formazione, globalizzazione e tic

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Isa Maria Sozzi – Pedagogia delle risorse umane

Formazione, globalizzazione e TIC Prendendo spunto dal capitolo sette ed, in parte, dall'ottavo del volume di P. Malavasi “Pedagogia e formazione delle risorse umane” ho raccolto alcune riflessioni personali e alcuni appunti scaturiti dall'approfondimento in rete delle tematiche trattate. Sono un'insegnante della scuola elementare da ormai molti, forse troppi, anni. Ho sempre cercato di approfondire ed accrescere le mie competenze didattiche e pedagogiche e, nell'ultimo decennio, mi sono dedicata in modo particolare alla multimedialità e all'elearning, anche in rapporto alla formazione specifica dei docenti (Fortic A, dm 61, dlgs 59, DOL, ad esempio). In una presentazione ho raccolto in modo molto sintetico e schematico i punti salienti dell'evoluzione delle forme di comunicazione, in rapporto all'evoluzione del pensiero, delle strutture sociali, della cultura e della didattica. Ho potuto così mettere in luce come ogni “nuova” forma di comunicazione, e non solo quelle più recenti dominate della tecnologie informatiche, abbia avuto delle conseguenze e dei parallelismi nella vita quotidiana di tutte le persone. (comunicazione e tecnologie.odp – versione in pdf ) Dal punto di vista del docente che opera quotidianamente in contatto con altri docenti e, soprattutto, con gli alunni ho schematicamente delineato i vantaggi e gli svantaggi che comporta l'uso delle TIC nella didattica, tenendo conto in modo particolare del versante docente, cioè della sua formazione. (ipertesti-ipermedia-didattica.pdf) La formazione tecnologica è oggi fondamentale nel percorso educativo di ogni persona. Non intendo parlare dell'acquisizione di competenze tecniche relative alla programmazione o all'uso di singoli software (tra l'altro oggetto di rapida obsolescenza), ma delle possibilità di apprendimento collaborativo e di condivisione delle conoscenze offerte dai nuovi strumenti in rete (wiki, lavagne condivise, podcast, elaboratori testi – fogli di calcolo – mappe ecc. condivisi) e delle problematiche ad essi collegate (riconoscimento proprietà intellettuale, overload informativo, valutazione delle fonti, ecc.). Lo sviluppo del cyberspazio prefigura oggi nuove sfide per la ricerca educativa su aspetti e dimensioni che acquisteranno verosimilmente un’importanza crescente nel prossimo futuro. La prima riguarda la questione dell’accesso alle risorse tecnologiche e informative e le nuove forme di marginalità, i nuovi gap culturali, cognitivi e sociali che essa produce. Inoltre l'uso quotidiano delle nuove tecnologie comporta delle modifiche nelle strutture cognitive e nelle modalità di apprendimento da considerare in ogni intervento formativo. La relazione tra mente e medium, nelle sue sfaccettature più problematiche e nelle sue potenzialità, si può rappresentare schematicamente con l'immagine seguente:


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La seconda discende dalle criticità generate dal cosiddetto "diluvio informazionale", al quale la digitalizzazione dell’informazione ha dato in questi anni un impulso notevole. Quali stili di pensiero e formae mentis andrebbero promosse per favorire un uso critico, creativo e consapevole dell’enorme quantità di informazioni disponibili nel web? La terza infine tocca uno degli scenari più promettenti che l’interconnessione globale dei computer ha reso possibile. Il cyberspazio si presenta infatti come "luogo" propizio allo sviluppo dell’"intelligenza collettiva", lasciando intravedere opportunità che andrebbero quanto prima intercettate. Come favorire la costruzione collaborativa di conoscenza? Quali competenze appaiono necessarie per apprendere e