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organo ufficiale dell’associazione studi ambientali

Poste Italiane Spa – Sped. in a.p. – D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c. 1 – DCBMilano Virginia Gambino Editore S.r.l. VialeMonte Ceneri, 60 – 20155Milano

tecnologie per l’ambiente, bonifiche e rifiuti

SITI CONTAMINATI IN ITALIA tutti i dati ispra IL WALL-E DEI RIFIUTI arriva lo spazzino del porta a porta SPECIALE DEGRADAZIONE BIOLOGICA le tecniche spiegate dalla A alla Z SMALTIMENTO RIFIUTI i finanziamenti secondo la legge 598/94

DECOMMISsIONING INDUSTRIALE

prospettive e sviluppi secondo gli esperti

aprile-maggio 2009


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Ed i t o r i a le

L e a r e e d i s m e s s e da p r o b le m a a r i s o rsa di Massimo Viarenghi

Non bisogna essere degli esperti paesaggisti o degli architetti di grido per accorgersi che la nostra bell’Italia tanto bella non è… mi riferisco all’edilizia indiscriminata ed al degrado urbano, a quegli innumerevoli interventi realizzati dai primi anni del dopo guerra fino alla fine degli anni 80’ e a quelle aree industriali abbandonate e fagocitate nel tessuto cittadino che rovinano le nostre città. Se, su piccola scala il discusso Piano Casa, con il criterio del “demolire per ricostruire” con premio volumetrico subordinato a criteri sismici, ambientali e di efficienza energetica, fornisce un impulso al rinnovamento di gran parte di quei fabbricati fatiscenti, con costi di mantenimento elevati e con una struttura edilizia obsoleta, su grande scala intervengono i programmi di riqualificazione urbana, pensati per risolvere i problemi del vuoto urbano e delle aree degradate cittadine. Nel rimanere inutilizzate, infatti, le aree dismesse, per lo più ex aree industriali, acciaierie, aree militari, poli chimici e petrolchimici hanno provocato, con il trascorrere del tempo, condizioni di degrado ambientale nel tessuto urbano di contorno, in porzioni della città più o meno ampie, generando continuamente costi ed inefficienze per le amministrazioni.

Queste aree poco a poco hanno iniziato a suscitare un rinnovato interesse nella seconda metà degli anni novanta quando una grande quantità di poli industriali e non solo morendo hanno lasciato grandi aree inutilizzate. Ora, questi vuoti urbani sono diventati un’importante risorsa immobiliare e sociale perché sovente si trovano in punti centrali e strategici. Gli interventi eseguiti a Milano all’ex Fiera Campionaria oppure nelle acciaierie dell’ex Porto di Genova sono solo due recenti esempi di aree dismesse demolite, bonificate valorizzate e recuperate. Ed ecco che, se da una parte il vecchio lascia spazio al nuovo dall’altra si va consolidando un settore imprenditoriale che fa delle dismissioni un proprio core business, proponendo servizi integrati dalla demolizione alla gestione delle passività ambientali, sopra e sotto suolo. ECO in questo numero ha incontrato le associazioni di categoria che operano in questo settore, sperando di suscitare interesse nel lettore con una serie di considerazioni, opinioni ed interessanti spunti sulla materia del “decommisioning” che nel prossimo futuro sarà destinata a ricoprire un ruolo sempre più importante nella riqualificazione urbana. Buona Lettura.

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EDITORIALE

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INFO 02.39260098


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S OM MARIO

Anno 2 - Numero 3 Aprile/Maggio 2009

Direttore responsabile/Publisher: Virginia Gambino Direttore editoriale/Editor in chief: Massimo Viarenghi Consulenza editoriale: Francesca Negri Collaboratori/contributors: Federico Araneo, Eugenia Bartolucci, Maeva Brunero Bronzin, Maria Beatrice Celino, Tina Corleto, Laura D’Aprile, Naide Della Pelle, Juliette Gremonese, Angelo Stefano Pesce, Giuseppe Pitrelli, Valentino Rubinetti, Andrea Terziano, Werner Zanardi. Comitato Scientifico - Direzione e coordinamento: Tina Corleto Membri: Ennio Forte (Università degli studi di Napoli), Andrea Quaranta (giurista ambientale – Roma), Gian Luigi Soldi (Provincia di Torino), Federico Vagliasindi (Università di Catania), Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino), Laura D’Aprile (ISPRA, Roma). Grafica, disegni e impaginazione/Graphics, drawings and layout: Curcu & Genovese Associati S.r.l. - Via Ghiaie 15 - 38122 Trento. Tel. 0461.362155. www.libritrentini.it

Abbonamenti/Subscriptions: Italia annuo € 30,00, estero annuo € 50,00, copia singola € 6,00. Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@vgambinoeditore.it o telefonare al numero 02.39260098 Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari/Commercial department-Sale of advertising spaces: Maria Beatrice Celino, tel. 02.39260098; cell. 335.237390 e-mail: bcelino@vgambinoeditore.it Stampa/Printing: C.P.M. spa, Via Puccini 64 – 20080 Milano Responsabilità/Responsibility: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista, nonché la loro riproduzione, è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità per il caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. Periodicità/Frequency of publication: bimestrale Poste Italiane Spa Sped. in a.p. D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c. 1 – DCB Milano Registrazione/Registration: n° 390 del 24 giugno 2008 Direzione, Redazione, Abbonamenti/Head office, editorial office, Subscription Amministrazione e Pubblicità/Administration and advertising: Virginia Gambino Editore S.r.l. Viale Monte Ceneri, 60 – 20155 Milano – Italy – tel. 02.39260098 fax 02.39264081 e-mail: redazione@vgambinoeditore.it Ai sensi del D. Lgs. 196/2003, informiamo che i dati personali vengono utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni edite da Virginia Gambino Editore Srl. Telefonando o scrivendo alla redazione è possibile esercitare tutti i diritti previsti dall’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.

STORIA DI COPERTINA I dati Ispra sui siti contaminati in Italia....................................................... 6 ATTUALITà Il programma di certificazioni del Consorzio Italiano Compostatori............... 8 Remtech Expo 2009, tra novità e conferme.............................................. 12 Percorsi di Informa-azione verso l’eccellenza............................................ 14 LA FABBRICA DELLE IDEE Dustcart, il robot-spazzino...................................................................... 17 THE BIG EYE L’industria del fotovoltaico guarda al futuro e pensa ai propri rifiuti............. 18 REPORT Prospettive e sviluppi per il mercato del decommissioning industriale........... 20 panorama aziende General Smontaggi: 25 anni di successi ................................................. 26 Le biotecnologie di Gio.Eco. per i siti contaminati..................................... 28 Speciale trattamento biologico dei rifiuti Il trattamento biologico dei rifiuti dalla a alla zeta..................................... 30 WORK IN PROGRESS Bonifica dell’Area conterie dell’isola di Murano . ..................................... 34 ECONOMIA E Finanziamenti Agevolazioni e contributi per lo smaltimento dei rifiuti e la tutela ambientale............................................................................ 38 NORMATIVA La direttiva sulla gestione dei rifiuti fra passato e futuro.............................. 40 L’evoluzione della normativa antinfortunistica in Italia................................ 42 Associazione studi ambientali Corso per la gestione dei rifiuti in edilizia................................................ 44 Politica di coesione: 105 miliardi di euro per la “Green Economy”............. 46 La vetrina......................................................................................... 48

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S TORIA DI COPERTIN A

I dati ISPRA sui SITI C ONTAMINATI IN ITA LIA Un q u a d r o c o m ple t o e agg i o r n at o d e i s i t i ITA LIANI p otenz i a l ment e c on ta m i nat i e d e i s i t i di c h i a r at i g i à d a b o n i f ic a r e di Federico Araneo, Eugenia Bartolucci, Laura D’Aprile *

I

l D.Lgs. 152/06 assegna ad APAT (ex ANPA, ora confluita in ISPRA) la missione di definire i contenuti e la struttura dell’anagrafe dei siti da bonificare, nonché le modalità del trasferimento dei dati in sistemi informativi nazionali. Nello svolgimento di tale compito APAT ha incontrato una serie di difficoltà dovute sia ad aggiornamenti normativi che hanno modificato in modo sostanziale la definizione di sito contaminato, sia all’eterogeneità con la quale le Regioni hanno proceduto alla costruzione e gestione delle anagrafi regionali. Il quadro nazionale risulta infatti ad oggi molto differenziato sia in termini di stato di avanzamento delle singole anagrafi che in termini dei criteri con i quali le stesse vengono popolate e gestite. Le uniche informazioni disponibili e di agevole lettura su scala nazionale sono quelle relative ai SIN (Siti di Interesse Nazionale) per i quali, pur nella notevole complessità dei siti investigati, è possibile ricostruire un quadro di massima per lo stato di avanzamento delle bonifiche. Tali informazioni vengono raccolte e pubblicate annualmente da APAT, ora ISPRA, nell’annuario dei dati ambientali.

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In particolare, l’art. 251 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (“Censimento ed anagrafe dei siti da bonificare”), come già il DM 471/99 aveva fatto, stabilisce che le Regioni e le Province Autonome, sulla base dei criteri definiti dall’APAT, predispongono l’anagrafe dei siti oggetto di procedimento di bonifica, la quale deve contenere l’elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché degli interventi realizzati nei siti medesimi; l’individuazione dei soggetti cui compete la bonifica e gli Enti pubblici di cui la Regione intende avvalersi, in caso di inadempienza dei soggetti obbligati. Lo stesso articolo stabilisce inoltre che: • Per garantire l’efficacia della raccolta e del trasferimento dei dati e delle informazioni, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT) definisce, in collaborazione con le regioni e le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, i contenuti e la struttura dei dati essenziali dell’anagrafe, nonché le modalità della loro trasposizione in sistemi informativi collegati alla rete del Sistema informativo nazionale dell’ambiente (SINA) [comma 3]. In ottemperanza ai propri compiti istituzionali, l’ISPRA raccoglie i dati relativi ai siti oggetto

di procedimento di bonifica presenti nelle anagrafi regionali e pubblica i dati relativi a tali siti, unitamente a quelli per i 57 Siti di Interesse Nazionale all’interno dell’Annuario dei Dati Ambientali. Sulla base dei dati raccolti dall’ISPRA e riportati nell’Annuario dei Dati Ambientali 2008 [1] in Italia i siti potenzialmente contaminati sono circa 15.000. Fra questi oltre 3.400 sono stati dichiarati già contaminati. Si tratta di un numero impressionante destinato a crescere ogni anno. A tale numero vanno aggiunti gli oltre 1.500 siti minerari abbandonati censiti e le aree comprese nei 57 Siti di Interesse Nazionale ad oggi istituiti dal MATTM che corrispondono a circa il 3% dell’intero territorio italiano e ad oltre 330.000 ettari di aree a mare. All’interno dei 57 Siti di Interesse Nazionale (mega-siti contaminati) ricadono le più importanti aree industriali della penisola: tra queste i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Taranto, Priolo, Gela; le aree urbane ed industriali di Napoli Orientale, Trieste, Piombino, La Spezia, Brescia, Mantova (vedi Figura 1). Il quadro della contaminazione nei Siti di Interesse Nazionale è notevolmente complesso, in


quanto nella maggior parte dei casi attività industriali di diversa origine ed intensità si sono susseguite negli anni, compromettendo irreparabilmente l’utilizzo delle risorse ambientali e paesaggistiche e creando vere e proprie emergenze sanitarie come nel caso dei siti di Brescia, di Priolo e di vaste aree della Campania. Un quadro di massima dello stato di avanzamento delle attività di bonifica dei SIN è fornito nell’Annuario dei Dati Ambientali dell’ISPRA. Lo stato di avanzamento degli interventi di bonifica del suolo e/o delle acque è rappresentato attraverso sei fasi: • procedimento avviato; • caratterizzazione avviata; • caratterizzazione conclusa; • progetto di bonifica proposto ma non approvato; • progetto di bonifica approvato; • sito bonificato e/o svincolato. Nel caso dello svincolo, esso riguarda aree risultate non contaminate a seguito delle indagini di caratterizzazione. Nella fase procedimento avviato sono comprese anche le aree nelle quali sono state effettuate azioni di messa in sicurezza d’emergenza. L’avanzamento è riferito esclusivamente alle aree a terra ed è generalmente espresso in termini percentuali di superficie rispetto alla superficie a terra del SIN. Una delle missioni principali dell’APAT, ora confluita in ISPRA, è sempre stata quella di fornire agli operatori pubblici e privati che operano in campo ambientale indicatori e dati affidabili sulla base dei quali impostare politiche ambientali e/o strategie di mercato. Tale missione è particolarmente rilevante per il settore dei siti contaminati, nel quale la divulgazione e l’aggiornamento delle informazioni tecnico-scientifiche, così come la ricostruzione dello stato di fatto e dell’avanzamento delle attività di bonifica, oltre ad essere parte dell’informazione ambientale che dovrebbe essere resa disponibile a tutti i cittadini, potrebbero consentire di pianificare in modo più efficace gli interventi e di valutare le effettive opportunità, in termini economici, che il mercato delle bonifiche può offrire.

Siti potenzialmente contaminati, siti contaminati e siti bonificati per regione

Bibliografia [1] ISPRA (2008): Annuario dei Dati Ambientali, www.apat.gov.it * ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Servizio Interdipartimentale per le Emergenze Ambientali, Settore Siti Contaminati.

Ubicazione ed estensione dei Siti di Interesse Nazionale

11 11


ATTUALITÀ

IL PROGRAMMA DI CERTIF ICAZIONI DEL CONS ORZIO ITALIANO COMPOSTATORI I MARC HI CO M POS T DI Q UALITÀ C I C E C OM P OS TABILE C I C SONO I L RIS U LTATO DEL PROGRAMMA DI CERTI FICA Z IONI SV I L UPPATE DAL CONSORZ IO PER GARANTIRE LA QU AL ITÀ DEGLI AMMENDANTI COMPOSTATI di Werner Zanardi*

N

ato nel 1992, il Consorzio italiano compostatori (CIC) rappresenta un’organizzazione senza fine di lucro che riunisce a livello nazionale imprese, enti pubblici, privati ed altre organizzazioni impegnate nel settore del trattamento biologico in generale e nel compostaggio in particolare (produttori di ammendanti compostati, di mac-

chine e attrezzature, di fertilizzanti, enti di ricerca, ecc.). Attualmente le aziende associate al CIC, che producono ammendante compostato di qualità, sono circa 110 e rappresentano oltre il 70% della capacità produttiva nazionale che è stimata essere di circa 1,2 milioni t/anno di ammendante compostato. Strutturato su due sedi operative, un ufficio con funzioni amministrative e di rappresentanza a Roma e un ufficio tecnico a Milano, il Consorzio riconosce la necessità di una gestione integrata dei rifiuti che passi attraverso la raccolta differenziata delle matrici organiche alla fonte, con l’obiettivo principale di ottenere ammendante compostato di qualità, promuoverne il suo corretto utilizzo nei diversi ambiti di impiego e intervento (agricoltura, florovivaismo, paesaggistica, recupero ambientale, ecc) nonché stimolarne il mercato.

Coordinamento e sostegno alle imprese

Fondamentale risulta essere l’attività di coordinamento e sostegno alle imprese e agli enti consorziati, che si concretizza attraverso opera-

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zioni di assistenza tecnico-legale e di aggiornamento normativo. Costante è la collaborazione sul versante della ricerca con enti pubblici e privati per lo svolgimento di studi sulla qualità del processo e del prodotto. Gli impegni sono rivolti anche alle collaborazioni con diversi enti locali per promuovere la raccolta differenziata, l’impiego valorizzato degli ammendanti compostati di qualità nel settore agricolo (misure di sostegno nei Piani di sviluppo rurale) e negli ambiti di utilizzo afferenti alla pubblica amministrazione (Gpp, dall’inglese Green public procurement – acquisti pubblici verdi). Le finalità consortili risultano rafforzate anche dalla fattiva collaborazione con i più importanti soggetti istituzionali con i quali il Consorzio Gli imballaggi e i manufatti che si fregiano del marchio “compostabile cic” potranno essere facilmente riconosciuti dai consumatori che in questo modo potranno unirli allo scarto


Lavorazione degli scarti organici per la produzione di ammendante compostato

opera per l’elaborazione di proposte legislative a livello nazionale (Ispra, Ministero dell’Ambiente, Ministero delle Politiche Agricole) ed internazionale (gruppi di lavoro su tematiche relative all’ambiente, ai rifiuti e alla salvaguardia del suolo: rischio desertificazione e carenza di sostanza organica). Nel corso degli ultimi anni il Consorzio ha dedicato molte delle proprie energie anche al settore della certificazione. Nel 2003 il CIC ha iniziato un percorso di attestazione della qualità dell’ammendante prodotto dai propri associati, dando così inizio ad un programma di certificazione volontaria che a tutt’oggi conta 28 prodotti che si fregiano del “Marchio qualità CIC”, di cui 22 ACM – ammendante compostato misto – e 6 ACV, ammendante compostato verde. Le ragioni per le quali il marchio è stato creato traggono spunto dalle necessità di fornire agli utilizzatori un’ulteriore garanzia sul prodotto (già sottoposto a controlli ai sensi del decreto legislativo 217/06 – norma nazionale sui fertilizzanti). È in corso di elaborazione anche un sistema di controllo sui sistemi posti in atto dagli impianti sulla tracciabilità dei materiali trattati e sulla rintracciabilità degli ammendanti prodotti. Oltre a mirare alla garanzia del prodotto, il CIC, attraverso la certificazione, intende quindi fornire valore aggiunto all’am-

Ammendante compostato confezionato destinato al florovivaismo

Lavorazione degli scarti organici per la produzione di ammendante compostato

mendante compostato e assicurare ai destinatari finali trasparenza, affidabilità e qualità. Il programma di certificazione del CIC è in continua evoluzione; l’ultima revisione si è conclusa nel 2007 è ha visto l’introduzione di alcune importanti novità: • istituzione di un Comitato di Garanzia con compiti di indirizzo nella Certificazione di Prodotto; • introduzione del Programma Terso: tracciabilità e rintraccibilità degli scarti organici;

• introduzione del Car, Certificato di avvenuto recupero; • aggiornamento con le ultime novità normative. Nel 2008 circa 300mila t/anno di ammendante di qualità sono state etichettate con il “Marchio di qualità CIC”.

