CONVEGNI
■ di Maria Luisa Doldi
ATMOSPHERE: finestra europea sui refrigeranti naturali Si è svolta a Bruxelles la terza edizione di ATMOSPHERE, una conferenza dedicata esclusivamente ai refrigeranti naturali e soprattutto alla discussione sulle vie per una loro più veloce affermazione sul mercato. Quest’anno con un focus sull’Europa
C
oncentrarsi sulla situazione europea invece di cercare gli aspetti comuni del settore dei refrigeranti naturali a livello globale è stato l’approccio utilizzato quest’anno nell’organizzazione della conferenza annuale Atmosphere sui refrigerati naturali. Soprattutto perché in questo autunno-inverno 2011/2012 l’Europa attraversa un momento delicato per il settore della refrigerazione. Alla fine La conferenza ATMOSPHERE, organizzata da Shecco, ha richiamato a Bruxelles ben 160 attori del settore della refrigerazione, dal mondo della politica, dell’industria, del retail
di settembre infatti sono stati presentati due documenti chiave, che faranno intensamente discutere il settore della refrigerazione nei mesi a venire: 1) il documento di analisi degli effetti ottenuti fino ad oggi dal regolamento sui gas fluorurati 842/2006 da parte della Commissione e 2)una risoluzione adottata dal Parlamento per un più ampio e completo approccio alle emissioni di gas serra diversi dalla CO2. Insomma si rimette in discussione la politica europea sulle emissioni derivanti dai gas fluorurati, sicuramente una buona occasione per la refrigerazione naturale per far sentire la propria
zerosottozero
• 32 •
febbraio 2012
voce e render noti gli sviluppi recenti del settore e i risultati ottenuti, non solo in punto tecnologia, ma anche e soprattutto efficienza energetica e potenzialità di mercato. Successi effettivi, a giudicare dalle presentazioni viste ad Atmosphere a tutti i livelli della catena, dal produttore di componenti al supermercato. E questo nonostante la mancanza di incentivi comunitari specifici per il segmento della refrigerazione naturale, a parte le iniziative isolate di alcuni Stati Membri, Danimarca in primis. Ma se c’è un continente da cui sembra opportuno partire con una tale politica di sostegno della
refrigerazione naturale, questo è proprio l’Europa. L’Europa gioca un ruolo fondamentale non solo nello sviluppo tecnologico, ma anche nella “sperimentazione” politica. Grazie all’esperienza raccolta sul campo da alcuni Stati membri – abbiamo citato la Danimarca, ma non son da dimenticare anche Germania, Austria, Norvegia e Svizzera – vi sarebbero già esempi sul campo di come potrebbero funzionare le restrizioni sugli HFC. Perché è anche di questo che oggi si parla a livello europeo. Tra le tre possibili azioni individuate dalla Commissione per raggiungere maggiori risultati rispetto all’attuale regolamento, due riguardano restrizioni o addirittura bandi sull’utilizzo degli HFC. Misure volontarie o misure obbligatorie? I partecipanti alla conferenza hanno dimostrato molto scetticismo nei confronti di misure volontarie: se è volontario, nessuno lo fa! L’uovo e la gallina “Se è volontario nessuno lo fa” è vero in buona parte, ma non sempre. E questo lo ha dimostrato l’esperienza di Coca Cola, che progetta di sostituire tutti gli apparecchi di nuovo acquisto – circa 1 milione all’anno e di cui Coca Cola ha attualmente circa 12 milioni di unità in giro per il mondo tra coolers ed espositori - con apparecchi HFC –HFO free. Perché questo progetto? Per un motivo molto semplice, spiega Antoine Azar - Global Program Manager, The Coca-Cola Company: «Le emissioni dirette e indirette di queste apparecchiature sono responsabili del 43% della nostra impronta carbonica ed il consumo energetico di tali apparecchi è in somma addirittura superiore a quello della nostra linea di produzione». Idrocarburi o CO2? La scelta è caduta sulla seconda, per cui la compagnia americana ha firmato un contratto con l’azienda giapponese Sanden per la fornitura dei compressori. E proprio questa è
Antoine Azar, Global Program Manager, The Coca-Cola Company:
«Non mi dispiace guidare il cambiamento. Ed è logico che siano le compagnie grosse ad iniziare il cambiamento», parlando della affermazione della refrigerazione naturale e delle scelte in proposito di Coca Cola
stata una delle difficoltà più grosse: trovare un adeguato rifornimento di componenti. C’è a questo proposito nel segmento della refrigerazione naturale un circolo vizioso: i componenti sul mercato sono pochi, per cui il prezzo è alto, e quindi i componenti rimangono pochi. «Una sorta di cerchio uovo gallina - dice Antoine Azar, a differenza invece di quanto succede nel segmento degli HFC, dove questo problema non esiste -. A maggior ragione è importante che qualcuno inizi a rompere questo cerchio». E chi è più logico che inizi se non coloro che si possono permettere certi numeri? Priorità per il settore, segnali dalla politica La disponibilità di componenti e di una loro sicura ed efficiente catena di approvvigionamento nel rispetto zerosottozero
• 33 •
febbraio 2012
