Produttività e informazione

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Sociologia delle professioni multimediali – Isa Maria Sozzi matr. 39205

Nel semestre precedente, durante il corso “Dinamiche psicologiche del contratto formativo” ci è stato chiesto di analizzare alcuni comportamenti tipici dei giochi, contestualizzandoli nel nostro ambiente di lavoro. Io insegno da molti anni ed ho avuto molto da scrivere, specialmente nella descrizione di certe relazioni che si instaurano nel collegio docenti. Quando ho pensato quale proposta di riflessione scegliere per il mio elaborato di questo corso, non ho avuto esitazione: avevo appena “spiegato” al mio dirigente che le notizie (ovvero le circolari ministeriali, regionali ecc.) sono reperibili con più velocità e facilità attraverso il web, che per via gerarchica. In una società, dove l’informazione è il “capitale” da far fruttare, è impensabile che sia necessaria una trafila burocratica, attraverso tutti i livelli gerarchici, di protocolli e lettere di accompagnamento per far giungere alle scuole una notizia. Di solito questa trafila (oggi fatta via mail, con allegata la scansione del decreto, debitamente timbrata al protocollo!!) impiega un mese esatto da Roma alla mia scuola; arriva esattamente il giorno dopo la scadenza un bel plico di una decina di pagine, con tutti gli indirizzi CC e degli inoltri in chiaro (e la casella di posta così è sempre piena di spam), ogni inoltro con la sua bella frasina di accompagnamento, la lista degli incarichi del responsabile e la frase magica: “In allegato il … del …”. Peccato che l’incaricato della segreteria stampi tutta mail e non l’allegato! Non sarebbe più semplice adottare un buon CMS con una efficace gestione dei profili che consenta di tracciare chi e quando ha preso visione di cosa? Rispetto a quando ho iniziato ad insegnare, oggi produco molti più documenti legati all’insegnamento e li scambio con le colleghe per via telematica. Proprio pochi minuti fa ho contattato via Skype una collega per definire alcuni punti di un progetto, che avevamo iniziato come documento condiviso in rete. Tra qualche giorno lo dovremo stampare, rilegare e attendere in fila affinchè il preside ci riceva e lo legga. Poi ce lo ritornerà con i suoi appunti (tre parole ininfluenti cambiate, ma almeno dimostrerà di averlo letto). Quando lo abbiamo invitato a partecipare al documento condiviso … è andato in panico! E dei dirigenti della mia provincia solo 3 o 4 sarebbero in grado di farlo. Quindi nel nostro settore parlare di aumento della produttività è un po’ difficile!!! Quindi è meglio passare alle informazioni che ho ricavato dalla lettura dei testi e di vari materiali disponibili in rete. La straordinaria innovazione tecnologica, fiorita negli anni ’90 e resa possibile dall’avvento di Internet, è stata interpretata con il concetto di informazionalismo, un nuovo paradigma scientifico in cui ha assunto un ruolo centrale l'informazione come propulsore della ricchezza e della conoscenza. Castells infatti sostiene che l'informazione oggi si presenta come il volano della produzione, al pari dell'elettricità per la società industriale, grazie al valore dell'informazione (intesa come mole di informazioni diffuse e processate), alla reticolarità (ogni individuo è un nodo interconnesso con una molteplicità di altri nodi) ed alla globalità (relazioni che investono ogni dimensione quotidiana, dal lavoro alla socialità). Ad ogni innovazione tecnologica è lecito aspettarsi un cambiamento produttivo ed un aumento della produttività. La produttività può essere definita approssimativamente come il rapporto tra la quantità di output e le quantità di uno o più input utilizzati per la sua produzione, calcolata con riferimento alla singola impresa, all’industria o più in generale alla nazione. Gli indici di produttività possono ottenuti essere visti sotto due aspetti: la produzione e il consumo. Dal lato dell’offerta essi assolvono le funzioni di indici di cambiamento tecnologico, efficienza produttiva e competitività, interna ed internazionale. Da tale punto di vista un aumento di produttività può essere visto genericamente come un risparmio di input in termini fisici, sia esso dovuto a progresso tecnico, miglioramento dell’efficienza produttiva ricollegabile ad economie di scala, riduzione della capacità produttiva inutilizzata o ad altro. Dal lato del consumo sono indici di capacità, effettiva o potenziale, e quindi anche di benessere sociale. Escluso il caso in cui si abbia un solo input di produzione ed un solo output, caso in cui è facilmente calcolabile la produttività in termini fisici, il calcolo della produttività porta necessariamente con sé calcoli complessi per aggregare dati non facilmente comparabili.1 1

