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marzo 2014 anno vII numero 26

la POTENZA d’urto di una flotta di 400 mezzi tecnologicamente avanzati

DIFENDERE AMBIENTE E IMPRESE Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art.1, c.1 - CB-NO/Torino – Anno 7 n. 26 DEA edizioni s.a.s. Strada del Portone, 127 - 10095 Grugliasco (TO)

LE PROPOSTE DI ANIDA PER IL SOSTEGNO DEL SETTORE

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Termovalorizzazione rifiuti La risposta di parma per una gestione efficiente Antinquinamento marino Il recupero in mare di fusti contenenti sostanze tossiche reflui e fanghi contaminati Alternative per il trattamento e la valorizzazione energetica

marzo 2014


aggiornamenti e news dalle aziende del settore

fiere, convegni e workshop tutti gli eventi a portata di mano

notizie e novità dal mondo delle bonifiche, dei rifiuti e delle demolizioni

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Io penso positivo perché son… ECO

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’era un tempo, non così lontano, in cui di ambiente non si parlava mai e gli aspetti legati alla salvaguardia del territorio non venivano presi in considerazione. Ora c’è un tempo in cui di ambiente si parla, di frequente, ma la maggior parte delle volte tali argomenti si affiancano a notizie legate a reati, indagini giudiziarie e illeciti di varia natura. Anche nel recente Rapporto di Legambiente “Bonifiche, chimera o realtà?” gli aspetti legati al fenomeno dell’illegalità nel settore delle bonifiche emergono in maniera preponderante: dal 2002 sarebbero 19 le indagini su smaltimenti illegali di rifiuti da bonifiche, 150 le ordinanze di custodia cautelare, 550 le persone denunciate e 105 le aziende coinvolte. Sono numeri che fanno pensare ma, come dicevo poc’anzi, di questi temi si parla molto ed è per questo che noi nelle pagine di questa rivista tentiamo invece di spostare l’attenzione su un settore fatto di aziende “normali” che lontano dai clamori della cronaca portano avanti le loro attività con serietà e nel rispetto delle regole. Vogliamo parlare di aziende che investono, che progettano, che inventano, che realizzano e che credono nella green economy per ciò che rappresenta e per le opportunità che può dare al nostro Paese. Cerchiamo anche noi, nel nostro piccolo di dare una spinta a questo mercato con l’auspicio che qualcuno dall’alto faccia altrettanto. Senza scomodare divinità di qualunque fede ci limitiamo a sperare che le istituzioni, e il neo Ministro dell’Ambiente in primis, facciano tutto il possibile per tutelare l’ambiente tutelando anche chi nell’ambiente lavora e investe, che ci forniscano prescrizioni chiare che non generino confusione né si prestino all’interpretazione del singolo, che velocizzino le procedure anziché affossarle, che incentivino la ripresa invece di scoraggiare le iniziative di chi vorrebbe investire. Una ventata di primavera insomma per questo primo numero del 2014 dal quale percepiamo già un notevole fermento dato anche dai numerosi eventi che nei prossimi mesi coinvolgeranno in diversi modi l’intero settore e che ci auguriamo rappresenti un segnale positivo per una ripresa dell’economia.

Massimo Viarenghi

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marzo 2014

sommario

ECO bonifiche rifiuti demolizioni

14 La riqualificazione immobiliare come alternativa concreta al consumo di suolo per il rilancio dell’economia del paese

www.ecoera .it

RUBRICHE ECONEWS

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VETRINA

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ECOAPPUNTAMENTI

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Libri

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STORIA DI COPERTINA

32 Il protocollo di monitoraggio dei gas interstiziali: le linee guida di arpa lombardia per campionamento e analisi

Associazionismo tra associazioni e una visione d’insieme per la green economy di Massimo Viarenghi

ATTUALITÀ Riqualificare il patrimonio immobiliare per ricostruire l’economia del paese di Bruno Vanzi

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Siti contaminati: esperienze, casi studio, tecnologie e aspetti normativi a confronto di M.R. Boni, C. Collivignarell e F.G.A. Vagliasindi

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I conti con l’ambiente si fanno in primavera di Gian Maria Brega

48 La demolizione della scuola Racagni: un intervento selettivo lascerà il posto ad un nuovo e moderno complesso scolastico

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FABBRICA DELLE IDEE Fiore di Loto: da simbolo di purezza a progetto innovativo e rivoluzionario di Erika Cammisa e Paolo Gioiello

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REPORT Polo Ambientale Integrato: la risposta di Parma ad una gestione efficiente dei rifiuti di Maeva Brunero Bronzin

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SPECIALE

64 Terra dei fuochi: diventa reato la combustione illecita di rifiuti che sta martoriando da tempo il territorio campano

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Anno 7 - Numero 26

Un protocollo per il monitoraggio dei gas interstiziali di Madela Torretta e Sara Puricelli

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Anno 7 - Numero 26 Marzo 2014

Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin Collaboratori: Enrico Alberico, Renato Baciocchi, Rosa Bertuzzi, Maria Rosaria Boni, Paola Bottega, Gian Maria Brega, Erika Cammisa, Daniele Carissimi, Stefano Casu, Maria Beatrice Celino, Carlo Collivignarelli, Clara Comuzzi, Paolo Gioiello, Daniele Goi, Simona Patelli, Sara Puricelli, Antonino Rapisardi, Edoardo Slavik, Andrea Terziano, Madela Torretta, Federico G.A. Vagliasindi, Bruno Vanzi, Linda K. Weavers

PANORAMA AZIENDE Tornado, il nuovo nome per il pretrattamento della forsu di Maria Beatrice Celino QUANDO CONTA LA SOSTANZA di Maria Beatrice Celino

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WORK IN PROGRESS La complessa attività di recupero in mare di fusti contenenti sostanze tossiche di Stefano Casu Scuola Racagni, una demolizione da maestri di Andrea Terziano

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PROGETTI E TECNOLOGIE tecnologie per la bonifica di sedimenti contaminati da metalli pesanti di P. Bottega, L.K. Weavers, C. Comuzzi e D. Goi

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Un’alternativa sostenibile per il trattamento di reflui e fanghi altamente contaminati di Antonino Rapisardi e Edoardo Slavik

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MODELLO IDROGEOLOGICO E PREDITTIVO PER UN CASO DI INQUINAMENTO DA CROMO VI di Simona Patelli e Enrico Alberico

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NORMATIVA Terra dei Fuochi, introdotto il reato di combustione illecita di rifiuti di Rosa Bertuzzi CHI INQUINA (NON SEMPRE) PAGA di Daniele Carissimi

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NOTIZIE DA ASSOCIAZIONI e reti Reconnet

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Comitato Scientifico: Maria Rosaria Boni (Sapienza Università di Roma) Daniele Cazzuffi (Cesi spa – Remtech) Laura D'Aprile (ISPRA, Roma) Luciano De Propris (Consulente ambientale) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Cuneo) Gian Luigi Soldi (Provincia di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino) Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7497964 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it Grafica, disegni e impaginazione: PeVmedia - Via C. Vidua, 7G - 10144 Torino Abbonamenti: Italia annuo € 40,00 - estero annuo € 75,00 copia singola € 12,00 - arretrati € 14,00 Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@deaedizioni.it Stampa: Tipografica Derthona - s.s. per Genova, 3/I - 15057 Tortona (AL) Responsabilità: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità per il caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. La responsabilità di quanto espresso negli articoli firmati rimane esclusivamente agli Autori. Direzione, Redazione, Abbonamenti, Amministrazione:

DEA edizioni s.a.s. Strada del Portone 127 10095 Grugliasco (TO) Tel. / Fax 011 7497964 e-mail: info@deaedizioni.it www.deaedizioni.it

Organo Ufficiale dell'Associazione Studi Ambientali Foto di copertina di Luca Comelli, GuGu Production L’abbonamento è deducibile al 100%. Per la deducibilità del costo ai fini fiscali vale la ricevuta del versamento a norma D.P.R. 22/12/86 n. 917 artt. 50 e 75. Conservare il tagliando - ricevuta, esso costituisce documento idoneo e sufficiente ad ogni effetto contabile. Non si rilasciano in ogni caso altre quietanze o fatture per i versamenti in c.c.p. Pubblicazione bimestrale Poste Italiane Spa – Sped. in a.p. D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c. 1 – registrata presso il Tribunale di Torino il 19 ottobre 2009 al n. 56. Ai sensi del D.Lgs. 196/2003, informiamo che i dati personali vengono utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni edite da DEA edizioni s.a.s. Telefonando o scrivendo alla redazione è possibile esercitare tutti i diritti previsti dall’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.


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RAEE, sono oltre 225.000 le tonnellate raccolte nel 2013 È stato presentato il 18 marzo il “Rapporto Annuale 2013 sul Sistema di Ritiro e Trattamento dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche in Italia”, realizzato dal Centro di Coordinamento RAEE. Dal Rapporto emerge un sistema ormai consolidato ed efficiente nonostante la raccolta complessiva di RAEE in Italia nel 2013, pari a 225.931.218 kg, registri il 5% in meno di quanto gestito nell’anno precedente, tendenza negativa comunque più contenuta rispetto al 2012 (-12%). Una delle cause è sicuramente la contrazione delle vendite di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche e, di conseguenza, la minore quantità di RAEE prodotti. Gran parte del decremento del 2013 è inoltre imputabile al Raggruppamento R3 (la tipologia di RAEE costituita da Tv e Monitor): un calo atteso e fisiologico vista la conclusione del passaggio al digitale terrestre, che ha favorito la sostituzione dei vecchi televisori a tubo catodico tra il 2009 e il 2012. Per gli altri Raggruppamenti si registra una tenuta dei volumi gestiti, con qualche segnale positivo. Non dimentichiamo, poi, tra i principali motivi del calo dei RAEE gestiti, il traffico illegale di questa speciale tipologia di rifiuto. Per comprendere la portata esatta del fenomeno, il CdC RAEE e Legambiente hanno realizzato il dossier ‘I Pirati dei RAEE’, presentato contestualmente al Rapporto. Dal dossier è emerso che in Italia tra il 2009 e il 2013 sono state sottoposte a sequestro dall’Autorità Giudiziaria 299 discariche illegali in cui sono stati abbandonati rifiuti privi delle componenti valorizzabili, che rilasciano materiali tossici come mercurio, cromo esavalente, cadmio, nichel e piombo. È necessario contrastare questo fenomeno soprattutto in un momento in cui il valore delle materie prime seconde ha reso appetibili alcune tipologie di RAEE anche a soggetti non titolati alla loro corretta gestione.

Un passo avanti per Porto Marghera "La bonifica di Porto Marghera rappresenta un modello di risanamento e, in prospettiva, di rilancio economico ed occupazionale di un’area fortemente inquinata. Grazie ad una azione incisiva del Ministero e della Regione Veneto e alla collaborazione dei privati, il comprensorio potrà riacquistare valore industriale nel segno della green economy". Questo è quanto affermato dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti a margine della Conferenza di Servizi

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Anno 7 - Numero 26

decisoria per la bonifica del Sito di Interesse Nazionale di Porto Marghera che si è tenuta il 12 marzo scorso presso il ministero dell’Ambiente. La Conferenza dei Servizi ha approvato, tra gli altri, il progetto Eni relativo alla messa in sicurezza operativa dell’Isola Petroli e il protocollo attuativo dell’Accordo di Programma per il SIN di Porto Marghera, sottoscritto il 16 aprile 2012 dall’allora ministro Clini, inerente criteri e metodologie di esecuzione delle misure di soil gas. Si è così concluso l’iter istruttorio di approvazione dei progetti di bonifica di tutte le aree del gruppo Eni incluse nel perimetro del Sin. "Investimenti per 740 milioni di euro, fra fondi statali e risorse provenienti dalle transazioni con i privati per gli interventi di bonifica e ripristino ambientale - ha sottolineato il ministro dell’Ambiente - hanno creato le condizioni per “liberare” nuovi progetti per investimenti produttivi stimati in circa 3 miliardi di euro che restituiranno vitalità e centralità economica ad un’area ottimamente infrastrutturata e dotata di eccellenti collegamenti con i mercati europei. Marghera, che per troppi anni ha rappresentato un simbolo di aggressione all’ambiente - ha aggiunto Galletti - può diventare un paradigma, anche operativo, di virtuosa riconversione verso un’economia sostenibile".

BioEnergy Italy: rinnovabili in rapida evoluzione e nuove strade per il business Cremona si conferma punto di riferimento europeo per l’energia rinnovabile: a BioEnergy Italy (CremonaFiere 5-7 marzo 2014) si è visto un settore in piena evoluzione, in un momento di grande cambiamento e nuove regole, le nuove tecnologie vengono incontro alle imprese che vogliono sfruttare uno scenario internazionale dinamico e ricco di opportunità. La Manifestazione si è confermata come un punto di riferimento europeo


e uno strumento commerciale di grande efficacia: a Cremona si sono visti esclusivamente operatori professionali altamente qualificati e soprattutto con una forte domanda di informazioni per sviluppare nuovo business. I numerosi appuntamenti in programma tra workshop e seminari tecnico-scientifici sono stati tutti molto frequentati, con particolare riferimento a quelli che hanno proposto temi assolutamente innovativi e freschi. "Quest’anno a BioEnergy Italy abbiamo parlato molto di biometano, bioraffinerie e chimica verde - ha dichiarato Antonio Piva, presidente di CremonaFiere - Sono settori in cui il comparto agricolo può giocare un ruolo da grande protagonista, ma da cui anche l’industria alimentare e le amministrazioni territoriali possono trarre grandi benefici. La trasformazione degli scarti agroindustriali in energia e in nuovi sottoprodotti è sempre più strategica al fine di ampliare il raggio d’azione delle imprese e dello sviluppo di nuovo business." E l’esempio nazionale è sempre più interessante anche per le imprese estere: a Cremona si sono viste delegazioni di operatori professionali da tutto il mondo arrivati per scoprire non solo le novità tecnologiche, ma soprattutto il modello italiano in questo settore. BioEnergy Italy ha accolto delegazioni di operatori da Russia, Ucraina, Danimarca, Serbia, Bulgaria, Croazia, Giappone, Finlandia, Germania, Francia, per citarne alcuni. "BioEnergy Italy è la dimostrazione che quando una Manifestazione è pensata e realizzata per rispondere concretamente ad esigenze professionali specifiche, si raggiungono buoni risultati: i nostri espositori ci hanno confermato che anche quest’anno hanno fatto buoni affari direttamente in Fiera e hanno incontrato gli interlocutori giusti (questa edizione ha registrato 6.203 operatori professionali). Questo è il nostro obiettivo: essere uno strumento di marketing collettivo per contribuire a promuovere l’intero settore delle fonti rinnovabili di energia".

Il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti ha precisato che «sulle bonifiche l’attenzione deve essere massima ma credo che si sia partiti con il piede giusto» e che «gli accertamenti ci sono stati ma devono essere approfonditi». Secondo i dati diffusi da Legambiente sulla Terra dei Fuochi in 22 anni sono stati smaltiti, tra le province di Napoli e Caserta, oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti di ogni specie. Dal 1991 al 2013 sono state censite 82 inchieste per traffico di rifiuti, emesse 915 ordinanze di custodia cautelare e fatte 1.806 denunce coinvolgendo 443 aziende in gran parte del Centro e del Nord Italia. Dal gennaio 2012 all’agosto 2013 sono stati, inoltre, censiti 6.034 roghi di rifiuti e negli ultimi cinque anni si sono concentrati 205 arresti per traffici e smaltimenti illegali, pari al 29,2% del totale nazionale, e oltre mille sequestri, il 10% di quelli effettuati in tutta Italia.

8 chili di rifiuti a testa per ripulire l’everest Il Governo nepalese ha definito delle norme chiare per ripulire la più alta cima del mondo. Vuoi salire sull’Everest? Portaci 8 kg di rifiuti. A partire da aprile infatti gli alpinisti che saliranno oltre il campo base dovranno poi scendere portandosi indietro, oltre ai propri rifiuti, anche 8 kg di spazzatura recuperati sulla vetta. Decenni di alpinismo hanno purtroppo contribuito a disseminare sull’Everest qualunque genere di rifiuto, dalle bombole di ossigeno, alle cucine da campo, dal materiale per alpinismo ai cadaveri umani (che a causa delle basse temperature non si decompongono).

Mappato l’inquinamento nella terra dei fuochi Allarme rientrato, o almeno così sembra dai dati del primo report governativo sulla Terra dei Fuochi. Sarebbero infatti “solo” 51 le particelle catastali con presenza di terreni classificati pericolosi, corrispondenti a 64 ettari. Una superficie non irrilevante ma certamente molto circoscritta rispetto agli scenari apocalittici che hanno creato clamore e dibattiti nei mesi scorsi. Si tratta infatti del 2% dell’area tra le province di Napoli e Caserta, la Terra dei Fuochi appunto, e lo 0,14% del territorio campano. I terreni individuati come pericolosi verranno nuovamente verificati ed analizzati da istituti pubblici e, se compatibili con le colture, la frutta e le verdure provenienti da questi siti saranno nuovamente commercializzabili.

Le spedizioni, come avviene già ora, dovranno depositare una cauzione di 4.000 $ che verrà però restituita solo se ogni membro della spedizione riporterà all’ufficio competente il quantitativo di rifiuti previsto. Il mese scorso il governo Nepalese aveva discusso la riduzione del costo dei permessi singoli per la salita all’Everest scatenando inevitabilmente polemiche sull’aumento di afflusso e conseguentemente sul maggiore impatto generato sull’ambiente. Questa misura dovrebbe essere quindi una valida risposta per cancellare le preoccupazioni che riguardano la tutela di un bene che rappresenta la principale fonte di reddito per il popolo nepalese.

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Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà? 100 mila ettari inquinati in 39 siti di interesse nazionale e 6 mila aree di interesse regionale, in attesa di bonifica. Da Taranto a Crotone, da Gela e Priolo a Marghera, passando per la Terra dei fuochi, la storia del risanamento in Italia sembra ferma a dieci anni fa nonostante i drammatici effetti sulla salute dei cittadini. Nel frattempo sono sempre più numerose le indagini sulle false bonifiche e sui traffici illegali dei rifiuti derivanti dalle attività di risanamento. Dal 2002 concluse 19 indagini, emesse 150 ordinanze di custodia cautelare, denunciate 550 persone e coinvolte 105 aziende. Occorre un vero cambio di passo per fare quello che è stato già realizzato con successo in altri paesi industrializzati. Questi sono solo alcuni dei dati riportati nel recente Dossier pubblicato da Legambiente “Bonifiche dei siti inquinati: chimera o realtà?” La necessità di far decollare il settore delle bonifiche per poter riconvertire il sistema produttivo italiano alla green economy è stata espressa dal responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti, che ha inoltre evidenziato che “Nonostante i gravi ritardi del risanamento, però alcuni casi di riconversione cominciano a concretizzarsi: basti pensare alle bioraffinerie di Crescentino (VC) già attiva o a quella in costruzione a Porto Torres (SS). Ma non basta. Il Governo e il Parlamento devono accelerare il processo di risanamento ambientale, risolvendo anche il problema delle risorse, ma anche il mondo industriale deve fare la sua parte mettendo in campo azioni concrete, bonificando in tempi non geologici i suoli e le falde inquinate, con adeguate risorse economiche ed umane, per risanare le gravi distorsioni di uno sviluppo corsaro e distruttivo, che ha reso inutilizzabili intere aree del Paese, creando piuttosto quell’auspicabile equilibrio tra ambiente, salute e lavoro che può aprire una prospettiva concreta di sviluppo”.

Cattiva gestione dei rifiuti: un salasso da 1,2 miliardi di euro L’obiettivo fissato dal D.Lgs. 152/06 per la raccolta differenziata prevedeva il raggiungimento del 65% di rifiuti raccolti in maniera differenziata entro il 31/12/12. In realtà però, salvo il Trentino e il Veneto, tutte le altre regioni si attestano su un tasso inferiore al 60% che nel caso del Lazio scende addirittura al 22,1%. La cattiva gestione della raccolta differenziata porta con sé dei costi che arrivano sino a 43 € pro capite, cui si aggiungono le sanzioni comminate dall’Unione Europea: 28.090 euro da pagare quotidianamente sino alla sentenza definitiva del 2014, con l’aggravante di un’ulteriore maxi multa da 256.819 euro per ogni giorno di ritardo maturato.

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Anno 7 - Numero 26

E’ necessario mettere in atto un sistema che disincentivi lo smaltimento in discarica aumentandone i costi e favorendo di conseguenza lo sviluppo e la realizzazione di impianti e tecnologie. Attualmente infatti i costi per lo smaltimento in discarica sono quasi sempre troppo bassi: in Puglia ad esempio il costo medio è di 50 € a tonnellata, mentre nel Lazio si va dai 40 ai 70 € a tonnellata. Costi bassi che non aiutano a sviluppare raccolta differenziata e riciclaggio come avviene invece in Veneto dove smaltire in discarica arriva a costare fino a 150 € a tonnellata.

Realizzati gli archi del nuovo ponte sull’autostrada A4 Nella notte tra il 1° e il 2 marzo si sono compiute le operazioni di montaggio dei semiarchi di un nuovo ponte sopra l’autostrada A4 ad opera di un raggruppamento di imprese di cui fa parte anche Vitali S.p.A. Le attività si sono svolte nella notte con chiusura totale di entrambe le carreggiate per evidenti motivazioni di sicurezza. Si tratta di due elementi, preassemblati a terra, portati in quota mediante l’utilizzo di due autogrù di grossa portata. Il primo concio misura 50 metri e ha un peso di circa 150 ton, il secondo concio è lungo 60 per un peso di circa 200 ton. L’elemento è stato preventivamente traslato dentro la carreggiata mediante l’utilizzo di due carrelli semoventi a ruote orientabili fino a 90 gradi rispetto l’asse. Contrariamente a quanto ipotizzato in fase di studio, al fine di ottimizzare le interferenze con il traffico autostradale, si è convenuto di effettuare l’operazione per entrambi gli archi nella stessa notte consecutivamente. Le attività sono iniziate alle ore 20.00 e terminate entro le ore 6.00 del mattino seguente, orario in cui era prevista la riapertura di entrambe le carreggiate. Il precedente ponte a scavalco, che questa struttura va a sostituire, era stato demolito sempre da Vitali a novembre in tempo record, durante una chiusura notturna. Per eseguire il lavoro Vitali ha impiegato: 8 persone per accantieramento, rimozione new-jersey, gestione impianto di illuminazione 8 persone per il sistema di movimentazione pezzi e per la gestione dei pianali motorizzati ed autogrù 10 persone per attività di carpenteria e montaggio comprese saldature 4 pianali motorizzati per trasporto conci 2 autogrù con portata 500/600 ton per sollevamento pezzi 4 sollevatori telescopici per sollevamenti in quota 2 muletti per rimozione e rimontaggio new-jersey 4 torri faro per illuminazione aree di lavoro


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s t o r ia d i c op ert i na

Associazionismo tra associazioni e una visione d’insieme per la green economy Mettere da parte i personalismi e fare lobby di fronte alle istituzioni, questa è la posizione di Anida per portare avanti gli interessi degli associati e di tutto il settore ambientale di Massimo Viarenghi

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artendo dagli ultimi mesi dello scorso anno si rileva che sono state emanate numerose norme ambientali e di conseguenza sono aumentati gli adempimenti delle aziende che operano nei settori legati all’ambiente.

Dott.ssa Cesarina Ferruzzi, Vice Presidente di Anida

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Anno 7 - Numero 26

A fornire supporto a molte di queste imprese troviamo Associazioni di categoria come Anida, Associazione Nazionale Imprese Difesa Ambiente, la quale svolge una serie di servizi al fine di rappresentare e tutelare gli interessi e le istanze dei propri associati nelle sedi istituzionali, a livello comunitario e nazionale. Per comprendere meglio il ruolo dell’Associazione e gli obiettivi che si pone per sostenere le imprese nello sviluppo del settore ambientale abbiamo intervistato la Dott.ssa Cesarina Ferruzzi, Vice Presidente di Anida. Ci può spiegare come è strutturata Anida e quali servizi offrite come Associazione? Anida è l’Associazione Nazionale Imprese Difesa Ambiente, in cui sono presenti società private che si occupano di rifiuti, dall’intermediazione alla gestione degli impianti, fissi e mobili, e di bonifiche, sia di siti dismessi che di amianto. Siamo componenti dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali. Otre a queste società vi sono delle altre aziende che si occupano di problemi legati alle acque, dal trattamento alla distribuzione. In ambito comunitario, l’Associazione interviene presso le direzioni e gli uffici della Commissione Europea, inviando reclami e prospettando quesiti in ordine alla corretta applicazione della normativa europea nelle materie concernenti la tutela ambientale, gli appalti

pubblici di lavori e servizi e gli affidamenti dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Parallelamente agli impegni comunitari, l’Associazione svolge azioni a livello nazionale mettendo a punto documenti di posizione sui provvedimenti nazionali, svolgendo un’intensa attività di lobbying parlamentare e di presenza a livello governativo. Il nostro ruolo come Associazione di categoria viene esercitato presso il Ministero dell’Ambiente e presso la Commissione Ambiente del Senato e della Camera ogni qualvolta si preparano e si discutono nuove normative in campo ambientale con la finalità di presentare emendamenti e proposte fornendo il supporto forte di un’Associazione che opera direttamente nel settore. La possibilità di partecipare ai Tavoli tecnici del Ministero è un’opportunità notevole, ma il dialogo con il legislatore è reale e soprattutto produce degli effetti concreti? E’ senza dubbio un’opportunità notevole va detto però che le leggi compiono un iter così “isterico” per cui anche gli emendamenti accettati poi tra un passaggio e l’altro si perdono e nella stesura finale si trovano dei risultati che spesso non sono chiari e si prestano il più delle volte ad interpretazione fornendo inevitabilmente il pretesto al compimento di illeciti ed al mancato rispetto delle regole imposte.


Gli avvicendamenti legislativi negli ultimi mesi hanno spesso interessato la normativa del settore ambientale. Quali sono le Vostre impressioni a tal riguardo? In effetti ultimamente in ogni norma troviamo un articolo riguardante il settore dei rifiuti o delle bonifiche. L’ultimo è stato proprio il Decreto Destinazione Italia dove all’art. 4 troviamo la sostituzione integrale dell’articolo 252 bis del Testo Unico Ambientale che dovrebbe essere interessante proprio per il rilancio delle bonifiche. Questo articolo parla infatti di Accordi di Programma tra pubblico e privato, accordi che prevedono però degli step fondamentali: 1. messa in sicurezza o bonifica del sito secondo una progettualità ben definita; 2. tempistiche certe; 3. riconversione del sito con lo sviluppo della destinazione finale dell’area, con un piano finanziario ed economico e anche la previsione di sgravi o agevolazioni fiscali per il soggetto che porterà avanti l‘intervento di sviluppo. Questo strumento, sebbene riguardi unicamente i siti di interesse nazionale può comunque rappresentare una traccia da seguire anche a livello privatistico, sempre se i soggetti coinvolti nell’accordo di programma si muovono verso un interesse comune. A proposito degli Accordi di Programma, riteniamo che questi possano essere davvero degli strumenti utili ma è anche vero che a parte l’esempio di Porto Marghera dove l’Accordo di Programma è stato fortemente volu-

to dall’allora Ministro Clini ed è stato portato avanti con successo, altri esempi analoghi tardano ad arrivare. Inoltre, bisogna tenere presente che in certe aree gli Accordi di Programma si prestano ad essere utilizzati poiché vi sono interessi e convenienze di reindustrializzazione, necessità che purtroppo non vi sono in altre zone del Paese rendendo di fatto inapplicabili questi strumenti. Quanto inserito nel Testo Unico Ambientale, grazie all’approvazione del nuovo decreto sulle bonifiche, rappresenta uno strumento che deve però essere ancora correttamente impostato; per ora rappresenta un involucro all’interno del quale andrà sviluppata l’operatività della norma. Inoltre, trattandosi di uno strumento caldamente voluto dal Ministero dello Sviluppo Economico, che ha evidentemente determinate esigenze di reindustrializzazione delle aree, il suo supporto potrà essere decisivo di fronte al Ministero dell’Ambiente che ovviamente detterà le regole per il ripristino dell’area. Questo è ciò che stiamo portando avanti anche come Associazione, in modo da avere un tavolo di confronto con entrambi i Ministeri per far coincidere gli interessi di tutela dell’ambiente con quelli di recupero e riutilizzo delle aree bonificate. Ritiene quindi che questa tipologia di strumenti sarebbe applicabile anche nel caso dei privati? Penso proprio che questa formula potrebbe funzionare anche in questo caso, si creerebbe un confronto che ora manca tra la parte pubblica, che esercita il controllo, e il privato, che realizza l’opera, in modo da rendere il rapporto più dinamico e soprattutto più costruttivo. Spesso però l’iter di bonifica scoraggia chi vuole proporre un’attività perché i tempi non sono mai definiti e quindi viene a mancare la base di qualunque progetto o piano di investimento.

