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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art.1, c.1 - CB-NO/Torino – Anno 7 n. 29 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

dicembre 2014 anno vII numero 29

COME TENDERE A RIFIUTI ZERO RACCOLTA DIFFERENZIATA ALL’80% CON IL SISTEMA MANTOVA DECOSTRUZIONE DI GRU PORTUALI LE DELICATE FASI DI SMONTAGGIO DEI TRE GIGANTI DI FERRO DECRETO COMPETITIVITà Tutte le PRINCIPALI modifiche aL TESTO UNICO AMBIENTALE

Settore rifiuti Tendenze, criticità e possibili miglioramenti attraverso le parole di federambiente

dicembre 2014


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Demolizione e riqualificazione Di aree Dismesse

2014

interventi complessi di demolizione: dalla progettazione all'esecuzione

FOCUS CONVEGNI 2011

in contemporanea con

Expo 2015 un'opportunità pEr lE arEE dismEssE il mErcato dEl dEcommissioning dEllE arEE industriali

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Punti di vista

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l decreto Sblocca Italia, il cui voto in aula alla Camera è atteso nei prossimi giorni, ha riacceso le polemiche sugli impianti di incenerimento in Italia gettando benzina sul fuoco o meglio “rifiuti nel fuoco”, per rimanere in tema, su una delle più accese battaglie del nostro Paese, quella tra i pro termovalorizzatori e gli anti inceneritori. L’art. 35 del decreto, che riporta le "misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale" punta, da una parte ad ampliare la rete degli impianti di termotrattamento prevedendone la costruzione di nuovi in aree “con finalità di progressivo riequilibrio socio economico”, dall’altra a migliorarne la produttività portando tutti gli impianti nuovi ed esistenti a saturazione del carico termico. Per far questo verranno abbattuti i confini regionali sui bacini di utenza degli impianti che potranno ricevere anche i rifiuti provenienti da altre regioni. In pratica il decreto punta a realizzare una rete nazionale integrata di inceneritori per risolvere il problema dei rifiuti in Italia. Ovviamente le polemiche accesissime non sono mancate, tutti i movimenti che si sono da sempre battuti per lo spegnimento degli impianti chiedono a gran voce l’abolizione di quest’articolo; le regioni come Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, che dispongono del più alto numero di impianti, sono preoccupate per la scarsa qualità dei rifiuti che potrebbero arrivare dalle regioni del Centro Sud come Lazio, Campania e Calabria; le Arpa denunciano ricadute negative per la qualità dell’aria dovute all’eccessivo carico di lavoro degli impianti rispetto a quello attuale; le municipalizzate e i consorzi sono preoccupati per i possibili effetti negativi sui risultati della raccolta differenziata. Come in altri casi legati a tematiche di interesse nazionale, i contrasti dal piano tecnico e ambientale sono passati in un batter d’occhio sul piano sociale e politico, creando confusione, strumentalizzazione di notizie e disinformazione. Sia chiaro, vogliamo prendere posizione perché il problema della gestione dei rifiuti in Italia è serio ma è doveroso anche rispettare tutti i punti di vista. I cambiamenti e le iniziative dovrebbero diventare una base per un dialogo costruttivo e non solo un pretesto per accendere nuove polemiche fine a se stesse. Dobbiamo essere tutti più critici e coerenti. Se adesso vi dicessi che il problema ambientale e per la salute pubblica derivante dagli inceneritori è poca cosa rispetto a quello prodotto dai botti di capodanno come reagireste? La maggior parte di voi probabilmente si metterà a ridere, la rimanente penserà ad una mera provocazione. Invece no… E’ tutto vero, secondo l'Agenzia ambientale britannica, i quindici minuti di fuochi artificiali sparati a Londra nel corso delle celebrazioni del millennio (capodanno 2000) hanno prodotto più diossina di quanta ne avrebbe sprigionata un impianto europeo di termovalorizzazione in oltre un secolo; uno studio della CEWEP (Confederation of European Waste-to-Energy Plants) riporta che i fuochi d'artificio esplosi nella sola città di Napoli nel Capodanno 2005 hanno rilasciato una quantità di diossina pari a quella prodotta in un anno da 120 inceneritori di rifiuti. Adesso che siete arrivati al fondo dell’articolo il vostro punto di vista è cambiato? Magari sì, ma bisogna tenere conto che tutta l'informazione, in qualche modo, è di parte e che tutti noi siamo, in diversa maniera, suggestionabili... Massimo Viarenghi

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dicembre 2014

sommario

ECO bonifiche rifiuti demolizioni

26 In Canada strumenti di analisi multicriteri e pianificazione strategica rendono più sostenibili gli interventi di bonifica

www.ecoera .it

RUBRICHE ECONEWS

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VETRINA

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Libri

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STORIA DI COPERTINA Una voce sola per 200 imprese e 40.000 addetti del settore ambientale di Massimo Viarenghi

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ATTUALITÀ

34 Le novità in materia di AIA: la Relazione di Riferimento strumento chiave previsto dalla Direttiva IED e i suoi rapporti con la bonifica dei siti inquinati

RICICLATO IL 73,6% DEGLI IMBALLAGGI IN ACCIAIO di Roccandrea Iascone

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Siti contaminati: esperienze negli interventi di risanamento di M.R. Boni, C. Collivignarelli e F.G.A. Vagliasindi

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Innovazioni e sostenibilità per il salone dell’ambiente di Lione di Maria Beatrice Celino

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FABBRICA DELLE IDEE

53 Alla scoperta delle terre rare grazie all’innovativo impianto che tratta lampade e tubi catodici avviati a riciclo per estrarne questi preziosi elementi

Un sistema innovativo e automatico per la messa in sicurezza di emergenza di Gabriele Palmieri

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THE BIG EYE Un esempio dal Canada sull’uso di strumenti di analisi multicriteri nelle bonifiche di E. Bobbio, J.P. Davit e R. Noel-de-Tilly

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REPORT Come tendere a rifiuti zero di Maeva Brunero Bronzin

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SPECIALE

60 Metodi di indagine per determinare la presenza naturale di metalli nei terreni e risolvere le criticità legate ai valori di fondo in rocce e suoli serpentinitici

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Anno 7 - Numero 29

le novità in materia di AIA di Gian Luigi Soldi

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Anno 7 - Numero 29 Dicembre 2014

Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin

PANORAMA AZIENDE BIG BAG, L’INTELLIGENZA DELL’IMBALLAGGIO di Maria Beatrice Celino La tecnologia italiana si consolida sul mercato americano di Maria Beatrice Celino

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WORK IN PROGRESS LO SMONTAGGIO DEI TRE GIGANTI DI FERRO di Andrea Terziano La bonifica della ex Carbochimica all’interno del SIN di Fidenza di Giuseppe Maranci e Elisabetta Saggese Alla scoperta delle terre rare di Federica Bacchetta

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PROGETTI E TECNOLOGIE L’APPLICAZIONE DEI METODI DI INDAGINE IDROGEOCHIMICA AI SITI CONTAMINATI di Ilaria Pietrini

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La presenza naturale di metalli nei suoli: criticità operative e possibili soluzioni di Pietro Marescotti et al.

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Le prospettive della bioremediation con l’impiego di funghi e piante di Enrica Roccotiello et al.

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NORMATIVA

Collaboratori: Federica Bacchetta, Renato Baciocchi, Gianluca Beccaris, Rosa Bertuzzi, Emanuele Bobbio, Maria Rosaria Boni, Michele Brancucci, Nicola Carboni, Daniele Carissimi, Grazia Cecchi, Maria Beatrice Celino, Carlo Collivignarelli, Laura Crispini, Jean Pierre Davit, Simone Di Piazza, Silvia Fornasaro, Roccandrea Iascone, Giuseppe Maranci, Pietro Marescotti, Mauro Mariotti, Robert Noel-de-Tilly, Gabriele Palmieri, Ilaria Pietrini, Eugenio Poggi, Enrica Roccotiello, Elisabetta Saggese, Emanuele Scotti, Gian Luigi Soldi, Monica Solimano, Andrea Terziano, Federico G.A. Vagliasindi, Mirca Zotti Comitato Scientifico: Maria Rosaria Boni (Sapienza Università di Roma) Daniele Cazzuffi (Cesi spa – Remtech) Laura D'Aprile (ISPRA, Roma) Luciano De Propris (Consulente ambientale) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Cuneo) Gian Luigi Soldi (Provincia di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino) Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7497964 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it Grafica, disegni e impaginazione: PeVmedia - Via C. Vidua, 7G - 10144 Torino Abbonamenti: Italia annuo € 40,00 - estero annuo € 75,00 copia singola € 12,00 - arretrati € 14,00 Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@deaedizioni.it Stampa: Tipografica Derthona - s.s. per Genova, 3/I - 15057 Tortona (AL) Responsabilità: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità per il caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. La responsabilità di quanto espresso negli articoli firmati rimane esclusivamente agli Autori.

IL TRASPORTO DEI RIFIUTI DERIVANTI DAL LAVAGGIO DEI CASSONETTI di Daniele Carissimi

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Direzione, Redazione, Abbonamenti, Amministrazione:

LE PRINCIPALI NORME DEL D.L. COMPETITIVITà CHE INTERVENGONO SUL TUA di Rosa Bertuzzi e Nicola Carboni

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DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 10143 Torino Tel. / Fax 011 749 79 64 e-mail: info@deaedizioni.it www.deaedizioni.it

NOTIZIE DA ASSOCIAZIONI e reti Reconnet

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Organo Ufficiale dell'Associazione Studi Ambientali L’abbonamento è deducibile al 100%. Per la deducibilità del costo ai fini fiscali vale la ricevuta del versamento a norma D.P.R. 22/12/86 n. 917 artt. 50 e 75. Conservare il tagliando - ricevuta, esso costituisce documento idoneo e sufficiente ad ogni effetto contabile. Non si rilasciano in ogni caso altre quietanze o fatture per i versamenti in c.c.p. Pubblicazione trimestrale Poste Italiane Spa – Sped. in a.p. D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c. 1 – registrata presso il Tribunale di Torino il 19 ottobre 2009 al n. 56. Ai sensi del D.Lgs. 196/2003, informiamo che i dati personali vengono utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni edite da DEA edizioni s.a.s. Telefonando o scrivendo alla redazione è possibile esercitare tutti i diritti previsti dall’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.


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Via libera alle bonifiche del SIN di Piombino

"TENGA IL RESTO" CAMPAGNA CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE

L’impegno preso dal Ministro dell’Ambiente con la Regione Toscana è stato mantenuto. La riunione preparatoria del CIPE, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, tenutasi il 17 ottobre scorso ha infatti approvato i 50 milioni di euro necessari all’esecuzione di un insieme di interventi che consentiranno la bonifica e la riqualificazione dell’area. La riqualificazione e la riconversione del Polo industriale di Piombino e le attività di messa in sicurezza operativa della falda e dei suoli sono di competenza pubblica e previsti dall'Accordo di Programma sottoscritto ad aprile scorso. Le dichiarazioni rilasciate dal Ministero ribadiscono l’importanza di tale provvedimento per Piombino e la soddisfazione per essere passati dalle parole ai fatti in poco meno di sei mesi. Il pacchetto di interventi sarà in esame nel prossimo CIPE dopodichè non resterà che passare alla fase operativa con l’avvio delle gare a l’assegnazione degli appalti.

Centomila vaschette in alluminio distribuite in 26 ristoranti della città, per portare a casa i pasti non completamente consumati. Sono questi i numeri della campagna “Tenga il Resto” che il Comune di Monza ha fortemente voluto per sensibilizzare i cittadini contro lo spreco alimentare e per il recupero del cibo. Una campagna nata a seguito della sottoscrizione della “Carta per una Rete di Enti Territoriali a Spreco Zero” che il Comune di Monza ha firmato lo scorso anno e che prevede, per gli enti locali aderenti, la messa in atto di iniziative volte a limitare lo spreco di risorse ed energie. La scelta dell’alluminio per rappresentare l’imballaggio perfetto per conservare il cibo in eccesso è nata grazie alla collaborazione fra Monza e il Consorzio CiAl. Le centomila vaschette, personalizzate secondo il messaggio dell’iniziativa, sono state infatti fornite dal Consorzio e distribuite nei punti ristorativi cittadini che hanno aderito all’iniziativa: al momento 26 in tutto. Un numero destinato a crescere nel corso dell’anno e che comporrà, certamente, un esempio replicabile in altre città, soprattutto in vista del prossimo Expo di Milano (1 maggio – 31 ottobre 2015) dedicato appunto all’alimentazione. E proprio l’Expo di Milano, e il patrocinio riconosciuto all’iniziativa dal suo Ente Promotore, sono stati il volano di questo progetto, essendo Monza una della città che dall’Expo del 2015 sarà maggiormente coinvolta. Durante la conferenza di presentazione dell’iniziativa, tenutasi lo scorso 4 ottobre nell’ambito della manifestazione Monza EcoFest, il Sindaco di Monza Roberto Scanagatti si è detto orgoglioso del fatto che proprio questa città, così vicina e integrata alla città di Milano, rappresenterà il primo esempio concreto contro lo spreco di cibo nella ristorazione e presso le famiglie, considerando che soltanto in Italia, ogni anno, mediamente, si buttano via 146 kg di cibo a persona, provocando, fra le altre cose, un inquinamento pari a 4 milioni di tonnellate di CO2. Gino Schiona, Direttore Generale CiAl, sempre nel corso dell’evento di presentazione della campagna “Tenga il Resto”, ha poi ribadito il valore dell’alluminio in un impegno condiviso contro lo spreco, e annunciato la possibilità di sostenere il Comune e l’Associazione dei Commercianti e Ristoratori, nel prosieguo del progetto, laddove i cittadini di Monza dovessero, come ci si aspetta, mostrarsi attenti e ben disposti a collaborare. Tra l’altro, il Direttore Gino Schiona ha puntualizzato che la città di Monza è, da oltre 10 anni, uno dei fiori all’occhiello in Italia per quanto riguarda la raccolta differenziata degli imballaggi in alluminio, raggiungendo di anno in anno percentuali di raccolta e avvio al riciclo sempre maggiori.

L’ambiente premia le industrie chimiche italiane Emissioni inquinanti in atmosfera -95%, negli scarichi idrici -65%, gas serra -68%, consumi energetici -38%. Questi sono solo alcuni dei dati rassicuranti contenuti nel rapporto Responsible Care, il bilancio di sostenibilità dell’industria chimica italiana che mette in luce la sempre maggior attenzione del comparto per la tutela dell’ambiente. Si tratta di un programma volontario mondiale di responsabilità sociale delle imprese volto a tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori, dei consumatori e dell’ambiente i cui dati ci confermano i risultati importanti conseguiti e testimoniano il reale contributo del settore allo sviluppo sostenibile. A quanto riscontrato sul fronte ambientale si aggiunge quanto di positivo è stato ottenuto in materia di sicurezza sul lavoro: i dati Inail confermano che il settore chimico ha il minor numero di malattie professionali ed è il secondo con il minor numero di infortuni rapportato alle ore lavorate dai dipendenti. L’attenzione e la propensione verso la sostenibilità fotografano un settore responsabile e cosciente del suo ruolo nella società ma anche un’industria attenta ai cambiamenti del mercato e che si è resa conto di come l’ambiente sia diventato oggi un tema economico in grado di garantire efficienza e competitività.

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E CO N E W S

Maldive, il paradiso perduto sotto montagne di rifiuti L’isola delle Maldive, il sogno di tanti, meta ambita per le vacanze e per i surfisti, in realtà si rivela non essere il paradiso naturale che tutti si aspetterebbero. Thilafushi, a 4 km da Malè, infatti è ormai conosciuta come “Rubbish Island”. La storia, viene portata alla luce da Alison Teal, “Idiana Jones” femminile dell’ambiente, surfista americana impegnata a girare il mondo per raccontare attraverso il suo blog e grazie a una serie cinematografica a lei dedicata, Alison’s Adventures, i segreti della salute e della sostenibilità. La storia ha inizio già nel 2012, quando l’isola è stata trasformata dal governo in una discarica. Una laguna scelta dal governo delle Maldive per accumulare tutti i rifiuti che non possono essere smaltiti in altro modo. Centinaia di tonnellate di plastica e materiale di varia natura che vengono trasportati ogni giorno da Malé (isola principale e capitale dell’arcipelago delle Maldive) e dai suoi lussuosi hotel. Durante il secondo viaggio Alison, ha deciso di agire attivamente per cercare di fare qualcosa di concreto per risolvere la situazione, ha raccolto e ha deciso di “indossare” le bottiglie di plastica ritrovate sull’atollo e nelle isole vicine, per aumentare la consapevolezza sull’importanza di riciclare un materiale che può essere trasformato e riutilizzato svariate volte “Mi piacerebbe che la plastica sparisse da questo mondo, in un colpo solo” ha detto Alison. “Ma nel frattempo, mi piacerebbe vederla all’interno di bikini, giacche, occhiali da sole piuttosto che sulle meravigliose spiagge delle Maldive”. Insieme ad una società chiamata Repreve ha dato il via a questa trasformazione della plastica e all’iniziativa partecipano anche altri marchi famosi che hanno inserito nella loro linea di abbigliamento vestiti fatti di plastica riciclata.

Trattamento dei rifiuti: la violazione delle discariche del Lazio La corte di giustizia Europea, sez. VI 15 Ottobre 2014, ha dichiarato l’inadempienza dell’Italia agli obblighi istituiti dalle direttive comuni-

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tarie, 1999/31 e 2008/98, relative al trattamento dei rifiuti in diverse discariche di Roma e Latina, in particolare a Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Montecelio-Involata e Fosso Crepacuore. Nelle discariche sotto accusa, per anni è stato permesso uno stoccaggio dei rifiuti senza alcun controllo, quando invece la normativa era ben chiara: Implementare un procedimento per il trattamento dei rifiuti avviati in discarica (in particolare, per quanto riguarda l’interramento e la stabilizzazione organica di tali rifiuti), in modo che sia adatto a ridurre il più possibile ripercussioni negative sull’ambiente, e la riduzione dei rischi sulla salute umana. L’Italia dunque non poteva smaltire i rifiuti non trattati. Inoltre i giudici del Lussemburgo stabiliscono che, dall’agosto 2012 ad oggi, la Regione Lazio non era conforme alle normative dettate dall’Unione Europea non avendo implementato “una rete integrata ed adeguata di impianti di gestione dei rifiuti, tenendo conto delle migliorie tecniche disponibili”. La condanna, come previsto dalla legge, non impone allo Stato un termine di adempimento tuttavia, nel caso in cui l’Italia non ponga rimedio, la Commissione potrà avviare un nuovo procedimento atto a constatare la persistente violazione degli obblighi e, in caso di ulteriore condanna, scatterebbe la sanzione pecuniaria.

è online il registro per gli impianti di trattamento e stoccaggio di RAEE

Come prevede il D.Lgs. 49/2014, recepimento della nuova Direttiva Europea, tutti gli impianti di trattamento e i centri di stoccaggio che gestiscono rifiuti elettrici ed elettronici dovranno iscriversi al Portale del Centro di Coordinamento RAEE. L’articolo 33 del Decreto stabilisce, poi, che tutti i soggetti che trattano RAEE, sia di origine professionale che domestica, hanno l’obbligo di comunicare al Centro di Coordinamento i dati sulle quantità trattate annualmente. Il CdC RAEE ha creato, quindi, una funzione ad hoc nell’area riservata del Portale. Per coloro che non si metteranno in regola sono previste sanzioni pecuniarie da 2.000 a 20.000 euro e una diffida a iscriversi. Nel caso l’iscrizione non avvenga neanche dopo la diffida è prevista la revoca dell’autorizzazione a trattare i rifiuti. Le verifiche sugli impianti sono affidate alle Regioni e alle Province che, con il Registro, potranno pianificare le ispezioni con maggiore semplicità.


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Una voce sola per 200 imprese e 40.000 addetti del settore ambientale un quadro aggiornato del mondo dei rifiuti, criticità e possibili miglioramenti dalla voce di federambiente che riunisce il complesso settore dei servizi di igiene ambientale di Massimo Viarenghi

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l settore dei servizi d’igiene ambientale, per sua natura molto complesso e variegato, nonostante un andamento del mercato complessivamente negativo mostra segnali di costante crescita confermati da numerosi indicatori quali il mantenimento dei livelli d’occupazione, l’aumento del valore della produzione e l’incremento dei risultati della gestione.

Dott. Filippo Brandolini, Presidente di Federambiente

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L’impegno e l’interesse crescente verso tematiche che riguardano la tutela dell’ambiente favoriscono lo sviluppo delle imprese portando alla creazione di un sistema che acquisisce connotati industriali sempre più netti. A rappresentare circa 200 di queste imprese troviamo Federambiente, la Federazione Italiana Servizi Pubblici Igiene Ambientale, che tramite le parole del suo Presidente, Filippo Brandolini, ci ha fornito un quadro aggiornato del settore rifiuti, evidenziando gli spazi di miglioramento e gli esempi virtuosi da cui poter attingere per recuperare il ritardo accumulato dal nostro Paese nelle politiche di gestione ambientale. Chi rappresenta Federambiente e quali sono gli obiettivi primari dell’Associazione? Federambiente è un’associazione nazionale, nata per rappresentare le imprese pubbliche che poi, nel corso degli anni, si sono evolute e quindi ora, oltre a quelle pubbliche, rappresenta anche le imprese private e a capitale misto. Diamo voce a livello nazionale a circa 200 imprese di varie tipologie: grandi e piccole, quotate in borsa e non, imprese che operano a livello solo comunale, altre fortemente integrate nella parte di impiantistica di smaltimento e ancora altre che si occupano solo

di raccolta e spazzamento stradale. Il fatto di avere una compagine così variegata è un nostro elemento di forza visto che rappresentiamo sia in termini geografici che di settore un sistema molto articolato. Complessivamente sono circa 40.000 gli addetti aventi un contratto di lavoro Federambiente, e questo è uno dei temi più importanti in cui l'associazione è impegnata. Siamo infatti titolari di un contratto collettivo nazionale e attualmente siamo anche in trattativa con i sindacati per il rinnovo, un’attività importante per la nostra associazione ma non certo l’unica. Offriamo infatti assistenza in materia sia tecnica che normativa e rappresentiamo presso le istituzioni le istanze dei nostri associati. Abbiamo un confronto diretto con il Ministero dell'Ambiente sui temi e i contenuti dei provvedimenti normativi e amministrativi proprio perché, rappresentando un sistema complesso di imprese, abbiamo una conoscenza dei processi di trattamento e di gestione attraverso cui mettiamo a disposizione importanti contributi tecnici che possono fornire spunti per la formazione degli atti amministrativi o legislativi. Inoltre ci sono altri due fronti che ci vedono impegnati: uno è l’accordo Anci-Conai dove


della popolazione abbiamo registrato un aumento del 2%. Ribadisco che si tratta di un dato ancora da elaborare e che quindi non sappiamo se possa essere indicativo di una reale tendenza. E' vero che nel 2013 i dati ci avevano fatto percepire un rallentamento del calo nella produzioFigura 1. La gestione dei rifiuti urbani nei 5 paesi più popolosi della UE [1000*t] ne dei rifiuti e quindi (anno 2011 Fonte: Elaborazioni Utilitatis su dati ISPRA ed Eurostat) questo aumento si porrebbe in linea con il dato precedente, però è anche vero che i dati, seppur significativi, sono frammentari quindi la conferma di questa tendenza la potremo avere solo quando saranno disponibili tutti i dati del 2014. Rispetto ad altre tematiche su base nazionale, dobbiamo purtroppo rilevare un dato non positivo: in Figura 2. Rifiuti in ingresso agli impianti [%] (Anno 2011 Fonte: Elaborazione Utilitatis una regione del nord come la Liguria è orsu dati ISPRA) mai evidente uno stasiamo consulenti per Anci per quanto riguarda to emergenziale causato dal quasi esclusivo i rifiuti da imballaggi; l’altro è l’accordo Anci- ricorso alle discariche. Non potendo più conCentro di Coordinamento RAEE dove siamo ferire nelle proprie sarà costretta ad esportare anche firmatari. i rifiuti in altre regioni. Questa situazione moRappresentando così ampiamente il stra anche come la Liguria avrebbe bisogno mondo dei rifiuti può darci una fotografia di uno slancio maggiore nella differenziaziodel settore alla luce degli ultimi dati che ne dei rifiuti e del rinnovamento del sistema avete a disposizione? impiantistico di riciclaggio e trattamento che Sebbene i dati del primo quadrimestre siano risulta al momento così sottodimensionato da ancora in fase di elaborazione e quindi non rendere il ricorso alla discarica la scelta pripermettano di fare affermazioni certe, quello maria. che possiamo evidenziare è che nei primi 4 Un altro elemento, questa volta positivo, è che mesi del 2014, al contrario di quanto accadu- l’avvio della raccolta differenziata della frazioto negli ultimi anni, abbiamo registrato un’in- ne organica in una città come Milano sta otteversione di tendenza nella produzione dei ri- nendo risultati importanti, sia qualitativamente fiuti. Su un campione significativo di un terzo che quantitativamente, ponendo questa città

al livello, o forse addirittura al di sopra, di altre metropoli europee. Questi risultati ci aiutano a comprendere come processi positivi di innovazione ed evoluzione sono possibili anche in aree metropolitane ove è notoriamente più complessa la gestione dei rifiuti e allo stesso tempo ci mostrano come anche in aree del nord Italia è possibile assistere a involuzioni che portano a situazioni negative a causa dell’incapacità di gestione e alla mancanza di pianificazione sul medio/ lungo termine. Qual è la Vostra opinione e quella dei Vostri Associati sulle numerose modifiche apportate alla normativa di settore nell’ultimo anno? Dicendo una cosa risaputa, gli operatori del settore lamentano che la normativa sui rifiuti è confusa, contraddittoria e in continuo cambiamento, in sintesi ciò che lamentano è la mancanza di stabilità normativa, come risulta peraltro evidente dalla numerose modifiche apportate negli ultimi tempi. Ci attendiamo interventi importanti per favorire il processo di industrializzazione del settore rifiuti, un aspetto che come Federazione promuoviamo da anni, ma per poterlo fare servono delle linee guida, in sostanza una legge chiara e precisa. Aspettiamo ora di vedere quali saranno le proposte della legge di stabilità, sperando che siano favorite le aggregazioni, siano chiariti gli aspetti relativi agli ambiti territoriali ottimali e siano stabiliti incentivi, non tanto per le imprese, ma per i comuni che decidono di dar corso ad aggregazioni proprio per promuovere un sistema industriale. Questo aspetto riguarda principalmente la raccolta e lo spazzamento, la fase cioè più vicina al territorio ma che pure può ottenere importanti risultati dalle maggiori dimensioni aziendali o dalla creazione di economie di scala che ne aumentino l’efficienza. Un secondo aspetto, dove il lavoro da fare è molto importante, è la chiarezza sul tema del finanziamento del settore. è stata superata la tariffa rifiuti, benché fosse stata introdotta in Italia con risultati interessanti, per ritornare ad una tassazione basata sui metri quadri che ci allontana nuovamente dall'applicazione del principio “chi inquina paga”. Stiamo promuovendo l’elaborazione e l'applicazione di un sistema di tariffa puntuale su base nazionale, che ci ripor-

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s t o ria d i c op erti n a

ti ad un rapporto diretto e più trasparente tra l'impresa e il cittadino e cerchi di commisurare il costo che ognuno deve sostenere rispetto ai propri comportamenti di produzione di rifiuti e riciclo. è necessario avere un sistema che sia applicabile ovunque, nel piccolo centro rurale come nelle grandi aree metropolitane, da parte delle piccole imprese come per le grandi società. Questa è una sfida che stiamo cercando di affrontare. Abbiamo un gruppo di lavoro che si riunisce mensilmente e a cui partecipano oltre 50 tecnici di altrettante imprese associate, per redigere una proposta che sia utile al Ministero che dovrà emanare il regolamento sulla tariffa puntuale applicabile sul territorio nazionale. Il terzo aspetto che ci preme è favorire i sistemi di realizzazione di investimenti, in particolare per impianti di servizi per il riciclo dei rifiuti, compostaggio e raccolta differenziata. Ci sono aree del Paese, e non sono solo quelle del Sud, più deboli sotto il profilo impiantistico e che faticano a trovare i finanziamenti. Da questo punto di vista dobbiamo individuare forme di accesso al credito che in qualche modo consentano il recupero di questo gap impiantistico e anche perciò costituiremo un gruppo di lavoro che possa elaborare delle proposte che possano poi essere sottoposte al governo e al parlamento.

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Quali sono le problematiche e le criticità più sentite nel settore rifiuti? Da un punto di vista più generale il settore dei rifiuti riscontra le criticità, ben note a tutti, legate al fatto che, a fronte della necessità di sistemi impiantistici di qualsiasi natura, ci si scontra con la difficoltà nel realizzarli per via di complessi iter autorizzativi, molto lenti e molto articolati, per la mancanza dell’accettazione sociale di tali impianti, e non mi riferisco solo a termovalorizzatori, e quindi più in generale per la scarsa incisività del decisore politico, a qualsiasi livello, nell'affermare l'esigenza di questi impianti o nell'individuare i siti dove collocarli. A fronte di tutta questa situazione accade che il nostro Paese sta ancora smaltendo troppi rifiuti in discarica, nel 2013 eravamo quasi al 40%, ed è in continua crescita il trend dei rifiuti inviati all’estero. Sull’ultimo rapporto Ispra troviamo una sezione dedicata al trasporto transfrontaliero dei rifiuti urbani da cui emergono dati preoccupanti: quasi 400.000 tonnellate dei nostri rifiuti urbani vengono trasferite all’estero, e di queste oltre 250.000 tonnellate sono destinate ad incenerimento o a recupero energetico in termovalorizzatori o cementifici. Noi riteniamo peraltro che questi dati siano parziali in quanto non tengono conto della quota parte di rifiuti esportati e classificati come speciali poiché derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani.

In ogni caso ciò che risulta evidente è una tendenza all'esportazione che andrebbe contrastata con soluzioni amministrative e legislative che consentano un miglior utilizzo del sistema impiantistico nazionale al fine di ridurre sia il ricorso all’esportazione che lo smaltimento in discarica. All'interno del Decreto “Sblocca Italia” è contenuto un articolo che in qualche modo va in questa direzione cercando di affermare questo principio che poi però si scontra immancabilmente con difficoltà di carattere locale o politico. Si devono vincere tali resistenze chiarendo alcuni aspetti sulla costruzione degli impianti e sull’uso di impianti già esistenti. I termovalorizzatori ad esempio hanno impatti ambientali irrilevanti se messi a confronto con altre fonti di emissione quali ad esempio il riscaldamento civile ed il sistema dei trasporti; sono sistemi sicuri con tecnologie avanzate e come tali andrebbero trattati per ragionare in ottica nazionale sfruttandone le potenzialità a servizio di un territorio più ampio. Questo tipo di approccio consentirebbe, tra le altre cose, di evitare anche le numerose sanzioni che ci vengono comminate dall’Unione Europea per lo smaltimento in discarica. Volendo dare un’occhiata al di fuori dei nostri confini, quali sono gli esempi virtuosi di gestione dei rifiuti che potremmo seguire?


