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Ripartizione natura e paesaggio

Primo piano I premi incentivanti per la cura del paesaggio nel nuovo Piano di sviluppo rurale per la Provincia autonoma di Bolzano dai parchi naturali Ritrovamenti dell’età del bronzo nel Parco Naturale Gruppo di Tessa Qualità regionale ad Anterivo Uomo e natura Clandestini a bordo

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Anno 2007 – n. 2 periodicità – Poste Italiane – Spedizione in abb. postale – 70 % dcB/BZ

Parchi naturali in Alto Adige • Natura • Cultura • Paesaggio

Settembre 2007

n. 2

Provincia autonoma di BolzanoAlto Adige

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I n d i c e

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Ufficio parchi naturali Via Renon, 4 39100 Bolzano tel. 0039  0471  417  771 fax 0039  0471  417  789 parchi.naturali.bolzano@ provincia.bz.it www.provincia.bz.it/parchi.naturali

Editoriale

Primo piano La crescente concorrenza induce molti agricoltori ad abbandonare le loro malghe o ad intensificarne la gestione. Quale futuro per un’agricoltura di montagna a carattere estensivo e rispettosa dell’ambiente? Il nuovo Piano di sviluppo rurale offre nuove possibilità agli agricoltori?

Sede distaccata Merano ­»Esplanade« Piazza della Rena, 10 39012 Merano tel. 0039  0473  252  255 fax 0039  0473  252  256 parchi.naturali.merano@ provincia.bz.it

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Dai parchi naturali In questo numero: sentieri per diversamente abili, ritrova­menti archeologici, l’esperienza «parco» di un comune, miglioramenti alpestri eco-sostenibili, un’escursione per famiglie all’insegna della qualità regio­nale, un ospite dal grande nord.

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Sede distaccata Brunico Piazza Municipio, 10 39031 Brunico tel. 0039  0474  582  330 – 331 fax 0039  0474  582  339 parchi.naturali.brunico@ provincia.bz.it

Plata ladina

Sede di servizio Monguelfo Via Santa Maria, 10/A 39035 Monguelfo tel. 0039  0474  947  360 fax 0039  0474  947  369

Habitat Le torbiere vengono considerate dai più prive di valore e inutili. Esperti e amanti della natura sono d’altro avviso. Il perché lo scoprirete in quest’articolo.

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Ivan Plasinger

A spasso

Josef Hackhofer

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Josef Hackhofer

Sede di servizio Val Badia Via Catarina Lanz, 96 39030 Marebbe tel. 0039  0474  506  120 fax 0039  0474  506  585

Fritz l’escursionista

A colloquio L’Assessore all’agricoltura Hans Berger e il nuovo ­Piano di sviluppo rurale della Provincia di Bolzano.

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Uomo e natura Case, chiese e altre costruzioni albergano anche ­«subaffittuari» come rondini e pipistrelli. Modifiche al paesaggio, nuove tipologie e forme costruttive ­minacciano queste specie. Come possiamo garantire loro ancora ottimali condizioni di vita?

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Attualità Fuori campo

Editore: Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige – ­Dipartimento all’urbanistica, ambiente ed energia Direttore responsabile: Jörg Christian Rainer Coordinamento e redazione ­finale: Ulrike Lanthaler, Renato Sascor Abbonamento postale: Johanna Hinteregger­ Foto: copertina: Josef Hackhofer, se non indicato Archivio Ufficio ­parchi naturali Vignette: Armin Barducci Traduzione: Franco Ducati Grafica: Hermann Battisti Prestampa: Typoplus Stampa: Athesia Druck

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E d it o rial e

della natura, che consentono di conservare una gran varietà di specie floristiche e faunistiche. Tutti noi traiamo vantaggio dalla «cura paesaggistica» dei nostri contadini, sotto il profilo economico, nella misura in cui l’Alto Adige ha una grand’attrattività turistica e in termini individuali ogni qualvolta, facendo una passeggiata, riscopriamo la straordinaria bellezza della nostra terra. Michl Laimer A s s e s s o r e all ’ u r b a n i s t i c a , am b i e n t e e d e n e r g i a

Gottfried Nagler

Care lettrici, cari lettori, c’è voluto del tempo, ma ne valeva la pena! Per due anni le ripartizioni provinciali per l’agricoltura, le fo­ reste nonché natura e paesaggio hanno lavorato al «Piano di sviluppo provinciale 2007 – 2013», che comprende una serie di misure finanziarie finalizzate ad uno sviluppo del territorio rispettoso del paesaggio, dell’ambiente e della natura. I beneficiari sono i contadini, ossia coloro che contribuiscono a conferire al nostro territorio il suo aspetto peculiare, a determinare la qualità dei prodotti agricoli. Il contributo del singolo può spesso non essere decisivo, ma – per dirlo con un’immagine – i contadini tessono insieme un tappeto che è tanto più prezioso, quanto più fitti e vari sono i suoi motivi e colori. La maggior parte del Piano di sviluppo provinciale riguarda l’agricoltura e le foreste, ma anche alla tutela di natura e paesaggio è stata riservata adeguata considerazione con misure di qualità, che contribuiscono a mantenere l’aspetto inconfondibile e vario dell’Alto Adige. Tra queste, ad esempio, indennizzi a favore di pratiche particolari, quali ad esempio la rinuncia all’impiego di concimi o all’esecuzione di spianamenti o contributi per il mantenimento dei prati di montagna non lavorabili con le macchine e a rischio quindi di abbandono e di rimboschimento. Si tratta di contributi per la tutela

Il lavoro del contadino «Voi contadini ricevete contributi per tutto» è un discorso che noi agricoltori sentiamo fare molto spesso. Qualche volta corrisponde anche alla verità. Infatti, la politica in Alto Adige ci sostiene molto nel nostro sforzo di produrre in modo concorrenziale e consapevole della qualità, per garantire un futuro all’agricoltura, questa vecchia colonna portante della società altoatesina. Ma questa è solo una parte della verità. Il rischio di impresa non ce lo toglie nessuno. Un contadino che voglia gestire la sua azienda con successo, deve percorrere nuove strade e stabilire forme di cooperazione anche con altri settori dell’economia. Negli ultimi decenni l’agricoltura è molto cambiata e alcune attività sono state rivalutate, come ad esempio la cura del paesaggio. Qui il contadino svolge da sempre un ruolo molto importante. La bellezza del paesaggio culturale è una caratteristica specifica della nostra provincia e la sua cura da parte dei contadini è il presupposto fondamentale per la sua conservazione. Contributi e premi per la cura del paesaggio non sono quindi «un aiuto della Provincia», ma un vero e proprio compenso per un servizio svolto, da cui traggono vantaggio non solo tutta la collettività, ma anche diversi settori dell’economia quali il turismo. Un paesaggio curato, molto vario, piace a tutti, residenti e turisti. Peccato che il gran lavoro che vi sta dietro e che – non solo ma soprattutto – viene svolto dai contadini, sia talvolta sottovalutato. Klaus Kastlunger, Badia P r e s i d e n t e l o c al e d e ll ’ U n i o n e a g r i c o l t o r i e c o lt i vat o r i d i r e t t i sudtirolesi – Membro del Comitato di gestione del Parco Na t u r al e P u e z - O d l e

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Investire nel futuro

Mantenere, con i premi per la cura del paesaggio, la varietà delle specie del nostro paesaggio culturale Testo | Joachim Mulser

Già verso la fine degli anni ’80 la Ripar­tizione provinciale natura e paesag­gio ha iniziato a ricompensare i contadini per il loro lavoro volto alla conservazione del paesaggio culturale tradizionale e della varietà biologica, attraverso i cosiddetti premi per la cura del paesaggio. Ma vale davvero la pena di investire nel capitale naturale e paesaggistico, un bene non misurabile in termini monetari? Si tratta davvero di un profitto a lungo termine, a vantaggio anche delle generazioni future? Nel corso dei secoli l’uomo ha trasformato in paesaggio culturale ampie zone del paesaggio originario dell’Alto Adige. Questo tipo di sfruttamento rispettoso della natura ha permesso ad animali e piante di adattarsi gradualmente ai cambiamenti, creando habitat e paesaggi di alto valore ecologico. Ma la rivoluzione tecnologica nell’agricoltura e la globalizzazione hanno sempre più ridotto e minacciato questi paesaggi così lentamente formatisi. Fin dall’inizio era chiaro che se

si volevano conservare queste aree residue con il loro alto valore ecologico e ricreativo, bisognava risarcire i contadini per i minori introiti e le maggiori spese che l’agricoltura estensiva comporta. Ciò che conta è il tipo di utilizzo Chi vuole godere di uno di questi premi per la cura del paesaggio deve impegnarsi a coltivare il suo terreno in modo da mantenerne il valore ecologico, misurabile sulla base della varietà delle specie presenti. In pratica ciò significa rinunciare a migliorie, quali cambi di coltura, spianamenti e drenaggi, nonché ad una coltivazione di tipo intensivo con elevato impiego di concimi. Questi «interventi di miglioramento» hanno, infatti, degli effetti estremamente negativi sulla varietà delle specie. Un esempio classico di queste forme di sostegno all’agricoltura è quello dei premi per l’utilizzo estensivo dei prati magri. Grazie ad un tipo di coltivazione basata sull’assenza di concimazione e sul taglio dell’erba effettuato a stagione avanzata nel corso dei secoli si sono potute insediare stabilmente numerose specie di piante. I prati magri possono, infatti, ospitare fino ad ottanta specie vegetali diverse – tra cui molte rarità, molto attraenti anche sotto il profilo estetico – e un numero ancor più elevato di specie animali. Nella ricerca delle scarse sostanze nutritive presenti le radici delle erbe e delle piante si ancorano profondamente nel ter-

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Spesso solo grazie ad una gestione agricola tradizionale è possibile conservare la varietà paesaggistica e floristica del territorio. Nella foto in basso a destra un prato umido con eriofori.

ludi rappresentano una protezione contro le inondazioni ed al tempo stesso una riserva idrica permanente per alimentare le sorgenti anche in periodi di siccità. Esse però sono estremamente sensibili al calpestio ed all’apporto di sostanze nutritive da parte degli animali (feci). In questo caso il premio per la cura del paesaggio rappresenta un indennizzo per la rinuncia al pascolo in queste zone, in modo da permetterne il naturale sviluppo.

