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Èla gig economy, bellezza! Antonella BUCCINI
Cinema e Politica
È la gig economy, bellezza!
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Antonella BUCCINI
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“Qui non lavori per noi, lavori con noi” è ciò che dice, con compiaciuta gravità, il titolare di una ditta di consegne per le multinazionali a Rick, uno degli splendidi personaggi del film Sorry, we missed you di Ken Loach. E Rick gli crede. Gli crede rincorrendo il sogno di un lavoro autonomo e l’affrancazione dai debiti. Deve acquistare il furgone e per questo vende l’auto che Abby, la moglie, usa per svolgere il suo lavoro di badante a cottimo per anziani non autosufficienti. Rick entra dunque nel tunnel. Sfruttato e senza tutele attraversa l’inferno delle sue giornate senza orari, controllato da una scatola nera che segna pause e percorsi, costretto a orinare in una bottiglietta per stringere i tempi. La moglie Abby corre da una parte all’altra della città con i mezzi pubblici per arrivare in orario dai suoi assistiti e22
tratta ognuno “come se fosse mia madre”. Anche ad Abby nessuno sconto né le pagano il lavoro extra che svolge con generosa compassione. Seb, il figlio adolescente, tra incursioni con la sua gang di writers sui muri della città, non risparmia provocazioni alla famiglia alle quali assiste angosciata Liza, l’altra figlia 11enne. La dolorosa rinuncia alla dignità e al controllo sulla propria vita trascina inevitabilmente tutta la famiglia, seppure unita, su un crinale di insostenibile disperazione che Rick cerca di negare fino alla fine nel penoso tentativo di non infrangere il suo sogno. Un pugno nello stomaco, è questa la prima e comune impressione alla fine del film. Scevro da ogni retorica il regista sembra intenzionato a scrollarci per il bavero come a provocare uno scatto rappresentando senza riserve la liturgia del mercato, dei consumi, dello sfruttamento e ci offre allora una chiave di lettura della disperazione che toglie il fiato e del perché possa tradursi in rabbia e insofferenza senza più distinguo nell’ affannosa ricerca di una forma di riscatto. Alla fine se i più fortunati sono i consumatori dei loro beni feticci mentre gli altri restano stritolati dal neo schiavismo tecnologico, tutti siamo agnelli sacrificali sull’altare del dio liberismo, ognuno sulla scena nella sua parte.
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