Il secondo programma di certificazione dei marchi

Il secondo programma di certificazione che il CIC ha recentemente ufficializzato è quello relativo alla “compostabilità” dei manufatti e imballaggi ottenuti a partire da polimeri biodegradabili e rinnovabili (amido, fibre di cellulosa, ecc). La presenza di plastiche nella frazione organica della raccolta differenziata rappresenta da tempo un serio problema sia per quanto riguarda la qualità dell’ammendante, che per quanto riguarda la mole di scarti (imballaggi e confezioni) che gli impianti di recupero si trovano a dover smaltire a fine processo. Oggi sul mercato si trovano nuovi materiali Dal 2003 il cic ha iniziato un percorso di attestazione della qualità dell’ammendante prodotto dai propri associati, dando vita al marchio qualità cic

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ATTUALITÀ

(Materbi, PLA, derivati della cellulosa) che si possono degradare completamente durante il processo di compostaggio, consentendo così un risparmio sugli oneri di smaltimento e, nel contempo, l’ottenimento di un ammendante compostato di alta qualità nel rispetto dell’ambiente. L’obiettivo di valorizzare i materiali realizzati a partire da polimeri biodegradabili sta alla base del nuovo “Marchio compostabile CIC” introdotto dal Consorzio italiano compostatori a partire dal 2006. In seguito ad un’approfondita attività sperimentale, il Consorzio è giunto alla messa a punto di una metodica per la determinazione della disintegrabilità (le bioplastiche dopo novanta giorni di processo non sono più visibili) su scala reale dei manufatti biodegradabili (sacchi per la raccolta differenziata, shopper, oggetti per il catering, ecc). La disintegrabilità, unitamente alla biodegradabilità, all’assenza di effetti negativi sul processo e sulla qualità

del compost finale, rappresenta uno dei criteri stabiliti dalle norme UNI EN 14995 e UNI EN 13432 che fissano rispettivamente i requisiti di compostabilità dei materiali plastici e dei manufatti/imballaggi. Attraverso la verifica della disintegrabilità condotta mediante un test su scala reale e la verifica degli altri elementi di cui sopra, il Consorzio, in collaborazione con l’ente di certificazione Certiquality, rilascia un marchio che attesta la possibilità per alcuni prodotti di poter essere immessi nel ciclo di compostaggio. I prodotti che possono fregiarsi del marchio “Comportabile CIC” potranno essere riconosciuti non solo dai consumatori, che in questo modo riescono a separarli alla fonte, ma anche dagli impianti di trattamento che li gestiranno come gli altri scarti organici biodegradabili. Al termine della procedura di certificazione sarà rilasciata la licenza d’uso del marchio e il logo potrà essere riportato sui manufatti certificati.

Fabbricante

Categoria commerciale D.lgs. 217/06

Scarto trattato

ACEA PINEROLESE INDUSTRIALE SPA (TO)

ACM

F+V+D

AIMAG SPA (MO)

ACM

A+FORSU+V

AMA SPA (RM)

ACM

FORSU+V

AZ. AGR. ALLEVI SRL (PV)

ACM

F+V

BERCO SRL (BG)

ACM

FORSU+V

BIOCICLO SRL (MN)

ACM

FORSU+F+V+A

CAVIRO DISTILLERIE SRL (RA)

ACM

FORSU+A+V

CENTROAMBIENTE SPA (PG)

ACM

FORSU+V

C.E.R.M.E.C. SPA (MS)

ACV

V

CONSORZIO C.I.D.I.U. SPA (TO)

ACV

V

EAL COMPOST SRL(LO)

ACM

FORSU+V

ECOCALL SPA (VB)

ACM

FORSU+V+F

E.R.U.S. SERVICE SPA (MI)

ACV

V

FERTILVITA SRL (PV)

ACM

FORSU + V

G.A.I.A. SPA (AT)

ACM

FORSU+V

GESENU SPA (PG)

ACM

FORSU+V

NUOVA AMIT SRL (RO)

ACM

FORSU+V+F

NUOVA GEOVIS SPA (BO)

ACV

V

Azienda

Materiale certificato

Manufatto certificato

NUOVA GEOVIS SPA (BO)

ACM

FORSU+V+A

Novamont Spa

RECUPERA SRL (RN)

ACM

FORSU+V

RECUPERA SRL (FE)

ACM

FORSU+V

Amido di mais (Materbi®): NF10A/D, CF03A/A, NF803

Sacchetti per la raccolta differenziata dello scarto organico, Shopper per asporto merce

RECUPERA SRL (RA)

ACM

FORSU+V

Aspic Srl

SECIT SPA (PR)

ACM

FORSU+V

Carta Avana riciclata: SUMUS®

Sacchetti per la raccolta differenziata dello scarto organico

SECIT SPA (OT)

ACM

FORSU+V

SESA SPA (PD)

ACM

FORSU+V+D

SIEM SPA (MN)

ACV

V

SIENAMBIENTE SPA (SI)

ACM

FORSU+V

TECNOGARDEN SERVICE SRL (MI)

ACV

V

Tabella 1: impianti che hanno aderito al circuito del Marchio Cic Legenda tabella ACM: Ammendante compostato misto ACV: Ammendante compostato verde Forsu: (Frazione organica dei rifiuti solidi urbani) umido da Raccolta Differenziata V: verde A: agroindustria D: digestato (prodotto della digestione anaerobica da Forsu)

14

Tabella 2: aziende che hanno superato l’iter di certificazione Spandimento di ammendante compostato in agricoltura


Scarti vegetali della raccolta differenziata

È, quindi, auspicabile che in seguito alla crescente esigenza di poter disporre in modo costante di ammendanti compostati di qualità, si possa concretamente stimolare l’intera filiera (dalla produzione di imballaggi fino al recupero) alla diffusione dei manufatti compostabili. Si ipotizza, inoltre, che il marchio possa imprimere con maggiore facilità una spinta al consumo e al conseguente recupero di manufatti compostabili impiegati in particolari utenze come quelle della ristorazione collettiva (per esempio mense, ristoranti, feste). In questo caso, un sistema di raccolta opportunamente gestito degli scarti (avanzi di cibo unito ai piatti, alle posate e ai bicchieri compostabili) permetterebbe di superare i problemi legati alla commistione con altri materiali non biodegradabili e la creazione di flussi virtuosi diretti al recupero negli impianti di compostaggio. La aziende che attualmente hanno superato l’iter di certificazione e potranno apporre sui loro prodotti il logo “Compostabile CIC” sono

Scarti vegetali della raccolta differenziata.

indicae nella tabella 2. Le difficoltà potrebbero sorgere, invece, a livello di utenza domestica, dove una scarsa informazione sul marchio andrebbe a discapito di una buona raccolta differenziata: infatti, un manufatto compostabile (seppur dotato di marchio) potrebbe non essere riconosciuto come tale ed essere deviato verso un circuito di recupero diverso da quello stabilito.

Il Consorzio si è finora impegnato e si impegnerà ancora nella diffusione delle informazioni relative al marchio compostabile (www. compostabile.com), ma tutto ciò dovrà essere sostenuto attraverso operazioni di comunicazione congiunte anche con chi acquisirà la certificazione. * Consorzio Italiano Compostatori

15 15


ATTUALITà

RemTech Expo 2009 TRA NOV ITà E CONF ERME SETTORI PRINCIPALI ✔ Caratterizzazione Indagini, strumenti di analisi, controllo e monitoraggio ✔ Bonifica – Tecnologie di bonifica acque e terreni. ✔ Bonifica di serbatoi, vecchie discariche e trasporto dei rifiuti ✔ Impianti di trattamento, rimozione e incapsulamento amianto ✔ Gestione e trattamento dei sedimenti e attività di dragaggio ✔ Riqualificazione del territorio ✔ Brownfields & Real Estates – Valorizzazione economica e riqualificazione di aree contaminate ✔ Demolizioni civili e industriali & Decommissioning ✔ Strumenti per la gestione e la pianificazione ✔ Certificazioni, assicurazioni, consulenze e servizi ambientali e comunicazione ambientale

L

a bonifica di siti contaminati è una problematica complessa sia dal punto di vista tecnico che economico perché multidisciplinare e sito specifica. Le modifiche introdotte dal D.Lgs. 152/2006 hanno contribuito in diversi casi all’individuazione di interventi sostenibili economicamente ed appropriati in termini di salvaguardia dell’uomo e dell’ambiente. I siti contaminati di interesse nazionale sono più di cinquanta, ma se si considerano i siti inquinati di competenza regionale il numero aumenta fino a 15 mila per una copertura del territorio di circa il 3%.

COS’è REMTECH

Dal 23 al 25 settembre 2009 si svolgerà a Ferrara la terza edizione del Salone sulle Bonifiche dei Siti Contaminati e sulla Riqualifi-

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D a l 2 3 a l 2 5 Se t t emb r e 2009 s i sv ol g e rà a Fe r r a r a la t e r z a e d i z i o n e d e l S alone s ull e Bo n i f i c h e d e i S i t i Co ntaminati e s ulla Ri q u al i f i c a zi o ne de l Te r r i t o r i o di Maria Beatrice Celino

cazione del Territorio - RemTech Expo 2009, unico evento italiano interamente dedicato al settore delle bonifiche e della riqualificazione del territorio. RemTech Expo 2009 sarà l’ideale luogo di incontro tra operatori, istituzioni ed esperti del settore ed un importante momento di confronto per lo sviluppo di azioni volte a garantire la sinergica convivenza tra produttività e tutela o ripristino del territorio. Un centinaio tra le più rappresentative aziende del settore ha già scelto in passato il Salone ferrarese come vetrina altamente qualificata. L’area espositiva, nella quale si svilupperanno importanti e vivaci momenti di confronto, annovera realtà provenienti dai settori della caratterizzazione, monitoraggio, bonifica di acque e terreni, demolizioni, dragaggi, consulenza, gestione dei rifiuti e riqualificazione.

LE NOVITà

I settori “Gestione e trattamento dei sedimenti e attività di Dragaggio” e “Demolizioni Civili e Industriali & Decommissioning” rappresentano l’ampliamento a nuovi settori di interesse della terza edizione di RemTech Expo 2009. Particolare attenzione sarà rivolta anche al tema della caratterizzazione, del monitoraggio, delle nuove tecnologie e dei materiali innovativi per la bonifica, così come al coordinamento ed alla consulenza ambientale, fino alle tematiche di più vasto respiro afferenti alla riqualificazione del territorio. La seconda edizione, svoltasi dal 24 al 26 Settembre 2008, ha visto la partecipazione di un numero di espositori cresciuto del 40% rispetto al primo anno ed una forte crescita della componente straniera. Nella terza edizione si proseguirà, come già avvenuto nella precedente, lungo la strada dell’interazione e del confronto, anche attraverso momenti di incontro con delegazioni ufficiali provenienti da Paesi in via di forte sensibilizzazione a livello ambientale. Gli incontri bilaterali con i delegati avranno lo


scopo principale di puntare all’apertura ed al costituita dal Simposio internazionale, dedirafforzamento di nuovi mercati. Il progetto di cato ai terreni ed ai sedimenti contaminati: il internazionalizzazione si svolgerà, come nel Simposio internazionale sarà coordinato dal 2008, grazie al contributo della Regione Emi- Comitato Scientifico internazionale, incaricato, tra l’altro, di selezionare i paper. lia Romagna. L’ampia e rinnovata area espositiva, sarà af- Il Comitato scientifico quest’anno, per la fiancata dalla sessione congressuale ufficiale prima volta, è supportato dal Comitato di innazionale, comprendente otto differenti even- dirizzo, incaricato di svolgere una funzione ti, ciascuno della durata di mezza giornata, “guida” per l’individuazione di nuovi settori ECO_240x150:Layout 17-02-2009 15:07 Pagina e1di tematiche di particolare attualità ed intecoordinata dal1 Comitato scientifico. Un’importante novità di questa edizione e resse e di coinvolgere in maniera propositiva

le principali associazioni nazionali di riferimento. Coordinatore del Comitato d’indirizzo e del Comitato scientifico è l’ingegnere Daniele Cazzuffi dell’Ismes, Divisione ambiente e territorio di CESI Spa di Milano, che sul prossimo numero di Eco illustrerà tutte le tematiche relative ai convegni. Altra novità assoluta per l’edizione 2009 saranno i premi per le migliori tesi di laurea. I premi RemTech 2009 saranno assegnati ai migliori lavori di laurea magistrale, selezionati da un’apposita commissione, grazie al contributo di alcune associazioni ed in particolare di: Andis, Federchimica, Unione Petrolifera, Assoreca, Consiglio nazionale dei chimici e Federambiente. In conclusione, aziende, esperti del settore delle bonifiche dei siti contaminati e pubbliche amministrazioni, daranno vita ad un vero e proprio tavolo operativo della durata di tre giorni, durante la quale le bonifiche e la riqualificazione del territorio saranno indiscussi protagonisti. www.trevibenne.it

La Forza non è nulla senza la Precisione.

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Attualità

percorsi di InformA- Azione verso l’eccellenza Nata d a un ’ i n tui z i o n e d i Patri z i o Pa o le t t i , e s p e rt o e coa c h in co muni ca z i o ne re l a z i o n al e , I nf o r m a Azio n e è s p e c i al i zzata n ella form az i o n e p e r m a n a g e r

Emanuela Bertagna, Amministratore Unico di InformaAzione

di Massimo Viarenghi

I

n questo momento di crisi, dove le certezze cui aggrapparsi scarseggiano, abbiamo incontrato Emanuela Bertagna, amministratore unico di InformaAzione, azienda leader nel campo della formazione manageriale e del personale, che fa dell’elemento uomo il fulcro del successo nella vita imprenditoriale ed in quella privata. Storicamente questo è un momento difficile in scala globale; tutti puntano gli occhi sugli imprenditori per la ripresa economica; trovare nuove idee non sempre è così facile, qual è il ruolo della formazione? «È proprio dalle difficoltà che l’uomo può riemergere con maggiore forza se ha appreso e fatti propri alcuni concetti fondamentali. Il ruolo della formazione oggi consiste nel trasmettere l’importanza della visione e della creatività, cioè il vedersi cambiare attraverso il mondo che cambia, vedere le proprie scelte proiettate nel futuro. Se a questo si aggiungono anche l’innovazione ed il coraggio dell’innovazione

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stessa, allora l’uomo riuscirà sicuramente a reinventarsi e riorganizzarsi, e portare così al successo la propria impresa o, anche, la propria vita. L’idea principale che vogliamo trasmettere attraverso i nostri progetti formativi è l’importanza della condivisione di idee e proposte, in questo momento più che mai. È tempo di attuare scelte più incisive, che diano davvero una scossa positiva a tutto il mondo dell’impresa. Tutto ciò sarà possibile dando valore e migliorando continuamente il fattore ‘uomo’, inteso letteralmente come risorsa umana». La capacità di comunicazione, così come Patrizio Paoletti (vedi box) la descrive nei suoi seminari, costituisce uno strumento indispensabile non solo per l’attività imprenditoriale, ma anche per la propria vita. Ma pare che non sia così scontato per l’uomo, saper comunicare... «Diciamo che, se non è vero che esiste un solo modo di comunicare, è altresì certa la presenza di un fattore comune a tutte le forme di comu-

nicazione: ascoltare. Per prima cosa occorre capire il cambiamento per poterlo poi comunicare. In questa ottica si sviluppano i nostri seminari e/o corsi di formazione creati ad hoc sulle esigenze dell’azienda, nei quali cerchiamo di creare il migliore contesto possibile per le piccole imprese e per i bisogni imprenditoriali, stando attenti sia alle esigenze delle piccole imprese (analisi fabbisogno azienda e case history) sia a diffondere l’idea di miglioramento continuo». Quali sono, quindi, i risultati di una comunicazione efficace? «Comunicare è già ottenere il risultato. Comunicare è fare in modo che tutte le persone che incontrate, quando voi le lascerete, abbiano più riferimenti, più significato. Inoltre, per realizzare una corretta comunicazione si presuppone l’applicazione di alcune regole. Semplificando, è possibile considerarne tre fondamentali: 1. Conoscere bene l’argomento di cui parlare.


2. Perché parlare di quell’argomento. 3. Come parlare di quell’argomento. Noi nasciamo e veniamo educati producendo una qualità standard di comunicazione. Il processo educativo che riceviamo riconosce la comunicazione come il risultato di tre componenti fondamentali: 1. Il linguaggio di chi parla 2. Il tono della sua voce 3. La sua postura fisica L’unico modo per assicurare a voi stessi e alla vostra azienda successo e ricchezza è essere appassionati, innamorati dello scambio, e riuscire a trasmetterlo a tutto il personale dell’azienda, facendo sentire le risorse umane coinvolte nel processo e partecipi dei risultati». Lei parla di “percorso verso l’eccellenza”: quali sono le tappe fondamentali di questo percorso? «“Percorsi verso l’eccellenza” è un’iniziativa nata all’interno di Master Progetto Sabb, master in comunicazione relazionale e fund raising, che ha lo scopo di mettere in contatto gli studenti con personalità d’eccellenza per imparare attraverso i loro percorsi mentali e strategie, costruendo visioni più ampie e aprire ad una creatività più alta. “Percorsi verso l’eccellenza” è un metodo di lavoro per ispirare l’eccellenza, che sia anche sostenibile. Attenzione però a non confondere l’eccellenza con una gara». Ogni percorso implica un inizio e una fine; è possibile applicare questo concetto anche all’uomo? «Certo, ogni percorso ha un inizio e una fine. Nel nostro caso l’inizio è l’educare (dal latino ex ducere, portare fuori) e continua nell’eccellenza intesa come spingere fuori, attraverso il concetto di sviluppo (sciogliere i nodi) – crescita (allargare la cornice) – evoluzione (spostarsi di posizione). Mi spiego meglio. All’inizio si sciolgono i nodi, si liberano nuove possibilità così da avere la possibilità di allargare la cornice, cioè di crescere, di darsi una nuova dimensione, di reinventarsi, per arrivare all’evoluzione. Questa però non è un punto fisso di arrivo, è una condizione in continuo mutamento, mettendosi in discussione; oggi ho fatto un passo in più di ieri, e domani farò un passo in più di oggi». La sua attività l’ha portata a conoscere grandi uomini. Cosa è per lei un grande uomo?

«Durante la mia attività ho incontrato grandi uomini, è vero. Ma va precisato un aspetto molto importante: tutti gli uomini potenzialmente sono grandi uomini, basta che trovino il coraggio per “salire sulle spalle dei giganti”, come hanno fatto quelli che ho incontrato». Abbiamo sentito parlare del sistema RADRO per raggiungere il successo. Ci potrebbe spiegare di cosa si tratta? «Il RADRO è un efficace percorso pensato da Patrizio Paoletti che permette di rispondere alla domanda: “Perché alcuni uomini sono più efficaci di altri e perché alcune persone hanno successo?”. La risposta sta proprio nell’acronimo RADRO: capacità di Riconoscere, Acquisire, Differenziare, Raggruppare e infine Organizzare il sapere in modo sempre nuovo». Rendi la tua vita straordinaria (RVS) è un vostro programma educativo/formativo; a chi è rivolto?

