Editoriale a cura della Dott.ssa Alessia Lombardo

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Recensione per M.A.D. Gallery

A cura di: Alessia Lombardo Laureata in Scienze della moda e del costume presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza


VIA PULCHRITUDINIS La via della bellezza: MAD un anno dopo All'Ideale che non ha tramonti, alla Bellezza che non sa dolori! Con queste rime, dedicate da Gabriele D’Annunzio nell’incipit de “Il Piacere” all’amico Francesco Paolo Michetti, si suole introdurre chi legge all’interno dell’atmosfera suggestiva ed ammaliante che caratterizza il primo anniversario della M.A.D. Gallery di Milano. Questa fucina di artisti si sviluppa all’interno di una corte storica, dove le case a ringhiera tipiche dell’architettura meneghina del primo Novecento proiettano “en passant” il visitatore in una zona liminare trapassato e presente, tramite ambienti e forme che come chimere rimandano ora alla sontuosità delle domus romane, ora al fascino delle riad marocchine. Ad un anno esatto dal preludio si celebra il nido artistico, sorto nel cuore dei Navigli, attraverso una mostra collettiva d’arte internazionale contemporanea. La galleria, spazio polifunzionale per pittori, designer, scultori, fotografi e stilisti, ospiterà dal prossimo 14 febbraio per due settimane una rassegna di artisti eterogeni per stili, origini, influenze e formazione. Il fil rouge, come di consueto per la M.A.D. Gallery, è rappresentato dall’eclettismo che si configura ed estrinseca in una caleidoscopica armonia di contrasti, dove l’amore per l’arte in ogni sua forma segue indissolubilmente l’unica via percorribile, quella della bellezza. La bellezza poliedrica che contraddistingue le opere presenti in galleria è il frutto di una compagine di artisti con differenti background in grado di apportare, in maniera diversa per ciascuno, un contributo rilevante sia dal punto di vista artistico che personale.


L’astrattismo di Angelo Gaggero, si distingue per l’utilizzo di una moltitudine di materiali tra cui legno, cemento e sale, tecniche probabilmente mutuate dall’influenza del movimento dell’Arte Povera, come si evince in Macerie 8 (56 x 56 cm), in cui il minimalismo si manifesta in totum.

Sulla scia della pittura astratta troviamo il ferrarese Davide Fordiani, che opera una costante sperimentazione espressiva, simbolica e metacognitiva tramite la combinazione di più tecniche e materiali, come avviene in Korova (100 x 70 cm), in cui la giustapposizione di diversi materiali e colori dai toni forti a tratti aggressivi sembra voler trascinare lo spettatore in un universo onirico permeato da una continua ricerca e tensione verso qualcosa di inafferrabile.


Ai limiti dell’astrattismo troviamo Michelle Longuemart, i cui nudi femminili sembrano avere molteplici influenze e rivisitazioni, tra cui i grandi del passato come Degas la cui influenza si può ravvisare ne La danseuse (50 x 70 cm) seppur differente per quanto concerne il cromatismo, che in questo caso è caratterizzato da tinte fredde in perfetta sinergia con la resa a tratti materica dell’opera.

Magistrali appaiono i ritratti di Silvia Luridiana, al limite tra arte figurativa ed astrattismo, influenza quest’ultima probabilmente mutuata durante il periodo di studio sotto la guida di Roberto Altmann. Il sublime utilizzo dei colori ed in particolar modo della luce conferiscono ai dipinti come nel caso di Illumina (37 x 47 cm) un’aura trascendentale, quasi mistica, propria di una forza volta ad ingenerare un enorme pathos attraverso la resa.


Una ulteriore riflessione sul corpo femminile è quella posta in essere da Regina Thyssen, influenzata nella trattazione del nudo dalla precedente esperienze nel campo della moda, come in Scream (50x40 cm).

Differente da quello dalle artiste precedenti è lo studio sul femminile realizzato da Stefania Chiesa. Qui sfumature graffianti, toni cupi nello sfondo che sembra rappresentare l’ignoto, la morte, accolgono le donne rappresentate come dee, creature eteree, portatrici di amore e bellezza, che come Galatea sembrano prendere vita ed uscire sinuosamente dalla tela, un esempio è rappresentato da Timanfaya (60 x 80 cm).

Il viaggio e la scoperta attraverso l’astrazione accompagnano il lavoro di Tony Stuckens, che sembra riportare nella sua ricerca i colori del Mediterraneo, e vortici concentrici sembrano avvolgere lo spettatore come nel caso di The final exit ( 80 x 120 cm). In antitesi agli artisti di cui sopra un’altra prorompente personalità da citare è quella di Nada Bittar, che con uno stile quasi surrealista utilizza il colore per veicolare


l’ardente impeto su cui è fortemente improntato il suo lavoro, che si palese nella gioia, nella speranza e nell’amore, un esempio è Luminous Horizon (12x16).