Ritengo che per far bene a casa propria sia importante guardare cosa fanno gli altri. I migliori in materia di rifiuti e ai quali potremmo fare riferimento sono i Paesi del Centro-Nord Europa che vantano, non solo a livello europeo ma mondiale, politiche ambientali e di gestione dei rifiuti molto avanzate. Sono Paesi che, ancor prima dell’imposizione delle scadenze da parte dell’Unione Europea, hanno fortemente perseguito l’obiettivo di superare lo smaltimento in discarica, puntando sul riciclo dei rifiuti, sul recupero di materia e sulla produzione di energia elettrica e termica al fine di rendere residuale la quota destinata a smaltimento. Sono oltre 450 gli impianti di termovalorizzazione funzionanti in Europa, un parco impiantistico che viene potenziato e valorizzato costantemente, come il caso della Danimarca, che ha appena inaugurato un nuovo inceneritore mentre un altro sarà pronto tra un paio d’anni a Copenaghen. In questi Paesi, è stato fatto un lavoro importante sul piano prima tecnico e scientifico poi politico e sociale per cui questo tipo di impianto è stato accettato e anzi ritenuto strategico nella produzione energetica nazionale. Per proseguire con l'esempio della Danimarca, è in atto una pianificazione della riduzione del fabbisogno dei combustibili fossili, carbone e gas naturale, per la produzione di energia elettrica e calore, aumentando il ricorso alle fonti rinnovabili. In questo senso sono stati coinvolti anche i termovalorizzatori con l’intento di spostare parte della produzione di elettricità alla cogenerazione alimentando in tal modo le reti di teleriscaldamento che sono state sviluppate in quasi tutte le città e i paesi dello stato danese. Visti inoltre gli obiettivi per il riciclaggio posti dall’UE, 50% nel 2020 e si sta discutendo il 70% nel 2030, questi Paesi stanno offrendo la loro potenzialità impiantistica a servizio di Paesi meno strutturati in modo anche da averne un ritorno dal punto di vista energetico poiché, come detto in precedenza, i termovalorizzatori sono divenuti strategici per la fornitura elettrica e termica di queste nazioni. L'Europa può fornire esempi importanti non solo in tema di termovalorizzazione: la Germania e la Svezia, ad esempio, gestiscono da anni i rifiuti organici in impianti di digestione anaerobica, e in questo caso anche l’Italia si sta muovendo nella giusta direzione. Sebbene gli impianti non siano ancora molti e siano distribuiti in maniera non omogenea sul territorio nazionale, la loro diffusione permetterà di ottenere notevoli vantaggi grazie alla produzione di biogas, che può divenire energia elettrica o biometano, oltre che di compost che può essere sostitutivo dei fertilizzanti in agricoltura.

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ATTUALIT à

RICICLATO IL 73,6% DEGLI IMBALLAGGI IN ACCIAIO Nel 2013 dai contenitori in acciaio immessi sul mercato sono state recuperate 320.231 tonnellate, un peso di materiale riciclato pari a 23 portaerei "Giuseppe Garibaldi" di Roccandrea Iascone*

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alle scatolette per alimenti alle bombolette aerosol, dai grandi fusti industriali ai tappi corona, gli imballaggi in acciaio si confermano tra i più riciclati: nel 2013 in Italia è stato riciclato il 73,6% dell'immesso al consumo per un totale di 320.231 tonnellate, pari al peso di 23 portaerei "Giuseppe Garibaldi" della marina militare italiana. Rispetto all’anno precedente, nel 2013 è aumentata ancora la copertura territoriale: la popolazione servita ha raggiunto l’80% (+2%)

e sono aumentati del 2,8% i Comuni coperti da convenzioni ANCI-CONAI per la raccolta differenziata degli imballaggi. “Questi risultati sono frutto di una più forte presenza in tutta la filiera, con l’obiettivo di promuovere e agevolare la raccolta e il riciclo degli imballaggi in acciaio – spiega Maurizio Amadei, presidente di RICREA – a cominciare dal supporto ai Comuni per diffondere a livello locale una corretta educazione ambientale e dalla collaborazione con i diversi gestori del

servizio di raccolta differenziata per ottenere una raccolta più pulita ed efficiente. Quest’anno abbiamo notato un miglioramento della qualità degli imballaggi raccolti, che in alcuni casi ne ha consentito l’invio direttamente alle acciaierie per il riciclo senza che si rendesse necessario un intervento intermedio da parte degli operatori”. Nel 2013 in Italia sono state immesse al consumo 435.149 tonnellate di imballaggi in acciaio, pari al peso di 54 Tour Eiffel, in calo

PREMIATO ALL’ORTIGIA FILM FESTIVAL CORTO “D’ACCIAIO” PER PROMUOVERE IL RICICLO “L'acciaio si ricicla all'infinito!”: è questo il messaggio chiave del cortometraggio dal titolo “D’Acciaio - La Serie”, vincitore del concorso promosso da RICREA, nell’ambito dell’Ortigia Film Festival, svoltosi a fine luglio nella splendida terra di Archimede. Al concorso erano ammesse opere inedite della durata massima di 60 secondi, con protagonisti gli imballaggi d’acciaio, oggetti d'uso quotidiano che opportunamente raccolti e riutilizzati ritrovano nuova vita. Tra i tanti lavori in gara, a essere proclamato vincitore è stato il corto di Andrea Cairoli, giovane regista e sceneggiatore con esperienze a Barcellona, New York e Montreal. “D’Acciaio – La Serie” è ambientato in un’officina metalmeccanica della Bassa. Protagonisti un

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uomo burbero, sporco di grasso, e un ragazzetto dal viso pulito. Sicuro di sé e seduto su uno sgabello, l’uomo stappa bottiglie di birra e lancia i tappi corona (uno dei tanti tipi di imballaggi in acciaio) all’interno di un fusto, anch’esso in acciaio, simbolo della raccolta differenziata. Ogni lancio, di difficoltà sempre crescente, è un centro, davanti allo sguardo sbalordito del ragazzetto che prende appunti. E, terminate le birre, arrivano i barattoli di pomodoro… Insomma, il cortometraggio vincitore ha centrato l’obiettivo: sensibilizzare i cittadini alla raccolta e al riciclo, facendo passare il messaggio che gli oggetti d’acciaio si riciclano all’infinito.


dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Tale contrazione ha avuto ripercussioni dirette sui flussi di raccolta e riciclo, che tuttavia hanno mostrato riduzioni contenute. Le tonnellate di rifiuti d’imballaggio raccolte

sono state 368.575, pari al peso di circa 4.600 locomotive ferroviarie. Per quanto riguarda il flusso da superficie pubblica si è registrato un aumento del 4,8% rispetto l’anno precedente. A livello territoriale è da segnalare la forte crescita nel centro Italia (+21,7%) e nel sud (+17,5%), dovuta all’aumento del numero di convenzioni e accordi stipulati. La quota pro-capite di imballaggi in acciaio raccolti in un anno è stata in media di 3,32 kg per abitante. “Per assicurare l’avvio a riciclo degli imballaggi in acciaio quest’anno hanno collaborato con il Consorzio 146 aziende – sottolinea Federico Fusari direttore generale RICREA - Al fine di garantire la massima trasparenza nell’asse-

gnazione agli operatori dei quantitativi oggetto della raccolta differenziata e ottenere una migliore valorizzazione della cessione degli imballaggi raccolti, abbiamo introdotto un sistema di aggiudicazione del materiale RICREA tramite Aste Telematiche. Abbiamo inoltre rafforzato il legame con le acciaierie, in cui i contenitori in acciaio rinascono a nuova vita attraverso la fusione”. L'acciaio è il materiale più riciclato in Europa: è facile da differenziare e può essere riciclato al 100% un numero illimitato di volte senza dare origine a scarti e mantenendo intatte le proprie qualità. Grazie alle 320.231 tonnellate di acciaio recuperato dagli imballaggi in Italia nel 2013 si è ottenuto un risparmio diretto di 608.439 tonnellate di minerali di ferro e di 192.138 tonnellate di carbone, oltre che di 573.213 tonnellate di CO2. *Ricrea - Consorzio Nazionale Acciaio


ATTUALIT à

Siti contaminati: esperienze negli interventi di risanamento Si conferma il consueto appuntamento per il settore bonifiche con il workshop Sicon che si terrà quest’anno nella suggestiva cornice di Taormina di Maria Rosaria Boni*, Carlo Collivignarelli** e Federico G.A. Vagliasindi***

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on l’obiettivo di confrontarsi ed aggiornarsi sulle esperienze maturate in Italia e all’estero nel settore della bonifica dei siti contaminati, dal 5 al 7 febbraio 2015 si svolgerà a Taormina (ME) il Workshop “SiCon 2015 - Siti contaminati: esperienze negli interventi di risanamento”, che sarà organizzato dai gruppi di Ingegneria Sanitaria Ambientale coordinati dai sottoscritti presso la Sapienza Università di Roma, l’Università degli Studi di Brescia e l’Università degli Studi di Catania, con la collaborazione dell’ANDIS (Associazione Nazionale di Ingegneria Sanitaria Ambientale), del GITISA (Gruppo Italiano di Ingegneria Sanitaria Ambientale) e del CSISA Onlus (Centro Studi di Ingegneria Sanitaria Ambientale). Il SiCon, le cui precedenti cinque edizioni si sono svolte a Roma, Brescia e Taormina, è un’occasione di proficuo confronto tra gli operatori del settore e vuole mettere a disposizione dei partecipanti un ampio quadro di quanto è stato ad oggi realizzato nel campo delle bonifiche, con specifico risalto agli aspetti tecnico-operativi. Con questo obiettivo, saranno illustrati (anche nel dettaglio costruttivo/gestionale) casi di studio di risanamento e messa in sicurezza di siti contaminati a scala industriale. Nell'ambito dell’evento interverranno esperti nel settore delle bonifiche di terreni, acque sotterranee, sedimenti e siti minerari.

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Il programma preliminare del Workshop prevede le seguenti sessioni: • bonifica dei siti contaminati: stato dell'arte; • esperienze internazionali di bonifica di siti contaminati; • procedimenti giudiziari nel settore delle bonifiche di siti contaminati: esperienze e prospettive; • messa in sicurezza e bonifica di acquiferi contaminati; • messa in sicurezza e bonifica di terreni contaminati; • bonifica di sedimenti contaminati; • bonifica di siti minerari; • recupero funzionale dei siti contaminati. Sarà inoltre organizzata una sessione orale e/o poster dedicata ai risultati più recenti della ricerca scientifica sulle tecnologie di trattamento di suoli, acque sotterranee e sedimenti contaminati. Il 7 febbraio è prevista una visita tecnica presso il Sito di Interesse Nazionale (SIN) di Priolo. Gli autori che desiderano prendere parte a queste sessioni sono pregati di inviare un abstract di 1 pagina entro e non oltre il 20 novembre 2014 alla Segreteria Organizzativa (info@csisa.it). L’accettazione degli abstract verrà notificata entro il 30 novembre.

Il 4 febbraio è prevista l’organizzazione di un pre-Workshop in collaborazione con il Gruppo Italiano di Ingegneria Sanitaria Ambientale (GITISA) sulle recenti ricerche condotte dai gruppi di ricerca di Ingegneria Sanitaria Ambientale delle diverse sedi universitarie. In particolare, saranno presentati i risultati preliminari ottenuti nell’ambito di due progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN), uno dal titolo “Contaminanti emergenti in aria, acqua e suolo: dalla sorgente all'ambiente marino”, condotto da gruppi di ricerca appartenenti a nove sedi universitarie italiane in collaborazione con gruppi di ricerca stranieri, e un altro denominato “I consumi energetici e le emissioni di gas clima-alteranti negli impianti di depurazione: un sistema di supporto decisionale per il dimensionamento e la gestione” che coinvolge quattro sedi universitarie. La partecipazione al pre-Workshop è aperta ai partecipanti al SiCon 2015. Informazioni più dettagliate relativamente al programma e alle modalità di iscrizione saranno disponibili sul sito web www.csisa.it o possono essere richieste alla Segreteria Organizzativa (info@csisa.it). *SAPIENZA, Università di Roma **Università degli Studi di Brescia ***Università degli Studi di Catania


UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BRESCIA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA

Workshop SiCon 2015

SITI CONTAMINATI Esperienze negli interventi di risanamento

In collaborazione con:

Coordinatori Prof.ssa Maria Rosaria Boni - SAPIENZA, Università di Roma Prof. Carlo Collivignarelli – Università degli Studi di Brescia Prof. Federico G.A. Vagliasindi – Università degli Studi di Catania Segreteria Scientifica Ing. Raffaella Pomi – SAPIENZA, Università di Roma Ing. Paolo Roccaro – Università degli Studi di Catania Ing. Mentore Vaccari – Università degli Studi di Brescia

Il programma preliminare del Workshop prevede le seguenti sessioni: • Bonifica dei siti contaminati: stato dell'arte; • Esperienze internazionali di bonifica di siti contaminati; • Procedimenti giudiziari nel settore delle bonifiche di siti contaminati: esperienze e prospettive; • Messa in sicurezza e bonifica di acquiferi contaminati; • Messa in sicurezza e bonifica di terreni contaminati; • Bonifica di sedimenti contaminati; • Bonifica di siti minerari; • Recupero funzionale dei siti contaminati; • Ricerca e sviluppo di tecnologie innovative. Il 4 febbraio è prevista l’organizzazione di un pre-Workshop in collaborazione con il Gruppo Italiano di Ingegneria Sanitaria Ambientale (GITISA) sulle recenti ricerche condotte dai ricercatori del settore. Scadenza invio abstract (1 pagina) il 20 novembre 2014 alla Segreteria Organizzativa (info@csisa.it). Sono previsti spazi espositivi e possibilità di sponsorizzazione per Aziende leader nel settore. Per ulteriori informazioni e iscrizioni: www.csisa.it - Segreteria Organizzativa: info@csisa.it.

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Innovazioni e sostenibilità per il salone dell’ambiente di Lione Con una storia di oltre 40 anni pollutec continua ad evolversi e a distinguersi nello scenario fieristico dedicato al settore ambientale di Maria Beatrice Celino

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al 2 al 5 dicembre prossimi a Lyon Eurexpo, il consueto appuntamento con Pollutec ci metterà di fronte alle soluzioni proposte per tutte le filiere dell’ambiente e dell’energia, fornendo risposte alle grandi sfide trasversali che coinvolgono tutti i settori nell’adeguarsi ai grandi cambiamenti del nostro secolo.

Stéphanie Gay-Torrente, direttore dei saloni Pollutec e Pollutec Horizon

Ci accompagna nella scoperta di questa 26° edizione, Stéphanie Gay-Torrente, direttore dei saloni Pollutec e Pollutec Horizon, che abbiamo recentemente incontrato durante una visita a Milano. Quali sono le principali novità dell’edizione 2014 di Pollutec? La prossima edizione del salone offrirà come sempre agli operatori un luogo privilegiato di informazione, incontri e condivisione dei progetti ambientali, unico oggi in Europa e nel mondo. Pollutec conferma la sua natura di salone generalista sulle tematiche ambientali con un approccio trasversale che, partendo dai bisogni e dalle problematiche che ci vengono segnalate sia dalle industrie che dalla collettività, cerca di fornire risposte a domande a tipo come costruire la città di domani? come produrre meglio per essere più competitivi? Per fare questo cerchiamo in ciascuna filiera le innovazioni tecnologiche, i materiali, le soluzioni per la gestione e la riduzione dei rifiuti, la logistica e l’organizzazione dei trasporti. Accanto agli spazi espositivi però forniamo anche un programma di animazioni e di eventi su misura per tutti questi argomenti. Per quanto riguarda l’esposizione, il salone riunirà 2.300 espositori specialisti di tutte le professioni ambientali: dalla gestione e valorizzazione dei rifiuti all’ingegneria ecologica e

alla biodiversità, passando per la gestione e il trattamento dell’acqua, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, la qualità dell’aria o ancora la ricerca sul sistema energetico. Ogni anno, vengono presentate 200 innovazioni in anteprima europea o mondiale. Per quanto riguarda invece gli eventi abbiamo un focus molto importante sulla città sostenibile nel quale puntiamo a coinvolgere tutti i soggetti perché una volta che abbiamo realizzato una città tecnologicamente avanzata sono poi i comportamenti degli abitanti che devono essere in sintonia ed indirizzati verso il medesimo obiettivo altrimenti ogni sforzo viene vanificato. Su questo tema applichiamo l’approccio francese per riunire attorno allo stesso tavolo tutti i soggetti interessati: la collettività ci permette di avere un ritorno immediato di esigenze e bisogni, l'ingegneria ci offre le idee e le soluzioni, e l’industria, grandi gruppi ma anche le startup, ci porta l'innovazione. Altri focus non meno importanti sono il focus Industria sostenibile e il focus Strutture Ospedaliere e DD: normative, soluzioni esistenti e iniziative esemplari. Per ognuna di queste tematiche sono previsti forum, conferenze esclusive, percorsi specifici e visite a siti. Complessivamente, Pollutec offrirà un ciclo di 400 conferenze aperte a tutti, su tutti gli argomenti, per settore e trasversali del salone.

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AT T U A L I Tà

Circa 25 spazi tematici tra cui un villaggio biogas, un villaggio ingegneria ecologica e ancora un villaggio robotica. Siamo giunti ormai alla 26° edizione di Pollutec. L’organizzazione di un salone generalista sull’ambiente permette in qualche modo di intuire le tendenze e prevedere quali saranno gli sviluppi futuri nella sostenibilità ambientale? La filosofia dell'ambiente è certamente cambiata. Possiamo dire che oggi l’ambiente è divenuto un tema economico, non è più rispetto del pianeta o filosofia ma un settore che entra a pieno titolo nel ritorno sull'investimento che le industrie hanno. In un momento in cui tutti si confrontano con budget di spesa ridotti questo è il settore che permette all'industria di diventare più competitiva e alle città di diventare più sobrie e vivibili ma con costi di gestione minori. Personalmente lavoro per Pollutec da oltre dieci anni e oggi, a fianco dei settori storici legati al trattamento, vediamo numerosi altri settori come la gestione dei rischi, la riabilitazione del suolo, la valorizzazione energetica dei rifiuti, le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, il controllo della qualità dell’aria, l’eco progettazione e l’ingegneria ecologica. Anche la filiera metrologia si è sviluppata enormemente e in tutti i campi. Una cosa è sicura in ogni caso, il mercato va veloce. Le sue capacità di adattamento e di rinnovamento, accentuate da una tenden-

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za all’innovazione, danno luogo ogni anno a un’edizione sempre diversa rispetto alla precedente. Tra dieci anni, saremo focalizzati sugli obiettivi 2050. Il digitale sarà sicuramente ancora più importante per le nostre attività e dovrebbe portarci ad approcci ancora più integrati che permetteranno di facilitare le decisioni, ottimizzare i progetti e rendere l’utilizzo più semplice e accessibile. Immagino che le soluzioni con un basso contenuto di carbonio saranno utilizzate in tutte le attività e che saremo orientati al riciclaggio totale in tutte le industrie. Il salone sarà sicuramente ancora più internazionale. La rarefazione delle risorse e il cambiamento climatico posizionano sempre più le tematiche ambientali ed energetiche al centro delle strategie politiche, economiche e sociali internazionali. Pollutec punta molto sulla partecipazione estera. Ritiene che il valore aggiunto sia maggiore per gli espositori o per i visistatori? Scopo del salone è facilitare incontri che certamente possono dar luogo a progetti di collaborazione tra francesi, tra francesi ed europei, e tra l’Europa e gli altri continenti. Noi abbiamo 40 agenti che promuovo il salone in tutto il mondo e crediamo molto nell’internazionalizzazione come valore aggiunto sia per gli espositori che per i visitatori. Il nostro obiettivo è sempre quello di essere rappresentativi in tutte le filiere e al tempo stesso di lavorare sui contenuti cercando di fornire risposte puntuali anche a chi si confronta con realtà diverse da quelle francesi. Non possiamo essere esperti in ogni materia ed è per questo che ci confrontiamo costantemente con le associazioni di categoria dei vari settori e dei vari Paesi. Dobbiamo avere la conoscenza del mercato e lo facciamo tramite loro cercando di creare collegamenti e proporre opportunità. E' molto importante il carattere internazionale del Pollutec che attira in effetti visitatori provenienti da varie parti del mondo e che hanno necessità completamente differenti, la città sostenibile in Europa non è lo stesso concetto di città sostenibile che si può avere in Africa o in Asia. La capacità di trattare “su misura”

ogni area non si ritrova in altri saloni su tematiche ambientali. Quest’anno il salone accoglie ad esempio la seconda edizione di Sustainable City Solutions, un incontro dedicato alle esperienze relative alla città sostenibile che riunisce numerosi esperti mondiali sull’argomento. Organizzato in collaborazione con ERAI (Entreprise Rhône-Alpes International) e Grand Lyon, questo evento di livello mondiale prevede in due giorni un colloquio, numerosi workshop e alcune visite a siti esemplari nella regione Rhône-Alpes. In parallelo, questa nuova edizione di Pollutec mette l’accento sulle regioni del mondo dalle forti sfide ambientali ed energetiche. In particolare, uno spazio sarà dedicato all’Africa in collaborazione con ADEA (Associazione per lo sviluppo delle aziende in Africa) e un forum «Export e mercati internazionali» che accoglierà diverse manifestazioni tra cui un ciclo di conferenze e workshop dedicate all’America latina. Un motivo su tutti per partecipare al Pollutec 2014. Come espositori e come visitatori… Pollutec ha una lunga storia iniziata nel lontano 1969, perciò ha una sua identità specifica e non può essere ritenuto un clone di altri saloni su tematiche ambientali. Al tempo stesso il fatto di avere così tanti anni alle spalle potrebbe fare pensare ad un qualcosa di ormai obsoleto, invece la forza di questo evento sta proprio nel suo dinamismo e nella capacità di rinnovamento continuo che gli ha consentito in tutti questi anni di riposizionarsi ottimamente rispetto alle evoluzioni del mercato. Noi riteniamo che il nostro compito sia anche quello di stimolare le imprese a lavorare in un'ottica futura, non focalizzarsi sul fatto di partecipare alla fiera solo per vendere i propri prodotti ma anche per fornire una visione dello sviluppo e delle innovazioni che verranno, dare una previsione del futuro. Il logo di quest’anno è una sintesi di ciò che siamo, una rappresentazione di tutti i settori coinvolti, dalla sanità all’agricoltura, l’identificazione dei flussi di acqua, energia e delle connessioni tra i vari ambiti, un’immagine che rispecchia la completezza del salone, dinamica e moderna al tempo stesso.


INTERMAT 2015 afferma l a sua leadership nell a zona EMEA Appuntamento mondiale delle macchine, attrezzature, tecniche e materiali per l’edilizia, INTERMAT Paris 2015 ha l’ambizione di riunire ancora una volta tutti gli attori mondiali del settore. Esso riunirà 1.500 espositori, di cui il 70% d’internazionali e accoglierà 200.000 visitatori di cui il 34% d’internazionali. Storicamente, il salone INTERMAT ricopre un ruolo importante per gli operatori della zona EMEA (Europa, Medio-Oriente, Africa) e l’edizione 2015 conferma la sua leadership. Per poter mettere l’accento su queste aree geografiche saranno organizzati durante INTERMAT numerosi eventi.

Giornata Turchia: lunedi’ 20 aprile

• Accoglienza ufficiale di una delegazione ministeriale: l’Ambasciatore della Turchia in Francia e/o il Ministro turco delle attrezzature, il Vice-Presidente della Camera di Commercio e Industria di ISTANBUL • Inaugurazione della partecipazione collettiva nazionale (Camera di Commercio e Industria di ISTANBUL) • Visita ufficiale del salone • Presentazione a cura di INVEST IN TURKEY dei grandi progetti edili in Turchia e la sua interessante performance economica • Presentazione a cura di IMDER delle opportunità di mercato delle macchine e attrezzature edili in Turchia

Giornata Algeria: martedì 21 aprile

• Tavola rotonda su una problematica legata ai lavori pubblici in Algeria: gli aspetti tecnici e macro-economici • Conferenza mercato: presentazione del mercato dei lavori pubblici da parte di un esperto del settore • Incontri d’affari tra espositori e visitatori

• Accoglienza ufficiale di una delegazione ministeriale: l’Ambasciatore algerino in Francia e/o il Ministro dell’Habitat algerino, il Presidente della Camera di Commercio e Industria Algerina in Francia • Inaugurazione della partecipazione collettiva nazionale • Visita ufficiale del salone

Middle East Days: mercoledì 22 e giovedì 23 aprile

Arabia Saudita: • Accoglienza ufficiale di una delegazione ministeriale: l’Ambasciatore e/o il Ministro dei Lavori Pubblici, il Dipartimento degli Affari economici • Inaugurazione • Visita ufficiale del salone • Presentazione dei progetti all’orizzonte del 2030 • Incontro d’affari nell’ambito di una prima colazione tra distributori e espositori Emirati Arabi Uniti: • Accoglienza ufficiale di una delegazione ministeriale: l’Ambasciatore e/o il Ministro dei Lavori Pubblici, il Dipartimento degli Affari economici • Inaugurazione • Visita ufficiale del salone • Presentazione delle opportunità dell’esposizione universale di Dubai 2020 • Incontro d’affari nell’ambito di una prima colazione tra distributori e espositori

A proposito di INTERMAT

Il salone INTERMAT 2015 è organizzato da S.E. INTERMAT, CISMA, SEIMAT, delle associazioni di categoria francesi dell’industria delle attrezzature e da Comexposium, il leader francese nell’organizzazione dei saloni. La prossima edizione si svolgerà dal 20 al 25 aprile 2015 presso il quartiere fieristico di Paris-Nord Villepinte (Francia).

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fa b b ric a d el l e i d ee

Un sistema innovativo e automatico per la messa in sicurezza di emergenza Si chiama samis e si pone l’obiettivo di limitare i danni causati dal rilascio accidentale di sostanze inquinanti nell’ambiente di Gabriele Palmieri

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ono numerosi e tristemente noti i casi di inquinamenti ambientali dovuti a cause incidentali nei quali, oltre alla responsabilità penale, civile e societaria, vi è anche un importante danno di immagine che segna in maniera indelebile l’etica delle più importanti società. Ricordiamo a solo titolo di esempio gli incidenti del Golfo del Messico, di Falconara e del Lambro, situazioni che hanno causato ingenti danni all’ambiente con un’ampia diffusione della contaminazione richiedendo enormi spese per gli interventi di bonifica delle matrici ambientali. In questo contesto è stato ideato il SAMIS, Sistema Automatico per la Messa In Sicurezza, un sistema innovativo per la tutela dell’ambiente e dei luoghi di vita il cui campo

Figura 1. Configurazione per acque lotiche

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di applicazione coincide proprio con il settore industriale. Il principio di funzionamento è il confinamento automatico e immediato di sostanze tossico-nocive, infiammabili o comunque pericolose per la salute umana e gli ecosistemi in generale. Il sistema rileva e quindi protegge dalle fuoriuscite accidentali di idrocarburi, ad esempio, gli ecosistemi acquatici, naturali ed umani, nonché i recettori sensibili; è applicabile a protezione dei citati ambienti naturali ed antropici, evitando la contaminazione di matrici ambientali che possano venire a contatto con l’uomo sia direttamente che indirettamente, come acque superficiali e sotterranee, terreno e atmosfera. Installando il sistema SAMIS in condotte fognari, canali superficiali e/o sotter-

ranei sia naturali che artificiali è possibile evitare la propagazione delle sostanze inquinanti evitando cosi il contatto tra matrici ambientali contaminate ed altri importanti recettori. È un sistema di protezione e messa in sicurezza, che si attiva automaticamente in seguito a fuoriuscite accidentali di sostanze dannose per l’uomo e l’ambiente, la cui attivazione avviene senza l’intervento di personale che potrebbe pericolosamente esporsi alle sostanze disperse. Nell'ambito della protezione di sistemi naturali e antropici sono progettabili diverse configurazioni, alcune delle quali (Fig. 1) dedicate alla protezione di sistemi lentici (bacini, laghi, ecc..) e lotici (canali, affluenti, fiumi), altre (Fig.2) specifiche per la protezione di canali


Figura 2. Configurazione per canali chiusi

tombati o condutture anche di importanti dimensioni. Per quanto concerne la protezione di sistemi acquatici lotici come fiumi o canali superficiali, allo stato attuale, esistono attrezzature di contenimento fisico e assorbenti che necessitano però di essere movimentate dall’uomo ed installate all’uopo; tali dispositivi effettivamente garantiscono una discreta riuscita del contenimento delle sostanze nocive, ma la loro installazione richiede tempi spesso troppo lunghi ed il tempo è il fattore primario; nei casi di emergenza ambientale: più rapida è la risposta, minori sono le conseguenze per l’uomo e per l’ambiente e, non per ultimo, per le tasche di chi sostiene la responsabilita del danno ed il dovere a rimediare. A seguito di questi incidenti, infatti, l’intervento normale di squadre specializzate dotate di barriere pneumatiche di confinamento o oleoassorbenti rappresenta ad oggi una delle tecniche più utilizzate; il problema consiste spesso nel fatto che se anche i tecnici sono velocissimi ad arrivare sul posto e a concludere le installazioni, generalmente passano dai 60 minuti a qualche ora prima che risulti effettivo il contenimento delle sostanze contaminanti per procedere nella successiva fase di recupero. In tali casi spesso le matrici ambientali risultano già compromesse e non re-

sta altro da fare che rimuoverle o bonificarle al fine di non generare sorgenti secondarie di contaminazione. Contrariamente ai sistemi finora utilizzati, il SAMIS, è già posizionato e si attiva in modo automatico non appena i sensori del dispositivo intercettano la sostanza estranea, riducendo enormemente i tempi di intervento, con conseguente riduzione dell’impatto ambientale e delle spese per la bonifica. Il SAMIS inoltre esclude anche l’intervento di operatori in aree resesi insalubri e spesso ad elevato rischio di incendio o esplosione. L’intervento preventivo del dispositivo permette al personale addetto alle emergenze di intervenire con cautela e perizia in uno scenario in cui ormai la propagazione delle sostanze è bloccata. Inoltre, essendo il sistema completamente automatizzato, non risente dei periodi notturni piuttosto che di quelli festivi, insomma di tutti quei momenti in cui l’attenzione dell’uomo è soggetta a diminuzione rendendo le procedure di controllo e di pronto intervento vulnerabili. Il SAMIS può avere grande impiego in tutti quegli impianti industriali (come raffinerie e depositi di carburante) che per necessità produttive piuttosto che per la movimentazione di materiali o altre esigenze, sorgono in prossimità di corpi idrici come canali, fiumi, laghi,

porti, ecc. I corpi idrici sono spesso vitali per gli insediamenti industriali, ma l’acqua, oltre ad essere un elemento da salvaguardare, rappresenta anche un mezzo attraverso il quale la maggior parte delle sostanze in forma liquida può essere propagata e veicolata verso bersagli sensibili (acqua potabile, acqua per irrigazione, zone balneabili, ecc.). In tutti questi casi un sistema SAMIS posto a sentinella delle strutture idrauliche (canali tombati o a cielo aperto, condotte fognarie, canali naturali e non, imboccature di porti e darsene, dreni per acque meteoriche, ecc.) che mettono in comunicazione gli impianti produttivi con i corpi idrici può prevenire situazioni devastanti per l’uomo e gli ecosistemi connessi. Il sistema è estremamente versatile ed è stato progettato in maniera da essere adattabile a qualsiasi struttura e luogo di applicazione. Per rendere massima l’efficacia, il dispositivo può essere realizzato in conformazioni diverse, ad esempio in prossimità di bacini di contenimento di serbatoi o di vasche di raccolta acqua delle aziende o degli impianti di stoccaggio carburante e raffinerie. Certo è che la sinergia di più applicazioni del sistema in zone complesse, ridurrebbe al minimo il rischio di gravi danni ambientali a seguito di incidente petrolifero.

