Angelo Gaggero, Artista: analisi critica a cura della Dott.ssa Verna Parravicini

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M .A .D . G A L L E RY MODA

ARTE

DESIGN

Analisi critica a cura della Dott.ssa Verna Parravicini Laureata in Storia e Critica dell’Arte presso l’ Università Statale di Milano.


ANGELO GAGGERO


Angelo Gaggero è un artista in continua sperimentazione e, nonostante sia noto per l’utilizzo di materiali eredi dell’arte povera, per esprimere la propria creatività si serve molto del pennello; nelle vedute paesaggistiche dell’artista genovese i tratti ampi e netti conservano, infatti, la densità dei colori e trasmettono il senso del vento che smuove le foglie degli alberi e accarezza il mare. Ma se il pennello riesce a plasmare le forme come una forza in movimento, quali emozioni sono allora in grado di creare gli oggetti, i materiali, la materia stessa usata come i colori sulla tela? Cambia il mezzo, è vero, ma l’intento è lo stesso. La risposta a questa domanda è giunta dagli oggetti più comuni e “poveri”: il legno, il cemento, i mattoni che, assemblati in un’unica opera, acquistano un significato tutto nuovo, diventano il riflesso del sentire più profondo, nostro e di chi l’opera l’ha creata. Ed ecco, così, che le linee che separano le assi di una Zattera tracciano lo stesso percorso di quelle di un Surtido de Cemento, ma assumono un significato totalmente diverso nel legno e nel cemento; ecco che alcune Macerie raccontano ognuna la propria storia e unendosi narrano quella dell’artista. È la materia che cambia, è questa che permette ad Angelo di rompere i confini e di esprimersi liberamente, e lo fa creando l’opera con le proprie mani, o stendendo i colori sulla tela. In occasione di una sua mostra personale Enrico Zambelli scrive su Gaggero: «Nelle sue opere troverete i segni del tempo, i tentativi di cercarsi e le illusioni dell’essersi trovato, scorgerete gli anni passati a strappare le setole ai pennelli utilizzati al contrario per raschiare i colori, gli anni passati ad inalare le vernicie gli anni trascorsi a mostrare con timore le mani sporche di colore. Fino ad arrivare al giorno in cui allungare una mano imbrattata di pigmento, per stringerne un’altra bianca e candida, è stato il motivo di vanto…il giorno della maturità».

Verna Parravicini


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