Parlando invece di rifiuti, nel suo recente intervento al Sicon ha accennato ad altre tematiche normative per lo più inserite nel collegato ambientale alla legge di stabilità. Di cosa si tratta? Il recente collegato ambientale, che come Associazione abbiamo vissuto in prima persona, prevedeva inizialmente una politica di incentivazione per lo sviluppo impiantistico nel trattamento dei rifiuti, che però non è stata poi introdotta nel testo di legge approvato. Si è preferito prorogare nuovamente di un ulteriore anno il divieto di conferimento in discarica per i rifiuti con elevato potere calorifico, una scelta che sposta solo il problema senza però creare le condizioni necessarie per una politica di programmazione per nuovi impianti che dovranno essere un’alternativa alle discariche. Fintantoché non si creeranno le condizioni per favorire la programmazione e l’incentivazione degli impianti, si continuerà di anno in anno a smaltire i rifiuti in discarica e la lobby delle società ex-municipalizzate continuerà a trarne vantaggio. Tra gli strumenti a disposizione del legislatore, ad esempio, si potrebbe aumentare l’ecotassa anno dopo anno in modo da incentivare la realizzazione di nuovi impianti disincentivando sempre più il conferimento in discarica, politica messa in atto da molti altri Stati comunitari. Come dicevo questo avrebbe creato le condizioni, la norma purtroppo non è andata avanti in tal senso ed essendo stato nuovamente prorogato il divieto non vi è convenienza a conferire i rifiuti al di fuori delle discariche. Ciò ha invece portato alla creazione di un paradosso tutto italiano costringendo gli impianti di termovalorizzazione alla riduzione dei prezzi al livello della discarica.

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s t o r ia d i c op ert i na

Questo per quanto riguarda le discariche, va detto inoltre che nel collegato ambientale è stato attribuito al Ministero dell’Ambiente il compito di individuare la “rete nazionale integrata ed adeguata di impianti di incenerimento dei rifiuti”. Questo porterà ad effettuare una verifica sul territorio italiano in modo da capire quali impianti ci sono e qual è il reale fabbisogno per poter programmare la rete impiantistica necessaria. Anche questo fa parte dello sviluppo, è industria ambiente, è tecnologia, è creazione di posti di lavoro, è project financing. Come Associazione vorremmo portare avanti questo discorso presente nel collegato ambientale, perché solo in questo modo si può arrivare al vero sviluppo tecnologico, affermando che il rifiuto non è un problema, che il rifiuto si può recuperare, in parte come materia e in parte come energia. Parlando invece di Associazioni, sono molte le realtà associative del settore ambientale, molte delle quali sono state anche ospiti su passati numeri della nostra rivista. Ritiene questo aspetto positivo oppure la sovrapposizione di diverse realtà sulle medesime tematiche può avere dei risvolti negativi? Questo dal mio punto di vista è un grosso limite e non rappresenta certo un vantaggio nel difendere gli interessi delle aziende del settore. E’ chiaro che presentarsi uniti di fronte alle istituzioni e portare avanti un discorso unitario e corale risulterebbe più efficace. Presentarsi invece in modo frammentato con posizioni che magari differiscono di poco tra loro contribuisce a creare confusione e a rendere poco efficace l’approccio di tutti. Visto che pensare di fare un’unica associazione non sembra essere una strada percorribile poiché troppi sono gli ostacoli da superare, l’alternativa potrebbe essere quella di creare una sorta di federazione o rete delle imprese private in modo che ognuno mantenga la propria identità ma si possano anche portare avanti delle posizioni comuni avendo chiaro tutti che si debba guardare al quadro complessivo per definire la giusta prospettiva. Questo è un percorso difficile che stiamo cercando di portare avanti nonostante le grosse

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difficoltà che inevitabilmente si creano per ostruzionismi o personalismi, ma ritengo che si debba proseguire in questo senso poiché ne va della nostra credibilità come associazioni di fronte alle nostre stesse aziende associate. Ad esempio sul Sistri ci siamo mossi con un fronte comune, siamo stati coordinati e per

questo siamo stati ascoltati, con il risultato che abbiamo ottenuto le proroghe per l’avvio del sistema. Se fosse così anche su altri argomenti avremmo sicuramente più voce in capitolo, ma presentandosi ognuno per conto proprio non creiamo quel giusto asset che sarebbe premiante per noi e per tutti gli associati.

A .N.I.D.A. Associazione Nazionale delle Imprese di Difesa dell'Ambiente Associazione Nazionale di categoria strutturata in tre Unioni, raggruppamenti di settore, alle quali aderiscono imprese con interessi rivolti al medesimo campo e con attività produttive comuni. unione servizi ambientali

Imprese che operano nei diversi settori di attività di gestione dei servizi Ambientali, tra i quali: la gestione degli impianti fissi e mobili di difesa dell’ambiente, l’intermediazione e commercio di rifiuti, la valorizzazione delle frazioni provenienti dalle attività di recupero. All’Unione aderisce anche la Sezione Trasporto che associa le imprese leader nel settore dei trasporti di rifiuti speciali pericolosi e non, su tutto il territorio nazionale e internazionale. unione smaltimento rifiuti

– costruttori impianti e trattamento fumi

Imprese che progettano, costruiscono e gestiscono (anche in Project financing) impianti di trattamento dei rifiuti e residui vari finalizzati al recupero di materiali e di energia e allo smaltimento finale dei rifiuti non ulteriormente recuperabili. Imprese che progettano e realizzano impianti di abbattimento degli inquinanti per il controllo delle emissioni in atmosfera. unione acqua costruttori e gestori

Imprese che progettano, costruiscono e gestiscono (anche in Project financing) impianti tecnologici per il ciclo integrato dell’acqua, dalla captazione ai trattamenti finali di depurazione delle acque reflue civili ed industriali. Imprese che gestiscono il ciclo integrale delle acque oppure i servizi acquedottistici; oppure di depurazione idrica, oppure di fognatura, in accordo con la normativa italiana e comunitaria.


Quanto ti costa smaltire i reflui della tua lavasciuga pavimenti?

Perchè reaqua: una lavasciuga pavimenti di medie dimensioni, in un turno di lavoro, “produce” 600 litri di reflui liquido-fangosi. Cos’è reaqua: un sistema chimico/fisico per il recupero e riutilizzo di acqua da reflui. Cosa fa reaqua: riduce al minimo la quantità di refluo da smaltire al depuratore e riutilizza l’acqua “chiarificata” per altri lavaggi nella lavasciuga pavimenti o in una idropulitrice. Perchè reaqua è mobile: (trasportabile su un furgone) per essere usato in cantieri sprovvisti di fognature o nella pulizia di spazi pubblici come strade e portici. Quanto produce reaqua: tratta 250 litri di refluo/ora recuperando 245 litri di acqua ”chiarificata”.

Pulire bene, con profitto e con il minimo impatto ambientale possibile.

RCM S.p.A. Via Tiraboschi, 4 Casinalbo Modena Italia, Tel +39 059 515 311, info@rcm.it www.rcm.it


ATT U A LIT à

Riqualificare il patrimonio immobiliare per ricostruire l’economia del paese REbuild, la convention nazionale sulla riqualificazione, individua strade concrete per ridurre il consumo di suolo e rilanciare il settore delle costruzioni di Bruno Vanzi

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o scorso novembre si è tenuta a Riva del Garda la seconda edizione di REbuild, la convention nazionale sulla riqualificazione e gestione sostenibile dei patrimoni immobiliari. Oltre 400 partecipanti hanno affrontato il problema di come rendere più sostenibili i 4,5 milioni di edifici da riqualificare che fanno parte del patrimonio immobiliare italiano. In un Paese tradizionalmente legato all’investimento nel mattone il patrimonio immobiliare delle famiglie italiane ammonta a 6.355 miliardi di euro pari a 4,2 volte il PIL nazionale, una risorsa così importante che sta però perdendo progressivamente valore. L’85% degli immobili, pari circa 2 miliardi di metri quadri, necessitano infatti di interventi di riqualificazione. Già la prima edizione di REbuild aveva posto l’attenzione sul tema fondamentale della riqualificazione legata alla riduzione del con-

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sumo di suolo, condizione necessaria per la ripresa del settore delle costruzioni e tematica verso la quale stanno convergendo le strategie nazionali di vari Paesi. Quest’anno in un ruolo centrale abbiamo trovato le tematiche del come finanziare la riqualificazione mentre è stata confermata l’importanza degli aspetti di sostenibilità come evidenziato dalla chiusura della convention che, in modo evocativo, ha dato il via all’era della riqualificazione sostenibile. In questo articolo abbiamo riportato le opinioni di alcuni personaggi che hanno partecipato all’edizione 2013 di REbuild fornendoci diversi spunti di riflessione e punti di vista su una tematica di primario interesse per lo sviluppo e la ripresa dell’economia italiana. Fotografie ©REbuild/MDestefano

Le interviste riportate nell’articolo sono tratte dalle 30 video interviste realizzate dal giornalista Emanuele Bompan e da Silvia Fedrizzi in occasione di REbuild e contenute all’interno degli Atti. Sempre all’interno degli Atti è possibile trovare: le registrazioni audiovideo di tutte le sessioni (audio con powerpoint) in formato mov; i file in formato pdf delle presentazioni dei relatori che hanno dato il consenso alla distribuzione dei materiali, inclusa la presentazione di Banca d’Italia, Nomisma, Habitech e Anci; la rassegna stampa completa su REbuild e oltre 250 immagini della due giorni a Riva del Garda. Per l’acquisto degli Atti REbuild 2013 visitate il sito www.rebuilditalia.it.


Luca Dondi dall'Orologio Direttore Generale Nomisma Il settore della riqualificazione è sempre più strategico per l’economia italiana. Perché e dove stiamo andando? E’ strategico perché c'è bisogno di stimolare la crescita e attraverso la riqualificazione si può dare un contributo e uno stimolo alla crescita, per cui in una fase di stabilizzazione dell'economia con un'aspettativa di incremento del PIL molto contenuta riuscire ad avere degli strumenti di attivazione di crescita è molto importante. Dove stiamo andando? Speriamo nella giusta direzione cioè enfatizzando gli aspetti di efficientamento e di riqualificazione e perdendo di vista quelli di nuova costruzione su terreno vergine. Saranno importanti i prossimi mesi e anni per capire se ci siamo effettivamente inseriti in un solco internazionale o stiamo semplicemente aspettando che ritorni un mercato che abbiamo lasciato alle nostre spalle e che difficilmente tornerà. Per cui se l’aspettativa è quella che si riproponga uno schema e un mercato come quello vecchio rimarremo per l’ennesima volta delusi e indietro. Riqualificare il patrimonio pubblico nazionale potrebbe essere un sistema di spending review in qualche modo. Quali sono gli ostacoli principali oggi per un piano nazionale di questo tipo? In effetti potrebbe essere uno stimolo importante e un contenimento della spesa il primo elemento di consapevolezza. Sapere qual è il patrimonio, come è articolato, dove intervenire e come farlo. E’ questo quello che manca a vari livelli e impedisce l’orientamento delle risorse su quello che potrebbe essere un elemento di spending review e allo stesso tempo di stimolo alla crescita. Il fatto di non riuscire a capire l'importanza della riqualificazione credo faccia parte di quella mancanza di capacità strategica che purtroppo caratterizza la classe dirigente di questo Paese. Una delle debolezze dell’Italia è che è un Paese data-poor, cioè non ci sono forse sufficienti dati per misurare la qualità e la quantità del patrimonio immobiliare pubblico ma anche privato. E’ corretto? E’ vero, in Italia purtroppo c'è una mancanza di dati ma questa deriva da una propensione alla trasparenza molto timida per cui a differenza di altri Paesi dove il dato è un patrimonio comune nell'interesse del sistema, in Italia il dato è un patrimonio del singolo nell’interesse proprio. Questo è il salto culturale che dobbiamo fare per riuscire ad attrarre investimenti stranieri altrimenti rimarremo un mercato piccolo e contingentato dal punto di vista della quantità e del volume degli investimenti complessivi.

Tommaso Dal Bosco Capo Dipar timento Patrimonio Urbanistica Politiche per la Casa di ANCI Nel corso del 2012 ANCI è stata protagonista del Piano per le Città, questo investimento governativo sulla rigenerazione urbana che mancava da moltissimo tempo. Noi abbiamo investito su questo e siamo contenti di averlo fatto, i risultati sono un po' di discontinui e troviamo perciò la necessità di costituire una rete informale, un tavolo di lavoro continuo aperto fra i Comuni che hanno intrapreso questa strada, anche a beneficio dell’intero numero di Comuni che si sono candidati mostrando la necessità di avviare processi di rigenerazione urbana. Riteniamo infatti fondamentale entrare nel nuovo ciclo di programmazione europeo, che promette di investire moltissimo nella rigenerazione urbana, con un parco progetti qualitativo e non adagiato sulle vecchie logiche dell’investimento pubblico fine a se stesso. Per quanto riguarda la situazione dei Comuni italiani, salvo qualche rara eccezione direi che purtroppo le città italiane soffrono terribilmente, non diventano più belle, per essere generosi, e non è solo un problema di soldi. C’è un grosso problema di governance. Per molti anni l’amministrazione centrale dello Stato si è disinteressata della rigenerazione urbana senza però liberare le corrispondenti risorse che prima direttamente impiegava. Oggi purtroppo ci troviamo a dover affrontare questa stagione che rischia di diventare una semplice rivendicazione economica. E’ chiaro che i Comuni hanno bisogno di soldi ma hanno anche bisogno di reti lunghe di appoggio per capire cos'è la qualità e per capire come si entra nei circuiti competitivi globali imparando a diventare competitivi appunto senza appoggiarsi esclusivamente a logiche di finanza pubblica.

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ATT U A LIT à

Costanza Pratesi Responsabile Sostenibilità Ambientale del FAI Perché la riqualificazione è importante per il nostro patrimonio storico artistico? Direi che è difficile da descrivere la ricchezza che il nostro Paese ha come patrimonio storico e culturale di valore. Ma non si tratta solo di questo, noi abbiamo una storia lunghissima di beni culturali che si trascinano dall’archeologia ad oggi e il valore che questi hanno e l’importanza che riveste il fatto di mantenerne comunque traccia anche nelle trasformazioni urbane è enorme. Non solo per l’attrattività turistica ma anche per la qualità del loro valore identitario per la popolazione e per i cittadini. Abbiamo un patrimonio edilizio comunque vecchio, che per il sessanta, settanta per cento ha almeno quarant'anni. Di questo noi stimiamo e tuteliamo quello che è il patrimonio che risale dall’antichità fino alla storia del dopoguerra; recentemente anzi stiamo riscoprendo e valorizzando anche il dopoguerra e il movimento moderno e quasi contemporaneo. Si tratta quindi di un patrimonio immenso che ha bisogno di essere riqualificato al di là della sua “salute” di edificio ma soprattutto perché dal punto di vista energetico e dei consumi si tratta di edifici costosissimi da gestire e da mantenere. Questa è una sfida molto forte quindi sia per la loro stabilità e per la capacità di tenerli per il futuro della nazione ma anche per la capacità di renderli più efficienti. Preservare questi patrimoni rappresenta anche una strategia chiave per sconfiggere un po' la grossa sfida della finanza? In maniera un po’ strabica in Italia si è deciso di costruire molto nuovo pensando che l’edificio potesse vivere di vita propria. Ma questo non è vero infatti anche lo Stato si trova a dover dismettere il proprio patrimonio immobiliare perché i costi sono ingestibili soprattutto dal punto di vista energetico. Quindi è un elemento chiave importante sui cui peraltro c’è una sfida anche nell’innovazione perché è evidente che non si possono applicare criteri molto semplici per quanto riguarda la riqualificazione e l’efficientamento energetico. Qui la sfida per le imprese sull’innovazione tecnologica è ancora maggiore, è ancora più interessante ed è capace di dare anche qui al Paese una svolta in termini di innovazione d’impresa.

Paolo Gurisatti Economista Università Ca’ Foscari di Venezia Professor Gurisatti, a che punto siamo in Italia con il Piano Città? Ritengo ci siano una serie di problemi, non nuovi nel nostro Paese, nei rapporti fra gli enti locali e il Ministero che aveva interpretato il Piano Città come un'occasione per promuovere la rigenerazione di alcune parti delle nostre città non solo per rilanciare l'economia ma anche per immaginare una nuova identità per i nostri territori. Su quel fronte c’è ancora qualche problema ma è interessante invece il fatto che siano stati presentati progetti molto diversi di sviluppo di aree industriali, di recupero dei centri storici per attività turistiche, culturali, ecc. Mi sembra di vedere che i progetti dei Comuni aumentano di qualità e potrebbero trovare anche investitori esterni una volta risolti i problemi legati a quel minimo supporto finanziario che dovrebbe arrivare dal Ministero.

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Siti contaminati: esperienze, casi studio, tecnologie e aspetti normativi a confronto L’edizione bresciana del Sicon conferma l’importanza di un evento divenuto ormai un punto di riferimento per il settore delle bonifiche di Maria Rosaria Boni*, Carlo Collivignarelli** e Federico G.A. Vagliasindi***

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on l’obiettivo di confrontarsi ed aggiornarsi sulle esperienze maturate in Italia nel settore della bonifica dei siti contaminati, si è di recente (6-8 febbraio 2014) svolto a Brescia il Workshop “SiCon 2014 Siti contaminati: esperienze negli interventi di risanamento”, che è stato organizzato dai gruppi di Ingegneria Sanitaria Ambientale coordinati dai sottoscritti presso la Sapienza Università di Roma, l’Università degli Studi di Brescia e l’Università degli Studi di Catania, con la collaborazione dell’ANDIS (Associazione Nazionale di Ingegneria Sanitaria Ambientale) e del GITISA (Gruppo Italiano di Ingegneria Sanitaria Ambientale). Nel presente articolo viene brevemente illustrata una sintesi degli argomenti trattati nel corso del Workshop che ha affrontato aspetti di carattere tecnico/operativi presentando numerosi casi di studio su scala industriale. Uno studio del 2007 dell’European Environmental Agency indica in 3.000.000 il numero complessivo di siti potenzialmente inquinati presenti in Europa e stima pari a circa 250.000 il numero di siti contaminati che attualmente richiedono un trattamento di bonifica nei Paesi membri. Si prevede, inoltre, che il numero di siti contaminati da bonificare possa incrementare del 50% entro il 2025. I fondi strutturali europei stanziati (2005-2013) per la riabilitazione di siti industriali ammontano a 2.250 miliardi di euro (EU25).

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In Italia, secondo il più recente censimento elaborato dall’ISPRA, che prende in esame i dati del 2012, i siti potenzialmente contaminati sono 15.131 e quelli potenzialmente contaminati accertati 6.027; i siti contaminati sono 4837, di cui 4097 con attività avviate. I siti bonificati risultano pari a 3088. Nel 2013 i siti di interesse nazionale (i cosiddetti SIN) sono stati ridotti da 57 a 39; dal punto di vista dell’estensione territoriale, tali siti interessano un totale di circa 160.000 ettari a terra e 130.000 ettari a mare. L’iter istruttorio per le attività di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei SIN è coordinato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, coinvolge il Ministero dello Sviluppo Economico, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, le Regioni, le Province, i Comuni, i Commissari di Governo, le ARPA regionali, gli Istituti scientifici, le Autorità Portuali, le Capitanerie di Porto, le Prefetture, le Associazioni ambientaliste, i Sindacati Nazionali e le Aziende interessate. Risulta quindi evidente la necessità ed utilità di confrontarsi ed aggiornarsi sulle esperienze maturate con specifico riferimento alle strategie e linee guida di intervento per il risanamento e la messa in sicurezza di siti contaminati, ai dettagli costruttivi e di gestione di interventi previsti e condotti a scala industriale, alle difficoltà associate all’iter amministrativo per

l’approvazione ed attuazione dei progetti di intervento ai più recenti sviluppi della ricerca scientifica sulle tecnologie di trattamento di suoli, acque sotterranee e sedimenti contaminati. Il confronto delle esperienze maturate consente di evidenziare le principali problematiche (tecniche, economiche, gestionali, istituzionali e normative) che spesso si presentano nell’ambito di progetti di bonifica. In quest’ottica, nel corso del Workshop sono stati presentati una sessantina di contributi (raccolti in un volume a stampa) fornendo un quadro ampio e aggiornato sullo stato dell’arte relativo alle attività di bonifica di siti contaminati. In particolare, sono stati inizialmente approfonditi aspetti e problematiche relative alla normativa di riferimento, all’analisi di rischio, alla gestione delle terre e rocce da scavo.


Sono state quindi presentate una trentina di diverse esperienze di messa in sicurezza e bonifica di acquiferi, terreni, sedimenti e siti di discarica contaminati che hanno previsto il ricorso a impianti a scala industriale con tecnologie convenzionali, innovative e multiple. Nel corso del Workshop si sono tenute anche una tavola rotonda sul possibile ruolo delle bonifiche nella ripresa economica e una sessione dedicata ai risultati più recenti della ricerca scientifica sulle tecnologie di trattamento di suoli, acque sotterranee e sedimenti contaminati. Sono state infine previste una visita tecnica presso la piattaforma di trattamento terreni contaminati PBR di Maclodio (BS) e una sessione speciale dedicata al SIN “Brescia-Caffaro”. Hanno partecipato al Workshop quasi trecento persone (provenienti da tutta Italia e operanti in Enti di controllo, società private, centri di ricerca, studi professionali) interessate alla realizzazione e alla gestione di progetti ed interventi di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati. Sommariamente, le presentazioni, la tavola rotonda ed il confronto delle esperienze hanno evidenziato che: • il panorama normativo non risulta pienamente adeguato alle esigenze di una rapida attivazione e di un’efficace prosecuzione degli interventi di bonifica ed è necessario un quadro giuridico di riferimento certo e stabile; • sebbene si ravvisi un crescente impiego di tecnologie in situ, nel cinquanta percento dei casi gli interventi di bonifica si limitano all’escavazione e allo smaltimento in discarica dei terreni contaminati o al contenimento degli acquiferi; • i costi di bonifica in Italia sono molto più alti che in altri Paesi europei; • il recupero funzionale dei siti contaminati può giocare un ruolo chiave al fine di recuperare le risorse economiche investite per la bonifica del sito, pertanto è auspicabile l’integrazione di procedure per il recupero funzionale; • il supporto della ricerca scientifica risulta indispensabile per il necessario avanzamento tecnologico del settore; • lo scambio delle conoscenze e delle esperienze del settore è un fattore essenziale per far crescere il settore bonifiche e occorre migliorare la diffusione del sapere tra i soggetti coinvolti dal punto di vista legislativo, tecnico e amministrativo. Le prossime edizioni del SiCon si svolgeranno a Catania nel 2015 e a Roma nel 2016. Maggiori informazioni sul volume degli Atti del SiCon 2014 sono disponibili sul sito www.csisa.it o possono essere richieste contattando info@csisa.it. *Sapienza, Università di Roma **Università degli Studi di Brescia ***Università degli Studi di Catania

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ATT U A LIT à

I conti con l’ambiente si fanno in primavera La settima edizione di Ravenna2014 si sposta a maggio mantenendo intatte le caratteristiche vincenti di questo evento green a km zero di Gian Maria Brega*

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renderà il via il 21 maggio “Ravenna2014 - Fare i conti con l’ambiente”, evento a km zero (si svolge interamente nel Centro Storico pedonale di Ravenna all'interno di 12 Sale attrezzate, in Piazza del Popolo e nelle principali vie del Centro Storico) sui temi della sostenibilità ambientale e sulle buone pratiche in tema rifiuti/acqua/energia. La prima novità di questa settima edizione è l’anticipo a primavera, rispetto alla classica collocazione di fine settembre, con l’obiettivo di divenire evento ancor più importante a livello nazionale ed internazionale: 21-22-23 maggio 2014 sono le nuove date condivise con i partner e le istituzioni. Ravenna2014 si conferma una delle manifestazioni “green” più originali del panorama italiano, con un format che miscela contenuti dall’alto valore tecnico-scientifico calati all’interno di un “palcoscenico” particolare

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come il centro storico della città. Efficace e originale è anche lo sviluppo "dal basso" dell'iniziativa, con il coinvolgimento di tutti gli attori (istituzioni, associazioni di categoria, imprese, ecc.) attraverso la regia di Labelab, gruppo di professionisti operante nel settore dei rifiuti, dell’acqua, dell’energia con un team di 50 professionisti nazionali ed internazionali, con la collaborazione del Comune di Ravenna, di altri 40 soggetti, Associazioni, Federazioni, Enti e Aziende (patrocinatori, partner e sponsor). La manifestazione si configura come un vero e proprio festival formativo con un’ampia rassegna di conferenze, seminari di formazione (labmeeting) e workshop in grado di abbracciare tutti i segmenti di attualità tecnico-scientifica del settore rifiuti, acqua, energia, bonifiche e sostenibilità ambientale.

Il programma sarà disponibile da fine marzo sul sito ufficiale dell’evento www.ravenna2014.it. Tante le novità di questa edizione: • l’approfondimento di tutte le tematiche connesse alla gestione evoluta dei rifiuti urbani (aspetti tecnici e normativi), della gestione delle risorse idriche e dell’ottimizzazione energetica; • uno spazio di presentazione specifico per importanti progetti europei (SIFOR, Identis WEEE, Cop, ecc.); • la nuova edizione del PremioAmbiente promosso dalla Camera di Commercio di Ravenna; • l'Alta Scuola di Formazione sulla Bonifica di Siti Contaminati che sarà ospitata per il 2° anno a Ravenna, un corso residenziale rivolto a sviluppare concrete professionalità nel campo del recupero e riconversione delle aree dismesse e dei siti contaminati;


Perché partecipare a Ravenna2014? I temi di frontiera, l’aggiornamento delle tecnologie, gli approfondimenti normativi Il modello originale di manifestazione con “sviluppo dal basso” Forte socializzazione e coinvolgimento dei partecipanti Una location speciale, il centro storico di Ravenna, città d’arte millenaria

• un Focus specifico sul tema Bonifica dell’Amianto, enorme questione (ancora 32 milioni di tonnellate – un carico di circa 2 milioni di tir – da mettere in sicurezza a venti anni dal divieto di produrlo e installarlo) che sarà affrontato con approfondimenti specifici con i maggiori esperti del settore; • la presentazione dei temi della qualità ambientale nell’edilizia con particolare riferimento ai problemi del controllo dello stato dei suoli e sottosuoli e alla radioatti-

vità dell’ambiente e dei materiali utilizzati; • un momento di confronto internazionale sulle Strategie e Sistemi Europei per la riqualifica delle aree dismesse per una Nuova Economia Territoriale. E’ in fase di definizione il riconoscimento dei crediti formativi per gli iscritti agli Ordini Professionali (Ingegneri e altri Ordini). Altra caratteristica peculiare è il fatto che si tratta di un evento sempre "attivo" grazie alle attività di comunicazione pre e post-

manifestazione, e grazie anche al contributo del blog di labelab (www.labelab.it/blog), vera e propria piattaforma di “conversazioni sostenibili” in tema ambientale. La storia e i contenuti delle precedenti manifestazioni sono sempre disponibili nei rispettivi siti www.ravenna2008.it, www.ravenna2009.it, www.ravenna2010.it, www.ravenna2011.it, www.ravenna2012.it e www.ravenna2013.it. *Labelab s.r.l.

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fabbric a d e l l e i d ee

Fiore di Loto: da simbolo di purezza a progetto innovativo e rivoluzionario Prende il nome da un fiore asiatico ma è una tecnologia del tutto italiana che consente di polverizzare, disidratare e sterilizzare istantaneamente solidi e liquidi di Erika Cammisa e Paolo Gioiello*

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l progetto “Fiore di Loto” nasce dall’idea del Dr. Arch. Gian Maria Enrico Barbotto poi sviluppatasi attraverso l’ausilio di esperti ricercatori operanti in diversi settori del campo energetico ed ambientale. Nella sua visione più ampia il progetto globale si pone l’ambizioso obiettivo di produrre, attraverso la realizzazione di una serie di programmi di ricerca, un sensibile e rimarcabile miglioramento della qualità di vita, eliminando ogni forma di inquinamento e anidridi e, al contempo, incrementando la produzione di energia a bassissimo costo. In questo specifico contesto si è sviluppato un macchinario rivoluzionario in grado di effettuare la polverizzazione, disidratazione e sterilizzazione istantanea di

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materiali solidi e liquidi e denominato Fiore di Loto. L’intero progetto nasce da studi accurati effettuati sulle invenzioni ed esperimenti di Nikola Tesla, scienziato, fisico, inventore, o più semplicemente colui che è stato da molti definito come “l’uomo che ha inventato il ventesimo secolo”. La realizzazione del Fiore di Loto ha comportato oltre 38.000 ore dedicate alla ricerca scientifica e ingenti investimenti da parte di soggetti privati e ricercatori che hanno creduto in questa meravigliosa impresa potenzialmente in grado di cambiare le sorti di un pianeta sempre più compromesso da forme di energia inquinanti e distruttive. La scelta è stata quella di portare avanti una forma di energia creativa, pulita e libera. Sono così venuti alla luce diversi prototipi già testati e funzionanti della macchina denominata Fiore di Loto. La tecnologia, ormai in fase di sviluppo avanzato, è tutelata da brevetto nazionale depositato nel 2011 e internazionale depositato nel 2012.

Il PROGETTO FIORE DI LOTO Questo progetto nasce dallo spirito di ricerca rivolto alle soluzioni innovative nel campo ambientale. Il punto chiave dell’idea e del progetto si iden-

tifica nella possibilità di utilizzare il macchinario per molteplici applicazioni in differenti settori, dall’industria, al comparto minerario, a quello alimentare e più attuale dei rifiuti e della purificazione delle acque. Questa tecnologia ha portato allo sviluppo e alla realizzazione di un sistema di “polverizzazione” non meccanica (senza attrito) dei materiali, i cui effetti principali sono l’ottenimento, attraverso un unico processo di lavorazione, della completa e istantanea polverizzazione, disidratazione, sterilizzazione, dei materiali solidi e liquidi immessi nel sistema. La polverizzazione avviene, a seconda della taratura, con granulometrie che variano dai 3 agli 80 Micron in un solo passaggio e in tempi ridottissimi.