di certi limiti di costo è ancora dunque uno dei punti deboli del segmento dei refrigeranti naturali. Soprattutto laddove si vada a parlare con i supermercati, i cui tempi di abbattimento dei costi si accorciano sempre più. Esemplare qui l’esperienza di Carrefour, presentata dall’Assets Director Jean Michel Fleury, che ha scelto un programma di uscita dagli HFC passando dapprima attraverso soluzioni ibride R134a-CO2 invece di passare direttamente a sistemi solo a CO2, «perché oggi per noi un passaggio alla CO2 sarebbe ancora impensabile per quelle linee che si trovano nei paesi caldi, Asia ed Europa del Sud». Insomma, esiste ancora come limite quella linea equatoriale per la CO2 già presentata anche alla precedente edizione di Atmosphere l’anno scorso, che si trova più o meno all’altezza di Milano o Madrid e al di sotto della quale impianti di CO2 transcritica sono ancora energeticamente meno efficienti degli HFC. Un aspetto su cui puntano le argomentazioni di quella parte di industria che più di tutti ha interesse a mantenere lo status quo nell’utilizzo dei refrigeranti. Ma più volte viene ribadita la necessità di non dimenticare un aspetto fondamentale: stiamo paragonando tecnologie - CO2 e HFC – di cui una si trova nel fior fiore della sua adolescenza e l’altra è ormai ben datata. La prima ha appena iniziato il suo cammino di affermazione, ma si muove velocemente. A sentire le affermazioni fatte ad Atmosphere, Carrier in primis, si sta lavorando per trovare soluzioni tecnologiche che aiutino a superare questo limite in modo da rendere la CO2 transcritica più attrattiva anche in climi più calmi. Troppo presto per ulteriori dettagli tecnici. Le tecnologie dunque avanzano, ma potrebbero farlo anche più velocemente se ci fossero segnali politici e legislativi più chiari e decisi sull’abbattimento o eliminazione
CONVEGNI
degli HFC dal mercato europeo, con una tabella di marcia precisa e tale da permettere l’adozione della tecnologia laddove è già possibile e lo sviluppo di soluzioni laddove esse ancora necessitano. Sicuramente un tale segnale accelererebbe i tempi di sviluppo e quindi in ultima analisi l’affermazione dei refrigeranti naturali sul mercato. Da cornice al “phase down” o “phase out” degli HFC che sia, deve però fare una politica di sostegno delle tecnologie sostenibili, con misure finanziarie per favorire ulteriormente lo sviluppo e la ricerca e non da ultimo con misure di training, per acquisire una competenza più puntuale e diffusa sulla refrigerazione naturale e per creare network e centri di competenza. Si cita a questo punto sempre la Danimarca, il cui successo nella affermazione della refrigerazione naturale non è solo dovuto ad un clima favorevole, ma anche ad un quadro legislativo tra i più completi in Europa, che oltre al bando dal mercato degli HFC per impianti oltre i 10 Kg, prevede tasse all’importazione sugli HFC, con una parte delle quali si sono creati centri di competenza e training sui refrigeranti naturali.
Nina Burhenne, responsabile presso Shecco della ricerca di mercato ora in atto per dare un chiaro volto al settore della refrigerazione naturale a livello mondiale
Un modello che con le dovute modifiche, che tengano conto delle diverse realtà e dei diversi climi, è esportabile anche in altri paesi. Dove siamo oggi? Per capire dove andare, dobbiamo prima sapere dove stiamo. Questo è in poche parole lo scopo di uno
studio di mercato sui refrigeranti naturali iniziato da Shecco - agenzia B2B specializzata nelle tecnologie refrigeranti naturali - che vuole diventare un riferimento essenziale per informare l’industria, la politica e gli end-users. Con tale studio si ha la pregevole ambizione di fare un censimento il più completo possibile - e il primo in assoluto a livello mondiale - degli attori del settore e delle applicazioni a livello globale per i refrigeranti naturali. L’opera è per ora ben lontana dall’essere conclusa, ma vi sono già risultati preliminari ovvero quelli raccolti tra marzo e luglio. In questo periodo dei 6500 inviti mandati ad attori del settore HVAC&R nel mondo a rispondere ad un questionario di 28 domande, ben 1136 hanno ottenuto risposta, di cui il 53,9% dall’Europa e il 54% dal settore della refrigerazione. Le risposte ottenute fino ad ora indicano un notevole divergenza di competenze sui refrigeranti naturali tra fornitori ed utenti, ovvero tra chi i refrigeranti vuole venderli e chi li dovrebbe usare, a conferma della necessità a livello di utenti di una sensibilizzazione e creazione di competenza sul tema
Case Study Chiller a R290 e pompe di calore a R600 nell’ospedale di Åarhus Danimarca Sistema fornito da Johnson Controls Denmark. L’ospedale dell’università di Åarhus in Danimarca aveva la necessità di sostituire vecchi chiller a R22 (2400 Kg) per via delle perdite di refrigerante e della difficoltà crescente nel reperire il refrigerante stesso. Per via della legislazione danese, però, che non ammette carichi di HFC superiori ai 10 Kg, l’unica soluzione da prendere in considerazione in questo caso erano i refrigeranti naturali.