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Un esempio dal Canada sull’uso di strumenti di analisi multicriteri nelle bonifiche Rendere più sostenibili gli interventi di bonifica grazie alla pianificazione strategica e all’utilizzo di strumenti di supporto decisionale durante la fase di progettazione di Emanuele Bobbio, Jean Pierre Davit e Robert Noel-de-Tilly*

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n momenti di difficoltà, come quello che il settore italiano delle bonifiche sta affrontando in questi anni, è sempre utile sollevare lo sguardo oltre confine per capire come situazioni simili siano state affrontate a livello strategico e normativo. In questo caso ci sospingiamo al di là dell’oceano, in Canada,

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per raccontare come viene affrontata la bonifica di siti contaminati in una nazione che dal punto di vista ambientale si è spesso dimostrata all’avanguardia nel proporre nuovi approcci organizzativi e soluzioni tecnologiche innovative. Naturalmente va premesso che il contesto ambientale, sociale e produttivo in questo paese è molto diverso da quello italiano e sarebbe quindi ingenuo riproporre in maniera semplicistica modelli di successo che là hanno funzionato, sperando che possano rivelarsi risolutivi anche nel nostro ambito di lavoro. Eppure se ci focalizziamo sul livello strategico e organizzativo possiamo intravedere interessanti spunti di riflessione che sarebbe interessante introdurre nel dibattito nazionale per rilanciare un settore alla ricerca di nuove idee e nuovi stimoli.

Il piano federale canadese per la bonifica di siti contaminati Un paese ricco di risorse naturali come il Canada da sempre ha dovuto confrontarsi con gli impatti ambientali, ma anche sociali ed economici, che l’industria mineraria e petrolifera, ma anche del legno e della carta, generano sul territorio circostante. Per ovviare al problema dell’eredità di contaminazione lasciata su numerosi siti di proprietà federale, nel 2005 il governo canadese ha prodotto un piano d’azione (il Federal Contaminated Sites Action Plan) per affrontare sistematicamente la bonifica di questi siti con una prospettiva a lungo termine che in 15 anni mira a ridurre i rischi ambientali e di salute pubblica causati dai contaminanti presenti sul territorio. Il piano è stato sviluppato a partire da una precedente strategia sulla bonifica dei siti contaminati, elaborata tra il 2000 e il 2002, attraverso una dettagliata analisi delle politiche ambientali applicate fino a quel momento e delle buone pratiche a disposizione. Per portare a compimento l’ambiziosa missione, il governo federale ha dotato il piano di un rilevante budget (3,5 miliardi di dollari canadesi), vincolato al raggiungimento di chiari obiettivi. Il piano è stato suddiviso in due fasi: durante la prima (2005-2011) è stato


richiesto ai dipartimenti e alle agenzie locali di identificare i siti, di caratterizzarli e di avviare le prime attività di bonifica e contenimento; nella seconda fase, (2011-2016) proseguono le attività di bonifica avviate e contemporaneamente il focus si sposta sui siti considerati prioritari. La fase I, già completata, ha portato a importanti risultati tra cui attività di indagine su oltre 9.400 siti (di cui 6.400 completate), attività di bonifica avviate su 1.400 siti (di cui 650 completate) e numerose attività di contenimento, il tutto con una spesa di circa 1,3 miliardi di dollari canadesi. L’implementazione del piano è stata affidata a Environment Canada (il corrispettivo del nostro Ministero dell’Ambiente) in collaborazione con il Dipartimento dei Lavori Pubblici. Considerato il numero di aree coinvolte e l’ampiezza del territorio canadese, Environment Canada coordina il processo ma un importante ruolo per portare avanti le attività è dato agli enti locali, che sono incoraggiati a elaborare specifici piani di azione per i siti contaminati e a sottoporli al ministero per ottenere i finanziamenti dal governo centrale. Un risultato importante della prima fase è stato il completamento dell’inventario dei siti contaminati federali, che viene ora aggiornato di anno in anno ed è interamente consultabile online. I siti sono classificati in base al rischio (alto, medio o basso) che rappresentano per l’ambiente e per la popolazione secondo un sistema di valutazione univoco e consolidato, sviluppato nel 1992

dal Consiglio dei Ministeri dell’Ambiente degli stati federati. I siti sono poi ulteriormente suddivisi in siti di contaminazione accertata, siti di contaminazione sospetta (per cui sono necessarie ulteriori indagini) e siti chiusi, per i quali non sono necessarie ulteriori attività. Questo analitico lavoro di classificazione permette di avere un quadro sempre aggiornato della situazione generale e delle principali criticità in corso, in modo da indirizzare in maniera mirata ed efficace i fondi a disposizione verso siti a maggior rischio. La trasparenza e il coinvolgimento del pubblico sono caposaldi imprescindibili su cui si basa l’operato del governo in Canada, che ha messo in piedi un portale internet su cui si può trovare l’elenco di tutte le iniziative di consultazione previste da enti pubblici e agenzie federali e locali. È naturale quindi che anche le attività che rientrano nel piano dei siti contaminati siano rendicontate pubblicamente attraverso un sito internet di facile accesso. Come accennato, per ogni sito identificato nell’inventario è disponibile una scheda di sintesi che presenta i principali dati tra cui il responsabile della procedura, il tipo di contaminante e le matrici impattate, il numero di persone abitanti nei dintorni, le attività effettuate e i fondi spesi. Oltre ai principali obiettivi di ridurre il numero di siti contaminati e quindi dei rischi associati per l’ambiente e per le persone, il piano riconosce che l’implementazione di queste attività genera benefici secondari, ma non meno im-

portanti, come lo sviluppo di pratiche e tecnologie innovative, l’accrescimento del know how, oltre che l’incremento dell’occupazione nel settore e il rafforzamento di competitività dell’industria ambientale. Il piano inteso in questo modo è quindi un importante strumento per arginare un problema ereditato dal passato, ma diventa anche un volano per massimizzare le ricadute economiche in ambito locale e per sostenere una filiera importante per l’economia nazionale.

I principi di sostenibilità nelle attività di governo Da tempo il governo canadese ragiona su come infondere i principi di sviluppo sostenibile nelle scelte strategiche che effettua e nelle politiche pubbliche che porta avanti. A partire dal 1995 viene richiesto ai vari ministeri federali di preparare una strategia di sostenibilità per le proprie attività di competenza. Inoltre dal 2008 il Canada ha una normativa specifica, il Federal Sustainable Development Act, che tra le altre cose prevede la creazione di un ufficio apposito, all’interno di Environment Canada, e di un comitato consultivo di 12 membri istituzionali e non che elabora un piano strategico triennale e monitora il progresso rispetto agli obiettivi posti tramite report periodici. Vista la grande attenzione che il Governo Federale dedica al tema dello sviluppo sostenibile, anche l’applicazione del piano federale per i siti contaminati è stato chiara-

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mente improntato all’adozione di soluzioni tecnologiche che garantiscano le migliori prestazioni da questo punto di vista. È infatti fondamentale trovare meccanismi progettuali che consentano di trasferire i principi di sostenibilità enunciati a livello strategico in azioni concrete che li mettano in pratica. In questo caso, per ovviare alla difficoltà di tenere conto di un ampio numero di criteri, Environment Canada ha realizzato un apposito strumento di valutazione multicriteri, ad uso delle autorità locali, per supportarle nella comparazione delle prestazioni di più soluzioni di bonifica attraverso un percorso strutturato e trasparente.

Il ruolo degli strumenti di analisi multicriterio Lo strumento adottato da Environment Canada, chiamato Sustainable Development Analysis Tool, è stato sviluppato a partire da GoldSET, un software di analisi multicriteri realizzato da Golder Associates specificamente per il settore delle bonifiche e ora utilizzato in numerosi settori ambientali. Lo strumento permette di comparare le prestazioni di diverse soluzioni in maniera integrata, tenendo conto delle tre dimensioni classiche della sostenibilità (sociale, ambientale ed economica) e aggiungendo una quarta dimensione (tecnologica) per includere fin da subito con-

siderazioni di natura tecnica nel processo decisionale. Questo strumento permette di valutare impatti diretti e indiretti, positivi e negativi, di lunga e di breve durata. Vista la complessità della materia e le differenze intrinseche dei siti, lo strumento dev’essere sufficientemente flessibile per adattarsi a diversi contesti, mantenendo comunque una struttura di riferimento che assicuri uniformità nelle valutazioni e quindi consistenza nei giudizi. La struttura di riferimento è stata quindi individuata da Environment Canada in collaborazione con Golder e consiste in un gruppo di indicatori nei quattro campi, rispetto a cui vengono valutate le opzioni di bonifica. Gli indicatori sono stati selezionati attraverso una rigorosa analisi che tiene conto degli obiettivi del piano, delle esigenze delle autorità locali e della letteratura scientifica di settore. Gli indicatori, di carattere sia qualitativo sia quantitativo, vengono pesati tramite coefficienti il cui valore può essere stabilito da ogni autorità, in base al

contesto del sito e alla tipologia di contaminazione. A titolo di esempio tra gli indicatori in campo ambientale troviamo le emissioni di gas serra o la produzione di rifiuti, tra gli indicatori sociali la sicurezza dei lavoratori e residenti o la durata delle attività, e infine tra gli indicatori economici le incertezze nell’applicazione della tecnologie e le potenzialità di risviluppo del sito una volta conclusa la bonifica.

Approcci integrati per l a bonifica e l a rigenerazione di siti dismessi al Remtech 2014 In occasione di Remtech 2014 Golder Associates ha organizzato, in collaborazione con l’Ambasciata Canadese a Roma, un incontro tecnico intitolato “Le aree urbane dismesse: approcci integrati per la bonifica e la rigenerazione”. L’appuntamento è stato un’occasione per discutere del tema con numerosi interlocutori che a vario titolo contribuiscono con le loro specifiche professionalità a portare avanti progetti di rigenerazione, tra cui di Sebastien Yelle, in rappresentanza del Dipartimento Canadese dei Lavori Pubblici, Sandro Olivieri di ENI Downstream&Industrial Operations, Andrea Minutolo di Legambiente, Claudio Piccarreta di EY Real Estate, Gianluigi Soldi della Provincia di Torino, Raoul Saccorotti di DEMO Ambiente e Territorio, Matteo Robiglio di TRA Architettura Condivisa e Pietro Jarre di Golder Associates. Inoltre durante l’incontro è stata presentata e distribuita la pubblicazione “Adaptive Reuse – Bonifiche e rigenerazione urbana: nuove strategie per un mercato in evoluzione”, uno studio realizzato da Golder Associates insieme a TRA Architettura Condivisa per affrontare con visione strategica il tema delle bonifiche in Italia, investigando in particolare i possibili vantaggi che la progettazione integrata può avere nei processi di rigenerazione urbana dei siti dismessi. Partendo dall’analisi di alcuni casi studio di successo sono stati intervistati 15 attori da vari ambiti, tra cui operatori immobiliari, tecnici di bonifiche, amministratori pubblici e professori universitari, per capire come pratiche innovative di bonifica e rigenerazione possano essere declinate in ambito nazionale. Il volume è scaricabile dal sito www.golder.com/it/it/modules.php?name=News&sp_id=940&page_id=640 o ne può essere richiesta una copia cartacea scrivendo a remtech2014@golder.it.

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Lo strumento, lanciato da Environment Canada per la prima volta nel 2008, ha subito evoluzioni nel tempo ed è arrivato ora alla terza generazione. Nei vari passaggi sono stati affinati i criteri di valutazione e sono state ampliate le tecnologie di bonifica che possono essere comparate. Se all’inizio ne erano previste cinque, ora ne sono contemplate venti ed è possibile valutare l’uso combinato di più tecnologie per una singola opzione. Inoltre particolare attenzione è stata posta alla facilità d’uso e nel tempo l’interfaccia web è stata semplificata in base al riscontro con gli utenti, in modo che lo strumento possa essere utilizzato anche da personale non esperto che lavora per le autorità locali. Lo scopo di questo strumento è quindi di offrire un quadro di riferimento che semplifica la gestione di temi complessi e supporta il processo decisionale, tenendo insieme numerosi fattori che spesso è difficile valutare in maniera integrata. In aggiunta permette poi di visualizzare i risultati del processo in forme grafiche che semplificano la comunicazione all’esterno, favorendo in questo modo un confronto aperto con attori o stakeholder coinvolti nella discussione. In maniera intuitiva le opzioni con le migliori prestazioni saranno quelle con l’area maggiore ma anche quelle con la forma più equilibrata, perché le buone performance in una certa dimensione di sostenibilità non devono avvenire a discapito delle altre dimensioni. È importante infine sottolineare che lo scopo dello strumento non è quello decretare quale sia il progetto migliore o di stilare una classifica, quanto di guidare il processo decisionale e di supportare il confronto tra i diversi interlocutori coinvolti verso la soluzione più idonea al contesto. L’esempio canadese è particolarmente interessante perché mostra l’importanza di pianificare a livello strategico, con un piano a lungo termine, un tema complesso come quello della bonifica dei siti contaminati, definendo alcuni chiari principi guida e creando un sistema univoco di classificazione dei siti, in modo da utilizzare nella maniera più efficiente possibile le risorse economiche a disposizione. Al contempo viene evidenziata l’utilità di dotarsi di strumenti di supporto alla fase progettuale, per dare sostanza ai concetti di sostenibilità fin dalle prime fasi di un processo decisionale e per aumentare l’adesione dei numerosi stakeholder coinvolgendoli con sistemi di comunicazione trasparenti e autorevoli. *Golder Associates

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Come tendere a rifiuti zero Raccolta domiciliare, tariffa puntuale e tanta comunicazione. Questi gli ingredienti del sistema mantova che hanno portano a sfiorare la quota dell’80% di raccolta differenziata di Maeva Brunero Bronzin

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ra le province italiane che hanno realizzato i migliori risultati di raccolta differenziata troviamo Mantova al quinto posto, prima provincia lombarda in questa virtuosa classifica. Chi si occupa di raccolta e gestione dei rifiuti per 64 dei 69 comuni del mantovano è Mantova Ambiente la società del gruppo TEA che può quindi ritenersi parte attrice dei risultati ottenuti dalla provincia. A tal proposito abbiamo intervistato l’ing. Anzio Negrini, direttore di Mantova Ambiente, che ci ha spiegato nel dettaglio come funziona il “sistema Mantova”.

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Ing. Negrini, ci può spiegare cos’è il “sistema Mantova” e come ha portato a questi risultati? I risultati di raccolta differenziata raggiunti nella provincia di Mantova sono senza dubbio la conseguenza dell'espansione della raccolta domiciliare anche all'interno del comune di Mantova. La città ha un centro storico con impianto medievale che rende particolarmente difficoltosa l’applicazione di questa tecnica di raccolta, tant'è che ci siamo dovuti inventare una modalità di contabilizzazione del rifiuto molto singolare la cui applicazione sta prose-

guendo con successo e che abbiamo in parte esportato anche in un altro comune in provincia di Milano. Alla base di tutto c’è l’applicazione della cosiddetta tariffa puntuale cioè il monitoraggio e la contabilizzazione di quanto rifiuto indifferenziato viene consegnato da ogni singolo utente al servizio di raccolta. Per fare ciò la raccolta viene realizzata con contenitori a perdere: sono sacchi dotati di un microchip adesivo a perdere che permette di riconoscere l'utente e la tipologia del contenitore consegnato, e di conseguenza il volume del sacco conferito. Il sacco viene contabilizzato vuoto per pieno quindi il cittadino sa che un sacco consegnato mezzo vuoto verrà comunque contabilizzato come pieno. Nel caso del centro storico di Mantova si è scelto il sacco poiché è l'unico contenitore che elimina il problema di dover ritirare il vuoto ed è stato applicato a tutte le frazioni: carta, plastica, umido e indifferenziato. In tal modo, eseguito il turno di raccolta, sul territorio non rimane alcun contenitore, nel caso della zona centrale ciò è particolarmente importante, oltre che gradito, sia perché non si obbliga l'utente a ritirare il contenitore una volta svuotato sia perché sulla pubblica via non resta traccia del passaggio della raccolta. Tutto questo necessita di disponibilità e di disciplina da parte dell'utente che deve attenersi a dei tempi di esposizione dei rifiuti


prefissati trascorsi i quali noi ci impegniamo a fare la raccolta in un tempo piuttosto breve. La raccolta è notturna in alcuni quartieri mentre in altri è diurna, anche se inizialmente era notturna in tutti i quartieri. I risultati in termini di raccolta differenziata sono molto incoraggianti e arrivano a superare il 75%. I dati sono quindi allineati o appena inferiori all’80% che rappresenta la quota di raccolta differenziata che si raggiunge nei comuni limitrofi dove la raccolta è fatta in contenitori rigidi. Il sistema Mantova è quindi il risultato di un percorso iniziato nel 2002 dal comune di Gonzaga e che poi è arrivato ad espandersi fino ai tantissimi comuni che serviamo attualmente. Fuori dalla provincia di Mantova serviamo per ora solo due comuni: Botticino, in provincia di Brescia, e Settimo Milanese, in provincia di Milano. Pertanto il rifiuto indifferenziato raccolto in provincia di Mantova in questi 12 anni si è ridotto da 160.000 a 38.000 tonnellate anno. Mantova Ambiente gestisce anche la fase di trattamento e smaltimento dei rifiuti in provincia di Mantova. La dotazione di impianti gestiti dalla società comprende la “Fabbrica verde” di Ceresara,

con potenzialità di trattamento di 110.000 tonnellate anno, dove viene valorizzata una consistente parte del rifiuto indifferenziato a fini energetici ottenendo il CSS - un combustibile di qualità impiegabile al posto di fonti fossili -, l’impianto di compostaggio di Pieve di Coriano, che può lavorare 20.000 tonnellate all’anno e che trasforma la frazione umida raccolta in compost di qualità e la discarica controllata di Mariana Mantovana, autorizzata per ulteriori due milioni e mezzo di metri cubi. Le capacità di trattamento, sovrabbondanti rispetto alle reali necessità della provincia, hanno il grande vantaggio di far dormire sonni tranquilli agli amministratori e ai cittadini del territorio mantovano, anche se, naturalmente, le sfide della società rimangono quelle di portare a trattamento e smaltimento le quantità di rifiuti necessari alla copertura almeno dei costi fissi.

Dal punto di vista dei costi per il cittadino vi sono dei benefici in questo tipo di raccolta? La nostra tariffa è suddivisa in 3 macrovoci: una quota fissa del servizio che è indipendente dalla quantità di rifiuto prodotta nel territorio, una quota di conferimenti prepagati che sono quelli minimi tarati in base al numero di persone del nucleo familiare, e poi abbiamo la quota relativa ai conferimenti extra che vengono pagati solo da chi eccede rispetto alla quota prepagata. Rispetto alla tariffa che veniva pagata in precedenza i costi per il cittadino sono rimasti più o meno invariati. Se avessimo mantenuto il sistema di raccolta tradizionale con una grande quantità di rifiuto indifferenziato e una minima quota di rifiuto differenziato avremmo probabilmente assistito ad una notevole lievitazione dei costi per i cittadini, pur tenendo presente che quanto accaduto negli ultimi anni a causa della crisi economica ha portato anche ad una riduzione dei costi di smaltimento dell'indifferenziato. La crisi economica infatti ha fatto fortemente diminuire i consumi, ha fatto apprezzare in maniera minore i materiali recuperati dalla raccolta differenziata e ha ridotto la quantità di rifiuti che alimentavano gli impianti facendoli operare a regime ridotto. Si è innescata quindi una tale anomalia che in effetti non ci permette di rispondere con assoluta certezza che i costi per l’utenza sarebbero stati maggiori se fossimo rimasti alla raccolta da cassonetto stradale rispetto alla raccolta domiciliare.

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Tutto questo però è stato causato da una situazione del tutto anomala poiché se fossero rimaste confermate le tendenze consolidate nel decennio precedente affermerei con una

ragionevole sicurezza che i risultati eccellenti di raccolta differenziata avrebbero procurato dei sensibili risparmi rispetto alla raccolta mediante cassonetti stradali. Al momento quindi l’unica certezza che abbiamo è che il saldo rimane attivo poiché l'adozione di questo sistema rappresenta senza ombra di dubbio un miglioramento ambientale poiché ci consente di recuperare l’80% del quantitativo complessivo di materia di cui il cittadino vuole disfarsi, mentre con la raccolta stradale con molta difficoltà si raggiungeva una quota del 40%. I risultati raggiunti L a discarica di Mariana Mantovana non sono quindi unicaInizio attività: marzo 1996 mente frutto dell’appliCaratteristiche: cazione della tariffa pun• doppia impermeabilizzazione artificiale del fondo oltre ad un’imtuale? permeabilizzazione naturale • Minimizzazione del percolato prodotto grazie alla costruzione a setNel passaggio dalla ractori con divisione delle acque bianche dalle acque nere colta stradale alla raccolta • Sgombero a gravità del percolato grazie alla costruzione domiciliare si assiste ad • sgombero a gravità del pergolato grazie alla costruzione in pendenuna diminuzione fisioloza del fondo della discarica gica che va dal 6 al 12%. • immediato recupero ambientale della discarica in virtù della coQuesto è frutto della magstruzione a settori della medesima giore attenzione che l'u• alto livello qualitativo delle infrastrutture di servizio pensate per tenza presta nell'acquisto poter essere riutilizzate per scopi sociali dopo l’esaurimento della e nella separazione dei discarica materiali però il cambiaInfrastrutture mento maggiore deriva dal A supporto dell'attività dell’impianto sono state realizzate numerose fatto che vengano separati infrastrutture esterne tra cui: i rifiuti provenienti dall'uarea servizi (uffici, capannone, automezzi) tenza domestica da quelli illuminazione provenienti dalle attività • sistema antincendio produttive. Sono queste • sistema di pesatura • stazione meteorologica ultime infatti le utenze che • lavaggio ruote mezzi in uscita prima trovavano assai co• pozzi spia di monitoraggio falda e sbarramento idraulico modo disfarsi dei propri • pozzi di alimentazione rete acqua potabile e rete industriale rifiuti utilizzando i conte• schermi antivento nitori stradali; venendo a • vasca di prima pioggia per il campionamento delle acque supermancare questa possibificiali lità viene sottratta a una • impianto di stoccaggio percolato collettività di cittadini una • impianto di aspirazione e combustione biogas quantità di rifiuto che pri• impianto di produzione energia elettrica alimentata a biogas ma pagavano per le attivi• portale per il rilevamento della radioattività dei rifiuti tà produttive.

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Parte dei rifiuti che raccogliete sono destinati anche a termovalorizzazione? Innanzitutto mi permetta di dire che la termovalorizzazione non esiste. Questo termine è un'invenzione italiana, in tutto il mondo si chiamano inceneritori. Quindi, per rispondere alla sua domanda, all'incenerimento, o all’uso energetico in cementificio, noi mandiamo una quota parte del rifiuto indifferenziato che viene trattato nell'impianto di Ceresara. Circa il 35% dell’indifferenziato diventa CSS che viene conferito o nei cementifici o in impianti di incenerimento con produzione di energia elettrica. Questo fa sì che dell’indifferenziato che andiamo a trattare che rappresenta circa il 20% del totale, se togliamo le perdite di processo, acqua e CO2, e la frazione che va ad incenerimento, in discarica viene conferita un percentuale variabile tra l’8 e il 10%. Noi sicuramente siamo ormai rivolti verso l'obiettivo rifiuti zero proprio perché vediamo che la parte residuale che viene smaltita in discarica ogni anno subisce un decremento.

Quali sono secondo lei i tempi necessari per il raggiungimento dell’obiettivo rifiuti zero? Bisogna innanzi tutto partire da quello che riteniamo sia il valore limite invalicabile di raccolta differenziata. Noi riteniamo che questo limite sia il 92%, l’8% di rifiuto indifferenziato residuale potrebbe essere, dopo il trattamento, avviato all’incenerimento oppure utilizzato per la copertura di discariche, in tal modo andremmo ad annullare la parola rifiuto. L’unico problema è che restano delle forti perplessità su alcuni prodotti indesiderati che vanno a “inquinare” il rifiuto indifferen-


ziato residuale. Tali prodotti sono principalmente i pannolini e i pannoloni. Quando la quota di indifferenziato era pari al 60%, pannolini e pannoloni rappresentavano qualche punto percentuale ma è evidente che ora, con una quota di indifferenziato del 20%, pannolini e pannoloni possono rappresentare fino al 12%. Tali materiali hanno elevate concentrazioni di metalli pesanti che potrebbero superare i limiti imposti per l’incenerimento. Perciò sono proprio i pannolini e i pannoloni che in prospettiva potranno compromettere il raggiungimento dell'obiettivo rifiuti zero è infatti evidente che se non potranno essere avviati ad incenerimento dovranno necessariamente essere conferiti in discarica. Vi sono già numerose iniziative in atto sia per trovare idonee modalità di trattamento e riciclaggio sia, nel caso dei pannolini, per ampliare la diffusione dei pannolini lavabili. In ogni caso è necessario effettuare la rac-

DAL 1877

colta differenziata di questi prodotti, cosa che per altro già facciamo, ma sarà anche necessario definire l’intera catena logistica per gestirne lo stoccaggio, la conservazione e il trasporto. Pannolini e pannoloni sono e saranno sempre più un problema a cui dovremo trovare una soluzione perché altrimenti l’obiettivo rifiuti zero rischia di non essere raggiungibile. Per arrivare al “sistema Mantova” è stato necessario un notevole impegno anche dal punto di vista della comunicazione e dell’“educazione” della cittadinanza? Assolutamente sì, abbiamo investito molto in questo realizzando campagne specifiche di informazione per ogni singolo comune in cui è partito il nostro servizio di raccolta. Sono stati organizzati momenti divulgativi e vere e proprie “prove pratiche” in cui abbiamo spiegato ai cittadini come funzionava il sistema e come dovevano comportarsi per

far funzionare tutto al meglio. Sono stati momenti molto importanti per creare le basi di questo sistema e devo dire che la partecipazione è sempre stata numerosa. Parallelamente ci concentriamo anche sui più piccoli, organizzando laboratori, momenti creativi e concorsi proprio perché crediamo che una corretta educazione delle generazioni future ci aiuterà a raggiungere qualunque obiettivo con maggior facilità.

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Le novità in materia di AIA Il recepimento della Direttiva IED: la Relazione di Riferimento e i suoi rapporti con la bonifica dei siti inquinati di Gian Luigi Soldi*

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ra le novità introdotte dal D.Lgs. 46/14, vigente dall’11 aprile 2014, con il quale l'Italia ha recepito la Direttiva 2010/75/ Ue relativa alle emissioni industriali o Direttiva IED (Industrial Emissions Directive), rinnovando la disciplina dell’Autorizzazione Integrata Ambientale contenuta nel D.Lgs. 152/06, c’è l’introduzione della necessità di presentare una “Relazione di Riferimento” (Baseline Report) . La Relazione di Riferimento rappresenta uno strumento chiave previsto dalla Direttiva IED (art. 22) per prevenire ed affrontare la potenziale contaminazione del suolo e delle acque sotterranee che potrebbe essere cagionata dalle attività che producono, utilizzano o scaricano determinate sostanze pericolose, tenendo conto della possibilità di contaminazione. La redazione della relazione di riferimento è richiesta prima della messa in servizio dell'installazione oppure, dopo il 7 gennaio 2013, prima che l'autorizzazione rilasciata per l'installazione sia aggiornata per la prima volta. La relazione fungerà da documento di base per effettuare un confronto con lo stato di contaminazione che sarà verificato al momento della cessazione definitiva delle attività e valutare gli eventuali obblighi di ripristino. La Commissione Europea, con Comunicazione del 6 maggio 2014, n. 2014/C 136/01, ha pubblicato delle Linee Guida che, malgrado non rappresentino un'interpretazione vincolante dal punto di vista giuridico, definiscono i casi in cui la Relazione di Riferimento deve

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essere predisposta e illustrano le modalità di elaborazione del documento, con particolare riferimento ai criteri di indagine e di campionamento.

Soggetti interessati dall’obbligo di presentare la Relazione di Riferimento L’articolo 29-ter del D.Lgs. 152/06, così come modificato dal D.Lgs. 46/14, tra i contenuti della domanda di AIA, stabilisce che, se l’attività comporta l’utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose, tenuto conto della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee, è necessario presentare una Relazione di Riferimento elaborata prima della messa in esercizio dell’installazione o prima del primo aggiornamento dell’autorizzazione rilasciata. La suddetta relazione deve essere esaminata dall’Autorità Competente che a sua volta dispone, nell’autorizzazione o nell’atto di aggiornamento, eventuali ulteriori approfondimenti. La Direttiva IED definisce sostanze pericolose le sostanze o miscele pericolose come definite all’articolo 2, punti 7 e 8 del

regolamento (Ce) n. 1272/2008, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele (il cosiddetto CLP). Tale riferimento è riportato anche all’art. 5 del D.Lgs. 152/06, comma 1. lettera v-octies. All’interno del D.Lgs. 152/06, modificato dal D.Lgs. 46/14, il contenuto della Relazione di Riferimento non è definito e all’art 29-sexies, comma 9-sexies, è infatti previsto che, con uno o più decreti ministeriali, siano stabilite le modalità per la sua redazione, con particolare riferimento alle metodologie di indagine e alle sostanze pericolose da ricercare. In caso di inquinamento significativo del suolo e delle acque sotterranee con sostanze pericolose pertinenti al momento della cessazione dell’attività, a garanzia degli obblighi di


ripristino dello stato constatato nella Relazione di Riferimento, l’AIA dovrà prevedere adeguate garanzie finanziarie (art 29-sexies, comma 9-septies). Anche in questo caso, per la definizione dell’importo di tali garanzie, sono previsti uno o più decreti ministeriali. I suddetti decreti ministeriali, in particolare quello inerente il contenuto della Relazione, risultano attualmente in fase di predisposizione da parte del Ministero. Oltre ai contenuti della Relazione, che dovranno recepire le indicazioni delle suddette Linee Guida della Commissione (2014/C 136/01), un compito estremamente delicato dei decreti ministeriali dovrà essere quello di definire opportune soglie quantitative delle sostanze pericolose, suddivise per classi di pericolosità, prodotte, utilizzate o rilasciate dalle installazioni, che determineranno la necessità di elaborare la Relazione nonché i criteri tecnici necessari per valutare la reale possibilità di contaminazione da parte dell’installazione stessa. Si evidenzia infatti che, ai sensi delle disposizioni comunitarie, la Relazione di riferimento non costituisce un obbligo generalizzato per tutte le installazioni che ricadano nel campo di applicazione dell’AIA, ma riguarda solo quelle che producono, utilizzano o scaricano determinate sostanze pericolose. Inoltre, il semplice utilizzo delle sostanze pericolose pertinenti presso l’installazione non determina in maniera automatica l’obbligo di presentare la Relazione di Riferimento: per ciascuna sostanza pericolosa individuata deve essere prima verificata l’ef-

fettiva probabilità di una contaminazione del suolo e delle acque sotterranee in relazione alle modalità di gestione di tale sostanza, alla quantità interessata, al punto in cui vi è rischio di rilascio ed alle misure adottate presso l’installazione per impedire tale rilascio. Ai sensi delle indicazioni comunitarie, le discariche di rifiuti non sono esentate dalla necessità di presentare la Relazione, benché le disposizioni contenute nella Direttiva “Discariche” (1999/31/CE) contengano già molti elementi, sia inerenti i criteri di protezione delle matrici ambientali che le attività di monitoraggio previste, utili per la sua redazione.

La Comunicazione della Commissione Europea per le Linee Guida sulle relazioni di riferimento

La Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 136/01 del 6 maggio 2014 ha lo scopo di fornire alcuni elementi dell’art. 22 della Direttiva IED che dovranno essere trattati nella Relazione di Riferimento: • determinazione della necessità o meno di elaborare una relazione di riferimento; • definizione delle ricognizioni di riferimento; • definizione della strategia di campionamento; • redazione della relazione di riferimento. In particolare le Linee Guida definiscono il processo per stabilire, nei singoli casi, se è necessario elaborare una relazione di riferi-

mento sulla base di 8 fasi distinte e successive. Particolare rilevanza è data alla fase di valutazione della possibilità di inquinamento locale da parte delle sostanze pericolose identificate nelle varie circostanze gestionali dell’installazione e alla probabilità che le emissioni prodotte possano costituire un potenziale rischio di inquinamento del suolo e delle acque sotterranee (incidenti/inconvenienti, operazioni di routine, emissioni pianificate). Qualora non vi sia una possibilità significativa di contaminazione, la relazione di riferimento non è richiesta. Particolare rilevanza è inoltre attribuita alla raccolta di informazioni inerenti la storia pregressa del sito, il contesto ambientale, le caratteristiche geologiche, idrogeologiche, idrologiche e topografiche, nonché le possibili vie di diffusione artificiali delle sostanze pericolose pertinenti (modello concettuale del sito). Le attività previste per la redazione della Relazione di Riferimento comprendono la ricognizione sul campo e, laddove le informazioni disponibili non risultino sufficienti, dovranno essere previste nuove attività di campionamento delle matrici ambientali, sulla base di strategie adeguate. Le informazioni valutate e raccolte dovranno infine essere elaborate e riepilogate nella Relazione di Riferimento. Nelle indicazioni tecniche contenute nelle Linee Guida si rilevano varie analogie con i criteri previsti dalla normativa ambientale italiana in materia di caratterizzazione dei siti inquinati da bonificare, di cui alla parte IV, Titolo V del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.