Merita a pieno titolo l’appellativo “Pop” l’arte di Lapazal. L’artista risulta influenzata in egual misura dalla street-art e dalla social-art. L’eccentricità dei soggetti e la forza travolgente con cui irrompe sulla materia, contribuiscono a conferire un valore aggiunto alle sue opere, come nel caso di Vynil rock (60 x 80 x 1 cm).

Colori vibranti e resa fortemente materica caratterizzano la Siesta (80 x 100 cm) di Tiziana Marra. L’accostamento cromatico e la tecnica compositiva accompagnati da un sapiente utilizzo della luce proiettano il soggetto dell’opera in una dimensione intrisa di fascino. La luce, che sembra irrompere da una sorgente luminosa alla destra del dipinto, ricorda nella disposizione la scelta operata dal Caravaggio nella “Vocazione di San Matteo”.


Degno di nota è il fotografo Axel Hilger, il cui lavoro ruota intorno a tematiche sociali profondamente sentite come l’inquinamento ambientale, che si potrebbe ravvisare in Metamorphosis, e la crudeltà verso gli animali.

Singolare risulta l’attività fotografica di Fabio Belloni. Il suo stile basato sui dettagli è privo di filtri ed effetti. Fabio utilizza sempre la reflex in modalità manuale. Impareggiabile è l’abilità di cogliere momenti e veicolare emozioni attraverso i suoi scatti. La costante, ravvisabile in buona parte dei suoi lavori, è rappresentata dalle atmosfere romantiche come in Manicomio di Mombello e da un impareggiabile desiderio di introspezione, presente in gran parte del suo lavoro.


Altrettanto sublime risulta la tecnica fotografica utilizzata da Tana, capace di proiettare lo spettatore attraverso un volo pindarico in una dimensione mistica. Le figure sembrano dissiparsi e diventare quasi immateriali per poi ricongiungersi fugacemente e riprendere nuovamente il processo come in principio, il tutto sembra riportare a quella circolarità teorizzata da Nietzsche nel “mito dell’eterno ritorno”, che in questi scatti sembra concretizzarsi, come si evince osservando How do i determine. Genovese come Renzo Piano, Elisabetta Castello condivide con il grande architetto oltre che la terra che le ha dato i natali e l’amore per l’architettura, una smisurata passione per il mare, protagonista indiscusso della sua arte. Elisabetta è un’artista polivalente che si muove senza indugio alcun sulle tecniche più disparate. Passa dalla pittura su vaso all’olio su tela, dagli acquarelli ai trompe-l’oeil, fino ad arrivare al pastello morbido su carta come nella Mareggiata (40 x 30 cm), dove il bianco e il nero enfatizzano la drammaticità dell’immagine per mezzo della veemenza inarrestabile della natura in contrapposizione alla calma e all’imperturbabilità della grazia.


Tra moda, disegno e pittura si colloca per il suo background culturale Anna Halarewicz. Nella sua Red series, composta da acquarelli raffiguranti figure femminili che rasentano la perfezione, si notano le caratteristiche, e le influenze che originatesi nella moda vanno a contaminare l’arte di Anna, come l’attenzione e la minuziosità impiegate nella resa degli accessori che ornano le donne raffigurate.

Classe 1991 è Daniel Lavrano, alias Lein Werrit, caratterizzato da una propensione all’arte astratta dove figure geometriche, simmetrie e monocromia si incontrano per una resa finale che affascina e stupisce, come avviene per Torus.


L’indagine e la ricerca operate da Alex T è volta a scovare ancora una volta la bellezza, che viene catturata con l’aiuto di strutture geometriche, e tenta di eclissare la tetra oscurità che affligge il mondo. L’arte assurge la funzione di collegamento tra individuale ed universale, si veda in merito la Hyper Pyramid (100 x 100 cm)

L’artista visuale Alexander Paul concentra invece la propria riflessione sul potere creativo dell’immaginazione. L’offuscamento delle immagini e l’occultamento intenzionale, atti a confondere e distrarre dal vero e proprio, presentano la realtà come attivamente illusoria. Pertanto la comprensione di ciò che è reale e di ciò che non lo è crea un’intensità che avvolge e ammalia come avviene per Le Plus Grand Jardin (40x50 cm).


Notevole è l’impatto da cui risulta la riflessione operata da Anthony Rodrigues, artista francese autodidatta, che nonostante l’apparente linearità della resa è in grado di travolgere e conquistare. Di machiavellica memoria appare Power of lion (100x81 cm), opera che rapisce per la forza e la maestosità delineate magistralmente attraverso colori intensi e vibranti.