Per le caratteristiche e le funzioni richieste e per l’esperienza guadagnata in Danimarca con gli idrocarburi, è stato scelto questo tipo di refrigerante. La prima installazione è avvenuta nel 2003. Col tempo l’ospedale si è ingrandito e si sono aggiunte ulteriori unità. L’ultima installazione è avvenuta nel 2010 ed include due pompe di calore a isobutano (R600a). I chiller lavorano a 9/15 °C e le pompe di calore producono acqua calda a 80°C in inverno e 70°C in estate e sono
Alexander Chor Pachai – Technology Manager, Johnson Controls Denmark, durante la presentazione del progetto dell’ospedale di Åarhus:
anche responsabili di una parte del raffrescamento richiesto in inverno. Si sono ottimizzati sistemi con compressori semi-ermetici. I chiller e
zerosottozero
• 34 •
febbraio 2012
le pompe di calore hanno una carica frigorigena di circa 20 Kg per una potenza di 300kW (chiller) e 250kW (pompe di calore).
«Stiamo cercando altri siti sul mercato per poter utilizzare di nuovo un tale sistema, che ha dimostrato di essere competitivo per costi ed efficienza energetica»
della refrigerazione naturale. Un dato che si allinea con le risposte date alla domanda sulle maggiori barriere all’affermazione della refrigerazione naturale, che vede nel fattore psicologico – inteso anche come inconsapevolezza sulle reali possibilità della refrigerazione naturali - uno dei maggiori ostacoli alla loro affermazione. I dati mostrano che, in generale, nei vari paesi che han dato una risposta al questionario si stimi buona la potenzialità di sviluppo per la refrigerazione naturale per i vantaggi che essa offre ma si evidenzia una carenza di informazione e training e di un adeguato contesto legislativo, elementi essenziali per una affermazione dei refrigeranti naturali sul mercato. Il censimento è ancora in atto e chiunque del settore voglia parteciparvi - sia che abbia a che fare con i refrigeranti naturali o meno – è invitato a farlo contattando www.shecco.com Oltre Atmosphere, oltre l’Europa Si dice che le idee migliori nascano nelle discussioni informali e questo principio è stato generosamente applicato ad ATMOSPHERE. La conferenza ha infatti dato spazio a discussioni in piccoli gruppi su temi prestabiliti e guidate da un moderatore. Soprattutto si è cercato di dare voce a proposte concrete per una nuova politica sulla refrigerazione. Tali proposte verranno utilizzate per formulare un piano di azione da presentare alla Commissione come input degli attori del settore alla discussioni attuale sui gas fluorurati. Inoltre le idee nate dalla conferenza per una azione concreta su come favorire l’affermazione della refrigerazione naturale verranno presentate anche al meeting della delegazione UN in Bali in novembre e al meeting MOP 23 (Montreal Process) in Indonesia, cosi come al Meeting di Durban, Sud Africa del COP 17
Grafico tratto da un famoso articolo di Velders, apparso in PNAS nel 2009 con una proiezione del consumo degli HFC al 2050 in uno scenario di non intervento. Al di la dei numeri assoluti, ciò che conta vedere in questo grafico è che la maggior parte del consumo di HFC avverrà nei paesi in via di sviluppo. Per questo è fondamentale un’azione politica globale per il contenimento delle emissioni di tali gas. (Fonte: June 22, 2009, doi: 10.1073/pnas.0902817106)
(UNFCCC climate talks). Questo perché, come ben mostra il grafico XX, una effettiva politica per la diminuzione delle emissioni da gas fluorurati deve avvenire a livello globale, perché negli anni a venire saranno soprattutto i paesi in via di sviluppo ad essere responsabili di tali emissioni. Ciò non toglie all’Europa il suo ruolo fondamentale nell’iniziare e guidare questa politica. A conclusione di questa edizione di Atmosphere, che ancora una volta ha aperto una finestra con vista a 360 gradi sulla refrigerazione naturale, vien da fare una considerazione: il passaggio alla refrigerazione naturale è un po’ come il passaggio alle energie rinnovabili: dalla monocultura zerosottozero
• 35 •
febbraio 2012
a cui ci ha abituati la fonte non rinnovabile e non necessariamente ecosostenibile – una soluzione uguale per tutto il mondo dobbiamo passare a tante soluzioni, adeguate alle diverse situazioni geografiche. Cosi è anche per la refrigerazione naturale: non una soluzione chimica, sotto molti aspetti uguale per tutti, ma tante diverse che devono essere attentamente scelte in base alle proprie necessità, alla propria legislazione – che sarebbe bello se un giorno fosse armonizzata, almeno a livello europeo - e non da ultimo, per ora, alla propria geografia. Ma, come anche per le energie rinnovabili, il gioco vale la candela. ■ © RIPRODUZIONE RISERVATA