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S PE CIA L E

Il contesto italiano e i rapporti con le procedure di bonifica dei siti inquinati

Poiché è fatto obbligo al gestore riportare il sito allo stato dichiarato nella Relazione di Riferimento al termine dell’attività, è ovviamente massimo interesse da parte del gestore medesimo disporre di un quadro più accurato ed attendibile possibile in relazione alla presenza presso il sito di situazioni di inquinamento originatesi precedentemente all’avvio dell’attività. La necessità di presentare la Relazione di Riferimento ha tuttavia suscitato non poche preoccupazioni da parte del mondo industriale, anche a causa della particolare situazione di sofferenza che attualmente, a livello nazionale, affligge il settore produttivo. In particolare si evidenza che la maggior parte

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delle attività interessate dalle procedure di Autorizzazione Integrata Ambientale riguardano piccole e medie imprese, più sensibili al gravame dei costi richiesti per le indagini e per le spese tecniche necessarie per la predisposizione della Relazione. A parte le discariche di rifiuti, ove il monitoraggio delle matrici ambientali, già richiesto dal D.Lgs. 36/03, risulta particolarmente ampio e dettagliato, anche nelle precedenti procedure di AIA, all’art. 7 comma 7 del D.Lgs. 59/05 era già prevista l’adozione di misure per l’arresto definitivo dell’impianto; pertanto era già prassi diffusa da parte delle Autorità Competenti richiedere l’adozione di un “Piano di Dismissione” o di “Bonifica” degli impianti alla cessazione dell’attività autorizzata. Tale piano di dismissione spesso comprendeva anche la necessità di verifiche sulla qualità del terreno in sito, da rapportare alle concentrazioni limite (CSC) previste dalla normativa in materia di bonifiche. Le suddette prescrizioni posticipavano comunque ad un momento successivo al rilascio dell’autorizzazione, anche molto lontano nel tempo, la valutazione dell’impatto sul suolo e la conseguente necessità di affrontare eventuali obblighi e oneri di bonifica. La rigida normativa in materia di bonifica dei siti inquinati, vigente in Italia almeno dal 1999 (D.M. 471/99) ed attualmente contemplata alla parte IV, Titolo V del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., non presente nella maggior parte degli altri stati membri dell’UE, impone la necessità di attivare complesse procedure tecniche ed ammini-

strative al semplice superamento dei limiti tabellari (CSC), definiti in funzione della destinazione d‘uso dell’area o di valori di fondo naturale. Tale norma nazionale non prevede alcun alleviamento dell’onere nei confronti del proprietario incolpevole di un sito inquinato, che comunque, in caso di sua mancata attivazione, potrebbe ritrovarsi oggetto di azioni di rivalsa da parte della Pubblica Amministrazione, costretta in ultimo ad adottare gli interventi sostitutivi di bonifica a fronte dell’inerzia dei soggetti obbligati. Malgrado la norma nazionale in materia di bonifiche dei siti inquinati consenta, grazie anche a recenti “aggiustamenti” da parte del Legislatore, alcune facilitazioni che possono interessare i siti coinvolti da attività in esercizio o da riqualificazioni industriali (es. messa in sicurezza operativa e permanente, progettazione per fasi, procedura semplificata ex art 242-bis, gestione delle acque sotterranee emunte), il pericolo di incappare “senza via di fuga” nella necessità di attivare le lunghe e onerose procedure di bonifica a seguito delle indagini ambientali necessarie per la predisposizione della Relazione di Riferimento risulta comunque concreto. Basti semplicemente pensare alle problematiche inerenti la presenza di possibili superamenti delle CSC industriali nei materiali di riporto presenti come sottofondo in buona parte delle aree produttive, che pur non costituendo un particolare pericolo per l’ambiente e per la salute delle persone, determinano spesso la necessità di attivare procedure di bonifica. Al gravame dei costi che l’azienda coinvolta si vedrebbe chiamata a sostenere per affrontare una procedura di bonifica sul sito dell’installazione, si sovrapporrebbe il timore dei possibili ritardi nella conclusione del procedimento volto al rilascio dell’AIA, nell’ambito del quale potrebbe vedersi compromessa l’idoneità del sito ad ospitare l’installazione medesima, in assenza della formalizzazione di adeguati interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente. La necessità di dover obbligatoriamente produrre delle informazioni sulla qualità delle matrici ambientali del sito interessato dalla futura installazione soggetta ad AIA potrebbe pertanto trasformarsi in un deterrente nei confronti degli investitori interessati alla ri-


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Un Partner unico

qualificazione, a scopo produttivo, di aree industriali dismesse, le cui passività ambientali, causate da attività pregresse, potrebbero essere riesumate dalle indagini previste per la redazione della Relazione di Riferimento. Un’altra possibile interferenza con le procedure in materia di bonifica riguarda l’opportunità che, per la predisposizione della Relazione di Riferimento, siano previsti criteri di indagine e di campionamento coordinati con quanto già richiesto nell’ambito della Caratterizzazione dei siti inquinati da sottoporre a bonifica. Tale opportunità deriva dalla possibilità, prevista anche dalle disposizioni comunitarie e nazionali, di utilizzare informazioni ambientali definite nell’ambito dell’applicazione di altre normative, quali ad esempio le procedure di bonifica già attivate presso il sito interessato oppure presso altri siti presenti nelle vicinanze, consentendo pertanto un evidente risparmio di risorse ed evitando la duplicazione di indagini già eseguite. Un ultimo importante aspetto critico da definire è rappresentato dalla necessità di eseguire indagini in aree esterne al sito che ospita l’installazione oggetto della Relazione, ad esempio per verificare l’eventuale ricaduta sul suolo delle sostanze inquinanti pertinenti emesse. Tale necessità potrebbe coinvolgere aree esterne anche estese, richiedere valutazioni di tipo modellistico, comportando pertanto elevati costi di elaborazione, nonché la possibilità di rilevare situazioni di inquinamento prodotte da altre attività esterne all’installazione. Alle problematiche suddette si aggiungerebbe inoltre la necessità di accedere ad aree di proprietà altrui per l’esecuzione delle indagini. Alla luce di tali considerazioni risulterà importante che il Legislatore nazionale, nell’ambito della predisposizione dei decreti ministeriali previsti per la definizione dei criteri e dei contenuti della Relazione di Riferimento, focalizzi l’attenzione sull’effettivo scopo della Relazione stessa, rivolto cioè a definire quantitativamente la qualità ambientale di fondo rispetto alle sostanze pericolose pertinenti che effettivamente potrebbero essere rilasciate nel terreno e nelle acque sotterranee dall’installazione oggetto dell’AIA, da confrontare con la situazione che si riscontrerà al termine della sua attività, per l’adozione delle necessarie misure correttive. Un ultimo aspetto rilevante che dovrà valutare il Legislatore riguarderà la definizione delle soglie quantitative di sostanze pericolose pertinenti prodotte, utilizzate o rilasciate dall’installazione, individuate per ciascuna classe di pericolosità, il cui superamento determinerà la necessità di procedere alla presentazione della Relazione di Riferimento, fatte salve le ulteriori valutazioni previste. Tali soglie dovranno evitare l’obbligo di richiedere l’elaborazione della Relazione ed i conseguenti oneri per quelle attività che comportino la gestione di quantitativi modesti di sostanze pericolose e che pertanto potrebbero determinare effetti nulli o trascurabili sulla qualità del terreno e delle acque sotterranee. *Provincia di Torino, Ufficio Discariche e Bonifiche

Dal progetto

alla realizzazione

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PANORAMA AZIENDE

BIG BAG, L’INTELLIGENZA DELL’IMBALLAGGIO MININI COMPIE 20 ANNI, DOPO COSTRUZIONE E CONSOLIDAMENTO ORA SI PROIETTA VERSO IL FUTURO di Maria Beatrice Celino

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opo circa un anno dal nostro precedente incontro ritorniamo a parlare di big bag, e lo facciamo con Sebastiano Minini, che nel festeggiare i 20 anni dell’azienda vuole rendere chiaro il concetto di “imballaggio intelligente” che rispecchia in pieno ciò che l’azienda vuole esprimere attraverso il suoi prodotti. Cosa è per Minini un imballaggio intelligente? Un imballaggio intelligente, per noi, deve essere un prodotto di alta qualità, ed è quello che noi offriamo ai nostri clienti. Ogni nostro prodotto è lo specchio della nostra azienda perciò ci impegniamo ad offrire servizi sicuri e affidabili. L’intelligenza del big bag, rispetto ad altre tipologie di imballaggi,

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deriva dalla sua duttilità e dalla sua capacità di impiego in numerosi settori e sistemi merceologici. Non a caso il nostro prodotto trova numerose applicazioni ed è in continuo sviluppo: se andiamo indietro nel tempo, i nostri prodotti erano impiegati per il trasporto alla rinfusa di materiali semplici che non richiedevano l’uso di imballaggi complessi. Ora il nostro ambito operativo è in continua crescita e si estende a settori molto delicati come l’industria chimica, alimentare, farmaceutica e in aziende caratterizzate dalla presenza di atmosfere esplosive. In questi casi, ad esempio, vengono usati big bag conduttivi antiscintilla, a dimostrazione che si tratta di imballaggi in tessuto sintetico in grado di rispondere a grandi esigenze.

Il potenziale di adattamento e di diffusione è ancora molto elevato, potrebbero infatti essere impiegati anche in settori dove il loro uso è attualmente limitato, come il cemento per le costruzioni, vista l’incidenza del costo del trasporto rispetto al costo del prodotto in sé. Un altro utilizzo, ancora molto poco diffuso, è quello della raccolta dei detriti sfusi. Si tratta comunque di impieghi che si potrebbero sviluppare in futuro perché l’intelligenza dell’imballaggio Minini sta proprio nel risolvere problemi logistici. Qual è il servizio che Minini offre ai clienti? Come detto prima, noi puntiamo sull’alta qualità del prodotto e la nostra filosofia è garantire sicurezza. Per farlo usiamo il no-


stro punto forza, l’affidabilità e la prontezza nel rispondere alle richieste dei nostri clienti. Abbiamo circa 1500 clienti attivi, e questo è stato possibile in questi 20 anni grazie all’approccio moderno che abbiamo con il mercato: cerchiamo le migliori soluzioni qualitative ed economiche e, grazie alla costante collaborazione con i nostri clienti, siamo in grado di fornire le giuste alternative anche ai nostri stessi prodotti a seconda delle necessità. I vostri big bags sono sempre “in forma”, mi può spiegare meglio? I big bags sono sacchi “in forma” per la loro resistenza e praticità d’uso. Se consideriamo i sacchetti usati quotidianamente notiamo come la principale difficoltà sia il trasporto, questo perché non tengono la forma, si rompono facilmente o il contenuto tende a rovesciarsi. Nel piccolo possiamo paragonare i big bag alla borsa della spesa Ikea che ha risolto questa problematica.

La capacità di restare sempre in forma risolve, inoltre, in modo efficiente la collocazione all’interno dei camion e dei container consentendo l’eliminazione dell’impiego del pallet e garantendo sempre il massimo della sicurezza in quanto non si verificano perdite di materiale o rilasci nell’ambiente esterno. Mi può parlare della “politica per la qualità”? Abbiamo ottenuto il certificato di qualità ISO 9001 nel 2007 nei processi di gestione aziendali. La politica per la qualità, non è un obbligo, ma è quello che rappresenta per noi l’azienda sul mercato, è la nostra ‘vision’, un concetto chiave insieme alla ‘mission’ che identifica come opera l’azienda sul mercato. Noi da commercianti lavoriamo sul campo, nel momento in cui stavamo crescendo in modo così consistente, nel mettere ordine, rischiavamo di perdere pezzi lungo la strada: progetti, clienti e abbiamo così deciso di studiare la qualità secondo la norma ISO. Abbia-

mo risposto alle esigenze di un certo ordine e di struttura in ciò che facevamo, puntando l’occhio verso una visione del futuro. Ci siamo impegnati nel conoscere ogni singolo componente dell’azienda e a rispondere alle domande della vision: cos’è l’azienda? come si deve presentare sul mercato? Abbiamo cercato di dare una risposta comune, ponendoci sempre nuovi interrogativi: come vogliamo procedere nel corso degli anni? vogliamo crescere o no? Questi erano i punti cardine della “prima politica della qualità”. Nell’anno in cui si entrava nella crisi, nel 2009 quando c’è stato il primo crollo del Pil, abbiamo dovuto porci di fronte a nuove riflessioni, nonostante per noi non ci siano state grandi scosse tolto il primo anno di assestamento. Dopo abbiamo comunque raggiunto gli obiettivi che ci eravamo prefissati. Abbiamo agito e agiamo secondo la consapevolezza dell’azienda ed è ciò che è esplicitato nella nostra politica della qualità.

Recuperare il cartongesso? Questa si che è magia Nel nuovo centro di Limbiate è attivo un impianto “state-of-the-art” in grado di operare la totale separazione del gesso dal cartone di rivestimento delle lastre, recuperando entrambi i materiali: il gesso si trasforma in manufatti, malte e cemento; la carta ritorna cartone.

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RECUPERO E RICICLO

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PANORAMA AZIENDE

La tecnologia italiana si consolida sul mercato americano Grande attenzione alle esigenze del cliente, collaborazione e fiducia, questa è la filosofia made in italy che forrec sta esportando negli stati uniti di Maria Beatrice Celino

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alla progettazione alla realizzazione Forrec da sempre fornisce risposte efficienti alle più svariate necessità di trattamento dei rifiuti solidi. Con una vasta gamma di trituratori e impianti l’azienda traduce in tecnologia la propria esperienza fornendo soluzioni flessibili e adattabili alle esigenze del cliente. Abbiamo intervistato Marco Zoccarato, Amministratore Delegato di Forrec, per comprendere meglio la politica dell’azienda e quali i risultati di questo periodo di esplorazione dei mercati esteri.

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Il 2014 sta per chiudersi, possiamo già fare un bilancio di cosa vi ha portato quest’anno? Dopo un primo periodo di esplorazione tra le novità più importanti di quest’anno abbiamo sicuramente il consolidamento nel mercato americano. Cominciamo infatti ad intravedere i primi frutti, e questo grazie anche al lancio di nuovi prodotti. Il continuo rinnovamento ci ha consentito di crescere e affermare la nostra presenza sul mercato. Non possiamo essere statici, sia nello sviluppo di nuove macchine che nel miglioramento dei prodot-

ti esistenti e i feedback positivi del settore sono la dimostrazione dei risultati raggiunti. Con un pizzico di presunzione possiamo dire di essere tra i migliori in Italia. Sono poche le realtà come la nostra, ovviamente nel settore in cui operiamo, siamo un punto di riferimento sia per la qualità dei prodotti, sia per il livello organizzativo: dalla consulenza che offriamo al cliente, alla dedizione che mettiamo nel trasformare un progetto in realtà, fino al supporto che offriamo nel post vendita. Questi sono i nostri punti di forza ed è ciò che ci ha permesso di crescere in questi anni.


Dedicate quindi molta attenzione alle esigenze dei vostri clienti? Il cliente si sente supportato e seguito anche dopo la vendita e noi facciamo tutto il possibile per trovare la soluzione ad ogni problema. Le macchine operano in condizioni gravose ed è impensabile che siano infallibili, bisogna convivere con possibili intoppi, ma la cosa fondamentale è risolvere il problema. Una volta trovata la soluzione tutto diventa improvvisamente semplice nella relazione con il cliente trovando sempre un punto di incontro equo. Questa è un’importante caratteristica che vogliamo di trasferire al nostro personale in modo da dare il meglio ai nostri clienti. Siamo nati nel 2007, quindi a ridosso della crisi, ma crediamo che per noi sia stato un vantaggio perché abbiamo imparato a lottare per portare a casa fette di mercato. Lottare significa anche sviluppare competenze e abilità che ci differenziano dai nostri concorrenti. Continuiamo a crescere con la consapevolezza di avere la giusta filosofia di lavoro che si basa sulla fiducia e su rapporti che danno valore aggiunto alla nostra professionalità. Il nostro marchio è oggi finalmente riconosciuto, sia perché è sinonimo di qualità, sia perché le persone che lavorano in Forrec trasmettono fiducia e affidabilità. Cosa può dirci del mercato americano? Negli Stati Uniti stiamo facendo un’ottima esperienza e godiamo della massima fiducia da parte del cliente. Siamo stati scelti tra quattro aziende per realizzare un impianto per il trattamento dei cavi elettrici, che per complessità e portata è tra i più grossi negli Stati Uniti ma ciò che mi ha stupito e mi ha fatto piacere, è che la trattativa non è stata focalizzata solo sul prezzo, che ha avuto senz’altro un suo ruolo alla fine, ma sull’approccio avuto da Forrec nell’ascoltare le loro esigenze fornendo le giuste soluzioni ad ogni richiesta. Ci siamo avvalsi anche delle loro conoscenze del mercato perciò la realizzazione della linea in definitiva è frutto di una collaborazione. Miglioriamo e accumuliamo esperienza grazie ai feedback del cliente, anche questo lo si può definire ricerca e sviluppo. Non

abbiamo contestazioni in corso e questo oltre ad essere motivo di orgoglio ci conferma che la strada che stiamo percorrendo è quella giusta. L’impianto in America sta iniziando a macinare i primi cavi quindi dovrebbe entrare a regime entro la metà di novembre. Arrivano le prime risposte dal mercato americano, stiamo infatti lavorando su altri due impianti: uno per il trattamento dei RAEE a Cleveland e un progetto Waste To Energy in Georgia, parallelamente abbiamo poi altri progetti minori, da macchine a piccoli impianti. In un mercato strutturato e selettivo come quello statunitense, con caratteristiche per lo più standard, è interessante vedere come si stia iniziando a valutare chi fornisce il sistema completo chiavi in mano, contrariamente ad un approccio abituale di acquisto di singoli componenti per un’ingegnerizzazione “self made”. La prospettiva comunque è buona e il panorama da esplorare è ancora molto ampio. Quest’anno chiuderemo con il 60% di vendite all’estero e il 40% in Italia. Il trend di sviluppo sui mercati export è positivo e in crescita, certamente richiede tempo, risorse e solide partnership in un’epoca in cui vincono le alleanze. Quali sono i nuovi prodotti Forrec? Le novità di quest’anno sono il trituratore monoalbero XK 3000 Evolution, il trituratore monorotore idraulico XK3000H e il Mulino a martelli per metalli che presenteremo a Ecomondo. Al momento ne stiamo realizzando due: uno in Basilicata e uno in Sicilia che installeremo dopo la fiera. Ci aspettiamo molto

da questa macchina perché farà da ponte tra diverse nicchie di mercato soddisfacendo chi si occupa di rame, metalli, alluminio e rottame leggero e RAEE. Oggi è fondamentale sfruttare e valorizzare quello che già c’è: uno dei mulini che presenteremo a Rimini, ad esempio, è nato per valorizzare ulteriormente il materiale in uscita da uno degli impianti di trattamento dei RAEE. L’impianto tradizionale genera una serie di sottoprodotti che attualmente l’azienda vende non lavorati; inserendo questo mulino nel ciclo sarà possibile valorizzarli ottenendo interessanti profitti. Gli altri due prodotti si affacciano a mercati industriali: il trituratore monorotore idraulico XK3000H è progettato per la lavorazione dei metalli; il monoalbero XK3000EV, invece, si pone sul mercato con aspettative interessanti e, anche se i costi sono abbastanza importanti, rappresenta una grande novità sul mercato italiano per il trattamento RSU, garantendo maggior affidabilità ed elevate prestazioni.

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LO SMONTAGGIO DEI TRE GIGANTI DI FERRO Nel cantiere navale di Castellamare di Stabia l’impresa DAF ha concluso un difficile e complesso intervento di smontaggio di tre gru portuali tralicciate di Andrea Terziano

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ncor prima di raggiungere il cantiere navale di Castellamare di Stabia, lo sguardo viene catturato da alcune bizzarre sagome che si slanciano nel cielo azzurro, sono le gru utilizzate dal cantiere, veri e propri giganti di ferro, strutture imponenti alte fino a 65 m e utilizzate in passato per la costruzione delle navi.

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Tre di queste gru presenti in stabilimento sono state messe fuori servizio da diversi anni e Fincantieri ad inizio 2013 ne ha decretato definitivamente la demolizione: un intervento particolarmente complesso vista la tipologia strutturale delle gru, le dimensioni, i pesi in gioco e la necessità di operare all’interno di un cantiere navale in piena attività.

Un lavoro di demolizione fuori dall’ordinario completato con successo in soli 40 giorni dalla DAF, settore bonifiche e demolizioni, società del Gruppo Donzelli, nato negli anni '80 dall’avventura professionale e umana di Pierangelo Donzelli. Il Gruppo Donzelli, con sede a Milano, oggi racchiude al suo interno quattro grandi realtà, che prestano i loro servizi con eccellenti risultati nel campo non solo della cantieristica stradale, il “primo amore” di Pierangelo, e delle riqualificazioni ambientali, ma anche delle demolizioni, dell’edilizia residenziale, con interventi seguiti dal progetto alla consegna, e della gestione dei processi estrattivi. “Quando ci è stato confermato che eravamo stati scelti quali aggiudicatari dello smontaggio delle tre gru portuali - ci racconta il Geom. Massimiliano Donzelli, responsabile del settore Bonifiche e Demolizioni - è stata sì una grossa soddisfazione ma anche una grande responsabilità nell’organizzare in totale sicurezza un cantiere dove tutte le attività vengono svolte con personale in quota, dove vanno eseguiti grossi sollevamenti su strutture con schemi cinematici complessi e soprattutto dove non era permesso alcun margine di errore. Le sequenze di smontaggio delle gru portuali non possono essere improvvisate e devono essere studiate attentamente prima dell’inizio dei lavori elaborando un piano di decostruzione predefinito, pianificando la rimozione di ogni elemento strutturale in modo


da non andare ad instabilizzare la gru e soprattutto definendo a priori il peso di ogni elemento da rimuovere in modo da selezionare i mezzi di sollevamento da portare in cantiere”. Entrando nel dettaglio ci viene spiegato che sono state oggetto della demolizione tre gru Ceretti e Tanfani con bracci tralicciati aventi portata in esercizio di 20, 45 e 50 ton. Le gru da 20 e da 45 ton avevano schema cinematico a pappagallo ossia con il braccio principale collegato attraverso cerniere ad un tirante e ad un avambecco, mentre la gru da 45 ton presentava un braccio singolo. La stabilità delle gru a pappagallo in esercizio era garantita da un doppio sistema di contrappesi in cemento armato, il primo fisso, posto a tergo della cabina di controllo al di sopra della ralla, ed il secondo al di sopra delle rulliere ad arco che consentiva in bilanciamento del braccio e l’azionamento dei cinematismi; ciascuna gru era posta su di una struttura a cavalletto dotata di carrelli di scorrimento su binari. La prima difficoltà da risolvere è stata quella di reperire tutte le informazioni (geometrie e pesi) necessarie per approcciare l’intervento di demolizione. Difficoltà non semplice da risolvere poiché si trattava di andare a rilevare carpenterie poste sino a 70 m di quota su strutture il cui unico accesso era rappresentato dalle passerelle di servizio, in parte ammalorate, o in alternativa utilizzando piattaforme telescopiche. I rilievi hanno impegnato per 5 giorni una squadra di tecnici che hanno ricostruito in modo puntuale ognuna delle tre gru, lo sche-

ma statico, il cinematismo in esercizio e il peso di ogni elemento, dai bracci ai contrappesi alle sale macchine. È stata anche rilevata l’ubicazione delle gru all’interno dello stabilimento, le distanze dalle altre strutture, le interferenze con la viabilità del cantiere navale e gli spazi a disposizione per le lavorazioni; in questo modo si avevano tutte le informazioni che sarebbero servite per elaborare il progetto dello smontaggio.

Un progetto puntuale e preciso L’elaborazione del progetto di demolizione è stata una vera e propria sfida perché i tecnici e gli ingegneri della DAF hanno dovuto elaborare un vero e proprio piano di smontaggio che non aveva nulla da invidiare al piano di montaggio che era stato utilizzato in fase di realizzazione delle gru. Un progetto che doveva definire tutte le sequenze operative, i punti di taglio, i punti di imbragaggio, il peso di ogni elemento e i mezzi di sollevamento da utilizzare per sostenere i pezzi da rimuovere e calarli a terra. “Le operazioni più difficili e pericolose erano quelle di smontaggio dei bracci tralicciati, ci spiega Donzelli, in questo caso nessun margine d’errore era ammesso e la sicurezza è stata messa davanti ad ogni altra valutazione tecnica o economica. A differenza di un sollevamento tradizionale di un pezzo a terra in questo caso si trattava di tagliare direttamente in quota delle porzioni tralicciate di braccio con operatori su piattaforme telescopiche che eseguivano i tagli a cannello; una volta ter-

minati i tagli ci si trova ad avere un pezzo di alcune di decine di tonnellate posto a 30-40 m di altezza il cui peso va a gravare sulle gru di sollevamento. Provate ad immaginare cosa poteva succedere se il peso del pezzo da sostenere fosse stato diverso da quello previsto, oppure se i punti di imbragaggio non fossero stati sufficienti per tenere il peso dell’elemento, oppure ancora se le gru utilizzate per i sollevamenti fossero state sottodimensionate… Meglio non pensarci…”. Oltre alle sequenze di smontaggio sono stati definiti tutti piani di tiro, ossia la scelta delle gru gommate da utilizzare per demolire le gru navali, il loro posizionamento ed i relativi piazzamenti nel corso delle sequenze di smontaggio. Nel cantiere sono state utilizzate contemporaneamente due gru: una Liebherr con portata di 500 ton e una Grove con portata di 450 ton.

Lo smontaggio della gru da 20 ton La prima gru ad essere demolita è stata quella da 20 ton, la più piccola delle tre, una struttura avente un’altezza massima di 35 m. Lo smontaggio di questa gru, che è servito da banco di prova per i successivi interventi, ha visto l’impiego di entrambe le autogrù allestite con portata nominale di 500 ton e 300 ton, un escavatore cingolato con cesoia idraulica, una piattaforma aerea da 50 m e l’attrezzatura da taglio a caldo. Le aree di lavoro a disposizione erano veramente esigue perché in prossimità del cantiere di demolizione vi era quello di realizzazione di una nuova nave che vedeva impegnati tutti i reparti del cantiere navale. Lo smontaggio della gru da 20 ton non ha presentato particolari problemi ed ha rispecchiato fedelmente quanto previsto in progetto. La sequenza generale adottata durante la demolizione della gru è stata la seguente: • smontaggio braccetto, • smontaggio tirante braccetto, • rimozione contrappeso in quota, • rimozione zavorre secondarie, • smontaggio leva del braccetto principale, • smontaggio braccio principale, • smontaggio castello di supporto contrappeso,

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• rimozione sala argani e zavorra principale, • smontaggio castello di elevazione. L’utilizzo contemporaneo di due mezzi di sollevamento è stato indispensabile per garantire la stabilità di tutti gli elementi; il costante e continuo collegamento tra gruisti e squadre di taglio in quota ha consentito di tarare con precisione assoluta tutte le fasi di sostegno e calo a terra degli elementi rimossi, compreso il gruppo castello-zavorra che da solo pesava oltre 110 ton.

Lo smontaggio della gru da 50 ton Questa gru, concettualmente simile alla sorella minore da 20 ton, si presentava veramente imponente, con un’altezza massima da terra di 50 m. Se le dimensioni non erano sufficienti, a complicare il contesto operativo vi era la mancanza completa di spazi attorno alla gru che in posizione di riposo era stata parcheggiata in fondo ad una banchina molto stretta che non consentiva alle autogru di potersi piazzare in una posizione idonea per poter eseguire i sollevamenti. La prima sfida dunque è stata quella di traslare la gru di 50 m in una zona di banchi-

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na più larga in modo da riuscire ad allestire il cantiere. Muovere il gigante di ferro non è stata cosa semplice, sia per il peso sia perché la corrosione della salsedine depositata sugli ingranaggi poteva aver frenato o addirittura bloccato i carrelli. Una volta rimossi tutti i freni a tamburo si è proceduto ad imbragare il traliccio alla base in posizione sicura utilizzando due cavi in acciaio, ciascun cavo era collegato ad una motrice di traino a sei assi con trazione integrale. Una volta azionati i motori, con grande sollievo di tutti, la gru ha iniziato lentamente a muoversi fino a raggiungere la posizione prevista dal piano di smontaggio. A questo punto, utilizzando le stesse autogrù allestite con mega lift per avere la massima capacità di carico, si è proceduto a sezionare adottando una sequenza analoga a quella della gru da 20 ton. Per lo smontaggio completo sono stati necessari 12 svari, eseguiti in 8 giorni di lavoro, per i quali sono stati necessari 3 diversi piazzamenti dei mezzi di sollevamento. “Questa gru, racconta Donzelli, ci ha fatto un piccolo scherzo che abbiamo prontamente risolto in corso d’opera: l’interno dei binari di scorrimento della cremagliera di movimen-

tazione del braccio principale era costituito non solo da cemento, ma per un buon 40% da bulloni in ferro annegati nella malta! Tale situazione, non era stata riscontrata in fase di sopralluogo perché esternamente era visibile il solo calcestruzzo. La difformità ha comportato un aumento di peso considerevole e ha richiesto un piazzamento aggiuntivo dei mezzi di sollevamento più in prossimità della gru portuale, in modo da ridurne lo sbraccio e aumentarne di conseguenza la portata. Superato questo piccolo inconveniente, la demolizione è ripresa secondo quanto pianificato”.

lo smontaggio della gru da 45 ton La gru da 45 ton era quella più “delicata” sia perché presentava le altezze maggiori (fino a 65 m) sia perché alla quota della cabina (43 m) si trovava una zavorra in cls gettato in opera posta a sbalzo sulla ralla del peso di ben 180 ton. La gru era posizionata a soli 2 m di distanza da un capannone di Fincantieri con copertura in vetroresina che creava complicazioni per il rischio di incendio durante le fasi di taglio.