collaborare in rete? Oggi gli strumenti tecnologici citati in precedenza, ma non solo quelli, sono entrati nelle scuole e nelle università, spesso però costituiscono un'appendice di qualche dipartimento (o di qualche singolo docente) più all'avanguardia, non sono ancora la norma. Eppure al di fuori della scuola, nel panorama aziendale, sono strumenti utilizzati tutti i giorni per le normali attività, soprattutto a livello tecnico, di ricerca e progettazione, e a livello commerciale. I profondi mutamenti in atto all’interno delle organizzazioni produttive comportano la costante modificazione delle loro strutture, dei loro modi di operare e della natura del lavoro umano in esse impiegato. I livelli gerarchici diminuiscono, le architetture organizzative tendono ad assumere connotati reticolari, le modalità operative conferiscono ampi gradi di autonomia a gruppi di lavoro interdisciplinari e task force ad alta intensità di


Isa Maria Sozzi – Pedagogia delle risorse umane conoscenza. I lavoratori cooperano sempre più frequentemente in base a sistemi di impegni che si definiscono di volta in volta, in base ad esigenze mutanti nel tempo. Nell’iconografia organizzativa dei nostri giorni – per fare un esempio – gli strumenti di coordinamento sono sempre meno i manuali di procedure e sempre più frequentemente le riunioni, i forum telematici, le videoconferenze, lo scambio di posta elettronica tra individui che collaborano per il raggiungimento di obiettivi comuni. Le risorse umane sono dunque più che mai elemento focale delle nuove organizzazioni. Il lavoro delle persone diviene progressivamente più complesso e anche quello in passato ritenuto meramente esecutivo, oggi è basato sulla interazione con sistemi tecnologici e di norme che richiedono capacità crescenti di trattamento e applicazione di conoscenze. Ma se da una parte il fattore umano si può identificare come elemento competitivo per le imprese, dall’altra la possibilità degli individui di mantenere il proprio ruolo di protagonisti nella partecipazione al processo di produzione, dipende in buona misura dalle soluzioni che imprese e istituzioni formative decidono di adottare, in tema di investimenti formativi e di governo delle conoscenze. Il rapido succedersi dei cicli di innovazione tecnologica impone l’elaborazione di nuove strategie di formazione professionale, supportate da metodologie e strumenti innovativi, finalizzati all’addestramento delle persone e all’innovazione delle loro competenze. La velocità evolutiva delle nuove tecnologie e la conseguente urgenza di adattamento delle competenze professionali, si combinano con le opportunità di trasferimento di informazioni complesse offerte dalle tecnologie telematiche. L’esigenza di elaborare nuovi modelli formativi, dipende principalmente dal fatto che le conoscenze dei lavoratori invecchiano ormai più volte nell’ambito del loro ciclo di vita professionale. Nell’economia agricola (First Wave economy) la terra e la forza lavoro, umana ed animale, erano i principali “fattori di produzione” (Società Agricola). Nell’economia industriale (Second Wave economy), la terra resta un valore, ma il fattore di produzione è il lavoro della macchina (Società Industriale). Nell’economia dell’informazione (Third Wave economy) la risorsa centrale è la conoscenza applicabile (actionable knowledge), intesa come risorsa per la soluzione di problemi e per la decisione (Società dell’Informazione). Alvin Toffler, The Third Wave, 1980 È necessario dunque che la formazione diventi parte integrante dello scenario lavorativo. La formazione culturale di cui si ha bisogno, in tal senso, è quella che vincola strettamente l'acquisizione di contenuti culturali con l'imparare sulla conoscenza e, in particolare, sul proprio conoscere promuovendo