parte delle categorie interessate. Il grafico a pagina 7 mostra una forte crescita nel 1999, riconducibile al fatto che in quell’anno i premi per la cura del paesaggio sono stati recepiti nel Piano di sviluppo rurale dell’Unione Europea. Da allora ca. due terzi dei finanziamenti provengono dal bilancio UE, mentre la Provincia paga il rimanente terzo. Se prima i premi per la cura del paesaggio venivano concessi quasi esclusivamente per aree interne ai

Siepi e fasce riparie costituiscono un’importante rete ecologica attorno a boschi, acque e biotopi e quindi anche per la loro conservazione e cura può essere richiesto un premio.

parchi naturali, poi è stato possibile estenderli all’intero territorio provinciale e comprendere anche le categorie «siepi» e «pascoli con larici». Oggi ca. un terzo delle superfici soggette a contributo si trova all’interno di zone protette, ossia le cosiddette aree Natura 2000, parco nazionale e parchi naturali, biotopi e monumenti naturali. Nel 2006 la Ripartizione provinciale natura e paesaggio ha trattato oltre 2000 domande e assegnato premi

Josef Hackhofer

reno, contribuendo ad un’efficiente protezione contro l’erosione. Grazie alla ricca presenza di erbe aromatiche il fieno viene anche spesso impiegato per bagni terapeutici. All’inizio dell’estate i prati di montagna colpiscono per la loro ricchezza di fiori dai colori meravigliosi: tra venti e trenta specie diverse di piante, tra le quali la margherita, l’achillea, la vedovina, il cumino dei prati, il silene, la barba di becco, il trifoglio violetto, la campanella, la crepide, la salvia selvatica e tante altre ancora, riunite tutte assieme in pochi metri quadrati. Essi offrono inoltre un idoneo habitat per variopinte farfalle, grilli, cavallette e api selvatiche. I prati di montagna possono essere concimati in misura molto limitata con stallatico ben maturo. I prati da strame come i prati umidi e i canneti si sono formati su terreni minerali umidi o nelle zone un tempo occupate da acque. Lo sfalcio tardivo – normalmente in autunno – impedisce l’inarbustimento e assicura il mantenimento della vegetazione caratteristica di carici, ciperacee ed altre specie minacciate. I prati da strame sono degli habitat preziosi per molti uccelli di palude e per una ricca fauna di insetti, per la cui conservazione deve essere assolutamente evitata qualsiasi forma di concimazione. I prati alberati con larici, formatisi da boschi misti attraverso un processo di eliminazione da parte dell’uomo delle piante di abete o di cembro, maggiormente ombreggianti, sono la testimonianza di un’antica cultura agricola. A seconda del luogo e del tipo di coltivazione sotto i larici si sono sviluppati prati magri, prati montani ricchi di specie o prati grassi. Il regolare asporto dei rami caduti e dell’erba consente un doppio utilizzo di questi terreni: come fonte di legname e come prato/pascolo. Per la conservazione dei prati a larici così come di altri tipi di prati alberati, quali frutteti radi e castagneti – tutti esempi tipici di paesaggi culturali altoatesini, diventati nel frattempo ormai rari – è possibile ottenere dei premi. Nelle torbiere e negli ontaneti vivono molte specie rare di piante e di animali minacciate di estinzione, che si sono adattate a condizioni ecologiche estreme. Grazie alla loro capacità di accumulo d’acqua le pa-

P ia n o

Joachim Mulser

Josef Hackhofer

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L’offerta regola la domanda Negli ultimi dieci anni il numero dei richiedenti e delle aree soggette a contributo è andato costantemente aumentando. Da ciò si deduce un buon livello di gradimento da

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Dalla presentazione della domanda al pagamento premio Chi desidera avviare per la prima volta un accordo quinquennale, deve compilare l’apposito formu­ lario presso la Stazione forestale competente e quindi trasmettere la doman­da di premio all’Unione agricoltori e coltivatori diretti sud­ tirolesi. I termini per la presentazione delle domande vengono fissati anno per anno e comunicati attraverso i vari mezzi di informazione. Per garantire la corretta classificazione nelle varie categorie di premio e la delimitazione delle super­

Mantenere gli obblighi Per garantire un corretto impiego dei soldi la UE prescrive controlli a campione nella misura minima del 5 % sulle domande presentate. Questa regola è stata applicata anche per l’ultimo programma 2000– 2006 e ciò ha significato il controllo da parte dell’autorità forestale di circa 180 domande all’anno in media. Il risultato è sicuramente positivo, dato che in quasi il 98 % dei casi non sono state rilevate irregolarità e ciò da un lato dimostra che i rilevamenti sul posto effettuati nell’anno della prima domanda da parte dell’Ufficio provinciale ecologia del paesaggio hanno garantito la corretta classificazione e coltivazione delle superfici, dall’altro lato conferma la convinzione e la disponibilità dei contadini a mantenere forme di utilizzo tradizionali.

Joachim Mulser

fici, quasi sempre, nel caso di nuove domande viene eseguito un rilievo sul posto da parte dei tecnici dell’Ufficio provinciale ecologia del paesaggio e della Stazione forestale competente. In tale occasione vengono rilevate le caratteristiche naturalistiche – in particolare la com­ posizione floristica dei prati – che sono il presupposto basilare per il loro inserimento nel piano di incentivi quinquennale. Per coloro che hanno già parteci­ pato al precedente programma di finanziamento e desiderano essere mantenuti anche nella nuova edizione è sufficiente dare la conferma all’Unione agricoltori altoatesini.

Josef Hackhofer

Premi per la cura del paesaggio nel contesto europeo La UE richiede da anni anche nell’ambito dell’agricoltura un sostegno da parte degli stati membri per il miglioramento dell’ambiente. I premi per la cura del paesaggio rappresentano a questo riguardo un contributo importante. Essi sono perciò stati mantenuti anche nel nuovo Piano provinciale di sviluppo rurale per il periodo 2007–2013, appro­vato dalla UE nel luglio di quest’anno. Alle categorie già finanziate nell’ambito del precedente piano provinciale di sviluppo rurale se ne sono aggiunte di nuove: boschi ripariali e fasce riparie, castagneti e frutteti radi. Oltre a ciò è stato possibile aumentare notevolmente l’entità dei premi per la coltivazione di aree di particolare valore naturalistico, quali prati magri, prati di montagna ricchi di specie, prati da strame e prati alberati. Le categorie di premi (vedi tabella a pagina 7) sono state semplificate ed i diversi fattori di aggravio sono stati riuniti in un cosiddetto «supplemento per lo sfalcio a mano». Il premio base per la conservazione di prati a coltivazione estensiva nel­ l’ambito delle aree Natura 2000, data la particolare importanza di queste zone protette, è del 50 % più elevato rispetto al resto del territorio provinciale.

Joachim Mulser

per la cura del paesaggio per un importo complessivo di oltre due milioni di Euro. Quasi il 70 % dei circa 5500 ettari di paesaggi culturali soggetti a finan­ziamento nel 2006 sono rappresentati da prati coltivati in modo estensivo, quali prati magri, prati di montagna ricchi di specie e prati umidi. Seguono i prati con alberi e i pascoli con circa il 28 % ed infine le paludi e le siepi.

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Tre domande all’Assessore provinciale Michl Laimer

Josef Hackhofer

L’apollo preferisce i prati magri con la loro ricchezza floristica.

Per la conserva­ zione dei prati di montagna ricchi di specie (in alto a sinistra) vengono da anni erogati premi incentivanti, con il nuovo piano questa possibilità viene estesa an­ che ai castagneti (in mezzo a sini­ stra). Fragile bellezza: la barba di becco pra­ tense cresce fino a 1800 metri s.l.m. ed è una tipica rappresentante dei prati di montagna ricchi di specie.

Le categorie di incentivi nel nuovo Piano di sviluppo rurale 2007–2013

Conclusioni I premi per la cura del paesaggio risarciscono i contadini per i minori introiti che la coltivazione estensiva comporta. Inoltre essi sono destinati a compensare i costi aggiuntivi derivanti da difficoltà di coltivazione a causa di ripidità, morfologia irregolare o mancanza di comodi accessi ai terreni. In tal modo superfici a rischio di abbandono a causa della loro bassa redditività possono continuare ad essere coltivate. Complessivamente ca. il 6 % dei prati permanenti dell’Alto Adige sono coltivati in modo estensivo e ricevono contributi per la cura del paesaggio. Una frazione piccola ma determinante, che dimostra chiaramente che attraverso questi «contratti di tutela della natura» si possono conservare degli habitat seminaturali di grande importanza. I

premi per la cura del paesaggio consentono ai contadini di svolgere una cosiddetta «coltivazione graduata dei prati», consistente in un utilizzo intensivo dei terreni situati in posizione favorevole e invece di un utilizzo di tipo estensivo delle superfici a rendimento ridotto. I prati magri e i prati montani offrono inoltre un’elevata elasticità di utilizzo, il che significa che possono essere sfalciati in un arco di tempo di diverse settimane senza che ciò comporti una riduzione determinante della qualità del foraggio. Essi sono quindi utili in tutti i casi in cui vi siano grandi punte di lavoro estivo. E, infine, il premio è un riconoscimento del lavoro e dell’impegno dei contadini per la conservazione della varietà delle specie nel paesaggio culturale altoatesino. m

Categoria

Premio €/ha In aree Natura 2000

Fuori aree Natura 2000

Supplemento sfalcio manuale

Prato magro / Prato da strame

630

420

200

Prato di montagna ricco di specie

360

240

200

Prato magro alberato

930

620

200

Prato di montagna alberato e ricco di specie

660

440

200

Prato pingue alberato

300

castagneto / Prato con radi alberi da frutto

200 470

Pascolo alberato

120

Paludi protette / Boschi ripariali

145

Siepi / Fasce riparie

max. 0,68 €/m2 6.000

2.500.000

2.000.000

200 270

Regolamento cee 1257/99 Regolamento cee 2078/92

5.000 4.000

1.500.000 3.000 1.000.000 2.000

Sviluppo delle superfici soggette ad incentivazione e dei relativi premi dal 1991 al 2005

500.000

1.000 0

0

anno 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Importo totale

superficie (ha)