«RVS è il percorso di studio ideale per coloro che desiderano apprendere le arti della Comunicazione e della Motivazione al fine di applicarle con successo in tutti gli ambiti della vita, non solo imprenditoriale, ma anche privata. È rivolto a imprenditori, manager, formatori, liberi professionisti e a tutti coloro che desiderano migliorare la loro vita. Attraverso strumenti ed esercizi si svilupperà una più alta capacità di definizione degli obiettivi finalizzata al raggiungimento dei risultati e si apprenderanno le regole della comunicazione al fine di realizzare relazioni sempre più significative e gratificanti. Non siamo noi che rendiamo straordinaria la vita di chi segue i nostri corsi, noi diamo gli strumenti affinché ognuno possa rendere la propria vita straordinaria, decidendo autonomamente cosa è fuori dall’ordinario». Quali sono le qualità indispensabili dell’im-

Patrizio Paoletti: l’uomo che “trasforma i desideri in realtà” Nato a Napoli nel 1960, una laurea all’Accademia delle Belle Arti, più di venticinque anni di studi ed esperienza in comunicazione relazionale, oltre 100mila partecipanti ai suoi percorsi formativi, Patrizio Paoletti è uno dei più importanti esperti internazionali in formazione manageriale e motivazionale in Italia e nel mondo. Patrizio Paoletti ha dedicato la sua vita alla ricerca dello sviluppo dei potenziali umani, sperimentando sempre nuovi e più efficaci strumenti per la comunicazione. Comunicatore di eccezionali qualità, attraverso i suoi corsi e seminari condivide i concetti chiave dell’apprendimento con migliaia di persone ogni anno. Con questi strumenti, i partecipanti riescono a migliorare la comunicazione con sé stessi, con gli altri e con tutto il mondo ed hanno inoltre la possibilità di migliorare la qualità della loro vita. Dalla sue esperienze e ricerche continue, è nata Pedagogia per il Terzo Millennio®. Questo eccezionale e innovativo strumento è utilizzato negli otto campi della vita dell’uomo: salute e spirito, famiglia e affetti, amicizia e comunità, lavoro e finanze. La sua visione strategica e le sue capacità creative hanno innovato e ridisegnato, nell’ultimo decennio, il panorama internazionale della formazione rendendolo punto di riferimento per imprenditori, amministratori e manager. È speaker accreditato presso le più importanti università italiane e straniere ed autore di numerosi libri tra cui L’arte della negoziazione, La spirale del successo e Crescere nell’eccellenza. Dal 2000 è impegnato in importanti progetti sociali come presidente di Fondazione L’Albero della Vita e di Fondazione Patrizio Paoletti per lo sviluppo e la comunicazione.

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ATTUALITà

prenditore del nostro millennio? «Come già dicevo prima, visione e creatività, innovazione e coraggio. Soprattutto, un imprenditore deve avere l’umiltà di imparare ad imparare, continuamente senza fermarsi mai».

Specializzati in formazione

Una società in movimento, con ritmi e velocità che si confrontano costantemente con i grandi cambiamenti del mondo. Questa è la fotografia di InformaAzione, azienda riconosciuta a livello internazionale specializzata nella formazione per manager. Nell’ambito delle sue attività, di grande importanza è la scelta della location: la società ha infatti scelto come sua sede l’Umbria, territorio ricchissimo di suggestioni storiche, artistiche e naturali, elementi favorevoli per un’esperienza di apprendimento rigenerante e ad alto livello. InformaAzione, società di formazione e motivazione con sede a Bastia Umbra (Assisi) è specializzata nella consulenza e nella selezione

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di corsi, seminari e master, soprattutto all’interno del management delle aziende. La mission di InformaAzione consiste nel mettere i propri clienti nelle condizioni migliori per organizzare le proprie conoscenze ed esperienze a vantaggio di una dinamica visione sostenibile d’insieme, in modo da giungere infine ad apprendere il segreto della “felicità in azienda”. L’intuizione di Patrizio Paoletti, fondatore di InformaAzione, è stata quella di creare un centro rivolto ai manager che è andato poi ad arricchire il panorama locale.

Grazie alla sua visione, InformaAzione ha mostrato sempre tassi di crescita costanti, cavalcando la prospettiva del ‘longlife learning’, ossia di apprendimento permanente nell’intero percorso della propria vita. InformaAzione non si ferma solo al benessere aziendale ma promuove, in collaborazione con università italiane e straniere, quella che viene definita la pedagogia per il terzo millennio (PTM), ossia un innovativo sistema educativo di idee e tecnologie orientati al miglioramento continuo.


FABBRI CA DELL E IDEE

Dustcart: il ROBOT SPA ZZINO ASSOMIGL IA AL Wall- E d e lla Disney-P i x a r , s i muo v e s u gomme, ev i ta g l i osta c o l i E V IENE A PRENDERE I RIF I UTI A C A S A VOS TRA

di Andrea Terziano

I

l robottino si muove per le vie della città raccogliendo porta a porta il sacco dei rifiuti. Fantascienza? Affatto! Vi presentiamo il progetto italo-giapponese che potrebbe avere le carte per cambiare il modo di concepire la raccolta differenziata porta a porta. La prima dimostrazione pubblica del robot DustCart, realizzato nell’ambito del progetto europeo DustBot (coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna), si è tenuta nei giorni 28 e 29 gennaio 2009 nella città di Osaka, in Giappone. Nato dalla collaborazione tra i laboratori di biorobotica della Scuola e l’ATR (Advanced Telecommunications Research Institute International) di Kyoto, prestigioso istituto di ricerca nel campo delle telecomunicazioni e della robotica, il robot DustCart è stato presentato all’interno del centro commerciale “Universal CityWalk”, presso il parco Universal Studios di Osaka. Nel parco il gruppo di ricercatori ha realizzato un sito sperimentale per dimostra-

re l’applicazione di reti di robot in servizi di utilità per i visitatori e per testare modelli di interazione uomo-robot. In Italia il debutto è stato il 9 maggio a Pontedera; la sperimentazione si è svolta nelle zone pedonali dei Comuni di Pontedera, Peccioli e Massa (Massa Carrara). Il DustCart, alto un metro e mezzo e largo 77 centimetri, ha un’autonomia di 24 chilometri e una velocità di punta di 16 km/h che però non raggiunge mai per evitare incidenti, mantenendo una velocità di crociera di un metro al secondo. La navigazione è gestita da due sistemi di rivelamento che operano contemporaneamente: il primo basato sul Gps, del tutto simile a quello dei navigatori satellitari ed il secondo costituito da un sistema secondario di boe (da installare appositamente per il robot nelle zone operative) che funziona tramite ultrasuoni e decide la posizione con uno scarto di centimetri. Altra particolarità è quella che per rendere sicura la navigazione del robot, ad

esempio, nei centri storici e quindi per individuare gli ostacoli-pedoni da evitare, il robot utilizza dei laser montati sopra le ruote. Il cassetto che si apre per contenere i rifiuti può portare 30 kg (80 litri) e, toccando lo schermo, si può selezionare il tipo di rifiuti per la raccolta differenziata (vetro, plastica, carta, organico). I primi risultati di laboratorio hanno dato un esito positivo. Tecnicamente il robot funziona bene e individua con accuratezza gli ostacoli e gli indirizzi dove recarsi. Ovviamente ci sono delle criticità che vanno ancora risolte per rendere il robot del tutto indipendente e passare dagli ambienti preparati ad hoc (parchi, laboratori) al mondo reale delle nostre città. Per una corretta raccolta di rifiuti sarà in ogni caso indispensabile avere una rete di robot che, se pur efficienti, avranno bisogno di controlli e manutenzione continua, senza contare i probabili episodi di vandalismo a cui i robottini saranno soggetti.

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THE BIG EYE

L’industria del fotovoltaic o guarda al fut uro e pensa ai propri rifi uti Da l B el g i o pa rt e l’ i n i z i at iva d i P V Cy cl e c h e u n i s c e i p r o du t t o r i d el f o t ov olta i co in u n p r o g r amm a v o l onta r i o euro peo che p e n s a al d e s t i n o d e i m o dul i foto v olta i c i g iu n t i alla f i n e d e l c i cl o v ita di Giuseppe Pitrelli*

L’

industria fotovoltaica è stata protagonista negli ultimi anni di un’importante crescita trainata soprattutto dal mercato europeo che anche nel 2008 ha confermato la sua leadership con quasi l’80% della potenza mondiale installata. Ciò significa che dei 6 GW installati lo scorso anno nel mondo, circa 4,6 GW ricadono sul territorio dell’Unione Europea incrementando la potenza totale fino a oltre 9 GW.

Germania Spagna Giappone Stati Uniti Italia Corea del Sud Francia

5430 3240 2220 1250 443 350 80

Potenza installata impianti fotovoltaici (dati Conto Energia 2008)

La tendenza per il 2009 e per gli anni successivi, anche se in parte arrestata dai limiti di incentivazione posti dal conto energia, con-

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fermerà la crescita del settore con il raggiungimento di 16 GW di potenza installata nel 2010 (dati EurObserv’ER). Se da un lato l’Ambiente può sorridere leggendo questi dati, un occhio più lungimirante potrebbe cominciare a preoccuparsi del destino finale dei pannelli fotovoltaici che, esaurita la loro capacità di generare energia pulita, si trasformano in rifiuti. Facendo risalire le prime significative installazioni di moduli ai primi anni ’90 e considerando una durata minima dei pannelli di 25 anni, è facile immaginare come tra poco più di 10 anni inizierà su larga scala il processo di dismissione dei moduli ormai giunti alla fine del ciclo vita. Il quantitativo di rifiuti atteso per l’anno in corso è di 3800 tonnellate ma siamo note-

volmente distanti dalle previsioni per il 2020 quando si produrranno potenzialmente 35.000 tonnellate di rifiuti. Questa riflessione ha portato nel 2007 alla fondazione di PV Cycle, un’Associazione che ha il preciso intento di promuovere l’impegno dei produttori del settore fotovoltaico nel creare un programma di raccolta e riciclaggio dei pannelli esausti. L’Associazione, nata in Belgio ma attiva a livello europeo, raggruppa tra i suoi membri industrie manifatturiere e importatrici di moduli rappresentando più del 70% del mercato fotovoltaico dell’Europa. E’ importante evidenziare come questo sia un esempio significativo di come l’industria si possa organizzare volontariamente prefiggendosi ambiziosi obiettivi. E’ infatti una ferma

IPSE DIXIT “Accolgo con entusiasmo l’impegno assunto dall’industria fotovoltaica per la creazione di un sistema volontario per la raccolta e il riciclaggio dei panelli fotovoltaici e attendo con impazienza di vedere i risultati di tale ambizioso progetto”. (Il Commissario Europeo per l’Ambiente Stavros Dimas)


Impianto fotovoltaico non integrato (fonte GSE)

intenzione dei membri del PV Cycle, quando nel 2015 si verificherà un significativo incremento nella dismissione di pannelli esausti, di rendere operativo un programma per la raccolta e il riciclaggio dei moduli, finanziato dai produttori stessi ed in linea con le indicazioni europee in merito alla gestione dei rifiuti. Il percorso dell’Associazione è in costante evoluzione ma un segnale importante risale a fine 2008 quando, con il supporto della Presidenza Francese dell’Unione Europea e del Commissario Europeo per l’Ambiente, i membri di PV Cycle hanno sottoscritto una Dichiarazione nella quale si impegnano a raccogliere almeno il 65% dei moduli fotovoltaici installati in Europa a partire dal 1990 e di riciclare l’85% dei materiali di cui sono costituiti. Prima di occuparsi però degli aspetti legati al riutilizzo e riciclaggio dei pannelli, l’obiettivo prioritario di PV Cycle, sta nell’organizzazione di un efficiente sistema di raccolta dei panMATERIALI

Kg/m2

% in peso

% recuperata

Vetro

10,0

74,16

90

Cornice di Alluminio

1,39

10,3

100

Celle fotovoltaiche

0,47

3,48

90

Tedlar, EVA

1,37

10,15

-

Cavi

0,10

0,75

95

Adesivi

0,16

1,16

-

Tabella 1 - Composizione tipo di un modulo cristallino e percentuale di recupero dei materiali.

nelli dimessi e più precisamente nella corretta individuazione di modalità e procedure standardizzate che consentano il raggiungimento delle ambiziose percentuali prefissate. Una volta sviluppata la struttura di raccolta, l’Associazione si impegnerà nel processo di riciclaggio vero e proprio. Attualmente sono operative su scala reale due tecnologie: il processo di implementato da Deutsche Solar, principalmente impiegato per il moduli cristallini in silicio, ed il trattamento di First Solar, utilizzato per i moduli a film sottile in Tellururo di Cadmio (CdTe). Sono invece in fase di sviluppo i processi di riciclaggio applicabili ad altre tecnologie. E’ evidente che la posizione assunta da PV Cycle e dalle industrie che hanno aderito a questo programma è un modo intelligente di anticipare le eventuali intenzioni da

parte dell’Unione Europea, indirizzate ad includere i moduli fotovoltaici all’interno della Direttiva RAEE, beneficiando di tutte le ricadute a livello ambientale, sociale ed economico che possono derivare dall’“autoregolamentazione” del processo di raccolta e riciclaggio. Qualunque sia il motore principale dell’iniziativa, va detto che PV Cycle sta facendo un lavoro significativo sia dal punto di vista formale, per presentare nei prossimi mesi alla Commissione Europea la versione definitiva dello schema sviluppato per la raccolta e riciclaggio, sia dal punto di vista operativo, con l’obiettivo di lanciare entro fine anno un sistema di raccolta dei pannelli che parta dalla Germania per potersi espandere gradualmente a tutti gli Stati europei. *CO.PI. Impianti s.r.l.

I MODULI FOTOVOLTAICI Il modulo fotovoltaico è un sistema che sfrutta la radiazione solare per la produzione di energia elettrica. Il processo fotovoltaico che consente di effettuare questa trasformazione avviene all’interno delle celle fotovoltaiche realizzate generalmente in silicio sottoposto a complessi trattamenti chimici e fisici. Le tipologie più diffuse di celle fotovoltaiche sono i “wafer” in silicio monocristallino, più costosi ed efficienti, ed i “wafer” in silicio policristallino, con costi e rendimenti inferiori. Oltre al silicio di tipo cristallino, vi è un accresciuto interesse da parte dei produttori per i moduli basati sul silicio amorfo, i cosiddetti moduli a film sottile. Va detto inoltre che i moduli a film sottile, possono essere realizzati oltre che con il più diffuso silicio anche con Tellururo di cadmio (CdTe), il Solfuro di cadmio (CdS) microcristallino, l’Arseniuro di gallio (GaAs), il Diseleniuro, e numerose altre sostanze ancora in fase di sperimentazione. Dal punto di vista dei materiali che lo costituiscono, il modulo risulta composto da una fibra di vetro, che funge da copertura per la protezione dagli urti e dalle precipitazioni, seguita dalle celle fotovoltaiche che, collegate tra loro in base alle prestazioni richieste, sono appoggiate su un elemento plastico posteriore che conferisce rigidità al modulo. Il pannello così composto è racchiuso da una cornice in alluminio anodizzato, mentre nella parte posteriore è posizionata una cassetta da cui fuoriescono i cavi elettrici provenienti dalle celle.

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T R

O EP R

Prospetti v e e sviluppi per il mercato del DECOMMISSIONING industriale

T R

OR P E

R EP ORT

Le ci t tà i tal i a n e n o n p o s s o n o p i ù e s pa ndersi, i l ri ut i l i z z o de l pat r i mo n i o e d i l i z i o in d us trial e di smess o è al c e n t r o d ell’ at t e nzi o n e per le eno r m i p o s s i b ili tà c h e q u e s t o m e r c at o off re a c hi cost r ui s c e , b o n if i c a e d e m ol i s c e

di Massimo Viarenghi

E

difici industriali, ex aree dismesse, quartieri degradati ed abbandonati, questa è la fotografia delle numerose periferie urbane che aspettano solamente di essere recuperate e valorizzate oppure demolite per fare spazio ad una nuova edificazione, senza sottrarre altri spazi al territorio nazionale. La dismissione di un area è un processo fisiologico legato all’evoluzione degli usi e della forma della città. In Italia, la questione della dismissione nasce negli anni ottanta con la

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contrazione delle grandi industrie che lasciano vaste aree ai margini delle periferie al degrado e all’abbandono, sovente con presenza di contaminazioni diffuse del suolo. Oggi molte di queste aree sono entrate a far parte del tessuto urbano che negli anni le ha inglobate, diventando dei problemi da risolvere, degli esempi di degrado e vuoto urbano ed allo stesso tempo delle risorse come opportunità immobiliari. Per far fronte a questa problematica già nel

D io n is io Vinello , vice Presidente AUDIS , Associa z ione Aree Urbane D ismesse

Perché le aree dismesse rappresentano una risorsa per il rilancio di zone strategiche delle nostre città? «La domanda contiene già la risposta, e non posso che citare un brano tratto dalla Carta AUDIS della rigenerazione urbana: “Il trasferimento dalle città di un vasto sistema di attività avvenuto negli ultimi decenni, ha progressivamente indebolito i centri urbani impoverendoli di funzioni e persone, causando squilibri territoriali, sociali, ambientali ed economici. La domanda di spazi e funzioni che la città continua a produrre la necessità di non proseguire con lo spreco della risorsa territorio, rendono evidente come le aree dismesse costituiscano un fattore strategico del processo di rigenerazione e sviluppo della