lo sviluppo di qualità apprenditive fortemente contrassegnate sui versanti dell'autonomia e della criticità e, in particolare, su quello della responsabilità del conoscere e dell'agire. La dimensione autocostruttiva si fonda sul principio che il soggetto è l'artefice dei propri processi di costruzione dei saperi e che tale protagonismo si espleti grazie ai filtri cognitivi e socio-affettivi che egli fa agire nel continuum dell'esperienza, filtri che, ovviamente, vengono costantemente modificati dai nuovi input e che determinano il cambiamento delle forme attraverso cui la realtà viene approcciata ed elaborata. Il soggetto grazie ai suoi repertori culturali e ai suoi stili di pensiero e di apprendimento non solo acquisisce nuovi saperi, ma è in grado di utilizzarli entro contesti diversi da quelli in cui originariamente li ha appresi per costruire nuove conoscenze e ulteriori processi formativi; la ricchezza e, soprattutto, la qualità delle


Isa Maria Sozzi – Pedagogia delle risorse umane conoscenze e del conoscere stesso sono decisive ai fini della crescita della capacità di formarsi. Saper quindi rielaborare criticamente e costruttivamente saperi e competenze è oggi di fondamentale importanza per la formazione continua. I riferimenti alla “società dell’informazione” o alla “società della conoscenza” sono ormai diventati parte integrante del linguaggio comune di chiunque si occupi di Internet. Questo non significa tuttavia che ne siano state descritte e comprese pienamente le reali implicazioni. Basta andare un po’ più in profondità nella ricerca di un filo conduttore nella storia di quei concetti, infatti, per accorgersi che ciò che intendiamo oggi con quei termini (così come con termini più evoluti ma correlati, quali “e-knowledge” o “semantic web”) non è altro che l’aggregazione di una serie di stimoli e suggestioni attorno a ipotesi ancora tutte da verificare. Il fondamento di queste ipotesi - una costante in quasi tutta la letteratura di riferimento - consiste nel ritenere che allo stato attuale sia teoricamente possibile, grazie a strumenti sempre più sofisticati e a radicali innovazioni nell’architettura dell’informazione, condividere illimitatamente contenuti (ovunque, in qualunque momento…) e socializzarli/interiorizzarli come fonti di conoscenza o apprendimento. Questa visione era già stata anticipata dagli autori che hanno cominciato a delineare l’ipotesi di un’economia fondata più sui servizi (e conseguentemente sulle informazioni e sulle conoscenze) che sulla produzione di beni, come Fritz Machlup e Daniel Bell, e più specificamente nella letteratura che configura nuove forme di organizzazione del lavoro, in cui sia il cosiddetto capitale umano che le conoscenze esplicite ed esplicitamente distribuite assumono sempre più importanza. Nella visione più ottimistica si immagina la condivisione delle informazioni a cui la diffusione delle ICT e delle reti telematiche sembra garantire una sufficiente accelerazione e gli strumenti necessari. E una visione analoga traspare sostanzialmente anche in molta letteratura che non parte da una riflessione sulle “nuove” economie, ma da considerazioni più specifiche sul ruolo e l’impatto delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione nell’evoluzione della società contemporanea (Negroponte, 1995) o dall’analisi sociologica (talora anche critica) sulla diffusione delle informazioni nelle società complesse (Castells, 2000; Mattelart, 2002). Si riconosce infine tra le righe o più esplicitamente in molte dichiarazioni di intenti a livello politico e strategico (dal libro bianco sulla società “cognitiva” di Edith Cresson del 1996 al documento di sintesi del Consiglio europeo straordinario di Lisbona del 23-24 marzo 2000). Per non parlare del dibattito