Anche in questo caso è stato necessario ar- niescavatore posto retrare la gru di circa 20 m per allontanarla da entro la sala controluno dei percorsi principali utilizzati dal perso- lo della gru preventinale di stabilimento. vamente liberata da Lo smontaggio è stato eseguito in 3 fasi di- motori e argani; una stinte: la prima fase di rimozione del braccio gru dotata di cassotralicciato, con due piazzamenti dedicati; la ne consentiva quindi seconda di rimozione della zavorra e la ter- di calare le macerie a za di smontaggio della cabina e del cavalletto terra. In 5 giorni di lavosottostante. Per la rimozione della zavorra, in prima ipo- ro la zavorra è stata permettesi, si era previsto di utilizzare i due mezzi di rimossa sollevamento presenti in cantiere, tuttavia le tendo di operare gli dimensioni ponevano alcuni grossi problemi svari successivi fino di interferenza tra i bracci delle gru di solleva- al completamento della demolizione. Per lo mento. Anche l’opzione di sezionamento della smontaggio della gru sono stati necessari zavorra in più conci con filo diamantato, al fine complessivamente 14 giorni lavorativi. di ridurne il peso, è stata scartata in quanto non garantiva la stabilità della gru navale in Tutto sotto controllo fase di smontaggio. “Organizzazione, gestione delle risorse, impieLa soluzione adottata è stata1quella di demoli- 9:13 go di Pagina attrezzature e professionalità di eccelok B DEPURACQUE 240X150.qxp:Layout 23-02-2010 1 re la zavorra direttamente in opera con un mi- lenza sono la dimostrazione che ogni lavoro

può essere portato a termine nel migliore dei modi e in totale sicurezza” conclude Donzelli. “Un ringraziamento particolare va a tutti gli operatori, ai capocantieri e ai tagliatori, al loro duro lavoro che ha consentito in 40 giorni di restituire a Fincantieri tutte le aree di lavoro occupate e che sono servite per il varo di una nuova nave”.

impianti per il trattamento del percolato da discarica

L’impianto per il trattamento del percolato che si origina nelle discariche di R.S.U. è stato sviluppato sulla base del know-how e dell’esperienza che Depuracque ha acquisito nel campo degli evaporatori sotto vuoto per il trattamento di reflui altamente inquinanti in oltre dieci anni di realizzazioni applicative in area industriale. Questo impianto risolve in maniera definitiva il problema del trattamento del percolato con una soluzione tecnologicamente avanzata ed economicamente vantaggiosa in termini di costi sia di investimento sia di esercizio. L’impianto comprende normalmente una opportuna sezione di finissaggio del condensato per la rimozione dell’ammoniaca (strippaggio-assorbimento con aria in circuito chiuso) ed un eventuale trattamento di ossidazione biologica a fanghi attivati (processo S.B.R.).

In funzione di specifiche esigenze sono stati eseguiti impianti con sezioni di preconcentrazione e di finissaggio su membrane. I vantaggi sono rilevanti in quanto la tecnologia adottata coperta da brevetto Depuracque: - comporta il trattamento specifico del refluo con effettivo abbattimento degli inquinanti evitando qualsiasi diluizione; - evita i rischi connessi alla fase di trasporto; - consente l’ottimale recupero energetico del biogas; il fabbisogno termico può inoltre essere soddisfatto con il solo utilizzo di acqua calda da raffreddamento dei gruppi di cogenerazione e pertanto ad effettivo costo zero;

- costituisce applicazione della migliore tecnologia oggi praticabile per i reflui ad alto contenuto inquinante; - risolve in maniera definitiva i problemi dello smaltimento del percolato in assenza di emissioni significative in atmosfera. La gamma di normale produzione prevede modelli con capacità fino a 10 m 3/h. Ad oggi sono stati realizzati impianti presso le discariche di: Pescantina (VR), Centa Taglio (VE), Pantaeco (LO), San Miniato (PI), Chianni (PI), Fermo (AP), Rosignano Marittimo (LI), Serravalle Pistoiese (PT), Giugliano in Campania (NA), Monsummano Terme (PT), Jesolo (VE), Peccioli (PI), Malagrotta (RM), Bracciano (RM).

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La bonifica della ex Carbochimica all’interno del SIN di Fidenza Criteri di progetto e interventi iniziali di bonifica e demolizione impiantistica dello stabilimento: i primi passi verso il recupero ambientale e urbanistico dell’area di Giuseppe Maranci e Elisabetta Saggese*

I

l sito ex carbochimica di Fidenza fa parte del Sito di Interesse Nazionale “Fidenza”, istituito dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare con decreto 18 settembre 2001, n. 468 “Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale”. A seguito del fallimento dell’ultimo proprietario, il sito è stato acquisito dal comune di Fidenza con atto del 16 febbraio 2005 per rendere effettivamente possibile l’avvio del

recupero ambientale e urbanistico. In data 8 aprile 2008 il Comune di Fidenza ha sottoscritto assieme al Ministero dell’Ambiente, al Ministero dello Sviluppo Economico, alla Regione Emilia Romagna e alla Provincia di Parma un Accordo di Programma Quadro in materia di bonifica e ripristino ambientale del sito di interesse nazionale “Fidenza”, con cui sono state assegnate risorse pari a € 5.500.962,00.

Il Comune di Fidenza ha quindi previsto l’attuazione degli interventi di bonifica dell’area ex Carbochimica in due stralci funzionali, rispettivamente denominati: • I Stralcio Funzionale - bonifica e demolizione delle strutture impiantistiche fuori terra e rimozione dei rifiuti di processo presenti; • II Stralcio Funzionale - bonifica del sottosuolo.

L a storia dello stabilimento Carbochimica Lo stabilimento Carbochimica di Fidenza sorge nel 1888, su un terreno ceduto dal Comune di Fidenza, per la costruzione di un opificio da destinare all’attività di distillazione del catrame ed alla fabbricazione di mattonelle combustibili. In quel periodo il catrame di carbon fossile veniva sottoposto ad una distillazione parziale per ottenere oli di antracene utilizzabili per l’impregnazione del legno a fini conservativi, mentre la pece rimanente era utilizzata come collante della polvere di carbone per la fabbricazione di “mattonelle combustibili”. All’inizio del secolo scorso iniziò la produzione del nerofumo a cui si aggiunse, durante gli anni della Grande Guerra, la produzione di naftalina, che trovava largo impiego in usi militari. Successivamente venne avviata la produzione di altre sostanze quali l’acido fenico e i cresoli e la società proprietaria dello stabilimento assunse la denominazione di “CLEDCA”, (Conservazione LEgno e Distillazione CAtrami). Nel periodo che intercorre fra le due guerre del secolo scorso venne avviata anche la distillazione del “benzolo greggio” proveniente dalle officine gas. Durante la Seconda Guerra Mondiale lo stabilimento di Fidenza subì pesanti bombardamenti in quanto risultava essere un’industria strategica di produzione di intermedi per la fabbricazione di esplosivi. Superata la crisi del dopoguerra lo stabilimento riprese la piena attività lavorativa affiancando a quelle tradizionali nuove lavorazioni quali la produzione di disinfettanti industriali a base di acidi fenici e resine indeno-cumaroniche. Nel 1972 lo stabilimento di Fidenza entrò a far parte della società Carbochimica Italiana S.p.A. in seguito alla fusione con l’altro gruppo italiano che lavorava il catrame di carbon fossile, la Prada Chimica S.p.A. Nel 1975 venne costruito il nuovo impianto di distillazione dell’Olio Naftalinoso. Nel frattempo per motivi di mercato e per problemi di igiene del lavoro cessarono alcune delle attività tradizionali quali la produzione del nerofumo (1973), la distillazione del “benzolo greggio” (1976), la distillazione del catrame di carbon fossile (1982) e la produzione degli acidi fenici distillati (1982). Parallelamente all’attività principale erano iniziate lavorazioni “secondarie” di purificazioni per conto terzi di miscele e prodotti. Nel 2000, dopo un periodo di amministrazione controllata, lo stabilimento passò al Gruppo Brignoli fino al fallimento del giugno 2004.

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In data 25 novembre 2011 il raggruppamento temporaneo di imprese costituito da Unieco Soc. Coop., oggi Unirecuperi s.r.l., e da Furia s.r.l. si è aggiudicato la gara per la progettazione esecutiva e la realizzazione degli interventi di bonifica relativi al I Stralcio Funzionale. Nel 2012 è stata eseguita una piccola parte di intervento relativa alla messa in sicurezza di emergenza di alcuni serbatoi. L’intervento vero e proprio è iniziato nel 2013 ed è attualmente in corso.

Lo stato dei luoghi e l’oggetto degli interventi L’ex stabilimento Carbochimica occupa una superficie di circa 80.000 m2 e risulta suddiviso in due settori denominati Reparto A e Reparto B: • il Reparto A, collocato ad Ovest, occupa una superficie di circa 52.000 m2 e comprende la maggior parte delle strutture impiantistiche di lavorazione e tutti gli edifici in muratura; • il Reparto B, collocato ad Est, occupa una superficie di 28.500 m2 e ospita un gruppo di serbatoi fuori terra destinati in passato allo stoccaggio di materie prime e di prodotti finiti.

Le fasi della progettazione Le attività oggetto del I stralcio funzionale assegnato mediante gara d’appalto al raggruppamento temporaneo di imprese Unieco Soc.

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Coop. e Furia s.r.l. comprendono l’elaborazione del progetto esecutivo degli interventi di bonifica e demolizione. In relazione alla complessità dei processi produttivi succedutisi nel tempo, alla varietà delle materie prime, dei prodotti di reazione e dei residui di processo ancora presenti, all’articolazione delle strutture impiantistiche, alla varietà dei materiali utilizzati per la costruzione delle strutture impiantistiche e alla complessità dei rischi di natura chimica associati alle attività di bonifica e demolizione delle strutture impiantistiche e di stoccaggio, l’attività di progettazione esecutiva si è sviluppata attraverso una serie di fasi specialistiche che di seguito si dettagliano: 1. ricostruzione storica dei processi produttivi; 2. rilievo delle strutture impiantistiche mediante laser scanner; 3. mappatura della presenza di manufatti contenenti amianto e FAV; 4. caratterizzazione chimico-fisica dei residui di processo ancora presenti nelle strutture e nei serbatoi di stoccaggio; 5. valutazione de rischio chimico associato alle attività di bonifica delle strutture; 6. definizione dei protocolli operativi di intervento; 7. definizione delle modalità di intervento per l’attuazione delle opere opzionali offerte dal RTI Unieco Soc. Coop. – Furia S.r.l. in fase di gara, attività comprese nel

Progetto Definitivo di Bonifica dell’area ex Carbochimica, in particolare: • rimozione delle reti tecnologiche presenti del reparto B; • rimozione delle cisterne interrate del Reparto A; • bonifica delle aste fognarie del reparto A; • demolizione di edifici opzionali; • bonifica dei fanghi del rio Venzola. Ricostruzione storica dei processi produttivi

La ricostruzione dei processi produttivi succedutisi nel tempo è stata svolta attraverso l’esame di documentazione d’archivio e attraverso interviste a personale che ha lavorato in sito durante il periodo di attività dello stabilimento. Le lavorazioni effettuate nell’opificio riguardavano essenzialmente idrocarburi aromatici. Essi derivavano principalmente dal catrame di carbon fossile e in parte dal benzolo greggio. Le principali lavorazioni svolte presso il sito hanno compreso nel corso del tempo: • distillazione del catrame per ottenere olio naftalinoso, olio medio greggio e olio di antracene greggio; • produzione di naftalina (naftalene) mediante defenolaggio (lavaggio con soluzione di idrossido di sodio) e distillazione dell’olio naftalinoso, da cui si ottenevano olio carbolico, naftalina tecnica, olio lavaggio gas e olio medio pesante; seguiva infine una fase di purificazione della naftalina tecnica mediante cristallizzazione frazionata, per ottenere naftalina purificata; • produzione di resine indeno-cumaroniche; • distillazione del benzolo greggio (composto principalmente di BTEX accompagnati da idrocarburi aromatici più pesanti fra cui anche la naftalina), da cui si ricavavano benzene, toluene, xileni e miscele solventi commercializzabili; • produzione di fenolo e cresoli a partire da acidi fenici derivanti dai lavaggi alcalini di alcuni intermedi del ciclo della naftalina; • produzione di nerofumo mediante combustione controllata (in difetto di ossigeno) di paste di antracene; • purificazione del fenato sodico mediante distillazione; • dissalazione del glicole dietilenico greggio


derivante dalla disidratazione del gas naturale. Rilievo delle strutture impiantistiche mediante Laser Scanner

Ai rilievi di tipo tradizionale è stato affiancato un rilevamento in sito mediante impiego della tecnologia “Laser Scanning”. Questo tipo di rilievo, che consente la scansione e la ricostruzione 3D degli oggetti di interesse, è stato eseguito con un duplice scopo: • ricostruzione di dettaglio; • caratterizzazione dimensionale delle strutture impiantistiche presenti in sito allo stato attuale e quantificazione dei vari materiali costituenti le strutture stesse. La tecnologia di rilevamento “Laser Scanning” consiste nell’acquisizione di un numero di scansioni tali da poter ricostruire la morfologia di tutti gli elementi oggetto di rilievo attraverso nuvole di punti. Il Laser Scanner (LS) lavora inviando un raggio laser nel centro di uno specchio rotante. Il raggio inizialmente viene riflesso (perpendicolarmente) verso l’area da rilevare; successivamente il raggio viene riflesso verso lo scanner e, mediante la tecnologia “phase shift", viene misurata la distanza tra l’oggetto e il LS. Ogni scansione viene immediatamente registrata e può essere analizzata in 3D. Si possono inoltre riconoscere i vari tipi di materiale in funzione della riflettanza del singolo punto. Le attività di restituzione e unione delle nuvole di punti acquisite sono invece state svolte secondo il seguente processo: • creazione di un database per l’archiviazione delle nuvole di punti; • suddivisione del rilievo in sotto-aree; • unione (rototraslazione) delle nuvole di punti in modo da ottenere una nuvola di punti generale per ogni sotto-area; • modellazione 3D delle sotto-aree e identificazione dei singoli elementi; • redazione di un computo metrico per ogni singola sotto-area. Il rilievo effettuato con Laser Scanner ha permesso di calcolare che in sito sono presenti circa 25.800 metri di tubazioni fuori terra, che saranno oggetto di bonifica e demolizione. E’ stato inoltre possibile ricostruire la disposizione planimetrica di dettaglio degli impianti ed

effettuare una stima realistica dei quantitativi di strutture coibentate e di ferro. Mappatura dei manufatti contenenti amianto e fibre artificiali vetrose

All’interno del sito è stata rilevata la presenza di materiali contenenti amianto. Le tipologie di manufatti risultati contenenti amianto comprendono flange (poste nei punti di giuntura di tubazioni metalliche e strutture impiantistiche), tubazioni in fibrocemento, materiali di copertura in fibrocemento, materiali isolanti, sigillanti, giunti relativi a serbatoi o strutture impiantistiche, lane minerali contaminate da amianto per contatto con materiali contenenti amianto. Una parte rilevante dei serbatoi e delle tubazioni degli impianti risulta inoltre rivestita da coibentazione realizzata in fibre artificiali vetrose (FAV). Complessivamente la superficie di coibentazioni in fibre artificiali vetrose è risultata pari a circa 21.000 m2. In base ai campionamenti eseguiti ed alle determinazioni analitiche effettuate ai sensi della Circolare del Ministero della Sanità del 15/03/00, N. 4 - Note esplicative del decreto

ministeriale 1° settembre 1998 recante: "Disposizioni relative alla classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose (fibre artificiali vetrose)" si è stimato che tutti gli isolanti costituiti da fibre artificiali vetrose presenti in sito siano costituiti da lane minerali classificabili come cancerogene di Categoria 3 (possibili effetti cancerogeni sull’uomo). Caratterizzazione chimicofisica dei residui di processo

Per la definizione delle modalità operative di intervento nonché della corretta classificazione dei rifiuti, in fase di progettazione si è proceduto a una dettagliata attività di campionamento e caratterizzazione dei residui di processo presenti nelle strutture impiantistiche. Sulla base delle caratteristiche chimico-fisiche, si prevede che a temperatura ambiente varie tipologie di residui risultino solidi o semisolidi (naftalina, olio medio solido, olio medio pesante, olio naftalinoso). Si prevede invece siano allo stato liquido le soluzioni di acidi e basi forti, il glicole e le soluzioni glicoliche e le soluzioni acquose di scarto. Sulla base delle verifiche effettuate, nella maggior

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1. speciazione chimica delle miscele gassose nelle diverse sub-aree di intervento; 2. confronto delle concentrazioni con i limiti di esposizione professionale (e con le soglie olfattive); 3. identificazione dei “contaminanti indice” e del loro rapporto con il valore totale di COV (misurabile in modo istantaneo); 4. definizione delle relative procedure di gestione dei rischi: • per gli addetti alla bonifica dei rifiuti chimici; • per gli addetti ad altre attività, ma operanti nelle vicinanze.

Conclusioni

parte dei serbatoi sono presenti sia fasi liquide che fasi solide o semisolide, stratificate. Per quanto riguarda la pericolosità, per ciascuna sostanza è stata reperita la classificazione ufficiale come desunta dalla normativa europea inerente la classificazione e l’etichettatura delle sostanze pericolose (Allegato VI parte 3 del Regolamento CE 1272/2008 e successivi aggiornamenti - Regolamento CLP, e Allegato I alla Direttiva 67/548/EEC e successivi aggiornamenti). Sulla base delle analisi effettuate, circa la metà dei prodotti campionati sono risultati caratterizzati da punti di infiammabilità molto elevati. Numerosi residui risultano classificati come tossici, cancerogeni ed eco-tossici. Una modesta quantità dei residui è inoltre risultata caratterizzata da valori di potere calorifico inferiore dell’ordine di 35.000 kj/kg. Valutazione del rischio chimico

Ai fini della valutazione del rischio chimico associato agli interventi di bonifica e demolizione delle strutture impiantistiche (nonché del potenziale impatto olfattivo all’esterno del sito), in fase di progettazione si è proceduto allo svolgimento di una campagna di monitoraggio dei vapori organici in corrispondenza dei principali serbatoi oggetto di bonifica. Sulla base degli esiti della campagna di monitoraggio, il rischio chimico è stato valutato adottando il seguente approccio:

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La progettazione esecutiva della bonifica e demolizione degli impianti fuori terra dello stabilimento ex Carbochimica di Fidenza è stata sviluppata dall’RTI Unieco Soc. Coop., oggi Unirecuperi s.r.l., – Furia s.r.l. col supporto del proprio staff tecnico e con la collaborazione di progettisti esterni incaricati, attraverso una serie di indagini specialistiche. Tra le principali tecniche utilizzate, si citano: 1. il rilievo 3D delle strutture mediante tecnologia Laser Scanner, che ha permesso la mappatura dettagliata dei manufatti contenenti amianto; 2. la caratterizzazione chimico fisica dei residui presenti nelle strutture impiantistiche; 3. il monitoraggio dei vapori organici in adiacenza ai serbatoi di stoccaggio dei residui. Dette indagini hanno consentito un’accurata ricostruzione dimensionale e funzionale degli impianti, la corretta classificazione dei rifiuti presenti e una dettagliata identificazione delle problematiche di rischio chimico e di igiene del lavoro associate alle attività di bonifica e demolizione. Sulla base dei dati acquisiti è stato possibile inserire nel progetto esecutivo una serie di protocolli operativi relativi alle diverse fasi in cui saranno articolati gli interventi. Il 13 giugno 2012 sono stati avviati i primi interventi, consistenti nella rimozione e smaltimento di residui di processo caratterizzati da elevata volatilità o contenuti in serbatoi caratterizzati da condizioni precarie di manutenzione. Il completamento degli interventi di bonifica e demolizione delle strutture fuori

terra è previsto entro il 2014. Sulla base di quanto offerto in fase di gara, l’RTI Unirecuperi s.r.l. – Furia s.r.l. si attiverà, a lavori ultimati, alla compensazione dell’impatto negativo generato nel corso del cantiere dalla produzione di gas ad effetto serra, quali la CO2, in parte mediante la piantumazione di specie arboree ed in parte mediante l’acquisto di crediti VER (Verified Emissions Reductions), noti in Italia come Titoli di Efficienza Energetica (TEE). *Area Bonifiche Unirecuperi s.r.l.

Ringraziamenti Si ringrazia il Comune di Fidenza, in particolare l’arch. Gilioli e il suo staff, per avere consentito l’uso di documentazione tecnica fondamentale per l’elaborazione del presente articolo.

Bibliografia [1] “La bonifica dell’area SIN ex Carbochimica di Fidenza . Aspetti progettuali e di primo intervento”, G.Maranci - UnirecuperiS.r.l., Relazione ed intervento al Convegno SICON 2013 – Roma 21 – 23 Febbraio 2013- Università degli Studi La Sapienza ROMA, Febbraio 2013 [2] “Comune di Fidenza. Interventi di bonifica Sito di interesse nazionale “Fidenza”. Sub-area Ex-Carbochimica. I stralcio funzionale. Progetto esecutivo di dismissione degli impianti e delle strutture fuori terra”, Planeta Studio Associato – Europrogetti S.r.l., Relazione PL014-R12-02-17, Febbraio 2012 [3] “Comune di Fidenza. Interventi di bonifica Sito di interesse nazionale “Fidenza”. Sub-area Ex-Carbochimica. I stralcio funzionale. Progetto esecutivo di dismissione degli impianti e delle strutture fuori terra. Integrazioni”, Planeta Studio Associato – Europrogetti S.r.l., Relazione PL014/ R12-06-03, Luglio 2012 [4] “Comune di Fidenza. Lavori di bonifica dell’area Ex-Carbochimica ai sensi del D.M. Ambiente del 25/10/1999, n. 471. Progetto definitivo di bonifica”, Sigmaprogetti S.r.l., Giugno 2009 [5] “Comune di Fidenza. Lavori di bonifica dell’area Ex-Carbochimica ai sensi del D.M. Ambiente del 25/10/1999, n. 471. Progetto definitivo di bonifica. Integrazione: interventi di bonifica del Rio Venzola”, Sigmaprogetti S.r.l., Dicembre 2009


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Alla scoperta delle terre rare Presentato l’innovativo impianto di trattamento che recupera le terre rare dai rifiuti elettrici ed elettronici di Federica Bacchetta*

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el 2008 la Commissione Europea ha varato la Raw Materials Initiative, un’iniziativa che definisce una strategia integrata per rispondere alle varie sfide connesse all’accesso di materie prime. L’Unione ha inoltre classificato le Terre Rare come Critical Raw Materials secondo i criteri di importanza economica e di disponibilità sul mercato.

A causa della loro importanza strategica, il recupero delle Terre Rare deve essere quindi incoraggiato e preferito rispetto all’estrazione in miniera. In particolare lo scopo è quello promuovere due linee di attività: • recuperare le Terre Rare dai RAEE; • sostituire nei processi produttivi le Terre Rare con altri metalli di più facile accesso e con minore impatto ambientale.

A tal proposito la Commissione, con il programma di finanziamento Horizon 2020, ha stanziato 220 milioni di euro per l’eco-innovation e per la fornitura sostenibile di Raw Materials. Per quanto riguarda la situazione italiana, il nostro Paese consuma circa 3.800 tonnellate all’anno di Terre Rare, pari al 3% della produzione mondiale.

Le Terre Rare sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica: i Lantanoidi (Lantanio, Cerio, Praseodimio, Neodimio, Promezio, Samario, Europio, Gadolinio, Terbio, Disprosio, Olmio, Erbio, Tulio, Itterbio, Lutezio), lo Scandio e l’Ittrio; essi appartengono ai cosiddetti “Minerali Critici” (così recentemente classificati dall’Unione Europea). Pur essendo abbondanti sulla crosta terrestre, sono presenti in debolissime concentrazioni, eccetto nella R.P. di Cina che produce oltre il 95% del consumo mondiale. Gli altri principali stati produttori sono: gli USA, il Sud Africa, il Brasile. Le Terre Rare trovano applicazione in moltissimi settori tecnologici. Nel campo ottico vengono impiegate per la produzione di lenti, laser e fibre ottiche ad elevata precisione, nell’industria del vetro per la produzione di vetri colorati e lampade fluorescenti, nell’industria ceramica e metallurgica per la realizzazione di particolari leghe per magneti, superconduttori, catalizzatori e capacitori; infine nell’industria elettronica per la produzione di chip per computer, display LCD, LED e plasma, pannelli fotovoltaici, schermi touchscreen in smartphone e tablet. Negli ultimi anni la R.P. di Cina ha ridotto le esportazioni di Terre Rare, anche verso l’Unione Europea, sia per favorire i settori manifatturieri cinesi sia per mantenere alti i prezzi delle Terre Rare. Si stima che la domanda globale prevista per il 2015 aumenti di circa 125.000 tonnellate rispetto al 2011 fino a raggiungere circa 210.000 tonnellate con una crescita parallela anche del consumo da parte della Cina. Per soddisfare le quantità appena citate la produzione annua non cinese dovrebbe attestarsi tra le 45.000 e le 70.000 tonnellate. La situazione recentemente evidenziata dagli analisti conferma il trend crescente che porterà la domanda mondiale di Terre Rare a raggiungere quota 240.000 tonnellate. Le restrizioni dell’export e le politiche protezioniste che la Cina attua a partire dal 2009 hanno causato in questi anni un andamento dei prezzi delle Terre Rare fortemente altalenante con picchi registrati nel 2011. La situazione risulta pertanto molto complessa poiché la Cina non si limita a beneficiare della sua posizione monopolistica ma, attraverso la sua politica economica, si serve di prezzi predatori che hanno l’obiettivo di abbattere gli altri possibili concorrenti.

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La scarsa disponibilità di Terre Rare e la dipendenza dalla Cina hanno spinto Relight a sviluppare un innovativo progetto per il recupero delle Terre Rare dai Rifiuti Elettrici ed Elettronici (RAEE). Relight, società all’avanguardia nella raccolta, trasporto e trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici con 4 linee di trattamento dedicate, con lo scopo di chiudere l’anello del riciclo, insieme ad un consorzio internazionale di partner, ha sviluppato HydroWEEE Demo, un progetto da 3.760.000 euro, finanziato attraverso i fondi messi a disposizione dal 7° Programma Quadro della Commissione Europea. Lo scopo del progetto è quello di sviluppare un processo idro metallurgico innovativo per il recupero di metalli rari e preziosi dai televisori

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a tubo catodico, LCD, lampade e batterie e costruire due impianti industriali per l’estrazione delle Terre Rare, un impianto fisso ed uno mobile. La fase di costruzione dell’impianto HydroWEEE Demo è iniziata nell’ottobre 2013 ed è terminata nel gennaio 2014. I numeri raccolti dal Centro di Coordinamento RAEE mostrano una costante crescita di raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici. Per l’anno 2013 in Italia sono state raccolte 225.934 tonnellate di RAEE di cui circa 69.000 tonnellate di televisori e monitor e 1.116 tonnellate di lampade. E’ proprio da queste due tipologie di rifiuto che proviene la polvere fluorescente ad alto contenuto di Terre Rare che alimenta l’impianto di recupero. Le polveri fluorescenti adese alle lampade vengono prelevate a seguito del trattamento meccanico. Le lampade vengono triturate e le frazioni risultanti (vetro, metalli, alluminio, plastica) separate. La linea di trattamento è equipaggiata con un sistema di aspirazione che evita la dispersione di mercurio e consente la cattura delle polveri fluorescenti. Relight tratta annualmente 600 tonnellate di lampade (pari al 54% delle lampade che vengono raccolte ogni anno in tutta Italia) e produce circa 15 tonnellate di polvere fluorescente. Per quanto riguarda il trattamento dei tubi catodici, i televisori vengono dapprima smontati manualmente dall’involucro esterno, in seguito il tubo catodico viene tagliato con un disco diamantato che separa il vetro cono dal

vetro schermo sul quale sono adese le polveri fluorescenti. Un aspiratore provvede poi alla rimozione della polvere dal vetro. Relight tratta annualmente 17.000 tonnellate di televisori (pari al 25% dei televisori che vengono raccolti ogni anno in tutta Italia) e produce circa 4 tonnellate di polvere fluorescente che viene trattata nel nuovo impianto HydroWEEE Demo. Le polveri fluorescenti vengono sottoposte ad un elaborato processo chimico che prevede una prima fase di lisciviazione e una seconda fase di precipitazione. Il solido ottenuto dal trattamento chimico è un ossalato di Terre Rare che, a seguito dell’ossidazione, contiene elevate concentrazioni di Ittrio (>86%), Europio, Terbio, Gadolinio e Lantanio, per un totale in Terre Rare di oltre il 96%. Si stima che la produzione mondiale di ossido di Ittrio nel 2013 sia stata di 7.100 tonnellate con un valore di mercato di 14.000 $/t (prezzo FOB). L’impianto può trattare 1.800 kg di polveri fluorescenti al giorno che equivalgono alla polvere proveniente da 360.000 lampadine o 300.000 televisori e produce 600 kg/giorno di ossalato di Terre Rare che equivalgono a 200 kg/giorno di ossidi di Terre Rare consentendo di raggiungere una produttività annua di 165 ton.

L’impianto Le polveri derivanti dal trattamento delle lampade e dei tubi catodici vengono stoccate in big bag. Per alimentare l’impianto il big bag viene sollevato mediante braccio meccanico e le polveri vengono avviate ad un vibrovaglio che separa eventuali materiali estranei come pezzetti di vetro o di plastica, che non sono stati separati nel trattamento precedente. Il vaglio separa le polveri che mediante una coclea vengono fatte salire e caricate all'interno di un reattore dove avviene la prima reazione, la lisciviazione. Qui alle polveri si aggiunge un reagente acido che serve a disciogliere in soluzione le Terre Rare. Una volta completata la reazione, dopo circa due ore, il liquido in uscita dal reattore prosegue con la prima fase di filtrazione mediante filtropressa. La parte solida separata rappresenta lo scartomentre la parte liquida è quella che contiene le Terre Rare in soluzione. Il cake di scarto della filtropressa viene raccol-


to all'interno di un big bag per lo smaltimento, mentre la soluzione liquida prosegue nel processo arrivando ad un altro reattore. Qui si aggiunge un altro acido che reagisce con le Terre Rare in soluzione facendole precipitare sotto forma di ossalato. Abbiamo quindi una seconda filtropressa dove, al contrario di quanto avviene nella prima, la parte di scarto è la parte liquida mentre la parte solida che cade all'interno di un big bag è l’ossalato di Terre Rare. Per completare il processo il refluo acido in uscita dalla filtropressa può essere avviato a smaltimento presso impianto esterno oppure, come accade in questo caso, può essere trattato direttamente in impianto in una linea dedicata. Il refluo entra in un reattore in cui viene aggiunta della calce che causa la precipitazione di tutte le impurità presenti; l'acqua in uscita può essere reimmessa nel ciclo di estrazione delle Terre Rare.

L'ultimo passaggio del trattamento, che però viene fatto all’esterno, è la calcinazione: l'ossalato viene passato in un forno che lo scalda fino a 900°C ottenendo quindi un ossido di Terre Rare. Si tratta per la maggior parte di ossido di Ittrio, in percentuali fino al 90%, mentre la quota restante nel caso delle lampade a fluorescenza è data per lo più da ossidi di Europio e Terbio, con tracce di Cerio, Lantanio e Gadolinio, e nel caso dei tubi catodici le polveri contengono unicamente ossidi di Ittrio ed Europio. L’impianto lavora in batch e durante un ciclo di tratta-

mento, che dura circa 8 ore, si producono 200 kg di ossalato ogni 600 kg di polveri in ingresso, quindi una produzione annuale di 165 tonnellate. * Relight s.r.l.

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p ro g e t t i e t ec nol og i e

L’APPLICAZIONE DEI METODI DI INDAGINE IDROGEOCHIMICA AI SITI CONTAMINATI Individuare l’origine dei fenomeni di contaminazione mediante un approccio integrato tra fingerprinting composizionale e l’analisi dei dati microbiologici di Ilaria Pietrini*

I

prodotti di raffinazione del petrolio sono contaminanti di particolare interesse nella nostra società poichè ampiamente impiegati come combustibili, per il riscaldamento e la produzione di elettricità, come lubrificanti, come asfalto per strada e nella produzione di materie plastiche. Questi prodotti contengono miscele complesse di idrocarburi e non idrocarburi e le loro proprietà chimico-fisiche (es. API Gravity e il

Figura 1. Esempio di dati raccolti nel database

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contenuto di zolfo) e la loro composizione (come ad esempio il rapporto pristano/fitano e la percentuale di benzotiofeni) variano al variare della provenienza geografica e dei diversi processi di raffinazione; conferendo loro un cromatogramma caratteristico (o impronta digitale). A tal proposito, in questo lavoro, è stato prodotto un primo tentativo di classificazione in un Database dei greggi mondiali (Figura 1).

