MARYSE BLONDEAU

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M.A.D. GALLERY MILANO

presenta

MARYSE BLONDEAU Art Directors: Alessandra Magni & Carlo Greco


"Le opere del tempo". Fabbriche in disuso, centri ospedalieri e castelli abbandonati, questi i soggetti che Maryse Blondeau vuole catturare nelle sue fotografie. Un’arte costituita da strutture abbandonate e diventate un unico intreccio con la natura: luoghi diroccati e circondati da muri vecchi e impolverati, luoghi carichi di mistero, nei quali il silenzio incombe in ogni angolo e in cui la natura, cresciuta incolta e selvaggia, lentamente si è impadronita di ogni cosa. Così come accade nella fotografia Nature invasive, nella quale un antico centro ospedaliero, diventato «l’hotel dell’edera», è per gran parte ricoperto dalle foglie. Un luogo nel quale ormai la natura, in modo inarrestabile, si è quasi completamente impossessata di ogni sua vecchia superficie e dove gli unici rumori percepibili sono quelli del vento, della pioggia e degli animali che fanno scricchiolare le foglie che calpestano.

"The works of the time". Disused factories, hospital centers and abandoned castles, these are the subjects that Maryse Blondeau wants to capture in her photographs. Her art is made of abandoned structures and has become one with nature: ruined places surrounded by old and dusty walls, places full of mystery, where silence is incumbent in every corner and where nature, grown wild and uncultivated, slowly takes possession of everything. This is shown in the photo Nature Invasive, in which an ancient hospital center, which has become "the hotel of ivy", is mostly covered by leaves. It is a place in which the nature, in an unstoppable way, has almost completely taken possession of every old surface. Here, the only perceptible noises are those of the wind, rain and animals that make the leaves crunch.

Invasive Nature


Dietro a ognuno di questi luoghi misteriosi si cela una storia, che talvolta si trasforma solo nell’incipit di un viaggio nel passato vissuto con l’immaginazione; ed è allora che, come accade nella fotografia dal titolo Dance with the shadows, i giochi di luce che si creano all’interno di un castello si rincorrono tra di loro mettendo in risalto, sin nei più piccoli dettagli, i colori e gli oggetti nascosti dalla polvere. Per un istante credi di avere davanti l’anima del castello, un’energia costituita da luci, ombre, riflessi e sfumature che mostrano in tutta la propria vivacità l’antica bellezza di quell’edificio trasformatosi con lo scorrere del tempo, una vivacità che ti coinvolge fino a trasformarti in una ballerina che si abbandona dolcemente a quella danza misteriosa.

Behind all of these mysterious places there is a story, which sometimes is only turned into the beginning of a trip into the past, lived with imagination. In the photograph entitled Dance with shadows, lights and darks highlight details, colors and dust-hidden objects. For a moment you think you just met the soul of the castle, an energy made of shadows, reflections and shades that show in all their liveliness the ancient beauty of that building. A liveliness that turns you into a dancer who gently abandons herself to a mysterious dance. Places that over the years have become worlds in themselves, similar to parallel universes that, surrounded by the sounds of nature, as they are charged with the hopes and dreams of many human beings, as Maryse shows us in another of his shots, The wit. In this photograph, a woman dressed in a light white dress, through the railings of a gate, tends her hands towards what could be an angel, a spirit walking in the garden of an abandoned property. As the photographer claims, a story is hidden in this case as well, but it will assume different meanings and interpretations depending on the observers’ point of view.

Dance with the shadows

Posti che con il passare degli anni sono divenuti dei mondi a sé, simili a universi paralleli che, circondati dai suoni della natura, si sono fatti carico delle speranze e dei sogni di molti esseri umani, così come Maryse ci mostra in un altro dei suoi scatti, The wit. In questa fotografia, una donna vestita con un leggero abito bianco, attraverso le inferriate di un cancello, tende le proprie mani verso quello che potrebbe essere un angelo, uno spirito che cammina nel giardino di una villa abbandonata.

The wit


Come sostiene la fotografa, anche in questo caso si nasconde una storia che però assumerà significati e interpretazioni diverse a seconda di ciascuno di noi. Con le sue fotografie e i suoi mondi Maryse ci vuole porre davanti a un concetto di bellezza alternativo, una bellezza che scaturisce dalla decadenza delle strutture e che si trasforma in quella che l’artista definisce Arte Nuova nonché ciò che nella nostra epoca ha preso il nome di “Urbex Exploration”. Un’arte dettata dal forte interesse per l’esplorazione di rovine abbandonate e la cui origine viene fatta risalire a una data ben precisa, il 3 novembre 1793, quando un leggendario esploratore di nome Philibert Aspairt, divenne celebre a seguito della sua tragica morte avvenuta nelle Catacombe di Parigi, nelle quali si smarrì senza riuscire più a risalire in superficie. Nel corso del tempo quest’arte è divenuta inoltre un impegno per «segnalare, salvaguardare e proteggere [tali] luoghi dal completo decadimento», per tutelare una realtà in cui fascino e mistero coesistono e nella quale la vita si nasconde tra le rovine di edifici dimenticati, ormai unicamente circondati da una natura che incombe silenziosa. Ciò che è certo, infatti, è che si tratta di luoghi carichi di energia vitale perché come sostiene Vito Teti «contro ogni apparenza, i luoghi abbandonati non muoiono mai. Si solidificano nella dimensione della memoria di coloro che vi abitavano, fino a costituire un irriducibile elemento di identità. Vivono di una loro fisicità, di una loro corposa e materiale consistenza».

Pending

With her images and her worlds Maryse wants us to face a concept of alternative beauty that emerges from the decadence of structures and that take the name of "Urbex Exploration". This art has born from a strong interest in a precise fact, happened on 3rd November 1793, when a legendary explorer, Philibert Aspairt, became famous because of his tragic death in the Catacombs of Paris, in which he lost himself, without being able to go back to the surface. As time flows, this art has also become a commitment to «signal, safeguard and protect [such] places from complete decay». A commitment to protect a reality in which charm and mystery coexist and in which life is hidden in the ruins of forgotten buildings, now surrounded by nature. Certain is that these places are full of vital energy because, as Vito Teti claims: «against all appearances, abandoned places never die. They solidify in the memory of those who lived in them, constituing an irreducible element of identity. They have a their own physicality and material consistency».

Chiara Valaguzza Art Curator


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