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Chi vuole davvero l’autonomia regionale differenziata?
Autonomie
Chi vuole davvero l’autonomia regionaledifferenziata?
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di Aldo AVALLONE
Lega e Movimento 5stelle litigano davvero sull’autonomia regionale differenziata? Salvini vuole realmente approvare la riforma così come è stata progettata? E il Pd? Proviamo a darci qualche risposte a queste domande di stretta attualità.
L’autonomia regionale differenziata è nel contratto di governo stipulato tra Lega e M5S al momento della nascita del governo giallo-verde. Dopo un anno durante il quale il dibattito sull’argomento era rimasto sottotraccia, il tema è esploso dopo il
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clamoroso successo leghisti nelle elezioni europee. Salvini, dopo le tante promesse, da un lato vuole portare a casa il risultato che soddisferebbe il suo elettorato del Nord ma, d’altro canto, non desidera nemmeno spingere a fondo sull’acceleratore per non disperdere di colpo il consenso che, in maniera inattesa, è riuscito a conquistare nel Mezzogiorno. Le spinte in avanti (vedi le dichiarazioni sulle gabbie salariali) sembrano più ad uso del proprio elettorato che un vero diktat agli alleati di governo. Nei fatti alle minacce nei confronti dei cinque stelle non seguono mai atti concreti. Di Maio, da parte sua, avendo la maggior parte del proprio elettorato nel Sud, non può permettersi di cedere su tutto il fronte ma nemmeno è disposto a giocarsi la vita del governo sul tema dell’autonomia differenziata. In verità non è chiaro quanto l’argomento interessi davvero al Movimento.
Un discorso a parte merita il PD. Va premesso che se ci troviamo in questa situazione la responsabilità è proprio del partito dell’allora segretario Renzi. Fu il premier Gentiloni, poche settimane prima delle elezioni politiche del marzo 2018, a sottoscrivere il patto per le autonomie con le regioni. Una scelta inopportuna sia per i tempi – per prassi prima della tornata elettorale il governo è in carica solo per la nomale amministrazione – che per la modalità. Infatti fu previsto solo un accordo tecnico non emendabile in Parlamento. Un misero tentativo di recuperare qualche voto nel Settentrione, miseramente fallito alla luce dei risultati elettorali. Ora il Pd è quasi costretto dal suo ruolo a un’opposizione dura al provvedimento. Un’opposizione che, al momento, non si è concretizzata che in qualche dichiarazione di facciata.
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