Fonte: wikipedia


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Fino a pochi anni fa, gli indici produttivi potevano riferirsi alle materie prime e ai beni materiali prodotti dall’industria oppure ai livelli dei servizi offerti ai cittadini. Oggi sono ben più numerosi i beni immateriali legati alla conoscenza, alla sua elaborazione e alla sua diffusione. Non vengono più valorizzate solamente grandi masse di capitale fisso e materiale, ma il capitale immateriale: umano, conoscenze o intelligenza. La conoscenza è quindi diventata la forza produttiva principale nella cosiddetta Knowledge society. Infatti l’elemento decisivo nello sviluppo della rivoluzione informatica risiede nella capacità di legare in modo diretto la conoscenza e l’informazione con la produzione industriale e le applicazioni commerciali.2

Secondo il nuovo pensiero economico le “autostrade informatiche” offrono al capitalismo la possibilità di svilupparsi ininterrottamente e senza ostacoli, eliminando di fatto i cicli economici. Cresce la produttività dovuta all'introduzione del computer nei processi produttivi e si afferma l'importanza e lo sviluppo della new economy grazie alle nuove tecnologie: tutto si può proporre, comprare, vendere tramite i circuiti delle reti e si aprono grandi possibilità di sviluppo3. Le nuove tecnologie, secondo alcuni, avrebbero dovuto portare subito forti e diffusi aumenti di produttività sia nell'industria che nei servizi. L'evidenza empirica su questo punto è oggetto di un ampio dibattito, ma si possono individuare due fatti empirici robusti: 1. aumenti di produttività evidenti si sono avuti soltanto nei settori 'ICT Producing', ovvero in quei settori che producono o processano beni ICT, mentre sono assenti o trascurabili nei settori 'ICT Using'. 2. i settori 'ICT Producing' rappresentano ancora una quota molto limitata del totale economia, anche negli Stati Uniti ( 8% del GDP, mentre in Italia la quota è solo del 4%) per cui l'impatto di aumenti di produttività in questi settori sul totale dell'economia rimane basso4. D’altra parte, a pochi giorni di distanza il Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie afferma che all’Italia serve una presa di coscienza generale e diffusa che l’ICT, ossia l’Information and Communication Technology, è fattore essenziale e trainante per migliorare la produttività delle imprese e, di conseguenza, le stesse performances dell’intero sistema economico nazionale e la sua competitività e che è fondamentale ridurre l’attuale gap culturale, dato che gli investimenti in ICT incidono ormai fra il 40 ed il 50% sugli aumenti di produttività.5

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Pais I., Acrobati nella rete, Franco Angeli, 2003 http://www.villaggiomondiale.it/ictgloneweconomy.htm 4 Fonte: Giovanni DOSI - Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa – intervento al convegno “I servizi digitali” 2003 5 Stanca Lucio alla presentazione del “Rapporto Assinform 2003″, Milano 3


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Questo differente interpretazione palesa un ritardo nella piena concretizzazione delle innovazioni presente in tutte le rivoluzioni tecnologiche, dal vapore alla ferrovia, dall’energia elettrica e chimica sino all’automobile: il paradosso della produttività, i cui effetti positivi non sono immediatamente visibili a livello macroeconomico. Per comprendere meglio come le nuove tecnologie possano dar luogo a risparmi di costo e ad incrementi di produttività, può essere utile distinguere tre grandi categorie di utilizzatori delle ICT: la old economy; la nuova imprenditorialità e i servizi; il sistema pubblico. Per old economy si intende l’insieme di attività e settori per così dire “tradizionali” dell’economia e in particolare le attività manifatturiere e le imprese che vi operano. Qui le opportunità legate alle nuove tecnologie investono moltissime funzioni e processi aziendali. Si passa da riduzioni dei costi, come nel caso della riduzione delle fatture da gestire negli scambi on-line rispetto alle transazioni tradizionali, ad incrementi di produttività legati a tecnologie di collaborative design in rete, ai vantaggi connessi con la manutenzione degli impianti a distanza via trasmissione e analisi dei dati in rete. I risparmi di costo e gli incrementi di produttività non nascono dalla mera applicazione delle nuove tecnologie o dal semplice uso della rete: si fondano su una idea innovativa o un processo più ampio di ristrutturazione e di reingegnerizzazione dell’azienda o di una sua funzione particolare, o entrambe le cose. In certi casi, la rete è lo strumento principale che consente i recuperi di efficienza. Ad esempio, senza una rete diffusa e capillare, i vantaggi dell’ottimizzazione dei percorsi logistici sarebbero limitati. Ma in altri casi il ruolo della rete è marginale, quanto meno rispetto all’importanza dell’idea innovativa o del processo di reingegnerizzazione. Le potenzialità delle tecnologie della new economy possono diventare effettive solo se si associano ad idee innovative di applicazione e di reingegnerizzazione di alcune funzioni aziendali. Le opportunità per la old economy dipenderanno perciò in misura non trascurabile dalle capacità e dalla creatività manageriale delle imprese, e dalla loro capacità di realizzare innovazioni negli “usi”

