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Il Muro di Berlino e le due Germanie
Storia e Politica
Il Muro di Berlino e le due Germanie
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Giovan Giuseppe MENNELLA
Da poco è stato celebrato il trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. Può essere interessante ripercorrerne la storia, inserita nel più ampio contesto di quella della Germania e della Guerra Fredda a partire dal 1945, fino a quel fatidico 9 novembre 1989. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli alleati vittoriosi occuparono tutto il territorio della Germania. Con l’accordo di Potsdam, le potenze vincitrici spartirono tra loro il territorio tedesco. Alla Gran Bretagna fu assegnata come zona di occupazione la Germania nord-occidentale, alla Francia quella Centro-occidentale,
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agli Stati uniti la parte sud-occidentale e all’Unione Sovietica quella orientale. Anche Berlino fu divisa in quattro zone di occupazione, ma, trovandosi la città all’interno della zona occupata dai sovietici, i settori statunitense, francese e inglese, che poi sarebbero stati conosciuti in tutto il mondo come Berlino Ovest, vennero a formare una enclave della parte occidentale della Germania, poi Repubblica federale tedesca, all’interno della parte orientale, poi Repubblica democratica tedesca. I sovietici spinsero ben presto perché la parte occidentale della Germania pagasse loro i danni di guerra, benché di questa pretesa non ci fosse traccia negli accordi di occupazione. Il Presidente statunitense Harry Truman rifiutò di accedere alla richiesta sovietica e il 18 giugno del 1948 introdusse nel settore occidentale della Germania il nuovo marco tedesco al posto della precedente valuta di occupazione. Gli statunitensi erano rimasti da soli a occupare e gestire l’occupazione della parte occidentale della Germania in seguito al ritiro della Gran Bretagna e della Francia, entrambe alle prese con gravi problemi di politica interna ed estera; la Francia perché ormai duramente impegnata in Indocina dalle guerriglie indipendentiste di quelle popolazioni e la Gran Bretagna perché il nuovo governo laburista di Clement Attlee era assorbito dal varo della politica sociale di welfare state. Tuttavia, le potenze occidentali restarono tutte e tre a gestire le rispettive zone della città di Berlino ovest. Gli Stati Uniti favorirono la nascita della Repubblica Federale tedesca, con capitale a Bonn, comprendente il territorio dei tre settori occidentali già occupati da USA, Gran Bretagna e Francia, che vide la luce ufficialmente il 23 maggio 1949. Fu una misura adottata per mettere pressione sui sovietici perché terminassero l’occupazione militare e collaborassero alla riunificazione di una Germania scon-
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fitta ma di nuovo indipendente. L’Unione Sovietica rifiutò di ritirarsi, perché voleva una Germania smilitarizzata e strettamente controllata, per impedire che si ripetessero in futuro le due invasioni in trenta anni che aveva dovuto subire dai tedeschi. Così, la zona di occupazione sovietica fu trasformata a sua volta in uno Stato formalmente indipendente, anche se sotto strettissimo controllo dei russi, la Repubblica democratica tedesca, con capitale a Pankow, sobborgo di Berlino Est, che nacque ufficialmente il 7 ottobre del 1949. Già in precedenza, il 24 giugno 1948, l’Unione sovietica aveva bloccato gli accessi da ovest ai tre settori occidentali di Berlino, cioè dal territorio della parte orientale della Germania da loro occupata, volendo che gli occidentali se ne andassero da Berlino Ovest per avere il controllo completo del territorio. Furono tagliati i collegamenti stradali e ferroviari e anche la rete elettrica. Berlino ovest divenne una città buia e assediata, senza viveri e medicinali. Era cominciato il “blocco di Berlino”, uno dei momenti più duri e decisivi della Guerra fredda. Il generale statunitense Lucius Clay, in comando delle truppe occidentali, propose di effettuare una incursione di carri armati e veicoli corazzati dalla Germania ovest a Berlino, passando nel territorio della Germania Est controllato dai sovietici. L’obiettivo sarebbe stato quello di portare i materiali necessari per la sopravvivenza della città, senza intenzioni ostili ma difendendosi con le armi in caso di attacco militare sovietico. Il Presidente Truman respinse la proposta perché avrebbe fatto correre il grave rischio di innescare un confronto militare caldo tra le due superpotenze. Si decise così di organizzare un gigantesco ponte aereo che dal 25 giugno 1948, giorno successivo alla proclamazione del blocco, durò per 462 giorni, con 278.228 voli che trasportarono in totale 2 milioni 326mila 406 tonnellate di rifornimenti, tra cui pic-