1998 nascono i Programmi di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio promossi dal Ministero dei lavori pubblici con l’obiettivo di realizzare interventi orientati all’ampliamento ed alla riqualificazione delle infrastrutture, del tessuto economico-produttivo-occupazionale, al recupero e alla riqualificazione dell’ambiente, dei tessuti urbani e sociali degli ambiti territoriali interessati. Questi programmi prevedono la partecipazione del privato sia per opere di iniziativa privata, sia per opere pubbliche o di interesse pubblico. I tra gli obbiettivi fondamentali dei PRUSST troviamo la realizzazione di un sistema integrato di attività finalizzate all’ampliamento, alla riqualificazione di zone urbane centrali e periferiche interessate da fenomeni di degrado. I finanziamenti provengono dal Ministero dei lavori pubblici, Direzione generale del Coordinamento Territoriale e sono finalizzati prioritariamente alla definizione della fattibilità del programma. Gli interventi di trasformazione possibili di un’area industriale dismessa si possono sintetizzare come nel seguito: 1. Interventi di restauro ambientale, ovvero operazioni finalizzate alla ricomposizione paesaggistica e al recupero degli elementi dell’ambiente originario;

città contemporanea”. Si tratta quindi di rispondere alle esigenze di rinnovamento e trasformazione della città, rinsaldandone il tessuto ed evitando lo spreco di territorio». Quali sono le fasi principali di un processo di decommissioning? «Bisogna anzitutto distinguere due casi: se le aree sono già state dismesse, e la proprietà è già passata ai promotori, oppure se va messo in conto anche l’intervento di dismissione; nel qual caso l’operazione diventa evidentemente più lunga e complessa. Normalmente la prima fase – peraltro fondamentale – è quella della negoziazione con il comune delle condizioni urbanistiche per il cambio d’uso degli immobili. Proce-

2. Interventi di conservazione edilizia, ovvero operazioni finalizzate alla trasmissione nel tempo del bene di interesse storico-simbolico; 3. Interventi di ristrutturazione, ovvero operazioni orientate a trasformare la tipologia strutturale dei manufatti, comportando una riorganizzazione funzionale degli immobili ed un loro migliore inserimento nel contesto urbano; 4. Interventi di demolizione (decommissioning) e ricostruzione, ovvero operazioni finalizzate alla realizzazione ex novo dell’area, attraverso la demolizione delle preesistenze e la ricostruzione delle nuove volumetrie. Appare evidente che, qualora si scelga di procedere alla dismissione a mezzo di demolizione e bonifica (scelta non poco frequente, in quanto molte aree ad oggi risultano fortemente degradate e compromesse), queste aree diventino delle grandi opportunità di lavoro per gli operatori del settore ambientale. A questo c’è da aggiungere che vi è la tendenza del governo attuale a prediligere gli interventi di demolizione e ricostruzione anche degli edifici privati a fronte di interventi di ristrutturazione costosi e complessi. Abbiamo parlato di tutto questo con gli esponenti di tre associazioni Italiane che rappresentano le imprese e le realtà maggiormente coinvolte nel mercato delle dismissioni industriali.

dura che avviene in genere utilizzando i programmi complessi, strumenti che assicurano procedure e tempi più rapidi rispetto ad una normale variante al PRG. Superata questa fase si passa a quella attuativa, realizzando il montaggio dell’operazione, sia per quanto riguarda il finanziamento che la collocazione sul mercato. Ed infine, si passa finalmente alla fase esecutiva, con la realizzazione degli immobili. Ma non è finita, perché va considerata anche la fase – continuativa – della gestione dei complessi immobiliari realizzati; fattore che appare sempre più importante per far quadrare il bilancio complessivo dell’intervento». I programmi di recupero urbano sono

strumenti complessi: esistono dei parametri preliminari di valutazione per prevederne il successo in fase di ideazione? «È ovvio che ogni operatore cerca di fare bene i suoi conti prima di partire con un progetto di trasformazione. Bisogna comunque distinguere due casi: se l’operatore è già proprietario delle aree, oppure no. Le prime valutazioni si fanno prima di avviare la fase urbanistica del cambio d’uso. Si tratta di analisi costi-ricavi spesso molto grezze, che talvolta gli imprenditori – in genere molto esperti e scafati in questo argomento –fanno mentalmente in quattro e quattr’otto. I procedimenti di valutazione vengono poi elaborati progressivamente – attraverso business plan, studi di fattibilità, piani economico-finanziari – man mano che si procede nelle varie fasi dell’operazione. Così nella fase urbanistica – programma integrato o variante al PRG – occorre presentare un piano finanziario, che

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R EP ORT

Gi useppe Pa nser i, P r e s i d e n t e NAD, N at i o n al D e m ol i t i o n As s o c i at i o n

La demolizione e la bonifica sono sempre più viste come strumento importante per la riqualificazione urbana e non solo come necessità fine a se stessa. Come è cambiato il panorama lavorativo in questi ultimi 20 anni? «I due settori non sono nati nello stesso momento storico e fino a quindici anni fa si sono mossi separatamente. Le bonifiche sono attività più giovani rispetto alle demolizioni e solo negli ultimi anni i due ambiti sono diventati strettamente collegati, soprattutto in seguito a una politica e a una legislazione ambientale sempre più severa. Anche i committenti hanno la loro responsabilità in quanto hanno richiesto e continuano a richiedere un servizio “chiavi in mano”: preferiscono non gestire direttamente i lavori di bonifica e di demolizione per non avere problemi per limiti di fornitura e per evitare interferenze fra due o più interlocutori». Quali sono le principali criticità tecniche ed ambientali che comunemente si trovano in lavoro di dismissione e come vanno affrontate?

deve garantire una serie di impegni ed obblighi (vedi il punto precedente). Nella fase successiva il piano finanziario va sempre più raffinato per ottenere dalle banche i finanziamenti necessari. Quali sono gli attori che interagiscono in un processo di rigenerazione urbana? «Si tratta di un processo complesso che coinvolge una molteplicità di attori. Cominciamo con il versante privato. Spesso ci sono ancora le imprese industriali proprietarie degli immobili, che seguono direttamente le pratiche per la riconversione – almeno fino alla conclusione della fase urbanistica – ma più spesso cedono le aree ad operatori specializzati. Poi dovrebbe entrare in gioco il promotore: una figura abbastanza nuova per il panorama italiano, che raggruppa una serie di competenze che prima erano separate: il proprietario, il costruttore, l’immobiliarista, il gestore. Altrettanto dicasi per le figure professionali

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«Per le criticità tecniche non è possibile dare una risposta unitaria perché ogni oggetto ha delle criticità specifiche che variano di volta in volta ; ad esempio altezze, contesto di inserimento, dimensioni, ecc….; Dal punto di vista ambientale le più grandi criticità sono due: il contenimento di polveri e di rumori. Oggi si opera molto più di prima in ambienti cittadini ed è quindi diventato necessario creare meno interferenze possibili all’ambiente circostante, in questo caso case abitate o attività commerciali. Le direttive vanno quindi nella direzione del massimo controllo possibile su polveri e rumori». Il mercato della demolizione industriale prima o poi sarà destinato ad una flessione ed ad un naturale esaurimento per lasciare posto ad altre attività legate ai piani di recupero urbano di edilizia popolare e residenziale. Come si preparano i soci di NAD a questo ciclo? «La maggioranza dei soci NAD sono già preparati a questo cambiamento. Sono anni che in ambito urbano la “demolizione” viene non a caso meglio definita: “decostruzione”. Il termine non è un formalismo e rende bene l’idea di una tecnologia che permette di “decostruire” in modo non invasivo, strutture nel cuore interessate. A latere ci sono sempre le istituzioni finanziarie: banche, società finanziarie, fondi, ecc. Sul versante pubblico ci sono sempre le amministrazioni locali: in primis comuni e regioni, che giocano un ruolo determinante nella conferenza dei servizi che porta all’accordo di programma. Le province, per le competenze ambientali assunte, sono molto importanti negli interventi di bonifica. Da valutare a parte il ruolo delle Soprintendenze nel caso che gli immobili siano vincolati». Ci sono due strumenti attuativi nella dismissione del patrimonio urbano: il Project Financing e le Società di trasformazione urbana. Potrebbe spiegare in cosa consistono? «Il PF viene utilizzato in genere quando occorre realizzare un intervento pubblico importante con il contributo dei privati. Se il Comune

delle città». Nella predisposizione di appalti pubblici di interventi di demolizione dovrebbero essere adottati dei criteri di selezione per la scelta delle imprese sia tecnici che organizzativi. Molte volte però questi criteri vengono disattesi perché? «Il settore della demolizione non è ancora regolato da leggi ben definite, ecco perché c’è spazio anche per chi si improvvisa demolitore. Oggi tutte le imprese che operano nel settore del “movi mento terra”,ad esempio, si possono non ha le risorse necessarie, il privato subentra realizzando (ed in molti casi gestendo successivamente) l’opera, insieme ad altre attività di tipo privato che garantiscono la fattibilità dell’operazione. Nonostante alcune difficoltà iniziali, la cosa sta prendendo piede anche nel nostro paese. Diverso il caso delle STU, che finora in Italia non hanno attecchito. In pratica, con le leggi attuali, una STU serve solo quando si deve sviluppare un progetto importante su aree pubbliche (o con significativa presenza di proprietà pubbliche). Altri tipi di STU – ad esempio come agenzie di promozione per iniziative prevalentemente private ma di rilievo urbano significativo – sono state proposte e studiate, ma finora con scarsissimi risultati». Fino ad ora abbiamo parlato di aree dismesse a carattere industriale; le risulta vero che in futuro bisognerà porre sempre di più l’attenzione anche sulle aree potenzialmente dismettibili,


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A EIRE 2009 real estate e decommissionINg si incontrano

trasformare in “demolitori” con estrema facilità. Non c’è nessuna garanzia, fatta eccezione per la S.O.A. che in un appalto pubblico a gareggiare siano solo le imprese titolate a farlo. Molto spesso succede il contrario ed è normale dato il vuoto legislativo di cui parlavo all’inizio». NAD si propone di “qualificare il settore della demolizione” ci potrebbe spiegare meglio questa affermazione? «L’attività dell’associazione ha fra i suoi obiettivi quello di definire le regole del settore della demolizione e di far sì che queste regole diventino leggi». rappresentate dall’edilizia popolare realizzata tra gli anni ’50-’70 del secolo scorso? «Certamente. Non per niente AUDIS – già nel 2006, in un importante convegno che si è svolto a Roma – ha lanciato il tema della città da rottamare; ma non si può parlare solo di edilizia pubblica. In effetti, molte grandi società che operano nel settore della trasformazione, e che hanno sviluppato i propri progetti già dalla metà degli anni ’90 attraverso i programmi di riqualificazione urbana (PRU, PRUSST, ecc.) hanno esaurito il loro patrimonio di aree industriali dismesse. Le nuove frontiere sono appunto gli immobili del Demanio ed i grandi interventi di edilizia residenziale pubblica e privata realizzati negli anni ‘50-’70 del secolo scorso. Si tratta di complessi edilizi obsoleti, che ormai hanno esaurito il loro ciclo edilizio, che devono essere riadattati alle nuove esigenze, in par-

Molti sostengono che il settore delle demolizioni sia ormai saturo e senza grandi prospettive di innovazione tecnica. Se questa diapositiva fosse vera, quale sarà la ricetta per continuare ad eccellere? «Innanzi tutto la ricerca perché solo grazie alle innovazioni tecnologiche il settore della demolizione continuerà a crescere e a evolversi; e in secondo luogo si potrà continuare ad eccellere se si riuscirà a mantenere alta la soddisfazione del cliente in termini di sicurezza e di rispetto dei tempi». ticolare i nuovi standard abitativi ed ambientali; ma che molto più spesso non sono recuperabili, e devono essere sostituiti da nuovi edifici». Le Amministrazioni pubbliche italiane si ispirano ad un modello europeo per la riqualificazione urbana; se sì, quale? «Il modello di riferimento è senza dubbio quello francese; vedi ad esempio le STU, derivate dalle SEM francesi. Ma in Italia non sempre funziona, essenzialmente perché la Francia è dotata di un sistema burocratico molto forte e centralizzato, che è in grado di far funzionare anche sistemi complessi; cosa che non succede in Italia. A me personalmente piacerebbe di più il modello anglosassone, meno burocratico e più fondato sulla responsabilità sia del pubblico che del privato». Dalla nascita di AUDIS sono passati quasi 15 anni, è possibile fare un bi-

Organizzata come sempre da Ge.Fi. – Gestione Fiere, EIRE si presenta come una fiera moderna che a partire dalla forte identità dei suoi protagonisti ha lo scopo di rafforzare e dilatare il mercato del real estate italiano e dell’area mediterranea. Per gli operatori EIRE è un evento che offre la possibilità di confrontarsi e lavorare in un ambiente confortevole e business oriented con tutti i principali protagonisti internazionali del settore, svolgendo in quattro giorni di fiera un lavoro altrimenti molto più dispendioso in tempo e risorse. L’attività convegnistica della nuova edizione sarà come sempre di alto profilo: i convegni istituzionali, in particolare, tratterranno il tema del giusto ruolo della finanza nel real estate, lo sviluppo delle città, il retail, l’EXPO 2015 e il social housing. Anche quest’anno grande spazio all’ecosostenibilità, con in fiera le maggiori aziende nazionali e internazionali del settore. EIRE si pone l’obiettivo di fare cultura per alzare la qualità degli investimenti, in virtù delle nuove normative italiane ed europee sulla certificazione degli edifici che rappresentano una grande occasione di sviluppo e di vantaggio economico. A EIRE 2009 saranno presenti anche le maggiori aziende di demolizione che fanno della dismissione delle aree industriali il loro core business. L’ampio spazio dedicato al tema dello sviluppo e della riqualificazione del territorio fa sì anche che a EIRE siano presenti tutti i più importanti studi di progettazione italiani ed esteri, in un momento di confronto e condivisione delle esperienze con gli operatori privati e la Pubblica Amministrazione. EIRE vuol quindi affermarsi come punto di riferimento per vari comparti del real estate italiano e dell’area Mediterranea. Un momento di incontro tra gli operatori per confrontarsi sulla situazione generale del settore, condividere le esperienze e i rischi e lavorare sulle migliori strategie future. Un evento che contribuisce a tenere uno sguardo attento sul mercato, pronto a coglierne le opportunità reali e i protagonisti più capaci.

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An ge l o A r ta le , D i r e t t o r e Ge n e r a le CONF INDU STRIA FINCO , F e d e r az io n e I n d us t r i e P r o d o t t i I m p i a n t i e S e r vi z i p e r l e C o s t ruz i o n i

Con il piano casa la demolizione diventa strumento di riqualificazione architettonica ed energetica del patrimonio edilizio … un bel passo in avanti rispetto alla cultura della conservazione. «Sì, effettivamente, il progetto “Abbattere per Ricostruire” può dare un grande contributo alla riqualificazione architettonica ed energetica del Paese. Nulla contro la cultura della conservazione ma occorre vedere cosa conservare. Purtroppo di questi tempi abbiamo visto che conservare gli edifici che sono crollati con il terremoto non è stata una scelta buona. E’ da tempo che diciamo, anche se in questo momento non è di buon gusto ricordarlo, che uno dei campi prioritari in cui applicare “Abbattere per Ricostruire”, oltre alle periferie degradate, sono le zone sismiche. Parecchie di queste zone, al di là dell’età degli edifici, erano e sono caratterizzate da strutture costruite non a norma e

lancio dell’attività svolta dall’Associazione? «Credo che l’Associazione abbia contribuito, per chi l’ha frequentata direttamente e per chi ne ha seguito i passaggi principali, a individuare i punti di forza delle diverse fasi della rigenerazione urbana in Italia. Dopo la positiva esperienza maturata con il recupero dei Centri Storici, certamente il tema del recupero delle aree dismesse ha costituito il principale campo di sperimentazione della rigenerazione urbana, ma le procedure e le modalità di intervento sono state oggetto di una faticosa ricerca, oggi ancora in corso. Aver avuto un luogo aperto al punto di vista pubblico e a quello privato, in gran parte giocato sul confronto diretto in seminari di lavoro, ha senza dubbio costituito un vantaggio. Infine ritengo che la Carta della Rigenerazione Urbana costituisca un punto di arrivo della riflessione sviluppata in questi anni in

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sulle quali non è stato effettuato un adeguato controllo. Qui occorre precisare che non è tanto il tipo di materiale che influisce sulla sicurezza o meno, quanto la qualità del medesimo e per l’appunto i controlli oltre che la qualità della posa in opera». Con l’iniziativa del Governo si possono concretizzare nuove opportunità per i vostri associati? «La risposta è affermativa, entro certi limiti. Per altro le nuove opportunità si configurano per tutta la filiera delle costruzioni non in particolare per i soci Finco. Ma è certo che in questo momento di crisi la possibilità di aumentare le volumetrie del 35% subordinando le nuove costruzioni a criteri di efficienza energetica (oltre che ovviamente sismica, cosa che costituiva uno dei principali ambiti di intervenItalia e la base per una cultura urbana che consenta di sviluppare progetti di trasformazione più equilibrati per le nostre città». Cosa ci riserveranno nei prossimi anni gli strumenti urbanistici e di recupero urbano? «Ritengo che si debba abbandonare la logica del piano per passare ad un sistema basato sul progetto e sul processo. La pianificazione italiana, pure strapiena di vincoli e divieti, non ha affatto evitato i tanti disastri urbanistici che affliggono le nostre città ed il territorio. A questo punto viene logico pensare che i nuovi sistemi di pianificazione non debbano più essere centrati sul “piano” – che rappresenta una fotografia statica,– ma sulla variante. Una logica quindi di “processo”, in grado di monitorare costantemente la situazione e definire le condizioni di ammissibilità dei progetti; senza per questo dimenticare – anzi – il versante della tutela».

to del progetto “Abbattere per Ricostruire”) e quella di ampliare del 20% le superfici esistenti possono contribuire a rilanciare il settore delle costruzioni e quindi nel complesso l’economia nazionale. Dico “possono” perché non siamo ancora partiti operativamente, a causa dei tragici eventi abruzzesi in primis, ma anche e soprattutto perché la competenza regionale o “concorrente” in materia ha costituito un freno». Abbattendo e ricostruendo non si corre il rischio di “consumare” il nostro prezioso territorio? «La risposta è negativa nella maniera più assoluta. Abbiamo sempre affermato che “Abbattere per ricostruire” è un’iniziativa caratterizzata da sostituzione urbana, nel senso che considera il territorio come bene prezioso e non sostituibile. L’aumento delle volumetrie è auspicabilmente in altezza. Abbiamo anche proposto una banca delle cubature dove dismettere i volumi degli edifici abbattuti per recuperare i medesimi in luoghi diversi e più adatti». Ci sono, a vostro parere, degli aspetti del piano casa che necessitano degli approfondimenti o delle modifiche? Se sì, quali? «In particolare una modifica, o meglio una precisazione è necessaria. Il riferimento alla bioedilizia è vago e suscettibile di disparate interpretazioni. Il premio di volumetria del 35%, speriamo il più uniforme possibile sul territorio nazionale, è infatti subordinato alla ricostruzione con criteri di risparmio idrico, di risparmio energetico e di bioedilizia. Alla parola “bioedilizia” dovrebbe essere stabilmente sostituita la dizione “efficienza energetica”, come è stata recepita nell’accordo Stato –Regioni». In Italia abbiamo numerosi esempi di patrimonio edilizio inefficiente, obsoleto e di dubbia qualità architettonica. Allora da dove si deve partire per giudicare una costruzione esistente demolibile o sostituibile? «Al di là degli ovvi aspetti di sicurezza che vanno controllati, si deve iniziare dagli aspetti estetici e di funzionalità. La responsabilità di tali scelte va affidata alle Amministrazioni stesse».