Il tonnellaggio del materiale processato può essere aumentato installando più implosori periferici, pertanto la capacità è molto ampia e risulta essere anche del 100-150% superiore agli impianti presenti attualmente sul mercato. Il Fiore di Loto rappresenta una definitiva soluzione alla constante necessità di identificare, nella maggior parte dei settori industriali, nuove soluzioni che contribuiscano alla riduzione dei residui di lavorazione più o meno inquinanti e alla trasformazione di materie prime. Il Fiore di Loto consente, infatti, l’eliminazione totale di ogni forma inquinante presente nei materiali trattati, che siano allo stato solido o liquido, i quali vengono istantaneamente polverizzati, sterilizzati, essiccati e disidratati. I prodotti processati non comportano alcuno scarto nocivo, né l’emissione di fumi o sostanze inquinanti e permettono il riutilizzo delle materie prime immesse come prodotto completamente rigenerato al suo stato originale. Per l’ambiente, Fiore di Loto potrebbe essere determinante per disinquinare, riutilizzando e trasformando in ricchezza da rivendere come sostanze immediatamente riutilizzabili, i prodotti processati. Polverizzando purifica dall’inquinamento e riduce il volume del materiale in ingresso minimo del 50% e, a seconda della sostanza, sino a valori prossimi all’80%. Riducendo notevolmente i volumi si evita inoltre, per merito di una energica pastorizzazione, che eventuali composti organici in decomposizione, possano esalare fastidiose ed inquinanti emissioni odorigene. Alla sorprendente innovazione tecnologica, si associa un tangibile risparmio economico derivante dall’ottimizzazione dei processi di lavorazione, con rilascio di solo H2O pura (acqua) priva di ogni sostanza inquinante o radioattiva.

SETTORI DI UTILIZZO Il Fiore di Loto è un macchinario di infinite applicazioni utilizzabile in svariati settori. Stupisce la sua versatilità e il suo utilizzo in vari settori della produttività e della salvaguardia ambientale del pianeta. Catene di smontaggio e polverizzazione della materia diligentemente differenziata e ricompattata è uno dei target del Fiore di Loto. Tra i suoi utilizzi, si possono contemplare i seguenti settori di applicazione:

trattamento delle acque, settore alimentare, minerario, campo del mining, farmaceutico, delle fognature, dei rifiuti, trattamento di oli minerali e vegetali, di materiali fossili da disidratare, dell’allevamento, del trattamento delle materie plastiche, delle gomme, del vetro, dell’alluminio e dei metalli in generale, dei fanghi, dei minerali speciali, dei legnami e così via. In ogni settore ove si abbia necessità di caratteristiche quali rapidità di processo, alta qualità di risultato e costi ridotti sia di consumo che di lavorazione.

INVESTIMENTI QUALI VANTAGGI Atteso che il Fiore di Loto è un macchinario innovativo unico al mondo che non presenta caratteristiche similari ad altri impianti presenti sul mercato, sia per quanto concerne il funzionamento tecnico, sia per quanto concerne il processo ottenibile, di seguito si elencano i maggiori vantaggi accertati che il macchinario assicura: • ridotte dimensioni e facilmente containerizzabile; • maggiori performance attese rispetto ad ogni altro impianto oggi esistente; • eliminazione di diverse fasi non più necessarie con conseguente drastica riduzione dei costi connessi alla realizzazione degli impianti; • lavorazione dei materiali immediata mediante un unico processo; • possibilità di prevedere variazioni nei carichi di quantità in ingresso; • possibilità di riuso dei materiali immessi; • investimenti limitati rispetto ad altri impianti di similare applicazione; • ridottissimi di costi gestione; • limitata richiesta di energia; • bassi costi di manutenzione grazie al miglioramento del ciclo di vita atteso dell’impianto; • eliminazione dei cattivi odori e qualsiasi sostanza nociva o inquinante; • contenimento drastico dei rumori; • affidabilità del macchinario; • eliminazione di qualsiasi trattamento chimico/ fisico; • ininfluenza delle caratteristiche climatiche; • versatilità totale con possibile conversione per il riutilizzo verso altre applicazioni; • pochi ostacoli normativi e limitati impatti ambientali; • rispetto degli obblighi normativi in tema ambientale.

Il Fiore di Loto rappresenta un progetto imprenditoriale con alte marginalità e sicuri ritorni economici, privo di barriere all’entrata e con ampie garanzie di operare in un mercato esclusivo, di fatto monopolistico, per il medio/ lungo periodo. Allo stato attuale non esistono tecnologie simili e, rispetto ad altre tecnologie presenti sul mercato, il costo di acquisto non richiede investimenti massicci. Il macchinario, non emettendo alcuna forma inquinante, non necessita di particolari permessi sempre onerosi e difficili da ottenere per le aziende. In relazione al settore di utilizzo, trattandosi di una assoluta novità sul mercato, occorrerà prevedere appositi studi prima dell’applicazione nei diversi campi specifici. Il macchinario è prodotto su commessa e sulla base delle esigenze specifiche del cliente, tuttavia si adatta facilmente al riutilizzo in diversi settori mediante un minimo riadattamento, pertanto in caso di ristrutturazioni aziendali, lo stesso potrà essere facilmente riconvertito o ceduto.

CAPACITà e CONSUMI Il Fiore di Loto può processare dalle 100 alle 250 t/h per i materiali solidi, mentre per i materiali liquidi può processare fino a 80 m3/h. La macchina è alimentata elettricamente e i consumi si stimano in media dai 150 ai 300 KWh in base alla capacità produttiva richiesta dal cliente. I dati sono stati estrapolati dalle sperimentazioni e dalle rilevazioni effettuate durante gli anni di studio e sulla base di calcoli statistici. *Light Blue Dolphin s.r.l.

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Polo Ambientale Integrato: la risposta di Parma ad una gestione efficiente dei rifiuti Pretrattamenti, termovalorizzazione e recupero energetico. Ecco come è strutturato il controverso polo di gestione rifiuti del capoluogo parmense di Maeva Brunero Bronzin

I

n base all’attuale normativa europea la gerarchia della gestione rifiuti prevede innanzitutto la prevenzione quindi il riutilizzo, il riciclo, il recupero di altro tipo e infine lo smaltimento in discarica. Secondo le informazioni Eurostat, integrate con i dati Ispra, nel 2010 nell’UE 27 sono stati prodotti cica 252,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, l’1,1% in meno rispetto all’anno precedente a conferma di una tendenza alla diminuzione iniziata nel 2008, frutto essenzialmente della crisi economica di questi anni. Le soluzioni adottate dai Paesi membri per la gestione dei rifiuti rispecchiano le seguenti percentuali: 38% discarica, 22% incenerimento, 25% riciclaggio e 15% compostaggio. Gli Stati tradizionalmente considerati più avanzati ricorrono in prevalenza al recupero di materia abbinato al recupero energetico da rifiuti, con una percentuale massima raggiunta dalla Danimarca dove si ricorre al termovalorizzatore per il 54% mentre compostaggio e riciclaggio raggiungono insieme quota 42%. In Svezia il recupero di energia è al pari con il recupero di materia (circa 48%), mentre Olanda e Germania superano il 30% con la termovalorizzazione mentre si attestano oltre il 60% con il recupero di materia.

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In generale si può osservare che più un Paese è povero meno vi sono politiche efficaci in tema di gestione rifiuti e, conseguentemente, maggiore è il ricorso allo smaltimento in discarica. Lo scenario italiano fotografa una situazione di luci e ombre ove si evidenzia un positivo rallentamento della produzione di rifiuti urbani ed una crescita sensibile della percentuale di raccolta differenziata cui fa però da contraltare il ricorso allo smaltimento in discarica che si conferma sempre come sistema più diffuso (46%), mentre la termovalorizzazione si attesta al 16%, ben al di sotto rispetto ai dati registrati nei Paesi europei più virtuosi. Scendendo ad un livello di dettaglio superiore e concentrando l’attenzione sull’Emilia Romagna qui possiamo notare che, dopo il calo fatto rilevare tra il 2008 e il 2009, la produzione procapite della regione torna e crescere attestandosi nel 2010 a circa 677 kg per abitante per anno (11 kg in più rispetto al 2009). Il tasso di raccolta differenziata è invece di poco inferiore al 47,7%. Secondo i dati forniti da ARPA Emilia Romagna i rifiuti indifferenziati prodotti sono stati smaltiti secondo queste quote: discarica 56%; incenerimento 33%; bio-stabilizzazione 8%; produzione combustile da rifiuti (CDR) 2% e 1% a recupero come materiali selezionati.

Gli impianti di incenerimento per rifiuti urbani e combustibile da rifiuti (CDR) attivi sul territorio regionale erano 8 (50 in Italia) per una capacità autorizzata complessiva pari a 1.044.100 tonnellate. L’unica provincia a non essere dotata di impianti di smaltimento era quella di Parma costretta a conferire, in deroga alla normativa vigente, i propri rifiuti in impianti extraprovinciali.

Il Modello Parma: riduzione, riciclo e recupero energetico dai rifiuti Nel territorio di Parma, con l’attuazione del Piano Provinciale Gestione Rifiuti, approvato nel 2005, gli interventi per una gestione efficiente dei rifiuti si sono orientati principalmente su tre aree: • la riduzione della produzione; • il riciclo e il riuso dei materiali; • il recupero energetico e di calore attraverso la termovalorizzazione. La totale dipendenza dall’esterno per lo smaltimento dei propri rifiuti, è causa di una tariffa elevata per lo smaltimento degli stessi infatti, se nel 2009 la tariffa di smaltimento dei rifiutiurbani a Parma è stata di 160 Euro/t, a Reggio Emilia è stata di 105 Euro/t e a Piacenza


Le principali dotazioni impiantistiche Il termovalorizzatore é dotato di un sistema impiantistico che utilizza le migliori tecnologie attualmente disponibili (Best AvailableTechniques): • linea di pretrattamento dei rifiuti urbani residui alla raccolta differenziata (TMB) • 2 linee di combustione a griglia e caldaia per la produzione di vapore surriscaldato con prima fase di trattamento dei fumi per l’abbattimento degli ossidi di azoto con sistema non catalitico (SNCR); • 1 linea di recupero di energia termica e produzione di energia elettrica con turbo generatore; • 2 linee di trattamento fumi ciascuna con due stadi di abbattimento dei gas acidi, dei micro inquinanti e delle polveri e con sistema catalitico (SCR) per l’ulteriore abbattimento degli ossidi di azoto e dei micro inquinanti (diossine); • linea di essiccamento dei fanghi di depurazione; • linea di stoccaggio e movimentazione dei rifiuti ospedalieri; • sistemi di monitoraggio, supervisione e controllo; • impianti, servizi accessori e caldaie ausiliarie per il teleriscaldamento. La progettazione, realizzazione e gestione del termovalorizzatore tiene conto delle Best Available Techniques (BAT) europee così come definito dalla direttiva IPPC 96/61/EC. Tali norme, che regolano sia le tecnologie utilizzate che le emissioni nell’ambiente, sono le più restrittive a livello mondiale. In sintesi le BAT richiedono che l’Autorizzazione Integrata Ambientale per un termovalorizzatore sia concessa solo a condizione che tutte le attività connesse alla vita dell’impianto (progettazione, costruzione, gestione, manutenzione e dismissione): assicurino un alto livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso e siano state testate su scala industriale.

di 117 Euro/t, cifra tra l’altro destinata a salire negli anni successivi. L’obiettivo di riduzione dei rifiuti è stato perseguito grazie ad importanti iniziative avviate dalle Istituzioni locali ed Iren come ad esempio: • favorire il compostaggio domestico di rifiuti da scarti vegetali e alimentari per convertirli in terriccio per concimare. Ai cittadini che scelgono di adottare questa pratica viene riconosciuto uno sconto sulla tariffa rifiuti oltre ad avere in omaggio un manuale per effettuare il compostaggio con tutte le istruzioni per l’uso; • ridurre la produzione di rifiuti in plastica promuovendo l’utilizzo dell’acqua pubblica nelle case e nelle mense scolastiche. L’obiettivo di riciclo e riuso dei materiali è stato invece perseguito adottando nel 2006 il sistema di raccolta differenziata porta a porta che si era nel frattempo affermato a livello europeo. In tal modo in provincia si è passati dal 30,11% di raccolta differenziata al 48,4% del 2008, fino al 58,21% del 2011.

Per il Comune di Parma, che produce circa il 46% dei rifiuti urbani dell’intera provincia, si è studiato inoltre un modello di raccolta domiciliare flessibile ed attento alle caratteristiche della città. L’obiettivo di recupero energetico e di calore attraverso la termovalorizzazione è stato perseguito grazie alla realizzazione del Polo Ambientale Integrato (PAI), lo strumento che mancava alla Provincia di Parma per raggiungere gli obiettivi di autosufficienza in attuazione di quanto previsto dalla normativa nazionale e dal sistema definito dal Piano Provinciale per la Gestione dei Rifiuti (PPGR). Gli impianti sono stati dimensionati tenendo conto dell’incremento della raccolta differenziata e di un volume di rifiuti da trattare che garantisca l’autosufficienza di smaltimento del territorio. Il Polo Ambientale Integrato prevede impianti per il recupero dei materiali riciclabili ed un termovalorizzatore per recuperare calore per il teleriscaldamento ed energia elettrica dalla parte non riciclabile dei rifiuti.

Le ragioni della scelta e le tipologie impiantistiche adottate La scelta delle tipologie impiantistiche inserite nel Polo Ambientale Integrato di Parma è il frutto di comparazioni effettuate con le tecnologie esistenti a livello mondiale. Le indagini eseguite hanno portato ad effettuare scelte alla luce dell’esperienza del centro-nord Europa che vede la conferma della tecnologia della termovalorizzazione a discapito di altre soluzioni che si sono dimostrate non risolutive o non testate su scala industriale. Il progetto di Parma, che si avvale di un processo volto al massimo riciclo dei materiali e al recupero energetico mediante l’utilizzo delle migliori tecnologie esistenti, assicura un’elevata qualità e affidabilità mentre l’estensione del sistema di teleriscaldamento consentirà, inoltre, di diminuire l'impatto ambientale riducendo le emissioni in atmosfera degli ossidi di azoto e di carbonio.

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Prestazioni ambientali e controllo delle emissioni I limiti alle emissioni in atmosfera del PAI, previsti dall’Autorizzazione Integrata Ambientale, sono inferiori rispetto a quelli previsti dalle vigenti normative nazionali ed europee.

Il controllo dell’ambiente è stato effettuato in fase preliminare, in fase di avviamento e durante l’esercizio attraverso un piano di monitoraggio con cadenze temporali prescritte dall’AIA articolato su diversi aspetti: qualità dell’aria, qualità dei suoli circostanti (com-

prensivi di test di mutagenesi), qualità delle acque di superficie e sotterranee, rumore, approfondimenti sulla filiera agro-alimentare (latte e pomodoro). L’attività di verifica dei risultati, che sono costantemente aggiornati e resi disponibili ai cit-

Intervista all’Ing. Mauro Pergetti, Direttore progettazione e sviluppo impianti Ci può descrivere le fasi principali del processo cui sono sottoposti i rifiuti in ingresso al PAI? Tutti i rifiuti in ingresso al PAI sono sottoposti ad un controllo amministrativo (verifica che gli automezzi siano autorizzati al trasporto dei rifiuti, che i rifiuti trasportati siano tra quelli autorizzati, ecc.), vengono pesati e vengono sottoposti ad un controllo per la radioattività. Solo all’esito positivo di questi controlli il rifiuto può accedere all’impianto. Dal punto di vista ambientale il processo più delicato è rappresentato dall’incenerimento dei rifiuti e di conseguenza dal trattamento dei fumi. Quali tecnologie sono state messe in campo nell’impianto di Parma a tutela dell’ambiente e della salute delle persone? Già in fase di combustione vi è un continuo e costante controllo dei parametri di processo, con una regolazione in automatico per mantenere l’impianto nelle migliori condizioni operative. All’interno della caldaia abbiamo il primo step di trattamento dei fumi, con il processo SNCR possiamo ottenere un primo abbattimento degli ossidi di azoto. Successivamente si hanno le diverse fasi di rimozione delle sostanze inquinanti, costituite essenzialmente dai seguenti comparti: • prima fase di trattamento con filtri a maniche, previo dosaggio di calce e carbone attivo per l’abbattimento delle polveri, dei metalli, dei gas acidi e dei microinquinanti organici (diossine e furani, IPA); • seconda fase di trattamento con filtri a maniche previo dosaggio di bicarbonato di sodio e carbone attivo per l’affinamento della rimozione delle polveri, dei metalli, dei gas acidi e dei microinquinanti organici (diossine e furani, IPA); • reattore catalitico per la rimozione degli ossidi di azoto e per un ulteriore abbattimento delle diossine e degli IPA. Come si vede abbiamo adottato una ridondanza di trattamenti, cioè esistono più fasi per abbattere lo stesso inquinante, ciò consente alte efficienze e grande affidabilità impiantistica. Quali riscontri avete avuto dopo questi primi mesi di attività dell’impianto sia in relazione alle scelte tecnologiche sia relativamente alla gestione dei processi e della filiera nel suo insieme? Benché si sia ancora nella fase di esercizio provvisorio, caratterizzata dalla messa a punto di tutti i componenti dell’impianto, abbiamo riscontrato una elevata affidabilità dell’impianto nelle sue diverse componenti e prestazioni ambientali ampiamente al di sotto dei limiti autorizzati. Questo a conferma che le tecnologie oggi disponibili per questi impianti sono in grado di garantire prestazioni impiantistiche e ambientali di altissimo livello.

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tadini, viene effettuata dagli Enti preposti per legge (Arpa, Ausl) a cui si affianca il Comitato tecnico-amministrativo nominato dalla Provincia. Il PAI è stato inoltre inserito nel progetto di monitoraggio regionale Moniter, che interessa tutti i termovalorizzatori della regione Emilia Romagna. Il progetto Moniter è promosso dagli Assessorati Regionali alle Politiche per la Salute e all’Ambiente e Sviluppo Sostenibile e dall’Arpa Regionale con l’obiettivo di ottimizzare le metodologie operative da adottare per l’esecuzione dei monitoraggi e la valutazione degli aspetti ambientali e sanitari nelle aree circostanti i termovalorizzatori operativi in regione.

per il teleriscaldamento, e di energia elettrica immessa nella rete di distribuzione; • impianto di trattamento e recupero di rifiuti speciali, raccolte differenziate e multi materiale; • fabbricati per controllo accessi e pesatura, uffici e servizi per il personale e parcheggi; • autorimesse e officine per i mezzi adibiti alla pulizia ed alla raccolta dei rifiuti, magazzini per i materiali. Della superficie complessiva 50 ettari saranno destinati a verde, in gran parte accessibili al pubblico, con piantumazione di circa 15.000 alberi ed arbusti.

Come è strutturato il PAI

La realizzazione del PAI

Il PAI è localizzato su un’area di circa 58 ettari ed è composto da: • impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) dei rifiuti urbani residui della raccolta differenziata. Il trattamento biologico della frazione organica viene effettuato in impianti di biostabilizzazione esterni al sito; • un termovalorizzatore cogenerativo per lo smaltimento della frazione residua con la produzione di energia termica, utilizzata

A seguito del rilascio dell’AIA, il 28 settembre 2009, sono iniziati i lavori di realizzazione del Polo Ambientale Integrato. Sulla base di gare pubbliche europee sono state aggiudicate le seguenti principali forniture: • 2 generatori di vapore a griglia, al raggruppamento costituito da Ruths S.p.A., Sices Consortium, Stiefel Italia; • sistema di depurazione dei fumi, alla società Area Impianti S.p.A.;

• opere civili e balance of plant, raggruppamento costituito da CCC Soc. Coop., Sices Contruction S.p.A., Mark Projekt Sp.zo.o, Tecnopolis Soc. Coop. L’ammontare dei lavori di costruzione dell’impianto compresi tutti gli oneri quali i terreni, le sistemazioni esterne, le opere di mitigazione e gli oneri finanziari è di circa 200 milioni di euro. L’impianto è stato avviato il 29 aprile 2013.

L’inserimento paesaggistico – ambientale Il PAI di Parma è stato localizzato nell’area detta Spip Sud. All’interno della macroarea indicata dal Piano Provinciale per la Gestione dei Rifiuti (PPGR), le ipotesi di localizzazione

I numeri del termovalorizzatore di Parma • Quantità di rifiuti autorizzati in ingresso: 130.000 tonnellate/anno di cui: • 70.000 tonnellate all’anno di rifiuti urbani residui della raccolta differenziata domestica e del trattamento meccanico-biologico. Questo valore costituisce il 25% dei rifiuti urbani prodotti nel 2012 nella provincia di Parma e si posiziona tra i livelli di eccellenza in Europa; • 60.000 tonnellate all’anno di rifiuti speciali costituiti da: fanghi di depurazione non recuperabili in agricoltura, rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività produttive, rifiuti ospedalieri e cimiteriali. • Capacità di smaltimento nominale: 16,25 tonnellate/ora • Periodo di funzionamento indicativo: 8.000 ore/anno • Potenza elettrica lorda nominale turbina: 18 MW elettrici • Potenza termica erogabile: 40 MW termici • Quantità di energia elettrica lorda: 128.000 MWh elettrici anno • Quantità di energia termica lorda: 189.000 MWh termici anno Nell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) rilasciata dalla Provincia di Parma è stabilito che nel Polo Ambientale Integrato potranno essere trattati solo rifiuti provenienti dall’ambito provinciale. Il termovalorizzatore produrrà energia elettrica, che coprirà il fabbisogno medio di circa 75.000 cittadini, ed energia termica, che consentirà a circa 38.000 cittadini di allacciarsi al sistema di teleriscaldamento di Parma, sostituendo o evitando l’installazione di impianti di riscaldamento individuali. Anche questo dato rappresenta un’eccellenza nel panorama italiano. Le scorie prodotte dalla combustione dei rifiuti (pari a circa il 22-23% del quantitativo totale di rifiuti trattati) verranno riciclate nell’industria delle costruzioni (produzione cemento, conglomerati bituminosi).

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sono state verificate e valutate alla luce dei vincoli derivanti dalle pianificazioni provinciali (PPGR e PTCP) e comunale (PSC). Nella progettazione si è tenuto conto dell’inserimento paesaggistico-ambientale degli impianti e delle strutture. Pertanto attorno agli impianti è stata disegnata un’area verde di circa 50 ettari, circa due volte il Parco Ducale di Parma, che porterà al recupe-

Ruths dal 1932 una presenza costante nell a progettazione e costruzione di generatori di vapore Fin dalla nascita, Ruths S.p.A. progetta e costruisce generatori di vapore chiave in mano per il settore industriale. Negli ultimi cinquant’anni ha acquisito una notevole esperienza progettuale e costruttiva nel settore delle caldaie a recupero con applicazioni a valle di turbine a gas, motori diesel, forni industriali e gas di processo. Negli ultimi anni, questa lunga e costante esperienza è stata estesa anche agli impianti di termovalorizzazione di rifiuti e di biomasse per il recupero del calore dei fumi caldi con alto tenore di inquinanti. In particolare, Ruths è specializzata nella progettazione e costruzione di caldaie per i seguenti campi di applicazione: • impianti a recupero su gas di processo, • caldaie per termovalorizzatori di rifiuti urbani e industriali, • caldaie per termovalorizzatori di biomasse, • caldaie a valle di turbine a gas, • caldaie a valle di motori diesel, • caldaie a valle di forni industriali, • caldaie a valle di forni di processo, • caldaie a combustione. Le caldaie installate in questi ultimi 10 anni in impianti di termovalorizzazione di rifiuti e biomassa hanno superato le 750.000 ore di esercizio. Ogni impianto mediamente funziona per 8.000 ore all'anno. Per garantire queste prestazioni, le caratteristiche principali del nostro progetto e le scelte tecniche effettuate sono elencate di seguito. Bassi fattori di sporcamento esterno - Lo sporcamento dei banchi di scambio termico viene limitato già in fase di progetto adottando una disposizione dei tubi totalmente verticale, che riduce moltissimo la possibilità di deposito delle ceneri. Pulizia meccanica ed asportazione ceneri - Offriamo un sistema di pulizia meccanica a martelli. I martelli e sistemi di trasmissione sono totalmente esterni al giro

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ro complessivo del valore paesaggistico ed ecologico del territorio con la costituzione di un grande ecosistema che, insieme al Canale Naviglio, contribuirà in modo determinante alla salvaguardia della fauna e della flora locale. L’ampia zona verde avrà soprattutto una funzione di mitigazione ambientale sia per quanto riguarda i gas serra che le polveri derivanti anche dal traffico veicolare. Gli

alberi infatti agiscono come “carbon sink” dell’anidride carbonica, fissandola e conservandola nel legno. Le foglie, provviste di peli e ricoperte di sottili strati di cere e resine, avranno invece la funzione di intercettare le polveri. Lungo il Canale Naviglio è stata realizzata una pista ciclabile che raccorderà quella proveniente dalla città con quella che si sviluppa nell’area SPIP.

fumi, in modo tale da evitare i noti fenomeni di corrosione a caldo che si innescano per temperature di pelle superiori a 400°C. Il mantenimento di un basso grado di sporcamento elimina ogni tipo di accumulo delle ceneri che vengono asportate con un sistema in continuo. Facile accessibilità e manutenzione - Le testate dei banchi, esterne al giro fumi e contenenti le estremità dei fasci tubieri e i supporti del sistema di pulizia, sono accessibili attraverso apposite portine. Questa soluzione permette di effettuare la manutenzione senza dover accedere nel vano convettivo. Ciò permette un notevole risparmio di tempo in quanto non è necessario raffreddare completamente il generatore e non sono necessarie l’installazione di ponteggi e la pulizia preventiva del banco interessato all’intervento. Estraibilità - Tutti i banchi sono estraibili, anche i vaporizzatori, senza operare tagli sulle parti a pressione. Intercambiabilità - I surriscaldatori e gli economizzatori sono intercambiabili fra loro per rendere più facile la manutenzione e molto meno costosa la gestione dei ricambi. Assenza di refrattario - In questo tipo di impianti è ormai scontata la necessità di utilizzare il meno possibile nella caldaia materiale refrattario: nel ns. progetto infatti è ridotto al minimo indispensabile. Prefabbricazione - Il nostro progetto è studiato in modo tale da minimizzare le operazioni specialistiche da effettuarsi in cantiere all’atto del montaggio rendendo perciò più accurato e affidabile l’insieme della costruzione. Affidabilità - Adottando tutti gli standard costruttivi e i provvedimenti sopra descritti, il tempo fra due fermate successive per pulizia si può considerare superiore a 8000 ore. Protezioni superficiali - Per zone con temperatura dei fumi superiore a 900°C usiamo riporto di saldatura (“cladding”) dello spessore di 1÷2 mm con materiale al nichel-cromo. Per zone con temperatura dei fumi inferiore a 900°C usiamo invece un’applicazione a spruzzo al plasma, con tecnica “thermal spray”, di uno strato metallico in nichel-cromo dello spessore di 250÷350 µm. Per queste ragioni Ruths è il fornitore di fiducia dei principali operatori italiani del settore.


Fase di realizzazione dell’impianto di trattamento fumi presso il termovalorizzatore di Parma (27 aprile 2012)

AREA IMPIANTI: IL TRATTAMENTO FUMI A SERVIZIO DELLA TERMOVALORIZZAZIONE DEI RIFIUTI Area Impianti S.p.A. ha realizzato per Iren Parma l’impianto di trattamento fumi a valle delle due linee di termovalorizzazione rifiuti. Con questa realizzazione la società padovana può vantare un Track Record veramente importante avendo attrezzato con i suoi impianti di Flue Gas Treatment ben 62 linee di termovalorizzazione rifiuti in Europa. L’impianto messo a gara da Iren ha sposato pienamente la preferenza di Area Impianti per la filiera a doppia filtrazione con filtri a maniche e DeNOx SCR catalitico a bassa temperatura (180°C), filiera impiegata fin dal 2003, anno di realizzazione di un’identica tipologia impiantistica a valle del termovalorizzatore di BAS a Bergamo. Il Team di Ricerca & Sviluppo, a cui la società destina ogni anno, mediamente, il 2% del fatturato, ha proposto ad Iren una nuova variante, denominata BAC, tesa a migliorare sostanzialmente le performance tradizionali di trattamento delle diossine normalmente adsorbite dai carboni attivi e distrutte dai catalizzatori. Il bilancio di materia, con le attuali tecnologie, vede un ingresso di diossine alla filiera di abbattimento assunto pari a 100 ed un’uscita delle stesse, dal camino e con le ceneri pari a 95. L’originale sistema pensato da Area Impianti consentirebbe di avere, a parità di entrata, un’uscita totale pari a 57. Area Impianti ha, inoltre, pronta, un’evoluzione ulteriore da aggiungere al BAC, denominata DVD, con la quale è in grado di garantire l’uscita a 14. L’impianto di Flue Gas Treatment di Parma ha superato positivamente i test di accettazione mostrando massima affidabilità e duttilità di gestione, confermando le performance garantite (assolutamente più restrittive rispetto alla Direttiva Europea) e può a buon diritto vantarsi del titolo di BEST TECHNOLOGY.