: come sarebbe l’Alto Adige senza la cura del paesaggio da parte dei contadini? Michl Laimer: Sicuramente più monotono! Con forme di coltivazione seminaturale i contadini hanno creato degli habitat preziosi sotto il profilo paesaggistico ed ecologico. Spontaneamente mi viene in mente l’esempio dei prati di larici e dei prati di montagna fioriti. Affinché questi paesaggi vengano conservati, deve essere mantenuto il loro utilizzo tradizionale. Dobbiamo quindi onorare adeguatamente la disponibilità dei contadini a farlo. L’unione europea e la Provincia di bolzano sono evidentemente pronti ad operare in questo senso. il nuovo Piano di sviluppo regionale (Psr) 2007– 2013 prevede, come già quello precedente, delle misure mirate di finanziamento per la cura del paesaggio. come valuta tutto ciò come assessore provinciale alla tutela della natura? Sono molto contento, anche se naturalmente rimane sempre qualche desiderio insoddisfatto. Tenuto conto delle difficoltà nelle trattative, i risultati sono decisamente positivi. La maggior parte dei premi è stata aumentata e ne sono stati aggiunti di nuovi, ad esempio per ontaneti e castagneti. Particolarmente importante è che il premio per la coltivazione dei prati ad utilizzo estensivo all’interno delle zone Natura 2000 è ora del 50 % più alto che nel resto del territorio. Mi auguro che questo in più di aiuto finanziario comporti anche un maggiore livello di accettazione da parte dei contadini. Quanto denaro vi è a disposizione per i premi incentivanti per la cura del paesaggio? Attraverso il nuovo PSR possono essere distribuiti 14 milioni di Euro, di cui il 44 % è pagato direttamente dalla UE ed il 56 % dallo Stato; a questi si aggiungono 10 milioni di Euro da parte della provincia. Complessivamente per i prossimi sette anni sono dunque disponibili 24 milioni di Euro – una bella somma con la quale si possono fare molte cose! m

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Parco Naturale Sciliar-Catinaccio

Sentieri accessibili ad un’utenza ampliata

Testo | Enrico Brutti

Tra i compiti istituzionali di un’area protetta annoveriamo anche la fruizione ricreativa, intesa come possibilità di avvicinarsi alla natura per conoscerla quindi rispettarla ed al tempo stesso per rigenerarsi a livello psico-fisico. Questa «funzione sociale» negli ultimi anni ha assunto una valenza ed un’entità ragguardevole, tant’è che talvolta devono essere adottate misure limitative affinché la stessa funzione non venga fraintesa e considerata come «lo scopo principe» di un’area protetta.

Daniela Donolato ha individuato nell’ambito della sua tesi di laurea nuove possibilità d’escursione per persone diver­ samente abili.

Lo stato dell’arte in Alto Adige In questo variegato panorama, a livello di aree protette altoatesine, dopo la felice esperienza del «Sentiero natura Zannes» nel Parco Naturale Puez-Odle, si inserisce la tesi di laurea della bolzanina Daniela Donolato, avente per oggetto la realizzazione di un «Sito internet relativo ai sentieri accessibili ad un’utenza ampliata nel Parco Naturale Sciliar-Catinaccio» (supporto tecnico-informatico Klaus Geiger di Tires) ed elaborata in stretta collaborazione con l’Ufficio provinciale parchi naturali. Il Parco in oggetto non dispone per ora di sentieri percorribili da parte di persone disabili su sedie a rotelle; tuttavia vi sono alcuni percorsi che si prestano per persone con una ridotta capacità motoria («utenza ampliata» o allargata). Il progetto di Donolato, partendo dal presupposto che l’informazione è il requisito indispensabile per la riuscita di un intervento di accessibilità in natura, si fonda appunto sulla realizzazione di un sito web dedicato. Un apposito sito Internet Il sito in questione www.softalpin.it, in fase di completamento, individua ed illustra quattro di detti percorsi all’interno del parco (Malga Plafötsch, Leitner-

Enrico Brutti

Natura accessibile – un tema di importanza nazionale Includere nel progetto di fruizione del parco la possibilità che l’area sia, almeno in parte, accessibile anche a persone con impedimenti fisico e/o mentali (perseguendo quindi anche un obiettivo di integrazione sociale) è un obbligo non solo morale per una pubblica amministrazione. Ultimamente, a livello nazionale, il dibattito attorno al tema della «natura accessibile» ha registrato un incremento considerevole, anche se le azioni concrete sino ad oggi intraprese risultano frammentarie e non possono ricondursi a principi e direttive comuni. Evidentemente ci si scontra anche con difficoltà oggettive, connesse per esempio alla codifica del concetto di accessibilità, da rapportarsi al tipo di menomazione fisica e/o psichica, il tutto da tradursi poi in misure «calibrate».

Schönblick, S. Costantino – Laghetto di Fiè, Foresta di Hauenstein) fornendo, per ciascuno di essi, molteplici informazioni avvalendosi di una grafica chiara ed accattivante: •  descrizione del percorso con guida naturalistica-culturale; •  planimetria e profilo altimetrico di dettaglio sulla base di rilievo GPS; •  galleria foto con foto panoramica a 360°; •  disamina tecnica del tracciato, caratteristiche del ­fondo, larghezza sentiero, pendenze, ostacoli, etc.; •  punti d’appoggio. L’Ufficio provinciale parchi naturali, convinto della bontà di questa iniziativa si augura che a questa ne seguano altre, confidando che, anche gli operatori turistici della zona, vorranno consultare e divulgare opportunamente questo sito. m

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Dai

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Parco Naturale Gruppo di Tessa

Alpe di Ulvas: utilizzata da 10.000 anni

Testo | Hanns Oberrauch

L’Alpe di Ulvas L’Alpe di Ulvas è situata sul versante nord della cima La Clava nel Parco Naturale Gruppo di Tessa. I primi reperti sono stati trovati nel 2004: in due siti sono state rinvenute lame di selce. Su un dosso con una salina per animali e sotto un tetto di rocce sono stati effettuati degli scavi di prova. Due datazioni con radio-carbonio (C14) di reperti di carbone di legna hanno permesso di determinare l’età: dall’ottavo al settimo millennio a.C. Il pascolo alpino nell’età del bronzo A differenza della Val d’Adige, ricchissima di reperti dell’età del bronzo, in Val Passiria i rinvenimenti di questo periodo erano pressoché nulli. Nell’estate 2005 i ricercatori hanno scoperto su una roccia sporgente davanti alla nuova Alpe Superiore di Ulvas, a 1950 m di quota, degli oggetti di ceramica della tarda età del bronzo. Nel corso degli scavi nelle estati 2005 e 2006 il sito è stato esaminato

Hanns Oberrauch

Gli scavi presso l’Alpe Superiore di Ulvas alta ­nell’anno 2006

a fondo. Oltre a numerosi frammenti di contenitori in ceramica della cultura Laugen della tarda età del bronzo, in parte decorati, sono venuti alla luce strumenti in selce e il frammento di uno spillone a testa sferica. Nell’undicesimo secolo a.C. la terrazza è stata spianata e provvista di una pavimentazione in selciato, sulla quale si trovano ancora diverse pietre di un presumibile blocco di costruzione, che è poi bruciato, lasciando uno strato carbonizzato. In base alla datazione con C14 la malga è stata in attività dal 1100 all’800 a.C. Ciò che si è notato, è l’assenza di ossa bruciate di animali, tipiche di numerosi siti di roghi sacrificali di alta montagna. I ricercatori hanno quindi ipotizzato che fosse una struttura profana utilizzata stagionalmente e, data l’altezza, di una presumibile malga preistorica.

Ancor oggi sull’Alpe Superiore di Ulvas vengono portati al pascolo circa 100 capi di bestiame e i pastori controllano e danno il sale alle loro mandrie negli stessi luoghi che già in tempi remotissimi si sono dimostrati essere frequentati da esseri umani. m

Ceramica decorata della cultura Laugener (XII – IX sec. a. C.) dalla Malga Ulvas

Hanns Oberrauch

Dal ritrovamento dell’»uomo venuto dal ghiaccio» si sa che gli uomini hanno frequentato la montagna fin dai tempi più remoti, utilizzandola prima per la caccia e poi, con l’introduzione dell’allevamento, come pascolo estivo. Tra il 2003 e il 2006, l’alta Val Passiria e l’Ötztal sono state teatro di una ricerca nell’ambito del progetto interregionale co-finanziato dall’Unione Europea «Le malghe nello spazio montagnoso dell’Ötztal». Promotori del progetto sono stati il Museo Passiria, l’Università di Inns­ bruck, l’Ufficio provinciale beni archeologici ed il Comune di Moso in Passiria. L’indagine ha permesso di scoprire numerosi siti archeologici presso gli attuali pascoli di montagna. La maggior parte di questi siti risale al mesolitico (dall’ottavo al sesto millennio a. C.), ma sono state rinvenute anche punte di freccia del neolitico, riconducibili a battute di caccia dei primi allevatori (dal V° sec. a. C.). I reperti dimostrano che, oltre alle valli laterali, anche i passi del Rombo e del Giovo erano frequentati fin dalla preistoria.

Albin Pixner (Museo Passiria) con i due ricercatori incaricati, Günther Niederwanger e Hanns Oberrauch presso la zona di scavo

Utilizzo delle malghe fino ad oggi All’età del ferro risalgono due asce di bronzo rinvenute nella zona di Ulvas, una delle quali scoperta da un pastore a 2200 metri di quota. Il fatto che l’Alpe di Ulvas sia stata utilizzata anche al tempo degli antichi romani e nel medioevo è testimoniato da datazioni con C14 (dal 240 al 410 d.C.) nonché dal rinvenimento di una campanella in bronzo del primo medioevo, provvista di decorazioni e fori. 9

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Parco Naturale Puez-Odle

Il Comune di Ortisei ha dato l’esempio

A sinistra: Le Odle con il ­bosco ­Rasciesa in primo piano A destra: Florian Schrott (a destra) si è impegnato per anni per l’ampliamento del ­parco naturale. Nella foto, accanto a lui il coordinatore dei lavoratori del parco, Egon Trocker.