sulle magnifiche sorti e progressive di un’umanità finalmente libera di accedere alla conoscenza e alla formazione (quando e come ciascuno desidera) che ha caratterizzato almeno nei primi anni la diffusione dell’e-learning. La possibilità di produrre, distribuire, condividere informazioni in misura sempre più ampia, attraverso modalità aperte o tools via via più sofisticati, unitamente alla diffusione di “ambienti” che agevolano la condivisione delle informazioni tra individui, gruppi, comunità, può anche risultare un’ipotesi di lavoro senza fondamenta, ma potrebbe anche essere un passo decisivo verso una vera e propria società fondata sulla conoscenza. Un’ulteriore tendenza è rappresentata dalla ricerca di forme e strumenti sempre più orientati alla socializzazione delle informazioni. Tra le nuove prospettive che si stanno aprendo in relazione al cosiddetto Web 2.0 , molte riguardano infatti proprio le dinamiche di interazione tra gruppi di utenti e conoscenze condivise attraverso la rete. In realtà, le prime forme di socializzazione di informazioni e metainformazioni sono state i wiki, e in particolare l’esperienza di Wikipedia (avviata nel 2001), un ambiente in progress in cui una comunità aperta di utenti condivide contenuti su qualsiasi ambito del sapere e allo stesso tempo suggerisce link tra le informazioni disponibili o parole chiave per agevolare la ricerca delle voci che via via si aggiungono all’enciclopedia digitale. E soprattutto che i modelli più complessi di socializzazione delle informazioni e delle


Isa Maria Sozzi – Pedagogia delle risorse umane conoscenze sono stati studiati a fondo nell’ambito della ricerca orientata al knowledge management (Lesser, Fontaine e Slusher, 2000). Proprio la possibilità di trovare le informazioni richieste nell'immenso e multiforme universo di Internet, accoppiata alla necessità di validazione dell'informazione reperita, ha reso evidente l'esigenza di inserire nel progetto educativo di ogni formando un settore dedicato alla cultura dell'informazione. In ogni tempo l’umanità ha usato, prodotto e trasmesso informazione, affinando costantemente codici di rappresentazione e “tecnologie” di registrazione: dalla scrittura alla stampa, alla memorizzazione elettronica, alla pubblicazione in rete. Si è andato così sedimentando un enorme giacimento di materiale informativo e documentario, che costituisce la registrazione della memoria collettiva e che è fruibile da parte della collettività grazie alle istituzioni, alle metodologie ed agli strumenti di cui l’umanità si è opportunamente dotata nel tempo. Memoria scritta, memoria stampata e le diverse forme della memoria elettronica coesistono oggi a formare un universo informativo multiforme, vastissimo ed in continua crescita. Di fronte a questa diversificata mole di informazione si pongono tre alternative, necessarie per dominare il sovraccarico da informazione: 1. esserne soverchiati e tentare di orientarsi; 2. avvalersi dell’intermediazione di personale specializzato nella ricerca documentaria; 3. dominarla dotandosi della capacità di orientamento tra le diverse risorse informative e tra i diversi strumenti di accesso a tali risorse. La cultura dell’Informazione ● E’ una competenza di base, similmente all’Informatica e alla Seconda Lingua; ● è una competenza trasversale ad ogni attività intellettuale, entro e fuori i cicli di formazione; ● è riconosciuta essere una competenza fondamentale per “imparare ad imparare” e dunque si rivolge sia alla popolazione studentesca che alla sfera dell’educazione permanente, con l’obiettivo di migliorare il grado di autonomia nell’apprendimento. E’ un livello minimo di competenze per il reperimento, la valutazione e l’uso di informazione a partire da una molteplicità di fonti.


