stata, negli anni scorsi, la vicenda dello stabilimento siderurgico dell’ILVA, a Taranto.

effetto rilevante sull’ambiente (sia naturale che antropizzato). In base alle dimensioni dei progetti, la VIA può essere regionale o nazionale. L’AIA, invece, è specificatamente indirizzata ad aziende con maggiore impatto sull’ambiente, che operano sottostando alle procedure d’autorizzazione dell’Unione Europea, definite dai principi di Integrated Pollution Prevention and Control (da qui l’acronimo IPCC). L’AIA deve valutare il rispetto dei requisiti stabiliti dalle norme ambientali di settore, deve tenere in considerazione eventuali prescrizioni in materia di VIA e tutti i piani soggetti alla VAS. In particolare, è richiesta quando un’installazione produttiva può causare danni significativi all’ambiente. È detta integrata perché non si occupa solo di eventuali danni

Effetto sulla fauna dello sversamento del petrolio.

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causati durante l’attività dell’azienda, ma prende in considerazione tutto il periodo di vita dell’azienda, sino alla dismissione. A differenza delle prime due, l’AIA non si occupa specificatamente delle compatibilità di un’attività produttiva nel contesto territoriale, bensì dell’adozione da parte delle aziende delle tecniche ambientali più efficienti in grado di produrre meno inquinamento possibile. La terza parte si occupa della difesa del suolo e della lotta alla desertificazione, della tutela delle acque e della gestione delle risorse idriche. L’obiettivo di questa sezione è quello di assicurare la tutela e il risanamento del suolo e del sottosuolo, attraverso la prevenzione e la messa in sicurezza delle situazioni a rischio, coinvolgendo tutti gli enti pubblici.


La quarta parte affronta il tema della gestione dei rifiuti e degli imballi e della bonifica dei siti contaminati. In questa parte si descrivono i “sottoprodotti” e le “materie prime secondarie”. I sottoprodotti sono tutti quei prodotti che l’impresa produce durante i processi produttivi e che sono destinati ad un ulteriore impiego, dall’impresa stessa o da un’altra impresa. Le materie prime secondarie, invece, sono tutte quelle materie o sostanze che possiedono una serie di requisiti. Prima di tutto deve essere chiara la loro provenienza, la tipologia e le caratteristiche dei rifiuti dai quali si possono produrre. Inoltre, devono essere individuate le operazioni di riutilizzo, di riciclo e di recupero e devono essere precisati i criteri di qualità ambientale, i requisiti merceologici e altre condizioni necessarie per l’immissione in commercio. Infine, devono avere un valore economico di scambio sul mercato. In altre parole, sono “non-rifiuti”. Nella quarta parte del codice si introduce anche una nuova definizione di bonifica; per bonifica si intende l’insieme degli interventi atti a eliminare o ridurre (per arrivare ad un livello uguale o inferiore ai valori di Concentrazione Soglia di Rischio – CSR) le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti. Perciò, un sito non risulta “contaminato” quando la contamina-

zione è inferiore ai valori delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) o comunque inferiore ai valori di Concentrazione Soglia di Rischio (CSR). La quinta parte è incentrata sulla tutela dell’aria e sulla riduzione delle emissioni nell’atmosfera. Per inquinamento atmosferico si intende ogni modifica dell’aria atmosferica, dovuta all’introduzione di sostanze che costituiscono un pericolo (per la salute umana e per la qualità dell’ambiente). L’emissione, invece, viene intesa come qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell’atmosfera. In questa parte, vengono date altre definizione dei termini “impianto” e “danno ambientale” L’impianto è inteso come il macchinario formato da una struttura fissa, specializzato in un’attività del ciclo produttivo. Il danno ambientale indica qualsiasi deterioramento di una risorsa naturale. Costituisce un danno ambientale anche il deterioramento provocato alle specie e agli habitat naturali, alle acque che comprendono il mare territoriale e al terreno (a seguito di qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo sia sulla salute umana che agli organismi viventi). La sesta parte regola la questione della tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.