Salone della Gestione dell’Energia e delle Energie Rinnovabili

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PA NORA MA AZIEN DE

General Smontaggi: 25 ANNI DI SUCCESSI Impeg n o , S e r i e tà , pa s s i o n e e tan t i pr o ge t t i pe r i l fu tu r o son o il c o r r e t t o m i x p e r l a cres c i ta d i un ’ i m p r e s a

Giovanni Conte fondatore della General Smontaggi

di Andrea Terziano

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iovanni Conte in occasione del compleanno aziendale racconta la sua ”impresa”, dalle origini fino ad oggi. Lei è stato il fondatore di questa importante società partendo praticamente dal nulla. Questo vuol dire “fare e creare un’impresa”; ci racconti la sua storia? «La mia è la storia di un imprenditore che ha creduto fin dall’inizio nella serietà e nell’importanza del lavoro con una vera passione per l’attività che ho scelto di eseguire. Tutto è nato e cresciuto progressivamente con l’aiuto delle persone che inizialmente sono state coinvolte come soci e di tutte le altre che negli anni ho scelto e mi hanno circondato; e grazie anche a qualche idea che mi sono sforzato di sostenere. A questo bisogna aggiungere anche il necessario pizzico di follia che contraddistingue ogni imprenditore disposto a rischiare su di sé e sui propri beni per un’idea, un progetto nel quale crede appassionatamente, con la regola che ogni piccolo frutto ottenuto sarebbe stato immediatamente reinvestito nell’azienda per darle più solidità e consentirne la crescita. Da lì in poi devo anche ringraziare quelli che hanno avuto la fiducia di affidarci lavori che per una piccola società come allora erano davvero delicati ed importanti. Negli anni sono poi aumentati i mezzi, le attrezzature e, soprattutto, le competenze grazie alle esperienze maturate, fino ad arrivare, oggi, ad essere un’impresa

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di riferimento del settore e quindi ben lontani dall’aver finito le nostre fatiche; perché mantenere quanto abbiamo costruito sinora richiederà ancora tutto il nostro impegno». Venticinque anni sono molti, ma se paragonati al vostro trend di crescita aziendale è un arco di tempo relativamente breve. Quale è il segreto di questo successo? «La crescita aziendale è un fenomeno naturale, quasi inevitabile se si vuole mantenere stabilità ed avere la possibilità di acquisire i lavori necessari alla sopravvivenza dell’azienda. Più complicato è riuscire a mantenere equilibrato questo continuo processo di crescita senza creare scompensi tra le diverse componenti aziendali: quella umana, quella tecnica e quella finanziaria. Il nostro segreto è forse stato quello di mantenere sempre i piedi per terra senza credere a facili crescite basate su avventure finanziarie o su avventate idee imprenditoriali: tutti i risultati che abbiamo ottenuto sono sempre costati molta fatica e molta attenzione a valutare bene il rischio degli investimenti».

In questi anni siete stati costantemente impegnati su più fronti in tutto il territorio nazionale; quali sono stati cantieri più significativi per complessità o importanza che ricorda? «I fronti sono stati diversi, non solo dal punto di vista geografico, ma anche per il tipo di attività. Nella demolizione civile, tra i più recenti ricordo volentieri la demolizione degli ecomostri di Punta Perotti e di San Giuliano Milanese, entrambi abbattuti con microcariche esplosive, senza dimenticare che la stessa tecnica è stata utilizzata per il Padiglione 20 della Fiera di Milano. Anche se non così spettacolari, ma sicuramente di non minor complessità, sono i viadotti autostradali della tratta Salerno Reggio Calabria (alti fino a 130 metri) e la demolizione della vecchia Fiera di Milano. Nella demolizione industriale sono sicuramente da citare i numerosi interventi nei complessi produttivi del Gruppo ENI e della Dow Chemical da Porto Marghera alla Sardegna e alla Sicilia. Devo sottolineare però che sono molto impressionato dalla grande mole di lavoro che


stiamo svolgendo nel risanamento delle aree contaminate. A partire dalla bonifica del sito che ospitava la raffineria IP a la Spezia (oltre 500mila metri cubi di terreno contaminato da idrocarburi) e proseguendo per gli innumerevoli interventi di scavo e bonifica in pieno tessuto urbano delle grandi città (ad esempio l’area della ex farmaceutica Carlo Erba di Milano) stiamo riuscendo ad unire tutta l’esperienza acquisita negli ultimi 25 anni di movimenti terra con le competenze specifiche e la tecnologia degli impianti acquisiti negli ultimi dieci anni. Restano poi da ricordare anche alcuni interventi particolari come quelli in presenza di materiali radioattivi svolti presso un impianto di produzione fertilizzanti a Manfredonia e all’interno della centrale nucleare di Caorso». Le bonifiche ambientali ed il decommissioning fanno parte da sempre del vostro core business; quali sono stati gli investimenti fatti in questo settore? «Oltre che nelle risorse umane, gli investimenti effettuati da General Smontaggi sono sempre stati mirati al raggiungimento di tre obbiettivi fondamentali: la disponibilità e la qualità dei macchinari e delle attrezzature; il raggiungimento dei migliori standard di sicurezza; lo studio applicativo delle migliori tecnologie disponibili. Riguardo al primo punto, possiamo affermare che il parco macchinari dell’azienda rappresenta l’eccellenza in Italia ed in Europa, e ci consente di affrontare qualunque lavoro con la certezza di poterlo eseguire utilizzando gli strumenti appropriati. Riguardo alla sicurezza, da sempre l’azienda è impegnata in una continua attività di formazione delle risorse umane ed in scelte operative che prevedono operazioni sul campo sempre meno labour intensive e, quindi, meno rischiose. In ultimo, nel settore del risanamento ambientale, l’ingegneria interna all’azienda è costantemente impegnata nello sviluppo anche delle tecnologie già note attraverso nuovi pacchetti applicativi, allo scopo di rendere possibile su scala industriale quello che la ricerca di punta può sperimentare solo

su piccola scala: quest’ultimo passaggio è indispensabile per poter realizzare i progetti di riconversione di aree inquinate che per la loro consistenza esigono tempi certi e applicazioni sostenibili con produttività elevate e costanti». La risorsa principale di una società sono i suoi uomini: dirigenti , tecnici ed operatori. La struttura di General Smontaggi rappresenta un grosso valore aggiunto rispetto alle altre aziende, perché? «Da sempre credo che macchine e attrezzature siano indispensabili ma sono gli uomini che costituiscono la vera sostanza, l’elemento che può valorizzare e far crescere l’azienda. Far parte del gruppo di lavoro di General Smontaggi vuol dire grande impegno ed abnegazione verso il lavoro, senza compromessi. D’altra parte questo sforzo porta anche qualche soddisfazione: essere parte attiva di grandi progetti e di lavori importanti è di per sé professionalmente gratificante e rappresenta uno stimolo a continuare. Chi lavora in General Smontaggi condivide questi principi e li sostiene nel tempo, con il risultato che tutti si sentono protagonisti attivi dell’azienda e collaborano positivamente per raggiungere gli obbiettivi che ci proponiamo». Il settore delle demolizioni è sempre più difficile, da una parte la crisi economica e del mercato immobiliare, dall’altra nuovi competitors che ogni giorno si affacciano sul mercato. Come riuscite a rimanere al vertice del mercato in questo contesto? «Innanzitutto lo spirito dell’azienda è connotato da una solida etica imprenditoriale e professionalità nell’esecuzione dei lavori. Questo stile ha permesso di creare rapporti fiduciari e di lunga durata con le realtà di maggior peso a livello nazionale ed internazionale (mi riferisco agli investitori immobiliari esteri) e, quindi, a rappresentare un riferimento stabile anche in presenza di nuove entrate nel settore. E’ vero poi che la crisi economica non ha risparmiato neanche questo settore; è però anche vero che non solo da oggi noi abbiamo sempre avuto grande attenzione a contenere i costi di realizzazione dei progetti dei nostri clienti pur senza rinunciare alla nostra missione aziendale e questo approccio oggi è per noi sicuramente premiante. Punto di forza aziendale è, inoltre, quello di aver mantenuto una specializzazione di eccellenza pur ricoprendo diversi settori di attività, dalla demolizione civile ed industriale

alla bonifica dei suoli passando attraverso la rimozione di materiali pericolosi come l’amianto e i prodotti di processo degli impianti industriali. Una delle ragioni della nostra leadership è proprio l’interdisciplinarietà e complementarietà della attività che eseguiamo». La società recentemente è passata da S.r.l. a S.p.a. e si è dotata di una nuova sede, un forte messaggio di consolidamento, cosa prevedete ancora per il futuro? «La rapida crescita degli ultimi anni non è andata a scapito della solidità aziendale. Credo che la nuova sede e, soprattutto, la trasformazione in s.p.a. rappresentino un fattore di garanzia verso tutti i nostri interlocutori esterni ma in realtà stiamo già realizzando altre iniziative mirate ad un ulteriore sviluppo. I nostri progetti vanno sostanzialmente nelle seguenti direzioni: • acquisizione e formazione di nuove risorse umane specializzate nel settore del risanamento ambientale; • sviluppo di una divisione aziendale specializzata nell’edilizia industriale, aumentando la nostra presenza nel settore delle costruzioni; • progettazione e costruzione di nuovi impianti di trattamento dei terreni contaminati, allo scopo di accorciare la filiera del settore e di minimizzare la produzione di rifiuti; • sviluppo delle relazioni con le istituzioni accademiche e con i centri di ricerca, rendendoci disponibili a testare le nuove tecnologie».

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THE PA NORA BIG MA EYE AZIEN DE

Le BIOTECNOLOGIE di GIO. ECO. per i siti contaminati L’az ie n d a m ila n e s e d a 1 5 a n n i p r o g e t ta e real izz a s o lu z i on i i nno vat i ve per l a b o n ifi c a d i s i t i c o n ta m i n at i attrav e r s o l a b i o reme d i at i on

di Valentino Rubinetti

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a bonifica di aree industriali dismesse ed il risanamento di siti contaminati costituiscono generalmente la prima fase operativa necessaria a realizzare interventi di riqualificazione e sviluppo edilizio. Verso tale tipologia di attività gli operatori immobiliari guardano con sempre maggiore attenzione e consapevolezza, date le rilevanti implicazioni in termini sia economici che temporali che possono riflettersi sulla qualità dell’investimento

Macchina per il ribaltamento dei cumuli

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edilizio atteso. Da 15 anni Gio.Eco. propone soluzioni innovative ed efficaci per la gestione di interventi di risanamento in campo ambientale, curando direttamente l’intero iter progettuale ai sensi della vigente normativa nazionale, mediante redazione di Due diligence, Piani di indagine preliminare, Piani di Caratterizzazione, Analisi di Rischio e Progetti di Bonifica. Prima società nel panorama italiano ad occu-

parsi esclusivamente di sviluppo e commercializzazione di biotecnologie, Gio.Eco. dispone oggi di un know-how avanzato e collaudato, rivolto in primo luogo a riportare allo stato naturale i diversi comparti ambientali che subiscono irrimediabilmente l’impatto delle attività antropiche. Un notevole lavoro per la ricerca di soluzioni di bonifica ecocompatibili viene sviluppato sia nei laboratori aziendali sia nei laboratori universitari. Di recente definizione è la collaborazione con la facoltà di Biotecnologie dell’università Bicocca di Milano che porterà a sviluppare progetti comuni di ricerca, applicati direttamente a situazioni reali di bonifica. Microrganismi, enzimi e biosurfactants sono i principali prodotti naturali che vengono studiati e selezionati per promuovere le reazioni di biodegradazione: il processo che sta alla base delle tecnologie di bioremediation. Le biotecnologie Gio.Eco. trovano applicazione nella bonifica di siti contaminati (terreni e falde idriche, tratti marini costieri) rappresentando un’alternativa economicamente vantaggiosa rispetto a procedure tradizionali quali lo smaltimento in discarica.


La società è impegnata oggi in numerosi interventi di risanamento, dalla bonifica di aree medio piccole quali stazioni di rifornimento carburanti, al recupero di vasti insediamenti industriali dismessi. In funzione delle situazioni di inquinamento rilevate nelle aree oggetto di caratterizzazione ambientale, vengono individuate le migliori tecnologie in situ o ex situ. Tutti gli interventi di bonifica vengono preceduti da dettagliati studi e prove di fattibilità. Obiettivo delle prove di laboratorio è la ricerca delle modalità di applicazione delle tecnologie di risanamento che possano garantire i massimi risultati degradativi in un breve periodo temporale ed inoltre definire: • calcolo dei coefficienti di degradabilità (Figura 1); • selezione dei ceppi microbici con vie cataboliche affini alla tipologia di contaminanti; • stima delle tempistiche di conduzione in campo; • stima dei costi per l’applicazione della tecno-

Figura 1: un esempio grafico di biodegradazione degli idrocarburi nel tempo

Figura 2: trattamento di terreno contaminato in un capannone di 4.200 mq per la bonifica della ex Fiat Avio – Torino).

logia su scala reale. I trattamenti di biorisanamento di terreno contaminato possono essere realizzati in capannoni modulari di superficie variabile in base ai quantitativi di progetto come visibile in Figura 2. Internamente vengono disposte le biopile statiche, attraversate da tubazioni di ventilazione collegate a un impianto esterno automatizzato per l’iniezione di aria atmosferica. Le miscele concentrate di batteri e i nutrienti in soluzione vengono preparati direttamente in

campo mediante una serie di tre bioreattori termoregolabili. In presenza di terreni particolarmente fini (limi e argille) e quindi di difficile trattabilità, risulta particolarmente efficace il riscorso a biopile dinamiche, le quali vengono attraversate da un macchinario dotato di trivella orizzontale, che con un’unica azione permette il rivoltamento del materiale sul fondo in superficie e viceversa; durante tale fase viene inoculata la miscela batterica concentrata.

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S pec ial e Tratta men t o b i o l o g ic o dei r i f iu t i

IL TRATTAMEN TO BIOLOGIC O DEI RIFIUTI DALL A A ALLA Z Un’a lt e r n at iva s e m p r e p i ù a p pli c ata all o s m alt i m e n t o i n d i s c a r i c a d e i r if i u ti bio lo g i c a m e n t e d e g r a d a b ili : i l c ompos taggio e la d i gest i one a n a e r o b ic a

di Tina Corleto

I

processi di trattamento biologico aerobico dei rifiuti consistono nella degradazione biologica della frazione organica del rifiuto da parte di microrganismi che si sviluppano e vivono in un ambiente in cui è presente ossigeno. Lo scopo del processo è la mineralizzazione delle componenti organiche maggiormente degradabili e l’igienizzazione. Si parla di Compostaggio quando la matrice organica sottoposta al trattamento di degradazione biologica aerobica è costituita da frazioni organiche selezionate alla fonte (raccolta differenziata). In tal caso il processo permette l’ottenimento finale di un prodotto – il compost – che può essere utilizzato in agricoltura come ammendante del terreno. Nel caso in cui si sottoponga al processo di biodegradazione aerobica una frazione organica derivante dalla raccolta indifferenziata non è possibile ottenere un prodotto adatto all’uso agricolo. In questo caso lo scopo del processo è la stabilizzazione della frazione organica (riduzione della fermentescibilità) insieme alla riduzione dei patogeni (igienizzazione) e dell’umidità del prodotto. Non si parla più di compostaggio, ma di Stabilizzazione Biolo-

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gica Aerobica (oppure biostabilizzazione). Il prodotto finale che si ottiene in questo caso viene chiamato Frazione Organica Stabilizzata (FOS) ed ha il vantaggio di essere più facilmente gestibile rispetto al rifiuto organico di partenza. La Stabilizzazione Biologica Aerobica (compostaggio) può essere definita come “un processo biologico di tipo aerobico volto a conseguire la mineralizzazione delle componenti organiche maggiormente degradabili (stabilizzazione) e la igienizzazione per pastorizzazione della massa”.

I processi di trattamento biologico anaerobico dei rifiuti consistono, d‘altra parte, nella degradazione biologica della frazione organica del rifiuto da parte di microrganismi che si sviluppano e vivono in un ambiente in cui è assente ossigeno. Lo scopo del processo è la riduzione

di massa, la mineralizzazione delle componenti organiche maggiormente degradabili e l’igienizzazione. La conversione di substrati organici complessi in ambiente privo di ossigeno avviene attraverso una catena di processi biologici diversi. Il processo biodegradativo si compone delle seguenti fasi: • una prima fase di idrolisi dei substrati accompagnata da acidificazione; • una successiva fase acetogenica, in cui si ha la formazione di acido acetico, acido formico, biossido di carbonio e idrogeno molecolare, • un’ultima fase in cui, a partire dai prodotti della fase precedente, si osserva la metanizzazione, cioè la formazione di metano. I parametri di controllo del processo all’interno del reattore sono: • tempo medio di residenza idraulico; • tempo medio di residenza dei solidi o dei microrganismi; • carico organico riferito al volume del reattore; • produzione specifica di biogas (costituito in percentuale dal 50 all’80% da metano); • velocità di produzione del biogas; • efficienza di rimozione del substrato;


anaerobica) e di “materia” (mediante il cocompostaggio e la produzione di ammendante) sembra ad oggi essere la sintesi di un’efficienza tecnologia che vede come obiettivo l’integrazione dei due sistemi.

Alternative di processo

Per la stabilizzazione dei rifiuti organici possono essere utilizzate numerose soluzioni processistiche di trattamento aerobico, a seconda della tipologia di matrice da trattare. Il requisito fondamentale di ogni alternativa è la capacità di mantenere, nella matrice da trattare, il tenore di ossigeno a livelli compatibili con il metabolismo dei microrganismi. Sulla base di tale principio, è possibile trattare aerobicamente i rifiuti nelle seguenti principali modalità: Compostaggio in cumuli con rivoltamento I rifiuti vengono disposti in cumuli (o andane) alte 2-3 m, aerati e/o rivoltati meccanicamente. Essi vengono disposti su platea scoperta (impianti di tipo semplificato) o coperta. La fase • miscelazione, allo scopo di favorire il contatto tra batteri e substrato, omogeneizzare le temperature, ottimizzare il rilascio di biogas ed evitare la decantazione delle frazioni più pesanti. I processi anaerobici possono essere classificati in base al temperatura che viene mantenuta all’interno del reattore (mesofilia, 35°C o termofilia, 55°C), oltreché al tenore in solidi nel rifiuto trattato (processo umido, secco, semisecco).