Dal 1999 ampie zone del territorio comunale di Ortisei fanno parte del Parco Naturale Puez-Odle. A suo tempo l’iter procedurale non venne avviato d’ufficio ma fu la stessa amministrazione del Comune a chiedere di vincolare la parte superiore del bosco Rasciesa, il famoso sentiero «Troi Paian», nonché i vasti pascoli della Rasciesa di Dentro e di Fuori. «È sicuramente grazie al grande impegno dell’ex consigliere comunale Florian Schrott che Ortisei ha intrapreso questo passo», racconta oggi il Sindaco Ewald Moroder, a suo tempo partecipe alla fase decisionale come membro del consiglio comunale. L’iniziativa del Comune Il tema fu portato sul tappeto per la prima volta nel 1996. Anche il sindaco di allora, Konrad Piazza, si era fortemente impegnato per la messa sotto tutela e i suoi consiglieri – indipendentemente dal loro colore politico – lo avevano seguito. Dopo tre anni di trattative il traguardo fu raggiunto e il 2 settembre 1999 il Consiglio comunale deliberò di mettere sotto vincolo tale parte del territorio aggregandolo al Parco Naturale Puez-Odle. Con una successiva delibera si riuscì poi a fare in modo che la «parte di Ortisei» fosse direttamente collegata con il resto del parco.

Enrico Brutti

Enrico Brutti

Testo | Luis Mahlknecht

Il Troi Paian, area di grande importanza storica, è stato oggetto, anche grazie all’inserimento nel parco, di approfondita indagine; il lavoro dei ricercatori ha portato a scoperte sensazionali, come il ritrovamento del castello Stetteneck, sulla collina Pincan in Val d’Anna. L’impegno di molti porta buoni frutti Durante l’estate nel parco naturale i dipendenti delle amministrazioni del parco e forestale controllano che tutto sia in ordine. Tra di loro, come sempre, Florian Schrott, che cura il parco «come un figlio» – ben conscio dell’importanza di tale istituzione per se e i posteri. E quando ogni anno, a fine maggio, gli alunni della scuola elementare di Ortisei vanno nel bosco Rasciesa per la tradizionale festa degli alberi, si rinnova il le­ game dei giovani con la natura e si indica loro una via per proteggerla. Ciò, affinché le giovani genera­ zioni imparino a seguire l’esempio dei loro genitori e comprendano che qui l’amministrazione comunale, di propria iniziativa, ha svolto una vera opera pionieri­ stica. m

Risultati positivi per la natura e per la cultura Gli effetti sulla flora e sulla fauna nel territorio sotto parco sono evidenti. Il bosco si è rigenerato, il mondo vegetale è «sano» e, camminando tra i boschi, ogni tanto si riesce a osservare persino i galli cedroni. «Questo animale ha riscoperto il suo habitat», segnalano alcuni osservatori e il numero di esemplari che frequentano il bosco Rasciesa è in aumento. Anche la seggiovia, abbastanza silenziosa e le piste di sci e slittino non disturbano più di tanto (queste sono state volutamente stralciate dal parco); per il resto la natura domina incontrastata su una superficie che copre quasi la metà del territorio comunale.

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Parco Naturale Fanes-Senes-Braies

Miglioramenti ecocompatibili

Testo | Renato Sascor

La malga Malga Brusada, caricata annualmente con 80–90 capi di bestiame giovane o asciutto, dispone di limitate superfici pascolive. Il pascolo non guidato attuato negli ultimi decenni ha comportato un sotto utilizzo di alcuni settori, con progressiva chiusura dei pascoli ad opera soprattutto di ginepro nano. Per contro altre aree sono troppo pascolate e mostrano forti segni d’erosione, è questo ad esempio il caso dei boschi e delle torbiere circostanti. Gli interventi proposti oltre a garantire, nelle stazioni migliori, una

Mar tin Burger

I lavori eseguiti I lavori di miglioramento sono stati condotti dall’Ispettorato forestale e dai contadini nel 2006 e hanno interessato solo aree di ex-pascolo. Si sono asportati buona parte degli arbusti di ginepro nano ed è stato arretrato il margine del bosco, garantendone un profilo irregolare il più naturale possibile, eliminando le giovani piantine di abete rosso e conservando invece i larici. Le superfici da cui sono stati asportati i ginepri sono state seminate e concimate con letame maturo. Importante è stata la recinzione delle due torbiere basse, attuata curando di realizzare degli abbeveratoi come fonte idrica alternativa per il bestiame.

Renato Sascor

Per non perdere questo patrimonio l’Interessenza ha avviato negli ultimi anni un progetto di miglioramento della malga, supportato da Ispettorato forestale di Monguelfo, Ufficio parchi naturali e Ufficio economia montana. I dettagli tecnici dell’intervento sono stati svi­ luppati da Andreas Kronbichler, foresta­le libero professionista di Brunico.

maggiore disponibilità di superfici di pascolo e, conservando i prati, un attrattivo quadro paesaggistico, dovevano servire a ridurre il pascolo boschivo, causa di danneggiamento alla rinnovazione e a conservare alcune torbiere basse fortemente danneggiate. Queste stesse misure sono state proposte nel piano di gestione Natura 2000 del parco.

Con questo intervento, frutto della collaborazione tra agricoltori, forestali e rappresentanti del parco, si spera di aver creato i presupposti per un ottimale gestione della malga, che, grazie ad un utilizzo estensivo, anche in futuro sia garanzia di conservazione della varietà del paesaggio e di delicati habitat come quelli di torbiera. m

Mar tin Burger

«Sono ormai trent’anni che presiedo l’interessenza alpestre dell’Amministrazione separata per gli usi civici della Frazione di Valdaora di Sopra e seguo quindi gli sviluppi di Malga Brusada», ci racconta Willi Mair, storico membro del Comitato di gestione del Parco Naturale Fanes-Senes-Braies. «In questi anni ho visto la malga trasformarsi, a volte in meglio, come con l’installazione dell’impianto fotovoltaico, la realizzazione di un locale per la lavorazione del latte o l’impianto per lo smaltimento delle acque reflue, ma a volte anche in peggio. Alcuni pascoli si sono, infatti, chiusi, il che per un alpeggio con una già ridotta superficie di pascolo è un problema». Queste considerazioni ci ricordano quanto l’alpicoltura da sempre sia stata importante dal punto di vista economico, ma anche culturale, per le popolazioni locali. Questa attività, se condotta con modalità estensive, risulta importante anche per un parco naturale, dal momento che pascoli, prati e malghe arricchiscono la varietà e complessità dei nostri paesaggi.

Prima – dopo: Obiettivo dei lavori era il controllo dell’espansione dei ginepri nani (in alto), il recupero di superfici a pascolo

(in mezzo), così come di rari e ­delicati habitat di torbiera (sotto).

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d A I

P A R c H I

n A T U R A L I

Parco Naturale Monte Corno

Il sapore della qualità locale

Testo | Helga seeber

Aree protette e sviluppo regionale In questi ultimi tempi i parchi naturali e nazionali sono diventati veri e propri marchi di garanzia di paesaggi unici, in gran parte incontaminati, con attività economiche ecocompatibili e quindi idonei ad essere collegati con prodotti regionali genuini e di qualità. Negli ultimi due anni l’Ufficio provinciale parchi naturali ha svolto, assieme a tre partner austriaci e germanici, una ricerca sulle possibilità di commercializzazione di prodotti agricoli e artigianali in collegamento con le aree protette. La ricerca è stata focalizzata sugli aspetti della regionalità, della varietà e della rinuncia alla produzione seriale o automatizzata. Mettendo in collegamento le aree protette con determinati produttori si sostiene la vendita diretta e si contribuisce allo sviluppo economico regionale. Un esempio: I piaceri della natura alla scoperta di Anterivo Il paese di Anterivo, in dialetto locale Voltrui – situato all’inizio della Val di Fiemme, a 1209 m di quota s.l.m., conta quasi 400 abitanti. Per valorizzare il paese e frenare il suo spopolamento, gli abitanti si sono impegnati negli ultimi anni a cercare di coniugare in modo intelligente tradizione e innovazione. Così si è ripreso ad esempio a coltivare il cosiddetto «caffè di Anterivo», una specie di lupino tipico della zona, i cui «fagioli» tostati e macinati vengono impiegati per insaporire formaggi locali, oppure direttamente per fare un particolare caffè decaffeinato. Si è poi ripreso a lavorare al tornio, a filare le lane locali, a raccogliere la resina dei larici, a tessere il lino, a fabbricare scandole di legno, a intrecciare vi-

Helga Seeber

I cambiamenti climatici, gli elevati consumi energetici ed il calo della qualità dovuto alla produzione in serie sono tutti fattori che spingono molta gente a privilegiare sempre più il consumo di prodotti locali. Vi è, infatti, un’elevata richiesta di prodotti provenienti direttamente dal contadino e il commercio diretto è diventato anche in Alto Adige parola d’ordine.

christoph Haller

Ivan Plasinger

Ad Anterivo ripren­ dono vita antiche tradizioni: filare la lana (in alto a destra), il caffè di Anterivo (in basso a destra) e prodotti artigianali (sotto) né sono alcuni esempi.

mini, a coltivare vecchie specie di piante. Grazie alla collaborazione con il Centro visite del parco naturale tutti questi vecchi mestieri possono ora essere mostrati sia ai locali che ai turisti. Una festa di tutti i sensi La trasmissione di antiche usanze e conoscenze è stato il tema centrale del percorso per famiglie «I piaceri della natura – Alla scoperta di Anterivo con tutti i sensi» organizzato all’inizio di settembre su iniziativa della popolazione di Anterivo in collaborazione con l’Ufficio provinciale parchi naturali. Il percorso si è sviluppato su diverse stazioni attraverso paese, biotopi e parco naturale. Le associazioni locali hanno illustrato vecchie usanze e mestieri artigiani, ancora praticati, le guide del parco hanno accompagnato i visitatori alla Palù Lunga ed infine i bambini di Anterivo hanno presentato un opuscolo sui miti e le saghe della zona. Al vitto ha provveduto la popolazione di Anterivo che ha allestito piatti tipici come ad esempio il Masalanen (polenta di grano saraceno e mais), carne di lepre, Strauben (una caratteristica pastella fritta), formaggio al caffè e Tufl (patate con speck). Un’occasione davvero unica per gustare la qualità regionale ed un esempio di quanto ricco e sfaccettato può essere un paese. m

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Parco Naturale Dolomiti di Sesto nei Comuni di Dobbiaco, Sesto e San Candido

Rifugi nel parco naturale

Testo | Markus Kantioler

Molte escursioni e scalate sarebbero impossibili o realizzabili solo a prezzo di grandi fatiche se non ci fossero i rifugi alpini; questi, oltre a svolgere una fondamentale funzione di ricovero in montagna, rappresentano oggi anche piacevoli mete per gite giornaliere. Nel Parco Naturale Dolomiti di Sesto vi sono tre rifugi, inseriti in uno scenario caratterizzato da pinnacoli e spigoli rocciosi e reso più affascinante dal mito di grandi scalatori come Emilio Comici, Angelo Dibona, Dietrich Hasse, Paul Grohmann, Paul Preuß e molti altri ancora.