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coli paracadute con pacchetti di caramelle per i bambini. Il blocco fu rimosso dai sovietici il 12 maggio 1949 e il ponte aereo, che durò per precauzione fino al 30 settembre del 1949, si rivelò un successo politico e organizzativo degli occidentali, soprattutto degli statunitensi. Inizialmente, ai cittadini di Berlino fu consentito di circolare liberamente in tutti i settori; tuttavia, con l’aggravarsi del confronto est-ovest in Guerra fredda, i sovietici e i tedesco-orientali limitarono sempre più i movimenti dei berlinesi e dei tedeschi in genere. Nel 1952 fu chiuso Il confine tra Repubblica federale e Repubblica democratica e quindi aumentò l’attrazione dei settori occidentali di Berlino per gli abitanti della Repubblica democratica tedesca. Tra il 1949 e il 1961 passarono all’Ovest ben 2 milioni 600 mila tedeschi dell’Est. Quindi, per fermare l’esodo delle persone della Germania Est, il regime comunista, nella notte tra il 12 e il 13 agosto del 1961, iniziò la costruzione di un muro attorno ai tre settori occidentali. Dapprima fu posto solo il filo spinato, poi il 15 furono piazzati elementi prefabbricati di cemento. Berlino Ovest fu completamente circondata, trasformando i tre settori occidentali in un’isola racchiusa nei territori o- rientali. Da quel 12 agosto 1961 al 1975 il muro fu sempre più perfezionato e reso invalicabile, con una zona interna tra due muri, detta “zona della morte”, torri di guardia, militari sempre pronti a sparare. Per estensione, fu definito “Muro” anche tutto il confine tra la Germania Est e quella Ovest che si snodava per centinaia di chilometri, seguendo per lo più il corso del fiume Elba. L’episodio della costruzione del muro fu in sé un successo per il regime comunista, dal punto di vista esclusivamente pratico e materiale, perché gli occidentali furono colti di sorpresa e perché l’esodo dei tedeschi dell’Est all’occidente crollò dai 2 milioni e 600 mila cittadini del periodo 1949-1961 alle sole 5.000 persone di tutto il periodo 1961-1989. Ed erano per la maggior parte professionisti, lavoratori spe-
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cializzati e anche disertori dell’Armata popolare della Germania Est. In realtà la costruzione del muro fu voluta soprattutto da Nikita Kruscev, il Segretario generale del Partito Comunista sovietico, e fu una delle sue mosse azzardate che quella volta riuscì. Non andò altrettanto bene l’anno dopo con la crisi dei missili sovietici a Cuba, da cui l’URSS si ritirò precipitosamente per la ferma risposta americana. L’apparato di potere sovietico non perdonò mai quell’azzardo e quell’insuccesso e pochi anni più tardi Kruscev fu sostituito alla guida dell’URSS da Leonid Breznev. Tuttavia, dal punto di vista morale e dell’immagine che il comunismo diede al mondo, l’edificazione del muro fu molto negativa. Nel 1963 il Presidente americano John Fitzgerald Kennedy, in un famoso discorso alla Porta di Brandeburgo di fronte al muro disse che chi pensava ancora che il comunismo fosse un’ideologia e un sistema politico di libertà e giustizia, avrebbe dovuto recarsi a Berlino per costatare con i propri occhi, grazie alla visione del muro, come invece tarpasse le ali a ogni libera espressione del pensiero e della libertà di vivere come e dove meglio si volesse. In quel famoso discorso, pronunciò anche la frase, passata alla storia, che, come nell’antichità, durante il dominio di Roma, le persone affermavano con orgoglio “civis romanus sum”, ora lui poteva dire, con altrettanto orgoglio, “ich bin ein berliner”, io stesso sono un berlinese. Qualcuno però fece notare l’inesattezza, o piuttosto l’inopportunità, della frase in tedesco, perché “berliner” era anche un particolare tipo di salsicciotto berlinese. Nei 28 anni di durata del muro, si contarono innumerevoli tentativi di fuga, la maggior parte finiti tragicamente con la morte dei transfughi, colpiti dalle pallottole della milizia orientale. Tuttavia, alcuni riuscirono, anche con modalità rocambolesche. Si annoverarono anche alcuni curiosi scavalcamenti e irruzioni in senso contrario, da Ovest a Est. Chi per andare a visitare un amico che abitava nella parte o-