Isa Maria Sozzi – Pedagogia delle risorse umane E’ una competenza metodologica che concerne la capacità di orientarsi entro l’universo informativo contemporaneo e tra le diverse modalità di accesso all’informazione. No è da trascurare nemmeno il diverso modello di produzione della conoscenza, reso possibile dalle nuove tecnologie della comunicazione. Infatti oggi la comunicazione non va intesa come passaggio di informazione, ma come co-costruzione di significati. A tutti sono del resto noti i modelli di produzione cooperativa della conoscenza propri delle comunità Open Source, capaci di dar luogo a basi di conoscenza dì entità smisurata, per la complessità, pur scarsamente governabile, degli apporti dei singoli, che favoriscono anche nuove "etiche" sull'uso sociale della conoscenza, concreti esempi di ciò che Levy ha da tempo chiamato "intelligenza collettiva". Le comunità virtuali stanno altresì evolvendo anche verso l'ambito del "trattamento" della conoscenza, anche in rapporto alla recente diffusione della tecnologia mobile (vedi il settore denominato Ambient Intelligence, Ami). E' evidente come il mondo della rete non si possa considerare tout court un "ambiente di apprendimento o di conoscenza", una chat o un web forum sono luoghi di comunicazione, di scambio, in prevalenza anche futile. E' però anche evidente come Internet e le comunità virtuali possano dar luogo al loro interno ad acquisizioni sotto forma di soluzione immediata di problemi; a tutti capita sempre più spesso di porre un quesito a una comunità virtuale e imbattersi in qualche gentile interlocutore che fornisce la risposta desiderata: da un problema di condominio, alla salute, ai consigli per un acquisto, per non parlare delle informazioni strettamente tecniche o scientifiche. Le trasformazioni si sono estesi anche alla didattica, passando dalle interazioni solo in presenza tra docente e allievi e tra gli allievi stessi alle interazioni a distanza tra docente, allievi e nuove figure, quali tutor di percorso, instructional designer, ecc.). La didattica basata su Internet modifica sensibilmente i modi, fondamentalmente "erogativi", dell'istruzione a distanza classica, integrando in forma originale caratteristiche fisiche della didattica a distanza e caratteristiche psicologiche della "presenza", facendo esplodere le implicazioni quantitative e qualitative dell'interazione, con una accentuazione di nuove dimensioni, che di volta in volta o congiuntamente possono essere chiamate in causa: un ruolo maggiormente attivo e partecipativo assegnato ai soggetti coinvolti e alle attività negoziali e cooperative, un forte senso di presenza e appartenenza (gruppi, comunità di lavoro, classi virtuali), la possibilità di una maggiore personalizzazione del percorso dì apprendimento, una concezione ermeneutica e dialogica dell'apprendimento, un sistema articolato di supporti e risorse umane e strumentali a disposizione, il formarsi di una ipertestualità di rete come luogo, mezzo e contesto sociale dell'apprendimento (Harasim 1990. 1995; Mason e Kaye, 1992i White e Weight, 1999; Palloff e Pratt, 1999; Draves, 2000), La didattica on-line ha in sé elementi che le forniscono potenzialità per risultare in certi ambiti di qualità anche superiore a quella in presenza. Non è la distanza fisica che agisce in sé come fattore intrinsecamente negativo, in quanto questa può essere sostituita da diverse forme di "prossimità virtuale" e da interazioni più frequenti e più articolate di quelle che si possono avere in presenza (anche nella didattica in presenza esiste comunque una "distanza transazionale", come ha sottolineato Moore); ciò che decide della soluzione qualitativamente più o meno valida è un'adeguata progettazione, capace di valorizzare i punti di forza che la specifica situazione formativa (in presenza, a distanza, in rete) riesce a offrire, realizzando una opportuna integrazione di risorse umane e tecniche, in funzione del perseguimento degli obiettivi preposti. Tra le teorie pedagogiche, che hanno influenzato o che hanno trovato campo di applicazione nella didattiche assistita dalle nuove tecnologie, nell'ultimo periodo ha assunto una maggiore rilevanza il costruttivismo.


