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Da dove cominciò la crisi. Il fallimento Lehman Brothers

Economia e Politica

Da dove cominciò la crisi. Il fallimentoLehman Brothers

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Giovan Giuseppe MENNELLA

Era proprio in questi giorni di Settembre del 2008, il giorno 15 di quell’anno di svolta, che uno dei più grandi complessi bancari degli Stati Uniti chiudeva i battenti per fallimento. Stiamo parlando ovviamente della Lehmann Brothers. A 11 anni di distanza può essere utile raccontare i retroscena di quel crack e considerare le conseguenze che ha avuto sull’epoca che viviamo. Non a caso è stato detto in scritti economici, in saggi e perfino, come vedremo, in romanzi e spettacoli teatrali, che dopo nulla è stato più come e prima ed è cambiato il Mondo, almeno quello capitalistico. In realtà la crisi della finanza era cominciata l’anno prima, il 2007, quando era parso evidente che molte banche importanti non sarebbero riuscite a controllare e gestire gli innumerevoli strumenti finanziari innovativi e rischiosi che avevano nel portafoglio. La Lehman Brothers era la più grande di queste. Andarono a vuoto tutti i tentativi di venderla ad altre banche proprio perché erano troppi i titoli a grande rischio da smaltire, anche se, col senno di poi, si sarebbe potuta vendere a pezzi, come stanno facendo talvolta i cinesi con le loro pure numerose banche in sofferenza. Comunque certamente si sarebbe trasposto il problema alle altre banche. Il potere pubblico statunitense non ritenne di nazionalizzarla, o quantomeno fornire i mezzi finanziari per continuare a essere gestita, in amministrazione controllata, per dare, come si disse, un esempio, cioè per dimostrare che non era valido32

l’assunto che le banche più importanti avrebbero potuto compiere le più spericolatee perdenti operazioni finanziarie senza fallire, perché sarebbero state salvate in ottemperanzaal principio che erano “too big to fail”.

In realtà, il rimedio si rivelò peggiore del male, perché, per evitare il crollo totale del sistema finanziario, si sarebbero dovute impegnare molte più risorse di quelle che sarebbero bastate per nazionalizzarla o per fornirle gli aiuti necessari per continuare ad esistere sotto controllo giudiziario. La cosa importante è che il crack non avvenne per malversazioni o truffe, come pure verificatosi in altri casi come quello di Warren Baffet, ma per fattori strutturali, ineluttabili alla luce dell’eccessivo livello di rischi che si era assunta. Tanto è vero che nei 5 anni successivi al fallimento, tutti gli impiegati anche di alto livello della Lehmann trovarono nuovi posti di lavoro, d’importanza e di remunerazione perlomeno pari a quelli precedenti. Secondo un interessante articolo del Wall Street Journal pubblicato anche in Italia

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su “Il Sole 24 ore”, quel crack epocale ha alterato per sempre la visione con cui le persone concepiscono il mondo e interagiscono con esso. Prima del 2008 si pensava il mondo con gli occhi del grande boom degli anni ’90 del Novecento, gli anni ruggenti del capitalismo rimasto padrone del mondo dopo il crollo dell’Unione Sovietica, quando Francis Fukuyama poteva parlare di fine della Storia. In quegli anni tutti, a partire dai direttori delle Banche Centrali del mondo e dai più accreditati analisti finanziari, pensavano che non si sarebbero più verificate crisi del sistema economico e finanziario mondiale, neanche paragonabili a quella del 1929. Quindi si diede vita alla più grande deregolamentazione dei mercati finanziari della storia, a partire dalla promulgazione nel 1999 da parte del Congresso a maggioranza repubblicana del “Gramm-Leach Bliley Act” che abrogava quel “Glass-Steagall act”, votato dal Congresso degli Stati Uniti all’alba della prima Presidenza Roosevelt nel 1933, che aveva separato nettamente le banche commerciali tradizionali dalle banche assicurative e d’investimento e le operazioni di finanziamento industriale da quelle di emissione di titoli finanziari rischiosi. Il crack epocale ci fu e la Federal Reserve e il Tesoro americano dovettero mettere mano alla tasca, anche se poi, alla fine, hanno recuperato gran parte delle somme sborsate per i salvataggi bancari. Senza questo intervento, la crisi mondiale poteva essere peggiore di quella del 1929. Certo, il massiccio intervento finanziario delle istituzioni monetarie americane fu favorito dall’inesistenza in quel Paese dei vincoli strettissimi cui sono tenute le o- mologhe istituzioni europee per via della rigida politica di austerity contro l’inflazione vigente nel Vecchio Continente. Anche se va sottolineato che la crisi del 2008 non ha riguardato il centro del Mon-

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do, come quella del 1929 quando il Mondo che contava economicamente era costituito solo dagli Stati Uniti e dall’Europa. L’ultima grande crisi del 2008 non ha toccato, o ha toccato in misura minore, Paesi molto sviluppati come la Cina, l’India, i Paesi dell’Oriente e quelli fortemente emergenti.