Wilfried Blaas

Rifugio Tre Cime, 2405 m Il Rifugio Tre Cime è quello più frequentato nel parco ed è anche il più noto in ambito alpino – ciò, grazie anche ai molti sentieri, di varia difficoltà, con i quali lo si può raggiungere. Dal Rifugio Auronzo, sul lato bellunese, lo si può raggiungere in circa un’ora e mezza. Pa-

esaggisticamente più interessanti, ma anche più impegnativi, sono i sentieri che salgono dal lato di Dobbiaco attraverso la Valle della Rienza, da San Candido attraverso la Valle Campo di Dentro o da Sesto Pusteria attraverso la Val Sassovecchio. In questi casi l’ascensione comporta da tre a cinque ore di cammino. Il rifugio è anche uno dei punti di appoggio lungo l’Alta via delle Dolomiti n. 4 e la Via Alpina. La vista sul lato nord delle Tre Cime è famosa in tutto il mondo. Periodo di apertura: da fine giugno a fine settembre; 40 letti e 100 posti nel dormitorio Proprietà: CAI Padova Gestore: Hugo Reider, tel. 0474 972002 Rifugio Zsigmondy-Comici, 2225 m All’estremità superiore della Val Fiscalina Alta, sul lato nord di Cima Dodici, è situato il Rifugio Zsigmondy-Comici. La salita classica, della durata di circa due ore e mezza, parte da Sesto Pusteria e prosegue lungo la Val Fiscalina. Il rifugio è punto di partenza per ascensioni e scalate nella zona del Gruppo di Cima Undici e della Croda Rossa, del Monte Popera, di Cima Dodici e del Gruppo di Cima Una. Inoltre il rifugio rappresenta un punto di appoggio lungo l’Alta via delle Dolomiti n. 5. Attraverso il Passo Giralba si raggiunge in circa un’ora il Rifugio Carducci.

Huber t Rogger

Markus Kantioler

I tre Rifugi del ­Parco Naturale ­Dolomiti di Sesto: in alto a destra il Rifugio­ Tre Cime, sotto il Rifugio Pian di Cengia e a fianco a sinistra il Rifugio Zsig­ mondy-Comici.

Periodo di apertura: da metà giugno a fine di settembre; 41 letti e 45 posti in dormitorio Proprietà: Provincia autonoma di Bolzano, concessione in gestione fino 2010 al CAI di Padova Gestore: Klaus Happacher, tel. 0474 710358 Rifugio Pian di Cengia, 2528 m Il rifugio si trova al confine con la Provincia di Belluno, è quello a quota più alta in tutto il parco ed è raggiungibile dal Rifugio Auronzo in due ore abbondanti di cammino e da Sesto Pusteria, passando dal Rifugio Zsigmondy in circa tre ore e mezza. Non meno bella, ma più impegnativa è la salita da sud, con partenza dal parcheggio Val Marzon, lungo la Val de Cengia, che comporta circa quattro ore di cammino. Inoltre il Rifugio Pian di Cengia si trova a metà del cosiddetto «giro dei rifugi», una delle escursioni giornaliere più note nella zona delle Tre Cime. Molto praticata è l’escursione alla cima sopra il rifugio, la Croda Fiscalina, raggiungibile in circa un’ora di cammino. Periodo di apertura: da metà giugno a inizio ottobre; 13 posti in dormitorio Proprietà: privata Gestore: Hubert Rogger, tel. 337 451517 m

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Parco Naturale Vedrette di Ries-Aurina

Un ospite dall’estremo nord

Testo | Josef Hackhofer

Già lo scrittore e naturalista svedese Bengt Berg verso l’inizio degli anni 1950 riferiva in un suo libro della tranquillità fiduciosa di questo uccello, testimoniata da una foto in cui lo scienziato è ritratto con un piviere tortolino quietamente posato sulla sua mano. Ci muoviamo in modo molto calmo e continuiamo ad osservare, consci di assistere a qualcosa di davvero particolare. Dalla livrea capiamo che si tratta di un giovane. Viene verso di noi, si ferma, con un occhio guarda obliquamente verso il cielo che si sta schiarendo; nessun pericolo in vista, un paio di passi veloci verso sinistra, ancora una beccatina ad una cavalletta, ancora due passi rapidi nell’altra direzione. Dal comportamento si nota la sua parentela con i limicoli (gruppo di uccelli acquatici), ma vive molto distante dalle coste marine o dalle rive lacustri ed è un uccello del tutto particolare.

Un tipo fiducioso Improvvisamente, senza alcun rumore emerge dalla nebbia un uccello della grandezza di un merlo, di colore marroncino, quasi invisibile. Saltella qua e là proprio davanti a noi, beccando piccole cavallette, come se noi non ci fossimo: evidentemente, nei luoghi dove vive normalmente ci sono pochissimi uomini e non ha ancora imparato a riconoscerli come suoi potenziali nemici.

Femmine che corteggiano, maschi che covano Solo in pochissime specie di uccelli, infatti, i ruoli nella biologia riproduttiva sono invertiti come nel caso del piviere tortolino, dove la femmina, più emancipata e colorata del maschio, depone solamente le uova, lasciando la cova e l’allevamento della prole invece quasi solamente al maschio. La femmina si limita per lo più ad un contatto libero, mentre, proprio come i maschi di altre specie, svolge funzioni di protezione contro i potenziali nemici. Anche nel corteggiamento la femmina assume il ruolo attivo e si dà da fare per cercare di conquistare anche più di un maschio alla volta. Dopodiché, talora già durante il periodo di cova, le femmine si riuniscono in gruppi e iniziano la migrazione verso i quartieri invernali già alla fine di luglio. I maschi e i giovani le seguono un po’ più tardi. Per lo più la migrazione passa quasi inosservata.

Josef Hackhofer

È ancora buio quando incominciamo a risalire il versante boscoso. Solo pochi rumori rompono il silenzio. Di notte ha piovuto e ora siamo avvolti da fitte nubi. Nulla fa presagire una giornata fortunata nella nostra ricerca di una specie piuttosto rara, il piviere tortolino. I suoi habitat tipici sono dossi e altopiani di alta quota, con vegetazione rada e abbondanza di licheni, che ricordano la tundra. Ora, alla fine di agosto, questa specie compie la sua migrazione dai luoghi di nidificazione in Scandinavia e in Siberia verso le dimore invernali del Nordafrica. Quasi ogni anno, per pochi giorni o settimane è dunque possibile trovarlo anche sulle Alpi. Occasionalmente alcune coppie nidificano nelle Alpi orientali e nell’Appennino. Finora solo una volta, nel 1978, il piviere tortolino è stato visto nidificare anche in Alto Adige, e precisamente dall’ornitologo meranese Oskar Niederfriniger, nel Parco Naturale Vedrette di Ries-Aurina.

Per noi l’osservazione del piviere tortolino ha rappresentato uno dei momenti più emozionanti dell’anno, non solo per la sua rarità, ma anche perché abbiamo potuto partecipare ad uno dei fenomeni naturali più affascinanti del nostro pianeta, la migrazione degli uccelli. m

Josef Hackhofer

Renato Sascor

Il piviere tortolino: a sinistra un adulto in abito nuziale, nei suoi ambienti di riproduzione nella tundra finlandese e a destra un giovane che, lungo la rotta per il sud, ha scelto un alpeggio altoatesino come luogo di sosta.

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Renato Sascor

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I parcs naturai tla Ladinia Test | Gottfried Nagler

La Ladinia, che tol ite na picera pert de Südtirol, po mostrè sö bëgn dui parcs naturai – le Parch Natural Fanes-Senes-Braies y le Parch Natural Pöz-Odles – y düc´ i comuns ladins à raiuns plö o manco gragn laìte. Le Comun de Mareo à cun 10.950 etars la maiù pert y S. Cristina la mëndra cun 380 etars, deperpo che le Comun de Badia vëgn arziché da trami dui i parcs. Indöt él tla Ladinia plö de 22.000 etars sconà sciöche parch natural, 18.500 de chisc é tla Val Badia. La presënza söl post A Al Plan de Mareo éle na sënta periferica dl Ofize Parcs naturai y la C´iasa dl Parch Natural Fanes-SenesBraies. Gottfried Nagler de Badia y Katherina Kastlunger da San C´ia­scian s’ocupëia de chëstes strotöres. Ai dëida tla gestiun y l’aministraziun di parcs y informëia i tröc vijitadus dla c´iasa dl parch natural. D’isté él cater verdaparch sajonai y deplö acompagnadus che fej so sorvisc tles valades ladines. L’Ofize Parcs naturai colaborëia gonot inc´e cun d’atri ofizi dla provinzia, cun i comuns y les associaziuns turistiches. Deplö istituziuns y associaziuns locales é raprejentades ti comitês de gestiun di parcs y tol insciö pert, al svilup di raiuns de sconanza. Dër importanta é la colaboraziun cun la verda forestala, che realisëia i laûrs de manutenziun dles sëmenes da jì a pé y fej le sorvisc de control. Katherina Kast­ lunger y Gottfried Nagler, i interlocuturs söl post por la c´iasa dl Parch Natural a Al Plan y i parcs naturai ladins.

romenè sö ti raiuns ladins di parcs, önesc lauranc´ se crüzia de chësc. Dlungia la manutenziun ordinara val inc´e debojëgn de intervënc´ straordinars, en chësc isté por ejëmpl sön Jù de Frara, tla Munt de Senes y sön Resciesa. Parcs naturai y lingaz ladin La popolaziun locala é n interlocutur indispensabl por l’Ofize Parcs naturai, deache: Degun suzess tla gestiun di raiuns de sconanza zënza l’azetanza y la colaboraziun dla jënt diretamënter interesciada! Porchël él inc´e le lingaz y la cultura ladina importanc´ por trami i parcs. L’informaziun tla c´iasa dl parch, mo inc´e sön le Tru di lersc, le sföi por mituns Daksy dè fora da püch y les plates internet di parcs Fanes-­SenesBraies y Pöz-Odles é da c´iafè por ladin. Inc´e nosta plata ladina é n stromënt scëmpl mo dassënn orü, de comunicaziun por tems ladins. Che al ne röies nia ite de gran fai, ciara nösc colaboradusc ladins Nagler­ y Kastlunger, te val caji inc´e l’Istitut Ladin Micurà de Rü y l’Ofize­Chestiuns liguistiches dla provinzia. m

Sëmenes & co. Ti parcs de Fanes-Senes-Braies y Pöz-Odles unse incër 600 km de sëmenes segnades. La manutenziun de chëstes à na importanza turistich-economica, culturala mo dandadöt inc´e ecologica. I escurscionisc´ po jì sön de beles sëmenes y i raiuns incëria ti pita pesc y sconanza a tiers y plantes. Por le 2007 él a desposiziun en budget de prësc 170.000 Euro por mantignì les sëmenes y 15

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Paludi e torbiere, ultimi residui di antichi paesaggi Testo | Maria Luise Kiem

Orribile è passare per la palude, quando è invasa dalla nebbia. Come fantasmi si spandono i vapori, e i viticci si avvinghiano ai cespugli. Sotto ogni passo salta una polla d’acqua, quando dalla fenditura sibila e canta. Orribile è passare per la palude, quando il canneto crepita nella nebbia!