AIR CLEANING & HEAT RECOVERY FOR ENERGY PRODUCTION Grandi impianti per l’industria e per i termovalorizzatori di rifiuti AREA IMPIANTI s.p.a. - 35020 Z. I. Albignasego PADOVA Italy - Via Leonino Da Zara, 3/A - Tel. +39 049/8626426 - Fax +39 049/8626422 - E-mail: info@areaimpianti.it - www.areaimpianti.it

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MELONI ® : PRODUCIAMO CARROPONTI SPECIALI MELONI TECNO-HANDLING è il fornitore scelto dal Polo Ambientale Integrato di Parma per la realizzazione di due carroponti di processo: costruttivamente identici e dunque intercambiabili all'occorrenza, garantiscono la movimentazione dei rifiuti nella zona di scarico dei camion, nella fossa di accumulo dell’indifferenziato e del sovvallo, nella zona di carico della tramoggia per l'alimentazione del forno. Grazie alle più recenti tecnologie e all'esperienza maturata nel settore, le due macchine dotate di benna a polipo, assolvono in modo completamente automatico una serie di richieste, completamente personalizzabili. E' possibile garantire l’alimentazione dei rifiuti destinati al forno in funzione di quanto richiesto dal DCS (Distributed Control System), distribuire uniformemente i rifiuti nelle zone critiche, smorzare le oscillazioni della benna, archiviare in formato digitale i report del materiale movimentato e, non per ultimo, rispettare rigorosamente le norme di sicurezza: una complessa logica d'interdizione infatti, isola le aree potenzialmente a rischio, arrestando forzatamente il sistema qualora qualche procedura non risulti soddisfatta. La diagnostica delle macchine è monitorata attraverso un'interfaccia predisposta in prossimità delle due poltroncine operatore. In caso di necessità un modulo connesso ad internet permette l'intervento in remoto da parte di un tecnico Meloni® per la risoluzione di problemi di fermo macchina o per l'affinamento delle procedure di automazione del sistema.

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Un protocollo per il monitoraggio dei gas interstiziali Indicazioni tecniche per il campionamento attivo e l’analisi dei soil gas secondo le linee guida predisposte dall’Arpa Lombardia di Madela Torretta* e Sara Puricelli*

C

onsiderando la carenza di indicazioni tecniche emanate con valore nazionale, ARPA Lombardia ha recentemente redatto un protocollo tecnico-operativo per definire le modalità con cui effettuare il monitoraggio dei gas interstiziali in siti potenzialmente soggetti ad inquinamento da composti organici volatili/semivolatili (indicativamente con costante di Henry maggiore di 0,01 [-] e/o con pressione di vapore maggiore di 0,076 mm Hg) in modo da definire una procedura standard che sia applicabile e riproducibile nei diversi siti e da operatori differenti, col fine inoltre di costituire delle linee guida utili per la redazione, da parte dei soggetti privati, di proposte di monitoraggio condivisibili con gli Enti (Fig. 1).

Figura 1. Schema tipo di campionamento attivo di gas interstiziali

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Anno 7 - Numero 26

Rispetto alle tecniche tradizionali, richiedenti le concentrazioni in falda o terreno, l’uso di dati di soil gas evita di applicare le formule analitiche di ripartizione di fase e tiene conto di fenomeni sito-specifici. Il rilievo dei soil gas può essere impiegato i) come supporto ad altre tecniche di indagine, per rilevare la presenza sul sito di contaminanti volatili finalizzando al meglio i campionamenti e delimitare la distribuzione spaziale della/e contaminazione/i o ii) in fase di caratterizzazione finalizzata all’implementazione dell’Analisi di Rischio o per effettuarne una sua revisione, valutando il potenziale impatto sul recettore umano dovuto alla via di esposizione “inalazione vapori”, a valle della definizione del modello concettuale del sito ed in accordo con gli Enti. Il protocollo si focalizza sui metodi di monitoraggio effettuati con supporti al momento analizzabili presso il Laboratorio ARPA di Milano, ossia su metodi di tipo attivo, in cui il gas viene estratto dal terreno per mezzo di una depressione, e conservato in idonei contenitori, ossia su materiale adsorbente (fiale per estrazione con solvente o fiale per estrazione con desorbimento termico) o in canister (Fig. 2). Esso descrive, in particolare, le fasi operative di prelievo, trasporto, conservazione, analisi dei campioni di gas interstiziali ed elaborazione dei dati.

La letteratura internazionale pone in evidenza l’influenza di alcuni fattori atmosferici e stagionali (temperatura, pressione atmosferica, irrigazione e precipitazioni che determinano l’umidità del suolo) sugli esiti del monitoraggio, rendendo al momento necessari campionamenti multipli nell’arco dell’anno (indicativamente 4 campionamenti trimestrali) per assicurare che i dati raccolti siano rappresentativi delle differenti condizioni atmosferiche e stagionali. Nello specifico il campionamento attivo è inapplicabile nei terreni argillosi compatti e/o nei terreni con grado di saturazione superiore a 0,8÷0,9 a causa della mancanza di vuoti interconnessi nella matrice solida del terreno, deve essere effettuato dopo almeno 36 ore di tempo secco (fino a 3 giorni per piogge con intensità indicativamente superiore a 13 mm/giorno), perché il contenuto d'acqua interstiziale influenza la diffusione dei gas, e a temperature superiori a 0°C.

Figura 2. Supporti di campionamento utilizzati da ARPA Dipartimento di Milano, rispettivamente fiale per estrazione con solvente (a), fiale per estrazione con desorbimento termico (b) e canister (c)


Figura 3. Schema dei fattori influenti il flusso e trasporto dei gas interstiziali nel terreno: vie preferenziali di fuga, eterogeneità litografiche/strati impermeabili, effetti camino, solaio/vespaio

E’ suggeribile effettuare il primo campionamento dopo 48 ore dall’installazione se avvenuta con metodi di perforazione (a rotazione o percussione, si sconsigliano sistemi a rotazione con fluidi, ad aria o sonici) o fino a 7 giorni in caso di trincee/prescavi. Nel caso di presenza di un impianto già attivo di aspirazione vapori, esso, sentita l’ASL competente, dovrà essere spento, prima di effettuare il monitoraggio, diverse settimane (indicativamente un mese) per suoli sabbiosi e fino ad alcuni mesi per suoli caratterizzati da granulometria più fine, allo scopo di valutare lo stato di qualità dei gas interstiziali in condizioni stazionarie. Nel protocollo si suggerisce di realizzare minimo 3 punti di campionamento in funzione di estensione della sorgente e per aree di grandi dimensioni almeno 1 punto ogni 50 m x 50 m; le sonde devono essere ubicate in prossimità dei punti di interesse/vie preferenziali di fuga, come pozzetti, trincee, tubature, serbatoi interrati o evidenze di eterogeneità litografiche (Fig. 3), considerando eventuali recettori sensibili (anche oltre i confini del sito). Il foro viene condotto fino alla base della zona di campionamento desiderata, viene quindi installata la sonda di prelievo di diametro compreso tra 3

e 13 mm, fessurata per circa 30 cm alla base, posto del dreno (sabbia, ghiaietto, palline di vetro di granulometria adeguata tale da non intasare la zona fenestrata) fino a circa 30 cm al di sopra della zona fessurata, a cui segue uno strato di bentonite non idrata per i primi 30 cm, poi bentonite idrata/miscela cementizia fino a piano campagna (Fig. 4). Al fine di evitare richiamo di aria ambiente durante la fase di aspirazione del soil gas, si dovrà prevedere a sigillare la testa dei pozzetti con miscele bentoniche/cementizie; il tratto superficiale della punta deve essere chiuso ermeticamente (con tappi a pressione/a sfera o rubinetti a vite, Fig. 5) per prevenire infiltrazioni ed eventuali effetti camino, ed essere adeguatamente contrassegnato in superficie per individuare la posizione delle sonde e la loro profondità anche nel tempo. La profondità della sonda deve essere scelta in modo da minimizzare gli effetti dovuti alle variazioni di pressione, di temperatura e al richiamo di aria ambiente nel terreno, tenendo conto anche delle sostanze chimiche di interesse e della litologia del terreno, della profondità della falda e delle sue escursioni (almeno 1 m sopra il livello massimo del livello freatimetrico) ed essere collocata, nel primo strato omogeneo non rimaneggiato/alterato rinvenuto da piano campagna a non meno di 1,5 m da p.c. per evitare aspirazione di aria ambiente che porterebbe a concentrazioni diluite di gas interstiziali; in caso di disomogeneità del terreno si suggerisce di attuare campionamenti a diverse profondità ed in presenza di edifici fare verifiche sotto-struttura, a 0,5-1 m al di sotto della soletta (1 m al di sotto del vespaio drenante) o in alternativa acquisire campioni a 1,5 m dalle pareti delle strutture (esternamente alle stesse) ad una profondità analoga a quella delle fondazioni.

Figura 4. Schema del foro di installazione delle sonde di soil gas

Figura 5. Esempio di chiusura del tratto superficiale della sonda di campionamento

Per quanto riguarda il materiale di campionamento, si suggerisce di usare sia per le sonde che per i tubi di campionamento materiali inerti ed impermeabili ai gas, come teflon (PTFE), acciaio inossidabile, rilsan, poliarileterchetone (PEEK), chemfluor, o al più nylon o PVC (non per clorurati); non sono ritenibili idonei polietilene, silicone, neoprene o gomma. Tutti i collegamenti che richiedono tubi flessibili devono essere in tygon, lunghi il minimo possibile, da sostituire ad ogni punto di campionamento o decontaminazione con pulizia ed asciugatura. Per trattenere eventuale condensa dell’umidità dei gas, in particolare per quelli provenienti da maggiori profondità, tra tubicino e sistema di raccolta si suggerisce di inserire un filtro in teflon (inerte, idrofobico e in grado di raccogliere eventuale particolato) o gorgogliatore/ impinger di vetro/PTFE immerso in un bagnetto refrigerato, la cui condensa catturata, se presente in quantitativi significativi, deve essere analizzata (Fig. 6). Al fine di garantire la rimozione di aria stagnante dal sistema di campionamento assicurando la rappresentatività dei campioni raccolti,

Figura 6. Sistemi di trattenimento dell’umidità dei gas: filtro in teflon (a sinistra) o gorgogliatore/impinger di vetro/PTFE (a destra)

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SPE CI A L E

Figura 7. Schema di campionamento attivo tramite con cartucce adsorbenti (a) o canister (b)

prima di iniziare le operazioni di aspirazione dal pozzetto, si dovrà prevedere lo spurgo di 3-5 volte il volume morto del sistema, definito come la somma del volume della sonda di campionamento contenitore del campione, il volume interno dei tubi usati e lo spazio dei pori di dreno attorno alla punta della sonda. Si suggerisce di adottare una portata di spurgo non superiore al doppio di quella di campionamento. Durante il campionamento è necessario controllare, tramite idonee prove, i potenziali punti di accesso di aria ambiente che potrebbero inficiare i risultati ottenuti, le connessioni del sistema di campionamento, le guarnizioni di bentonite in superficie poste intorno ai tubi, la testa della sonda temporanea di campionamento. E’ necessario effettuare un test di mantenimento del vuo-

Figura 8. Fase di campionamento in campo

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Anno 7 - Numero 26

to su linea/giunture di campionamento ed effettuare anche il monitoraggio di ossigeno ed anidride carbonica presenti nei gas interstiziali prima e dopo lo spurgo e dopo il campionamento: un incremento della concentrazione del primo e/o una diminuzione della seconda sono indicatori di un’avvenuta diluizione per aspirazione di aria ambiente. La portata di campionamento deve essere costante e garantita da idoneo dispositivo (pompa aspirante o canister, Fig. 7). Nel caso di pompa questa deve essere collegata in coda alla linea di campionamento, azionata ad una portata all’interno (non agli estremi), del suo intervallo di funzionamento, e verificata in campo mediante flussimetro (di idonea scala di misura). Per evitare lo strippaggio delle sostanze e/o il richiamo di aria ambiente si raccomanda di settare una portata bassa, indicativamente compresa tra 0,02 l/min e 2 l/min in funzione del tipo di fiala collegata, e comunque tale da esercitare a testa sonda una differenza di pressione rispetto al valore atmosferico indicativamente inferiore a 2,5 kPa (ASTM D7663-12). I tempi di campionamento devono fornire un’indicazione puntuale del punto di prelievo ma essere comunque rappresentativi di una condizione media del suolo (indicativamente pari a 1÷3 ore di campionamento). Nelle sonde in cui è previsto il contraddittorio devono essere previsti 2 tubi di uscita con relative pompe, dimezzando la portata rispetto alle misure fatte dalla sola Parte e raddoppiando i tempi di campionamento per avere una portata, nell’unità di tempo, coerente con quella del campionamento in singolo. Per ogni campagna di mi-

sura, tipo e set di supporto, devono essere acquisiti bianchi di campionamento che devono essere aperti e subito dopo richiusi in campo, trasportati, conservati e analizzati come i campioni. Per definire una concentrazione rappresentativa del set di dati acquisiti in una singola campagna, i dati potranno essere diversi per recettori on-site e off-site. Essi verranno utilizzati per calcolare la concentrazione in aria, attraverso l’applicazione dei modelli analitici di trasporto nel sottosuolo (Johnson & Ettinger, 1991 o Jury et al., 1983) e intrusione e successiva dispersione in ambiente confinato, per ambiente indoor, o dispersione in ambiente aperto (modello “a Box”), per ambiente outdoor. A tale scopo è possibile utilizzare un foglio di calcolo che ne implementi la risoluzione analitica o alcuni software in uso per l’Analisi di Rischio. Dalle concentrazioni di aria ambiente viene quindi definito il rischio da inalazione ad esse associato. Ai fini dell’Analisi di Rischio i valori inferiori al LR dovranno essere posti pari ad esso: qualora le simulazioni effettuate con tale ipotesi dovessero presentare superamenti del rischio massimo tollerabile da normativa, nelle campagne successive dovranno essere richiesti LR inferiori al fine di quantificare il reale contributo al rischio. I risultati della prima campagna di monitoraggio potranno essere utilizzati, ma quest'ultima andrà aggiornata qualora le successive campagne dovessero fornire risultati peggiorativi in termini di rischio atteso. Per otto siti di diversa tipologia (4 punti vendita carburanti, due aree industriali e due aree ad uso ricreativo, i cui dettagli sono riportati in Tab.1) per cui il Dipartimento di Milano di ARPA svolge attività di controllo, valutando le informazioni ricavate da questo iniziale periodo di applicazione del protocollo (dal 2012), sono state dedotte delle indicazioni preliminari per definire la possibilità di indicare dei periodi dell’anno, in tale zona geografica, critici dal punto di vista dell’emissione dei vapori, con lo scopo di ottimizzare, ed eventualmente ridurre in futuro, le sessioni di monitoraggio, ed effettuare un confronto tra le risultanze dell’analisi di ri-


schio dedotte a partire da dati di soil gas e da matrici terreno e/o falda. In generale le valutazioni effettuate hanno permesso di evidenziare che le concentrazioni rilevate nei gas interstiziali portano, nella maggior parte dei casi, a valutazione di un minore rischio (cancerogeno e non) di diversi ordini di grandezza. Per un caso in area commerciale (caso 6 in Tab. 1), tuttavia, i gas hanno portato ad una valutazione di un rischio maggiore in quanto tali misure permettono di stimare il contributo aggiuntivo di sostanze volatili che spesso non vengono evidenziate pienamente tramite le analisi di terreno per i limiti intrinseci del sistema di indagine comunemente usato; dall’osservazione dei dati del

sito

tipologia

recettore

sito

critico ricreativo

1

PV_1

indoor (fruitori

caso 2, inoltre, è stato possibile identificare tracce di Tetracloroetilene e Benzene (entrambi cancerogeni) solo nei soil gas e nel caso 8 sono stati rinvenuti nei soil gas delle famiglie idrocarburiche non determinate dalla speciazione delle acque di falda analizzata. In aggiunta, da alcune valutazioni di dettaglio condotte su alcuni tra i siti citati si può dedurre che non si può individuare una stagionalità critica, che le celle di soil gas che danno maggiori valori di concentrazione non sono sempre le stesse nel tempo e che al variare della stagionalità cambia il composto presente in maggiori concentrazioni. Complessivamente finora si è dedotto che è pertanto necessario condurre più campagne

PV_2

residenziale indoor

sorgente

caratteristici

R

HI

terreno (T)

HC, B, T, X

1,90E-05

2,40E+00

1,30E-06

6,70E-01

2,03E-05

3,07E+00

falda (F)

HC, BTEXS, MTBE, isopropilbenzene somma

terreno (T)

HC, E, T, X

1,50E+02

falda (F)

HC, clorurati

1,50E+02

somma 3

4

PV_3

PV_4

residenziale indoor

lavoratore indoor

lavoratore indoor

7

8

area commerciale museo area industriale

HI

7,80E-11

1,10E-06

-

3,00E+02

3,80E-08

7,40E-02

-

5,10E-06

2,90E-07

9,70E-02

-

4,80E+00

terreno (T)

HC, BTEX, MTBE

7,80E-05

2,25E+00

falda (F)

HC, BTEX, MTBE

6,00E-08

2,70E-02

7,81E-05

2,28E+00

6,20E-04

5,10E+01

4,00E-05

5,40E-01

6,60E-04

5,15E+01

1,50E-08

4,60E-04

falda (F)

clorurati, IPA, BTEX, HC clorurati, IPA, BTEX; HC somma

6

R

HC

terreno (T) scuola

AdR da SG

terreno (T)

somma

5

* ARPA Lombardia, U.O.C. Suolo, Bonifiche e Attività Estrattive

AdR da T o F

composti

tavola calda)

2

di monitoraggio in un anno e che le misure di soil gas sono comunque utili per valutare la presenza di composti più volatili. In aggiunta l’osservazione di alcune lacune tecniche in letteratura, sia nazionale che internazionale, ha spinto ARPA Lombardia a intraprendere un progetto di studio sull’influenza dei parametri di monitoraggio sugli esiti dello stesso, come per esempio l’intensità della portata di aspirazione dei gas interstiziali e la sensibilità di varie tipologie di supporto analitico, la cui sperimentazione è attualmente in corso.

lavoratore indoor

terreno (T)

clorurati

4,79E-07

5,45E-03

9,00E-07

1,30E-02

ricreativo indoor

falda (F)

HC

-

1,10E-02

-

1,20E-05

terreno (T)

toluene

-

7,40E+00

falda (F)

clorurati, BTEX; HC

6,40E-06

5,50E+00

6,40E-06

1,29E+01

4,70E-06

4,40E-01

lavoratore indoor

somma

Tabella 1. Dati relativi ai casi seguiti da ARPA Lombardia, Dipartimento di Milano, citati nel testo. Per ogni sito è specificata la tipologia, il recettore critico più sensibile considerato ai fini dell’Analisi di Rischio, l’ubicazione della sorgente, i composti inquinanti caratteristici, la stima del rischio cancerogeno (R, in verde) e/o non cancerogeno (HI, in blu) in funzione delle caratteristiche tossicologiche degli inquinanti elaborata a partire da dati di concentrazione in terreno (T) o falda (F) o da soil gas (SG)

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Milano

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Torna a Milano l’appuntamento con la manutenzione industriale Dopo l’eccezionale successo del 2013 con oltre 700 operatori in visita, il 10 aprile 2014 torna MCM Milano, mostra convegno verticale di una giornata dedicata ai prodotti e alle soluzioni per ingegneria di manutenzione, diagnostica, monitoraggio, affidabilità ecc. Il programma prevede: ✔ quattro sessioni plenarie in contemporanea ✔ una parte espositiva con più di cento aziende partecipanti ✔ workshop, seminari, corsi di formazione ✔ coffee-break e buffet offerti dagli sponsor

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Anno 7 - Numero 26

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PA NO RAM A AZIEND E

Tornado, il nuovo nome per il pretrattamento della forsu Dall’esperienza di AUSTEP nasce un nuovo sistema di pretrattamento della forsu che ottimizza il materiale alimentato agli impianti di digestione anaerobica di Maria Beatrice Celino

D

al 1995 AUSTEP si occupa della progettazione e realizzazione di impianti biogas e trattamento acque, per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Negli anni l’azienda si è specializzata nel trattamento di differenti tipologie di matrici, acquisendo una significativa esperienza nel campo dei trattamenti della frazione umida dei rifiuti solidi urbani per la produzione di biogas e biometano. L’importanza della digestione anaerobica come processo migliorativo del compostaggio è emersa anche nel recente rapporto Ispra 2013 ove è stato evidenziato come i due trattamenti consentano di unire i benx-efici della trasformazione del rifiuto organico in fertilizzante e in energia elettrica grazie alla produzione di biogas. L’impegno costante nella ricerca e nello sviluppo, unito alla necessità di rispondere alle esigenze del mercato hanno portato Austep a progettare e realizzare la biospremitrice Tornado che è stata presentata a Rimini durante la scorsa edizione di Ecomondo. Questa biospremitrice è la risposta di Austep alla necessità di pretrattare la frazione umida derivante dalla raccolta differenziata per poterla poi alimentare ad impianti di digestione anaerobica. Dall’esperienza condotta presso l’impianto di Zinasco, Austep ha riscontrato la necessità di unire due fasi di pretrattamento in un’unica macchina rimuovendo in tal modo plastiche, inerti e materiali estranei ed omogeneizzando allo stesso tempo l’umido in una purea facilmente alimentabile all’impianto di digestione anaerobica.

Questa macchina riesce infatti a separare oltre alle plastiche che escono dalla parte alta nella fase di biotriturazione e centrifugazione grazie al sedimentatore annesso elimina anche i materiali che non vengono separati nella fase precedente (come sassi, metalli, conchiglie, noccioli, ecc.). La flessibilità dell’impianto permette inoltre di avere entrambi gli stadi di trattamento oppure, qualora il sedimentatore non serva, si potrà fare a meno di questa parte di impianto. Caratteristica interessante dell’impianto è rappresentata inoltre dalle dimensioni contenute

se si considera che in esso è incluso anche il sistema di dissabbiatura che è solitamente molto ingombrante. Altra peculiarità della biospremitrice progettata da Austep è un sistema di dosaggio dell’acqua non automatico ma regolabile che permette quindi di variare il quantitativo di acqua alimentato in funzione dell’umidità del rifiuto in ingresso. Questa tipologia di macchine funziona generalmente con un rapporto di diluizione 1:1,3 vale a dire che ogni kg di rifiuto in ingresso viene diluito con 1,3 kg di liquido che può essere acqua di rete o direttamente la

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PA NO RA M A AZI END E

a compostaggio e una frazione liquida destinata all’impianto di La macchina riceve l’umido da un carroponte con sistema di raccolta (che può essere a “ragno”, con nastri trasportatori, depurazione si risolve il probleecc.) che scarica i rifiuti all’interno della tramoggia di carico il cui profilo è stato appositamente progettato per minimizzare ma del percolato e si riduce drala perdita di materiale. sticamente l’utilizzo di acqua di Successivamente, una coclea orizzontale porta la FORSU all’interno del biospremitore. rete ottenendo il rapporto di diLa tramoggia è dotata di còclea di carico che trasporta i rifiuti organici insieme ai sacchetti all’interno del biotrituratore. luizione necessario grazie al solo La componente plastica, più leggera, tende a salire nella parte alta del biotrituratore dove viene collettata ed evacuata da ricircolo della frazione liquida. una còclea orizzontale. La biospremitrice Tornado conLa componente organica e gli inerti più pesanti vengono triturati e mischiati con acqua per creare una purea che scende sente di trattare 85 t/giorno di foral fondo del biotrituratore. su vale a dire che una macchina è Dal fondo del biotrituratore, la purea di FORSU viene raccolta in una vasca sottostante che provvede alla rimozione degli sufficiente per la fase di pretrattainerti. Gli inerti grossolani come vetro, ghiaia, noccioli, metalli e quelli fini, come le sabbie, vengono evacuati tramite còclea. mento a supporto di un impianto Le còclee di estrazione di plastiche e inerti sono posizionate in modo da poter essere facilmente collegate ad un sistema da 1 MW che tratta quindi 25.000 di nastri trasportatori per il carico di cassoni o successive linee di trattamento. t/anno di rifiuto in ingresso. La purea così ottenuta, di elevata qualità, viene inviata tramite pompaggio al processo di digestione anaerobica per la Questo progetto conferma l’atproduzione di biogas. tenzione di Austep nell’identificare e proporre soluzioni sempre più efficaci nella produzione di energia da fonti rinnovabili, attenzione dimostrata anche dai circa 50 impianti di produzione biogas installati sul territorio italiano e che vanno dall’agricolo standard al 100% liquame suino, al 100% liquame bovino. Questi impianti sono caratterizzati per lo più dal fatto che rappresentano una risposta al trattamento di matrici complesse come la pollina o gli scarti di macellazione a riprova della grande attenzione dell’azienda per la ricerca e lo sviluppo di soluzioni innovative nel rispetto dell’ambiente. “Tornado rappresenta l’ennesima sfida. Un obiettivo duplice raggiunto: supportare i nostri clienti ad ottimizzare i loro investimenti e migliorare il funzionafrazione liquida separata dai rifiuti ed oppor- spetto ad altri periodi dell’anno, necessitando mento e il conseguente rendimento di un impianto Biogas” commenta Alessandro tunamente trattata. Grazie però all’esperienza perciò di una diluizione minore. maturata su impianti analoghi Austep ha op- Queste specificità della biospremitrice si Massone, Amministratore Delegato e Pretato per un sistema di diluizione regolabile che traducono in benefici economici e ambien- sidente di Austep “Siamo particolarmente consenta quindi di ridurre l’acqua o il fluido tali, riducendo l’apporto di acqua necessa- orgogliosi del risultato: Tornado è il proricircolato in base alle caratteristiche del rifiu- rio al processo e quindi lo spreco di risor- getto pensato e sviluppato per rispondere to in ingresso. se. Il trattamento di biospremitura si abbina a requisiti specifici per portare vantaggi in Si sa ad esempio che in estate, consumando bene al processo di digestione anaerobica a termini di efficienza energetica, concetto maggiori quantitativi di frutta e verdura, il ri- umido infatti una volta ottenuto un digesta- chiave su cui basiamo le nostre attività di fiuto organico risulta maggiormente umido ri- to separato con una frazione solida che va ricerca e sviluppo.”

FUNZIONAMENTO E CARATTERISTICHE

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Anno 7 - Numero 26


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PA NO RA M A AZI END E

QUANDO CONTA LA SOSTANZA Perino Piero un’azienda fatta di persone che punta alla concretezza e alla serietà senza tralasciare il grande valore legato ai rapporti personali nella vita come in cantiere di Maria Beatrice Celino

U

n’azienda non riflette il suo imprenditore è l’imprenditore che riflette la propria azienda: concretezza, serietà nel lavoro e fiducia nei rapporti personali sono i cavalli di battaglia di Fabrizio Perino che in quest’intervista ci racconta prima di tutto la sua storia lavorativa fatta di esperienze e traguardi che hanno concorso alla crescita di un’azienda familiare diventata oggi una realtà più che consolidata nel panorama torinese delle demolizioni, scavi e bonifiche. Ogni azienda ha una storia qual è la vostra? La nostra azienda nasce nel 1963, oltre 50 anni fa, da un’idea di Piero Perino, mio padre, assieme a mio nonno e a mio zio. Dal 1963 al 1970 ci concentriamo su lavori di movimento terra, negli anni poi ci siamo specializzati nelle costruzioni di campi da golf e contestualmente abbiamo rafforzato le nostre attività nel settore del movimento terra e dei trasporti. Nel 1985, appena compiuti 18 anni, sono entrato a pieno titolo nell’azienda, ai tempi ero un ragazzo e fino ad allora avevo vissuto l’azienda dall’esterno con la curiosità di un bambino e poi di un ragazzo che vedeva e voleva guidare quei grandi mezzi da lavoro, non avrei mai pensato anni dopo di diventare un imprenditore di un’azienda… In realtà, a dirla tutta, volevo fare il meccanico e commerciare auto perché i miei zii materni possedevano un’officina meccanica e concessionaria di automobili, il lavoro legato ai cantieri lo vedevo come itinerante e molto diverso da quello in un’officina meccanica.