La conseguenza politica importante della crisi fu l’elezione alla Presidenza di Obama, il promotore politico del grande esborso finanziario della Federal Reserve e del Tesoro per tamponare la crisi che era diventata anche e soprattutto crisi industriale e sociale. Qualche riforma del mercato finanziario è stata adottata, ma solo per quanto riguarda l’adozione di sistemi di protezione per riparare danni quando questi siano già stati prodotti, ma non per prevenirli. In particolare, è stato previsto che il Financial Stability Board dei Paesi del G 20 metta sull’avviso il sistema quando risulta eccessivamente esposto. Però si è ancora a rischio, considerato che le Banche Centrali, tagliando fino a zero i tassi, hanno spinto moltissimi capitali a cercare sempre e comunque strumenti finanziari molto rischiosi per avere una forte remunerazione.

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Ancora più significative sono state le conseguenze del crack e della crisi sul morale e sulla visione del mondo delle popolazioni. Le istituzioni finanziarie erano sempre state considerate un po’ come il gatto e la volpe di Collodi che convincono Pinocchio a sotterrare le monete d’oro nel campo dei miracoli per derubarlo. La voce comune tende sempre più a considerare le banche e le istituzioni finanziarie come sfruttatrici del popolo, anche se di fatto non è per niente così, visto che l’accumulazione di denaro per utilizzarlo in futuro rappresenta quello che l’umanità ha sempre cercato. Far fruttare il denaro è sempre stato un fenomeno insito nella natura umana. In fondo, anche gli animali tendono a nascondere le prede che non possono divorare immediatamente per utilizzarle in seguito in periodi di fame. In Italia questa sfiducia è aggravata dal frequente verificarsi di scandali bancari dovuti a malversazioni, più che a operazioni legali anche se spericolate. E comunque dappertutto la sfiducia ha creato quel populismo dei penultimi che se la prendono con i primi e con gli ultimi, cioè con Wall Street e con i migranti. Da qui è iniziata la crisi politica dei Partiti riformisti nel Mondo che potrebbe essere anche peggiore di quella degli anni ’30 perché finora non ha prodotto quel rivolgimento profondo del pensiero sociale e politico che dopo la crisi di Wall Street del 1929, portò agli accordi di Bretton Woods del 1944 per la regolazione dei rapporti finanziari tra le Nazioni e ai sistemi di Welfare. Anche se le condizioni sono diversissime ed è cambiato il Mondo, che non è più composto per due terzi, come negli anni ‘30, da Paesi Comunisti e da Colonie. Negli USA con la crisi è stata pignorata la casa a 10 milioni di famiglie, quindi 30 milioni di persone si sono trovate in mezzo ad una strada. Sono stati falcidiati i risparmi di decine di milioni di persone in un falò che ha bruciato le praterie del reddito. I vertici delle banche avevano avuto comportamenti criminali continuando a

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piazzare pressi ignari risparmiatori i titoli tossici, confortati dai giudizi tecnici sempre positivi delle società di analisi finanziarie che continuavano ad assegnare la tripla A a tutti. Lo stesso salvataggio del sistema bancario americano e mondiale, che ha comportato l’esborso di 14 trilioni di dollari del Tesoro, si è scaricato sulle popolazioni, con il taglio drastico dei bilanci pubblici che hanno inaugurato l’austerity e non hanno potuto più assicurare larghe fasce di welfare. Dopo il crack e la crisi, i cittadini sono arrabbiati anche perché pensano che le banche si potessero nazionalizzare, oppure si poteva far pagare il crack agli azionisti, anche se così si sarebbe solo spostato il problema perché comunque i bilanci pubblici e privati ne avrebbero ugualmente sofferto.

Così tanto ha influito quell’avvenimento nell’immaginario collettivo che è stato fatto oggetto dallo scrittore italiano Stefano Massina di uno spettacolo teatrale che racconta la storia lunga 160 anni della famiglia Lehman, dall’arrivo di Henry negli

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Stati Uniti nel1848 fino al crollo della banca nel 2008, rivivendo contemporaneamente la storia dei cambiamenti sociali ed economici degli USA. Lo spettacolo ha debuttato al Piccolo Teatro di Milano nel 2013 per la regia di Luca Ronconi, con un’anteprima radiofonica andata in onda su Radio 3 il 26 Novembre 2012, trasmesso anche in televisione su Rai 5 il 3 Ottobre 2015. Ci sono state riprese dello spettacolo nei temoli della grande finanza, a Londra al Royal National Theatre e a New York nel 2019. Poi, Massini ha trasfuso la materia, ampliandola, in un romanzo, in parte anche satirico, del 2016 intitolato “Qualcosa sui Lehman”.

Sul mondo della grande finanza è stato edito recentemente l’interessante romanzo“Lealtà” della scrittrice Letizia Pezzali che tenta di cogliere l’analogia tra il sistemafinanziario e il sistema dei sentimenti amorosi.

Si tratta dell’ossessione amorosa della giovane Giulia per un uomo di 20 anni piùanziano, nel contesto dell’ambiente dell’alta finanza di Londra, nello scenario delfuturibile centro finanziario di Canary Wharf.

Se è per questo, è simpatico ricordare che anche il giovane Lucio Dalla nel 1976 compose, a sua volta, con Roberto Roversi, una divertente e interessante canzone intitolata “La borsa valori” in cui, con il suo caratteristico canto skat, scherzava sulle transazioni finanziarie pronunciando semplicemente i titoli e le voci di un listino di borsa.

Sarebbe divertente riascoltarla in sottofondo ogni volta che si ragioni sui problemidella finanza mondiale.

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