Dove c’è acqua in esubero, ­possono formarsi torbiere Una torbiera si forma allorché in superfici d’acqua poco profonde le piante producono più sostanza organica – muschi e parti vegetali morte – di quanta non né venga degradata. La presenza d’acqua determina una carenza di ossigeno che impedisce la decomposizione di questo materiale organico. Ed ecco che si forma la torba. Le torbiere hanno una gran capacità di accumulo idrico. In caso di forti precipitazioni sono in grado di assorbire in poco tempo elevate quantità d’acqua, accumulandola negli strati torbosi, per poi rilasciar-

Cresciute nel corso dei millenni Le torbiere crescono in altezza, lo strato di torba diventa sempre più spesso, ma questa crescita avviene in modo molto lento: in un anno si forma uno strato di torba di un millimetro, per fare uno spessore di un metro ci vogliono dunque mille anni. La formazione delle torbiere risale ad almeno diecimila anni fa, dunque alla fine dell’ultima era glaciale. In questo lasso di tempo alcune torbiere hanno raggiunto uno spessore di torba fino a dieci metri. Tutto ciò che negli ultimi millenni è finito nelle torbiere – ad es. pollini – è stato conservato pressoché inalterato. Sulla base dei diversi tipi e quantitativi di pollini gli scienziati sono in grado di ricostruire clima e vegetazione succedutisi dall’ultima era glaciale ad oggi. Una volta che una torbiera è stata danneggiata, non può più essere ripristinata e si perdono un habitat unico e una «banca dati» preziosissima. Cosa sono le torbiere basse e alte? Le torbiere basse sono alimentate da acque di falda: spesso si formano a seguito dell’interramento di laghi. La loro vegetazione è costituita prevalentemente da diverse specie di carici. Con la crescita progressiva della torbiera, le piante vengono isolate dall’acqua di falda e alimentate solo dall’acqua piovana. In zone con elevate precipitazioni si possono sviluppare in questo modo le torbiere alte. Non avendo alcun collegamento con l’acqua di falda, sono povere di sostanze nutritive. Il muschio di

Markus Kantioler

Per lungo tempo rifuggite dagli uomini, negli ultimi cento anni molte paludi e torbiere, formatesi nel corso di migliaia di anni, sono state boni­ficate e sottoposte ad utilizzo agricolo. In alcuni casi vi è stata estratta anche la torba. Eppure questi ambienti umidi continuano ad affascinarci, essendo un mondo del tutto particolare. Le condizioni di vita sono estreme: si tratta di luoghi bagnati, freddi, acidi, poveri di sostanze nutritive, ove possono sopravvivere solo specie vegetali e animali specializzate. Gli ultimi esempi in Alto Adige di questi delicati ecosistemi sono tutelati come biotopi.

la lentamente attraverso le sorgenti circostanti.

Josef Hackhofer

Nella ballata «Il ragazzo nella palude» la poetessa Annette von DrosteHülshoff (1797 – 1848) descrive l’atmosfera del paesaggio della palude. Un giovane, che per recarsi a scuola deve attraversare una palude, interpreta i fenomeni naturali che vi si svolgono, come gli effetti della presenza di spiriti.

Maria Luise Kiem

(liberamente tradotto dall’originale)

La Torbiera di ­Malga Pezzole nel Parco Naturale Monte Corno (sopra).­

Una torbiera con evidenti danni da calpestio (in mezzo).­

Nelle torbiere alte si rinviene la drosera, una pianta carnivora. Con i peli appiccicosi, la pianta cattura insetti­ digeriti poi sulla superficie ­fogliare (sotto).

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torbiera ha, oltre alle cellule con cloroplasti, cellule grandi capaci di immagazzinare acqua. Le torbiere alte crescono al centro più che ai bordi. Si formano così dei cuscinetti o zolle più elevate di sfagni accanto ad avvallamenti pieni d’acqua. Il Biotopo Torbiera di Rasun Il Biotopo Torbiera di Rasun è quanto resta di una vasta area paludosa che un tempo si estendeva sulla valle di Anterselva e che si era formata a seguito dell’interramento di un antico lago. Nel corso del tempo l’uomo ha bonificato grandi zone paludose della valle trasformandole in aree agricole; il letto del fiume è stato abbassato, facendo così scendere il livello della falda. Nel 1975 l’area paludosa residua è stata tutelata dalla Provincia autonoma di Bolzano come

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Da Casere alla Malga dei Tauri

biotopo. Gli stagni che ora vi si trovano sono stati creati dall’Ufficio provinciale per l’ecologia del paesaggio in modo da rifornire nuovamente di acqua la torbiera. Le zone meridionali del biotopo sono caratterizzate da una tipica vegetazione di torbiera alta. Qui crescono diverse specie di muschi e sfagni, brugo, mirtillo rosso, mirtillo nero, mirtillo blu, mortellina di lago, andromeda e drosera. Sulle zolle in rilievo all’interno della palude si possono trovare stentati pini silvestri che rendono evidente il passaggio dalla palude alta al bosco palustre. Nelle zone con vegetazione tipica da palude bassa dominano diverse specie di carici, canna palustre e trifoglio fibrino. Il sentiero passa anche attraverso un bosco igrofilo di ontani bianchi. m

Testo | Josef Hackhofer Alla fine della Valle Aurina, adagiato tra il crinale principale delle Alpi a nord ed i tremila metri del Gruppo Venezia a sud-est, c’è il borgo più settentrionale dell’Alto Adige, quello di Casere in Comune di Predoi. Da Brunico lo si raggiunge in pullman o in automobile in circa un’ora di viaggio. Si parcheggia immediatamente dietro il centro del villaggio in un parcheggio pubblico a pagamento. Qui c’è anche il punto d’informazione dell’Ufficio provinciale parchi naturali, inaugurato nel 2006, con la sua interessante mostra permanente (vedi Parks 2-2006).

Josef Hackhofer

La transizione da torbiera alta a bosco paludoso nel Biotopo Torbiera di Rasun

Josef Hackhofer

Josef Hackhofer

Gli sfagni possono contenere fino al 90 % di acqua. I cuscini di sfagni sono morti nel loro strato inferiore. Qui in condizioni di anossia si forma nuova torba.

Un’occasione unica per liberarsi dai peccati Dal parcheggio si attraversa la strada per raggiungere uno dei sentieri più antichi e conosciuti di tutto l’Alto Adige, la via dei Tauri (n. 13). Tra i muretti a secco che fiancheggiano i prati si percorre il sentiero, in parte lastricato, fino a raggiungere il famoso luogo di pellegrinaggio del Santo Spirito, la chiesa sicuramente più antica della Valle Aurina, consacrata nel 1455 dal Principe Vescovo Nicolò Cusano. Presso il cosiddetto «Schlief­ stein» secondo un’antica credenza si possono cancellare i propri peccati. Il sentiero prosegue passando davanti all’insediamento alpestre Prastmann con il Biotopo Fonte alla Roccia sulla nostra sinistra, dove inizia anche il Parco Naturale Vedrette di Ries-Aurina. Qui la strada si biforca e noi proseguiamo a sinistra abbandonando la 17

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via dei Tauri. Saliamo per 300 metri di quota, prima su una strada sterrata e poi su uno stretto sentiero, passando a sinistra della parete rocciosa (segnavia) sopra le Malghe Fonte alla Roccia, fino a raggiungere la Malga Schüttal. Subito a destra della Forcella del Picco si staglia la bianca cima del Picco dei Tre Signori, che con i suoi 3499 metri di quota è la cima più alta di tutto il parco naturale. A sud, oltre le La­ besau-Almen, si apre la vista su una delle più imponenti valli di alta quota del parco naturale, la Valle del Vento.

Josef Hackhofer

Ospitalità tradizionale davanti ad uno straordinario scenario alpino Dalla Malga Schüttal percorriamo l’antico sentiero (n. 15B) che in leggero saliscendi prosegue in direzione nord-est. A sud ci appare ora la cima del Pizzo Rosso, alto 3495

m, e poco dopo raggiungiamo la nostra meta, la Malga dei Tauri. Qui, fino a metà-fine ottobre ci si può rifocillare a base di speck, «formaggio grigio» (Graukäse) o gustosi canederli. Lungo la storica via dei Tauri (n. 14) si ritorna verso valle e seguendo il corso dell’Aurino al punto di partenza. Tempo di percorrenza: 3–3½ ore Attenzione: con pioggia o freddo il sentiero piuttosto ripido che porta a Malga Schüttal può essere molto scivoloso. In questi casi consigliamo di salire lungo il sentiero dei Tauri. m

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Garantire continuità Intervista | Ulrike Lanthaler

A fine giugno la Commissione europea ha approvato il Piano di sviluppo rurale (PSR) per gli anni 2007– 2013 della Provincia di Bolzano. Esso prevede una serie di misure con le quali si dovrebbe garantire uno sviluppo equilibrato e competitivo delle risorse territoriali. La Ripartizione provinciale all’agricoltura ha elaborato il piano in collaborazione con le Ripartizioni foreste nonché natura e paesaggio e né coor­dina l’applicazione. Parks ha intervistato pertanto l’Assessore all’agricoltura Hans Berger su questa tematica.