Le norme europee Oltre alle norme italiane, nel nostro Paese sono in vigore anche le norme della Comunità Europea. Per quanto riguarda la tutela dell’ambiente, la Comunità Europea ha introdotto nel 2000 il “principio di precauzione”, secondo il quale per ogni attività che comporti pericoli, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione. In sostanza, il principio di precauzione deve essere attivato ogni volta che un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, stabiliti tramite una valutazione scientifica. Esso può essere invocato solo quando ci sono almeno tre condizioni: l’identificazione di effetti potenzialmente negativi di una decisione; la valutazione dei dati scientifici disponibili; e infine, l’ampiezza dell’incertezza scientifica. Dopodiché vengono applicati i cinque principi generali della gestione dei rischi, ossia: 1) la proporzionalità tra le misure prese e il livello di protezione cercato; 2) la non discriminazione nell’applicazione delle misure; 3) la coerenza delle misure con quelle già prese in situazioni analoghe; 4) l’esame dei vantaggi e degli obblighi che risultano dall’azione; 5) il riesame delle misure alla luce dell’evoluzione scientifica.

La Grotta Azzurra nell’isola di Capri, esempio di habitat protetto dalla normativa per la sua valenza storico-culturale.

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La tutela dell’ambiente

Le definizioni ambientali della normativa italiana

L’articolo 54 riporta una serie di definizioni che riguardano gli argomenti trattati all’interno della normativa, ossia: Suolo: si intende il suolo, il sottosuolo e il territorio, con gli abitati e le opere infrastrutturali. Acque: con questo termine si indicano le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee. In particolare si distinguono: - Acque superficiali: ossia le acque interne, di transizione e quelle costiere. - Acque sotterranee: ossia tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo - Acque interne: ossia tutte le acque superficiali che si trovano all’interno del limite delle acque territoriali. - Acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume. - Acque costiere: le acque superficiali che si trovano all’interno del limite delle acque territoriali, e che si estendono fino al limite esterno delle acque di transizione. Fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie. Lago: un corpo idrico superficiale interno e fermo. Corpo idrico superficiale: si tratta di un elemento distinto di acque superficiali, come ad esempio un lago, un fiume, un torrente, ecc. Corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un’attività umana. 26

Corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale che è stato modificato da attività umane. Corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute in una o più falde acquifere. Falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia, che hanno una permeabilità sufficiente per consentire alle acque sotterranee di scorrere e di essere estratte. Reticolo idrografico: è il territorio dove scorrono tutte le acque superficiali attraverso un fiume o un lago, per poi sfociare nel mare. Sottobacino o sub-bacino: il territorio dove scorrono tutte le acque superficiali attraverso un fiume o un lago, per poi sfociare in un punto specifico di un lago o di un fiume. Opera idraulica: l’insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante del bacino idrografico. Distretto idrografico: area di terra e di mare, formata da uno o più bacini idrografici con le loro acque sotterranee e costiere. Difesa del suolo: costituisce il complesso delle azioni e delle attività per la tutela e la salvaguardia di tutto il territorio, con l’obiettivo di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto, ottimizzare l’uso del patrimonio idrico e infine valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche. Dissesto idrogeologico: è la condizione che caratterizza delle aree in cui processi naturali o antropici hanno determinato condizioni di rischio sul territorio.


LE PROBLEMATICHE DELLE

AZIENDE GRAFICHE

Le problematiche legate all’attività delle aziende grafiche derivano dal tipo di lavorazioni adottate. Sono coinvolte principalmente le tipografie, le litografie e le tampografie, in quanto utilizzano inchiostri, vernici, solventi e diluenti. Le fasi lavorative si possono suddividere in: preparazione dei supporti; miscelazione e preparazione degli inchiostri e delle vernici; stampa con metodo tipografico, offset, rotocalco, litografico, serigrafico o tampografico; essiccazione o polimerizzazione dei prodotti stampati; confezionamento; lavaggio delle apparecchiature; recupero dei solventi. Le materie prime utilizzate sono: inchiostri, colori, prodotti vernicianti, solventi, diluenti, detergenti, colle, carta, matrici, lastre, ecc. Le emissioni in atmosfera sono prodotte dalle macchine da stam-