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Anno 7 - Numero 26

Entrato in azienda ho imparato da subito ad apprezzare il lavoro e le continue sfide da affrontare anno dopo anno, cantiere dopo cantiere, che hanno consentito alla Perino Piero s.r.l., dopo 50 anni, di diventare un’azienda fatta prima di tutto di sostanza e di uomini al lavoro, non solo di numeri e di fatturati. Una scelta molto in antitesi in un mondo che punta molto sull’immagine e sull’apparire, ma una scelta di concretezza e di rapporti umani che ci ha fatto crescere grazie a rapporti consolidati e di fiducia con i nostri clienti. Dal 1990 in poi abbiamo tralasciato poco per volta le attività legate alla realizzazione dei campi da golf per concentrarci sul movimento terra e sulle demolizioni legate all’edilizia tradizionale che in quei tempi era in forte espansione e offriva ottime opportunità. Abbiamo quindi investito molto in attrezzature e personale. Da fine anni 90, con la nascita delle prime normative ambientali, ci siano concentrati anche sulla sostenibilità nel recupero delle macerie, siamo stati tra i primi ad avere in Torino un impianto mobile autorizzato. Separare, frazionare e recuperare oggi ovviamente sono attività più che consolidate e soprattutto scontate, ma 15-20 anni fa le cose erano diverse, tutte le imprese venivano coinvolte in un approccio profondamente diverso nella gestione di un cantiere di scavo e demolizione con costi da sostenere inferiori. In quei tempi dal 2000 al 2005 la parte più difficile non era quella di formare il personale o di investire in nuove attrezzature, ma convincere il cliente a comprendere e ad accettare tutti i co-

sti legati alle attività di recupero e smaltimento che le nuove normative imponevano. Raggiunto questo obiettivo, siamo riusciti a far fruttare tutti gli investimenti fatti acquisendo diversi cantieri alcuni anche molto importanti per durata e fatturati. Se dovesse scegliere un cantiere che vi rappresenti quale sceglierebbe? Di quasi tutti i cantieri conservo un bel ricordo anche perchè molti di questi sono legati alla storia della mia città, Torino. La presenza molto forte sul territorio ci ha permesso, grazie ai rapporti di fiducia e alla serietà guadagnata prima di tutto in cantiere, di acquisire commesse molto importanti come ad esempio i movimenti terra per la costruzione dello Juventus Stadium e le opere di movimento terra e trattamento macerie per la riqualificazione della Spina 4 di Torino. Spina 4 è uno dei progetti di riqualificazione urbana di successo che ha profondamente trasformato e valorizzato un’area depressa della città un tempo occupata dalle ex officine Iveco-Telai ricorvertendola attraverso un grande processo di riqualificazione residenziale, commerciale oltre alla creazione di un enorme parco urbano di 43.000 mq. Sono contento che la nostra azienda abbia contribuito a dar vita a questo progetto perché Torino è la mia città e Spina 4 con gli altri progetti delle spine hanno permesso recuperare e valorizzare interi quartieri cittadini profondamente impattatati dalle attività industriali ormai dismesse che hanno interessato Torino dal dopoguerra in poi.


Ci parli meglio di questo cantiere. Il cantiere è durato circa 10 anni e la Perino Piero s.r.l. si è occupata principalmente della gestione dei cosiddetti rifiuti da costruzione e demolizione, delle sistemazioni stradali, dei movimenti terra e non ultimo della bonifica dei terreni inerenti al progetto di questa Spina. Le dimensioni e la durata di questo cantiere ci hanno dato un impulso per la crescita

aziendale, garantendoci una capacità di investimento adeguata per stare al passo con le normative ambientali. Le dimensioni e la durata di questo cantiere ci hanno dato un impulso per la crescita aziendale, garantendoci una capacità di investimento e dandoci una proiezione e continuità di lavoro tali da poter stare al passo con le normative ambientali e le innovazioni tecni-

che, che è ciò di cui ha bisogno un uomo e un'impresa. Di questo cantiere mi piace ricordare, oltre ai numeri, un altro aspetto meno quantificabile ossia il bagaglio personale e il know-how che abbiamo potuto acquisire operando in un cantiere dove eravamo coinvolti in attività di bonifica in un periodo dove controllori e controllati, tutti alle prime armi nella gestione ambientale dei can-

IL CANTIERE SPINA 4 DI TORINO Denominazione

Area Spina 4 – Z.U.T. 5.10 del PRG – Ex Area Stabilimento Telai Iveco (Torino). Lavori di Messa in Sicurezza permanente mediante bonifica – gestione dei materiali di scavo e modalità di sistemazione finale dell’area

Ubicazione

Area compresa fra Via Cigna, Via Fossata, Corso Vigevano e l’area Docks Dora a Torino

Committenti

Raggruppamento imprese private I lavori sono suddivisi in due fasi, di cui la prima dal 2003 al 2007 e la seconda fase dal 2007 al 2011. Nella prima fase è stata effettuata una frantumazione primaria e secondaria dei materiali di risulta delle demolizioni dell’ex insediamento Fiat-Iveco, con recupero dei materiali come materia prima seconda. La seconda fase è costituita dalle operazioni di bonifica e messa in sicurezza permanente sono state orientate allo scavo di

Descrizione

tutta l’area contaminata, alla vagliatura e frantumazione di tutti i materiali di risulta, compresi quelli derivanti dalla demolizione di pavimentazioni in cls e trovanti in cls. Dei materiali derivanti dalla vagliatura e frantumazione, il sopravaglio, previo esito positivo dei test per riutilizzo come mps, è stato conferito presso siti esterni effettuando le comunicazioni necessarie secondo il protocollo stabilito in fase progettuale ed autorizzativa, mentre il sottovaglio, sempre previa analisi e verifica di conformità con analisi di rischio, è stato ritombato in sito nella futura area parco (oggi quasi del tutto completato).

Inizio\fine cantiere

Volumi cantiere

2003 – 2007 prima fase 2007 – 2011 seconda fase Scavo

350.000 mc

Demolizioni pavimentazioni in cls

110.000 mq

Demolizione trovanti in cls

80.000 mc

Vagliatura e frantumazione

300.000 mc

Materiale riciclato prodotto e allontanato

200.000 mc

Materiale ritombato

110.000 mc

Rifiuto smaltito di varia natura

50.000 ton

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PA NO RA M A AZI END E

tieri, hanno contribuito per dare il loro apporto nella risoluzione di tutte le problematiche legate ad un cantiere di bonifica di quelle dimensioni, dove per decine di anni sono stati presenti attività industriali profondamente impattanti con contaminazioni di varia natura. Ancora oggi molti rappresentanti di quegli enti preposti sono rimasti dei cari amici confermando la mia visione di cantiere ossia un luogo dove vari attori con diverse competenze lavorano per l’ottenimento di un risultato comune. Investire su me stesso, investire sull’azienda e sul personale questo è stato l’arricchimento che ci ha dato questo cantiere. Come sono cambiati oggi i tempi, vorrebbe rifare l’esperienza di un cantiere complesso durato un decennio? Oggi, con l’esperienza che abbiamo maturato e con la struttura di mezzi e personale di cui disponiamo, dovrei rispondere naturalmente con un sì ma, purtroppo, la risposta più scontata è anche quella sbagliata. I tempi sono cambiati, se 10 anni fa si pensava prima di tutto al lavoro adesso un imprenditore pensa prima di tutto all’affidabilità del cliente, alle garanzie finanziare e alla difficoltà di accesso al credito, per non rischiare di entrare nella morsa congiunturale e nella sofferenza economica che ha portato alla chiusura di realtà molto più consolidate della

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nostra. Oggi, dopo 50 anni, noi siamo ancora qui, certo i problemi ci sono e la liquidità come per tutti è una spada di Damocle che grava sull’impresa tuttavia, grazie alla conduzione famigliare e alla gestione oculata degli investimenti, riusciamo a tenere duro. Credo molto nei rapporti personali e nelle persone, sembra banale ma il passaparola è stato il miglior traino per l’acquisizione dei nostri lavori, persone soddisfatte che parlano e convincono altre persone. La soddisfazione del cliente è molto importante per noi e nella maggior parte dei casi siamo riusciti a guadagnarcela, a volte duramente, rispettando e pretendendo allo stesso tempo rispetto. Secondo lei ci sono ancora delle opportunità per questo settore? Bisogna essere ottimisti e fiduciosi. Come dicevo prima, i tempi e le economie globali sono cambiate, un buon imprenditore deve sapersi adattare per anticipare le tendenze; anni fa, ad esempio, siamo stati tra i primi ad investire in Romania in terreni e in una cava di inerti. Questi investimenti 10 anni fa erano ottimi affari ma adesso anche lì i tempi sono cambiati e si punta al mantenimento. Investire oggi in Italia e nell’edilizia in par-

ticolare è un rischio perché quello che investo oggi, domani rischia non solo di non produrre reddito ma di svalutarsi nel tempo e creare un costo, tuttavia senza investimenti le imprese non possono rimanere al passo con i tempi. Oggi bisogna puntare molto sulla competitività e sulla conoscenza del territorio e dei fornitori locali, questa strategia si traduce in un’ottimizzazione dei costi di cantiere e in aumento della marginalità. Questi dettagli trasformano un cantiere in un buon cantiere. Andando indietro negli anni si ritiene soddisfatto delle scelte fatte e di come è oggi la sua azienda? Rifarei tutto quello che ho fatto in passato in bene e in male, sia i successi che gli errori commessi alla fine contribuiscono al bagaglio formativo di una persona e se quella persona è anche imprenditore concorrono a plasmare e formare l’azienda, le sue strategie e il suo percorso di crescita. Credo molto nelle persone e quindi nella crescita professionale dei dipendenti, questi sono gli investimenti migliori da fare e che danno i risultati migliori, un’impresa è una grande famiglia fatta di uomini che lavorano per un obiettivo comune, questa crisi ci sta impoverendo tutti non solo economicamente ma anche professionalmente perché le imprese investono meno sulla formazione di figure qualificate prediligendo invece posizioni di basso profilo ma più economiche. Nel nostro piccolo cerchiamo di non fare questo errore confidando che questa scelta ci consenta di consolidare la nostra azienda e di continuare a lavorare secondo quei principi che ci hanno portato qui oggi.


24-26 Giugno 2014

DESTINAZIONE #EIRE

Per lo sviluppo del patrimonio italiano www.eire.mi.it

Media partner:

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La complessa attività di RICErca in mare di fusti contenenti sostanze tossiche Personale specializzato e tecnologie all’avanguardia hanno permesso il recupero di fusti di catalizzatore esausto a oltre 400 metri di profondità di Stefano Casu*

N

ella notte del 17 Dicembre 2011, la motonave RO-RO "Eurocargo Venezia", durante la navigazione da Catania a Genova, a largo della Gorgona (LI) a seguito di condizioni meteo-marine avverse ha perso in mare parte del carico trasportato: due semirimorchi carichi di fusti contenenti catalizzatore esausto a base di ossidi di nichel e molibdeno (catalizzatore NiMo). 198 fusti sono stati dispersi e ciascuno di essi conteneva circa 170-180 chili di materiale racchiuso in sacchi di plastica. Il quantitativo di materiale disperso in mare è stato stimato quindi intorno ai 34.000 kg.

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Il catalizzatore disperso, impiegato nell’industria petrolchimica per la desolforazione del greggio, è classificato secondo l’International Maritime Dangerous Goods (IMDG) Code come “sostanza soggetta a combustione spontanea quando trovasi allo stato solido”. In relazione all'incidente, la Società Atlantica di Navigazione S.p.A., armatrice della ”M/N Eurocargo Venezia”, ha commissionato ad un’equipe di tecnici una serie di interventi finalizzati non solo al ritrovamento del sito di dispersione ma anche alla valutazione del rischio ambientale associato all'evento accidentale, allo sviluppo di programmi volti al

recupero dei materiali individuati e al ripristino dell'area interessata dall'evento. Per lo svolgimento di tali attività è stata quindi incaricata per la prima fase di ricerca (survey) la società Castalia Consorzio Stabile S.C.p.A. specializzata in interventi di antinquinamento marino, e per la seconda fase di verifica di dettaglio dei target ritrovati e recupero degli stessi la JV Castalia/Impresub.

La ricerca L’individuazione dell’area di possibile rilascio del materiale ha richiesto un’analisi preventiva della rotta tenuta dalla M/N Eurocargo Vene-


zia, mediante il sistema di tracciatura automatico del traffico marittimo installato a bordo (AIS - Automatic Integration System), e di tutte le informazioni disponibili sulla dinamica dell’incidente. Tale analisi ha consentito di restringere la ricerca ad un’area di circa 8 miglia quadrate (circa 15 km²). Tramite indagine geofisica di dettaglio (Side Scan Sonar, Magnetometro, ecc.), sono stati individuati numerosi target, ad una profondità di circa 425 metri, riconducibili con buona probabilità ai fusti cercati e quindi attraverso l’analisi dei dati raccolti è stato possibile ridefinire una nuova area di indagine nella quale erano concentrati i target individuati. Un’ulteriore scansione di quest’area e la successiva indagine tramite ROV (Remotely Operated Vehicles) hanno confermato l’esito del ritrovamento. Le ispezioni visive sono state effettuate con il ROV Observer Class COMEX SUPER ACHILLE operativo fino ad una profondità di 600 m. Il ROV all’interno del proprio “garage-gabbia” (TMS - Tether Management System) è stato

ammainato e recuperato a bordo della nave appoggio tramite un sistema di lancio (LARS – Launch and Recovery System). Una volta raggiunta la profondità di lavoro, SUPER ACHILLE lascia la propria gabbia con un ombelicale non-galleggiante di 70 metri; l’ombelicale è un cavo coassiale attraverso il quale avviene la mutua trasmissione di energia, controlli e informazioni ricevute (sonar, segnale video, ecc.). Sia il veicolo che la gabbia sono stati dotati di un trasponder usato come riferimento; il primo per fornire la posizione dei target in coordinate geografiche, il secondo per consentire al comandante della nave di controllare la posizione del sistema ROV/ gabbia. Ogni immersione è stata registrata ed è stata costantemente controllata la posizione del ROV rispetto alla nave o alla gabbia. Al completamento dell’indagine visiva è stata prodotta una lista dettagliata dei target ed una cartografia precisa di tutta l’area analizzata mappando quindi ogni singolo oggetto ritrovato. L’analisi visiva ha rivelato che la maggior parte dei fusti dispersi si trovava nelle vicinanze dei semirimorchi affondati, concentrandosi quindi in un’area relativamente piccola, ma ha consentito inoltre di rilevare la presenza di

fusti isolati, anche a grande distanza dal luogo del ritrovamento dei semirimorchi. Al fine di valutare il grado di pericolosità per l’ecosistema e l’impatto sull’ambiente del materiale disperso sono stati effettuati dei campionamenti di acqua, sedimento e organismi. Le modalità e le tecniche di campionamento sono state concordate e condivise preventivamente con i rappresentanti di Atlantica SpA di Navigazione, P&I Club, Capitaneria di Porto di Livorno, ISPRA e ARPAT che hanno seguito direttamente tutte le operazioni.

Il recupero Prima di iniziare la fase di recupero al fine di verificare la presenza di ulteriori target, Atlantica S.p.A. ha commissionato a Impresub/ Castalia di eseguire una nuova indagine geofisica su un’area lunga 25 km sulla rotta AIS del 17 Dicembre della “Eurocargo Venezia”, per ulteriori 40 km² su fondali dai 440 fino ai 720 metri, adiacente all’area di ritrovamento della precedente indagine. Nonostante l’individuazione strumentale di alcuni “target sonici”, la successiva ispezione visiva effettuata per verificarne la reale natura, non ha rilevato la presenza di obiettivi che potessero essere ricondotti al carico disperso dalla nave Eurocargo. Questa nuova area è stata indagata, analogamente alla survey precedente, con ecoscandaglio Multibeam, Side Scan Sonar e Magnetometro ed i target sonici sono stati successivamente ispezionati con un ROV Observer Class. Al termine delle attività di indagine sono iniziati gli interventi per il recupero di tutti i target individuati. Il recupero dei fusti pieni e dei sacchi di plastica è stato considerato come l’obiettivo più importante da raggiungere. La fase di recupero è durata 30 giorni. Per effettuare il lavoro è stato impiegato Work Class ROV, il Triton XLS, equipaggiato con strumenti per il recupero dei fusti appositamente studiati e realizzati. Per minimizzare la possibile dispersione del catalizzatore durante le operazioni di movimentazione dei fusti sono stati posizionati sul fondale, con l’ausilio del Triton XLS, diciassette cassoni stagni di contenimento dei fusti e dei sacchi, anch’essi appositamente progettati e costruiti da Impresub.

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I cassoni stagni sono stati calati sul fondale, riempiti dal ROV Work Class con fusti e sacchi, chiusi ed infine recuperati in superficie. Ogni singolo cassone, fabbricato in acciaio 355 JR, è lungo 3 metri e largo 2 metri; con un peso circa 1,2 tonnellate ed una capacità interna di oltre 3000 litri può accogliere fino a 6 fusti e 2 sacchi. Il coperchio, equipaggiato con una guarnizione stagna e due chiusure di sicurezza, una volta chiuso è in grado di isolare il contenuto del cassone dall’ambiente circostante. Le chiusure di sicurezza sono state posizionate su entrambi i lati in modo da eliminare ogni possibilità di aperture accidentali. Per evitare eventuali sovrappressioni interne legate a variazioni in volume dell’acqua contenuta all’interno, associate a variazioni di pressione e temperatura, i cassoni sono stati equipaggiati con una sacca d’espansione di circa 30 litri. Ogni cassone è stato riempito con un massimo di 6 fusti e successivamente lasciato aperto sul fondale per poter ospitare al suo interno i sacchi. Una volta riempito (con fusti e sacchi) ogni cassone è stato chiuso, issato in superficie e posizionato su un pontone dedicato. A seguito della richiesta ufficiale delle Autorità Italiane, Atlantica ha commissionato a Castalia/Impresub di procedere anche allo spostamento dei due semirimorchi allo scopo di controllare se al di sotto di essi fossero presenti altri target sensibili e, in caso affermativo, di recuperarli. Simultaneamente alle operazioni di recupero è proseguita l’attività di campionamento dell’acqua e del sedimento allo scopo di condurre un costante monitoraggio ambientale durante le operazioni. La movimentazione dei fusti sul fondale è stata eseguita equipaggiando il ROV con un manipolatore (grabber) appositamente realizzato da Impresub in funzione delle particolari caratteristiche del materiale da recuperare. Il

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grabber, con un peso di 45 kg, presenta un’apertura massima di 1 metro ed è dotato di una valvola di sicurezza nel circuito idraulico studiata per prevenire l’applicazione di una forza eccessiva che danneggerebbe il fusto. La movimentazione dei sacchi di plastica sul fondale, invece, è stata effettuata attraverso una benna, anch’essa appositamente progettata; con un peso di 115 kg e un’apertura massima di 1,2 m, che è stata installata sulla parte posteriore del ROV Triton. Per assicurare la massima visibilità durante le operazioni sono state installate due telecamere addizionali nella parte posteriore del ROV Triton. La prima a colori, prossima alla benna e posizionata in modo da visualizzarne l’interno mentre l’altra, ad altissima sensibilità (Silicon Intensified Target Camera – SIT Camera), dotata di un obbiettivo grandangolare. Le operazioni di movimentazione dei fusti con il ROV e di riempimento dei cassoni sono state eseguite in modo da ridurre al minimo l’ulteriore dispersione del catalizzatore nell’ambiente. La movimentazione dei sacchi sul fondale è stata l’operazione più delicata di tutto il recupero a causa delle pessime condizioni in cui si trovavano i sacchi stessi. Successivamente sono stati recuperati un totale di 36 fusti vuoti insieme a 29 tappi e altri oggetti metallici riconducibili all’evento (cravatte di serraggio e parti delle sovrastrutture della Eurocargo Venezia perse durante l’incidente). I fusti vuoti sono stati movimentati sul fondale dal ROV Triton grazie al grabber appositamente progettato, mentre i tappi e gli altri oggetti metallici sono stati movimentati con un manipolatore più piccolo. Il recupero è stato effettuato usando una gabbia aperta calata sul fondale e riempita di fusti e altri oggetti. Una volta piena, la gabbia è stata issata a bordo della nave appoggio dove il contenuto è stato tagliato, allo scopo di ridurne il volume, per poi essere riposto in un apposito contenitore.

Anche durante tutte le operazioni di recupero, sono stati prelevati campioni di acqua e di sedimento, come richiesto dalle Autorità italiane, allo scopo di eseguire un monitoraggio ambientale durante tutte le fasi di recupero. Tutte le attività di indagine e recupero sono state condotte con la nave DP2 SENTINEL della Diamar S.p.A. che soddisfa tutti i requisiti necessari per le ispezioni ROV e interventi “diving” essendo, tra l’altro, dotata di un sistema DGPS/RTK che assicura un’accuratezza di posizionamento di 0,30 m e attrezzata appositamente con tutte le strumentazioni necessarie per questo delicato tipo di recupero. L’operazione, condotta sotto la costante sorveglianza e l’approvazione di un ufficiale della Guardia Costiera, ha portato quindi al recupero dei 114 obiettivi individuati sul fondale durante i rilievi condotti nel Febbraio 2012 da Castalia e di altri 33 obiettivi sensibili identificati durante le operazioni di recupero stesse. In totale sono stati quindi recuperati con successo un totale di 147 obiettivi: 90 fusti pieni, 21 sacchi e 36 fusti vuoti. Successivamente è stato realizzato uno studio volto alla stima della probabilità di ritrovamento dei fusti dispersi in mare e non individuati ad esito delle attività di ricerca e recupero. Lo studio, realizzato da Castalia, Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (INGV) e Università di Ravenna, ha analizzato, attraverso le componenti meteo-marine e le caratteristiche del prodotto disperso, le possibili traiettorie e quindi la probabile distribuzione dei fusti al fine di verificare la possibilità di rinvenire ulteriori target. I modelli matematici utilizzati hanno individuato un’area di probabile dispersione di circa 800 km² (un’area pari a circa 3 volte e mezzo l’estensione dell’Isola d’Elba). *Castalia S.C.p.A.


organised by: IWWG - International Waste Working Group sustainability : separate collection : industry : sustainability : policy industry : policy and Regional Government of Lombardia - Environment, Energy and Sustainable Development pollution legal aspects : costs : separate collection : takeback programs : filiere del ricircolo : takeback programs : resources : policy technology : ecopoint : policy : ciclo della materia : recycling : resources : costs : filiere del ricircolo : legal aspects ecopoint : case study : sustainability : technology : industry : policy : ecopoint : reuse : sustainability : filiere del ricircolo separate collection : costs : industry : separate collection : ciclo della materia : recycling : economy : pollution : costs takeback programs : technology : ecopoint : ciclo della materia : legal aspects : materials : life cycle analisys : resources sustainability : industry : costs : sustainability : reuse : ciclo della materia ecopoint : technology : industry : policy : costs sustainability : filiere del ricircolo : policy : ecopoint : technology : industry : costs : policy : ecopoint : reuse : pollution : policy separate collection : costs : industry : ciclo della materia : recycling : economy : costs : pollution : materials technology : ecopoint : policy : ciclo della materia : recycling : costs : resources : filiere del ricircolo : legal aspects : costs ecopoint : separate collection SYMPOSIUM ON URBAN MINING takeback programs : filiere del ricircolo : policy : reuse ecopoint : case study : sustainability : technology : industry : policy : ecopoint : reuse : sustainability : filiere del ricircolo ecopoint : policy : ciclo della materia : industry : separate collection : ciclo della materia : recycling : economy : pollution technology : ecopoint : policy : ciclo della materia : recycling : costs : resources : filiere del ricircolo : legal aspects case study : sustainability : reuse : technology : industry : policy : ecopoint : sustainability : filiere del ricircolo : costs 2nd Symposium on Urban Mining : 19-21 May 2014 : Old Monastery of St Augustine, Bergamo, Italy industry : policy

SUM2014

University of Bergamo

University of Padova

with the scientific support of:

University of Bergamo (IT) • University of Padova (IT) • Berlin University of Technology (DE) • BOKU University, Vienna (AT) • University of Southampton (GB) • Hamburg University of Technology (DE) • Tongji University, Shanghai (CN) • GITISA - Italian Group of Environmental Sanitary Engineering (IT) Following the huge success of its first edition in 2012, which registered the participation of approximately 200 delegates from 40 different countries worldwide, SUM 2014 - Second Symposium on Urban Mining wil be held in Bergamo, Italy in May 2014. The Symposium will last three days and will include oral sessions, a poster session and a technical tour at a real scale plant dealing with post-consumer plastic packaging.

Presentation

The urban space should be conceived as the physical, or virtual, environment intended for collective use where rights and duties of citizenship, social information and education, political action, productive and economic activities are carried out. A knowledge of the urban territory implies an awareness of and interaction with the reality surrounding us of which we are an integral part, it means understanding and managing the flow of materials and resources needed by the urban metabolism in terms of requirements and supply of raw materials, responsible and eco-balanced production, sustainable waste management, minimization of uncontrolled and widespread dispersion of potentially polluting substances, and the recovery of resources from residues (urban mining), a virtous means of closing the material cycle. It implicates progression beyond separate collection and the current logic of consumers responsibility, resulting in an increased recovery of resources, better quality of the same, improved environmental protection, involvement of producer responsibility and lower costs for society.

Symposium Topics

The Symposium will include the following topics: • Sources and characterization of materials and energy resources in urban spaces • Municipal Solid Waste, commercial waste, industrial waste, WEEE, depuration sludge, municipal and industrial sewage sludge, demolition waste, food waste, waste tyres • Automotive Shredded Residues • Techniques of waste source separation • Criticality of the current system of separate waste collection • Takeback programs • Recovery centres (Ecopoints, Tip shops, Waste banks, etc.) • Tecnologies for the extraction of materials and resources • Valorization of materials and resources • Recirculation pathways and markets • Landfill Mining • Economic and financial aspects • Policies and legal aspects • Environmental balances (Life-cycle assessment) • Case studies

Entrance Fees

Registration fees are as follows: • Regular Fee € 600 + VAT • Authors € 400 + VAT • Italian local government bodies and PhD students € 200 + VAT • Undergraduate and Master students € 100 + VAT IWWG and GITISA (Italian Group of Sanitary Environmental Engineering) members are entitled to a 10% discount on all fees. IWWG membership affords numerous benefits, including special discounted rates on yearly subscriptions to the international scientific journal Waste Management, published by Elsevier as official journal of IWWG. Registration fees include: Participation in Symposium sessions • Conference materials • Coffee breaks

Venue

The Symposium will take place in Bergamo on the premises of the former Monastery of St. Augustine in the upper city, the historic medieval town centre. The monastery is built around two sixteenth-century cloisters: the walls surrounding the portico of the small cloister bear traces of frescoes dating back to the fourteenth century. Restored in the twentieth century, it currently hosts exhibitions and cultural events and houses the School of Educational Sciences of the University of Bergamo. The upper city can be reached by foot through the ‘scorlazzini’ (stairways that connect the lower part of town with the old), by car, bus or the historical funicular built in 1887.

Travel and accommodation

All delegates and authors are expected to make their own travel and hotel arrangements. The nearest airport is Bergamo Orio al Serio, located 5 km from the city centre and served by several low-cost flights from all main European cities. The Organising Committee will arrange special hotel rates for Symposium delegates at a number of hotels situated in the vicinity of the Symposium venue in Bergamo. Further information on accomodation and prices will be soon available on the Official Symposium website www.urbanmining.it

Information

For further enquiries and information on registration, accomodation, etc., please contact the Organising Secretariat: EUROWASTE Srl via Beato Pellegrino, 23 • 35137 Padova (IT) • tel +39.049.8726986 • fax +39.049.872698 • info@eurowaste.it Continuously updated information is available on the Official Symposium website: www.urbanmining.it

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Scuola Racagni, una demolizione da maestri Un intervento selettivo e accurato per l’edificio di Parma che lascerà il posto ad un nuovo complesso scolastico moderno e sostenibile di Andrea Terziano

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isale al 1953 l’inaugurazione della scuola Racagni di Parma dove per 58 anni sono state ospitate ed educate generazioni di bambini. Quest’anno però i 332 alunni che la frequentavano non sono più rientrati dopo le vacanze natalizie poiché la scuola era destinata ad essere demolita per lasciare il posto al nuovo complesso di infrastrutture che l'Amministrazione Comunale di Parma intende realizzare: • scuola Primaria per 4 sezioni completa dei laboratori scolastici e gli uffici per il personale della direzione didattica dell'istituto Comprensivo Bocchi; • mensa e cucina per gli utenti del complesso scolastico; • palestra e spogliatoi; • sala polivalente-teatro. La struttura della scuola risultava costituita da vari corpi di fabbricato che insistevano su un'area di superficie complessiva di circa 6.521 mq dei quali circa 2.250 mq coperti. Il complesso scolastico risultava suddiviso come segue:

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• corpo scolastico principale costituito da tre piani fuori terra ed un piano interrato; • corpo scolastico laterale che si affaccia verso est, costituito da tre piani fuori terra ed un piano interrato; • corpo centrale ad un piano unico fuori terra, posto a nord del corpo scolastico principale, che ospita un ampio locale polivalente/teatro con piano interrato; • il corpo palestra e spogliatoi. A seguito della vetustà dell'immobile, nei recenti anni passati l'Amministrazione ha dovuto provvedere ad una serie di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, diventati di entità sempre crescente. Le cause dei lavori erano riconducibili ad infiltrazioni d'acqua dalla copertura, ripristino pavimentazioni, ripristino intonaci nelle zone di giunzione fra i corpi del fabbricalo, necessità di adeguamento spazi, strutture ed impianti adeguate alle nuove normative di igiene, sicurezza e risparmio energetico. Il progetto preliminare posto a base di gara prevede la demolizione degli edifici esistenti

e la realizzazione di un nuovo complesso scolastico che si svilupperà attorno ad un grande blocco centrale aperto, nel quale si affacceranno i corridoi dei piani alti, coperto con una vasta vetrata tonda. Costruito prevalentemente in legno il plesso avrà 15 aule e diversi laboratori nei piani primo e secondo, mentre il piano terreno sarà destinato a uffici, mensa, cucina, ludoteca, biblioteca scolastica e un auditorium da 150 posti. L’ATI affidataria degli interventi di demolizione e ricostruzione è composta dalle imprese Getech s.r.l. e Marlegno s.r.l. la quale ha poi appaltato l’intervento di demolizione all’impresa Granelli Costruzioni s.r.l. di Salsomaggiore Terme Parma. Vista l’ubicazione delle strutture da demolire, in pieno centro urbano, in adiacenza di edifici residenziali, viabilità ordinaria e soprattutto la presenza di una scuola materna sul confine nord, l’impresa ha porto particolare cura nelle attività preliminari di allestimento delle recinzioni perimetrali che sono state realizzate utilizzando come base le recinzioni esistenti


implementandole con la posa di pannelli OSB fissati con pali in modo da proteggere le aree al di fuori del cantiere riducendo inoltre la visibilità dall’esterno. Particolare cura è stata ovviamente dedicata alla perimetrazione del lato adiacente alla scuola materna ove le protezioni sono state incrementate aumentando le distanze di sicurezza ed estendendo le barriere oltre il limite di proprietà della scuola. Le attività propedeutiche all’intervento di demolizione sono poi consistite nel completo

strip-out degli edifici che è durato complessivamente un mese impegnando in cantiere 15 persone che si sono dedicate allo svuotamento totale degli edifici in modo da lasciare alla fase di demolizione meccanica le strutture quanto più possibile “spoglie”. In questa fase sono stati quindi rimossi tutti i serramenti, gli arredi, le pareti in cartongesso, i controsoffitti, i radiatori, i rivestimenti in linoleum, le guaine di impermeabilizzazione e molto altro ancora.