Partendo da questi spunti tramite il programma LEADER possono essere avviate diverse strategie per lo sviluppo locale. Quali risorse sono rese disponibili con il nuovo PSR e come queste vengono ripartite? Per il periodo 2007– 2013 vi sono complessivamente a disposizione 312.670.455 € di fondi pubblici, di cui 137.575.000 € messi a disposi­ zione dalla UE. I fondi sono sud­ divisi secondo le seguenti percentuali, 24,8 % per l’Asse 1 – Incremento della capacità competitiva, 62 % per l’Asse 2 – Conservazione delle ri­sorse naturali, 13,2 % per l’Asse 3 – Incentivi per la diver­ sificazione e la qualità della vita. L’Asse 4 – ­LEADER viene finanziato con un 5 % dei fondi recuperato dagli Assi 1 e 3.

: Assessore Berger, è soddisfatto del nuovo Piano di sviluppo rurale per il periodo 2007 – 2013? Hans Berger: Una valutazione precisa la si potrà avere solo nel 2013. Attualmente posso dire che sono molto soddisfatto del fatto che si sia riusciti a garantire una certa continuità e a garantire anche per i prossimi anni l’applicazione di misure che fino ad ora hanno mostrato i loro risultati. Sono anche molto soddisfatto del lavoro svolto dagli uffici incaricati e dai singoli collaboratori. È grazie al loro impegno che si è riusciti a fare sì che tra le diverse regioni italiane il nostro sia il primo piano approvato.

Quali sono i punti di forza del nuovo PSR? I punti salienti sono l’accrescimento della capacità competitiva, la conservazione delle risorse naturali così come l’incentivazione della qualità e della diversificazione.

Tutte le immagini: Prov. aut. Bolzano, Ripar tizione agricoltura

Vi sono sostanziali differenze rispetto al precedente PSR 2000–2006? Come detto si è data notevole importanza nel nuovo piano al proseguimento di alcune delle misure già precedentemente attuate. In questo senso i due piani sono relativamente simili. In ogni caso nel nuovo PSR si è dato maggior peso a misure d’aggiornamento, collaborazione e comunicazione, che ad investimenti infrastrutturali. Volendo usare un altro linguaggio si è investito maggiormente sul software che sull’hardware.

Per molta gente la UE è sinonimo di eccesso di burocrazia e regolamentazioni. Che mole di lavoro burocratico devono aspettarsi i contadini? Anche la mia visione della UE non si discosta molto da quella comune. Il nuovo PSR è stato estremamente complesso nella sua programmazione. Il nostro obiettivo primario è comunque sempre stato quello di ridurre al minimo il carico burocratico per il singolo cittadino e penso che ci siamo riusciti. Estremamente gravosa è, per i più, la cosiddetta „Cross Compliance», i cui molteplici obblighi sono però un prerequisito vincolante per la UE, anche ai sensi di una gestione conservativa del territorio. Che importanza ha per Lei la misura con cui vengono finanziati particolari progetti di tutela ambientale? Penso che queste misure costituiscano parte importante del programma, cosa dimostrata anche dalle risorse economiche messe a disposizione. Grazie per l’intervista.

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A proposito di altri animali «domestici» Testo | Oskar Niederfriniger

Di creare tante noie, difficilmente un animale ha le capacità, quanto la nostra amata mosca domestica. Che il bimbo già nella culla infastidisce, o che del vecchio la pelata lentamente esplora; e dove mai ci dovrebbe stare, ecco che di sicuro la troviamo, punto per punto: la cacca della mosca. (Eugen Roth) (liberamente tradotto dall’originale) Così tutti noi – anche i lettori saranno sicuramente della mia stessa opinione – faremmo volentieri a meno delle mosche, ma non certo delle rondini che fanno il nido sotto il tetto di casa nostra. Ed è chiaro che la rinuncia alle mosche riguarda solo noi esseri umani, perché i rondinini da parte loro non aspettano altro che arrivi ogni paio di minuti la loro razione di insetti di cui nutrirsi. Da specie selvatica a sinantropica Le mosche domestiche e le rondini sono tra le specie animali che da più tempo si sono adattate alla convivenza con l’uomo. Questi animali sono detti anche sinantropici, in quanto traggono vantaggio delle condizioni ambientali artificialmente create dall’uomo e quindi lo seguono nel suo paesaggio culturale (insediamenti, abitazioni). Anche il merlo, originariamente un uccello boschivo timido e raro, da circa 200 anni è diventato

Hugo Wassermann

Da millenni l’uomo costruisce case con i più svariati materiali, canne, paglia, argilla, pietra, rami secchi, legno, pelli di animali, persino in ghiaccio, ultimamente in ferro, calcestruzzo e vetro, per meglio difendersi dagli animali «selvatici», ripararsi dalla pioggia, dal freddo, dal vento e per avere tutti i suoi beni sotto controllo. Senza rendersene conto e per lo più involontariamente l’uomo ha così creato nuovi habitat per diverse specie animali. E molti di loro hanno accolto con gratitudine quest’offerta, anche se non sempre per la gioia dei proprietari della casa.

una presenza abituale nei giardini di paesi e città. Altre specie sinantropiche sono il piccione torraiolo, da cui deriva il colombo domestico o di città, il topo delle case e il ratto delle chiaviche, la passera domestica e mattugia. Rondini: le costruzioni come ambiente naturale Tra le diverse specie di rondini vi sono la rondine comune, il balestruccio e la rondine montana. Tutte e tre si sono evolute nel corso dei secoli/millenni come specie sinantropiche, ma con uno sviluppo molto differente nei tempi e nei modi. La rondine comune è quella che più di tutte e più da lungo si è «addomesticata». Originariamente sembra che nidificasse in cavità tra le rocce, cosa che ormai non si verifica più; anche gli unici siti storici relativi all’Europa dell’est non sono stati più confermati. Ma la loro abitudine a fare il nido all’interno di cavità l’hanno in parte mantenuta. Dalle grotte naturali sono passate a quelle artificiali e ora nidificano sotto cornicioni, portici, nelle stalle, nei granai, sotto le volte dei portoni, ecc. Il balestruccio invece costruisce il suo nido in ambienti naturali sotto sporgenze rocciose, in piccoli buchi o fessure nelle rocce, spesso in gruppi di nidi che possono raggiun-

gere la dozzina sulla stessa parete rocciosa. Questo comportamento è stato mantenuto nei paesi dell’Europa meridionale, soprattutto nell’area mediterranea, mentre altrove è conosciuto come animale sinantropico, che nidifica su «rocce artificiali», sotto le sporgenze dei tetti, sotto balconi o cornicioni, sotto ponti o viadotti. L’attitudine alla nidificazione in gruppo è stata mantenuta, ma dato il forte calo della popolazione di questi uccelli è difficile osservarla. Ricordo ancora che quando ero bambino rimasi impressionato da una colonia di 40–50 nidi sotto un unico tetto di una casetta alla periferia di Merano. La rondine montana è l’ultima arrivata: ancora circa 50 anni fa i nidi di questo uccello in ambienti artificiali erano un’assoluta rarità. Essa, però, soprattutto negli ultimi 20 anni, ha cambiato radicalmente i suoi comportamenti e per nidificare utilizza sempre più le sporgenze di tetti o di murature, nonché le numerose gallerie o i viadotti stradali. Così questa rondine, assieme alla rondine comune e al balestruccio, nidifica abitualmente in molti paesi dell’Alto Adige, anche se non si è ancora del tutto abituata alla presenza dell’uomo, come dimostra la sua aggressività che si manifesta in forma di finti attacchi verso chi si avvicina al nido.

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A destra: Il restauro del duomo di Bressanone è stato organizzato in maniera tale da non obbligare i pipistrelli a cercare un ricovero alternativo durante la conduzione dei lavori.

Archivio: Ass. Turistica Bressanone

Oskar Niederfriniger

Foto pagina 20: Balestruccio

Oltre alle rondini vi è una serie di uccelli che, più o meno regolarmente, nidificano in edifici: il rondone comune e il rondone maggiore, il codirosso comune e spazzacamino, la passera, la ballerina bianca, il barbagianni (assente in Alto Adige), talvolta anche l’una o l’altra specie di cincia, il merlo, il pigliamosche, lo storno ed il gheppio, eccezionalmente perfino l’upupa. «Casabella» anche per rondini & Co.? Per le rondini la costruzione del nido è resa difficoltosa dalla scarsità di materiali idonei e dalla levigatezza delle superfici intonacate. I piccoli grumi di argilla contengono per lo più troppa sabbia cosicché non si legano bene ed il nido si continua a staccare dalla parete liscia non appena incominciato. La presenza in giardino di una pozza d’argilla bagnata è sicuramente d’aiuto in questi casi, ma anche un chiodo ben conficcato nella parete o meglio ancora un listello di legno rappresentano punti di appoggio preziosi per il nido. Il principale problema che la gente ha oggigiorno con le rondini, è quello degli escrementi che i piccoli fanno cadere attorno al nido e che sporcano il suolo sottostante. A questo problema si può ovviare con un’asse sulla parete ad almeno un metro sotto il nido, oppure più semplicemente stendendo dei fogli di carta sotto il nido durante il periodo della cova. Le altre specie di uccelli sopra citate costruiscono volentieri il nido sulle travi del tetto, tra le tegole, in buchi nel muro, dietro le imposte delle finestre. Nei buchi dei muri delle case e nelle fessure dei muri a secco accanto ad esse si trovano a loro agio non solo cinciallegre, ma anche lucertole, insetti e ragni. Può quindi accadere che l’uno o l’altro di questi animali voli o si arrampichi fin dentro casa, ma non c’è motivo di cadere nel panico: in genere gli animali fuggono volentieri di nuovo all’aperto.

