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Libia, l’Italia affonda tra veline e veleni

Esteri

Libia, l’Italia affonda tra veline e veleni

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Umberto DE GIOVANNANGELI

Un vertice per mascherare un fiasco diplomatico. E per dare l’impressione che l’Italia non è fuori dalla partita libica. Impresa alquanto ardua, visto che i player che davvero contano in quella partita stanno ovunque, tranne che a Roma, e a Bruxelles. Comunque, Conte ci prova e nel pomeriggio di giovedì, come anticipato da indiscrezioni governative, incontra a Palazzo Chigi per parlare di Libia Luigi Di Maio, il ministro degli Esteri. A Palazzo Chigi sono anche arrivati Enzo Amendola, ministro dei Rapporti con l'Europa, e il capo delegazione del Pd nel governo Dario Franceschini. "Incontrerò il presidente Conte per fare il punto sulle crisi internazionali e in particolare sulla Libia. Poi vi aggiorneremo", ha detto Di Maio arrivando a Palazzo Chigi. In Libia la priorità è "il cessate il fuoco" ha spiegato Amendo-3

la, ricordando che domani sull'argomento "ci sarà un vertice europeo". Abbiamo oltre seimila militari italiani impegnati in tante missioni internazionali e guardiamo con attenzione alle loro condizioni sicurezza, che sono state tutte elevate. In Libia abbiamo un nostro contingente a Misurata che sta facendo un lavoro dentro l'ospedale militare che è gestito dagli italiani. Anche lì il lavoro si svolge in condizioni di sicurezza. Seguiamo con attenzione giorno per giorno, ora per ora, ciò che si determina in quella regione, che e' attraversata da un conflitto importante e che deve vedere da parte nostra massima attenzione per la sicurezza dei nostri soldati", dice a Sky TG24 il ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Sul fronte iracheno "siamo impegnati in un'attività di allentamento della tensione. L'Italia ha tenuto questa posizione con tutti gli interlocutori ed è stato uno dei temi oggetto del mio confronto con il ministro della Difesa iracheno, al quale ho chiesto lea sua valutazione in ordine alla situazione in Iraq e ho detto che il nostro impegno passa attraverso la priorità della sicurezza dei nostri militari e dei nostri contingenti", ha spiegato Guerini. Quali garanzie possa dare il ministro di un governo, quello di Baghdad, che fa acqua da tutte le parti, resta un mistero.

Così come non può non scattare l’allarme rosso sulla sorte dei 300 soldati italiani dislocati a Misurata, visto che Haftar ha deciso di lanciare nuovi attacchi contro le forze del governo di Tripoli il giorno dopo avere incontrato a Roma il premier italiano. Il leader della “Libya National Army” non tiene conto neppure della richiesta di tregua che Russia e Turchia hanno fatto nel vertice di Istanbul. Oppure, visto che Putin ed Erdogan chiedono che il cessare-il-fuoco scatti a partire da domenica 12, Haftar sta provando a dare gli assalti finali prima della possibile sospensione. Nella notte e all’alba droni al servizio del generale hanno bombardato l’aeroporto di Tripoli, quello cittadino di Mitiga, non facendo gravi danni ma continuando a

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costringere le autorità della capitale a tenere chiuso lo scalo. Un altro attacco viene rivendicato contro l’aeroporto di Misurata. "I caccia delle forze armate conducono sei raid aerei contro postazioni di gruppi di milizie all'Accademia aerea di Misurata", scrive la pagina Facebook "Divisione informazione di guerra" che informa sulle operazioni della “Libyan National Army”, la milizia di cui Haftar è comandante. Ma anche in questo caso di tratterebbe di un falso: i raid sarebbero meno di 6, e le bombe sarebbero cadute molto lontano dal perimetro dell’aeroporto

Il vertice a Palazzo Chigi arriva dopo che Matteo Renzi ha lanciato un duro attacco al governo sulla gestione della crisi libica. "La cosa è inquietante soprattutto per il ruolo strategico che il Mediterraneo ha sempre avuto e sempre avrà nella politica italiana. Non solo per l'immigrazione, non solo per il petrolio, non solo per il business: l’Italia spettatrice e non protagonista nel Mediterraneo è una sconfitta per tutti. La politica estera di un paese si fa con il lavoro quotidiano, durissimo, non con una photo opportunity". ha scritto l'ex premier nella sua enews. Secondo Renzi, "è la politica internazionale a caratterizzare i primi passi di questo nuovo anno. Le tensioni tra Stati uniti e Iran sono molto preoccupanti ma personalmente sono molto più preoccupato per l'atteggiamento turco nel Mediterraneo e in Libia. Nel progressivo disimpegno americano e nel clamoroso silenzio europeo, i soggetti che stanno giocando un ruolo decisivo nell'area sono sempre più Russia e Turchia”.

Quanto alle ragioni della figuraccia rimediata ieri, continua il gioco del cerino: mentre alla Farnesina risulta che Sarraj si sia indispettito perché non avvertito della visita di Haftar, a Palazzo Chigi si spiega il caso con il timore del premier libico di incrociare l’avversario. C’è poi chi ipotizza un “errore di protocollo” che avrebbe compiuto il governo italiano e che avrebbe infastidito Sarraj: cioè quello di ricevere prima Haftar, e solo in seguito il leader riconosciuto dall’Onu, cioè Sarraj.

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Cambiano le versioni, ma resta la sostanza: quella di una figuraccia planetaria. Dovevamo acquisire punti, abbiamo irritato Mosca, riaperto un conflitto con la Francia, disinteressato Washington, perso punti, a Tripoli, a vantaggio di Ankara. Insomma, un capolavoro diplomatico. In negativo.