La decisione dell’impresa di dedicare più tempo e risorse alla fase di strip-out è una scelta premiante durante l’intervento di demolizione vero e proprio poiché non si ha più la necessità di effettuare una successiva selezione e separazione dei materiali a piè d’opera, limitando questa attività alla sola frantumazione primaria e separazione dei ferri d’armatura. Oltre alla rimozione di tutti i materiali destinati poi a recupero e/o a smaltimento l’impresa ha inoltre dovuto eseguire la rimozio-

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ne dei pannelli fotovoltaici installati sul tetto dell’edificio. Tali pannelli essendo di recente installazione sono stati smontati, imballati e

trasportati presso un deposito del Comune per un futuro riutilizzo. Alla fase di strip-out è poi seguita la bonifica

Il progetto Il progetto preliminare posto a base di gara prevede la demolizione degli edifici esistenti e la realizzazione di un complesso scolastico dotato di idonei fabbricati ed ambienti confortevoli dove svolgere, nel pieno rispetto delle normative vigenti, le seguenti attività: • attività scolastica per 4 corsi completi di scuola primaria (scuola elementare) con locali adibiti a laboratori scolastici, uffici per il personale della direzione scolastica, archivi e locali servizi; • attività di cucina e mensa per gli alunni e personale scolastico; • attività sportive in una palestra con campo regolare per il gioco della pallacanestro, spogliatoi e locali servizi. La palestra sarà utilizzabile anche da società sportive al di fuori degli orari scolastici; • attività tipo spettacolo-auditorium per 150 persone accessibile anche al di fuori degli orari scolastici. Il progetto prevede anche la sistemazione esterna agli edifici con realizzazione di una viabilità carrabile interna alla recinzione, marciapiedi perimetrali ad ogni edificio, aree a verde. La distribuzione delle strutture è stata pensata a ferro di cavallo, con il lato aperto rivolto a sud verso la strada principale di pubblico passaggio, lato via Bocchi, con lo scopo principale di alleggerire l'effetto diga fornito dall'invasivo fronte sud e rendere più permeabile e vitale il rapporto fra quartiere e scuola. Il nuovo progetto prevede infatti una forte trasparenza visiva fra lo spazio pubblico e il grande cortile interno alla scuola, pensato come area di gioco e di aggregazione durante le pause di ricreazione degli alunni. Sempre con l'intento di fornire evidenza sulla vitalità del complesso scolastico, e rinforzare una relazione con il quartiere, è prevista un’ampia vetrata sul fronte sud della palestra in modo da rendere visibile ogni attività interna alla palestra stessa. In questo modo anche nelle ore serali e notturne, a scuola chiusa, il nuovo complesso potrà dimostrare la propria vitalità.

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dei materiali contenenti amianto che è stata realizzata da un’impresa specializzata. L’amianto in forma friabile risultava presente nei rivestimenti esterni di alcune tubazioni presenti nell’edificio perciò è stato necessario eseguirne la rimozione in ambiente confinato statico-dinamico. Al completamento della bonifica amianto, durata all’incirca un mese, e ottenuta quindi la restituibilità dell’area è iniziata la fase di demolizione che ha visto impegnata in cantiere l'impresa per circa 15 giorni. La demolizione è stata effettuata dall’alto a basso mediante escavatore cingolato attrezzato con pinza demolitrice e braccio da 20 metri per poter raggiungere la parte più alta dell’edificio che arrivava a circa 14 m da p.c. Per lo svolgimento delle attività a terra e per la demolizione delle parti basse degli edifici erano inoltre presenti in cantiere altri escavatori di dimensioni minori. Il maggiore impatto sull’ambiente esterno che può essere generato da questo tipo di cantiere è rappresentato dalle polveri che inevitabilmente si formano con la frantumazione del calcestruzzo. Per questo motivo l’impresa ha previsto la presenza in cantiere di un’autobotte con cestello in modo da consentire l’abbattimento delle polveri in modo puntuale in prossimità dell’area di lavoro della pinza. Nonostante l’estrema attenzione posta al fine di arrecare minori disagi possibili alla cittadinanza e ai residenti, la demolizione di alcune parti di calcestruzzo, in particolar modo quelle presenti al di sotto della guaina, ha creato maggiori quantità di polvere costringendo l’impresa a rallentare in alcuni momenti le attività. Poiché l’edificio risultava suddiviso in blocchi con presenza talvolta di livelli interrati sono state seguite delle precise fasi di demolizione dei vari corpi al fine di consentire all’escavatore di operare sempre su piani stabili, garantendo sempre la massima sicurezza per gli operatori. Al momento l’intervento risulta completato, rimangono in posto unicamente i plinti e la fondazioni che faranno parte di un'altra fase di lavoro che prevedrà inoltre la formazione del nuovo sedime su cui verrà realizzato il nuovo complesso scolastico.


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pr o g e t t i e t e c nol og i e

tecnologie per la bonifica di sedimenti contaminati da metalli pesanti Valutazione sperimentale di due applicazioni per il desorbimento di mercurio da sedimenti contaminati di Paola Bottega, Linda K. Weavers**, Clara Comuzzi* e Daniele Goi*

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ra gli inquinanti prioritari identificati dalla Commissione Europea [1], il mercurio è oggetto di un crescente interesse, a causa della sua tossicità, della sua presenza ubiquitaria e dell’incremento delle emissioni di origine antropica negli ultimi decenni, specialmente in alcune regioni [2, 3]. I composti organici del mercurio, in particolare il metil-mercurio, sono altamente tossici, per l’uomo e per l’ambiente, possono bioaccumularsi negli organismi viventi e sono soggetti a biomagnificazione nel passaggio a livelli superiori della catena alimentare [4]. In passato i sedimenti sono stati sottovalutati come possibile fonte di inquinamento, perché si riteneva che essi fungessero da comparto di accumulo per i metalli pesanti adsorbiti su di essi [5]. Studi recenti hanno tuttavia dimostrato che attività umane, processi chimici, fenomeni idrodinamici e trasformazioni mediate da microrganismi possono rimobilizzare il mercurio contenuto nei sedimenti [6]. Per questo motivo, i sedimenti contaminati rappresentano una minaccia per la salute umana (soprattutto attraverso l’assunzione di pesce contaminato) e il ruolo dei sedimenti, nel contesto più generale dell’inquinamento da mercurio, è stato rivalutato: oggi è generalmente riconosciuto, anche da un punto di vista normativo [7], che i sedi-

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menti contaminati da mercurio vanno sottoposti a bonifica. Tra le varie tecniche di bonifica dei sedimenti, solo alcune possono essere sfruttate per far fronte ad una contaminazione da metalli pesanti. Questi infatti, contrariamente ai composti organici, non possono essere degradati o convertiti in composti meno pericolosi. Tra le più utilizzate, le tecniche di contenimento non garantiscono una stabilità sul lungo periodo del sedimento trattato, mentre quelle di estrazione chimica e di desorbimento termico sono più vantaggiose e sicure, ma allo stesso tempo molto costose. Inserendosi nel quadro appena descritto, lo scopo della ricerca riportata in questo articolo è stato la valutazione dell’efficacia di due nuove tecnologie per il trattamento di sedimenti contaminati da mercurio: la prima sfrutta gli ultrasuoni eventualmente combinati all’estrazione chimica, mentre la seconda consiste in un soil washing.

TECNOLOGIA A BASE DI ULTRASUONI L’utilizzo degli ultrasuoni per applicazioni ambientali, anche se piuttosto recente, è un campo di ricerca in rapida espansione, che ha già dato alcuni risultati promettenti anche nell’ambito del trattamento dei sedimenti. Da un punto di vista teorico, il principio di

funzionamento per le applicazioni di nostro interesse è il seguente: quando gli ultrasuoni attraversano un fluido si creano delle bolle cavitazionali che, se implodono vicino ad una superficie solida, causano una serie di effetti fisici che vengono sfruttati per favorire il desorbimento del mercurio dai sedimenti, attraverso i seguenti meccanismi: • la forte turbolenza che si crea all’interfaccia solido/liquido aumenta la velocità del trasferimento di massa; • le particelle di sedimento si frammentano, con un incremento della superficie disponibile allo scambio; • il riscaldamento localizzato che si registra vicino alle bolle favorisce termodinamicamente la rottura del legame tra mercurio e sito di legame. Gli ultrasuoni sono già stati utilizzati in passato per il trattamento di sedimenti contaminati. Nel caso specifico del mercurio, uno studio del 2005 ha dimostrato la loro efficacia nel trattamento di sedimenti modello [8]. In continuazione di questo lavoro, l’obiettivo del presente è stato testare questa tecnologia anche su sedimenti reali. Secondariamente si è voluto valutare l’effetto dell’aggiunta di un agente chelante in soluzione, che evitasse il ri-adsorbimento del mercurio sul sedimento all’aumentare del tempo di sonicazione, fenomeno che si era registrato nello studio succitato [8].


Nella scelta dell’agente chelante si è cercato di soddisfare alcune esigenze: • non tossicità per i microrganismi, né del chelante né del complesso; • specificità per il mercurio, evitando così l’interferenza di altri metalli; • solubilità sia del chelante che del complesso. In ottemperanza a questi requisiti si è presa la decisione, sicuramente non convenzionale, di utilizzare come chelante un farmaco, normalmente impiegato per la terapia dei casi di intossicazione da mercurio, l’acido 2,3 dimercapto 1 propanosulfonico (DMPS). I due sedimenti utilizzati negli esperimenti sono stati prelevati in aree dove si è verificato un prolungato sversamento di mercurio nei corpi idrici, che ha determinato un conseguente inquinamento dei sedimenti. Il primo sedimento (S1) è di origine marina ed è stato prelevato in una zona vicino a Priolo (SR). Il secondo (S2) proviene da uno dei canali immissari alla laguna di Grado e Marano (UD). La concentrazione iniziale di mercurio nei sedimenti è di 139,04 ppm e 112,39 ppm, per S1 e S2 rispettivamente. Dopo il prelievo, i sedimenti sono stati essiccati all’aria per 2 giorni, macinati, setacciati, omogeneizzati e conservati a 4°C. In ogni esperimento 1g di sedimento secco è stato aggiunto a 50 ml di soluzione 0,1 M di NaNO3 (pH finale pari a 8). La concentrazione di mercurio in soluzione è stata misurata direttamente attraverso uno spettrometro ad assorbimento atomico (SpecrtAA 880Z, Varian), mentre per quella sul sedimento si è seguita una procedura preliminare di digestione acida, secondo il metodo EPA 7471-B [9]. Con lo scopo di testare l’efficacia della sonicazione e dell’aggiunta di DMPS, singolarmente e in combinazione si sono realizzate quattro serie di esperimenti, in duplicato e a 20°C: • agitazione in assenza di sonicazione e DMPS (agitazione); • sonicazione in assenza di DMPS (sonicazione); • agitazione con 0,5 mM di DMPS (agitazione+DMPS); • sonicazione con 0,5 mM di DMPS (sonicazione+DMPS).

I campioni sono stati prelevati in tempi suc- bite, la resa del processo è molto bassa cessivi per monitorare l’efficacia del trattamento nel tempo. mercurio desorbito < 1% Nella prima serie di prove (agitazione) gli quantità iniziale di mercurio sul sedimento esperimenti sono stati condotti in un agitatore per entrambi i sedimenti e in tutte le prove. da banco, che lavorava a 300 giri/min. In tutti gli esperimenti, al termine dei cicli di Analizzando i risultati nel complesso, si può trattamento, i campioni sono stati centrifugati dire che la riduzione nel tempo della resa per 20 min. a 3000 giri/min a 4°C. La concen- del processo combinato suggerisce che gli trazione di mercurio in soluzione e sul sedi- ultrasuoni possano influire sulla capacità mento è stata quindi misurata: il surnatante del DMPS di chelare il mercurio. Inoltre, il è stato filtrato, acidificato e conservato a 4°C basso livello di rimozione del mercurio dal per la successiva analisi mentre il sedimento è sedimento fa pensare che la concentrazione stato seccato all’aria e successivamente ana- di DMPS utilizzata non è sufficiente e che la sonicazione da sola ha un effetto limitato. lizzato col metodo già descritto. I risultati ottenuti negli esperimenti sono ripor- Possiamo tuttavia affermare che la combitati nei grafici seguenti (Figg. 1 e 2). nazione di ultrasuoni e agente chelante si è Analizzando i risultati ottenuti, è possibile nota- dimostrata promettente (soprattutto per S1), re che, per il sedimento S1, il DMPS incremen- anche se studi ulteriori sono senza dubbio necessari per definire le migliori condizioni ta il rilascio di mercurio dal sedimento (Fig. 1). L’azione combinata di DMPS e ultrasuoni operative che permettano di aumentare la migliora ulteriormente la resa, inizialmente, resa del processo. ma per tempi di trattamento più lunghi la concentrazione di mercurio in soluzione diminuisce. La Fig. 2 mostra un trend simile per S2: tuttavia, anche se la sinergia degli ultrasuoni con il DMPS è più evidente per questo sedimento, il livello di mercurio rimosso diminuisce nel tempo fino a va- Figura 1. Concentrazione di mercurio in soluzione dopo il trattamento, sedimento S1 lori inferiori a quelli registrati con DMPS o ultrasuoni singolarmente. Inoltre, la quantità complessiva di mercurio rimossa per questo sedimento è minore che per S1, in tutti gli esperimenti. In ogni caso, se si considerano le quantità assolute di mercurio desor- Figura 2. Concentrazione di mercurio dopo il trattamento, sedimento S2

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TECNOLOGIA A BASE DI SOIL WASHING La seconda tecnologia testata è basata sul soil washing, che sfrutta il meccanismo dell’estrazione chimica per favorire la rimozione del metallo inquinante dal sedimento. La soluzione di lavaggio, a base acquosa, può contenere acidi, basi, sali, agenti chelanti, surfattanti o solventi organici. I metalli trasferiti alla soluzione acquosa vanno successivamente separati dalla stessa, che può quindi essere riutilizzata, e concentrati in un volume residuale che va gestito separatamente. Alcune ricerche hanno già provato l’efficacia del soil washing per il trattamento di suoli contaminati da mercurio [10, 11], impiegando in entrambi i casi soluzioni di lavaggio contenenti concentrazioni diverse di iodio e/o ioduro di potassio, con ottimi risultati in termini di abbattimento. Suffragati da questi dati, lo scopo del presente lavoro è stato valutare l’efficacia di un diverso sale ioduro, l’etil viologeno diioduro (1,1’-etil-4,4’bipiridinio-diioduro) in un trattamento di soil washing dei due sedimenti S1 e S2 già utilizzati. La scelta di questo sale nasce dall’evidenza della sua efficacia in un trattamento misto, combinazione di desorbimento termico e soil washing, di sedimenti contaminati da mercurio [12]. Per quanto riguarda i metodi di misura e le procedure adottate, diversamente dagli esperimenti precedenti, il mercurio contenuto nei sedimenti e in soluzione è stato misurato attraverso uno spettrometro ad assorbimento atomico specifico per questo metallo (AMA 245 Leco). Al termine di ogni esperimento si è osservata la seguente procedura per la separazione di sedimento e surnatante: • centrifugazione del campione per separare la soluzione salina dal sedimento (3 cicli di 15 min. a 3000 giri/min.); • lavaggio del sedimento con acqua distillata; • recupero del fango residuo per centrifugazione (3 cicli di 15 min. a 3000 giri/min.); • misura del contenuto di mercurio nel sedimento, dopo essicamento in stufa a 80°C per 72 ore. Si sono quindi organizzati tre diversi esperimenti, per ciascun sedimento, per testare di-

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verse possibili configurazioni e determinare la cuperato viene quindi suddiviso: una prima più conveniente, anche da un punto di vista parte è stata seccata in stufa ed analizzata; operativo: mentre la frazione rimanente viene sottoposta • trattamento in continuo, ad un nuovo ciclo di trattamento. • trattamento ciclico, Si eseguono complessivamente tre cicli, al • trattamento ciclico con rigenerazione del- termine dei quali si è misurata la concentrala soluzione di lavaggio. zione residua di mercurio sul sedimento riI sedimenti sono stati inizialmente sottopo- masto. sti ad un trattamento in continuo di 48 ore. L’abbattimento di mercurio ottenuto al termine Il campione (1 g di sedimento secco addi- di ogni ciclo, per ciascuno dei due sedimenti, è zionato a 50 g di soluzione 15% p/p di vio- riportato in Figura 3. logeno) è stato lasciato in agitazione per 48 È possibile notare un miglioramento conore a temperatura ambiente; sedimento e siderevole della resa del processo rispetto surnatante sono stati poi separati ed è stato al trattamento continuo, in un tempo commisurato il contenuto finale di mercurio sul plessivamente molto minore (6 ore piuttosto sedimento. che 48 ore). Si evidenziano anche in questo Si è ottenuto un abbattimento del 35% per S1 caso, forti differenze tra i due sedimenti, con e del 64% per S2, decisamente più consisten- un abbattimento quasi completo per S2 alla te, rispetto a quello ottenuto con tecnologia fine del terzo ciclo, mentre il tasso di rimoa base di ultrasuoni, anche se in un tempo maggiore. Si nota inoltre una marcata differenza di comportamento tra i due sedimenti, con una resa per S2 quasi doppia a quella per S1. Nel secondo esperimento si è voluto testare un trattamento ciclico che, in uno degli studi già citati Figura 3. Resa del trattamento ciclico per i due sedimenti [11], si era dimostrato più efficace del trattamento continuo. La procedura che viene ripetuta consiste nell’addizionare 1,5 g di fango secco a 75 g di soluzione 15% p/p di viologeno in una beuta. La miscela è quindi lasciata in agitazione per 2 ore a temperatura ambiente e, dopo questo tempo, il campione viene trattato come descritto in precedenza. Il fango re-


potenziale, essa non ha dato risultati paragonabili a quelli ottenuti con i sedimenti modello [7]: la quantità di mercurio desorbita è infatti minore all’1% in tutti i casi, probabilmente a causa di condizioni operative non ottimali. La tecnologia a base di soil washing si è dimostrata Figura 4. Resa del trattamento ciclico con recupero della soluzione salina per i due invece sedimenti molto efficace, con una rimozione di zione di mercurio per S1 non supera il 50%. mercurio dal sedimento del 35% e 64%, per Si nota inoltre un progressivo miglioramento S1 e S2, rispettivamente, nel trattamento della resa all’aumentare del numero di cicli, continuo di 48 ore. Il trattamento ciclico ha più spiccata nel passaggio da primo a secon- permesso di migliorare ulteriormente la resa del processo e la rigenerazione della soludo ciclo. Vista la grande quantità di soluzione che sa- zione di lavaggio rende possibile il recupero rebbe richiesta per una potenziale applica- del sale, aprendo in questo modo un’imporzione su scala reale e il costo del viologeno, tante prospettiva per lo sviluppo di questa si è realizzata una terza serie di esperimenti tecnologia su scala reale. per valutare la rigenerazione della soluzione La complessità dei fenomeni che prendosalina con una resina a scambio cationico no parte al desorbimento del mercurio dai (Ambersep GT-74, Sigma-aldrich). Il proces- sedimenti fa sì che molti fattori possano inso è analogo a quello appena descritto, ma fluire sulla resa del processo, legati sia alle in questo caso la soluzione salina viene ri- caratteristiche dei sedimenti (distribuzione granulometrica, compresenza di altri inquigenerata al termine di ogni ciclo. La resina scambiatrice stessa deve esse- nanti, ecc.) che alle condizioni operative re rigenerata tramite lavaggio con di HCl (durata del trattamento, concentrazione del concentrato (37% v/v). Il terzo ciclo è stato sale/chelante, ecc). inoltre prolungato a 48 ore per verificare la Studi ulteriori dovrebbero essere quindi inpossibilità di migliorare ulteriormente l’effi- dirizzati ad approfondire questi due aspetti, cacia del processo con un maggior tempo che potrebbero spiegare da un lato la diffedi trattamento. renza di comportamento dei due sedimenI risultati ottenuti in questa prova (Fig. 4) non ti e far determinare dall’altro le condizioni mostrano variazioni significative in termini di operative ottimali per l’applicazione di queresa del processo, rispetto al trattamento ste due tecnologie. ciclico dell’esperimento precedente, sugge*Università degli Studi di Udine rendo che la rigenerazione della soluzione **The Ohio State University salina non altera le sue capacità estraenti nei confronti del mercurio. La maggior durata del terzo ciclo non sembra infine miglioraRingraziamenti re la resa complessiva. Si ringraziano Zongsu Wei, Stefania de Pauli, Maurizio Ballico, Gabriel Josè Conesa Perez e CONCLUSIONI Maria Josè Rubio Aleman per la collaborazione Riassumendo, nonostante la tecnologia a negli esperimenti base di ultrasuoni abbia dimostrato un suo

Bibliografia [1]Direttiva 2013/39/UE, allegato I [2]Global emission of mercury from anthropogenic sources in 1995, E. Pacyna J. Pacyna; Water, Air & Soil Pollution, Vol. 137, No. 1-4, 2002, Pagg. 149-165 [3]Global anthropogenic mercury emission inventory for 2000, E. Pacyna J. Pacyna; Atmospheric environment, Vol. 40, No. 22, 2006, Pagg. 40-48 [4]Atmospheric mercury, an overview, William H. Schroeder, John Munthe; Atmospheric Environment, Vol. 32, No. 5, 1998, Pagg. 9-22 [5]The remediation of heavy metals contaminated sediments, J.F. Peng, Y.H. Song, P. Yuan, X.Y. Cui, G.L. Qiu; Journal of hazardous materials, Vol. 161, Ni. 2-3, 2009, Pagg. 633-640 [6]Sources and remediation for mercury contamination in aquatic systems-a literary review, Q. Wang, D. Kim, D. Dionysiou, G. Sorial, D. Timberlake; Environmental Pollution, Vol. 131, 2004, Pagg. 323-336 [7]Articolo 242, D.Lgs.152/2006 [8]Sonolytic desorption of mercury from aluminum oxide, Z. He, S. Traina, J.M. Bigham, L.K. Weavers; Environmental science & technology, Vol. 39, No. 4, 2005, Pagg. 10371044 [9]http://www.epa.gov/osw/hazard/testmethods/ sw846/pdfs/7471b.pdf [10]Remediation of a soil polluted by mercury with acidic potassium iodide, S.Wasay, P. Arnfalk, S. Tokunaga; Journal of Hazardous materials, Vol. 44, 1995, Pagg. 93-102 [11]Removal of mercury from solids using the potassium iodide/iodine leaching process, K. Klasson, L. Koran, D. Gates, P. Cameron; The Oak Ridge National Laboratory, Tennessee, 1997 [12]Rimozione del mercurio da fanghi di dragaggio mediante scambio ionico e trattamento termico, De Pauli S., Comuzzi C., Goi D.; SICon 2013

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Un’alternativa sostenibile per il trattamento di reflui e fanghi altamente contaminati L’applicazione di Best Available Techniques per il trattamento ad “emissioni zero” e la valorizzazione energetica di Fanghi e Acque civili e industriali di Antonino Rapisardi e Edoardo Slavik*

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econdo il “Rapporto Rifiuti Speciali” redatto da ISPRA nel 2012, ogni anno in Italia vengono prodotti circa 170 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui circa 145 milioni di tonnellate sono costituiti da rifiuti speciali, mentre il quantitativo rimanente, pari a circa 25 milioni di tonnellate, corrisponde alla produzione annua di rifiuti urbani. I rifiuti speciali costituiscono quindi, di gran lunga, la categoria di rifiuti maggiormente prodotta in Italia. Di questi, circa 130 milioni di tonnellate all’anno sono classificati come “Rifiuti Speciali Non Pericolosi” e i rimanenti 15 milioni di tonnellate all’anno quali “Rifiuti Speciali Pericolosi”.

Figura 1. Ambiti di produzione rifiuti speciali in Italia. Si osserva che l’industria del “trattamento rifiuti” produce il 20% dei rifiuti speciali complessivi

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Il dato particolarmente interessante offerto dal citato Rapporto ISPRA riguarda una particolare categoria di rifiuti, ossia quelli che ogni anno vengono prodotti nel processo stesso di trattamento rifiuti. Ad esempio, i processi di trattamento delle acque civili e industriali producono, come risultato di processi di depurazione chimico-fisico-biologici, dei fanghi detti “di supero” che in diversi casi vengono disidratati e conferiti in discarica. Anche il processo stesso di recupero dei rifiuti per ottenere materiali destinati al riutilizzo può produrre delle aliquote di scarto, che verranno a loro volta smaltite in quanto rifiuti. Secondo il Rapporto ISPRA, i “rifiuti prodotti dal processo di trattamento rifiuti” che chiameremo di seguito “rifiuti speciali secondari”, raggiungono quantità particolarmente rilevanti, in quanto ammontano a circa 30 milioni di tonnellate all’anno, pari al 20% della produzione totale annua di rifiuti speciali in Italia (Figura 1). Sempre alla luce delle statistiche fornite da ISPRA, emerge che i fanghi generati nei processi di trattamento chimico-fisico-biologico rappresentano il rifiuto “secondario” maggiormente prodotto in Italia. Tali fanghi ammontano infatti a circa 19 milioni di tonnellate, ossia il 66% dei “rifiuti speciali secondari”, ossia prodotti nel processo di trattamento di altri rifiuti.

Oltre ad essere, in termini quantitativi, il primo rifiuto “secondario” in Italia, i fanghi generati nei processi di trattamento chimico-fisicobiologico rappresentano addirittura la seconda tipologia di rifiuto speciale in Italia, (circa il 15% del quantitativo totale di rifiuti speciali annui), mentre il primo rifiuto speciale in Italia è rappresentato da i rifiuti speciali provenienti da costruzione e demolizione, pari a circa 35 milioni di tonnellate annue. Più in dettaglio, come si evince dalla disamina dei dati riportati in Figura 2 e Figura 3, i fanghi provenienti dalle attività di depurazione delle acque industriali rappresentano il primo rifiuto speciale “pericoloso”, in termini quantitativi, in Italia, con circa 2,4 milioni di tonnellate annue (circa il 16% del totale). Per quanto riguarda i rifiuti speciali “non pericolosi”, le varie tipologie di fango prodotte nei processi di depurazione di acque industriali e civili costituiscono, se aggregati, il secondo rifiuto in Italia sempre in termini quantitativi, per circa 17 milioni di tonnellate annue (circa il 15% del totale annuo). Tale analisi diventa ancora più interessante se si effettua la quantificazione economica del mercato dei “rifiuti secondari”. Per ottenere tale stima economica, è possibile consultare il documento “Spese dell’economia italiana per


Figura 2. Produzione dei rifiuti speciali pericolosi secondo la codifica del Regolamento (CE) n. 2150/02 relativo alle statistiche sui rifiuti (tonnellate), anno 2010. I fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue industriali costituiscono il primo rifiuto “pericoloso”, in termini quantitativi, in Italia, per un totale di 2.359.049 tonnellate all’anno

la gestione dei rifiuti, delle acque reflue e delle risorse idriche” redatto da ISTAT nel 2012, da cui si rileva che il mercato complessivo dei rifiuti in Italia vale circa 20 miliardi di Euro all’anno. Alla luce dei dati forniti da ISPRA, in prima approssimazione si può ipotizzare che il valore del solo mercato dei rifiuti speciali “secondari” possa aggirarsi, in via conservativa, attorno ai 3 miliardi di Euro all’anno. Si ritiene che il valore del mercato dei soli fanghi civili ed industriali, pur essendo più complesso da stimare, possa corrispondere ad una percentuale significativa del valore del mercato dei rifiuti speciali “secondari”, verosimilmente superiore al miliardo di Euro. Di seguito viene offerta una disamina delle principali tecnologie di trattamento dei fanghi biologici, civili e industriali.