Pipistrelli: inquilini discreti Anche i pipistrelli nell’Europa centro-settentrionale sono animali spiccatamente sinantropici che vivono negli edifici. Delle oltre 20 specie di pipistrelli accertate in Alto Adige la maggior parte riposa e si riproduce in strette crepe e fessure nella muratura e nel legno, dietro rivestimenti di pareti, tra le tegole, le assi e le grondaie del tetto, nelle soffitte, dietro le lamiere di rivestimento sul davanzale della finestra, intorno ai camini, sulle terrazze e sui bordi del tetto, ecc. Nelle città ad esempio i cassonetti degli avvolgibili sono spesso utilizzati da questi animali come dimora estiva. Qualche specie poco comune, che utilizza come dimora spazi più grandi, non disturbati, nei sottotetti, soffre in tutta Europa di un’enorme carenza di abitazioni. In Alto Adige le chiese con le loro spaziose soffitte sono la dimora ideale per pipistrelli dei generi Myotis, Rhinolophus, Plecotus e altre specie ancora. Le strutture in legno delle soffitte e delle torri non offrono soltanto molti posti comodi a cui appendersi, ma, con i loro numerosi angoli, nicchie, intercapedini, ecc., anche situazioni microclimatiche diverse tra cui i pipistrelli possono scegliere quella con la temperatura e l’umidità più favorevoli.

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La soffitta: un articolo sempre più raro Molte specie di pipistrelli sono quasi in tutta Europa minacciati a causa degli interventi di ristrutturazione, di risanamento delle soffitte, di chiusura delle relative finestre, che hanno spesso sottratto loro la possibilità di dimorarvi. Già solo il cambiamento delle condizioni microclimatiche può determinarne l’abbandono da parte dei pipistrelli. D’altra parte le esperienze degli ultimi anni hanno dimostrato che, se eseguiti in modo adeguato e sotto la guida di un esperto, anche gli interventi di ristrutturazione e risanamento non necessariamente comportano dei danni ai pipistrelli.

zione in cui stare appesi all’interno della vasta soffitta. In questo periodo alcuni di loro hanno sicuramente cercato un rifugio di emergenza anche presso le case vicine, ma in ogni caso, alla fine dei lavori, si sono potuti contare circa 800 pipistrelli, ossia la popolazione originaria che vive lì già da decenni! Gli interventi di ristrutturazione o restauro dei luoghi di dimora dei pipistrelli andrebbero effettuati assolutamente al di fuori del periodo della riproduzione, quindi non nei mesi di maggio, giugno e luglio. Sarebbe altresì estremamente opportuno consultare degli esperti di pipistrelli per tutte le fasi di progettazione e di esecuzione dei lavori.

piccioni crea però spesso un ostacolo insormontabile anche per i pipistrelli. A tale riguardo sarebbe possibile posizionare le reti, le sbarre o le veneziane di protezione in modo tale da mantenere una possibilità di passaggio per i pipistrelli. Questi animali non causano alcun danno né alle travi o alle assi di legno, né ai muri, ai pavimenti, alle campane o altro. Gli escrementi depositati sul pavimento sono secchi e relativamente facili da rimuovere; essi possono inoltre essere utilizzati come ottimo concime. Alcuni collaboratori del Museo di scienze naturali di Bolzano, ad esempio, hanno raccolto negli ultimi anni gli escrementi depositatisi nelle soffitte di diverse chiese nel corso di anni/decenni, cedendoli poi agli interessati. In commercio vi sono delle cassette (simili a quelle per uccelli) concepite appositamente per i pipistrelli; ma data la loro sensibilità alle condizioni microclimatiche, spesso ci vuole molto tempo primo che essi si insedino in questi nidi artificiali. I pipistrelli raggiungono un’età abbastanza elevata e preferiscono scegliersi la loro dimora per tutta la vita.

Oskar Niederfriniger

Per lungo tempo, prima che l’uomo costruisse una casa e il topolino incominciasse a prendervi confidenza, lui se ne andava in giro per i campi aperti. Ora da molto tempo vive dappertutto; dove l’uomo va, l’animale lo segue come un passeggero clandestino. (Eugen Roth) (liberamente tradotto dall’originale)

Risanare a misura di pipistrello Pochi anni fa è stato rifatto il tetto e la relativa copertura di tegole del duomo di Bressanone sotto il quale c’era una colonia di vespertilli maggiori (Myotis myotis). I lattonieri e i carpentieri hanno lavorato in fasi diverse in modo da lasciare sempre ai pipistrelli – tenuto conto che i lavori si sono svolti anche durante il periodo della riproduzione – un luogo scuro e tranquillo a disposi-

Spesso si tratta solo di piccolezze, che per lo svolgimento dei lavori non hanno alcun’importanza, ma che possono avere invece effetti decisivi per gli animali. Ad esempio la semplice chiusura o apertura di una sola finestra della soffitta può influire in modo decisivo sulla possibilità di accesso e di uscita e/o sul microclima dell’ambiente. L’applicazione di reti sulle aperture nel tetto per impedire l’ingresso ai

Senza volerlo, l’uomo con i suoi edifici, magazzini, rocce artificiali, cavità e grotte ha attirato molti animali. Taluni di loro ne hanno tratto un vantaggio, altri sono stati duramente messi alla prova dai rapidi cambiamenti avvenuti nell’edilizia, nell’agricoltura e nelle abitudini di vita dell’uomo. Ma la capacità di adattamento degli animali, che li ha portati a suo tempo a diventare delle specie sinantropiche, potrà forse aiutarli ad assuefarsi anche alle mutate condizioni di vita. m

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Le Alpi dalla prospettiva degli uccelli Testo | Margareth Pallhuber

Parco Nazionale Svizzero

L’idea è affascinante: seduti davanti ad un grande schermo con la cloche in mano, sorvoliamo le Alpi, il gruppo montuoso più alto d’Europa, dalla Francia alla Slovenia e dalla Germania all’Italia. L’altezza di volo la decidiamo noi e ovunque ci sia qualcosa di interessante da scoprire, come i parchi naturali e nazionali, ci lanciamo come un’aquila verso il basso per immergerci in queste aree protette. Da quest’anno nel centro visite del parco naturale di Dobbiaco gli appassionati possono sperimentare questo volo virtuale. Con questa nuova offerta si persegue un importante obiettivo, quello di permettere, attraverso il gioco, o meglio il volo, di ampliare il proprio orizzonte e conoscere più da vicino le Alpi. Una cosa è sicura: il modello di volo virtuale porta moltissimi giovani a scoprire un mondo straordinario, dalla prospettiva degli uccelli!

Grazie al modello di volo virtuale, nel Centro visite di Dobbiaco è possibile sorvolare il Collalto o i Laghi di Sopranes.

Il volo Il principio è semplice: con la cloche il „pilota» decide la rotta e l’altezza del volo, mentre sullo schermo vede scorrere lo scenario così come gli apparirebbe nella realtà. Se ci si viene a trovare sopra una zona tutelata, come un parco naturale altoatesino o il Parco Nazionale francese Vanoise, il pilota può avvicinarsi fino alla distanza di 400 m dal terreno. Attraverso „bottoms» interattivi, con testi e immagini, talvolta anche brevi filmati, si può accedere a informazioni su natura, cultura, paesaggio, storia, escursioni, lingua e tradizioni delle varie zone. Il modello di volo virtuale da attualmente informazioni su undici parchi nazionali e naturali della Rete delle aree alpine protette, mettendo in evidenza i numerosi elementi comuni che, nonostante le differenze locali, esistono tra di esse. Tutto ciò viene presentato al pilota attraverso rotte prestabilite, selezionabili mediante touchscreen. Così è possibile ad esempio seguire la ricolonizzazione del territorio alpino da parte dello stambecco, specie quasi giunta all’estinzione, a partire dal Parco Nazionale Gran Paradiso in Piemonte/Aosta, verso l’inizio del

XX secolo. Un’altra rotta ci conduce su alcune eccezionali aree alpine protette, come sul famoso Großglockner nel Parco Nazionale Alti Tauri o sul Watzmann nel Parco Nazionale di Berchtesgaden. Per l’Alto Adige vi sono lo Sciliar o il Picco dei Tre Signori nell’Alta valle Aurina. Il progetto Il modello tridimensionale di volo sulle Alpi è stato realizzato grazie alla cooperazione di undici amministrazioni di aree protette di sei nazioni diverse, tra le quali anche l’Ufficio parchi naturali della provincia di Bolzano, nell’ambito del progetto Interreg III B „Alpencom», cofinanziato dall’Unione Europea e dallo Stato. La realizzazione è stata curata dal Parco Nazionale Svizzero. Il modello funziona nelle quattro lingue alpine, ossia francese, italiano, tedesco, sloveno, nonché in inglese. Esso può essere ampliato e integrato con nuove aree protette in qualsiasi momento. Dopo Dobbiaco il volo virtuale potrà essere sperimentato anche presso gli altri centri visite dei parchi naturali della provincia. m

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Vacanza alpina Gli impianti scaricano liftate mogli di milionari, gli osti seducono, le teste girano. Lasciateci svuotare pensieri e bicchieri. Sci e neve, ciaspole, eco di monti e pace nel bosco, malghe, palme, giochi d’acqua, snowboards, jodel, slitte e carrozze. Ritmi tecno, ecstasy, spazi relax, vitelli, muggiti, zanzare, wc da campeggio. Trallalero e trallalá! Ospitare interi pullmann, pensionati, cure, pensione completa, grappa e seduzioni. Si, veniamo già da anni! Suonatori a fiato, bretzeln, spose, solarium, pelli arrossate, farmacie, creme solari, tutela dell’ambiente ed inquinamento. Cartoline, pendii verdi, code e tumulti! Febbre da viaggi e canzoni d’addio. Il prossimo anno si tornerà di nuovo. Serdan Mutlu (tradotto liberamente dall’originale)

Editore: Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige, dipartimento all’urbanistica, ambiente ed energia • Stampa: Athesia druck GmbH, Bolzano, Via del Vigneto, 7 • Direttore responsabile: Jörg christian Rainer • Iscrizione: Tribunale di Bolzano n. 10 – 2003 d. d. 7/7/2003 • Spedizione in abonnamento postale, art. 2, comma 20/d, legge 662/96, filiale di Bolzano Ordinazioni (spedizione gratuita) nonchè cambiamenti di indirizzo per iscritto presso: Redazione »Parks – Parchi naturali in Alto Adige – natura cultura paesaggio«, Ufficio parchi naturali, Via Renon, 4, 39100 Bolzano, parchi. naturali.bolzano@provincia.bz.it Fotografie e testi possono essere ripreso solo citando la fonte • Tiratura: complessivamente 40.000 copie (31.000 tedesco, 9.000 italiano) • Anno 5, n. 2, settembre 2007

AUTONOME PROVINZ BOZEN – SÜDTIROL

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO – ALTO ADIGE

PROVINZIA AUTONOMA DE BULSAN – SÜDTIROL

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