L'uso massivo dei greggi e dei loro prodotti di raffinazione si traduce inevitabilmente nella contaminazione dell'ambiente, con influenze sugli ecosistemi e sulla salute umana per la presenza di composti tossici e mutageni, quali benzene, toluene, etilbenzene e xileni (BTEX) e gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), un grande gruppo di composti relativamente persistenti spesso cancerogeni e/o mutageni. Una volta nell'ambiente, questi contaminanti sono sottoposti a processi chimico-fisici (es. evaporazione, solubilizzazione e assorbimento) e biologici (biodegradazione) che alterano la loro composizione chimica e quindi la loro impronta. Questo processo noto col nome di Attenuazione Naturale (NA), può portare alla totale conversione dei contaminanti organici in specie inorganiche (come metano, anidride carbonica, acqua e sali) e rappresenta la tecnica più conveniente ed ecosostenibile applicabile per la bonifica di un sito contaminato. Le diverse famiglie di composti (ad esempio, n-alcani, isoprenoidi, alchilcicloesani, alchilciclobenzeni, IPA e biomarker quali sterani e terpani) contenuti nei prodotti di raffinazione vengono più o meno facilmente biodegradati (processo principale coinvolto nella NA). Questo comportamento porta alla possibilità di valutare le variazioni di composizione dell’intera miscela contaminante nel tempo, a partire dagli


n-alcani (più sensibili) ai terpani (meno sensibili). Tuttavia, il contributo della NA al raggiungimento degli obiettivi di bonifica varia a seconda della situazione presente perché, per un buon esito, sono necessarie alcune condizioni, come la presenza di microrganismi competenti, le loro esigenze nutrizionali (es. C, N, P, O2 ...) e condizioni di crescita adatte (T, potenziale redox, salinità, pH...). Per una corretta caratterizzazione del sito contaminato e per il raggiungimento degli obiettivi di bonifica, è necessario determinare di volta in volta l’efficienza sito-specifica della NA. La coesistenza di tutti questi aspetti rende spesso difficoltosa la caratterizzazione dei siti contaminati, difficoltà che si traduce in incertezze nel modello concettuale e nell’identificazione del vero responsabile della contaminazione stessa. Per ridurre le incertezze, è possibile accoppiare l’analisi chimica di routine con altre indagini come, ad esempio, la metodologia idrogeochimica chiamata "fingerprinting composizionale" (basato sull'utilizzo di gas cromatografia-spettrometria di massa_GCMS), che permette l'identificazione della fonte di contaminazione tra le diverse fonti plausibili e la determinazione degli effetti degradativi avvenuti sulla stessa. Questi obiettivi sono perseguiti attraverso l'analisi della composizione di contaminanti, valutando la presenza e l'abbondanza dei singoli composti e dei relativi rapporti, indici del livello di biodegradazione raggiunto. Ad esempio, gli isoprenoidi (nello specifico pristano e fitano) sono più stabili rispetto ai relativi n-alcani (nello specifico eptadecano_nC17 e ottadecano_ nC18) e per questo motivo, nel gasolio, i due rapporti di n-C17/ pristano e n-C18/fitano sono usati come indici di biodegradazione [1]. Allo stesso modo, tra i BTEX (composti volatili caratteristici delle benzine), il benzene è il più solubile, il toluene quello maggiormente biodegradabile, mentre l’etilbenzene e gli xileni sono i più recalcitranti; di conseguenza la biodegradazione si può seguire determinando il rapporto B+T/E+X (benzene+toluene/etilbenzene+xileni). Tuttavia, come anche riscontrato in prima persona in casi di contaminazione di falde e suolo, l'applicazione del fingerprinting composizionale non risulta essere sempre risolutiva. Sempre in questo studio, è stato osservato che l’applicazione di un approccio integrato tra dati

idrogeochimici (presenza/assenza della contaminazione e il suo tasso di biodegradazione) e microbiologici (struttura e funzione delle comunità microbiologiche e la loro variabilità spaziale e temporale) è essenziale. Lo studio della comunità microbiologica presente in un sito permette un confronto tra le varie specie presenti nei campioni e la presenza di diversi ceppi batterici dipende dalle condizioni ambientali e, di conseguenza, cambiamenti Figura 2. Nonparametric Multidimensional Scaling dei campioni contaminati da nella comunità micro- miscele pure (in grigio 100% gasolio ed in verde 100% benzina) biologica sono legati alla presenza di un’eventuale contaminazione e ai g/l; 2: 4 g/l di cloruro di sodio), per la materia suoi cambiamenti nel tempo [2]. Consideran- organica (1: foc=0,0002; 2: foc=0,002_Fraziodo tutti questi aspetti, è stato pianificato uno ne di carbonio organico) e per la concentrastudio di laboratorio con l'obiettivo di definire zione iniziale delle miscele inquinanti (1: 100 uno strumento di indagine, in grado di risolvere ppm; 2: 1000 ppm). La miscela iniziale è stata le incertezze legate alle usuali procedure ap- invece studiata su tre livelli (1: miscela pura plicate per caratterizzare i siti inquinati accop- 100% gasolio; 2: miscela pura 100% benzina; piando fingerprinting composizionale e micro- 3: miscela 50% benzina-50% diesel). biologico. È stato infatti condotto uno studio di In ogni microcosmo, a 50 g di suolo non conlaboratorio sulla biodegradazione di benzina e taminato e costituito dal 50% in massa di gasolio con l’obiettivo di identificare i parametri ciascun componente, sono stati aggiunti 100 chimico-fisici che maggiormente influenzano mg o 10 mg di torba per ottenere la foc nel'azione di microrganismi. In questo senso, ci cessaria, considerando la formula foc= g di si è concentrati su alcuni parametri che sono carbonio/g di suolo. Al suolo è stato aggiunto stati già riconosciuti in letteratura come fattori 1 ml della miscela contaminante, il suolo così che influenzano la NA (cioè granulometria del contaminato è stato brevemente mescolato suolo, materia organica e la concentrazione del prima di aggiungere un volume di 80 ml di accontaminante) e altri due parametri (presenza qua deionizzata contente 36 mg o 320 mg di contemporanea di miscele diverse e salinità). sale per ottenere una salinità pari a 0.45 g/l (tipico di zone con intrusione salina) o 4 g/l (concentrazione di acqua di mare), rispettiEsperimento vamente. Le serum bottle sono state sigillate di laboratorio I microcosmi aerobici suolo/acqua sono stati lasciando uno spazio di testa per l’instaurarsi allestiti in serum bottle sigillate e campionate delle condizioni aerobiche. I microcosmi sono in quattro diversi tempi (0, 10, 70 e 140 giorni). stati incubati a 30°C per 3 giorni e poi tenuti a Per ciascun parametro chimico-fisico preso temperatura ambiente. in esame, è stato investigato un determinato Al fine di coprire tutta la combinazione di vanumero di livelli; in particolare due livelli per la riabili (parametri) è stato impiegato un disegno granulometria (1: 50% ghiaia-50% sabbia; 2: sperimentale frazionato, allestendo un nume50% sabbia-50% limo), per la salinità (1: 0.45 ro totale di 96 microcosmi (24 per ogni tempo

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pro g e t t i e t ec nol og i e

Tempo di campionamento 100% benzina Tempo di campionamento 50% benzina-50% gasolio Tempo di campionamento 100% gasolio Granulometria 50% benzina-50% gasolio Granulometria 100% gasolio

Rapporto

Rapporto

Rapporto

Rapporto

B+T/E+X (acque)

B+T/E+X (suolo)

nC17/pristano

nC18/fitano

Dati

p-value

p-value

(suolo) p-value

(suolo) p-value

microbiologici

0,022

0,000000145

nd

nd

0,001

0,00327

0,000104

0,0249

0,015

0,004

nd

nd

0,0234

0,036

0,030

ns

ns

0,0286

0,00292

0,010

ns

ns

0,00129

0,0181

0,020

Tabella 1. Parametri statisticamente significativi in relazione ai rapporti di biodegradazione e delle comunità microbiologiche [nd=non determinato, ns=non significativo]

di campionamento). Durante ogni campionamento sono stati prelevati sia campioni d’acqua che di suolo. Sui primi sono state condotte analisi al GC-MS, in spazio di testa, per la determinazione dei BTEX e del rapporto B+T/ E+X. Questi composti sono stati determinati anche nei suoli assieme ai rapporti n-C17/pristano e n-C18/fitano (analisi al GC-MS tramite iniezione diretta, dopo estrazione con ultrasuoni in n-esano degli idrocarburi). Le analisi microbiologiche sono state condotte amplificando tramite PCR (Polymerase Chain Reaction) la regione 16S rDNA del materiale genetico batterico estratto dai campioni di suolo dei microcosmi. Le copie delle sequenze così ottenute sono state processate con la tecnica molecolare T-RFLP per la determinazione della composizione delle comunità microbiologiche. La presenza di ogni ceppo batterico (frammento di X paia di basi_bp) è stata espressa attraverso l’abbondanza relativa rispetto alla totalità dei ceppi presenti nel campione. Per le analisi statistiche dei dati chimici è stato impiegato lo strumento ANOVA (analisi della varianza dei dati), mentre le variazioni delle comunità microbiologiche sono state analizzate utilizzando lo strumento ANOSIM (analisi di somiglianza) con l’indice di Bray-Curtis. I parametri sono stati considerati statisticamente significativi con p-value al di sotto del valore soglia 0,05.

Risultati esperimento Le analisi chimiche condotte hanno mostrato una generale biodegradazione con livelli

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elevati (fino alla completa scomparsa in molti casi) dei BTEX ed evidenze meno marcate nei composti del gasolio. L'analisi statistica dei dati chimici, per la determinazione dei parametri significativi, è stata condotta sia sui singoli tempi (dati non mostrati), sia considerando il tempo di analisi nel complesso e sia per i singoli composti (dati non mostrati), che sui rapporti individuati per seguire il corso della biodegradazione. Sulla base dei risultati ottenuti si può concludere che, considerando il tempo di analisi nella sua totalità, i principali parametri significativi che influenzano la biodegradazione degli idrocarburi sono appunto il tempo e la granulometria, quest'ultimo strettamente in relazione alla contaminazione da gasolio. I parametri sostanza organica e miscela iniziale sono risultati significativi solo ai tempi T1 (10 giorni) e T2 (70 giorni). Il parametro concentrazione iniziale è risultato significativo solo nei primi due tempi di campionamento, considerando la degradazione dei composti singoli e non i rapporti (B+T/E+X, n-C17/pristano e n-C18/ fitano). Come supposto, i dati microbiologici si allineano con quelli chimici, mostrando significatività dei parametri tempo e granulometria (Tabella 1). In linea generale, per ogni parametro significativo evidenziato e in relazione a tutti i rapporti, la biodegradazione della contaminazione è risultata più veloce, o più facilmente determinabile, in presenza delle miscele pure (100% benzina o 100% gasolio) piuttosto che in presenza della miscela 50% benzina-50% gasolio.

Approfondendo questo aspetto, la miscela 50% benzina-50% gasolio è stata esclusa dall’analisi statistica e in Figura 2 si osserva come, in queste condizioni, il parametro miscela iniziale diventi significativo, con la delineazione di due gruppi distinti costituiti dai campioni contaminati dalle due miscele pure (100% benzina in verde e 100% gasolio in grigio). Questo risultato sottolinea come le comunità microbiologiche si siano differenziate a seconda della contaminazione. Più in dettaglio, il DNA batterico estratto dai suoli e amplificato tramite PCR, è stato analizzato con la tecnica molecolare T-RFLP che fornisce come output un cromatogramma, in cui ogni picco corrisponde ad un ceppo batterico presente nella comunità. Le analisi, effettuate nei diversi tempi di campionamento, permettono di seguire i cambiamenti che si verificano nelle comunità microbiologiche e le modifiche osservate possono essere ricollegate al tipo di contaminazione e alla biodegradazione in corso, riscontrata nel nostro studio. Infatti, i risultati hanno mostrato un aumento dell’abbondanza relativa del frammento 74-77 bp durante il T2, in corrispondenza del maggior decremento nelle concentrazioni dei BTEX in tutti i campioni contaminati da benzina. L'aumento di frammenti specifici è legato alla capacità dei ceppi corrispondenti di degradare il contaminante; in questo caso infatti è stato possibile identificare una probabile corrispondenza tra questo frammento e ceppi in grado di degradare composti con anelli aromatici [3]. Un riscontro di questo tipo non è stato possibile per


il frammento 133-134 bp la cui abbondanza aumenta nei campioni contaminati da diesel al T1. Un’ulteriore analisi per identificare correttamente i ceppi d’interesse può essere effettuata con altre tecniche molecolari.

Conclusioni Questo lavoro ha dimostrato che, come supposto, vi è una buona correlazione tra i dati microbiologici e quelli chimici, a supporto dell’ipotesi che i dati microbiologici possono essere utili per rafforzare le conclusioni ottenute con indagini chimiche ed idrogeochimiche (fingerprinting composizionale), non sempre risolutive. Inoltre, i dati microbiologici possono fornire informazioni ancora più approfondite rispetto a quelle individuate in questo studio, utilizzando tecniche molecolari diverse e che permettono l'identificazione dei ceppi di microrganismi e quindi la capacità metabolica delle comunità presenti nel sito. Quindi, potenzialmente, utilizzando questo

approccio multidisciplinare, è possibile determinare il percorso degradativo delle contaminazioni presenti nel sito e ottenere dati importanti per una caratterizzazione più accurata e di conseguenza la strategia di bonifica più efficace, al fine di raggiungere l'obiettivo del risanamento. Nelle condizioni applicate in questo studio, i parametri che maggiormente interferiscono con la biodegradazione sono risultati essere il tempo di analisi e la granulometria del suolo. Quest’ultimo soprattutto in relazione a contaminazioni da gasolio e da considerare in fase di caratterizzazione in questi casi. Sorprendentemente, la salinità non ha rappresentato un parametro significativo ma questo risultato può essere dovuto alle concentrazioni utilizzate. Parametri che influiscono, seppur solo nelle fase iniziali della biodegradazione, sono la concentrazione iniziale della miscela e il tipo di miscela contaminante. La significatività di questi parametri potrebbe essere approfon-

dita allungando i tempi di sperimentazione per andare a studiare rapporti indici di biodegradazione di quelle famiglie più recalcitranti, come ad esempio gli IPA. *Politecnico di Milano

Bibliografia [1] Alimi, H., Ertel, T., Schung, B. (2003). Fingerprinting of hydrocarbon fuel contaminants: literature review. Environmental Forensics, 4: 25-38. [2] Liu, P.G.; Chang, T.C; Whang, L.; Kao, C.; Pan, P. , Cheng C. (2011). Bioremediation of petroleum hydrocarbon contaminated soil: Effects of strategies and microbial community shift. International Biodeterioration & Biodegradation, 65:1119-1127. [3] Shyu, C.; Soule, T; Bent, S.J.; Foster, J.A., Forney, L.J. (2007). MiCA: a web-based tool for the analysis of microbial communities based on terminalrestriction fragment length polymorphisms of 16S and 18S rRNA genes. Journal of Microbial Ecology, 57: 562-570.

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p ro g e t t i e t ec nol og i e

La presenza naturale di metalli nei suoli: criticità operative e possibili soluzioni Metodi di indagine mirati per la determinazione dei valori di fondo naturale di alcuni metalli in rocce e suoli serpentinitici dell'Unità Voltri in Liguria di P. Marescotti*, M. Solimano**, G. Beccaris***, E. Scotti***, L. Crispini*, E. Poggi**, M. Brancucci** e S. Fornasaro*

I

suoli derivanti da rocce ofiolitiche (peridotiti a diverso grado di serpentinizzazione, serpentiniti, metagabbri, metabasalti, anfiboliti, eclogiti e brecce ofiolitiche) sono spesso caratterizzati dalla presenza di alcuni metalli (quali Cr, Ni, Co, V, Cu, Zn) in concentrazioni elevate e spesso superiori alle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), elencate nell'allegato 5 (parte IV) del D.Lgs. 152/06, sia

per i siti ad uso residenziale (Colonna A) sia per quelli ad uso commerciale e industriale (Colonna B). La presenza diffusa di questi metalli in ampie aree del territorio nazionale caratterizzate da rocce e suoli ofiolitici ha notevoli ricadute non solo dal punto di vista ambientale ma anche, e soprattutto, per la gestione di attività di scavo e movimentazione di terre e rocce che si rendono necessarie per la realizzazione di opere sul territorio normate dal D.M. 161/12. Infatti, anche con le notevoli semplificazioni introdotte dal D.L. 69/2013 e dalla Legge di conversione n. 98 del 9 Agosto 2013, in caso di concentrazioni di elementi contaminanti superiori alle CSC il "materiale da scavo" può essere sottoposto al regime dei sottoprodotti e non a quello dei rifiuti solo se non sono superati i valori delle CSC, ad ecFigura 1. Stralcio della Carta Geologica della Liguria (tratto da Giammarino et cezione dei casi in cui al., 2002) nell'area compresa tra Genova e Savona (il riquadro rosso indica questi superamenti non siano giustificati dai val'area di studio)

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lori di fondo naturale specifici di una determinata area geologica. La necessità di verificare l'origine naturale delle concentrazioni critiche di metalli nei suoli può presentarsi non solo nella gestione delle terre e rocce da scavo ma anche nell'ambito di procedimenti di bonifica, nella conduzione di impianti produttivi e di trattamento dei rifiuti, nella gestione delle discariche e nel monitoraggio degli standard di qualità ambientale. Il termine "valore di fondo naturale" è definito nel "Protocollo operativo per la determinazione dei valori di fondo di metalli/metalloidi nei suoli di interesse nazionale" (APAT-ISS, 2006) come "la concentrazione di sostanze nei suoli risultante da processi naturali geologici e pedologici, senza alcuna interferenza di origine antropica". Il procedimento operativo per la determinazione dei valori di fondo naturale di un'area è articolato e complesso richiedendo indagini e analisi sofisticate e costose, difficilmente realizzabili nella loro completezza se non nell'ambito di grandi opere infrastrutturali. Esiste un’oggettiva lacuna tecnico-normativa relativa agli interventi di piccola e media entità, spesso connessi ad interventi privati di modesto rilievo, per i quali è ragionevole ritenere che il singolo proponente non sia tenuto alla determinazione di un "fondo naturale", a tutti gli effetti sostitutivo delle CSC e nuovo riferi-


Figura 2. Suolo poco evoluto a diretto contatto con la roccia madre in uno spaccato stradale della SP7 (Località Rocca Grin, SV)

Figura 3. Rapporto tra la concentrazione media di Cr tot, Ni e Co delle rocce (SR = serpentinoscisti antigoritici; LR = lherzoliti) e dei suoli (SS = suoli su serpentinoscisti; LS = suoli su lherzoliti) e le CSC per i suoli residenziali (CSC A) e industriali (CSC B)

mento di legge all’interno dell’ambito territoriale in cui sia stato definito, ma piuttosto alla documentazione della compatibilità geologica dei valori rilevati nel sito rispetto alle condizioni geologiche presenti nel contesto territoriale di appartenenza. Il livello di complessità degli studi necessari per tale accertamento può essere ragionevolmente semplificato, anche perché, in questo caso, l’esito degli studi non comporta la definizione di un nuovo valore normativo a tutti gli effetti di legge, ma è finalizzato esclusivamente a documentare l’esistenza di una situazione geologica del territorio all’interno del quale ricade il sito in grado di giustificare la presenza di concentrazioni di metalli superiori alle CSC. In ogni caso, emerge sempre più chiaramente l’opportunità che i soggetti pubblici realizzino database georeferenziati, continuamente integrati e aggiornati, corredati da opportune rappresentazioni cartografiche che documentino almeno le situazioni geologiche locali caratterizzate da concentrazioni di metalli potenzialmente superiori ai limiti previsti dalla normativa vigente.

considerevole del territorio regionale. In particolare nell'areale compreso tra le Province di Genova e Savona (Fig.1; Unità Voltri, Capponi & Crispini, 2008, 2013) le serpentiniti (Formazione dei Serpentinoscisti Antigoritici del Bric del Dente) e le peridotiti (Formazione delle Peridotiti del Monte Tobbio) sono i litotipi volumetricamente più abbondanti sia dell'Unità Voltri che dell'intero areale. Infatti, essi rappresentano circa il 70% dei litotipi affioranti e coprono un'estensione di oltre 200 km2 (Malatesta, 2011). I serpentinoscisti antigoritici

sono il litotipo volumetricamente più abbondante dell'Unità Voltri e affiorano sia in masse estese e di notevole spessore, sia in lenti più sottili associate a metabasiti e calcescisti. Queste rocce sono pervasivamente foliate ma presentano anche frequenti porzioni massive. Le peridotiti (prevalentemente lherzoliti) costituiscono corpi massivi di dimensioni fino a chilometriche e passano gradualmente a serpentiniti e serpentinoscisti. I suoli che si sviluppano su queste formazioni rocciose sono generalmente poco evolu-

suoli e rocce serpentinitiche dell'Unità Voltri I suoli e le rocce dei complessi ultrabasici (peridotiti, serpentiniti, serpentinoscisti e brecce serpentinitiche) sono indubbiamente tra i più critici delle sequenze ofiolitche; infatti, possono essere presenti concentrazioni rilevanti (talora superiori anche di un ordine di grandezza rispetto alle CSC) di alcuni tra i metalli (Cr, Ni, e Co) indicati nella normativa vigente. In Liguria questi complessi litologici e i suoli da essi derivati rappresentano una porzione

Figura 4. a) allineamenti di magnetite e magnetite cromifera lungo la foliazione di un serpentinoscisto antigoritico (foto MOLP, nicol paralleli); b) granuli dello scheletro di un suolo sui serpentinoscisti (M = magnetite; S = serpentino; O = ossidrossidi di Fe; foto MOLP, nicol paralleli); c cristalli di magnetite cromifera zonati (foto SEM-BEI); Mappe composizionali di Mg, Fe e Cr in un cristallo di magnetite zonato e fratturato (mappe ottenute in microsonda WDS)

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pro g e t t i e t ec nol og i e Prospettive future: l’utilizzo di spettrometri XRF portatili per l’analisi dei suoli I risultati qui presentati possono essere il punto di partenza per definire la compatibilità geologica di concentrazioni anomale di metalli in terre e suoli e per definire specifiche soglie di valori di fondo naturale. L’estensione di questo approccio metodologico ad ampie porzioni di territorio rimane comunque di difficile realizzazione per l’impossibilità di creare una massa di dati consistente e statisticamente convalidata. Per questo motivo sarebbe conveniente prevedere l’utilizzo di strumentazioni portatili per l’analisi chimica del terreno. A questo proposito, recentemente si è assistito ad un rapido sviluppo degli spettrometri XRF portatili che sono in grado di riconoscere e quantificare, con analisi dirette in situ ed ex situ, un’ampia gamma di elementi chimici con tempi e costi estremamente ridotti. In particolare, lo strumento da noi utilizzato nelle prime sperimentazioni, ovvero lo spettrometro EDXRF X-MET7500 della Oxford Instruments, è in grado di fornire un’analisi quantitativa di tutti gli elementi con numero atomico ≥12 (Mg) in circa 120 secondi utilizzando curve di calibrazione interne (“standardless fundamental parameter calibration”). Il metodo, in via di sperimentazione, prevede di effettuare un primo screening dell’area di studio attraverso l’XRF portatile per evidenziare la distribuzione degli elementi di interesse e la posizione di eventuali “hot spots”. In base ai risultati emersi, la seconda fase consiste nel campionamento e nell’analisi di un numero limitato di campioni, secondo le modalità classiche, per ottenere un set di dati certificati da utilizzare come valori di riferimento e per la calibrazione empirica dello strumento portatile. La terza e ultima fase prevede l’utilizzo del solo XRF portatile per effettuare l’analisi dell’intera area con una densità di campionamento molto elevata. I primi test, effettuati in un'area ofiolitica della Liguria Orientale, hanno permesso di ottenere una mappatura della distribuzione di elementi chimici di interesse di estremo dettaglio. Come si può osservare in Fig. 5, i risultati ottenuti (nel caso specifico per la distribuzione del Cr) hanno permesso di evidenziare l’erronea mappatura derivante dall’approccio classico. Infatti, a causa della bassa densità di campionamento, la mappatura della distribuzione del Cr suggerirebbe una distribuzione omogenea di questo elemento nell’intera area. Grazie alla possibilità di estendere il numero di analisi nella stessa area è emerso un quadro significativamente diverso con una distribuzione del Cr in aree specifiche e in "hot spots" localizzati.

ti e hanno spessori alquanto ridotti (Fig. 2); essi sono prevalentemente rappresentati da litosuoli e subordinatamente da suoli poco profondi ricchi in materia organica e a diretto contatto con la roccia madre (ranker bruni; Cortesogno et al., 1979). Le rocce esposte presentano importanti fenomeni di alterazione (in particolare le lherzoliti poco serpentinizzate) con formazione di croste di ossidazione di spessore da centimetrico a metrico.

il caso di studio L'area di studio comprende tre siti localizzati tra i comuni di Sassello e Urbe in provincia di Savona (Fig. 1). Nei tre siti sono stati prelevati campioni di suolo indisturbato e campioni delle rocce madri corrispondenti. La composizione chimica dei suoli e delle rocce è stata analizzata mediante ICP-OES secondo le indicazioni delle norme internazionali EPA-3050B e EPA6010C mentre le indagini mineralogiche e petrografiche sono state effettuate mediante Elemento

microscopia ottica in luce riflessa e trasmessa (MOLP) e mediante microscopia elettronica e microanalisi (WDS). Le rocce affioranti nei tre siti indagati sono esclusivamente rappresentate da serpentinoscisti antigoritici e da lherzoliti a diverso grado di serpentinizzazione. I serpentinoscisti antigoritici presentano una composizione mineralogica piuttosto omogenea con netta prevalenza di minerali del gruppo del serpentino (80-85%), rappresentati in larga misura da antigorite e subordinatamente da crisotilo. Le principali specie mineralogiche associate al serpentino sono, in ordine decrescente di abbondanza, magnetite, magnetite cromifera, clorite, ossidrossidi di Fe e talco. Le lherzoliti sono costituite in prevalenza da olivina, antigorite, clino- e orto-pirosseni, magnetite e spinelli. I suoli, prelevati ad una profondità compresa tra 20 e 50 cm (ovvero scartando gli orizzonti superficiali caratterizzati da abbondanti resti vegetali e materia organica), presentano

D.Lgs. 152/06

granulometria variabile tra le peliti ghiaiose e le ghiaie pelitiche e mostrano una colorazione bruna con tendenze locali a virare verso il grigio o il rosso-ocraceo. Come atteso nei litosuoli o nei suoli poco evoluti, lo scheletro rappresenta la parte dominante del suolo con concentrazioni generalmente superiori al 50%. La mineralogia dello scheletro è strettamente correlata a quella della roccia madre di pertinenza con presenza di minerali estranei (quarzo, feldspati, miche) subordinata o trascurabile. La matrice fine è composta sia da minerali argillosi sia da ossidrossidi di Fe derivanti prevalentemente dall'alterazione della magnetite. Le rocce e i suoli delle tre aree indagate presentano concentrazioni di Cr, Ni e Co rilevanti e sensibilmente superiori (anche di un ordine di grandezza) alle CSC per i siti residenziali e industriali (Tab. 1; Fig. 3). In particolare i serpentinoscisti e i suoli associati mostrano le più elevate concentrazioni di Cr, mentre le lherzoliti e i relativi suoli le più elevate concentrazioni

Roccia

Suolo

mg/kg

CSC A

CSC B

SR

SR

SR

SR

SR

SR

LR

LR

SS

SS

SS

SS

LS

LS

Cr tot

150

800

2255

3020

1473

1305

1675

1542

1157

1152

983

619

861

1269

956

868

Ni

120

500

1622

1730

1051

1093

1240

1212

1663

1855

303

275

559

878

1041

888

Co

20

250

75

70

74

57

59

59

73

78

38

33

24

38

58

63

Tabella 1. Concentrazione media di Cr tot, Ni e Co nelle rocce (SR = serpentinoscisti antigoritici; LR = lherzoliti) e nei suoli (SS = suoli su serpentinoscisti; LS = suoli su lherzoliti) nei tre siti indagati. Sono riportati anche i valori delle CSC per i suoli residenziali (A) e industriali (B)

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In particolare, il Cr è contenuto quasi esclusivamente nella cromite e nella magnetite cromifera, particolarmente abbondanti nei serpentinoscisti e nei suoli associati (Fig. 4c e d). In misura nettamente subordinata il Cr è presente anche nel serpentino e negli ossidrossidi di Fe che si formano per alterazione della magnetite cromifera e della cromite. Il Ni è diffusamente presente nei silicati costituenti i due litotipi e in particolare nell’olivina (lherzoliti) e nell’antigorite. Più raramente il nichel è risultato presente entro solfuri e negli ossidrossidi di Fe. Il Co è risultato sempre presente, come costituente in tracce, sia nei silicati (antigorite, clorite, olivina, pirosseni) sia negli ossidi (cromite, magnetite, ossidrossidi di Fe).

Conclusioni Figura 5. Confronto tra le mappe della distribuzione del Cr ottenute mediante campionamento sistematico a griglia (20 x 20 m; in alto) e mediante analisi con XRF portatile (densità griglia di analisi 5x5 m; in basso)

di Ni. Il contenuto di Co è invece comparabile tra i due differenti tipi di rocce e di suoli. In generale è possibile osservare una generale diminuzione delle concentrazioni dei tre metalli nei suoli rispetto alle rocce madri corrispondenti. In questo caso è tuttavia da tenere presente che la concentrazione dei metalli lisciviati dalla roccia madre nel suolo è strettamente correlata alla presenza di minerali residuali e di minerali di neoformazione che possono essere in grado di sequestrare selettivamente i metalli dalle soluzioni circolanti. Pertanto, è possibile che nei diversi orizzonti di uno stesso profilo pedologico siano presenti zone arricchite, anche notevolmente, in metalli rispetto alla roccia di partenza. Per questo motivo sono attualmente in corso indagini specifiche in sezioni di suolo selezionate per la valutazione della variazione del chimismo con la profondità. Le analisi mineralogiche e minerochimiche condotte sia sui campioni di roccia sia su quelli di suolo hanno evidenziato come la quasi totalità degli elementi chimici indagati sia da attribuire a sorgenti geogeniche, ovvero siano presenti entro fasi mineralogiche caratteristiche delle rocce affioranti nell’area e presenti nei suoli come minerali residuali (Fig 4a e b).