La digestione anaerobica e il compostaggio non sono da ritenere due tecnologie in contrapposizione, ma anzi, perfettamente integrabili, secondo un processo di trattamento complessivo che preveda dapprima la degradazione della frazione putrescibile con recupero del biogas (e quindi di energia) e, successivamente, la stabilizzazione aerobica del materiale residuo al fine di ottenere un prodotto finale adatto all’uso agricolo. La simultanea co-produzione di energia (biogas e cogenerazione nella fase

Trattamenti aerobici A seconda delle finalità, vengono definiti differenti tipi di trattamento aerobico: Compostaggio Trattamento biologico il cui scopo è la valorizzazione agronomica delle matrici organiche. Si compone di due diverse fasi: la fase di biossidazione, detta anche attiva, e la fase di trasformazione, nella quale si raggiunge la maturazione della matrice trattata. Biostabilizzazione Tra i Trattamenti meccanici biologici (TMB), così come individuati dal Decreto del Ministero dell’ambiente 29 gennaio 2007 (D.lgs. 18 febbraio 2005, n. 59 - Linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliorie tecniche disponibili, in materia di gestione dei rifiuti), la biostabilizzazione attualmente è tra i più diffusi in Europa, soprattutto in Germania. Ha lo scopo di ottenere la stabilizzazione della sostanza organica putrescibile attraverso la biossidazione. Può essere attuata mediante trattamento a “separazione di flussi”, che presenta le fasi di vagliatura, la separazione della frazione secca (sopravaglio), stabilizzazione della frazione umida (sottovaglio), e raffinazione della frazione organica putrescibile, oppure attraverso un trattamento a “flusso unico”, nel quale il trattamento biologico viene effettuato su tutto il rifiuto. Bioessiccazione Tale metodo ha lo scopo di ridurre l’umidità del rifiuto attraverso biossidazione della frazione organica, al fine di ottenere stabilità biologica dei rifiuti per lo stoccaggio a lungo termine (riduzione o eliminazione emissioni maleodoranti di gas e polveri), e di produrre buon substrato per la termoutilizzazione (elevato potere calorifico). La stabilizzazione del rifiuto avviene attraverso la riduzione del tenore di umidità, in funzione dell’umidità iniziale, fino a valori del 7-15%, condizioni in cui non si hanno fenomeni di degradazione. Il bioessiccamento avviene in un primo momento attraverso la triturazione del rifiuto, in modo da aumentare la superficie di evaporazione e di scambio della massa, ed in seguito attraverso il trattamento biologico della matrice triturata, tramite aerazione forzata della biomassa, sfruttando il calore sviluppato dalle reazioni biologiche aerobiche. Il prodotto finale possiede un elevato potere calorifico. Il bioessiccato può essere utilizzato per la produzione di combustibili da rifiuti o collocato in corpo discarica.

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S pec ial e Tratta men t o b i o l o g ic o dei r i f iu t i

di decomposizione dura generalmente delle 3 alle 9 settimane, a seconda della natura del substrato di partenza e della frequenza dei rivoltamenti. Compostaggio in cumuli statici aerati L’ossigenazione del cumulo non movimentato può essere garantita dalla circolazione di aria attraverso aerazione passiva (una rete di tubi forati, posti sul fondo del cumulo, consente la diffusione dei gas caldi tramite effetto ciminiera) o attraverso aerazione forzata (inserimento di un sistema di aspirazione o di insufflazione). Trattamento in bioreattori La decomposizione aerobica della materia organica avviene mediante immissione della stessa in strutture particolari quali silos, cilindri rotanti, biocelle o trincee aerate, che combinano tecniche di movimentazione e di aerazione forzata. Lo scopo della digestione anaerobica è la stabilizzazione del rifiuto, intesa come riduzione almeno del 50% della frazione volatile e contemporaneo recupero energetico mediante la

produzione di biogas. Tale trattamento di digestione viene condotto in uno o più reattori controllati, in assenza di ossigeno. Tra i sistemi digestivi a fase unica (che avvengono cioè in un unico reattore), si distinguono, in base al tenore di solidi che caratterizza il rifiuto trattato, il processo umido, il processo semi-secco e il processo secco. Nel primo caso, il rifiuto viene diluito tramite aggiunta di acqua di rete o dal parziale ricircolo dell’effluente del reattore. Tale processo opera generalmente con carichi organici piuttosto bassi e richiede pre-trattamenti di preparazione del rifiuto piuttosto complessi. Il processo semi-secco viene generalmente applicato a rifiuti organici derivanti da raccolta indifferenziata con un elevato contenuto di sostanza solida, ed è realizzato in reattori miscelati con apporto di acqua. Tale soluzione impiantistica offre la possibilità di trattare il rifiuto da raccolta differenziata senza particolari pre-trattamenti, mentre comporta elevati costi di investimento nel caso di trattamento di RSU indifferenziato. Allorché sia necessario trattare particolari rifiuti con elevato tenore di solidi, si utilizzano processi cosiddetti secchi, che richiedono ridotte quantità di acqua per la diluizione dei rifiuti.. A causa dell’elevata densità e viscosità dei flussi trattati, risultano necessari particolari metodi di pompaggio e miscelazione.

La normativa specifica sul trattamento meccanico biologico

La regolamentazione in materia di produzione e impiego dei rifiuti biodegradabili sottoposti a trattamento biologico è attualmente affidata ai diversi Stati Membri, non essendo stata emanata alcuna direttiva in materia di qualità del compost atta ad armonizzare le normative nazionali. Il recupero della frazione biodegradabile dei rifiuti, al fine di ridurre i quantitativi avviati a smaltimento, riveste un ruolo primario per attuare quanto previsto dalla strategia europea in materia di rifiuti. La direttiva 1993/31/CE in materia di discariche introduce, inoltre, specifici obiettivi di riduzione dei rifiuti organici da avviare allo smaltimento in discarica. A livello di Commissione Europea tale problema è ben presente, tanto che sono stati avviati i lavori per pervenire ad uno strumento normativo comune relativo alla gestione dei rifiuti organici biodegradabili che ha comportato l’elaborazione di un documento di lavoro che introduce disposizioni atte a regolamentare in maniera completa le attività di compostaggio e digestione anaerobica individuando la lista dei rifiuti biodegradabili ammessi al trattamento biologico, i requisiti relativi all’igienizzazione, le classi di qualità del compost digestato e dei rifiuti biostabilizzati, i metodi di analisi e campionamento dei rifiuti trattati biologicamente, i requisiti generali degli impianti di tratta,mento biologico (localizzazione, trattamento delle acque reflue e del percolato, controllo degli odori) e i requisiti per l’utilizzazione del biogas.

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La Spremitrice che selezionA la frazione organica

La macchina DSP 25-5 TIGER della Cesaro Mac. Import Srl trova impiego per la trasformazione della frazione organica di qualità da raccolta differenziata in purea pompabile e separazione della parte plastica. Questa macchina viene utilizzata per la preparazione e l’omogeneizzazione del materiale da inviare ad un impianto di digestione anaerobica per la produzione di biogas e di energia elettrica. La Tiger tratta direttamente FORSU (Frazione Organica del Rifiuto Solido Urbano) ricevuta in sacchi di plastica o altre confezioni e attua un duplice processo: separa tutti gli intrusi (plastica, inerti, imballaggi, ecc.) che escono puliti dai residui organici; rende la parte organica omogenea e pompabile direttamente nel digestore. La Tiger può essere

utilizzata anche per gli alimentari scaduti separandone la parte biodegradabile dalla confezione. Si caratterizza per una straordinaria robustezza e affidabilità che derivano da standard costruttivi molto rigidi. I componenti sono di prima qualità e opportunamente sovradimensionati per garantire una lunga durata nel tempo. Le parti a contatto con il rifiuto sono in acciaio, materiale che meglio di altri ne sopporta la elevata capacità corrosiva. La macchina si adatta a diverse configurazioni sia mobili sia fisse e può essere utilizzata come componente di un impianto o singolarmente. Diverse sono le realizzazioni già in esercizio e notevoli sono i risultati raggiunti grazie all’utilizzo della TIGER DSP 25-5.


La situazione attuale in Italia

Il “Rapporto rifiuti 2008” redatto da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), relativamente alla gestione dei rifiuti urbani nell’anno 2007 mostra una riduzione del ricorso alla discarica che decresce di 2, 4 punti percentuali rispetto al 2006, che in termini quantitativi corrisponde ad una riduzione di oltre 614 mila tonnellate, mentre il compostaggio da matrici selezionate aumenta dello 0,1%. Incrementano del 34,2% i quantitativi avviati ad impianti di digestione anaerobica che passano dalle 172 mila tonnellate del 2006 alle 231 mila registrate nel 2007, grazie anche all’apertura di nuovi impianti. Del totale dei rifiuti trattati negli impianti di digestione anaerobica, l’83% sono costituiti dalle frazioni organiche della raccolta

Figura 4: Gestione dei rifiuti urbani in Italia, anno 2007

hydrica Figura 5: Compostaggio di rifiuti da matrici selezionate, anno 2007

differenziata. L’analisi delle potenzialità degli impianti di trattamento anaerobico evidenzia, peraltro, un ampio margine di miglioramento. Il trattamento biologico fa registrare un incremento delle quantità di rifiuti gestiti. Nel dettaglio, i rifiuti indifferenziati sottoposti a trattamento meccanico biologico, nell’anno 2007, ammontano a 8,8 milioni di tonnellate e fanno rilevare, rispetto al precedente anno, un incremento del 7,6%. Il compostaggio di matrici selezionate, con un quantitativo complessivo di rifiuti trattati pari a circa 2,4 milioni di tonnellate, fa registrare un incremento di circa il 4,8%. Tale aumento evidenzia una progressiva crescita del settore che rimane però condizionato dagli scarsi risultati raggiunti, al sud del Paese, in termini di raccolta differenziata della frazione organica (frazione umida + verde). Bibliografia Giuseppe Genon: “Studio comparativo fra i sistemi di trattamento e smaltimento dei rifiuti in Valle d’Aosta”; ISPRA: “Rapporto rifiuti 2008”; Università degli Studi di Firenze Università degli Studi di Firenze: “Trattamento dei rifiuti solidi”


WOR K I N PROGRE S S

BONIFICA DE LL’AREA CONTERIE DE LL’ISOLA DI MURANO Le in n o vat ive at t iv i tà d i b o n if i c a , at tu a l mente in c o r s o , m i s c ela n o al t e r r e n o c o n taminato uno speci a le a d d i t i v o in u n g r a nulat o r e , o t t e n e n d o u n p r odotto con l e c a r at t e r i s t i ch e d i u n i ne r t e di Maeva Brunero Bronzin

L’

area ex Conterie, sita sull’isola di Murano, è una zona sulla quale si sono susseguiti ormai da diversi anni vari progetti di recupero e riqualificazione portati avanti dal Comune di Venezia. Trattandosi di un sito in cui già alla fine del 1200 venivano effettuate le lavorazioni del vetro sono stati riscontrati nei terreni fenomeni di contaminazione stratificati in cui si evidenzia principalmente la presenza di metalli pesanti. Le attività di bonifica attualmente in corso, che rappresentano il secondo lotto di intervento, sono state appaltate dalla società Edilvenezia S.p.a. (ora divisione di Insula S.p.a.) all’ATI costituita da Demont Ambiente S.r.l. e Frison Costruzioni S.a.s. L’intervento consiste essenzialmente in una bonifica dei terreni on site che prevede quindi lo scavo delle aree contaminate ed il successivo trattamento all’interno del cantiere stesso. I terreni contaminati vengono prima sottoposti ad un pretrattamento mediante soil washing che consiste in una serie di vagliature e di lavaggi che dà come prodotto finale un sopravaglio classificabile come inerte. Il sottovaglio invece viene trattato con una tec-

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nologia messa a punto dalla Mapei che consiste nel miscelare al terreno contaminato una parte di cemento e due additivi Mapei e nel trattare tale miscela all’interno di un granulatore. Il risultato di questo trattamento è un materiale sotto forma di pellet che può essere reimpiegato come riempimento nel sito stesso in quanto ha le caratteristiche di un inerte. Il cuore del trattamento sta nella ricetta degli additivi studiata dalla Mapei, un brevetto realizzato su progetto del Comune di Venezia e

Particolare del piatto pellettizzatore

che prende il nome di HPSS (High Performance Solidification Stabilization). Il successo del trattamento va però visto in un’ottica sito specifica in quanto il prodotto è stato studiato appositamente per il sito di Murano ed è perciò tarato per la tipologia di terreno ritrovata nell’area, sulla base delle contaminazioni rilevate e, non meno importante, in funzione degli obiettivi di bonifica previsti. Ne parliamo con Paolo Trincanato di Demont. Per iniziare può raccontarci da dove nasce il gruppo Demont? «La Demont è nata nel 1966 dall’esperienza dell’Ing. Duino Gerotto che circa vent’anni prima aveva iniziato la sua attività di “rottamaio” con la demolizione delle navi Liberty con la società Ing. Cherido&C. La Demont si è specializzata, inizialmente, in demolizioni e montaggi industriali (da cui l’acromino Demont) mentre in seguito, in anni in cui il valore derivante del recupero dei metalli superava decisamente il valore degli interventi che si andavano ad effettuare, l’attività di commercializzazione dei rottami divenne progressivamente sempre più importante tanto da portare alla creazione di una divisione dedicata (Trading Metalli).


Carico dei rifiuti al di fuori dell’isola

Scavo meccanizzato delle aree contaminate

Questa venne seguita nella seconda metà degli anni Ottanta dalla divisione Riutilizzi, mentre con la nascita della normativa ambientale negli anni Novanta la Demont si impegnò progressivamente in attività relative alle bonifiche fino al 2002, anno in cui il ramo aziendale legato a bonifiche e demolizioni venne conferito alla Demont Ambiente. Il progressivo sviluppo di Demont ci porterà a breve a raggiungere l’obiettivo di costituire una holding che racchiuda al suo interno una serie di società. La prima società ad essersi distaccata nel marzo del 2002 è stata appunto Demont Ambiente, che si occupa di tutte le attività di bonifica e demolizione, dalla progettazione alla certificazione finale dell’intervento passando per la realizzazione completa del lavoro. Facenti parte del Gruppo sono anche una serie di realtà impegnate in settori paralleli che vanno dall’immobiliare alla siderurgia.

Da pochi anni ci siamo inoltre aperti al mercato estero, con il controllo di una municipalizzata in Slovacchia dove abbiamo due impianti di incenerimento e per la quale gestiamo con circa 350 persone le attività di raccolta differenziata degli RSU. Parallelamente abbiamo realizzato la Demont Slovacchia una società che sta iniziando a sviluppare, in quel Paese, le attività principali del Gruppo Demont: trading di metalli, bonifiche ambientali, demolizioni e smontaggi industriali. Infine stiamo operando con il nostro Gruppo sulla formazione del personale locale fornendogli un supporto sul campo in modo che

progressivamente acquisisca l’autonomia sia nelle attività di bonifica amianto sia nelle demolizioni. Il Gruppo si attesta su un fatturato di oltre 100 milioni di euro (dati 2008)». Gli interventi di bonifica rappresentano per Voi un’attività marginale oppure ritenete che il settore legato all’ambiente sia uno sviluppo importante per la Vostra società? «Per rispondere a questa domanda penso sia sufficiente dirle che nel 2005 la società Demont Ambiente ha avuto un fatturato di circa 14 milioni di euro, il 2006 e 2007 si sono chiusi con un raddoppio del fatturato intorno

Il Programma di recupero dell’area ex Conterie Nell’Isola di Murano è presente un’area denominata ex Conterie che occupa una superficie di circa 22.000 mq di cui 15.500 coperti. In quest’area, a partire dal 1291 furono spostate tutte le attività lavorative pericolose o nocive che venivano effettuate nel Centro Storico di Venezia, determinando in questo modo l’indiscusso legame tra l’isola di Murano e l’industria del vetro. Lo sviluppo delle attività cresce progressivamente sino agli anni 40 dopodichè inizia un periodo di crisi del comparto che porta ad una riduzione drastica di attività e personale sino alla chiusura definitiva del 1993. In seguito all’abbandono dell’area nasce la necessità da parte dell’Amministrazione Comunale di recuperare una porzione di territorio di notevole importanza sia per la sua posizione centrale sia per la vicinanza a luoghi di notevole interesse. Il Comune di Venezia ha acquisito l’intera area e, attraverso il Programma di Recupero approvato, ha destinato l’area ad usi residenziali, alloggi per studenti, alberghi ed insediamenti per l’artigianato.


WOR K I N PROGRE S S

Vista di insieme dell’impianto di trattamento

a 28 milioni, escludendo il 2008 in cui il crollo del prezzo dei metalli ha portato a notevoli riduzioni di fatturato a parità di quantitativo di rottami commercializzati, quest’anno, come lavori già acquisiti, ci attesteremo intorno a 25 milioni di euro. L’impostazione della società è quella di indirizzarsi prevalentemente su questo tipo di attività; infatti se fino a qualche anno fa la Demont si occupava per il 90% di attività di demolizione e per il restante 10% di bonifiche e smaltimento rifiuti, il target di quest’anno risulta essere quasi l’esatto opposto». Ciò significa che vi state specializzando nel settore delle bonifiche? «Certamente ci stiamo specializzando nel senso che stiamo acquisendo sempre maggiori esperienze nel settore, però è evidente che è anche il mercato che ci conduce a fare determinate scelte in quanto forse in questo momento il settore ambientale risulta essere più attraente rispetto ad altri. Questa scelta deriva anche dal fatto di avere al

Il cantiere in breve Committente: Edilvenezia SpA – dal 01/01/2009 INSULA SpA Div. Edilvenezia Importo lavori: € 4.414.177,84 Impresa: ATI costituita dalle Società DEMONT AMBIENTE S.R.L e FRISON COSTRUZIONI S.A.S. Consegna lavori: 25/08/2008 Fine lavori: 17/11/2009 Oggetto appalto: INTERVENTO DI RECUPERO URBANO AREA EX CONTERIE - ISOLA DI MURANO. OPERE DI URBANIZZAZIONE PRIMARIA. BONIFICA AREE SCOPERTE E SEDIME EDIFICI “A” E “B”. SECONDO LOTTO. Descrizione Intervento: Il sito denominato Area Ex Conterie a Murano è oggetto di un intervento di recupero urbano, consistente nell’esecuzione di opere di bonifica e urbanizzazione primaria, il cui soggetto esecutore è stato individuato dal Comune di Venezia nella società Edilvenezia S.p.A. Il progetto di bonifica relativo al secondo lotto prevede la bonifica di un’area di 4.558,5 m2, per uno strato di terreno di 2 m; ne risulta che devono essere trattati circa 9.117 m3 di terreno. Di questi, si prevede di trattare in sito 3.897,52 m3. Il materiale di scavo contaminato in esubero, classificato con codice CER 170504, potrà essere conferito presso impianti di trattamento/smaltimento terzi autorizzati. Contaminazione: metalli pesanti (arsenico, cadmio, mercurio, piombo, stagno). Fasi operative: - Scavo del materiale contaminato; - Pretrattamento e vagliatura del materiale scavato; - Lavaggio del sopravaglio e smaltimento in discarica come inerte; - Trattamento di inertizzazione del materiale fine (sottovaglio) per la produzione dei pellets. I pellets ottenuti saranno riutilizzati nei lotti scavati.

