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Sardine, Sardine ovunque

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Sardine, Sardine ovunque

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Aldo AVALLONE

Abbiamo titolato il numero scorso “Sardine”. È la notizia del momento. La settimana scorsa dodicimila persone hanno riempito piazza Maggiore a Bologna. Altre seimila, ieri sotto la pioggia, a piazza Grande a Modena, cantando “Bella ciao”, hanno replicato la manifestazione anti Salvini. Non bisogna esaltarsi oltre il dovuto, in passato altri movimenti sono riusciti a smuovere masse anche maggiori (i girotondi, ad esempio) per poi sgonfiarsi strada facendo, ma non bisogna nemmeno sottovalutare la spinta che viene dal basso, da cittadini normali, soprattutto giovani, finalmente, che lasciano da parte i social e tornano in piazza. A parlare, a cantare, a manifestare con la loro presenza fisica la protesta contro la destra peggiore che sia mai esistita nella storia dell’Italia post fascista. "Piazze piene e urne vuote", commentò Nenni nel 1948 prendendo atto della sconfitta elettorale che consegnò il Paese al governo ultradecennale della Democrazia Cristiana. Questo per ricordare

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che la protesta di piazza, nata sotto una spinta principalmente emotiva, non si trasforma automaticamente in voti. Soprattutto dalle nostre parti, a sinistra. Siamo a- bituati a essere ipercritici, ad analizzare fino allo sfinimento ogni pensiero e ogni azione, a trovare il pelo nell’uovo anche nelle espressioni ideali più genuine. E’ un nostro pregio ma anche la nostra maledizione. Dalle “sardine” prendiamo il buono che c’è. Una voglia spontanea e prepotente di opporsi “fisicamente” alle manifestazioni che la Lega sta tenendo in una terra tradizionalmente rossa, quale l’Emilia. La destra non è vincente come vogliono far credere, le elezioni che si terranno nel gennaio prossimo sono apertissime e avranno un’importanza che supererà il livello locale. Dimostreranno che la destra si può fermare, che esiste una parte del Paese che vuole un futuro diverso da quello oscurantista prospettato da Salvini. In attesa di seguirne con attenzione gli sviluppi, occorre, però, che i partiti che si riconoscono in un progetto riformista, socialista e laburista si facciano carico di convertire le domande che vengono dal basso in programma politico. Non è più tempo di lasciare alla destra le parole d’ordine legate al sociale. È ovvio che ci si riferisca ad Articolo 1, che ha tenuto a Roma sabato 16 novembre la sua Assemblea nazionale, e al Partito Democratico che viene da una interessante “tre giorni” bolognese. Il progetto di Articolo 1, a nostro avviso, si muove nella direzione giusta. Da tempo affermiamo che sia necessario superare lo status quo per costruire un soggetto politico totalmente nuovo nelle forme, nelle persone e nei contenuti che riesca ad aggregare tutte le forze di sinistra su parole d’ordine semplici ed evidenti. Un nuovo soggetto, la forma non è importante, che riporti alle urne l’infinito mondo dei delusi, rifugiatisi nell’astensione o nel voto di protesta. D’altro canto, il Partito Democratico, con lentezza e difficoltà, sta avviando al suo interno un processo di rinnovamento che dovrà essere seguito e stimolato da un dibattito aperto a tutta la sinistra. Va bene la modifica dello Statuto, va bene il richiamo forte all’impegno sui diritti e

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sull’abolizione dei decreti sicurezza varati dal precedente governo. Ma si può e si deve fare di più. Lo stimolo proveniente dal basso, dalle “sardine” come dal sindacato, dalle associazioni come dai singoli cittadini, può essere una spinta determinante per accelerare il processo in atto. Sarebbe davvero un segnale importante, al di là delle conseguenze pratiche, il ripristino totale dello Statuto dei Lavoratori in quelle parti abolite da Renzi. Un gesto simbolico che evidenzi il taglio netto con il passato recente. Intanto attendiamo segnali significativi dalla manovra economica in discussione in questo periodo. Essere riusciti a impedire l’aumento dell’Iva è un risultato importante. Qualcuno è fuggito dal governo per paura di affrontare questo nodo. Inoltre, le risorse aggiuntive per la sanità pubblica, il taglio del cuneo fiscale, i fondi per gli asili nido rappresentano un primo passo soddisfacente. Infine, sarà importante opporsi con tutte le forze e tutte i modi possibili alla chiusura dello stabilimento dell’Ilva di Taranto. In un contesto socio economico già abbondantemente disastrato, quale è quello del Mezzogiorno, la sua dismissione darebbe il colpo di grazia. Confidiamo nell’impegno totale del governo, dei sindacati, di tutte le forze politiche affinché impediscano un’ulteriore ferita al tessuto industriale del Paese.

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