Le indagini presentate nel caso di studio permettono di ricavare alcune considerazioni: • nelle rocce e nei suoli naturali indisturbati è possibile trovare la presenza di metalli potenzialmente ecotossici in concentrazioni anche sensibilmente superiori ai limiti previsti dalla normativa vigente, sia per i siti residenziali sia per quelli industriali; • utilizzando un metodo di indagine mirato ad inquadrare le caratteristiche geologiche di un'area e ad analizzare le componenti petrografiche, mineralogiche e chimiche delle rocce e dei suoli è possibile attribuire eventuali concentrazioni critiche di metalli al fondo pedo-geochimico naturale ed eventualmente discriminare i metalli ereditati dalla roccia madre da quelli derivanti da altri apporti, ivi compresi quelli antropici; • la possibilità di effettuare un elevato numero di analisi in tempi e con costi ridotti mediante spettrometri XRF portatili può

Ringraziamenti Gli autori desiderano ringraziare il Sig. Dario Panetta e il Dott. Federico Mazzei della ditta "TQ Technologies for Quality S.r.l" (Genova) per l’utilizzo dello spettrometro X-MET-7500 (Oxford Instruments) e per la consulenza fornita durante l’acquisizione e successiva elaborazione dei dati analitici.

permettere di implementare considerevolmente i risultati ottenuti mediante l'approccio tradizionale e di realizzare mappature geochimiche di notevole dettaglio. L'insieme dei dati acquisiti, opportunamente inseriti in un database georeferenziato, e la cartografia correlata potrebbero diventare uno strumento molto efficace per la verifica diretta della "compatibilità geologica" dei valori rilevati in un sito rispetto alle condizioni geologiche presenti nel contesto territoriale di appartenenza. *DISTAV, Università di Genova **Geospectra s.r.l. ***ARPAL

Bibliografia [1] Capponi G., Crispini L. (con contributi di, Bonci M.C., Cabella R., Cavallo C., Cortesogno L., Fabbri B., Federico L., Firpo M., Gaggero L., Nosengo S., Ottonello G., Piazza M., Perilli N., Piccazzo M., Ramella A., Spagnolo C., Vannucci G., Vetuschi Zuccolini M.) -2008. Note illustrative della Carta Geologica d'Italia alla scala 1:50.000 Foglio 213 230 "GENOVA" . p. 1-139, APAT - Regione Liguria, ISBN: 9788824028899. [2] Capponi G., Crispini L. & Federico L. (con contributi di Cabella R., Faccini F., Ferraris F., Firpo M., Roccati A., Marescotti P., Piazza M., Scambelluri M. e collaborazione di Dabove G.M., Poggi E., Torchio S, Vigo A. Vetuschi Zuccolini M.) - 2013. Note illustrative al Foglio 212 "Spigno Monferrato" della Carta Geologica Regionale della Liguria, Regione Liguria p. 1-145. [3] Cortesogno L., Mazzuccotelli A., Vannucci R. (1979). Alcuni esempi di pedogenesi su rocce ultrafemiche in clima mediterraneo. Ofioliti, 4(3): 295-312. [4] Giammarino S., Giglia G., Capponi G., Crispini L., Piazza M. (2002). Carta Geologica della Liguria, a scala 1: 200.000. SELECOLOR-Firenze. [5] Malatesta C. (2011). Subduction and exhumation of HP Ligurian-Piedmontese ophiolites: an integrated approach from field to numerical models. Tesi di dottorato, Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, Università degli studi di Genova, Genova. [6] Solimano M., Marescotti P., Crispini L., Beccaris G., Scotti E., Fornasaro S., Orecchia M., Lucchetti G. (2014). Background levels of potentially toxic elements in ultramafic soils from the Voltri Unit: a mineralogical and geochemical approach. Rendiconti Online della Società Geologica Italiana, vol. 31 (1), p. 333.

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p ro g e t t i e t ec nol og i e

Le prospettive della bioremediation con l’impiego di funghi e piante Come sfruttare l’enorme potenziale delle associazioni pianta-fungo per ampliare le opportunità di impiego delle tecniche di bioremediation nella bonifica di siti contaminati di Enrica Roccotiello, Simone Di Piazza, Grazia Cecchi, Mauro Mariotti e Mirca Zotti*

L

e proprietà chimico-fisiche dei siti contaminati ne influenzano negativamente la biodiversità, esercitando una forte pressione selettiva sugli organismi viventi, in particolare su funghi e piante [1, 2]. Ciò che riesce a sopravvivere è quindi una componente biotica fortemente selezionata, come ad esempio nel caso delle comunità di microrganismi, in grado di giocare un ruolo significativo nella detossificazione di contaminanti chimici nocivi [3] e fornire informazioni fondamentali sulla disponibilità dei metalli presenti nel suolo [4].

Perciò la componente biotica dei suoli inquinati è stata via via sempre più impiegata per la stabilizzazione o la bonifica attiva di siti contaminati (green technology) [5]. Oggi sappiamo che un certo numero di piante e funghi si è adattato ed è in grado di sopravvivere e crescere su suoli contaminati da metalli. I funghi risultano essenziali nella colonizzazione e detossificazione degli ecosistemi e di conseguenza assumono un elevato significato economico oltre che ambientale [1, 6]. Basti pensare che nelle discariche minerarie sono batteri e funghi i primi organismi in grado di ricolonizzare i suoli creando le condizioni idonee al successivo sviluppo di piante [7]. Tali piante possono essere sfruttate per prospezioni biogeochimiche e per la stabilizzazione mineraria (es. miniere abbandonate, contaminate con metalli e metalloidi [8]). Da tali ambienti estremi si possono selezionare anche numerosi ceppi microfungini resistenti agli inquinanti [6].

Selezionare funghi e piante nativi per la bioremediation Figura 1. Microfungo inoculato su terreno arricchito di zinco

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In conseguenza del ruolo che funghi e piante possono svolgere nell’ambito del ripristino ambientale diventa, quindi, fondamentale in-

dividuare e selezionare organismi capaci di sopportare gli inquinanti (attraverso la loro esclusione, accumulo o iperaccumulo) per impiegarli in pratiche di bioremediation [6, 9]. É tuttavia necessario selezionare le specie giuste per tali pratiche, poiché l’introduzione di funghi e piante alieni può alterare o squilibrare gli ecosistemi nativi [10], o risultare inadatta alle condizioni climatiche locali [11]. L’opzione alternativa consiste perciò nella selezione di funghi e piante iperaccumulatori nativi, che si sono adattati a crescere su siti contaminati, e nel loro reimpiego per la stabilizzazione e la bioremediation nei suoli della stessa area geografica [12]. I processi di bioremediation consistono in due opzioni principali: 1. mico- e fitostabilizzazione ovvero immobilizzazione dei contaminanti a livello radicale prevenendone la migrazione [13, 14]; 2. mico- e fitoestrazione ovvero captazione attiva e immagazzinamento di metalli, metalloidi e radionuclidi nelle parti aeree della pianta o nel corpo fruttifero fungino da cui possono essere recuperati, ad esempio, attraverso la raccolta e l’incenerimento della biomassa. Numerosi batteri, micro- e macrofunghi, colture vegetali, piante ornamentali e piante


spontanee iperaccumulatrici sono state saggiate in condizioni di laboratorio e di campo per selezionare e fornire nuovi organismi in grado di bonificare i substrati contaminati ad esempio da Cu, Cd, Ni, ecc. [5,14-18]. Considerando poi i processi che avvengono a livello della rizosfera (radici e zona circostante le radici) va sottolineato che meno del 10% delle specie iperaccumulatrici note è stata investigata per la componente biotica presente nella la zona radicale [19]. Batteri e funghi nella rizosfera degli iperaccumulatori possono, infatti, esibire un’aumentata tolleranza ai metalli i) agendo come microorganismi promotori della crescita della pianta, ii) modificando speciazione e solubilità dei metalli, e iii) influenzando la concentrazione di elementi in traccia nella pianta [19-20]. Nella rizosfera degli iperaccumulatori si è riscontrata anche la presenza di specie fungine non micorriziche [21]. Il ruolo di queste ultime nell’iperaccumulo non è ancora stato chiarito, ma alcune di esse hanno la capacità di accumulare e volatilizzare gli inquinanti.

L’Università di Genova per la bioremediation Il nostro gruppo fa capo ai Laboratori di Micologia e di Biologia e Diversità vegetale del DISTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita) che da tempo svolge ricerche nell’ambito dell’individuazione di organismi impiegabili nella bioremediation. Tra le nostre principali attività: la selezione di micro- e macrofunghi e piante provenienti da ambienti estremi; i saggi in ambienti controllati per valutarne l’effettivo potenziale di bonifica; la messa a punto di protocolli di bioremediation; la preparazione di organismi reimpiegabili in siti contaminati per favorire la bonifica delle acque reflue; il ripristino di copertura del suolo e la sua depurazione. Tra i principali risultati ottenuti in questi anni segnaliamo l’individuazione e la selezione di organismi fungini e vegetali impiegabili nella bioremediation e maggiormente adattati al clima mediterraneo. Si è, infatti, valutato il potenziale di mycoremediation (bonifica tramite funghi) in terreni arricchiti di nichel e rame, di ceppi fungini appartenenti ai generi Trichoderma, Clonosta-

chys e Aspergillus isolati da una discarica mineraria. I risultati evidenziano che i microfunghi isolati possono accumulare attivamente fino a 2000 ppm di rame [22] e 11000 ppm di nichel su massa secca. Tali risultati rivelano l’enorme risorsa rappresentata dall’impiego di ceppi fungini nativi di siti contaminati per il loro futuro utilizzo in un impianto integrato di bonifica. Nell’ambito della componente vegetale sono stati studiati individui di pino marittimo (Pinus pinaster) in simbiosi micorrizica con macrofunghi, che ne agevolano la fitostabilizzazione. Questo favorisce la ricolonizzazione del suolo contaminato da parte del pino, contribuendo così alla copertura del versante, al consolidamento del terreno e alla limitazione della mobilità degli inquinanti. Per ultimo, si è individuata la vesicaria maggiore (Alyssoides utriculata) quale nuova specie iperaccumulatrice di nichel (>1000 ppm su massa secca nelle foglie) [23]. E’ interessante notare che tale specie possiede una peculiare flora microfungina a livello rizosferico, che verosimilmente la agevola nell’accumulo selettivo di Ni e nella resistenza a suoli con caratteristiche chimico-fisiche avverse. Il funghi per la mycoremediation e l’uso di consorzi fungo-pianta possono rappresentare una svolta nel panorama della bioremediation, rappresentando ulteriori e addizionali strumenti che consentono un approccio sempre più diversificato e integrato di bonifica dei siti contaminati.

Figura 2. Ceppi microfungini puri vitali isolati da suoli inquinati

Figura 3. Ceppi microfungini isolati da suoli contaminati tramite il metodo delle diluizione in piastra di Gams (1987)

Prospettive future: come applicare le nostre esperienze A causa della complessità dell’ambiente suolo e delle condizioni on site, ogni sito contaminato richiede una propria strategia e una progettazione sito-specifica per la decontaminazione, in particolare nell’area mediterranea. I suoli co-contaminati da più elementi contengono numerosi inquinanti ed è di conseguenza necessario eseguire una selezione di funghi e piante in grado di sopravvivere su suoli con contaminazioni multiple e che accumulino o stabilizzino almeno parte di esse.

Figura 4. Crescita in condizioni controllate di pino in consorzio con funghi per fitostabilizzazione

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pro g e t t i e t ec nol og i e

L’uso delle associazioni pianta-fungo può arricchire e ampliare il panorama delle opportunità per aumentare l’efficienza della bioremediation. L’enorme potenziale insito in funghi e piante nativi, in grado di colonizzare substrati contaminati, dovrebbe essere studiato a fondo per preservare il patrimonio genetico degli habitat metalliferi e per aumentare le conoscenze di base sui meccanismi di adattamento naturali degli iperaccumulatori fungini e vegetali, impiegandoli nelle pratiche di bonifica. * DISTAV – Università degli Studi di Genova

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Bibliografia [1] Gadd GM. Interactions of fungi with toxic metals. New Phytologist 1993;124: 25-60. [2] Pratas J, Prasad MNV, Freitas H, Conde L. Plants growing in abandoned mines of Portugal are useful for biogeochemical exploration of arsenic, antimony, tungsten and mine reclamation. Journal of Geochemical Exploration 2005;85: 99-107. [3] Filip Z. International approach to assessing soil quality by ecologically related biological parameters. Agriculture Ecosystems & Environment 2002;88(2): 169–174. [4] Saeki K, Kunito T, Oyazu H, Matsumoto S. Relationships between Bacterial tolerance Levels and Forms of Copper and Zinc in Soils. Journal of Environmental Quality 2002;32: 1570-1575. [5] Prasad MNV, Freitas H. Metal hyperaccumulation in plants - Biodiversity prospecting for phytoremediation technology. Electronic Journal of Biotechnology 2003;6: 275-321. http://www.ejbiotechnology.info/index.php/ ejbiotechnology/article/view/v6n3-6/617 (accessed 15 December 2003) [6] Gadd GM. Geomycology: biogeochemical transformations of rocks, minerals, metals and radionuclides by fungi, bioweathering and bioremediation. Mycological Research 2007;111: 3-49. [7] Novàkovà A. Soil microfungi in two post-mining chronosequences with different vegetation types. Restoration Ecology 2001;9: 351-358. [8] Pratas J, Prasad MNV, Freitas H, Conde L. Plants growing in abandoned mines of Portugal are useful for biogeochemical exploration of arsenic, antimony, tungsten and mine reclamation. Journal of Geochemical Exploration 2005;85: 99-107. [9] Van der Ent A, Baker AJM, Reeves RD, Pollard AJ, Schat H. Hyperaccumulators of metal and metalloid trace elements: facts and fiction. Plant and Soil 2013;362: 319–334. [10] Angle J, Chaney R, Li YM, Baker A. The risk associated with the introduction of native and hyperaccumulators plants. Abstract. USDA, Agricultural Research Service, USA. 2001. [11] Vangronsveld J, Herzig R, Weyens N, Boulet J, Adriaensen K, Ruttens A, Thewys T, Vassilev A, Meers E, Nevajova E, van der Lelie D, Mench M. Phytoremediation of contaminated soils and groundwater: lessons from the field. Environmental Science and Pollution Research 2009;67: 765-794. [12] Pilon-Smits EAH, Freeman JL. Environmental cleanup using plants: biotechnological advances and ecological considerations. Frontiers in Ecology and the Environment 2006;44: 203–210. [13] Pivetz BE. Phytoremediation of Contaminated Soil and Ground Water at Hazardous Waste Sites. Ground Water Issue, U.S. Environmental Protection Agency, Office of Research and Development and Office of Solid Waste and Emergency Response. 2001. [14] Bystrzejewska-Piotrowska G, Pianka D, Bazała MA, Stȩborowski R, Manjon JL, Urban PL. Pilot study of bioaccumulation and distribution of cesium, potassium, sodium and calcium in king oyster mushroom (Pleurotus eryngii) grown under controlled conditions. International Journal of Phytoremediation 2008;10(6):503-514. [15] Şahan T, Ceylan H, Şahiner N, Aktaş N. Optimization of removal conditions of copper ions from aqueous solutions by Trametes versicolor. Bioresource Technology 2010;101: 4520–4526. [16] Wang B, Wang K. Removal of copper from acid wastewater of bioleaching by adsorption onto ramie residue and uptake by Trichoderma viride. Bioresource Technology 2013;136: 244–250. [17] Reeves RD, Schwartz C, Morel JL, Edmondson J. Distribution and metal-accumulating behavior of Thlaspi caerulescens and associated metallophytes in France. International Journal of Phytoremediation 2001;3: 145–172. [18] Broadhurst CL, Tappero RV, Maugel TK, Erbe EF, Sparks DL, Chaney RL. Nickel and manganese accumulation, interaction and localization in leaves of the Ni hyperaccumulators Alyssum murale and Alyssum corsicum. Plant and Soil 2008;314: 35–48. [19] Alford ER, Pilon-Smits EAH, Paschke MW. Metallophytes—a view from the rhizosphere. Plant and Soil 2010;337: 33–50. [20] Abou-Shanab RAI, Angle JS, Chaney RL. Bacterial inoculants affecting nickel uptake by Alyssum murale from low, moderate and high Ni soils. Soil Biology & Biochemistry 2006;38: 2882– 2889. [21] Jankong P, Visoottiviseth P, Khokiattiwong S. Enhanced phytoremediation of arsenic contaminated land. Chemosphere 2007;68: 1906–1912. [22] Zotti M, Di Piazza S, Roccotiello E, Lucchetti G, Mariotti MG, Marescotti P. Microfungi in highly copper-contaminated soils from an abandoned Fe-Cu sulphide mine: growth responses, tolerance and bioaccumulation. Chemosphere 2014;117: 471–476. [23] Roccotiello E, Serrano HC, Mariotti MG, Branquinho C. Nickel phytoremediation potential of the Mediterranean Alyssoides utriculata (L.) Medik. Chemosphere 2014; DOI: http://dx.doi.org/10.1016/j. chemosphere.2014.02.031



NORMATI VA

IL TRASPORTO DEI RIFIUTI DERIVANTI DAL LAVAGGIO DEI CASSONETTI Rifiuto urbano o speciale? Categoria 1 o categoria 4? Qual è il corretto titolo da richiedere al soggetto che effettua tale attività? di Daniele Carissimi*

N

ella nostra esperienza è spesso capitato di confrontarci con dei bandi di gara attinenti i servizi di gestione di rifiuti e con le relative difficoltà di individuare i titoli idonei al trasporto degli stessi utili alla scelta del contraente. Uno di questi casi riguarda il titolo al trasporto dei rifiuti derivanti dal lavaggio dei cassonetti pubblici contenenti, quindi, rifiuti urbani. Non è, infatti, di immediata comprensione la natura di tale rifiuto, che da un lato, contiene i residui di rifiuti urbani presenti nel cassonetto, ma, dall’altro, deriva da un’attività di pulizia rientrante – a ben vedere – in una delle attività da cui originano i rifiuti che devono considerarsi speciali [1].

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Anno 7 - Numero 29

Approdare all’una o all’altra ricostruzione ha dirette ricadute in ordine alla categoria di iscrizione che può essere richiesta al soggetto che svolge tale servizio dovendo pretendere: • l’iscrizione in categoria 1 laddove si propendesse per la natura urbana di tali rifiuti; • l’iscrizione in conto proprio ovvero in categoria 4 laddove si preferisse la classificazione tra i rifiuti speciali. Ebbene, la disamina di tale questione impone una preliminare premessa in merito all’individuazione del produttore dei rifiuti derivanti dal lavaggio dei cassonetti. Ciò consente, invero, di comprenderne la corretta classificazione e conseguentemente i titoli idonei alla gestione degli stessi. Vero è, infatti, che potrebbero essere legittimamente ricostruibili due differenti interpretazioni in ogni caso potenzialmente aderenti al caso che ci occupa. Una prima interpretazione può essere fornita sulla base della definizione di produttore del rifiuto, data dall’art. 183, lett. f) [2] alla luce della quale rileva colui che materialmente svolge l’attività da cui si producono rifiuti, e quindi – nel caso di specie – identificabile nel soggetto che materialmente procede al lavaggio dei cassonetti. Si rammenta, infatti, che le norme del diritto ambientale individuano il produttore nel soggetto che materialmente “effettua” l’attività da cui gli stessi si producono [3].

Sulla base di tale prospettiva i rifiuti in questione dovrebbero essere quindi qualificati come speciali (esitando invero da un’attività produttiva di servizi [4]) e ricondotti alla responsabilità del soggetto che procede al lavaggio dei cassonetti. Seguendo una seconda e diversa ricostruzione si potrebbero invece ritenere tali rifiuti come urbani. Vero è, infatti, che potrebbe essere legittimo ritenere quale “produttore dei rifiuti” non tanto il produttore materiale (il soggetto che procede al lavaggio dei cassonetti) ma bensì colui al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione. Alla luce di tale seconda considerazione tale ruolo sarebbe, pertanto, riferibile al soggetto committente del servizio di lavaggio dei cassonetti e quindi il gestore del servizio pubblico di igiene ambientale committente il servizio medesimo. Ebbene, a dirimere tale incertezza è intervenuto l’Albo Nazionale Gestori Ambientali con circolare Prot. n. 1414 del 10 luglio del 2007, il quale, interrogato sulla classificazione dei rifiuti derivanti dall’attività di lavaggio dei contenitori stradali di rifiuti urbani effettuata con veicoli “lavacassonetti” ha stabilito che “il rifiuto proveniente dall’attività di lavaggio dei contenitori stradali di rifiuti urbani deve intendersi prodotto dall’impresa che svolge tale attività e che, pertanto, deve essere classificato


come rifiuto speciale non pericoloso” e che lo stesso “debba essere identificato con il codice dell’elenco europeo dei rifiuti 16 10 02.” L’Albo Nazionale Gestori Ambientali, pertanto, conformemente alla normativa ambientale, ha individuato il produttore dei rifiuti nel soggetto che effettua l’attività da cui esitano gli stessi e quindi nel soggetto che procede al lavaggio dei cassonetti. In considerazione di quanto sopra ne consegue che il trasporto dei rifiuti derivanti dal lavaggio dei cassonetti può essere effettuato direttamente dal produttore degli stessi munito dell’iscrizione all’Albo ai sensi e per gli effetti dell’art. 212, comma 8 [5], D.Lgs. 152/06, così come chiarito anche dall’Albo nella circolare citata. Tale iscrizione, ad oggi prevista in categoria 2 – bis come stabilito dal recente articolo 8 del D.M. 120 del 2014 recante il nuovo Regolamento dell’Albo, infatti, viene rilasciata a quei produttori che intendono procedere al trasporto dei propri rifiuti prodotti nel rispetto dei seguenti limiti: • che il trasporto sia un’attività accessoria a quella di produzione che resta principale; • che il trasporto sia limitato ai propri rifiuti, non potendo il soggetto in possesso di tale iscrizione procedere al trasporto di rifiuti prodotti da terzi; • nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi, che il trasporto non ecceda trenta chilogrammi o trenta litri al giorno. Resta inteso che il trasporto in analisi potrà essere effettuato anche da soggetti iscritti in cat. 4 “trasporto di rifiuti speciali non pericolosi”. Ed infatti si ricorda la circolare dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali, Prot. n. 1463 del 30 novembre 2012, secondo la quale con il titolo riservato al trasporto per conto terzi possono essere effettuati i anche i trasporti “in conto proprio”, atteso che il “trasporto per conto di terzi ha contenuto più ampio ed è subordinato a condizioni e requisiti più rigorosi. Può quindi essere considerato senz'altro comprensivo anche del trasporto per conto proprio, che rappresenta un minus, sicché risulta ultroneo pretendere che chi ha già ottenuto il titolo ‘maggiore’ si debba munire anche dell'altro”. Tale circostanza, peraltro, ad oggi è ribadita anche dal nuovo regolamento, il quale,

all’art. 8, co. 2 stabilisce che “le iscrizioni nelle categorie 4 e 5 consentono l'esercizio delle attività di cui alle categorie 2-bis … se lo svolgimento di queste ultime attività non comporta variazioni della categoria, della classe e della tipologia dei rifiuti per le quali l'impresa è iscritta”. Per completezza del presente contributo, si ritiene infine opportuno rammentare gli altri ulteriori e doverosi adempimenti, che scaturiscono dall’impostazione illustrata, che dovranno essere posti in essere dal produttore dei rifiuti in esame, individuato nel soggetto che effettua il lavaggio dei cassonetti. In primo luogo lo stesso dovrà procedere ad

accompagnare il trasporto dei rifiuti con apposito Formulario di Identificazione dei rifiuti. Vero è, infatti, che risultando tali rifiuti speciali il trasporto degli stessi non gode dell’esenzione prevista dall’art. 193 co. 5 [6] riservata solo al trasporto dei rifiuti urbani effettuata dal gestore del servizio pubblico di raccolta. Lo stesso, inoltre, sarà tenuto ad avviarlo a destinazione presso un impianto all’uopo autorizzato, ricadendo sullo stesso produttore la scelta del destinatario e gli obblighi di controllo delle autorizzazioni nonché della corretta gestione della filiera. *Ambiente Legale

Note [1] Cfr. art. 184, co. 3 del d.lgs. 152 del 2006. [2] Art. 183, lett. f) “produttore di rifiuti”: “il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”. [3] Cfr. Art. 183, lett. f) “produttore di rifiuti”: “il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale)”. [4] Cfr. art. 184, comma 3, lett. f) sono rifiuti speciali: […] “f) i rifiuti da attività di servizio”. [5] Art. 212, co. 8, d.lgs. 152 del 2006: “I produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, nonché i produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti pericolosi in quantità non eccedenti trenta chilogrammi o trenta litri al giorno, non sono soggetti alle disposizioni di cui ai commi 5, 6, e 7 a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell'organizzazione dell'impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. Detti soggetti non sono tenuti alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritti in un'apposita sezione dell'Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell'Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l'interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell'articolo 21 della legge n. 241 del 1990: a) la sede dell'impresa, l'attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti; c) gli estremi identificativi e l'idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo; d) l’avvenuto versamento del diritto annuale di registrazione di 50 euro rideterminabile ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Ministro dell'ambiente 28 aprile 1998, n. 406”. L’iscrizione deve essere rinnovata ogni 10 anni e l'impresa è tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all'iscrizione. Le iscrizioni di cui al presente comma, effettuate entro il 14 aprile 2008 ai sensi e per gli effetti della normativa vigente a quella data, dovranno essere aggiornate entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.” [6] Art. 193, co. 5 d.lgs. 152 del 2006: “Fatto salvo quanto previsto per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della regione Campania, tenuti ad aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all´articolo 188-bis, comma 2, lett. a), nonché per i comuni e le imprese di trasporto di rifiuti urbani in regioni diverse dalla regione Campania di cui all´articolo 188-ter, comma 2, lett. e), che aderiscono al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico, né ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri, né al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal produttore degli stessi ai centri di raccolta di cui all’articolo 183, comma 1, lett. mm). Sono considerati occasionali e saltuari i trasporti di rifiuti, effettuati complessivamente per non più di quattro volte l’anno non eccedenti i trenta chilogrammi o trenta litri al giorno e, comunque, i cento chilogrammi o cento litri l’anno.”

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NORMATI VA

LE PRINCIPALI NORME DEL D.L. COMPETITIVITà CHE INTERVENGONO SUL T.U.A. VIA E VAS, TUTELA DELLE ACQUE E RIDUZIONE DELLE EMISSIONI, ECCO ALCUNE DELLE TEMATICHE SU CUI INTERVIENE IL DECRETO CONVERTITO DALLA Legge DELL’11 agosto 2014, n. 116 di Rosa Bertuzzi* e Nicola Carboni**

I

l D.L. n. 91 del 24 giugno 2014, meglio conosciuto come “Decreto competitività”, reca disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea. Il Decreto Legge è stato convertito in Legge, con modificazioni, dalla Legge. n. 116 dell'11 agosto 2014.

Già dall'epigrafe è facile rilevare che si tratta di un provvedimento legislativo omnibus, che, come è tradizione del nostro legislatore, interviene su uno spettro amplissimo di materie. Naturalmente sono presenti numerose norme di carattere ambientale che intervengono sul corpus del TUA. Non ci si stancherà mai di ripetere che un Testo Unico, ed in particolare quello ambientale, non può essere sottoposto ad interventi di modifica ed integrazione con cadenza mensile, e ancor più a modifiche disorganiche e

sparse nei più disparati testi normativi. Tuttavia, in questo coacervo di norme, può essere utile evidenziare quelle che attengono alla disciplina ambientale contenute nel Capo II rubricato “Disposizioni urgenti per l'efficacia dell'azione pubblica per la semplificazione in materia ambientale” che intervengono significativamente sulle norme del TUA. Pertanto di questo Capo si evidenziano le norme più rilevanti del Decreto che intervengono sul TUA suddivise per materie.

Parte II - procedure di VAS e VIA Il corretto recepimento della Direttiva n. 211/92/ UE del Parlamento europeo e del Consiglio ha comportato la necessità di stabilire dei criteri puntuali per l'individuazione delle soglie per il giudizio di assoggettabilità a VAS dei progetti di competenza delle regioni e per integrare le previgenti norme in materia di contenuto ed informazione delle attività che caratterizzano il processo di Valutazione Ambientale Strategica. Le disposizioni integrative sono contenute nell'art. 15 del D.L. 91/2014, in particolare al primo comma lettere c), d), e) ed f). Con decreto del Ministero dell'Ambiente, da adottarsi entro novanta giorni, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione,

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è rimessa la definizione delle soglie da applicare per l'assoggettamento a verifica dei progetti di cui all'allegato IV (progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle Regioni e delle Province autonome) sulla base dei criteri di cui all'allegato V. Il D.M. dovrà inoltre individuare le modalità con cui le regioni e le province autonome, sempre tenendo conto dei criteri di cui all'allegato V e nel rispetto di quanto contenuto nello stesso D.M., adeguano i criteri e le soglie alle specifiche situazioni ambientali. Il risultato della verifica di assoggettabilità a VAS deve poi essere integralmente pubblicato nel sito istituzionale dell'autorità competente, così come sullo stesso profilo istituzionale deve essere integralmente pubblicato il provvedimento con cui viene assunta la decisione finale di VAS, con indicazione del luogo in cui è possibile prendere visione del piano o programma adottato e di tutta la documentazione istruttoria. Alla VIA sono dedicate le lettere da g) ad m) sempre del primo comma dell'art. 15 del D.L. 91/2014. In particolare l'autorità competente dovrà pubblicare sul proprio sito un sintetico avviso dell'inoltro della avvenuta trasmissione da parte del proponente del progetto preliminare e dello studio preliminare ambientale ai fini della verifica di assoggettabilità di cui all'art. 20 del TUA. L'avviso sintetico dovrà contenere i seguenti elementi: il proponente, la procedura, la data di trasmissione della documentazione di cui al comma 1 dell'art. 20, la denominazione del progetto, la localizzazione, una breve descrizione delle sue caratteristi-

che, le sedi e le modalità per la consultazione degli atti nella loro interezza e i termini entro i quali è possibile presentare osservazioni. In ogni caso, copia integrale degli atti è depositata presso i comuni ove il progetto è localizzato. Nel caso dei progetti di competenza statale la documentazione è depositata anche presso la sede delle regioni e delle province ove il progetto è localizzato. L’intero progetto preliminare, esclusi eventuali dati coperti da segreto industriale, disponibile in formato digitale, e lo studio preliminare ambientale sono pubblicati nel sito web dell’autorità competente. La pubblicazione dell'avviso costituisce la comunicazione di avvio del procedimento di cui all'art. 7 della Legge 241/1990 e delle sue modalità di espletamento di cui ai commi 3 e 4 del successivo art. 8. Con tale modifica viene meno l'obbligo di pubblicazione sulla GURI e sui Bollettini regionali. Per quanto riguarda la VIA di cui all'art. 24 del TUA viene rivisto il comma 3 con cui sono precisate meglio le informazioni necessarie da pubblicarsi a cura del proponente. Il D.L. interviene anche sull'allegato II alla parte seconda stabilendo che sono sottoposti a VIA statale gli impianti di trattamento e di stoccaggio di residui radioattivi, qualora disposto all’esito della verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 20, così come le attività di esplorazione in mare e sulla terraferma per lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio di cui all’articolo 3, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, di recepimento della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio.

Sono soggetti a VIA statale anche gli interventi su strade a quattro corsie anche qualora non si tratti di strade extraurbane con la conseguenza che i progetti da sottoporre ad assoggettabilità a VIA di cui alla lett. H del punto 7 dell'allegato IV alla parte II sono quelli di “costruzione di strade urbane di scorrimento o di quartiere ovvero potenziamento di strade esistenti a quattro o più corsie con lunghezza, in area urbana o extraurbana, superiore a 1.500 metri” come espressamente recita la lettera p) dell'art 15 del D.L. 91/2014. Due importanti modifiche sono state apportate all'allegato IV parte II per le opere da sottoporre a verifica di assoggettabilità VIA di competenza regionale, in particolare la modifica della lett. o) del punto 7 dell'allegato ricomprende ora tutte le opere canalizzazione e di regolazione idraulica. Così come sono sottoposti a screening ambientale i depositi di fanghi, compresi quelli provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, con capacità superiore a 10.000 metri cubi, a seguito della sostituzione della lettera n) del punto 8 dell’allegato IV alla parte seconda.