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Paolo Trincanato General Manager di Demont Ambiente

contorno una serie di società collegate, controllate o partecipate che vanno a sviluppare aspetti legati alle attività di bonifica. Il collegamento ad esempio con una società immobiliare che si occupa prevalentemente di riqualificazione di siti dismessi ci consente complessivamente di creare altre opportunità di business». Al momento su quali cantieri siete impegnati? «Oltre al cantiere dell’isola di Murano stiamo terminando un grosso cantiere in Sicilia, a Siracusa per conto di Enel, dove è in corso la bonifica di un sito di 3 ettari contaminato a causa della presenza di alcuni serbatoi. In questo caso è stata realizzata una cinturazione di un’area di 10.000 mq, mediante diaframma strutturale e plastico spinto fino a 15 metri di profondità, sono stati rimossi complessivamente oltre 100.000 mc di terreno, di cui 10.000 mc sono stati sottoposti a lavaggio in situ, mentre 20.000 mc sono stati trattati a mezzo biopila e 30.000 mc sono stati smaltiti in discarica, la restante parte di terreno, pulito, è stato invece ricollocato in area esterna per poter essere riutilizzato al termine della bonifica. A Varedo abbiamo invece iniziato da qualche mese una bonifica per la SNIA Immobiliare dove è presente un’area in cui venivano allocate le ceneri di pirite».


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Agevola z ioni e contributi per lo smaltimento dei rifiuti e la tu tela am bientale l’app l i c az i o n e n elle r e g i o n i i ta li a n e d e lla l egg e 5 9 8 / 9 4 f i n a li zzata all’ i n n o vaz i one tecn o lo g i c a e alla tu t ela a m b i e n tale

di Juliette Gremese*

L

a legge 598/94, conosciuta soprattutto come strumento a sostegno di investimenti finalizzati all’innovazione tecnologica, sostiene le imprese anche nelle scelte correlate alla tutela ambientale. Il decentramento amministrativo in materia di incentivi alle imprese, previsto dalla c.d. legge Bassanini, ha comportato il trasferimento alla competenza delle Regioni di diversi strumenti agevolativi, tra cui la legge 598/94. Ciò ha comportato differenze di regimi: le Regioni stabiliscono le caratteristiche dello strumento con propri regolamenti, può essere variata l’intensità agevolativa, modificate le spese ammissibili o ad esempio concesso il contributo in via anticipata. Variano soprattutto le risorse che ciascuna Regione stanzia sulla misura, con il risultato che essa può risultare operativa in certe Regioni e sospesa temporaneamente in altre. Le spese finanziate da questa normativa abbracciano una gamma di esigenze molto ampia. Il contributo previsto dalla legge 598/94 presuppone l’ottenimento, da parte dell’impresa beneficiaria, di un finanziamento bancario (o leasing) sull’investimento oggetto dell’agevo-

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lazione. L’agevolazione è erogata sotto forma di contributo in conto interessi. Il contributo in conto interessi è di norma l’agevolazione classica a fronte di investimenti di importi elevati, che sarebbero in ogni caso affrontati attraverso un’operazione di indebitamento con soggetti terzi. Prima di affrontare nel dettaglio le spese finanziate dalla 598/94 per gli investimenti “ambientali”, ricordiamo che la stessa normativa (con le differenze da verificare regione per regione) finanzia anche investimenti per le seguenti finalità: • innovazione tecnologica (acquisto di macchinari e impianti gestiti elettronicamente, robot,

brevetti, consulenze); • innovazione organizzativa (consulenza per l’elaborazione di nuovi modelli organizzativi, consulenza per ottimizzazione della logistica); • innovazione commerciale (apertura di nuovi canali commerciali per via telematica , realizzazione di iniziative promozionali e di marketing); • sicurezza sui luoghi di lavoro (consulenze per la predisposizione di piani per la realizzazione degli interventi diretti a garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro, incarichi a società di servizi per la bonifica dei luoghi di lavoro). L’impresa può, con un’unica domanda, richiedere il contributo a fronte di spese anche per


finalità diverse: ad esempio, l’acquisto di un macchinario tecnologicamente innovativo per finalità produttive insieme ad un impianto per lo smaltimento rifiuti. Nel campo della tutela ambientale le principali spese finanziate sono: a) installazioni di raccolta, trattamento ed evacuazione dei rifiuti inquinanti solidi, liquidi o gassosi; b) installazione di dispositivi di controllo dello stato dell’ambiente; c) opere per la protezione dell’ambiente da calamità naturali; d) interventi per la razionalizzazione degli usi di acqua potabile e la protezione delle fonti; e) laboratori ed attrezzature di ricerca specializzati nei problemi di protezione dell’ambiente; f) fabbricazione di attrezzature ed apparecchiature destinate alla protezione o al miglioramento ambientale; g) installazione di impianti ed apparecchiature antinquinamento in stabilimenti industriali, sia volti alla riduzione delle immissioni nell’ambiente esterno di sostanze inquinanti, sia destinati al miglioramento diretto dell’ambiente di lavoro e della sicurezza contro gli infortuni;

h) creazione di capacità produttiva di sostanze “sicure” da impiegare nel processo produttivo e sostitutiva di sostanze inquinanti o nocive attualmente utilizzate; i) conversione e modifica di impianti e/o processi produttivi inquinanti in impianti e/o processi produttivi sicuri; j) eliminazione dell’impiego di sostanze inquinanti o nocive durante il ciclo produttivo; k) delocalizzazione per esigenze ambientali connesse ad obiettivi pubblici di interesse collettivo; l) consulenze finalizzate all’ottenimento di certificazioni di qualità ambientale e spese relative al rilascio delle certificazioni medesime. Le spese per opere murarie sono ammissibili solo nella misura massima del 50% del costo del programma, mentre le spese per acquisto di terreni sono ammissibili se funzionalmente correlate agli investimenti per progetti di delocalizzazione. I beneficiari di questa agevolazione sono le micro, piccole e medie imprese (si rimanda allo specchietto per i parametri dimensionali) ivi incluse le imprese artigiane in alcune regioni, e a seconda della dimensione dell’impresa varia la percentuale di contributo ottenibile. Le

Emilia Romagna

L’investimento ammissibile a contributo non deve essere inferiore a € 75.000,00 e non superiore a € 1.560.000,00. L’intervento è concesso sul finanziamento entro il limite del 70% delle spese relative all’acquisto, all’acquisizione mediante locazione finanziaria o alla realizzazione diretta (c.d. costruzioni in economia), sostenute a fronte delle iniziative di tutela ambientale. Nel caso di finanziamenti concessi in forma di locazione finanziaria, il prezzo convenuto per il trasferimento della proprietà al termine della locazione finanziaria (c.d. quota di riscatto) non fa parte del costo dell’investimento ammissibile. Sono escluse le imprese artigiane. Il contributo agli interessi è determinato in misura pari al: • 60% del tasso di riferimento per le PMI aventi unità produttive, nelle quali l’investimento è realizzato, nelle zone ammesse alla deroga di cui all’articolo 87.3.c) del Trattato C.E.; • 50% del tasso di riferimento per le piccole imprese aventi unità produttive, nelle quali l’investimento è realizzato, nel restante territorio regionale; • 23% del tasso di riferimento per le medie imprese con unità produttiva ubicata nei restanti territori.

Umbria

L’investimento ammissibile a contributo non deve essere superiore a € 4.000.000,00. Sono agevolabili i finanziamenti, ivi compresa la locazione finanziaria, non inferiori al 40% e fino al 100% del programma di investimenti, di durata non inferiore ad 1 anno,concessi da Banche o da Intermediari in favore di piccole e medie imprese industriali ed artigiane. Il contributo agli interessi è determinato in misura pari 70% del tasso di riferimento vigente alla data di arrivo della domanda al Medio Credito Centrale.

grandi imprese sono dunque escluse da questa agevolazione. Sono pochi i settori di attività non ammessi dalla normativa (anche in questo caso le Regioni possono prevedere delle differenze): in genere sono escluse le imprese operanti nei settori della siderurgia, delle costruzioni navali, della pesca e dei trasporti. L’agevolazione è erogata sotto forma di contributo in conto interessi a fronte di un finanziamento o leasing. Ai fini del calcolo dei contributi viene sviluppato un piano di ammortamento standard con durata parametrata alla durata del finanziamento/leasing e di importo pari alle spese ammissibili. Il piano di ammortamento standard è sviluppato con le seguenti modalità: • il capitale dilazionato è pari alle spese ammesse ad agevolazione; • la modalità di rimborso è in quote costanti di capitale; • il piano decorre dalla data di decorrenza del contributo; L’abbattimento del tasso di contributo in conto interessi varia a seconda dei territori e della dimensione di impresa e viene erogato, normalmente, in un’unica soluzione anticipata. Onde riportare due esempi, nel box si esplicitano i criteri di applicazione della Legge 598 in Emilia Romagna e in Umbria. *EUROCREA Consulting Srl

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NORM ATIVA

La DIRETTIVA sulla gestione d ei RIFIUTI fra passato e futuro L a pa r ol a a d un esperto de l s e t t o r e ch e c i i llu stra i punt i c h i ave e le novità

di Naide Della Pelle

L

o scorso 22 novembre 2008 è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea la nuova direttiva sui rifiuti (2008/98/CE): gli Stati membri avranno a disposizione due anni per adottare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2008/98/CE. Ne parliamone con Andrea Quaranta, giurista ambientale, titolare di uno studio di consulenza legale ambientale, responsabile del sito www.naturagiuridica.com e dell’EcoBlogico di InFormazione, comunicazione e diritto ambientale http://naturagiuridica.blogspot.com, nonché membro del Comitato scientifico di questo rivista. Quali sono i motivi alla base della decisione di riformare la normativa sulla gestione dei rifiuti? “La direttiva 2008/98/CE nasce essenzialmente dall’esigenza di precisare alcuni concetti basilari, essenziali per una corretta applicazione della normativa sui rifiuti, e per evitare che se

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ne faccia un uso interpretativo disinvolto… Nel farlo, la direttiva non omette di sottolineare, con forza, che l’obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe consistere – ancor prima che nella riduzione delle conseguenze negative per la salute umana e per l’ambiente causate dalla produzione e dalla cattiva gestione dei rifiuti – nella riduzione dell’uso delle risorse e nella promozione dell’applicazione concreta della gerarchia dei rifiuti. Sembra, ma non è, un’ovvietà: basti considerare le strabiche politiche ambientali perseguite negli ultimi anni”. Uno dei problemi più urgenti da affrontare, dunque, è quello legato alla produzione dei rifiuti… “Esatto. Proprio per questo motivo la direttiva si propone di aiutare l’Unione europea ad avvicinarsi a una «società del riciclaggio», cercando di evitare la produzione di rifiuti e di utilizzare i rifiuti come risorse. Si tratta di una scelta politica in linea con

l’obiettivo indicato nel Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente, che sollecita misure volte a garantire la separazione alla fonte, la raccolta e il riciclaggio dei flussi di rifiuti prioritari”. Poi c’è difficoltà di rispettare la gerarchia dei rifiuti. “La recente gestione emergenziale degli inceneritori, in Italia – non della loro opportunità, si badi, ma della loro praticabilità tecnico-economico-ambientale – costituisce un esempio lampante. Ciò di cui abbiamo bisogno è una politica integrata, lungimirante, sostenibile. Perciò la direttiva ribadisce l’importanza del rispetto della gerarchia dei rifiuti, che stabilisce, in generale, un ordine di priorità nella scelta della migliore opzione ambientale. Anche se questo non impedisce agli stati membri di discostarsene, nel caso in cui ciò risulti necessario per flussi di rifiuti specifici, quando è giustificato da motivi (tra l’altro) di fattibilità tecnica, praticabilità economica e protezione


dell’ambiente. In sostanza: nella loro gestione ottimale, i rifiuti dovrebbero essere raccolti separatamente, nella misura in cui ciò sia praticabile da un punto di vista tecnico, ambientale ed economico, prima di essere sottoposti a operazioni di recupero che diano il miglior risultato ambientale complessivo”. Dottor Quaranta, ci spieghi, in estrema sintesi, quali sono le principali modifiche intervenute con la nuova direttiva rifiuti. “Innanzitutto le definizioni. In alcuni casi si è trattato di un restyling di concetti già presenti: nel caso del recupero e dello smaltimento, ad esempio, l’obiettivo della direttiva è quello di garantire meglio, rispetto al passato, una netta distinzione tra i due concetti, fondata su un’effettiva differenza in termini di impatto ambientale (sostituzione di risorse naturali nell’economia), riconoscendo i potenziali vantaggi per l’ambiente e la salute umana derivanti dall’utilizzo dei rifiuti come risorse. In altri, invece, si è trattato di vere e proprie novità, come nel caso delle definizioni di riutilizzo, preparazione per il riutilizzo e riciclaggio: quest’ultima, di applicabilità generale, mira, in particolare, a colmare una lacuna definitoria della precedente normativa, che consentiva, di fatto, divergenze terminologiche fra singole direttive di settore. Infine, nonostante quella di rifiuto rimanga sostanzialmente immutata, sono state introdotte alcune nozioni (in primis: quelle di ‘‘materia prima secondaria’’ e di ‘‘sottoprodotto’’), che circoscrivono in modo più chiaro l’ambito di applicazione della legislazione comunitaria in materia. In secondo luogo, la gerarchia dei rifiuti, cui ho accennato, articolata su cinque stadi (prevenzione; preparazione per il riutilizzo; riciclaggio; recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; smaltimento) con la previsione di possibili scostamenti, che permettano, per specifici flussi di rifiuti, la flessibilità necessaria per tenere conto dell’approccio in termini di ciclo di vita. In terzo luogo, i principi enunciati nell’art. 7 (elenco dei rifiuti) che, benché già elaborati dalla giurisprudenza, rappresentano un’assoluta novità a livello normativo, perché conferiscono agli Stati membri un ampio grado di autonomia. Quindi, le soglie di efficienza energetica, finalizzate a qualificare come operazioni di recupero quelle di trattamento termico dei rifiuti solidi urbani: decisione discutibile, che si pone in contrasto

con quanto affermato dalla Corte di Giustizia a partire dal 2003”. Come si inserisce l’incenerimento nella gestione dei rifiuti? “L’incenerimento dei rifiuti rappresenta un tema di scottante attualità, e di non semplice comunicazione, stanti i troppi veti incrociati e la scarsa propensione a discutere e mediare, in questo settore, per trovare soluzioni condivise e ambientalmente compatibili. La Corte di Giustizia, con due importanti sentenze del 2003, non solo ha messo dei punti fermi nella distinzione fra operazioni di recupero ed operazioni di smaltimento dei rifiuti, ma ha anche posto le basi per una terminologia comune per rendere più efficace la gestione dei rifiuti. In sostanza, la Corte ha affermato che gli inceneritori bruciano rifiuti e basta, e costituiscono una pura e semplice operazione di smaltimento, anche se incidentalmente avviene un recupero di energia (cosa che “autorizza” i fautori di questa soluzione a utilizzare pomposi termini quali termovalorizzazione, per creare quella confusione semantica, sulla base della quale cercare di creare consenso). Solo l’incenerimento dei rifiuti nei cementifici, invece, costituisce un’operazione di recupero energetico e consente, allo stato attuale, di “ridurre gli impatti ambientali degli impianti esistenti”, i quali, se non bruciassero rifiuti, brucerebbero comunque qualcos’altro (petrolio, olio combustibile, pet-coke, ecc). Quindi, per poter essere considerata come un’operazione di recupero, la combustione di rifiuti deve svolgere una funzione utile, come mezzo per produrre energia, sostituendosi all’uso di una fonte primaria che avrebbe dovuto essere altrimenti usata per svolgere tale funzione. Di conseguenza, non

Andrea Quaranta, giurista ambientale e titolare di uno studio di consulenza legale ambientale

possono essere presi in considerazione ulteriori criteri quali il potere calorifico, la percentuale delle sostanze nocive dei rifiuti inceneriti, il fatto che gli stessi abbiano o meno bisogno di una mescolanza o di un condizionamento con rifiuti altamente infiammabili o – come previsto dalla direttiva – soglie di efficienza energetica”. Cosa sono i sottoprodotti e la materie prime secondarie? “I concetti di sottoprodotto e di materia prima secondaria sono stati introdotti dal legislatore comunitario al fine di delimitare l’ambito di operatività della nozione di rifiuto e, di conseguenza, della normativa sulla gestione. Il primo, oggetto di ricostruzione giurisprudenziale fin dal 2002, è stato inserito per la prima volta all’interno di un provvedimento legislativo comunitario, con lo scopo di tracciare il confine tra ciò che si deve considerare rifiuto e ciò che ha assunto valore di autentico prodotto. La seconda delimitazione dell’ambito di operatività della nozione di rifiuto si rinviene all’art. 6 (cessazione della qualifica di rifiuto), ai sensi del quale taluni rifiuti specifici cessano di essere tali quando siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino determinati criteri da elaborare conformemente ad una serie di condizioni stabilite dalla norma (utilizzo per scopi specifici; esistenza di un mercato per tale sostanza; rispetto di requisiti tecnici e standard; assenza di impatti negativi per l’ambiente)”. In conclusione, quale scenario si apre per la gestione dei rifiuti? “La direttiva presenta luci ed ombre, frutto dell’estrema delicatezza delle questioni poste e dei diversi interessi in gioco: riuscirà il nuovo dato normativo a costituire il tanto atteso intervento chiarificatore o continuerà ad essere fonte di nuovi conflitti interpretativi? Il perseguimento dei diversi obiettivi ambientali fissati dalla direttiva, dipenderà dalla volontà politica dei singoli Stati di stabilire modalità efficaci di attuazione nonché di raggiungere un accordo comune in sede di esecuzione delle varie misure. Ritengo che, nonostante i suoi limiti, alla direttiva debba essere riconosciuto il merito di aver posto le basi per lo sviluppo di una nuova strategia in materia di gestione dei rifiuti, orientata a reinserire i rifiuti nel ciclo economico, chiudendo, in tal modo, il cerchio dei materiali”.