Alcuni prodotti pericolosi presenti nelle ditte di arti grafiche.

pa nella fase di applicazione ed essiccazione degli inchiostri, colle e mastici. Per cui è necessario raccogliere tutte le emissioni, attraverso idonei sistemi di aspirazione, e inviarle all’esterno dell’ambiente di lavoro, possibilmente dopo averle depurate con appositi impianti di abbattimento. Anche per lo scarico delle acque, l’azienda deve avere una specifica autorizzazione. Si distinguono due tipologie di acque: le acque bianche, ossia quelle che derivano dai fenomeni meteorici (ossia l’acqua piovana) e quelle che derivano dagli impianti di raffreddamento. In questo caso l’autorizzazione consentirà di scaricare le acque in corsi d’acqua superficiali; le acque nere, ossia quelle che derivano dalle attività umane (servizi igienici) e dagli scarichi industriali. Questo tipo di acque devono essere obbligatoriamente immesse

nel sistema fognario. Quindi tutto deve essere effettuato nel rispetto dell’ambiente, favorendo il recupero e il riciclaggio dei materiali di scarto prodotti in fase di lavorazione. Nel campo delle aziende grafiche, è possibile riciclare materiali, come la carta, la plastica, le lastre di alluminio e tutti gli imballaggi (sia di cartone, plastica e metallici). Il Testo Unico Ambientale del 2006 definisce tutti questi rifiuti prodotti dalle aziende durante il ciclo di produzione, come “rifiuti speciali”, e stabilisce un elenco, in cui i rifiuti vengono classificati in base alla loro composizione come “non pericolosi” e “pericolosi”. Tutti i rifiuti vengono codificati nell’Elenco Europeo dei Rifiuti (CER). Questo elenco è suddiviso in 20 capitoli, in cui vengono analizzati i singoli tipi di rifiuti, assegnando anche un codice a sei cifre (le prime due individuano il capitolo, altre due il sottocapitolo e le ultime due lo specifico rifiuto. Se il codice termina con un asterisco, allora viene considerato pericoloso). I rifiuti tipici delle aziende grafiche sono: le soluzioni di lavaggio e le soluzioni di arresto e fissaggio; i rifiuti liquidi contenenti inchiostro; le soluzioni fissative; gli scarti 27


La tutela dell’ambiente

di inchiostro a base acquosa; gli imballaggi di latta contenenti residui di sostanze pericolose; le soluzioni di sviluppo a base acquosa e a base solvente; i toner esausti. Esempio: gli scarti di inchiostro a base acquosa hanno come codice CER: 080312*. Tutti i prodotti inquinanti quando escono dall’industria devono essere accompagnati da un documento di trasporto, chiamato Formulario di Identificazione dei Rifiuti (FIR). Il formulario deve riportare una serie di dati, ossia: i dati identificativi del produttore e del destinatario; i dati identificativi del trasportatore; origine, tipologia e quantità del rifiuto; modalità di trasporto, data e percorso da seguire; tipologia di impianto di destinazione. È necessario fare quattro copie del formulario, che vanno conservate per cinque anni. I formulari di identificazione devono essere numerati e convalidati dagli uffici dell’Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio, industria e agricoltura.