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rientale a pochi metri, chi, come il pacifista canadese John Runnings, che passeggiò per beffa lungo la cresta del muro e due volte irruppe clamorosamente a Est. Tutti furono arrestati, interrogati dalle autorità tedesco-orientali e rimandati a O- vest dopo alcune ore o giorni di prigione. Un altro caso particolare di irruzione da Ovest a Est fu quello dei punk e degli autonomi occidentali del “triangolo di Lennè”. Una delle particolarità del muro era che in alcuni tratti esso non si trovava perfettamente allineato al confine. Proprio in mezzo alla città, a Potsdamer Platz, c’erano circa 4 ettari di terreno, delimitato da tre strade, il triangolo di Lennè, appartenente a Berlino Est ma situato al di fuori del muro. Nel marzo del 1988 Berlino Est e il Senato di Berlino Ovest si accordarono su uno scambio di terreni, per cui il triangolo sarebbe diventato territorio di Berlino Ovest. Fino a che l’accordo non entrò in vigore l’area, rimasta extraterritoriale, fu occupata da giovani “autonomi” e punk di Berlino Ovest, tollerati dalle autorità dell’Est. Vi edificarono una baraccopoli denominata Kubat-Dreieck, da Norbert Kubak, un dissidente occidentale che si era ucciso in carcere dopo essere stato arrestato per protestare contro una decisione edilizia del Senato di Berlino O- vest. La polizia dell’Ovest e gli autonomi si scontrarono più volte. Gli autonomi si rifugiavano ogni volta nel triangolo, dove la polizia non poteva ancora entrare. La mattina del 1° luglio 1988, entrati in vigore gli accordi, la polizia fece irruzione nel triangolo e 200 punk, per fuggire, scavalcarono il muro in direzione Est. Le autorità di Berlino Est, dopo averli identificati, li rimandarono indietro il giorno dopo. Negli anni ’60 e ’70 Berlino Ovest ebbe uno sviluppo stupefacente. Invece Berlino Est e la Germania democratica scontarono le enormi difficoltà tipiche di un’economia pianificata in cui, mancando i sensori del mercato, le decisioni economiche dello Stato rischiavano di essere spesso sbagliate. Anche se l’economia della Germania Est fu la migliore tra quelle del blocco dei Paesi del Patto di Varsa-
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via, tuttavia il confronto con la Germania Ovest fu sempre impietoso. La televisione di Stato tedesco-orientale e l’automobile Trabant, entrambe drammaticamente scadenti e inefficienti, furono il tangibile simbolo dell’inferiorità sociale, economica e organizzativa della DDR rispetto alla repubblica consorella dell’occidente. Tuttavia il livello del welfare era buono, come testimoniato dalle prestazioni della sanità e dell’istruzione pubblica. La svolta nella situazione bloccata del muro cominciò a delinearsi nel 1985, con l’avvento alla Segreteria del Partito comunista sovietico di Mikhail Gorbacev e con il conseguente avvio della politica di rinnovamento, conosciuta in tutto il mondo come perestrojka. In politica estera Gorbacev abbandonò la teoria della sovranità limitata dei paesi del blocco sovietico e informò i capi politici di quei paesi che l’Unione sovietica non sarebbe più intervenuta militarmente a sostegno della politica repressiva dei partiti comunisti fratelli. Questo mutato atteggiamento produsse nei paesi satelliti i primi atteggiamenti politici di minore controllo sulla popolazione e di maggiori liberalizzazioni. Lo stesso Gorbacev andò in visita ufficiale a Berlino Est e fu accolto come un eroe, proprio per la sua politica di liberalizzazione e apertura. Tuttavia, proprio la Germania Est fu il paese che meno si attenne a una politica di maggiore apertura e riforme, per cui molti suoi cittadini, per espatriare più facilmente, iniziarono a recarsi in altri paesi comunisti dalle frontiere più aperte verso l’ovest. Moltissimi cittadini tedesco-orientali si diressero verso l’Ungheria con le loro trabant che abbandonavano lungo la strada, espatriarono in Austria e da lì rientrarono nella Germania Ovest. Il 17 ottobre del 1989 Erich Honecker, segretario del partito comunista tedescoorientale particolarmente inviso e compromesso con la politica di repressione, rassegnò le dimissioni e fu sostituito da Egon Krenz.