Le modalità di trattamento dei Fanghi Civili I fanghi biologici civili, dato l’alto contenuto di carbonio, fosforo e azoto, possono essere utilizzati in agricoltura quali fertilizzanti. Tuttavia la possibile presenza di metalli pesanti e microinquinanti, comporta un rischio non trascurabile di accumulo sui suoli e nelle falde acquifere, con possibili effetti tossici. In alternativa al riutilizzo in agricoltura, le tecnologie di trattamento dei fanghi civili maggiormente consolidate consistono in:

Figura 3. Produzione dei rifiuti speciali non pericolosi secondo la codifica del Regolamento (CE) n. 2150/02 relativo alle statistiche sui rifiuti (tonnellate), anno 2010. I fanghi derivanti dalla depurazione delle acque reflue civili ed industriali costituiscono, se aggregati, il secondo rifiuto “pericoloso”, in termini quantitativi, in Italia, per un totale aggregato di 17.142.220 tonnellate all’anno

• disidratazione e conferimento del fango in La Figura 4 riassume tali aspetti per ciascuna discarica; tecnologia. La Figura 5 fornisce un dettaglio • essiccamento e valorizzazione energetica degli aspetti ambientali significativi. del fango mediante incenerimento; Le limitazioni tecnologiche e di sostenibilità risultano ancora più accentuate qualora riferite • digestione anaerobica. Nonostante siano in corso importanti attività a fanghi industriali, in quanto il conferimento tecnico-scientifiche a livello internazionale per l’individuazione di tecnologie innovative per il trattamento dei fanghi civili, le tecnologie maggiormente consolidate restano comunque limitate e mostrano alcuni fattori potenzialmente critici che rendono il trattamento dei fan- Figura 4. Indicatori di sostenibilità tecnica, sociale ed ambientale delle tecnologie maggiormente diffuse per il trattamento dei fanghi biologici ghi talora problematico, particolarmente su larga scala. In particolare, sia il conferimento in discarica che l’incenerimento o la digestione anaerobica possono presentare una limitata accettazione sociale, ambientale e norma- Figura 5. Elementi ambientali distintivi delle tecnologie consolidate per il trattamento tiva. dei fanghi biologici

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in agricoltura e la digestione anaerobica risultano estremamente limitati e le tecniche di trattamento si limitano all’incenerimento laddove possibile e, nei casi rimanenti, al conferimento in discarica.

Un’alternativa Sostenibile: la tecnologia TOP ® - Wet Oxidation 3V Green Eagle ha industrializzato un’innovativa tecnologia che prende il nome di TOP® (Temperatura, Ossigeno, Pressione) un processo di ossidazione in fase liquida ad alta temperatura e pressione per il trattamento di reflui altamente contaminati da sostanze organiche. Il TOP nasce nel 1990 come tecnologia destinata al trattamento di acque industriali del gruppo 3V il quale, nei propri processi di produzione di chimica fine, produceva acque non biodegradabili e con alto tenore di COD. Dopo un’approfondita sperimentazione industriale, la tecnologia TOP® si è diversificata in diverse applicazioni: • TOP® - Wet Oxidation per acque industriali: per le acque industriali non biodegradabili; • TOP® - Wet Oxidation per fanghi: per i fanghi civili o industriali; • Dual TOP® - Wet Oxidation per acque e fanghi: per fanghi civili o industriali combinati con acque industriali non biodegradabili. In particolare la tecnologia Dual TOP® è stata messa a punto per potenziare gli impianti di trattamento dei reflui urbani ottimizzandone gli aspetti logistici ed economici, consentendo di trattare presso un unico impianto sia i fanghi provenienti dagli impianti di depurazione civile, sia i rifiuti liquidi provenienti dalle varie produzioni industriali e fornendo quindi una soluzione tecnologica integrata. La tecnologia rappresenta una soluzione particolarmente versatile in quanto consente di: • trattare acque industriali miste con un COD di 20.000÷100.000 mg/l assicurando la degradazione totale degli inquinanti; • abbattere il COD della miscela fanghi/acque sino all’85%; • abbattere il contenuto di solidi sospesi volatili (SSV) nei fanghi di supero del 96÷98%;

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• recuperare il calore del processo ossidativo per essiccare il residuo inorganico in uscita; • recuperare per usi industriali il residuo essiccato prodotto quale “filler” per conglomerati bituminosi. Nello specifico, l’applicazione industriale della tecnologia TOP® consente di ottenere i seguenti vantaggi impiantistici: • marcia in continuo: l’impianto è operativo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, con n. 2 fermate all’anno da una settimana ciascuna per manutenzione; • elevata automazione: l’impianto dispone di sala quadri con sistema DCS; • ridotti consumi energetici – alto recupero termico, grazie alla forte esotermicità della reazione di ossidazione; • versatilità: capacità di trattare la più diversificata tipologia di rifiuti. L’impianto TOP® è stato testato, in circa 20 anni, su oltre 300 tipologie di rifiuti provenienti dall’industria manifatturiera, oil&gas, bonifiche e dalle municipalizzate; • emissioni gassose estremamente ridotte (CO2) in quanto il processo di ossidazione viene sempre mantenuto in fase liquida, ad alte pressioni; • assenza di emissioni nocive - assenza di ceneri leggere; • elevato abbattimento delle sostanze organiche dissolte e sospese. Totale biodegradabilità dell’effluente liquido che viene

inviato ad un successivo trattamento biologico; • ossidazione dei metalli pesanti – segregazione e recupero dell’ammoniaca; • recupero del residuo inorganico per usi civili e industriali. Inoltre nel 2006 le tecnologie TOP® e Dual TOP® sono state classificate quali “Best Available Techniques” per il trattamento dei reflui industriali (EU-IPPC, 2006). Le tecnologie TOP® e Dual TOP® costituiscono il cuore tecnologico del Centro di Trattamento che 3V Green Eagle opera a Grassobbio dalla fine degli anni ’90. Ad oggi tale Centro, che tratta fino a 400.000 tonnellate di rifiuti liquidi all’anno, è il più grande centro di trattamento in Italia per rifiuti liquidi industriali. Il Centro di Trattamento di Grassobbio, che opera il processo illustrato schematicamente in Figura 6, riceve sia le acque e i fanghi conferiti da operatori terzi, sia le acque di processo conferite dall’adiacente impianto chimico del Gruppo 3V. L’impianto di Grassobbio tratta complessivamente circa 5.000.000 di tonnellate di rifiuti liquidi all’anno, ed è costituito dai seguenti impianti: 1. linea di distillazione/stripping per il recupero dei solventi; 2. linea di ossidazione delle acque mediante tecnologia TOP®; 3. linea di ossidazione dei fanghi e delle acque mediante tecnologia Dual TOP®; 4. impianto chimico-fisico-biologico.

Figura 6. Schema descrittivo del processo di trattamento del Centro 3V Green Eagle di Grassobbio


Valorizzazione Energetica del Fango Processo Waste to Energy

L’impianto biologico di Grassobbio, che riceve sia le acque trattate tramite la tecnologia TOP®, sia le acque di processo provenienti dall’adiacente stabilimento chimico del Gruppo 3V, opera con una portata idraulica di circa 600 metri cubi/ora. Grazie all’elevata energia termica rilasciata in seguito alla reazione di Wet Oxidation, l’impianto biologico opera ad una temperatura costante di circa 25°C in ogni stagione, conferendo all’impianto stesso delle ottime rese, con particolare riferimento all’unità di nitrificazione-denitrificazione che beneficia in particolar modo delle temperature costanti migliorando sensibilmente la cinetica della reazione. Le acque trattate vengono quindi scaricate nel fiume Serio, ad una temperatura costante di circa 25°C. Grazie all’utilizzo di un sistema di scambiatori e pompe di calore, è possibile oggi recuperare gran parte di tale energia termica, che può essere redistribuita ad esempio su una rete di teleriscaldamento. Una stima preliminare dell’energia termica contenuta nelle acque di scarico dell’impianto di Grassobbio porta a stimare che l’energia termica ivi contenuta consente di alimentare una rete di teleriscaldamento di circa 8-10 MWh termici. Lo schema riassume il processo ipotizzato per il recupero dell’energia termica e per la successiva distribuzione.

Figura 8. Dettaglio impiantistico del processo TOP® - Wet Oxidation (3V Green Eagle, Grassobbio)

Le linee di ossidazione (TOP® e Dual TOP®) conferiscono il proprio effluente, altamente biodegradabile, nell’impianto chimico-fisicobiologico per il recupero della frazione inorganica e per l’abbattimento del contenuto organico residuale altamente biodegradabile.

Conclusioni Come si evince dalle considerazioni tecnologiche ed impiantistiche di cui al presen-

Figura 7. Il centro di trattamento 3V Green Eagle di Grassobbio

Figura 9. Schema impiantistico per il recupero del calore contenuto nelle acque di scarico dell’impianto di Grassobbio

te articolo, la tecnologia TOP® consente di offrire una soluzione innovativa per il trattamento dei fanghi civili e industriali. Laddove necessario, il medesimo impianto può trattare simultaneamente i fanghi biologici e anche le acque industriali eventualmente presenti in loco. La tecnologia TOP® consente di effettuare il trattamento dei fanghi e delle acque senza formare alcun rifiuto e senza generare emis-

sioni autorizzate in atmosfera, consentendo quindi di stabilire un processo “Zero Waste Discharge” ad elevata sostenibilità ambientale. La tabella in figura 9 riporta il confronto con le tecnologie standard ed evidenzia la sostenibilità tecnica, ambientale e sociale della tecnologia TOP®. *3V Green Eagle

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MODELLO IDROGEOLOGICO E PREDITTIVO PER UN CASO DI INQUINAMENTO DA CROMO Vi Il fenomeno di contaminazione delle acque sotterranee del comune di Brescia analizzato per ipotizzare gli scenari di messa in sicurezza di emergenza e bonifica della falda di Simona Patelli* e Enrico Alberico** Il Comitato Scientifico e il Comitato di Indirizzo di RemTech 2013, con il contributo di ANDIS (Ass. Naz. Ingegneria Sanitaria e Ambientale), Unione Petrolifera, Consiglio Nazionale dei Chimici, ANIDA, Assoreca, Federambiente e Fise-Assoambiente, hanno bandito i Premi RemTech 2013 che sono stati attribuiti agli estensori delle migliori tesi di dottorato e di laurea magistrale relative ad un tema correlato alla bonifica di siti contaminati. In questo e nei successivi numeri di Eco verranno pubblicati alcuni articoli redatti da un gruppo di vincitori dei Premi RemTech 2013 relativi ai principali contenuti dei loro lavori di tesi di laurea magistrale e di dottorato. In questo articolo è stato sintetizzato il lavoro svolto da Simona Patelli, una delle vincitrici dei premi RemTech 2013 per le migliori tesi di laurea magistrale (nel caso specifico conferito dal Consiglio Nazionale dei Chimici), dove viene analizzato il contributo all’inquinamento delle acque sotterranee del comune di Brescia da parte di due siti contaminati da CrVI ubicati nell’area Sud-Ovest della città. Partendo dall’idrogeologia della zona presa in esame, applicando successivamente un modello numerico di flusso per la simulazione dell’andamento della falda e un modello matematico di trasporto per la simulazione delle concentrazioni dell’inquinante e della sua possibile evoluzione nel tempo, è stato possibile ipotizzare una messa in sicurezza di emergenza, in attesa dei necessari interventi di bonifica definitiva. Daniele Cazzuffi, CESI SpA, Milano Coordinatore Comitato Scientifico e Comitato di Indirizzo di RemTech

L

’evoluzione industriale della città di Brescia è iniziata nei primi anni del 1900 presentando il suo massimo nel periodo a cavallo tra le due guerre mondiali e nel successivo secondo dopoguerra. Le attività industriali sviluppatesi hanno determinato la nascita di un importante comparto industriale, composto principalmente da industrie siderurgiche, meccaniche, chimiche e galvaniche, come le aziende prese in considerazione in questo studio. Nel corso degli anni successivi, gli insediamenti abitativi si sono sviluppati intorno a quelli industriali, determinando una maggiore esposizione per l’uomo ai danni derivanti dall’inquinamento.

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In particolare, alcune specifiche attività produttive hanno pesantemente impattato lo stato qualitativo delle acque sotterranee durante la loro attività sia storica che recente, raggiungendo valori di inquinamento legati al Cromo esavalente anche di centinaia di migliaia di µg/l.

Area di studio Il territorio dell’area in esame è caratterizzato nella parte settentrionale da ambiti prealpini, mentre nella parte meridionale si ha la coesistenza di caratteri tipici dei territori di pianura che si sovrappongono alla parte apicale del conoide alluvionale generatosi durante il

Quaternario ad opera del Fiume Mella, in diretta connessione con gli importanti fenomeni erosivi che interessavano i retrostanti rilievi montuosi. Nel complesso, esso è caratterizzato da una morfologia pianeggiante, ad eccezione dei settori nord-orientale e nord-occidentale. Le complesse geometrie del sistema idrogeologico sono state ricostruite analizzando le stratigrafie dei pozzi e dei piezometri ritenuti più interessanti, con le quali è stato possibile ricostruire il sottosuolo tramite sezioni idrostratigrafiche che hanno permesso di evidenziare la presenza, partendo dal p.c., delle seguenti unità idrogeologiche:


Figura 1. Sezione idrostratigrafica Nord-Sud

• Unità Ghiaioso-Sabbiosa, • Unità Conglomeratica, • Unità Villafranchiana. In Figura 1 si riporta solo la sezione ricostruita con andamento Nord-Sud. L’Unità Ghiaioso-Sabbiosa è costituita da ghiaie spesso grossolane, in matrice prevalentemente sabbiosa, con lenti di argilla generalmente di scarso spessore; tali depositi sono localmente separati dall’Unità Conglomeratica sottostante da un orizzonte impermeabile di estensione laterale non omogenea. Le caratteristiche di tale orizzonte di separazione hanno permesso di identificare la falda presente nel sottosuolo dell’area studiata come falda libera, che poggia su un livello impermeabile rappresentato dall’Unità Villafranchiana, costituita da limi sabbiosi, limi e argille con intercalazioni di sabbie e ghiaie andando in profondità. L’acquifero individuato presenta spessori medi di circa 30 m per entrambe le unità permeabili, ma variabili in tutto il dominio. Per quanto riguarda la ricostruzione della superficie piezometrica, i dati necessari per la sua elaborazione sono stati presi dall’ultima ricostruzione realizzata dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Lombardia nel 2012, che mostra come direzione preferenziale del flusso idrico sotterraneo un andamento prevalentemente Nord-Sud.

Modelli numerici Modellizzare la dinamica delle acque sotterranee e dei possibili contaminanti in essa

presenti richiede lo sviluppo di modelli matematici, in grado di riprodurre i processi che realmente avvengono nei sistemi idrogeologici, per poi studiarne la possibile evoluzione nel tempo. Per la modellazione del flusso dell’area in oggetto è stato utilizzato il codice di calcolo MODFLOW-2000 sviluppato dall’USGS, che rappresenta un modello idrogeologico tridimensionale alle differenze finite (FDM-Finite Difference Method) attraverso l’interfaccia Visual MODFLOW. MODFLOW-2000 crea un modello matematico di tipo numerico sulla base di dati di input di un sistema idrogeologico reale, andando a valutare in modo iterativo il bilancio di massa nelle tre dimensioni principali e cercando una soluzione numerica all’equazione alle derivate parziali che governa il flusso idrico sotterraneo. Esso discretizza l’acquifero in un numero finito di celle (di dimensioni scelte dall’utente) in funzione al problema da risolvere, e tutti i parametri che caratterizzano il sistema idrogeologico sono assegnati a punti discreti al centro di ogni cella, detti nodi, in corrispondenza dei quali viene calcolato il carico idraulico, in quanto ogni cella considerata attiva è interessata da un flusso in entrata e uno in uscita. La prima decisione adottata è stata di simulare il flusso in condizioni di tipo stazionarie, così facendo si vanno ad assicurare condizioni cautelative nella fase successiva di simulazione del trasporto, in ragione del fatto che il Cromo esavalente viene adsorbito dalle parti-

celle solide del terreno, le quali tendono a rilasciarlo se attraversate da fluidi come l’acqua: maggiori carichi idraulici della falda implicano uno spessore maggiore di terreno insaturo contaminato che viene dilavato. Nella successiva impostazione del modello di flusso è necessario determinare specifici dati input: le geometrie tridimensionali del sistema, le condizioni al contorno e le proprietà idrogeologiche. Il dominio spaziale individuato si estende su un’area di 4.950 x 4.300 m (pari a una superficie di 21,285 km2), ed è stato discretizzato tramite una griglia tridimensionale costituita da 99 righe e 86 colonne, con singole celle di dimensione 50 m x 50 m, il tutto su tre diversi livelli o layers (individuati con la ricostruzione idrogeologica), il cui orientamento degli assi principali è secondo la direzione di flusso.

Come già detto, le tre unità fondamentali presentano spessori non omogenei in tutto il dominio; inoltre le prime due sono separate da un orizzonte argilloso a bassa permeabilità. Pertanto, partendo dal piano campagna, si riscontrano:

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• layer 1 - Unità Ghiaioso-Sabbiosa; • layer 2 - Orizzonte argilloso a bassa permeabilità e persistenza laterale non omogenea; • layer 3 - Unità Conglomeratica; • base del sistema - Unità Villafranchiana impermeabile. Il modello finale del sottosuolo utilizzato ha previsto la suddivisione in tre livelli (layers) distinti per i diversi spessori e le diverse caratteristiche idrogeologiche. Dopo aver impostato il dominio di simulazione, si sono dovute identificare le condizioni al contorno, ovvero l’interfaccia esistente tra l’area del modello e la restante parte dell’ambiente circostante. Le condizioni al contorno sono state definite utilizzando celle a carico idraulico costante (Constant Head - CHD), simulando in tale modo una zona di ingresso del flusso di falda a Nord e una zona di uscita a Sud del dominio. Tutte le celle a Nord e a Sud del dominio, cioè al di fuori delle condizioni di carico idraulico costante sono state assegnate inattive. Ai lati Est ed Ovest non sono state assegnate condizioni al contorno, in questo modo il programma li ha considerati di default a flusso nullo. Tale ipotesi è da ritenersi accettabile per questa simulazione in quanto l’area di nostro interesse risulta molto all’interno rispetto ai limiti laterali del dominio (Figura 2). Successivamente sono state definite le condizioni iniziali, che rappresentano la distribu-

Figura 2. Dominio con le condizioni al contorno assegnate

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zione del carico piezometrico nell’area del modello cella per cella all’istante iniziale e per una simulazione in regime stazionario come questa, esse rappresentano il valore di partenza del processo iterativo, che rimarrà costante per tutto il tempo della simulazione. I dati utilizzati sono relativi all’ultima campagna di monitoraggio nota al momento della simulazione effettuata da ARPA. Per quanto riguarda i dati riferiti al carico idraulico, sono stati inseriti punti di osservazione (piezometri) a carico idraulico noto. Va nuovamente evidenziato che l’orizzonte di separazione tra il Layer 1 e il Layer 3 non è sempre presente nel dominio, in quanto non presenta un’estensione laterale omogenea e risulta quindi assente in certe zone: ciò, oltre a rendere possibile la comunicazione tra le due unità permeabili, conferma l’ipotesi di falda libera. Nell’area Nord-Est del dominio, all’interno del Layer 3 è stata ipotizzata la presenza dei calcari del Monte Maddalena (settore nord-orientale), le cui propaggini sono state rinvenute in alcuni pozzi dell’area in oggetto.

Figura 3. Pennacchi simulati nel Layer 1 (sorgente di sinistra: Sito B; sorgente di destra: Sito A)

Modello di Trasporto Il trasporto è stato simulato sulla base della ricostruzione fatta con il modello di flusso, inserendo altri punti di osservazione, in questo caso relativi alle concentrazioni e non al carico idraulico. Lo scopo del modello di trasporto è quello di ricostruire l’andamento delle curve di isoconcentrazione del CrVI. Per farlo sono state considerate due sorgenti di contaminazione di tipo puntuale e costante (i già citati siti A e B), in corrispondenza dei quali è stata attribuita una concentrazione costante per tutto il tempo di simulazione rispettivamente pari a 21.970 µg/l e 2.642 µg/l (valori realmente misurati nelle acque sotterranne dei 2 siti), ipotesi più cautelativa rispetto alla diminuzione dei valori nel tempo. Per poter meglio approssimare alla realtà i modelli di trasporto è necessario determinare sperimentalmente in laboratorio alcuni parametri sito-specifici, tra i quali il Coefficiente di Ripartizione solido-liquido (Kd), il quale descrive il fenomeno dell’adsorbimento: la tendenza che ciascun contaminante ha nel ripartirsi tra la fase solida e quella liquida.

Figura 4. Pennacchi simulati nel Layer 2, il Cromo esavalente è riscontrabile solo nella zona in cui è stata ipotizzata la discontinuità del livello argilloso di separazione con locale aumento di permeabilità

Figura 5. Pennacchi simulati nel Layer 3, è stata rilevata la presenza di Cromo esavalente a causa della non continua estensione laterale del Layer 2


La procedura per la sua determinazione prevede una metodica standardizzata (APAT, ora ISPRA) applicabile esclusivamente alla determinazione del Kd per matrici solide contaminate da metalli. I risultati dei pennacchi ricostruiti nei diversi Layer sono riportati nelle Figure 3, 4, 5, si evidenzia che la scala di concentrazione utilizzata per la rappresentazione riporta come valore minimo quello di fondo 15 µg/l tipico delle acque sotterranee del Comune di Brescia, mentre quello massimo è stato scelto in funzione della migliore visualizzazione grafica.

Messa in sicurezza ipotizzata Parte conclusiva di questo lavoro è stata quella di ipotizzare una messa in sicurezza d’emergenza, trovando la migliore ubicazione per dei possibili pozzi barriera. Tale scelta è stata fatta considerando l’effettiva urbanizzazione della zona, ritenendo come portate ottimali quelle che mostravano a valle dei siti inquinati concentrazioni di contaminante via via minori rispetto a quelle misurate fino a quel momento. La scelta ritenuta più idonea è stata quella di abbinare a questi nuovi pozzi barriera un’implementazione delle portate in quelli già esistenti nei siti, ottenendo un nuovo scenario relativo al pennacchio di contaminazione (Figura 7). Questo risultato consentirebbe di ottenere, in funzione del tempo simulato, ovvero 10 anni, una significativa riduzione dell’estensione del pennacchio, permettendo anche la riduzione della contaminazione dell’Unità Conglomeratica sottostante laddove si registrava un’assenza dell’orizzonte di separazione.

Conclusioni Il lavoro effettuato ha permesso di valutare la reale gravità della situazione in cui si trovano le acque del sottosuolo del Comune di Brescia e la loro possibile evoluzione, fornendo un primo punto di partenza per un più ampio progetto di messa in sicurezza d’emergenza e di risanamento della falda che preveda in primo luogo nuove indagini per ottenere ulteriori dati sito-specifici da inserire nel modello, seguite poi da prove di laboratorio, al fine di migliorare la conoscenza

Figura 6. Rappresentazione 3D del dominio studiato: verde - superficie topografica; arancio - bottom layer 1; rosso - bottom layer 2; blu - bottom layer 3; pozzi in rosso e piezometri in verde; in blu i Punti di osservazione del CrVI; in giallo i tratti fenestrati; in rosa i due pennacchi di contaminazione

Figura 7. Sinistra: layer 1; destra: layer 3. Nuovo pennacchio con le nuove barriere attive e quelle già esistenti implementate (il software, nonostante diversi controlli, restituisce un errore grafico presente a valle della sorgente A nel layer 1)

sulle reali caratteristiche del sottosuolo. È fondamentale infine rimarcare l’importanza dell’implementazione dei punti di monitoraggio delle acque sotterranee, in modo tale da definire con maggior dettaglio l’estensione del pennacchio di cromo esavalente, ed avere un maggior numero di punti di calibrazione, sia per i carichi che per le concentrazioni. Lo studio effettuato pertanto rappresenta il primo punto di un percorso iterativo raccolta

dati – simulazione modello – previsione, che porta ad una sempre migliore approssimazione del modello alla realtà, nonché ad una migliore previsione dell’evoluzione dell’inquinamento e della sua possibile soluzione. *Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze della Terra "Ardito Desio" **Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Lombardia, Dipartimento di Brescia

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Terra dei Fuochi, introdotto il reato di combustione illecita di rifiuti Si applica al martoriato territorio campano ma anche a tutto il resto dell’Italia la nuova legge che punisce chi appicca il fuoco ai rifiuti arrecando grave danno all’ambiente e alla salute di Rosa Bertuzzi*

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on legge n. 6, del 6 febbraio 2014, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’8 febbraio 2014, il Parlamento ha confermato, quasi per intero, il contenuto del D.L. n. 136/2013, sulla “Terra dei fuochi”, che ha introdotto il reato di combustione illecita dei rifiuti, norma che fino ad oggi non era espressamente disciplinata. Le novità introdotte dalla norma per il nuovo reato di combustione illecita di rifiuti (articolo 256 bis D.Lgs. 152/06) sono le seguenti: • reclusione da 2 a 5 anni per chi appicca il fuoco a rifiuti abbandonati o depositati in modo incontrollato in aree non autorizzate, salvo che il fatto costituisca più grave reato; • reclusione da 3 a 6 anni se viene appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi; • stesse pene per chi abbandona o deposita rifiuti in funzione del successivo abbruciamento; • aumento di un terzo della pena se i delitti sono commessi nell’ambito di attività di impresa o attività organizzata; • pena aumentata se la combustione illecita di rifiuti avviene in territori che al momento della condotta e nei 5 anni precedenti siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza rifiuti;

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• confisca del mezzo di trasporto utilizzato per la commissione del reato, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato che provi la buona fede e l’utilizzo a sua insaputa del bene; • confisca dell’area su cui è commesso il reato a seguito di sentenza di condanna se di proprietà dell’autore o del compartecipe del reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.

Il nuovo articolo si prefigge lo scopo di colpire, in modo pesante, coloro che inceneriscono i rifiuti, arrecando grave danno all’ambiente e all’incolumità delle persone. La disposizione abbraccia tutte le tipologie di rifiuto, compresi quelli urbani, propri o altrui. Fino ad oggi, vi era scarsa severità delle fattispecie sancite legislativamente, sia quelle amministrative che quelle contravvenzionali di abbandono di rifiuti (art. 255, co. 1 e 256 co. 1 D.Lgs. n. 152/06)


e di smaltimento illecito tramite combustione (art. 256, co. 1 D.Lgs. n. 152/06), vuoi per l’inapplicabilità ai casi in esame della fattispecie delittuosa di incendio, la quale presuppone un incendio di vaste dimensioni, di notevole capacità diffusiva e di difficile spegnimento, idoneo a mettere in pericolo l’incolumità pubblica, vuoi per l’inapplicabilità della fattispecie del disastro ambientale. Il nuovo reato sembra finalizzato non solo alla tutela dell’ambiente, ma anche alla tutela della salute umana, alla tutela della sicurezza agroalimentare, come dimostrato dall’art. 2 della legge in commento, il quale prevede l’obbligo per il Pubblico Ministero procedente per un reato ambientale che implichi “un concreto pericolo alla tutela della salute o alla sicurezza agroalimentare”, di informare il Ministero della Salute o delle politiche agricole, alimentari e forestali, nonché dall’art. 3, ove gli interventi urgenti per garantire la sicurezza agroalimentare in Campania sono riferiti espressamente agli “effetti contaminanti di sversamenti e smaltimenti abusivi, anche mediante combustione”. Un’eccezione all’applicazione della norma in esame è rappresentata dai “rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali”: in tal caso all’autore della relativa combustione si applicheranno le più miti sanzioni dell’art. 255 o 256 D.Lgs. n. 152/06 (art. 256-bis, co. 6).