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Cerchiamo di fare un esempio concreto dell’impatto sull’ambiente che può avere un prodotto per la stampa, come gli inchiostri. Gli impatti sull’ambiente sono diversi e comprendono tutto il ciclo produttivo. Gli inchiostri all’acqua sembrano avere apparentemente un impatto ambientale più ridotto rispetto agli altri tipi, ma, al contrario, richiedono in fase di essiccazione un’energia significativamente superiore. In realtà, nessun tipo di inchiostro e processo di stampa può offrire una soluzione ai problemi ambientali. L’impatto degli inchiostri sulla cosiddetta Carbon footprint è di circa l’1% in un prodotto finito. Ma si tratta di una valutazione generale, perché il valore può variare notevolmente, considerando anche che la fonte primaria di energia impiegata per la loro produzione è l’elettricità. La prima fase del processo di produzione è la scelta delle materie prime, che può coinvolgere molti prodotti provenienti da fonti rin-

novabili (come gli oli vegetali). Ma c’è un limite per i prodotti rinnovabili, così come per i prodotti provenienti dal processo di riciclo, perché gli inchiostri devono avere maggior qualità possibile. La legislazione europea di protezione dell’ambiente attualmente segnala quattro metalli pesanti tossici, ossia: il Cadmio, il Cromo esavalen-

CURIOSITÀ L’inchiostro: è formato da materia colorante, ossia il pigmento, dal veicolo e da altre sostanze di carica, quali leganti, solventi e additivi. La Carbon footprint: o impronta climatica, è un indicatore ambientale che misura l’impatto delle attività umane sul clima globale, esprimendo quantitativamente gli effetti prodotti. La sostenibilità: può essere definita come la soddisfazione dei bisogni delle attuali generazioni, che non deve compromettere la soddisfazione dei bisogni delle generazioni future.


te, il Piombo e il Mercurio. Quindi queste sostanze non vengono più utilizzate per la produzione degli inchiostri da stampa. La seconda fase, quella della fabbricazione, ha impatti che principalmente riguardano le emissioni in atmosfera. La terza fase riguarda l’applicazione dei prodotti. In questa fase l’elemento di maggiore impatto ambientale è rappresentato dai composti organici volatili (VOC). Quindi i solventi e i diluenti organici presenti negli inchiostri, a seguito dei processi di stampa, hanno un effetto sull’atmosfera. La produzione di rifiuti, al termine della fase di applicazione, è sempre più limitata grazie anche all’impiego di sistemi elettronici del controllo del colore. I solventi organici derivanti dai liquidi di lavaggio vengono inviati al recupero e al conseguente riutilizzo. I contenitori vuoti degli inchiostri (anche se è rimasto qualche residuo di inchiostro secco) non sono considerati rifiuti pericolosi. L’ultima fase è quella dell’utilizzo finale e dello smaltimento. Il materiale destinato allo smaltimento è generalmente la carta, che viene riciclata seguendo apposite procedure. I processi di disinchiostrazione avvengono normalmente in cartiera. Pertanto, ogni prodotto e ogni fase ha il suo peso sull’ecosistema. Per cui è sempre necessario fare delle scelte tra l’ambiente e le esigenze di qualità del prodotto, scegliendo le soluzioni più sostenibili possibili per l’ambiente. Tutti siamo chiamati a prendere coscienza del problema e a contribuire, con le nostre azioni, a migliorare l’attuale situazione. Negli ultimi tempi l’adesione a questi sani principi è notevolmente aumentata, sia da parte delle aziende che dei consumatori. A tal proposito, sono state proposte normative e principi guida per facilitare il lavoro.

Il sistema di Gestione Ambientale Nel 1996, a livello internazionale, è stata emanata dall’ISO (International Standard Organization) la norma ISO 14001, chiamata “Sistemi di gestione ambientale. Requisiti e guida per l’uso”. Essa fornisce un approccio strutturato, definendo gli obiettivi e le strategie per l’ambiente e dimostrando concretamente i passi in avanti che si sono compiuti. La norma è stata successivamente modificata nel 2004 e anche nel settembre 2015. Queste modifiche hanno dato la possibilità alle organizzazioni che hanno la certificazione di conformità, di adeguarsi ai nuovi standard entro tre anni. Secondo tale norma, un sistema di gestione ambientale è la parte del sistema di un’organizzazione utilizzata per sviluppare e attuare la propria politica ambientale e gestire i propri aspetti ambientali. Un sistema di gestione ambientale serve, pertanto, ad individuare, sorvegliare, gestire e migliorare i problemi ambientali. Esso si basa sull’applicazione dei quattro principi del cosiddetto “ciclo di Deming” (ideato dal giapponese Deming, nel 1950 circa). Si tratta di un modello studiato per migliorare continuamente la qualità e per l’utilizzo ottimale delle risorse. I quattro principi sono: Plan, che consiste nel definire le azioni e individuare le responsabilità necessarie per migliorare le prestazioni ambientali; Do, ossia mettere in pratica ciò che si è pianificato; Check, cioè controllare che ci sia coerenza tra ciò che è stato pianificato e ciò che è stato realizzato; infine, Act, ossia verificare periodicamente che il sistema di gestione ambientale risulti coerente con gli obiettivi, i programmi e la politica ambientale. Il rispetto delle norme stabilite