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Il 9 novembre, l’importante dirigente politico tedesco-orientale Gunter Schabowski annunciò nuovi provvedimenti del governo sulla liberalizzazione dell’espatrio dei cittadini. Rispondendo alla domanda del giornalista italiano Riccardo Hermann sulla data di inizio dei provvedimenti, precisò che la decorrenza era immediata. La domanda di Hermann e la risposta esplicita di Schabowsky accelerarono il corso della storia. Immediatamente, allertati dalla trasmissione in diretta della conferenza e dalle notizie rilanciate dai media, valanghe di cittadini dell’Est, che erano rimasti imprigionati per 28 anni, si riversarono attraverso i passaggi nel muro e cominciarono a recarsi all’Ovest senza essere fermati dalla polizia di frontiera. Si è molto discusso se la dichiarazione di Schabowsky fosse stata intenzionale o un errore dovuto alla concitazione del momento. Probabilmente fu un modo per forzare la mano ai suoi colleghi politici tedesco-orientali che ancora non erano riusciti a prendere una decisione chiara. Evidentemente, davanti alla stampa di tutto il mondo e alla valanga umana che si stava assiepando tutto intorno, non avrebbe potuto rispondere che non conosceva ancora la data di decorrenza dei provvedimenti di liberalizzazione degli espatri perché i politici del suo paese erano ancora indecisi. Già da quella notte, folle di cittadini iniziarono a demolire larghe parti del muro, anche se la demolizione ufficiale sarebbe cominciata dal giugno 1990. Moltissimi continuarono a espatriare all’ovest direttamente da Berlino, anche se, come detto, era stato già possibile uscire dalla Germania Est attraverso l’Ungheria. Tutto ciò accelerò il processo di unificazione della Germania, perché se quel flusso inarrestabile fosse continuato ancora per qualche tempo, le regioni dell’Est sarebbero rimaste completamente spopolate. Infatti, l’unificazione della Germania avvenne il 3 ottobre del 1990, previo accordo tra Kohl e Mitterrand, col quale la Francia accettò l’unificazione tedesca e la Germania aderì al futuro varo della moneta unica europea con conseguente fine del
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marco. Va rilevato che la società operaia e industriale dell’ex Germania Est ebbe una reazione negativa prima all’apertura del muro e poi alla riunificazione. I cittadini dell’Ovest li accolsero bene, lo Stato ex occidentale si accollò tutto il debito dell’Est e il cambio tra la moneta orientale e il marco federale fu attuato alla pari. Tuttavia, lo sconcerto e lo scontento piombarono ugualmente sugli ex tedescoorientali, perché la loro vita nell’ex DDR era stata sempre sicura e priva di sorprese e d’imprevisti, ognuno aveva il proprio posto stabilito. Anche i dirigenti politici non avevano mai dovuto decidere e rischiare nulla perché tutte le decisioni erano prese a Mosca. In fondo, non era stato l’Inferno, ma un Purgatorio sotto anestesia. Uno scrittore che aveva vissuto la propria vita nella DDR e poi si era trovato dal 1990 nella Germania unificata, disse che in Germania orientale potevi non lavorare o lavorare male e nessuno ti licenziava, ma se parlavi male del governo, finivi in carcere. Viceversa, nella Germania unificata, se parlavi male del governo non ti succedeva niente, ma se non lavoravi, o lavoravi male, eri subito licenziato. Tutto questo, insieme al completo annullamento della storia e delle usanze della DDR causato dall’assorbimento senza colpo ferire nella Repubblica federale, contribuì alla crescita di una certa nostalgia dei tempi della Germania democratica, quella che fu definita Ostalgia. Qualche anno più tardi, un film satirico, ma non troppo, Goodbye Lenin, ne parlò in modo delicato e divertente. Però un’analisi approfondita della storia e delle sofferenze degli esseri umani, non può che portare alla conclusione che quella memoria, soprattutto del Muro, non meritava di essere tenuta in vita.
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