"Conte incontra Haftar e viene ignorato da al-Sarraj, una follia". Così il leader della Lega Matteo Salvini rispondendo alle domande dei giornalisti a Reggio Emilia. Bersaglio preferito di Salvini resta Conte, liquidato così: “E’ un pericoloso incapace, bidonato come un dilettante”. L’opposizione va giù duro. “Il governo delle 4 sinistre non ha una politica estera: è molto grave. Le loro iniziative velleitarie sulla Libia sottolineano ancora di più la nostra impotenza in dossier importanti per la nostra economia e per la nostra sicurezza". Lo scrive il leader di Fi, Silvio Berlusconi, su twitter annunciando una intervista al Tg5 di questa sera.

"L'Italia e l'Europa sono completamente fuori dalla partita libica e mediorientale. Bisogna tornare ad essere protagonisti come Europa e come Italia ma per farlo bisogna operare una serie di scelte, innanzitutto occorre trovare una unità all'interno della Ue. Se Italia e Francia, invece di giocare una partita molto particolare in Libia legata ai pozzi di petrolio, avessero trovato una coesione, oggi non ci troveremmo turchi e russi a decidere i destini della Libia. Probabilmente avremmo l'Europa", rilancia Antonio Tajani, vicepresidente di Forza Italia e presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo. "Questo lo dico da tempo, lo dissi anche dopo la mia visita in Libia un anno fa, quando ero presidente del Parlamento europeo, raccogliendo le richieste dei libici che dissero che se noi europei avessimo continuato a litigare avremmo perso qualsiasi possibilità di contare - ha aggiunto -. E così è stato. Ho lanciato tanti appelli perché l'Italia e la Francia rinunciassero ai loro egoismi trovando una posizione unitaria. Non sono stati capa-

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ci di farlo. L'Europa è stata completamente assente, anche il lavoro di Borrell ha lasciato molto a desiderare. Non abbiamo visto un Alto rappresentante alla guida di un'Europa che vuole essere protagonista. Per esserlo dovrebbe avere una politica estera unica e uno strumento militare europeo". "Riconosciamo l'importanza dell'incontro a Palazzo Chigi tra Conte e Haftar, che ringraziamo per la decisione di venire a Roma, ma ciò che è successo dopo con Serraj ha dell'assurdo. Per mancanza di esperienza e di capacità, il premier è inciampato in un macroscopico e goffo incidente diplomatico, a quanto pare creato da una mancata osservanza del protocollo, gettando alle ortiche la possibilità di svolgere un ruolo importante nella crisi libica. E' stato uno spettacolo assolutamente degradante". Così intervenendo in Aula il deputato di Cambiamo! Giorgio Silli, componente della Commissione Difesa e del Comitato di Schengen. "Il governo venga a riferire in Aula rispetto alla posizione dell'Italia nel complicatissimo quadro internazionale. Ci piacerebbe sentire anche la posizione del PD che nelle ultime ore è stato il grande assente nel dibattito pubblico a riguardo", ha concluso. Domanda retorica: ma perché in Libia dovrebbero prenderci sul serio?

Altro che garanzie che l’uomo forte della Cirenaica ha chiesto a Roma!. Haftar ha fatto presente a Conte che le forze del generale, supportate dai droni degli Emirati, hanno deciso di puntare decisamente su Misurata, dopo Sirte, e a Misurata sono di stanza 300 militari e operatori italiani a difesa dell’ospedale da campo impiantato dall’Italia. Quando si scatenerà l’inferno a Misurata, anche i nostri militari potrebbero essere in pericolo.

Non ha più fortuna la missione, parallela a quella di Conte, portata avanti dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, al Cairo, sempre giovedì, per una riunione con Francia, Egitto, Cipro e Grecia. Il responsabile della Farnesina, a sentire il suo

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staff, si batte per "smussare la dura posizione degli altri Paesi nei confronti di turchi e Sarraj", pronti ad un duro confronto militare contro Haftar. Roma, che chiedeva un documento più morbido forse proprio per non sembrare troppo schierata al fianco del generale, non viene ascoltata. L'Italia, quindi, decide di non firmare la dichiarazione conclusiva della riunione egiziana, considerandola troppo sbilanciata. Di Maio spiega che "non dobbiamo spaccare l'Unione europea", che potrà tentare di parlare con una voce sola al Consiglio dei ministri Ue di venerdì. L'auspicio è che si possa portare avanti il cosiddetto processo di Berlino, che punta ad organizzare una conferenza di pacificazione della Libia. Ma, come ammette lo stesso Di Maio, "non serve solo una conferenza ma anche -e soprattutto. un risultato concreto". Risultato che, al momento, resta ancora un miraggio lontano.I n Libia "ci sono interferenze da parte di Stati esterni" e per questo "dobbiamo trovare una soluzione con l'Ue in modo da fare adottare un embargo sulle armi", rilancia Di Maio da Algeri. La Libia, ha aggiunto, "è un problema di sicurezza nazionale che affrontiamo con tutte le nostre forze. Spingeremo perché si individui il prima possibile una data per la conferenza di Berlino. Dobbiamo mettere tutti gli interlocutori intorno a un tavolo e trovare una soluzione". Tradotto: non esiste neanche una data, quanto agli interlocutori da mettere intorno a un tavolo, chiedere a Putin, Erdogan, al-Sisi e, se non è impegnato in un’altra eliminazione eccellente, a Trump.

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