Lo schema di certificazione FSC (Forest Stewardship Council) garantisce la provenienza da materie prime di origine legnosa (carta e legno) da foreste gestite secondo i principi della corretta gestione ambientale.

può portare ad una certificazione ambientale. La certificazione è facoltativa e prevede una riorganizzazione all’interno dell’azienda e successive verifiche periodiche. Le organizzazioni che vogliono far certificare il proprio sistema di gestione ambientale devono richiedere la verifica a un ente terzo di certificazione. Questa scelta migliora l’immagine dell’azienda all’esterno. A livello europeo vige il regolamento n. 1221 del 2009, chiamato anche EMAS III (Sistema comunitario di ecogestione ed audit, Eco-Management and Audit Scheme). Anch’esso è un sistema ad adesione volontaria per le imprese e le organizzazioni che desiderano impegnarsi per migliorare la propria efficienza ambientale. In aggiunta alla ISO 14001, la EMAS III introduce l’obbligo di convalidare una dichiarazione ambientale e di renderla pubblica, una volta ottenuta la registrazione EMAS. Chi vuole aderire al Regolamento EMAS è tenuto ad effettuare l’analisi ambientale iniziale e a stabilire la propria politica ambientale, fissando degli obiettivi e dei principi generali da seguire. 29


LA SICUREZZA SUL LAVORO La sicurezza è fondamentale, soprattutto nei posti di lavoro. Questo articolo illustra gli aspetti principali della nuova normativa per tutelare ogni tipo di lavoratore.

Definizione di sicurezza Normativa italiana Obblighi e diritti Rischio e pericolo



La sicurezza sul lavoro

La sicurezza sul lavoro Sebbene il lavoro offra molti benefici economici, presenta anche una vasta gamma di pericoli. Sono inclusi i pericoli fisici, che colpiscono molte persone sul posto di lavoro. La perdita dell’udito è il più comune danno professionale negli Stati Uniti. Anche le cadute sono una causa comune di infortuni e incidenti mortali sul lavoro, in particolare nelle costruzioni, estrazione, trasporti, assistenza sanitaria e pulizia e manutenzione degli edifici. Le macchine utilizzate in questi lavori sono dotate di parti mobili, spigoli vivi, superfici calde e altri pericoli in grado di schiacciare, bruciare, tagliare, tranciare, trafiggere o altrimenti colpire o ferire i lavoratori, se usate in modo non sicuro. Ma esistono anche i rischi psicosociali, che riguardano il benessere mentale ed emotivo dei lavoratori, come la sensazione di insicurezza lavorativa, i lunghi turni di lavoro e lo scarso equilibrio tra lavoro e vita privata. I pericoli biologici colpiscono i lavoratori in molti settori; l’influenza, per esempio, colpisce una vasta popolazio32

ne di lavoratori. Coloro che lavorano all’esterno, tra cui agricoltori, giardinieri e operai edili, rischiano l’esposizione a numerosi pericoli biologici, tra cui morsi, punture di animali e piante velenose. Con il passare del tempo si sono affermate una serie di leggi per tutelare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. La sicurezza sul lavoro riguarda l’insieme delle misure preventive e protettive da adottare per gestire al meglio la salute, la sicurezza e il benessere dei lavoratori, in modo da evitare o ridurre al minimo possibile i rischi connessi all’attività lavorativa.