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NORM ATIVA

L’ EVOL UZIONE DE LLA NORMATIVA ANTINFORTUN ISTICA IN ITALIA Il tem a d ella s i cure z z a nei luo ghi d i lav o r o , i n I tali a ha s e m p r e o c cupat o e d o c cu pa l’atte n z i o n e d el l e g i s lat o r e . Co s a È ca m b i at o n e g li ult i m i 2 0 0 a n ni di Angelo Stefano Pesce*

I

n origine, correva l’anno 1865, nel codice civile si parlava per la prima volta di responsabilità basata sulla colpa; poi, con la Legge 80/1898 che introdusse l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, si è fatto strada il concetto della responsabilità oggettiva del datore di lavoro limitata alla “riparazione del danno”, la quale comportava il “ristoro economico” per il lavoratore che subiva l’infortunio. Con l’avvento della Costituzione del 1948, e in particolare con gli articoli 32 e 41, secondo comma, si è affermato che la salute è tutelata, da un lato, come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e, dall’altro, come limite all’esercizio dell’iniziativa economica privata. Il principio della tutela della salute non è soltanto garantito da fonti costituzionali, ma ha trovato e trova, ancor oggi, il suo riconoscimento nell’articolo 2087 del codice civile. Tale articolo, rubricato, non a caso, “tutela delle condizioni di lavoro”, costituisce la norma principale e chiave in materia di misure antinfortunistiche. Sino agli anni 90 del secolo scorso, la normativa antinfortunistica per l’industria e per l’edi-

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lizia era essenzialmente costituita dal corpus di leggi emanate negli anni 50 sotto forma di Decreti del Presidente della Repubblica (547/55, 164/56, 303/56). Si trattava di norme all’avanguardia per l’epoca e ben strutturate dal punto di vista delle disposizioni operative. Evidentemente, con il passare degli anni, a causa dell’evoluzione delle tecniche di lavoro e, soprattutto, delle modalità organizzative dello stesso in ambito di stabilimento e di cantiere edilizio, queste norme avevano cominciato a risentire di un fisiologico “invecchiamento”. Come accennato però, sotto l’impulso delle direttive europee, dagli anni 90 anche la legislazione italiana ha cominciato ad adeguarsi, con l’emanazione progressiva e quantitativamente sempre più corposa di nuove disposizioni, questa volta sotto forma di decreti legislativi di natura operativa e organizzativa. Tra queste disposizioni, senza abrogare quelle citate ed altre già esistenti, hanno provveduto ad innovare il concetto stesso di “fare sicurezza” in ambito lavorativo. Tra le più note ed oggetto di discussione, dopo aver per inciso richiamato che la nozione di “Piano di sicurezza” a carico delle ditte appaltatrici di una commessa pubblica risale alla Legge 55/1990 art. 18, si possono ricordare il D.Lgs.277/91 (rumore, piombo e amianto), il D.Lgs. 626/94 (disposto tanto fa-

moso da essere ormai citato come sinonimo di “fare sicurezza”), il D.Lgs. 494/96 (“Direttiva cantieri”). Tra le novità più importanti al riguardo possiamo ricordare l’introduzione e lo sviluppo del concetto di “Valutazione del rischio” (che ha portato alla precisazione dei concetti di Piano di sicurezza e coordinamento – Psc – e di Piano operativo di sicurezza – Pos – in ambito di cantiere edile) e l’individuazione univoca di alcune figure con la definizione dei relativi compiti e responsabilità, quali ad esempio il Datore di lavoro (Dl), il Responsabile dei lavori (Rl), il Coordinatore per la sicurezza (Csl), il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Rspp) ed il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Tutte queste leggi sono state sostituite, dal 15 maggio 2008, dal D.Lgs. 81/2008, cosiddetto Tus (Testo Unico della Sicurezza). Tale Decreto è giunto quale attuazione delle previsioni dell’art. 1 della Legge 123/2007, che aveva conferito al governo i poteri di legiferare in materia di sicurezza e salute sul lavoro previo riassetto e riordino della normativa di settore. È innegabile che la particolare urgenza con la quale si è giunti all’approvazione del Tus abbia inciso sulle qualità del risultato, dato che le ultime fasi della discussione sul decreto stesso si sono avute quando era già stata fissata la data


per le elezioni del nuovo Parlamento (primavera 2008) e un ritardo, anche minimo, avrebbe comportato la scadenza dei termini previsti dalla legge per l’esercizio della delega. Si tratta comunque di uno strumento di legge che tenta una prima volta, dopo anni e anni di stratificazione normativa, un riordino ed una razionalizzazione di buona parte del corpus vigente in Italia in materia, intervenendo anche su alcune definizioni in precedenza dubbie o di interpretazione diversa (es. “datore di lavoro”, “valutazione dei rischi”). A dimostrazione di ciò, si può immediatamente notare che il Tus si compone di ben 306 articoli (suddivisi in 13 Titoli) e 51 allegati. Il Titolo I (articoli da 1 a 61) disciplina, anche mediante il rinvio a tre allegati, i principi comuni a tutti i settori di attività rientranti nel campo di applicazione del Tus. I Titoli da II a XI (articoli da 62 a 297) disciplinano, anche attraverso il rinvio a quarantotto allegati, gli specifici obblighi di prevenzione inerenti i requisiti di sicurezza ed i mezzi di

protezione a tutela dei lavoratori nello svolgimento delle attività rientranti nel campo di applicazione del Tus. In quest’ambito, assumono particolare rilevanza il Titolo II (luoghi di lavoro, con un allegato), il Titolo III (attrezzature di lavoro e dispositivi di protezione individuale, con cinque allegati) ed il Titolo IV (cantieri temporanei e mobili, con quattordici allegati). Gli altri titoli si dedicano più specificamente ai rischi particolari quali quelli connessi a movimentazione dei carichi, videoterminali, agenti fisici e biologici, sostanze pericolose e atmosfere esplosive. I Titoli XII e XIII si dedicano infine alle disposizioni sanzionatorie ed alle norme transitorie e finali. Si noti che, agli articoli 304 e 306 del Tus, vengono esplicitamente abrogati sia tutti i Decreti degli anni 50 del secolo scorso più sopra richiamati sia il 626, il 277 e il 494, dimostrando con ciò che il Tus stesso si configura quale vero e proprio testo fondamentale per la regolazione della materia, al quale verrà richiesto nei pros-

simi anni di diventare efficace per contribuire al conseguimento dell’importante risultato mai raggiunto dalla precedente normativa, vale a dire la diminuzione del numero di infortuni e di morti annuali per lavoro. I primi mesi di “vita” del Tus sono stati caratterizzati dalla proroga dell’entrata in vigore di alcune disposizioni. Da ultimo, il c.d. “decreto milleproproroghe” (Legge 14/2009) ha aggiornato al 16 maggio 2009 alcuni adempimenti, quali la comunicazione all’Inail degli infortuni aventi durata superiore ad un giorno, il divieto delle visite mediche in fase pre-assuntiva e la valutazione dei rischi da stress lavoro correlato, oltre il conferimento della data certa al documento di valutazione dei rischi. Nei prossimi numeri di ECO verranno proposti alcuni articoli che affrontano e approfondiscono singoli aspetti della normativa vigente, con particolare riferimento a industria manifatturiera e cantieri edilizi. *Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione della società Codelfa SpA

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C ORS O PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI IN EDILIZIA R iv olt o a p r o fessi on i st i d e l s e t t o r e e a l per so na l e az i e n d a le qu a li f i c at o

È

stato definito, in sedi localizzate nelle regioni centro-meridionali, il calendario dei corsi 2009 per “la gestione dei rifiuti in edilizia” . L’entrata in vigore del Decreto Legislativo 3/4/2006 n° 152 (Testo Unico Ambientale) e

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delle ultime integrazioni ha modificato i criteri gestionali dei rifiuti prodotti dalle aziende del settore edile. La normativa è ancora quanto mai complessa e ancora soggetta a controverse interpretazioni. Il corso è rivolto a professionisti del settore ed al personale che nelle aziende gestiscono la “problematica rifiuti” ed è strutturato in una parte teorica rivolto allo studio della legislazione vigente e alla sua interpretazione e in una parte pratica volta alla lettura delle autorizzazioni e alla corretta compilazione dei documenti inerenti la gestione dei rifiuti. Nello specifico il programma prevede argomentazioni sulla gestione dei rifiuti inerti da C. & D., terre e rocce da scavo e sui rifiuti dell’attività estrattiva. Il corso, in linea con i contenuti del Programma per la Formazione Professionale Continua ha ricevuto il riconoscimento per l’attribuzione dei crediti formativi da parte del C.N.G.

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Politica di coesione: 105 miliardi di euro per la “ green ec onomy” Arri va n o d alla C o mmi ssi o ne eu r ope a e sara n n o d e s t i n at i alle at t i vi tà e c o n o mic he ‘’v er d i ’’ , d a f i n an zi a r e at t r ave r s o la p ol itica di co e s i o n e d ell’ U e , o vv e r o i p r o g e t t i di s os t eg no a l le r e g i o n i fi n a n z i at e con il b ud g e t c o mu n i ta r i o

L

a Commissione europea ha valutato che 105 miliardi di Euro verranno investiti in Europa nella economia verde tramite la politica di coesione finanziata dai Fondi strutturali in fase di attuazione. Il finanziamento (AM-EU-160309), che corrisponde a più del 30% del bilancio della politica regionale per il periodo 2007-2013, offre una valida piattaforma per la creazione di posti di lavoro e dà un notevole impulso alle regioni e alle città che aspirano a mantenere la leadership globale dell’Europa nel campo delle tecnologie verdi. In un clima finanziario difficile questo tipo di investimento, a cui partecipa anche l’Italia, serve a creare occupazione ridando respiro alle economie locali, oltre a ribadire l’impegno dell’UE a lottare contro il cambiamento climatico. I 105 miliardi di euro consacrati ai progetti verdi e alla creazione di posti di lavoro rappresentano il triplo dell’importo stanziato nel periodo precedente della programmazione dei Fondi

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strutturali 2000-2006. Una importante quota di tale dotazione (54 mld €) è destinata ad aiutare gli Stati membri a mettersi in linea con la normativa ambientale dell’Unione Europea, mentre al miglioramento della gestione delle acque sono stati destinati poco meno di 30 mld.

La politica di coesione contribuisce anche ad aprire nuovi mercati per le economie locali permettendo loro di cogliere le opportunità dettate dalla necessità di affrontare il cambiamento climatico quali nuove fonti potenziali di crescita. Circa la metà degli Stati membri, Italia compresa, hanno integrato nei loro programmi della Politica di coesione (POR, PON e POIn) indicatori per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. I finanziamenti a titolo della coesione destinati dall’Italia all’ambiente risulta pari a circa 9 mld di Euro, destinati prevalentemente ai seguenti settori: - ferrovie, - energie rinnovabili, - progetti di rinnovamento urbano e rurale, - introduzione di eco-innovazione da parte delle PMI, - energia efficiente e co-generazione, - gestione delle acque e dei rifiuti,


- prevenzione dei rischi, - promozione dei trasporti urbani puliti. Le dotazioni della coesione destinate all’ambiente negli altri stati principali è la seguente: Polonia Spagna Germania Francia Gran Bretagna Belgio Lussemburgo

17,8 mld; 11,9 mld; 4,2 mld; 3,1 mld; 1,5 mld; 302 milioni; 7,5 milioni.

La promozione dell’eco-innovazione e la creazione di nuovi posti di lavoro nelle PMI operanti nell’economia verde costituiscono importanti priorità nell’ambito del sostegno destinato alle regioni. La politica di coesione dà un contributo di 3 mld di Euro alla promozione di prodotti e processi produttivi ecocompatibili nelle PMI. Inoltre uno degli obiettivi espliciti dei finanziamenti del VII° Programma quadro per la ricerca è quello di accrescere l’investimento complessivo nelle tecnologie verdi.

ECO-INNOVATION 2009 Si è svolto a Bruxelles, anticipando le fasi nazionali, l’Info day per le imprese europee interessate ad acquisire informazioni relative al bando 2009 per progetti di eco innovazione lanciato dall’Agenzia per la competitività

e l’innovazione (EACI) dell’Unione Europea. L’invito a presentare progetti di prima applicazione commerciale si rivolge soprattutto alle PMI ed i fondi messi a disposizione per il 2009 ammontano nel complesso a circa 30 milioni di euro. Il contributo europeo ai costi di progetto per ciascuna proposta varia dal 40% al 60% a seconda della tipologia di candidato ed il termine di scadenza per le proposte, da inoltrare per via telematica seguendo i criteri definiti dall’EACI, è fissato al 10 settembre 2009. I progetti devono dimostrare una elevata qualità tecnica, economica ed ambientale e devono possedere un potenziale di riproducibilità. In particolare i settori prioritari nei quali i progetti presentati per il finanziamento possono ricadere sono: • riciclo dei materiali: miglioramento dei

processi di selezione dei rifiuti, sviluppo di nuove soluzioni di riciclaggio o di utilizzo dei prodotti riciclati; • edilizia e costruzioni: prodotti, materiali e tecniche innovative nel settore delle costruzioni, nuove tecnologie per il risparmio delle risorse idriche; • industria dei prodotti alimentari e bevande: processi di produzione più puliti, nuove tecniche di imballaggio, migliore efficienza nell’uso delle risorse; • industria “verde” e acquisiti “verdi”, quali ad esempio l’integrazione di tecniche ecoinnovative nelle catene di approvvigionamento. Al bando 2008 (che prevedeva un fondo di circa 22 milioni di euro) sono stati candidati oltre 100 progetti da soggetti italiani e 42 di questi sono stati selezionati e finanziati. Altre informazioni è possibile acquisirle dal sito: http://ec.europa.eu/environment/ecoinnovation

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LA VE TRI NA

T ENS OTE ND , PROF ESSIONISTI IN ECOL OGIA

T

ensotend, azienda milanese con pluriennale esperienza nella progettazione, costruzione, noleggio e vendita di coperture leggere, tensostrutture e tendostrutture, mette a disposizione la sua sperimentata tecnologia anche per il settore dell’ecologia. Un valido esempio è sicuramente rappresentato da quanto è stato realizzato e messo in opera recentemente dall’azienda milanese in provincia di Taranto, per la trasformazione del terreno in materiale organico. La Tensotend ha provveduto alla progettazione, realizzazione e fornitura di quattro infrastrutture per un totale di 6mila metri quadrati, dedicate alla copertura del terreno per una attività di compostaggio con miscelazione e fermentazione di fanghi. In particolare, sono state allestite quattro strutture mobili e smontabili, a doppia pendenza, accostate, con luce variabile di 18, 27 e 30 metri ma con medesima lunghezza di 50 metri ed altezza laterale di 5 metri, dotate di struttura portante in alluminio anodizzato e teli tetto in membrana pvc colore bianco per permettere una buona luminosità diurna. Per le coperture laterali e le testate sono stati utilizzati dei pannelli metallici di colore verde, con lo scarico dell’acqua piovana per ogni struttura effettuato con canalette in acciaio. Ogni struttura è stata accessoriata con ingressi laterali larghi ciascuno 7 metri , onde permettere il passaggio delle pale di lavorazione, mentre sulle testate sono state fornite delle porte ad impacchettamento rapido motorizzate con telecomando, ciascuna con larghezza di 5 metri.

L A TECNO LOGIA DI C OL MAR PER L A T HAIL ANDIA

U

n’applicazione unica al mondo nel suo genere, il caricatore fisso F63 di Colmar, costruito per lavorare in ambiente soggetto alle direttive Atex, è un esempio di eccellenza italiana grazie alle diverse innovazioni funzionali e al pilotaggio dinamico Rexroth. L’installazione di questa macchina è avvenuta di recente in un impianto per il trattamento dei rifiuti industriali in Thailandia. La struttura del capannone in cui andrà ad operare il caricatore fisso F63 di Colmar, questo è il nome dato alla macchina, si presenta complessa anche sulla carta. L’edificio, infatti, sarà suddiviso al suo interno in nove vasche di prelievo rifiuti, profonde 5 m., con un unico punto di scarico del materiale. Alla macchina si chiedeva, dunque, un’estrema precisione dei movimenti per superare le limitazioni di tipo geometrico dell’ambiente, e la capacità di individuare la finestra di scarico automaticamente. Questo è stato possibile grazie al contributo di un software di autoapprendimento, che consente alla macchina di mappare in fase di start up l’ambiente circostante. Tra le altre richieste del committente vi era anche un tempo ciclo a campo libero di 20 secondi ed un’operatività di 16 ore consecutive al giorno.

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A HY DRI C A U N CONV EGNO sulla rid uzione d e i FANG HI nei DEP U TATORI

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fanghi rappresentano una delle voci maggiormente incidenti sui costi di gestione dei depuratori. In aggiunta, la crescente tendenza a limitare lo smaltimento degli stessi in agricoltura impone la ricerca di soluzioni tecnologiche innovative atte a ridurre la produzione presso i depuratori. Questo importante argomento, di forte interesse per le amministrazioni pubbliche e per i gestori dei depuratori, verrà trattato il 24 giugno a Hydrica, il Salone professionale delle Tecnologie per l’Acqua, dal 23 al 25 giugno 2009 alla Fiera di Padova. Il convegno, si articola in due parti distinte ma tra loro integrate: al mattino sono previsti interventi da parte delle istituzioni di ricerca e di amministrazioni pubbliche; nel pomeriggio sono previsti interventi da parte delle imprese detentrici di brevetti o esperienze, che avranno modo di illustrare gli elementi salienti di natura tecnica ed economica dei propri prodotti, all’interno di un dibattito. Il convegno riunisce le principali istituzioni di ricerca impegnate nel monitoraggio dei microinquinanti presenti nelle acque di rifiuti e nello studio di processi volti alla loro rimozione. Sarà l’occasione per fare il punto sui progressi della ricerca in questo campo. Seguirà una tavola rotonda sul tema: “Gestione della sicurezza negli impianti di depurazione alla luce del testo unico (d.gls 81/2008)”.




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