LA FIGURA DEL MAESTRO ERASMO – ANTONIANO – LOCKE – ROUSSEAU Premessa Il desiderio di conoscere a fondo la figura così rilevante del Maestro di vita e di umanità, di poterne soprattutto riscoprire le doti personali, di sapere di più sul suo ruolo fondamentale e sulla sua sua opera certamente proficua in tutte le epoche, e in culture anche diverse dalla nostra, mi spinge a cercare con una certa insistenza e poi a scrivere, quando mi accorgo che è bello e interessante quel che ritrovo.Già il nome, come sappiamo, è importante: il Maestro è colui che ha di più ed è più grande perché il latini magis, da cui magister, significa proprio di più. E’ questo, si intende, un di più di umanità: l’educazione e l’arricchimento di sé sono condizioni essenziali per poter divenire guida saggia e colta, capace di dialogare e dare esempi di vita, di porsi come punto di riferimento costante e accompagnare i discepoli condividendo con essi lo stesso cammino di formazione, di agire con equilibrio e autorevolezza all’interno di quella relazione educativa che è essenzialmente rapporto umano fecondo, in cui ciascuno può ricevere l’aiuto più valido nella ricerca di senso del vivere e del sapere, nella costruzione della stessa identità personale. C’è chi eleva il Maestro a modello educativo ideale e finale; chi lo paragona al padre, alla madre, al medico, al direttore di coscienza, al buon giardiniere, all’ottimo compagno di viaggio; chi lo considera ministro della natura, di cui conosce e imita le vie; chi gli attribuisce il dono della parola che persuade perché arriva laddove è diretta; chi grandemente lo rispetta e talora venera come persona eccezionale che non si incontra facilmente. ERASMO DA ROTTERDAM L’ideale educativo di Erasmo è, nello stesso tempo religioso, cristiano e aristocratico.Erasmo riprendeva e ampliava il modello educativo classico insistendo in modo particolare sull’opportunità di un’educazione tempestiva e liberale. Erasmo sottolineava a più riprese l’importanza e il dovere dell’educazione da parte dei genitori. L’educazione diventa, quindi, una funzione civile, pubblica, non può risolversi solo nell’ambito della famiglia; di qui l’affermazione di Erasmo “Schola aut publica aut nulla”, la scuola o è pubblica o è inesistente. Ma contemporaneamente egli faceva un’analisi drammatica della scuola del suo tempo; se la prendeva anche con i collegi e le scuole aperte nei monasteri. Inveiva contro Maestri ignoranti, bisbetici, ubriaconi e sadici. Di contro sostiene la necessità che occorre dunque tenere lontana dallo studio ogni tristezza e violenza e di ispirare l’educazione alla liberalità, all’amore rendendo l’istruzione gradevole e piacevole come se fosse un gioco. L'educazione allo studio, ancorché elementare, va iniziata in tenerissima età, quando la memoria è più robusta e l'apprendimento più rapido. È un errore, secondo Erasmo, lasciare passare inutilmente i primi tre o quattro anni di vita del fanciullo, senza impartirgli delle nozioni. Non a caso, sostiene l'umanista olandese, i grandi ingegni sono quasi sempre il prodotto di maestri eminenti e di un'educazione precoce I genitori devono molto ai figli, che contribuiscono alla loro immortalità; perciò devono aver cura della loro educazione. L'intelletto, poi, è la qualità che avvicina l'uomo a Dio e per questo motivo ragione e intelligenza vanno coltivate sin dai primi anni. Un'eccellente educazione tiene alla larga la distruttività delle passioni: l'ambizione, la cupidigia, l'ira, l'invidia, l'amore per il lusso e la lussuria. Soprattutto vince l'ignoranza e la malvagità, le vere cause della morte dell'anima. Man mano che crescerà, il bambino dovrà progressivamente imparare ad amare i genitori, rispettare gli anziani, emendarsi dai capricci e dalla petulanza. La sapienza priva di morale non vale granché. Anche dal punto di vista pratico, insegna più in un anno lo studio dell'etica che in trenta l'esperienza diretta del mondo. Importante sarà procurarsi un eccellente precettore, che saprà rendere l'apprendimento giocoso, graduale e confacente alle naturali inclinazioni del bambino. Soprattutto chi si occupa di insegnare al bambino dovrà ricorrere alla dolcezza e non alla ferocia. Alla larga i maestri prepotenti, burberi, incapaci di far amare lo studio ai propri allievi. Soltanto i tiranni terrorizzano i cittadini, mentre mantenere l'ordine con la benevolenza, la moderazione e la prudenza è opera divina. Erasmo è contro la scuola della violenza, contro quella pedagogia dell'umiliazione e della penitenza che aveva caratterizzato tutto il Medioevo fino ad arrivare al primo Rinascimento. Critica anche il formalismo dogmatico e lo sterile intellettualismo della prospettiva scolastica. L'ideale cristiano è soffocato da una devozione puramente esteriore, fatta di riti e miti, intesi, questi ultimi, in una squallida accezione superstiziosa. Il pensiero che, ridotto a logica astratta, viene insegnato nei centri di formazione della Scolastica, è erudizione, non educazione. Qui l'educando ripete meccanicamente il sapere impartito dall'educatore, senza nessun senso critico. Erasmo invoca una profonda trasformazione del rapporto tra l'educatore e l'educando, il quale deve radicarsi sulla concretezza e su un tipo di conoscenza a misura d'uomo, che deve essere inoltre utile per la vita di tutti i giorni. Lo sterile formalismo e la mancata comprensione di un insegnamento puramente formale vengono aspramente criticati: "Anche in questo, infatti, intendo imitare i retori del nostro tempo, che si credono proprio degli Dèi se, a mo' delle sanguisughe, mostrano due lingue, e considerano una grande impresa inserire nel discorso latino, come in un intarsio, qualche paroletta greca, che magari era proprio fuori posto. Se poi fanno loro difetto termini esotici, tirano fuori da pergamene ammuffite quattro o cinque termini arcaici con cui rendere oscuro il testo al lettore. Così chi riesce a capire è più soddisfatto di sé, e chi non capisce ammira tanto di più quanto meno capisce. Tra gli eletti piaceri dei nostri contemporanei, infatti, c'è anche questo: esaltare tanto di più una cosa, quanto più è straniera. I più ambiziosi ridono e applaudono e, come gli asini, muovono le orecchie, dando ad