Autodidatta che si discosta nettamente dalla corrente realista per sviluppare un lavoro improntato allo sviluppo di natura morte, paesaggi e ritratti dai toni e tratti minimali è Fumihisa Endo. Un chiaro esempio dello studio e della ricerca operate dall’artista è rappresentato in Man series (22x31cm).


Irregolare ed inebriante, come la terra che le diede i natali, è Francesca Salis. La trama della produzione dell’artista sarda è imperniata sull’astrattismo e sul tema del femminile che genera e viene violato. Nelle sue tele estremamente materiche il nero ed il rosso si fondono imprescindibilmente per enfatizzare un percorso intimo e doloroso di rivendicazione personale, che come una ferita destabilizzano e generano caos in un mondo enigmatico e talvolta avverso, questo è evidente in Inquietudine che non si rassegna (80x100 cm).

Fautrice di un surrealismo contemporaneo, intriso delle atmosfere tipiche del paese d’origine, è Greta Araujo. Le sue opere come Making up my self (47x31) introducono all’evoluzione del femminile e alla definizione degli elementi caratterizzanti la sua terra, il Messico con i suoi colori, sensi ed attrazioni rappresentati in un universo onirico.


Tamar Modebadze proietta lo spettatore in un cosmo intriso di armonie classicheggianti in cui i nudi resi in maniera plastica sembrano fluttuare in uno spazio atemporale e indefinito, dove femminile e maschile si intrecciano in vortice concentrico di corrispondenze, come in Pride and worship (120x100 cm).

Ai confini dell’astrattismo si pone il lavoro di Nicole Weaver, talentuosa artista tedesca. La ricerca posta in essere ruota attorno ad una scomposizione e ricomposizione formale, cui sottende sovente l’universo immaginifico dell’artista, che in Untitled (38x47 cm) esprime immagini ed universi maturati durante un’intensa e profonda introspezione.


La Polonia è la terra d’origine di un artista che condensa nel suo lavoro in maniera estremamente poliedrica e variegata una formazione d’eccellenza ad una riflessione articolata. Così Rafal Stepniak in Nocturn (60x70 cm), opera appartenente alla serie “Impressioni musicali”, celebra tramite note uniche e raffinate un’armonia sinestetica che se da una parte destabilizza, dall’altra ammalia e rapisce.

L’influenza di due grandi artisti del Novecento italiano, quali Remo Brindisi e Magdalo Mussio, permea l’opera di Stefano Catalini. In Muro (50x40 cm) attraverso una tecnica mista l’attenzione viene catturata dai segni che pervadono la tela e rimandano ad una dimensione lontana, dove la profondità dell’animo umano si scontra con l’incanto struggente di lacerazioni energiche, che sembrano stagliarsi su di un abisso di cui si intravede solo il principio.


Di matrice astratta è in parte l’opera di Tiberio Savonuzzi, in cui una maniacale e raffinata attenzione al disegno si combina ad una resa fortemente espressiva. In Fiori e farfalle (70x50 cm) si scontrano due dimensioni atte a rappresentare rispettivamente un microcosmo ed un macrocosmo attraverso quello che appare come un collage, tanto forte difatti appare la contrapposizione tra l’algida figura in primo piano e lo sfondo.

Catartico appare Daydreaming (45x35x1), del giovane prodigio croato Tui Sada. Un uragano che rimanda ad un’espiazione, ad un nuovo inizio che purifica e rigenera attraverso il tuffo nelle acque, “katapontismòs”, che nella mitologia greca ha assunto le caratteristiche di un vero e proprio motivo iniziatico connesso con il distacco dalla condizione adolescenziale. Il rocambolesco salto di Sada ci proietta in una dimensione pregna di sconvolgimenti, evoluzioni, incertezze, aspettative, ma soprattutto attimi unici, inarrestabili, ed irripetibili da cogliere celeri come il batter d’ali di un colibrì.


L’ambiente evocativo che contraddistingue la M.A.D. Gallery nel suo primo anniversario appare, grazie all’eterogeneità e all’enorme talento coniugato alla creatività e curiosità di tutti gli artisti esposti, come un Arcadia nella quale abbandonarsi, un luogo in cui tutto è possibile, proprio come immaginato e concepito dai curatori Alessandra Magni e Carlo Greco agli albori. Un luogo in cui risulta impossibile sottrarsi all’arte e alla bellezza che essa genera e da essa è generata; poiché come afferma il principe Miškin ne “L’Idiota” di Dostoevskij la bellezza salverà il mondo.


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