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Paolucci E., Neirotti P., L’innovazione tramite le ICT: promesse, fatti e sfide per il futuro, Politecnico di Torino/Unione Industriale Torino, 19 marzo 2008


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delle tecnologie e nelle idee di business, forse più ancora che dalle innovazioni tecnologiche in senso stretto. Anche i sistemi business-to-business consentono la fornitura dei prodotti on-line e dunque la possibilità di sostituire con scambi elettronici molti dei rapporti e degli scambi di informazioni, carte burocratiche e in alcuni casi prodotti, che intercorrono normalmente tra imprese-clienti e fornitori, apportando diversi vantaggi economici, oltre che produttivi: abbattimento dei costi connessi con la vera e propria realizzazione degli scambi (comunicazione “corta”, rapida ed efficace; riduzione documentazione scambiata; unico strumento di comunicazione, immagazzinamento e processing dei dati; minor livello di scorte), collaborazione tra più produttori (economie di scala nella fornitura, acquisti o trasporti congiunti), aumento della concorrenza potenziale fra i fornitori. L’elemento decisivo nello sviluppo della rivoluzione informatica risiede perciò nella capacità di legare i modo diretto le conoscenza e l’informazione con la produzione industriale e le applicazioni commerciali. Ad accomunare le aziende, che hanno incrementato la produttività tramite l’applicazione delle ICT, vi è un migliore “capitale organizzativo” rappresentato da: – importanza attribuita e sostegno agli investimenti in ICT da parte del top management – Investimenti in ICT su molteplici fronti (non solo su ERP) – pianificazione degli investimenti sul lungo termine, – capacità di dare priorità alle diverse opportunità di investimento; – visione ICT come risorsa strategica e non come una leva per automazione delle attività amministrative Esse presentano inoltre: – una maggiore disponibilità a investire in ICT – una maggiore capacità nello sfruttare le opportunità derivanti dalle tecnologie emergenti – una maggiore capacità di comprendere il ritorno degli investimenti in ICT7 Ciò che indubbiamente è palese non è tanto l’aumento degli indici di produzione dei beni materiali, ma la grande quantità di informazioni facilmente disponibili a tutti (es. pagine web) e facilmente scambiate (mail, social network, ecc.). In base a un' indagine dettagliata condotta dall' Università di Berkeley nel 2003, ogni anno vengono prodotti nel mondo circa 800 megabyte di nuova informazione a persona! Rispetto ai media tradizionali, Internet è il medium che presenta il più alto tasso di crescita delle informazioni. Il web racchiude circa 250 terabytes di informazione, una grandezza equivalente in proporzione a più di cento volte la quantità di volumi presenti nella ''Biblioteca del Congresso'' americano. Il dato più impressionante riguarda il traffico di posta elettronica: nel 2002 sono state spedite ogni giorno circa 31 miliardi di e-mail. Da questi semplici dati emerge la questione delle strategie di recupero delle informazioni, dai più comuni sistemi automatizzati di information retriva alle mappe concettuali per una selezione ragionata delle informazioni in Rete. La necessità di una information literacy (ovvero di un'opportuna istruzione al trattamento delle informazioni) è una “materia” da inserire un tutti i curricola scolastici di ogni ordine e grado. Il singolo soggetto, specialmente i bambini ed i ragazzi nella fase scolastica dell’apprendimento, ma anche gli adulti, visto che ormai si parla sempre più spesso di life-long-learning, devono saper costruire il proprio sapere: - collegandosi a fatti ed esperienze, - interagendo con una miriade di fonti, non solo scritte, - integrando punti di vista differenti, - sviluppando capacità di pensiero strategico, - rielaborando in modo originale il proprio sapere, - effettuando collegamenti interdisciplinari, - documentando il sapere costruito. 7

