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Anselmo e il leone

Una leggenda, riportata dallo storico Giovanni Cavalcanti e ormai divenuta una storia popolare, racconta la sfortunata vicenda di un fiorentino che, per esorcizzare una sua paura, sfidò la sorte (con pessimi risultati). All’inizio del XIV secolo Anselmo (questo il nome del protagonista) abitava in una delle strade che si immettono in piazza Duomo, per la precisione nell’attuale via Ricasoli, al tempo detta via del Cocomero perché sede di orti famosi per la coltivazione delle omonime cucurbitacee. La sua vita scorreva senza particolari problemi, fatta eccezione per un incubo ricorrente che lo tormentava facendolo svegliare madido di sudore e con il cuore in gola. Ogni notte, infatti, Anselmo sognava che «un leone gli mordeva una mano, e che si moriva», e il leone in questione somigliava in tutto e per tutto a quello in pietra posto ai piedi di una delle due colonne della Porta della Balla (o dei Cornacchini) della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Tutte le mattine Anselmo percorreva quel lato della piazza per recarsi a lavoro e passando davanti alla scultura, memore della notte agitata e non del tutto convinto che la bestia non potesse prendere vita e azzannarlo, veniva assalito da un irrazionale terrore. Finché un giorno, per dimostrare a se stesso di non aver niente da temere, decise di infilare una mano nelle fauci aperte della statua, convinto così liberarsi di «quel triste annunzio» e uscirne incolume e sereno. Ma il destino, invece che premiare il coraggio di Anselmo, si prese gioco di lui. La bocca del leone, infatti, risultò essere la tana di uno scorpione letale che, sorpreso dall’umana intrusione, punse il fiorentino su un dito. Nel giro di poco tempo il povero Anselmo morì per effetto del veleno e l’incubo, incredibilmente, si avverò. Per la serie, “meglio aver paura che buscarne”.

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