Parte III Titolo III e titolo IV - gestione e tutela delle acque e Tutela dei corpi idrici

Di rilievo nella specifica materia è la modifica introdotta dall'art. 13 comma 7 della novella in commento il quale, alla tabella 3 dell'Allegato 5 alla parte terza del D.Lgs. 152/06 «Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura», al parametro n. 6 «solidi sospesi totali» introduce la seguente nota: «(2-bis) Tali

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N O RM ATI VA

limiti non valgono per gli scarichi in mare delle installazioni di cui all'allegato VIII alla parte seconda, per i quali i rispettivi documenti di riferimento sulle migliori tecniche disponibili di cui all'articolo 5, lettera 1-ter.2), prevedano livelli di prestazione non compatibili con il medesimo valore limite. In tal caso, le Autorizzazioni Integrate Ambientali rilasciate per l'esercizio di dette installazioni possono prevedere valori limite di emissione anche più elevati e proporzionati ai livelli di produzione, fermo restando l’obbligo di rispettare le direttive e i regolamenti dell’Unione europea, nonché i valori limite stabiliti dalle Best Available Technologies Conclusion e le prestazioni ambientali fissate dai documenti BREF dell’Unione europea per i singoli settori di attività». Così come rilevante è l'inserimento dell'art. 2 ter all'art. 117 sui piani di gestione e registro delle aree protette ad opera dell'art. 17 comma 2 del Decreto Competitività. Si stabilisce che “Qualora l'analisi effettuata ai sensi dell'articolo 118 e i risultati dell'attività di monitoraggio condotta ai sensi dell'articolo 120 evidenzino impatti antropici significativi da fonti diffuse, le Autorità competenti individuano misure vincolanti di controllo dell'inquinamento. In tali casi i piani di gestione prevedono misure che vietano l'introduzione di inquinanti nell'acqua o stabiliscono obblighi di autorizzazione preventiva o di registrazione in base a norme generali e vincolanti. Dette misure di controllo sono riesaminate periodicamente e aggiornate quando occorre”. Mentre al successivo comma 3 dell'art. 17 la modifica dell'allegato I alla Parte III del "Codice ambientale", rende permanente la norma che ha consentito ai programmi di

monitoraggio esistenti ai fini di controllo delle acque per la vita dei pesci e dei molluschi, fino al 22 dicembre 2013, di essere considerati parte integrante delle attività di monitoraggio previste dall'allegato III.

Parte V - norme in materia di tutela dell'aria e della riduzione delle emissioni in atmosfera

Nella materia degli impianti termici civili aventi una potenza termica nominale inferiore a 3 MW sono apportate alcune modifiche dirette sostanzialmente a concedere ai proprietari degli impianti più tempo al fine di consentire il loro adeguamento e la loro regolarizzazione atteso che tali inadempimenti prima della modifica li sottoponevano a pesanti sanzioni amministrative pecuniarie. La proroga dei termini di adeguamento risulta necessaria in particolare per gli EE.LL che per le limitate risorse e limiti di spesa comunque non riescono ad allinearsi alla normativa per quanto attiene agli impianti al servizio del proprio patrimonio immobiliare con particolare riferimento a quelli degli edifici scolastici. L'art. 11 comma 7 del D.L. competitività proroga al 25 dicembre 2014 il termine per l'integrazione del libretto di centrale per gli impianti termici sopra la soglia dei 3 MW che a mente del DPR 412/1993, per gli impianti in esercizio, doveva essere integrato a cura del responsabile dell'esercizio e della manutenzione entro il 31/12/2012. E' stato completamente riscritto l'art. 285 del TUA che prevede le caratteristiche tecniche degli impianti disciplinati dal Tito-

lo II da parte del comma 9 dell'art. 11 che espressamente dispone che: gli impianti termici civili di potenza termica nominale superiore al valore di soglia devono rispettare le caratteristiche tecniche previste dalla parte II dell'allegato IX alla presente parte pertinenti al tipo di combustibile utilizzato. I piani e i programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa possono imporre ulteriori caratteristiche tecniche, ove necessarie al conseguimento e al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria. Mentre gli impianti termici civili che, prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, sono stati autorizzati ai sensi del titolo I della parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e che, a partire da tale data, ricadono nel successivo titolo II, devono essere adeguati alle disposizioni del titolo II entro il 1° settembre 2017 purché sui singoli terminali, siano e vengano dotati di elementi utili al risparmio energetico, quali valvole termostatiche e/o ripartitori di calore e/o generatori con celle a combustibile con efficienza elettrica superiore al 48 per cento. Il titolare dell'autorizzazione produce, quali atti autonomi, le dichiarazioni previste dall'articolo 284, comma 1, della stessa parte quinta nei novanta giorni successivi all'adeguamento ed effettua le comunicazioni previste da tale articolo nei tempi ivi stabiliti. Il titolare dell'autorizzazione è equiparato all'installatore ai fini dell'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 288. *Ambienterosa, Consulenze Legali Ambientali **Vice Comandante Polizia Provinciale di Cagliari

Nel prossimo numero di ECO verranno affrontate tutte le modifiche di cui alla parte IV, sui rifiuti, in particolare bonifiche, rifiuti dei porti, attività di dragaggio, le premesse inserite nell’Allegato D, al fine della classificazione dei rifiuti, operazioni di recupero e di trattamento, oli usati, pneumatici, imballaggi in polietilene e combustione illecita di rifiuti.

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N oti z i e da a sso c i a z ioni e ret i

La rete riparte da una nuova assemblea con attività ed eventi di importanza internazionale Come anticipato nell’ultimo numero di Eco, la rete Reconnet riparte con nuovo vigore e slancio, con l’obiettivo di confermarsi come uno dei soggetti di riferimento tecnico-scientifico sulle bonifiche a livello nazionale. In questo spazio di aggiornamento delle nostre attività, vengono innanzitutto fornite brevi informazioni su alcuni aspetti organizzativi della rete per poi lasciare spazio ad approfondimenti relativi ad attività di disseminazione di rilievo internazionale, ai quali la rete o membri della rete hanno contribuito nell’ambito del comitato scientifico e/o organizzativo. L’assemblea della rete, per ora limitata ai firmatari del nuovo accordo di strutturazione della rete, è stata tenuta il 9 settembre scorso. Tra le principali delibere prese, segnaliamo: • la nomina del presidente della rete, nella persona del prof. Renato Baciocchi, in rappresentanza del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ingegneria Informatica dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, promotore dell’accordo; • la ratifica dell’adesione al nuovo accordo di tutti i membri aderenti al precedente accordo di istituzione della rete e dei nuovi membri che hanno fatto richiesta di adesione, ovvero eni, Università di Genova, Università del Molise, CRA-PLF di Alessandria, URS, Dipartimento DICAM dell’Università

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di Palermo, Environ, Università Cà Foscari di Venezia, Idra, Labelab e Intea; • l’istituzione della figura del segretario della rete, che avrà il compito di coadiuvare il presidente nell’organizzazione delle attività della rete, la cui elezione avrà luogo in occasione della prossima assemblea della rete; • la decisione di definire un regolamento interno della rete, che definisca le modalità

organizzative, nonché le procedure di approvazione dei documenti elaborati dalla rete stessa. Lo stato di avanzamento delle attività portate avanti dai diversi gruppi di lavoro sarà oggetto di discussione nel corso della prossima assemblea della rete, che sarà estesa a tutti i soggetti aderenti al nuovo accordo, prevista a Roma intorno a metà novembre.

Eventi di interesse con contributo dei membri dell a rete 4th International Conference on Managing Urban Land Il convegno tenuto a Francoforte ha rappresentato un importante momento di sintesi dei risultati ottenuti nell’ambito di diversi progetti europei dedicati a vario titolo alla rigenerazione di aree dismesse e alla bonifica di siti contaminati, ovvero Hombre (Holistic Management of Brownfield Regeneration), Timbre (Tailored Improvement of Brownfield Regeneration), Glocom (Global contaminated land management) e Greenland. Le presentazioni tenute durante il convegno saranno presto disponibili nel sito: www.zerobrownfields.eu/ CABERNET2014. Uno dei temi principali emersi è stato certamente quello legato alla necessità, per i Paesi membri dell’Unione Europea, di ridurre il consumo di risorse. Come evidenziato da uno dei keynote speaker del convegno, la roadmap sull’efficienza delle risorse pubblicata dalla commissione europea nel 2011, identifica la necessità di sviluppare nuovi modi di ridurre il bisogno di risorse, minimizzare i rifiuti, migliorare la gestione delle risorse, modificare gli stili di consumo, ottimizzare i processi di produzione e i metodi di gestione, nonché migliorare gli aspetti logistici. L’obiettivo tematico 6 ‘A resource-efficient Europe’ è infatti una delle sette iniziative prioritarie parte della strategia Europe-2020, finalizzate a creare una cornice per le politiche a supporto di una transizione verso un’economia efficiente sotto il profilo delle risorse. Il tema della gestione delle risorse si lega a quello della gestione degli ambiti urbani e periurbani. A tale proposito, è emerso il ruolo passato e futuro di URBACT, un programma di scambio e istruzione, che promuove lo sviluppo urbano sostenibile, consentendo alle città di sviluppare insieme soluzioni alle principali sfide urbane, che integrino aspetti economici, sociali ed ambientali. In questo senso, l’aspetto del consumo di suolo rappresenta uno dei principali elementi critici emersi nel corso del convegno. Il consumo di “greenfields”, che viaggia a livello nazionale intorno ai 70 ettari al giorno, non è infatti ritenuto più sostenibile, soprattutto alla luce della crescente estensione di aree dismesse (brownfields), la cui riqualificazione e restituzione ad usi legittimi è spesso ostacolata da problemi ambientali e dalla difficoltà nell’individuare progetti sostenibili e resilienti. Dall’analisi dei risultati dei diversi progetti europei illustrati durante il convegno, emerge con chiarezza che la rigenerazione dei brownfields è un problema complesso, che va affrontato con un approccio innovativo rispetto a quanto fatto fino ad ora, in modo da poter affrontare e risolvere anche i casi più complicati, dove non c’è evidenza di un immediato ritorno economico per un investitore. In questi casi, secondo la visione del progetto HOMBRE, gli ostacoli alla rigenerazione dei brownfields derivano dalla mancanza di un’adeguata valutazione di servizi e prodotti che il sito potrebbe fornire su scala locale o addirittura regionale, il che porta inevitabilmente ad una sottovalutazione complessiva del valore del sito riqualificato. Una delle conclusioni del progetto HOMBRE è pertanto che l’introduzione dei principi di sostenibilità e l’espansione della partecipazione degli stakeholder potranno consentire di individuare nuovi servizi offerti dal sito e quindi soluzioni di rigenerazione più efficaci e durevoli. Da questo convegno emerge con chiarezza la necessità che i risultati di questi progetti vengano trasferiti anche in Italia. Per questo motivo, la rete Reconnet intende istituire un gruppo di lavoro interdisciplinare sul tema.


Eventi co-organizzati dall a rete Il convegno Sustainable Remediation In contemporanea con REMTech e I2SM, nei giorni 17-19 settembre, quest’anno Ferrara ha ospitato il Terzo Convegno Internazionale sulla sostenibilità applicata alle Bonifiche - SustRem2014. Questo evento, finalizzato a proseguire il lavoro avviato nell’ambito delle precedenti edizioni di Copenhagen 2009 e Vienna 2012, è stato promosso da SuRF Italy (www.surfitaly.it Gruppo di Lavoro di Reconnet sulla sostenibilità nelle Bonifiche) e da Ferrara Fiere, in collaborazione con primarie organizzazioni internazionali attive nel settore ambientale: US EPA, Austrian EPA, CLAIRE UK, NICOLE, Common Forum, ISSCAS, CECDADI e SITE-REM (Cina). Il convegno, di cui hanno fatto gli onori di casa Silvia Paparella di REMtech Ferrara Fiere e Claudio Albano, Project Manager di CH2MHILL e Chairman di SuRF Italy, ha visto la presenza di oltre 100 partecipanti, provenienti da più di 20 nazioni di 5 continenti e rappresentanti dell’industria, delle autorità, delle società di consulenza e fornitrici di servizi e della ricerca in campo di gestione dei siti contaminati. La giornata di apertura, tenutasi nella prestigiosa Sala degli Stemmi del Castello Estense, ha ricevuto saluti e auguri di buon lavoro da parte di Tiziano Tagliani, sindaco di Ferrara, e di Maurizio Pernice, direttore Generale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Quest’ultimo ha lanciato una sfida importante ai partecipanti al convegno, invitandoli a proporre soluzioni tecniche e gestionali innovative per coniugare protezione della salute umana, salvaguardia ambientale con temi economici e sociali. A ringraziamento della loro testimonianza, è stato donato alle Autorità una copia del Libro Bianco, prima pubblicazione di SuRF Italy, volta a fornire una fotografia dello stato dell’arte delle bonifiche in Italia, nell’ottica dell’adozione di strumenti decisionali e di coinvolgimento degli stakeholders, secondo esempi già portati avanti a livello internazionale e sulla scorta di promettenti casi di studio raccolti sul nostro territorio. I lavori, proseguiti nelle giornate del 18 e 19 settembre presso un’area dedicata della Fiera, con oltre 50 presentazioni orali e circa 30 poster, si sono articolati su 5 temi: • sviluppi ed esperienze dal 2012, su incentivi e supporto normativo; • strumenti, metriche e indicatori; • bonifiche verdi, tecnologie eco-efficienti; • casi di studio; • coinvolgimento degli stakeholders e approcci partecipativi. In aggiunta, sono state organizzate tre sessioni speciali con workshop dedicati a tematiche importanti per lo sviluppo della sustainable remediation. La conferenza ha avuto i suoi momenti sociali nella cena di gala, organizzata sotto la magnifica volta della Borsa di Ferrara, e nell’incontro tra i rappresentanti dei diversi SuRF internazionali (Australia e Nuova ZelanRappresentanti dei diversi SuRF internazionali da, Brasile, Canada, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi, Taiwan, USA). La tavola rotonda e le parole di sintesi conclusive del Coordinatore del convegno hanno evidenziato il valore dei lavori svolti, testimoniato da casi concreti di eccellenza a livello mondiale (con crescente attenzione alle economie emergenti), dall’aumento di competenze, di tecnologie innovative, di strumenti decisionali e di pratiche gestionali a supporto della selezione di opzioni più sostenibili per la gestione dei siti contaminati. Fondamentale rimane l’esigenza di comprendere meglio le problematiche di tipo sociale e di attivare momenti di discussione e confronto a livello locale, sia nazionale, che di singoli progetti, nell’individuazione e condivisione delle priorità di intervento. I network nazionali e internazionali (SuRF, NICOLE, Common Forum) ricoprono un ruolo importante nel coordinamento e nella diffusione di queste tematiche e, a tal proposito, i soggetti coinvolti nell’Organizing Committee di SustRem 2014 hanno confermato la propria disponibilità a valutare e supportare candidature di nuovi Paesi interessati ad ospitare, nel 2016, la prossima edizione del Convegno. La documentazione del convegno è disponibile online: www.sustrem2014.com

Terza edizione dell’Alta Scuola di Formazione sulle Bonifiche (Ravenna, 20-22 Maggio 2015)

Procede l’organizzazione della terza edizione dell’evento ravennate. Rispetto alle edizioni precedenti, l’orientamento è verso un maggiore coinvolgimento degli enti pubblici e delle agenzie coinvolte nella bonifica dei siti contaminati. I temi tradizionali della scuola, come l’analisi di rischio, saranno arricchiti di nuovi contenuti legati alla valutazione della effettiva (bio-)disponibilità dei contaminanti, con approfondimenti sull’esecuzione e valutazione di campagne di soil gas, mentre sarà probabilmente introdotto per la prima volta il tema della riqualificazione delle aree dismesse. Il programma della scuola sarà presto disponibile sul sito della manifestazione “Ravenna 2015-Fare i conti con l’ambiente” e certamente nel prossimo numero di Eco!

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V ETRINA

BAIONI: AL VIA IL PRIMO IMPIANTO DI INERTIZZAZIONE Baioni Crushing Plants è esempio di evoluzione e di ricerca di qualità nella produzione di macchinari e impianti per la frantumazione, la selezione, il lavaggio di materiali inerti da cava e da miniera e di macchine per il riciclaggio di macerie edili. L’esperienza pluriennale nel settore e la vasta conoscenza dei mercati garantiscono uno sviluppo e un’attenta produzione di macchine e impianti adatti anche ad altri settori industriali come il trattamento delle acque e dei terreni offrendo una gamma completa di soluzioni per l’intero ciclo di lavorazione industriale. Da oltre mezzo secolo l'azienda Baioni Crushing Plants si occupa di progettazione e costruzione di macchinari e impianti per il settore delle cave, miniere, trattamento delle acque e fanghi. Negli ultimi anni, all'aprirsi di nuovi scenari operativi per la fornitura di tecnologie, prodotti, servizi e know-how nell’ambito del settore ambiente, al tema connesso del recupero e della riqualificazione delle aree dismesse e dei porti marittimi, la loro bonifica o dragaggio, attraverso la Division Environment, propone soluzioni innovative attraverso le tecniche del soil washing, desorbimento tecnico e inertizzazione dei rifiuti solidi. Esperienza sul campo che l’ha condotta a confrontarsi sul territorio nazionale con le aziende leader di settore per progetti di bonifica dei terreni e suoli contaminati da idrocarburi e metalli pesanti e di stabilizzazione/solidificazione dei rifiuti pericolosi.

Toso: fatevi trasportare… Toso s.r.l., azienda nata nel lontano 1877 è impegnata dai primi anni ’90, con la collaborazione di partners tecnologici di avanguardia nello studio, sviluppo e realizzazione di macchine e sistemi di trasporto soprattutto per lo smaltimento e riciclaggio di diverse tipologie di materiali nei seguenti settori: ecologia, fonderia, meccanica, alimentare, tessile, chimica e laterizi. L’azienda nell’ultimo decennio ha raggiunto traguardi di affidabilità ed efficienza acquisendo una modularità costruttiva che ha come obiettivo la realizzazione ottimale in tempi brevi di macchine costruite su misura per ogni Cliente. Toso è in grado di fornire sia trasportatori singoli che sistemi completi di trasporto e separazione meccanica. L’azienda inoltre realizza oltre ai vari trasportatori, elevatori a tazze, sistemi di trasporto a coclea, sistemi di vagliatura e assicura un’assistenza tecnica professionale del tipo “Global Service” che unita ad un rifornito “Servizio Ricambi” in pronta consegna assicura la tranquillità del Cliente finale. Inoltre, la forte applicazione alla Ricerca e allo Sviluppo, fa dei nostri prodotti la scelta ideale per ogni Cliente; ogni macchina costruita da Toso è esattamente il risultato di moduli rispondenti alle richieste specifiche ed individuali del Committente. L’azienda opera sia in Italia che all’estero e grazie alla sua versatilità ed esperienza, generalmente è partecipe dall’inizio del progetto fino alla fase di definizione della linea completa da costruire direttamente con il Cliente. L’obiettivo di crescere, consolidarsi nel mercato ecologico ambientale oltre che divenire partner di riferimento per gli impiantisti è la nostra principale “mission”.

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TEUMAN, presse di compattazione per rifiuti solidi urbani La pressa di compattazione Teuman è stata studiata per risolvere problemi derivanti dallo stoccaggio e dal trasporto di notevoli quantità di rifiuti. Questa macchina, infatti, ha la funzione di compattare e ridurre inTeuman balle di Snc pesoha regolabile i rifiuti solidi urbani assimilabili riducenprogettato e realizzato pereUnieco (Mantova Ambiente) un sistema innovativo di alimentazione a pianale mobile done il volume edifacilitandone la movimentazione abbattendo i costidosare in modo uniforme. In questo caso specifico si trattava di che permette muovere masse pesanti di rifiuto e di poterle del trasporto.unL’allestimento comprende: unche tunnel di compattazione alimentare trituratore a doppio albero provvedeva alla triturazione del materiale stesso, per poi essere trasferito all’impianto all’interno del quale scorre una pala o pressore che comprime il madi trattamento. Questo sistema, oltre ad avere un buon risultatoorizzontale come impianto teriale contro un portellone anteriore, un portellone isola ildosatore, è ottimale anche per lo stoccaggio del materiale. Con un sistema di sensori è possibile tenere il cassone a livello in modo tunnel dalla tramoggia. L’intera struttura è supportata da quattro sta- tale da gestire in automatico sia il riempimento che il dosaggio in uscita. Tutto questo è azionato da un gruppo idraulico movimentato da una centralina che può essere progettata e dimensionata bilizzatori, due dei quali regolabili idraulicamente. per diverse tipologie di impianto. Il carico normalmente avviene tramite nastri che, scaricando per caduta dentro una tramoggia riempiono la bocca di carico della pressa. Teuman Snc possiede un’esperienza decennale nella costruzione di sistemi e tecnologie destinati a risolvere il problema della Al momento della compattazione, un portellone orizzontale, mosso da un cilindro oleodinamico denominato ghigliottina, isola il tunnel di raccolta, trasporto, stoccaggio e selezione rifiuti ed è in grado d'intervenire in assistenza con la massima professionalità e compattazione dalla tramoggia. La compattazione dei rifiuti avviene mediante una pala mobile collegata ad un cilindro oleodinamico di competenza. compattazione. Nella parte anteriore si trova il portellone di compattazione, dove la pala esercita la massima pressione per la formazione di una “balla” di rifiuto compattato. Tale portellone viene alzato oleodinamicamente lasciando completamente libera l’intera sezione interna della pressa, e quindi facilita il trasbordo della “balla” sui mezzi adibiti per la ricezione.

TEUMAN SNC di Nicolini Marco e Nolli Eugenio Via Majavacca, 10 – 29017 Fiorenzuola d’Arda (PC) Tel. 0523 243379 – Fax 0523 646944 nicolini@teuman.it - www.teuman.it

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V E T RIN A

Ruths: generatori di vapore a servizio della termovalorizzazione rifiuti La Ruths, nella sua sede di Teglia (GE) dove lavorano circa 40 tra tecnici e operai, continua a sviluppare e realizzare generatori di vapore con specializzazione e referenze particolari per la termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani. Le nuove caldaie che Ruths ha messo in funzione negli ultimi 10 anni negli Impianti di Ferrara, Forlì, Rimini, Padova, Trieste, Parma, Uvrier (CH), Scarlino, Faenza, Filago, Israele e Kosice, hanno cumulato ad oggi più di 780.000 ore di funzionamento, trattando ogni anno più di 1.500.000 ton tra rifiuti urbani, industriali e biomasse e permettendo la produzione di oltre 1.200.000 MWh di energia elettrica ogni anno. Le ultime realizzazioni portate a termine e avviate con successo sono state: • la costruzione di due caldaie Ruths su due linee parallele per IREN nell’impianto di Parma, con una potenzialità di 200.000 ton/anno di rifiuti solidi urbani trattati, con una produzione totale attesa di energia di 150.000 MWh/anno. • l’impianto di termovalorizzazione per rifiuti solidi urbani per la Città di Kosice (Repubblica Slovacca) che tratta circa 80.000 ton/anno di rifiuti urbani e produce circa 48.000 MWh di energia elettrica all’anno e acqua calda per il teleriscaldamento della città. Ruths è continuamente impegnata in gare nazionali e internazionali per l’acquisizione di nuovi contratti. E’ certamente grazie alla lunga storia ed esperienza dell’azienda se Ruths oggi affronta questa fase molto difficile del mercato italiano con acquisizioni in Francia e Belgio, e trattative in Cina, Russia e Paesi dell’Europa dell’Est. Ruths è pienamente inserita con ampie e significative referenze nel mercato dei termovalorizzatori dove opera con tecnologie proprie, progettando e costruendo impianti considerati al top della gamma. Grazie all’esperienza dei suoi ingegneri, tecnici e operai e alla loro capacità di risolvere i problemi operativi di ciascun cliente, Ruths realizza impianti su misura affidabili, economici che assicurano un funzionamento continuo di ottomila ore annue: un anno intero senza mai fermarsi garantendo sempre le stesse performance. Solo un prodotto di qualità può raggiungere questi risultati. E’ di questi giorni la richiesta di un Cliente in Sri Lanka che dopo 40 anni di funzionamento di una caldaia Ruths, ne vuole una uguale! Oltre ai nuovi impianti l’azienda fornisce servizi e interventi di trasformazione su impianti esistenti per migliorare le performance o semplicemente per farne manutenzione. Sono prestazioni specializzate che richiedono esperienza e competenze elevate e la conoscenza di almeno due lingue; sono stati infatti assunti 5 ingegneri nell’ultimo anno!

CAMOTER INTERNATIONAL: RECYCLING INNOVATION WORLDWIDE Che i rifiuti siano una risorsa ormai è un concetto diffuso, ma non tutti sanno sfruttare al massimo la loro attività per renderla redditizia. Per distinguersi nel lavoro servono macchine che siano performanti ed efficienti, che abbiano consumi ridotti, che siano dotate di componenti antiusura e soggette a manutenzioni brevi. Questa è la ricetta messa a punto nello sviluppo dei trituratori universali Arjes, società leader nel campo del riciclaggio industriale. La nuova generazione dei trituratori Arjes, offre le migliori performance sul mercato ed è ideale per qualsiasi materiale da trattare. La serie Arjes VZ, ad esempio, è composta da trituratori bialbero dotati di un rotore con profilo degli utensili di taglio brevettato a “T” che garantisce una eccezionale versatilità nei materiali da trattare. Camoter International è un’azienda a tutto tondo che è in grado di fornire dalle singole macchine a soluzioni complete per la movimentazione, la triturazione, la separazione e il trattamento di molti tipi di materiale. Impianti chiavi in mano in Italia e nel Mondo: perchè Camoter International, grazie alla sua rete, può seguire il cliente nella consulenza e nella fornitura di tecnologie, macchinari e impianti in vaste aree del Mondo. Camoter International sarà presente alla Fiera Ecomondo di Rimini, dal 5 all’8 Novembre presso lo stand 110 padiglione A1 dove sarà possibile conoscere più da vicino l’intera offerta dei prodotti e delle soluzioni Camoter International.

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Building the future

together*

K N O W H O W - I N N O VA Z I O N E - N E T W O R K I N G

20 - 25 aprile 2015 *Costruire il futuro insieme

Parig i-No rd V ille p in te - F ra n cia

Esposiz io n e I n t e rn a z i o n a l e d i A t t re z z a t u re e Te c n i c h e per l e I n d u s t ri e d e l l ’E d i l i z i a e d e i M a t e ri a l i

Per ulteriori informazioni : Saloni Internazionali Francesi Tel. : 02/43 43 53 27 – Fax: 02/46 99 745 E-mail: adelpriore@salonifrancesi.it

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libri VADEmeCUM DELL’AMBIENTE Guida pratica agli adempimenti, obblighi e autorizzazioni per le imprese A cura di Stefano Sassone

EPC Editore (pagine 384 – € 21,00) Il Vadecum dell’ambiente è proprio ciò che si propone di essere: una guida completa ed esaustiva che descrive con un linguaggio semplice e lontano dai tecnicismi il panorama completo di competenze, responsabilità, operazioni, prescrizioni e procedure che si devono adottare per quanto riguarda le principali tematiche ambientali. In merito a questo argomento vi sono state numerose e rilevanti modifiche e integrazioni apportate recentemente alla legislazione, ed è proprio su di esse che il testo si sofferma per un’analisi ancor più completa. Destinato a tutti coloro che all'interno delle aziende pubbliche o private si occupano degli adempimenti ambientali e che siano desiderosi di avere una conoscenza trasversale degli argomenti trattati, esso snoda la propria trattazione attraverso i vari temi disciplinati dal Testo Unico Ambientale e dagli altri atti normativi a tal proposito rilevanti, e si sviluppa su cinque capitoli portanti: il primo riguarda le procedure autorizzative ambientali, il secondo la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche, per poi concentrarsi sulla gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, arrivando alla trattazione di ciò che concerne le emissioni in atmosfera. L’ultimo capitolo racchiude infine gli altri temi, a volte sottovalutati, come quello delle radiazioni o del rumore.

DIREZIONE DEI LAVORI E PRATICA AMMINISTRATIVA E CONTABILE A cura di Salvatore Lombardo e Giuseppe Mirabella

Dario Flaccovio Editore (pagine 1050 – € 75,00) Il volume, appartenente alla collana Appalti e Lavori Pubblici, è stato rinnovato nella sua ultima edizione per rispecchiare maggiormente le esigenze pratiche del direttore dei lavori; così, le sezioni attinenti il collaudo tecnico-amministrativo precedentemente presenti nella trattazione sono state ridotte al minimo essenziale, ed è stato loro dedicato un altro volume specifico, mentre la materia dell’esecuzione dei lavori pubblici è stata meglio strutturata o completamente aggiornata, dando uno specifico rilievo anche agli aspetti relativi alle strutture in opera. L’operato della direzione dei lavori viene così ancor meglio circoscritto e definito nei suoi aspetti essenziali; Lombardo e Mirabella prendono atto di tutte le novità normative e legislative del settore e le rendono parte integrante del loro testo, diviso in cinque ampie macrosezioni. Il manuale, nonostante la sua specificità, riesce a fornire una trattazione adeguatamente approfondita di un argomento assai vasto, riconfermandosi così un prezioso strumento per qualsiasi operatore del settore.

CENTRI DI RACCOLTA DI RIFIUTI URBANI E ASSIMILATI LINEE GIURIDICO-OPERATIVE E SANZIONATORIE A cura di Massimiliano Cimmino

Geva edizioni (pagine 157 - € 14,00) La raccolta differenziata è un argomento ormai da tempo entrato a far parte del sapere comune e soprattutto è una pratica che coinvolge ogni singolo cittadino nell’esigenza sempre più pressante di ridurre il quantitativo di rifiuti che ogni giorno ancora viene conferito nelle discariche. Al fine di rendere possibile il recupero dei rifiuti riciclabili ogni città e piccolo paese della penisola si è con il tempo organizzato con strutture e centri di raccolta adatti a raccogliere e suddividere svariate tipologie di materiali recuperabili. E’ proprio sulla tematica della realizzazione e della gestione dei centri di raccolta dei rifiuti urbani differenziati che si articola questo testo, fornendo un approccio operativo al lettore ma puntualizzando in modo preciso tutti i riferimenti normativi applicabili. Articolato in cinque capitoli il volume parte da una panoramica sulla normativa comunitaria e nazionale, affrontando quindi il ruolo dei centri di raccolta all’interno del sistema di gestione dei rifiuti per poi entrare nello specifico del D.M. 8 aprile 2008, testo normativo che disciplina appunto i centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo differenziato. Gli ultimi due capitoli sono invece dedicati agli aspetti di tutela ambientale, di responsabilità e alle sanzioni penali inerenti la gestione di tali centri, argomenti tutti di fondamentale importanza e presentati in maniera quanto mai appropriata vista anche l’esperienza diretta dell’autore in veste di Polizia giudiziaria ambientale.

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5,8NOVEMBRE2014RIMINIfiera

PeVmedia.com

la POTENZA d’urto di una flotta di 400 mezzi tecnologicamente avanzati

Demolizione e riqualificazione Di aree Dismesse

2014

interventi complessi di demolizione: dalla progettazione all'esecuzione

FOCUS CONVEGNI 2011

in contemporanea con

Expo 2015 un'opportunità pEr lE arEE dismEssE il mErcato dEl dEcommissioning dEllE arEE industriali

arEa dEmO E CampO prOVE

18a fiera internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile www.ecomondo.com Per info: rimini fiera • mauro Delle fratte • Tel. 0541 744302 • m.dellefratte@riminifiera.it Dea edizioni • maria Beatrice celino • Tel. 335 237 390 • b.celino@deaedizioni.it

un evento organizzato da

www.vitalispa.it

con il patrocinio di


Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art.1, c.1 - CB-NO/Torino – Anno 7 n. 29 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

dicembre 2014 anno vII numero 29

COME TENDERE A RIFIUTI ZERO RACCOLTA DIFFERENZIATA ALL’80% CON IL SISTEMA MANTOVA DECOSTRUZIONE DI GRU PORTUALI LE DELICATE FASI DI SMONTAGGIO DEI TRE GIGANTI DI FERRO DECRETO COMPETITIVITà Tutte le PRINCIPALI modifiche aL TESTO UNICO AMBIENTALE

Settore rifiuti Tendenze, criticità e possibili miglioramenti attraverso le parole di federambiente

dicembre 2014


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