Paolucci E., Neirotti P., L’innovazione tramite le ICT: promesse, fatti e sfide per il futuro, Politecnico di Torino/Unione Industriale Torino, 19 marzo 2008


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Quest’ultimo punto è importante, perché sempre più la conoscenza è distribuita e costruita collaborativamente. L’imprevisto e la serendipity della navigazione sono opportunità molto comuni, ma vanno sapute sfruttare. La capacità di accedere all’informazione adeguata non è scontata, ma va costruita e sviluppata, proprio in considerazione della sempre più elevata quantità di materiale disponibile e accessibile. Infatti l'informazionalismo si basa su un insieme rilevante di innovazioni tecnologiche mirate ad accrescere la capacità umana di elaborazione dell'informazione e di accumulazione della conoscenza. Ciò che caratterizza le nuove tecnologie dell'informazione è: • la capacità auto-espansiva di elaborazione; • il potenziale ricombinante; • la flessibilità distributiva.8 Le stesse leggi dell’economia classica vengono messe in discussione. La relazione domanda-offerta che, in passato comportava una diminuzione del prezzo di vendita in rapporto all’aumento dei volumi di vendita, si è ribaltata: l’abbondanza di un bene immateriale fa crescere geometricamente il suo valore in relazione all’aumento aritmetico del numero di nodi (legge di Metcalfe). La realizzazione di un nuovo software è costosa, in termini di risorse umane e tempo, ma è bassissimo il costo della sua duplicazione e quasi nullo quello della distribuzione in rete. Eppure i software più costosi sono anche quelli più diffusi, tramite opportune politiche di licenze, al limite del monopolismo (vedi Microsoft vs. Europa) e il rilascio di sempre nuove versioni. Le risorse della conoscenza non possono diminuire come le “normali” materie prime, anzi la loro condivisione ne aumenta il numero. Infine il consumatore diventa o dovrebbe diventare il protagonista attivo del mercato condizionando l’offerta (es. open-source/copyleft vs. copyright)9 Nel corso dello studio sul costo dell’ignoranza informatica10, è emerso quanto tale costo sia elevato e come contribuisca a diminuire la produttività delle persone, perciò la formazione può ridurre il tempo non produttivo degli utenti e che il suo costo è recuperato appunto con l’aumento della produttività. L’Ocse stimava a metà degli anni ’90 che circa l’ottanta per cento del prodotto interno lordo degli Stati Uniti e più del cinquanta per cento di quello dei maggiori paesi europei derivasse dalla produzione, dal trattamento e dalla distribuzione di informazioni e servizi. Si è passati dalla produzione di beni materiali, tipica di una economia che cerca di trarre dalla natura le risorse per condizioni migliori di sussistenza, alla produzione di beni e servizi che rispondono a bisogni sempre più evoluti, legati alla dimensione culturale piuttosto che a quella naturale. Non solo beni o servizi il cui valore è esclusivamente dato dal contenuto informativo degli stessi (giornali, libri, musica, spettacoli, software, ecc.) ma anche beni materiali la cui utilità dipende però sempre meno dalla qualità fisica in sé di tali beni e sempre più dal contenuto di informazioni da essi veicolato. Un uso appropriato in sede di produzione degli strumenti ICT quindi determina un notevole risparmio e un aumento della produttività. Elemento ulteriore e non trascurabile è legato al tempo del lavoro. La durata standard di otto ore della giornata lavorativa è stata il punto di riferimento per tutto il XX secolo, prima come aspirazione e motivo di mobilitazione, poi come conquista generalizzata, infine come limite massimo su cui operare ulteriori riduzioni. Ciò che ha permesso la riduzione dell’orario è stato l’elevato aumento della produttività del lavoro, che non ha comportato abbassamento dei profitti. I lavoratori della conoscenza, nella fase iniziale delle dot.com, erano soprattutto giovani all’inizio della loro carriera lavorativa, permeati dall’etica hacker, per cui si è esperti ed entusiasti della propria passione, coincidente appunti con l’attività professionale. Per questi lavoratori la questione dell’orario non si poneva: creare ed innovare non poteva essere ingabbiato in turni quotidiani di durata prefissata e la soddisfazione ricavata non era tanto il salario immediato o l’offerta di stockoptions, quanto la certezza di fare innovazione. 8

Barone S., Information overload e digital trash: un'analisi dell'inquinamento informativo in Rete, tesi UniPa, 2007 Pais I., Acrobati nella rete, Franco Angeli, 2003 10 Camussone PF, Il costo dell’ignoranza nella società dell’informazione. Mondo Digitale, Anno II, giugno 2003 9


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