Isa Maria Sozzi – Pedagogia delle risorse umane Il costruttivismo è pervaso da un’esigenza di rifiuto verso una figura di insegnante come fornitore di informazioni, verso il distacco della scuola dalla vita, verso il carattere “inerte” della conoscenza che gli alunni dovrebbero acquisire; al fondo c’è una carica oppositiva al modello corrente di scuola, che richiama l’opposizione alla scuola emersa all’inizio del secolo scorso (Dewey e ”scuole attive”) o la critica degli anni Sessanta al sistema scolastico, pur senza la componente ideologico- sociale che caratterizzava quegli anni. Dal costruttivismo, che parte da assunti di maggiore complessità circa la natura della conoscenza rispetto ai modelli cognitivistici degli anni Settanta - Ottanta, derivano indicazioni relative alla costruzione di ambienti di apprendimento e modelli didattici. Gli ambienti di apprendimento di taglio costruttivistico sono orientati a: ● dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua riproduzione; ● evitare eccessive semplificazioni rappresentando la naturale complessità del mondo reale; ● presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre); ● offrire ambienti di apprendimento assunti dal mondo reale, basati su casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate; ● offrire rappresentazioni multiple della realtà; ● alimentare pratiche riflessive; ● permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto; ● favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso negoziazione sociale. Dai principi del costruttivismo derivano vari modelli didattici. I modelli attualmente più noti nella letteratura internazionale sono i seguenti: ● community of learners (Brown,1996; Ligorio, 1994); ● apprendistato cognitivo ( Collins e Holum, 1991;Collins,Brown e Newman, 1995); ● teorie per l’apprendimento basate su tecnologie ipertestuali (Spiro e al.,1995) secondo l’approccio della Cognitive Flexibility Theory che si ispira a una metafora di Wittgenstein, quella della conoscenza come criss-crossed landscape, cioè come attraversamento non lineare e multiprospettico di un territorio, per cui occorre passare più volte dallo stesso luogo, ma da direzione diverse. I contenuti devono essere riusati più volte; è fondamentale per una reale padronanza rivisitare lo stesso materiale in tempi differenti, in contesti modificati. Il computer, e in particolare gli ipertesti, appaiono particolarmente adatti a sviluppare la flessibilità cognitiva, in virtù della loro agilità di funzionamento che può consentire di pervenire a una determinata unità informativa da diverse direzioni; ● ambienti di apprendimento intenzionale sostenuto dal computer (Scardamalia e Bereiter,1993). In sintesi i modelli didattici di impronta costruttivista sopracitati: ➢ mettono in risalto l’ambiente di apprendimento, inteso come luogo in cui coloro che apprendono possono lavorare aiutandosi reciprocamente avvalendosi di una varietà di strumenti e risorse informative in attività di apprendimento guidato o di problem solving, rispetto all’istruzione come sequenza preordinabile. Non aboliscono la programmazione curricolare, ma spostano l’attenzione sulla varietà dei supporti e dispositivi collaterali, che si possono affiancare all’alunno che apprende; ➢ considerano un ambiente di apprendimento come un luogo virtuale d’incontro tra molteplici impalcature regolabili, attraverso giochi di mutua appropiazione; ➢ vedono il processo didattico come non lineare, bensì “emergente “ e “ricorsivo”; ➢ attribuiscono particolare importanza allo studio per “casi”, che meglio sono in grado di incorporare al loro interno la complessità del reale; ➢ pongono forte enfasi sul discente, sull’autodeterminazione del percorso e degli


Isa Maria Sozzi – Pedagogia delle risorse umane stessi obiettivi; ➢ sottolineano il ruolo della negoziazione interpersonale e dell’apprendimento collaborativo; ➢ danno forte risalto alla molteplicità delle piste percorribili e alla varietà prospettica con cui si può vedere la conoscenza; ➢ si avvalgono in misura determinante di tecnologie intese soprattutto come strumenti per amplificare la comunicazione, la condivisione delle informazioni, la cooperazione e integrazione interpersonale. L'interazione con le altre persone è invece prevalente in quell'apprendimento che è principalmente frutto del contesto sociale. Può avvenire in modi diversi: ● Imparare per mezzo di altri: un soggetto ha l'esplicito obiettivo di far apprendere qualcosa a terzi. Due sono i flussi di informazione coinvolti: uno che va da chi insegna a chi apprende e l'altro in senso contrario. Il