Il primo riferimento in Italia per quanto riguarda la normativa sulla sicurezza sul lavoro è il Decreto Legislativo 81/08. L’ultima versione del decreto risale al 2014 ed è composta da 306 articoli e 51 allegati, volti a far chiarezza in un panorama ampio e complesso. La normativa è valida per tutte le attività lavorative, sia pubbliche che private. Il Testo elenca le misure generali di tutela del sistema di sicurezza aziendale, che vengono poi integrate nei settori specifici di ogni attività lavorativa. I principali soggetti interessati dalla normativa in materia di sicurezza del lavoro sono: il


datore di lavoro e il lavoratore. Il datore di lavoro si trova al vertice dell’organizzazione e dell’attività produttiva e ha il dovere di far rispettare tutti gli obblighi in materia di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro. Il lavoratore è definito dal Decreto Legislativo come qualsiasi persona che svolge un’attività lavorativa, con o senza retribuzione, anche solo per apprendere un mestiere, un’arte o una professione. Esistono anche altre figure operative di riferimento per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, ossia: il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (R.S.P.P.), ossia una persona di fiducia del Datore di Lavoro, che provvede a verificare la corretta attuazione degli obblighi di sicurezza; il Medico Competente (M.C.), ossia un professionista specializzato in medicina del lavoro, nominato dal Datore di Lavoro per controllare la salute psicofisica dei lavoratori; il Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza (R.L.S.), ossia una persona che rappresenta tutti i lavoratori per quanto riguarda la salute e la sicurezza sul lavoro; infine, addetti antincendio,

primo soccorso ed evacuazione. Tra le misure generali di tutela, la valutazione dei rischi costituisce un adempimento di assoluta centralità per garantire l’effettiva tutela di ogni ambiente di lavoro. Gli esiti della valutazione dei rischi devono essere formalizzati nel Documento di Valutazione dei Rischi (D.V.R.), che contiene anche eventuali misure di sicurezza da adottare. La normativa introduce anche alcuni obblighi per il datore di lavoro e per i lavoratori. Il datore di lavoro ha l’obbligo di: adottare le misure necessarie per prevenire incendi nel luogo di lavoro; ridurre al minimo i rischi per la sua azienda; nominare il medico competente; affidare in modo corretto i compiti ai lavoratori; fornire ai lavoratori i necessari e idonei Dispositivi di Protezione Individuale (D.P.I.); elaborare il Documento di Valutazione dei Rischi. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro. In particolare, i lavoratori devono: contribuire all’adempimento dei diversi obblighi previsti a tutela della salute e della sicurezza; os-

servare le disposizioni e le istruzioni del datore di lavoro; utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro; utilizzare in modo appropriato i D.P.I.; non compiere azioni improvvisate che potrebbero compromettere la sicurezza propria e degli altri lavoratori; sottoporsi ai controlli sanitari previsti. Pertanto, la sicurezza sul lavoro è un aspetto da non sottovalutare. Dal secondo dopoguerra si è avuta in Italia una progressiva riduzione degli infortuni sul lavoro, grazie all’applicazione di una serie di norme sulla sicurezza. Indicativamente si è passati da un valore medio di quasi 2000 morti all’anno (negli anni Cinquanta) a circa 1000 decessi negli ultimi anni.

Qual è la differenza tra rischio e pericolo? Il rischio è la probabilità di raggiungere il livello potenziale di danno. Il pericolo, invece, è la proprietà o la qualità di un determinato fattore che può causare danni.

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BIBLIOGRAFIA M. Ferrara, G. Ramina, Tecnologie dei processi di produzione, Clitt Wikipedia - www.wikipedia.com Tesi Online - www.tesionline.it MetaPrint Art - www.metaprintart.info

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food system

20 21 22 Ottobre 2017 Palazzo dei Congressi

Piazza John Kennedy, 1 ROMA



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