primo ha l'obiettivo di stimolare l'apprendimento, il secondo è il feedback del ricevente. ● Imparare dagli altri: un individuo si appropria di alcune conoscenze in un processo non intenzionalmente predisposto per indurre apprendimento. La comunicazione qui è monodirezionale perché manca il feedback esplicito sul livello di apprendimento che è stato raggiunto. È il caso del collega di lavoro parco nelle sue istruzioni che va osservato per carpirne le conoscenze perché non le spiegherà mai direttamente. ● Imparare con gli altri: è il caso del lavoro del gruppo. Qualunque sia il grado di collaborazione che si stabilisce tra i partecipanti - cioè ripartizione o divisione dei compiti - rileviamo una coincidenza tra quest'ultima modalità di apprendimento nel contesto sociale e ciò che sinora abbiamo definito apprendimento collaborativo. Penso che solo una persona con una forte motivazione ad apprendere ed una grande autodisciplina possa portare a termine un corso on-line. Le occasioni, tutte legittime per carità, per procrastinare l'accesso al corso, per rinviare l'esecuzione dei compiti sono molteplici. Senza dubbio l'e-learning è visto come una evoluzione “moderna” della scuola “tradizionale”. Io stessa ne apprezzo le opportunità e i vantaggi, non nascondendomi le problematiche. Ma non esiste, secondo me, solo il rapporto docente-discente e discentediscente di cui bisogna tener conto nel confrontare didattica in presenza ed e-learning. Nel corso del tempo, l'istruzione è diventata patrimonio di un sempre maggior numero di persone, anche grazie alla nascita di una politica scolastica statale e alla “centralizzazione” delle decisioni riguardanti l'obbligo, gli ordinamenti, i programmi, le certificazioni ecc. Non solo. L'intervento dello stato non si è limitato a decidere linee di indirizzo, ma concretamente, ha fornito, direttamente o tramite gli enti locali, strutture, personale, materiali, formazione e aggiornamento, ecc. Per rispondere alle esigenze della società e delle industrie la scolarizzazione di base è diventata di massa e, in seguito, per esempio, sono nati istituti professionali e tecnici, al principio finalizzati, organizzati e finanziati dalle stesse unioni industriali. Nella mia zona sono noti gli istituti Badoni e Fiocchi, creati proprio per formare operai e tecnici specializzati per le industrie meccaniche e siderurgiche del territorio. Poi queste scuole sono state statalizzate, rientrando in ordinamenti più canonici. Ora, con i tempi che corrono, si corre un rischio molto serio. Si potrebbe decidere, a livello istituzione, che la politica scolastica possa consistere nel fornire un “buono” da spendere per la formazione desiderata, ovunque essa venga fornita. Con l'e-learning, oggi, si cercano di risolvere alcuni problemi riguardanti la carenza di strutture e di servizi per gli studenti. Domani non potrebbe più essere necessario costruire scuole ed assumere personale per rispondere alla domanda di iscrizione ad un certo tipo di corso. Lo studente


Isa Maria Sozzi – Pedagogia delle risorse umane sarebbe “libero” di scegliere il corso e pazienza se non esiste una scuola con il programma di studi desiderato (o non c'è posto), basta iscriversi a quello fornito in rete, col progressivo disimpegno dello stato dagli impegni di spesa diretti a sostegno dell'istruzione. Di questo passo, ciò che ora è un diritto, sancito dalla legge, potrebbe diventare solo un dovere e nemmeno tutelato. Confrontando i costi per la formazione in aula e quella on-line si vede chiaramente che la prima ha minori costi fissi, ma che il costo finale è direttamente proporzionale al numero di studenti considerati. Nella seconda forma di istruzione i costi fissi (implementazione delle piataforme e degli strumenti di interazione, produzione dei materiali, ecc.) sono molto più alti, ma che incidono in misura minore sul costo finale pro-capite se il numero di studenti diventa rilevante.

Vorrei concludere richiamando le finalità della scuola nel rapporto Delors all'Unesco: "L'educazione deve fornire le mappe di un mondo complesso e in continuo cambiamento e la bussola che consente di orientarsi" . A tal fine, bisogna prestare attenzione ai quattro pilastri-base dell'educazione: 1. imparare a conoscere (cultura generale) 2. imparare a fare (competenza professionale) 3. imparare a vivere con gli altri (alfabetizzazione emotiva, capacità di cooperare, rispetto delle differenze, regole di cittadinanza) 4. imparare a essere (capacità critica, autonomia di giudizio, responsabilità)


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