Sono due le condotte espressamente incriminate: il bruciare rifiuti abbandonati e il bruciare rifiuti depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate. Il fatto tipico non sembra abbracciare la condotta di chi bruci, senza avere l’autorizzazione, i propri rifiuti regolarmente detenuti: tale ipotesi continuerà a ricadere nella fattispecie contravvenzionale di gestione abusiva di rifiuti tramite incenerimento. Si riporta a lato il contenuto della norma, riferito al solo reato di combustione illecita di rifiuti, ovverosia riferito al solo art. 256 bis del TUA. La fattispecie, comunque, era già punita da altre norme in essere (si pensi al codice penale, in vigore dal 1930). Il solo articolo 256 della stessa norma punisce chi tratta/gestisce i rifiuti in modo illecito, quindi anche tramite la combustione, così la magistratura italiana ha sempre condannato coloro che appiccavano il fuoco a rifiuti (anche se non erano abbandonati, ma solo depositati, per poi procedere all’incenerimento). Ci troveremo, pertanto, dinanzi a sentenze che condanneranno ai sensi dell’art. 256 in quanto, in carenza dell’elemento soggettivo – dolo – di ogni circostanza che comporta la realizzazione della violazione di cui all’art. 256 bis, si rende necessario ricondurre la fattispecie nel precedente articolo 256, reato contravvenzionale. Si pensi, ad esempio, a colui che deposita rifiuti in modo

corretto, al solo scopo di procedere all’incenerimento. Ma come si potrà procedere ai sensi dell’art. 256 bis, visto che precisa espressamente “chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati, ovvero depositati in maniera incontrollata” . L’altra norma che punisce l’abbruciamento di rifiuti è contenuta nell’art. 423 del Codice Penale che (dal 1930, ribadisco) punisce chiunque cagiona un incendio con la reclusione da tre a sette anni. Giurisprudenza costante ha stabilito che «per poter essere qualificato incendio, il fuoco deve essere caratterizzato dalla vastità delle proporzioni, dalla tendenza a progredire e dalla difficoltà di spegnimento, mentre non è richiesto che il fuoco abbia forza prorompente e distruggitrice». La norma, dal 1930 ancora in vigore, non è stata quasi mai utilizzata dalla magistratura nel caso di attività di combustione di rifiuti. Probabilmente la prassi giurisprudenziale non ha mai ritenuto di applicare tale norma, il perché non lo sappiamo, e sarebbe interessante comprendere la ragione per la quale, senza alcuna esitazione, la stessa autorità giudiziaria condanna tramite il delitto di c.d. «disastro ambientale», di cui all’art. 434 del codice penale. Inoltre, la Legge 210 del 2008 punisce, già da quasi 6 anni, nella fattispecie delittuosa, la

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Modifiche apportate dall'art. 3, comma 1, legge n. 6 del 2014 all’256-bis del D.Lgs. 152/06 Art. 256-bis. Combustione illecita di rifiuti 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica. 2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all'articolo 255, comma 1, e le condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti. 3. La pena è aumentata di un terzo se il delitto di cui al comma 1 è commesso nell'ambito dell'attività di un'impresa o comunque di un'attività organizzata. Il titolare dell'impresa o il responsabile dell'attività comunque organizzata è responsabile anche sotto l'autonomo profilo dell'omessa vigilanza sull'operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all'impresa o all'attività stessa; ai predetti titolari d'impresa o responsabili dell'attività si applicano altresì le sanzioni previste dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. 4. La pena è aumentata di un terzo se il fatto di cui al comma 1 è commesso in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225. 5. I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo, inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell'articolo 259, comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell'autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi. 6. Si applicano le sanzioni di cui all'articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e).

condotta di chiunque: “nei territori in cui vige lo stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti dichiarato ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, incendia rifiuti pericolosi, speciali ovvero rifiuti ingombranti domestici e non, pericolosi e non pericolosi”. Si precisa, comunque, che la legge 210 punisce con pene molto meno severe rispetto all’art. 256 bis. Anche se la norma nuova, l’art. 256 bis del testo unico ambientale, a prima vista, si intende applicabile nella Regione Campania, la cosiddetta terra dei fuochi, nella verità la norma si applica su tutto il territorio nazionale, ovverosia la condotta prevista ha rilevanza ovunque

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realizzata all’interno del territorio nazionale, non solo nella c.d. terra dei fuochi. La realizzazione del reato in un territorio interessato da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti costituisce solo una circostanza aggravante. La condotta è descritta in maniera molto dettagliata, con ciò imponendo che, affinché si risponda di detto delitto – in quanto tale solo doloso, non essendo stata espressamente prevista la sua versione colposa- dovrà provarsi tutta una serie di elementi costitutivi del reato, in questo caso proprio, secondo i dettami del codice di procedura penale. In particolare dovrà provarsi: • il rapporto causa effetto tra il comportamento dell’autore e la combustione dei rifiuti; • la previsione e volontà dell’agente di cagionare detta combustione; • l’autore era consapevole (o avrebbe potuto esserlo utilizzando la normale diligenza) che detta modalità di combustione era illecita; • l’autore sapeva che quei rifiuti erano abbandonati o erano stati depositati in maniera incontrollata (e non che li aveva depositati al fine di incenerirli, elemento soggettivo, questo di difficile prova, da parte della Polizia Giudiziaria operante);

• che la condotta è stata realizzata su un’area non autorizzata per il deposito/ stoccaggio di rifiuti, e nel caso dell’ultima parte del comma, si dovrà dimostrare anche che egli sapeva che quei rifiuti erano pericolosi; • se l’autore appiccasse fuoco a rifiuti, anche pericolosi, ma ordinatamente stoccati in un’area autorizzata, la condotta non sarebbe penalmente rilevante ai sensi della nuova norma; • inoltre, non sarebbe penalmente rilevante, ai sensi del citato art. 256 bis, la combustione dei rifiuti conferiti a una discarica, che sia la stessa autorizzata o meno, nel caso non rileva, essendo, per dottrina e giurisprudenza costanti, situazione diversa a quella ricondotta al deposito incontrollato. Un commento a freddo, a titolo personale, sicuramente negativo per chi intende applicare la norma in modo corretto, riguarda la descrizione della condotta tipica adottata dall’agente: la formula sintattica utilizzata parrebbe esigere che sia il deposito incontrollato (ad es. in contrasto con le norme tecniche o le prescrizioni relative alle coperture dagli agenti atmosferici) che la sua collocazione in aree non autorizzate (ad esempio fuori del perimetro di stoccaggio indicato nell’autoriz-


zazione) costituisca elemento necessario per la costituzione dell’illecito. Mancando uno dei due requisiti il reato non dovrebbe considerarsi integrato. Novità in assoluto riguarda l’assoggettabilità di detto reato anche ai privati. Ci troveremo, pertanto, di fronte a denunce penali nei confronti della classica persona anziana che inceneriva pochissimi centimetri cubi di rifiuti, anche solo per vedere il fuoco, a ricordo di quando era un bambino. Ora la norma colpisce sia il privato che impresa o ente, con l’aggravante nei confronti di quest’ultima. Infatti, l’art. 256 bis, comma 3, prevede l’aumento di pena di un terzo se il reato di cui al comma precedente, ovverosia l’abbandono di rifiuti funzionale alla combustione, è commesso nell’ambito dell’attività d’impresa o comunque di un’attività organizzata (esempio criminale, clandestina). Pertanto, l’aggravante in esame, ancora di più va a sottolineare che il reato “base” ben può essere commesso da

un privato ed anche con un solo atto di abbandono o deposito incontrollato, sempre se funzionale alla combustione. Alla descrizione del fatto tipico di cui al comma 1 si antepone l’ormai consueta clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, la quale intende risolvere il concorso apparente di norme a favore di altre fattispecie interferenti con quella in esame, quali i reati contravvenzionali previsti dallo stesso testo unico ambientale. Altra aggravante è sancita dall’art. 256-bis, co. 4, il quale prevede l’aumento di un terzo (tale aumento è stato inserito in sede di conversione) “se i fatti di cui al comma 1 sono commessi in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225”. Tale comma sottolinea che lo stato di emergenza non costituisce il presupposto

per l’applicazione della norma, ma solo la circostanza aggravante. La confisca e la bonifica dei luoghi costituisce obblighi conseguenti alla realizzazione della fattispecie in esame, espressamente sancito dal co. 5 dell’art. 256-bis: “salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato“. Alla sentenza di condanna o di patteggiamento (non al decreto penale di condanna) “consegue la confisca dell’area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell’autore o del concorrente nel reato”, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi”. Rimane, ora da affrontare il tentativo di cui all’art. 56 del codice penale, applicabile ai soli delitti. Il tentativo, pertanto, si applica nell'ipotesi in cui l’autore tentasse di bruciarli, sia esso privato che impresa o ente. *Ambienterosa, Consulenze Legali Ambientali

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CHI INQUINA (NON SEMPRE) PAGA Normativa e giurisprudenza che disciplinano la responsabilità del proprietario incolpevole nella procedura di bonifica dei siti contaminati di Daniele Carissimi*

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a disciplina in materia di bonifiche è contenuta al Titolo V del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, rubricato “Bonifica di siti contaminati”. Tale normativa da un lato, stabilisce quali siano gli obblighi di intervento per l’eliminazione delle sorgenti dell’inquinamento e/o per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti e, dall’altro, prevede le diverse responsabilità in capo ai soggetti interessati dall’area, i quali potranno essere:

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• il responsabile dell’inquinamento (sempre); • il proprietario incolpevole (eventuale) e • la pubblica amministrazione interessata (nel caso in cui non provveda il responsabile). Alla luce di tale circostanza, pertanto, compito del presente contributo è quello di riflettere sulla responsabilità del proprietario incolpevole nella procedura di bonifica dei siti conta-

minati, quando non sia possibile individuare il responsabile dell’inquinamento. Ai sensi dell’art. 239, 1° comma, viene previsto che: “1. Il presente titolo (il quinto) disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l'eliminazione delle sorgenti dell'inquinamento e comunque per la riduzione delle concentra-


zioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio «chi inquina paga»”. Vero è, infatti, che il soggetto preliminarmente obbligato a provvedere alla messa in sicurezza, alla bonifica e al ripristino ambientale è sempre il responsabile della contaminazione, facendo gravare l’onere di dare avvio al procedimento di bonifica e comunque di eseguire a proprie spese gli interventi di bonifica, ove possibile, sul soggetto responsabile dell’inquinamento, indipendentemente dal fatto che, al momento dell’accertamento della contaminazione, egli abbia la disponibilità materiale del bene e indipendentemente dal rapporto giuridico sussistente in relazione al bene contaminato. E infatti, come riscontrabile dall’art. 242 “Procedure operative ed amministrative”, è il responsabile dell’inquinamento il soggetto che in prima battuta è tenuto ad attuare tutti gli interventi necessari al fine di contenere le fonti dell’inquinamento e procedere alle misure volte alla bonifica e al ripristino ambientale delle zone inquinate. Solo nel caso in cui il responsabile non proceda, nel senso sopra indicato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 244 del Testo Unico Ambientale viene prevista l’azione della p.a. che dapprima accerta la contaminazione per poi procedere a identificare il responsabile dell’evento anche attraverso l’ausilio di indagini specifiche, tenuto conto del nesso di causalità tra la condotta tenuta e l’evento dannoso [1]. Pertanto, quale è il ruolo del proprietario incolpevole in una siffatta procedura? L’art. 245 del Testo Unico Ambientale, prevede che: “1. Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili. 2. Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e

attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta ricevute le comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l'identificazione del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica. È comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità […].” Alla luce di tale norma risulta pertanto che il proprietario incolpevole, da un lato non possa essere tenuto all’attivazione di misure di messa in sicurezza, bonifica e ripristino, ma dall’altro abbia in ogni caso un obbligo di comunicazione dell’evento/circostanza inquinante e di attuazione di misure di prevenzione volte ad arginare l’inquinamento rilevato, mettendo così in condizione la pubblica amministrazione di svolgere le opportune indagini circa il responsabile dell’inquinamento nonché adottare le misure necessarie previste dalla norma [2]. Ciò posto, pertanto, risulta necessario comprendere quale sia la portata di tali adempimenti e le sanzioni connesse ad eventuali violazioni in merito. In primo luogo, l’obbligo si rivolge alle c.d. “misure di prevenzione” di cui all’art. 242 del TUA.

Ebbene, secondo autorevoli autori [3] rileva, al riguardo, l’allegato n. 3 alla parte IV del TUA, il quale, pur limitandosi ad elencare esclusivamente le attività di “messa in sicurezza d’emergenza”, comprende in tale elencazione anche azioni di semplice esecuzione, prettamente manuali, come la raccolta di sostanze pericolose sversate, la rimozione di rifiuti ammassati e l’installazione di segnali di pericolo, la vigilanza, e vale a dire attività che ben si attagliano anche alle “misure di prevenzione”. Tali opere invero sono solo eventuali (vi deve essere, infatti, uno stato di pericolo) e dovrebbero essere volte ad impedire o minimizzare la possibilità che un evento, un atto o un’omissione che possano creare una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente, dove siffatta minaccia è da intendersi come il rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo. In secondo luogo, l’obbligo di comunicazione agli enti competenti (entro 24 ore successive dell’evento o dall’individuazione di contaminazioni storiche), si deve specificare che lo stesso sorge in capo agli interessati, non solo in presenza di un sito potenzialmente contaminato ossia di un’area in cui siano state superate le CSC, ma anche nelle ipotesi di pericolo concreto e attuale di siffatto superamento, condizioni queste da ri-

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NO RM ATIVA

collegarsi a quegli eventi occasionali ovvero inquinamenti pregressi potenzialmente in grado di contaminare il sito per i quali l’art. 242, 1° co., fa scattare gli obblighi di avvio delle procedure. Ricevuta la comunicazione dall’interessato, infatti, le autorità pubbliche e, in particolare, la provincia (competente ai sensi dell’art. 244 citato) hanno la possibilità di attivarsi per l’identificazione del soggetto responsabile dell’evento quale unico destinatario diretto degli obblighi anche economici di bonifica. Con tale comunicazione e l’eventuale messa in opera delle misure di prevenzione, si conclude il ruolo attivo voluto dal legislatore per l’interessato non potendo esso, pur proprietario ovvero mero gestore o detentore dell’area, essere destinatario di qualsivoglia ordine di bonifica [4]. L’ultimo periodo del co. 2, però, consente ai proprietari o agli interessati a qualsiasi titolo di aree inquinate, di procedere direttamente al risanamento ambientale mediante interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino, per ragioni proprie, presumibilmente di carattere commerciale o imprenditoriale, al fine di non attendere il complesso avvio dei relativi procedimenti e di liberare le proprie aree dall’inquinamento e non subire l’imposizione dell’onere reale previsto dalla normativa di riferimento [5]. L’impegno economico è recuperabile nei confronti del responsabile, ricorrendo all’istituto della rivalsa per il proprietario e risulta caratterizzato da una natura volontaria e, quindi, non obbligatoria. Vero è, infatti, che “il proprietario incolpevole non può ritenersi soggetto passivo di ordi-

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nanze che impongono obblighi di bonifica del sito inquinato (comprendenti il piano di caratterizzazione, la messa in sicurezza, il risanamento definitivo del sito inquinato) laddove non sia comprovato un suo contributo, colposo o doloso alla causazione dell’inquinamento o del suo aggravarsi” [6]. Si deve sottolineare, in conclusione, che a carico del proprietario dell’area inquinata, che non sia altresì qualificabile come responsabile dell’inquinamento, non incombe quindi alcun obbligo di porre in essere gli interventi in parola, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l’area interessata libera da pesi. Illustrati gli obblighi posti in capo al proprietario incolpevole, compito ulteriore del presente intervento è quello di verificare se lo stesso possa essere destinatario, in caso di violazione degli stessi, della sanzione di cui all’art. 257, che punisce: • chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio, con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro; • il trasgressore in caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da 1.000 euro a 26.000 euro. Quanto alla prima fattispecie si deve rilevare che la norma punisce esclusivamente colui il quale cagiona l’inquinamento, risultando, quindi, estraneo il proprietario incolpevole.

A tal fine, tuttavia, è necessario segnalare che per valutare l’effettiva estraneità del proprietario dell’area all’inquinamento è doveroso accertare che egli non abbia effettivamente apportato alcun contributo causale all’inquinamento, neppur un aggravamento dello stesso. In proposito, il Consiglio di Stato, in una recente pronuncia [7], ha ritenuto che il proprietario seppur incolpevole, non può rimanere inerte, aspettando che qualcuno si occupi della bonifica, ma è tenuto a farsi parte attiva per evitare che la contaminazione si propaghi e si aggravi. Se ciò non accade, è sempre possibile ritenerlo coinvolto, e quindi, unitamente al responsabile obbligato a porre in essere gli interventi di bonifica. Ma la norma citata si riferisce solo a colui che “cagioni” l’evento inquinamento e non anche a colui che “aggravi” lo stesso. Ed invero, va riconosciuto che il distinguo tra la causazione dell’inquinamento ed il suo aggravamento non si presenta sempre agevole. Il primo appare insito nella stessa previsione sanzionatoria: come sancito anche dalla migliore interpretazione giurisprudenziale, non ogni condotta di inquinamento è rilevante nell’ambito della fattispecie penale, ma esclusivamente quelle che determinino il superamento delle concentrazioni soglia di rischio (CSR). Qualora, poi, per effetto di successive condotte (e nello specifico la prosecuzione dell’esercizio del ciclo industriale contaminante), avvenga il superamento delle CSR, potrà dirsi integrato il presupposto della


condotta di reato; in tale ipotesi, come detto, l’azione del soggetto che ha implementato l’effetto dell’inquinamento preesistente (ma inferiore alle CSR) non dovrà intendersi come aggravamento, ma come fase della condotta tipica. La condotta successiva a quella dell’agente “originario” (cioè del soggetto che abbia determinato il superamento delle soglie), consistente nel proseguimento dell’esercizio di una fonte di inquinamento attiva, non adottando misure volte alla diminuzione della contaminazione (ma, anzi, ulteriormente contribuendo al consolidamento della medesima), si porrà quindi in termini concausali nella realizzazione del reato di cui all’art. 257, concorrendo, invero, nel medesimo e ciò, indipendentemente dall’effettivo aggravarsi delle condizioni del sito [4]. Medesimo ragionamento - e quindi se è possibile applicare l’art. 257 del TUA anche al proprietario incolpevole - deve essere svolto anche in relazione all’eventuale omessa comunicazione del proprietario alla Pubblica Autorità dell’evento potenzialmente inquinante. Si tratta cioè di capire se l’inosservanza dell’obbligo sancito dall’art. 245, comma 2, possa essere considerato penalmente presidiato, al pari dell’inosservanza dell’identico obbligo incombente sul responsabile dell’inquinamento. Ebbene, secondo una recente giurisprudenza l’obbligo di comunicazione che pende a

carico del proprietario e degli interessati non responsabili “non può condurre all’automatica conclusione che al proprietario incolpevole sia applicabile l’art. 257 del TUA sulla responsabilità per omessa bonifica”[8]. Ad avviso della Corte, infatti, il riconoscimento dell’obbligo di comunicazione in capo a soggetti non responsabili della contaminazione non potrebbe condurre a ritenere sempre applicabile l’art. 257 nell’ipotesi di inadempimento del predetto obbligo, posto che tale fattispecie ha come destinatario il soggetto responsabile dell’inquinamento. È bene segnalare, tuttavia, che in caso di omessa comunicazione da parte del proprietario incolpevole, trova comunque applicazione la sanzione amministrativa così come prevista dall’art. 304, comma 2 del Testo Unico Ambientale applicabile al caso in esame, in virtù del richiamo operato dall’art. 242. La norma - dettata in materia di danno ambientale - prevede, nello specifico, che: “Se l'operatore non provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla comunicazione di cui al presente comma, l'autorità preposta al controllo … irroga una sanzione amministrativa non inferiore a 1.000 euro né superiore a 3.000 euro per ogni giorno di ritardo”. Risulta in conclusione evidente che anche il proprietario incolpevole dell’inquinamento residua delle responsabilità in materia di bonifica le quali vengono peraltro puntualmente sanzionate dal Testo Unico Ambientale.

Ciò determina una seppur minima responsabilità (in qualche modo oggettiva) dello stesso scaturente esclusivamente dal rapporto con il bene inquinato, che impone che il proprietario attivi le procedure necessarie ad evitare l’aggravarsi dell’evento inquinante e consentire agli organi di controllo di avviare tutte le procedure necessarie per la ricerca del responsabile dell’inquinamento nonché per procedere nei termini di legge al ripristino dei luoghi inquinati. *Ambiente Legale

Note [1] A quanto appena rilevato deve, inoltre, aggiungersi che la giurisprudenza ha sottolineato la necessità del rigoroso accertamento del nesso di causalità fra il comportamento del “responsabile” ed il fenomeno dell’inquinamento, affermando che tale accertamento deve essere fondato su una adeguata motivazione e su idonei elementi istruttori nonché “su prove e non su mere presunzioni” (Cons. di Stato, Sez. VI, 5 settembre 2005, n. 4525). [2] Le modalità e le tempistiche di siffatti adempimenti, sono quelli di cui all’art. 304, comma 2, del TUA così come richiamato dall’art. 242 del TUA (a sua volta citato dall’art. 245 sopra menzionato). [3] Camici, De Cesaris, Galdenzi, Losengo, Maschietto, “Bonifica dei siti contaminati”, Ambiente & Territorio, Maggioli Editori, 2012. [4] Benozzo – Bruno, “La bonifica dei siti contaminati nel nuovo codice dell’ambiente”, Imm e dir. 06. [5] Tar Lombardia Milano, Sez. IV, 6.9.2011, n. 2166. [6] Tar Lombardia n. 5681 del 2004 La giurisprudenza, infatti, è concorde nel ritenere che non è legittimo l’ordine di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale indiscriminatamente rivolto al proprietario del fondo in ragione della sua sola qualità, e in mancanza di adeguata dimostrazione da parte dell’amministrazione procedente, sulla base di un’istruttoria completa e di una esauriente motivazione, dell’imputabilità soggettiva della condotta (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612; Tar Toscana, Sez. III, 1 aprile 2011, n. 565). [7] Cons. di Stato, Sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4561. [8] C. pen., sez. III, 11.05.2011, n. 18503.

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Iniziative e aggiornamenti sulle attività

Aggiornamento sui gruppi di lavoro di RECONnet

Come noto a molti dei lettori di ECO, la Rete Italiana sulla gestione e Bonifica dei Siti Contaminati (RECONnet) è stata costituita nel 2010 con lo scopo di costituire un luogo di discussione e confronto tra gli stakeholder coinvolti a vario titolo nelle attività di gestione e bonifica dei siti contaminati, incoraggiando la collaborazione e promuovendo scambi di informazioni e contatti tra istituti scientifici, enti di ricerca, università, enti di controllo, imprese e società di consulenza. Instaurando una proficua collaborazione tra gli stakeholder, la rete si auspica di contribuire alla soluzione delle principali criticità di carattere tecnico e amministrativo che attualmente rallentano l’evoluzione dei procedimenti di bonifica. Il proseguimento delle attività della rete sarà a breve garantito da un nuovo accordo per la sua strutturazione, che consentirà un rilancio ulteriore delle numerose attività ed iniziative già in corso. Tali attività vengono svolte nell’ambito di gruppi di lavoro dedicati ad affrontare specifiche tematiche di interesse per la gestione e bonifica di siti contaminati. Nel corso dell’ultimo anno, ai gruppi di lavoro già attivi nel corso del triennio 2010-2013 se ne sono aggiunti altri, che affronteranno aspetti gestionali (GdL sull’analisi di rischio ecologico e GdL sulla intrusione di vapori) e progettuali (GdL sulle tecniche di fitorimedio). Nel 2013 è stata anche tenuta la prima edizione dell’Alta Scuola di Formazione delle Bonifiche, di cui è prevista la seconda edizione a Maggio del presente anno.

Analisi di rischio ecologico Coordinamento del GdL: Guia Agostini (Università di Roma “Tor Vergata”) e Renato Baciocchi (Università di Roma “Tor Vergata”) e - Componenti del gruppo di lavoro: Silvana Bifulco (ARPA Sicilia), Rossana Cintoli (ARPA Lazio), Antonio Diligenti (ARTA Abruzzo), Francesco Ioppolo (Arcadis), Adele Lo Monaco (ARTA Abruzzo), Lucina Lucchetti (ARTA Abruzzo), Biancamaria Pietrangeli (INAIL Ricerca), Valentina Pizzato (Arcadis), Antonio Scalari (Water&Soil), Andrea Sconocchia e Paolo Sconocchia (ARPA Umbria), Giovanni Torchia (Golder Associates), Stefania Verdelocco (AECOM), Iason Verginelli (Università di Roma “Tor Vergata”), Aldo Viarengo (Università del Piemonte Orientale), Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino). Il gruppo di lavoro è nato per attivare una discussione sul ruolo e sulla modalità di applicazione dell’analisi di rischio ecologico (ERA) con la finalità di elaborare un documento che possa costituire un riferimento per eventuali future linee guida. Nella prima fase di lavoro sono stati analizzati gli standard internazionali di applicazione di ERA. Da tale analisi è emerso che tutte le procedure analizzate propongono un approccio graduale basato su livelli successivi (tiered approach). Tale approccio consiste in livelli successivi di approfondimento con acquisizione di dati sito specifici e, quindi, nel progressivo abbandono delle ipotesi conservative iniziali formulate in base a dati sito-generici. Questo approccio garantisce di mantenere invariato il grado di protezione dell’ambiente nei vari livelli di analisi. Il procedimento prevede un livello iniziale di inquadramento del problema, in cui vengono individuati i contaminanti, le risorse ecologiche da proteggere e viene formulato un modello concettuale preliminare del sito. Il primo livello di ERA consiste in un processo di screening in cui le concentrazioni di contaminante nelle matrici ambientali vengono confrontate con valori soglia di contaminazione determinati a livello sito generico. In caso di superamento dei valori soglia si ha il passaggio ai livelli successivi in cui viene effettuata un’analisi di rischio ecologico di tipo sito-specifico. Col progredire nei livelli vengono utilizzati mi-

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sure e modelli di esposizione e di effetto sempre più complessi: in particolare, per quanto riguarda l'analisi degli effetti, l’utilizzo di dati tossicologici di letteratura è affiancato dall’utilizzo di dati di campo con la realizzazione di test tossicologici e biomonitoraggio. In particolare, nel terzo e ultimo livello, l’integrazione di tutte le informazioni è effettuata attraverso metodologie di linee di evidenza multiple. Sulla base dello studio effettuato è stata sviluppata la struttura del documento che verrà redatto all’interno del gruppo di lavoro ERA della rete Reconnet. In analogia con la scelta fatta dal legislatore di fare riferimento allo standard RBCA in materia di analisi di rischio sanitario, è stato adottato l’approccio contenuto nello standard eco_RBCA (ASTM E2205/ E2205M 2002 – reapproved 2009). Tale standard prevede un approccio suddiviso in 4 livelli, dei quali un livello 0 di inquadramento del problema e 3 livelli di approfondimento di analisi di rischio: analisi sito-generica, analisi sito-specifica svolta prevalentemente sulla base di dati ecotossicologici di letteratura, analisi sito-specifica svolta prevalentemente sulla base di dati di campo (test tossicologici e biomonitoraggio). Pertanto, suddivise all’interno del gruppo di lavoro, attualmente sono in corso le seguenti attività: • analisi e proposta di criteri di valutazione dell’esistenza di recettori e habitat critici (livello 0); • analisi degli standard internazionali per la definizione di valori soglia ecologici, basati su analisi di rischio ecologico “sito generico” (livello I); • analisi dei modelli di esposizione ed effetto e caratterizzazione del rischio (livello II); • definizione di test ecotossicologici e tecniche di biomonitoraggio, criteri di interpretazione dei risultati (livello III); • analisi dei tools disponibili a supporto di ERA. Intrusione di vapori Coordinamento del GdL: Laura D’Aprile (ISPRA) e Simona Berardi (INAIL) - Componenti del gruppo di lavoro: Elisabetta Bemporad (INAIL), Franceso Ippolo (Arcadis), Renato Baciocchi e Iason Verginelli (Univ. di Roma Tor Vergata), Igor Villani (Provincia di Ferrara), Angiolo Calì (Golder), Elisa


Paganelli (ARPA ER), Roberto Riberti (ARPA ER), Antonio Traversa (ARPA Lazio), Andrea Forni (Univ. di Roma Tor Vergata), Davide Manucra (ARPA ER), Alessandro Girelli (Industria Ambiente), Elisa Rainaldi (Mares), Marialuisa Cremonesi e Alessandro Monteverdi (CH2M HILL), Donatella Giacopetti (Unione Petrolifera), Walter Tomazolli, Monica De Rossi, Alessandro Moltrer; Giancarlo Anderle (APPA Trento), Lucina Lucchetti (ARTA Abruzzo), Alessandro Gargini (Università di Bologna). L’obiettivo principale del GdL sulla intrusione di vapori provenienti da suolo insaturo e/o acque di falda contaminate (“Vapor intrusion” – VI) è la predisposizione di un documento tecnico di supporto finalizzato a fornire criteri e procedure utili per la risoluzione di alcune problematiche connesse a tale tematica. Ad oggi, è stato predisposto, ed inviato a società private che operano nel settore, un questionario su "Criteri e metodologie di analisi del soil-gas nell’ambito di procedimenti di bonifica" finalizzato anche a verificare con quale frequenza si ricorra a misure di soil-gas, con quale tecnica di campionamento, e in che modo i risultati vengano utilizzati. L’esito di tale sondaggio ha evidenziato che, in siti con presenza di sostanze volatili, molto spesso vengono effettuate misure di soil-gas, prevalentemente utilizzando come campionatori: fiale a carbone attivo e pompette a vuoto (tipo Gillian), e come strumentazione automatica da campo: PID e Gas Analyzer (O2, CO2, CH4). I risultati per il 90% dei casi vengono utilizzati per l’applicazione della procedura di analisi di rischio. Infine, è emerso che attualmente la linea guida dell’ARPA Veneto viene presa quale principale protocollo tecnico di riferimento. Nell’ambito della compilazione del suddetto questionario è stato inoltre richiesto di segnalare tutte le possibili problematiche che necessitano di approfondimenti e chiarimenti. Ciò ha permesso di individuare alcune delle tematiche che ad oggi sono oggetto di studio da parte del GdL, ossia: metodiche/tecniche di campionamento, durata del campionamento, modalità per eseguire un campionamento

in contraddittorio con Autorità locali, criteri per differenziare i contributi provenienti dalle varie matrici ambientali, individuazione di un valore di concentrazione soglia nel soil-gas. Fitorimedio Coordinamento del GdL: Andrea Sconocchia (ARPA Umbria) Questo gruppo di lavoro nasce dalla proposta di ARPA Umbria, che dal 2008 svolge attività di promozione, progettazione e sperimentazione di soluzioni di bonifica con tecniche di fitorimedio nell’ambito del Progetto REMIDA (Remediation & Energy productrion & soil management), nato da una partnership scientifica tra ARPA Umbria, Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale (IBAF) e Dipartimento di Scienze Ambientali e Forestali dell’Università della Tuscia, con l’obiettivo di rispondere al problema della gestione di aree marginali contaminate, non assistite da adeguati finanziamenti e collegando ai processi di riqualifica o messa in sicurezza obiettivi secondari a «valore ambientale aggiuntivo». La metodica di intervento proposta si basa sull’implementazione di tecniche di bonifica a basso costo basate sullo sfruttamento delle potenzialità operative offerte dai sistemi vegetali. Dal 2008, si è avuto modo di monitorare la diffusione e lo sviluppo del fitorimedio nel nostro paese e all’estero. Tra gli elementi positivi di riscontro, in questi anni, si è notato: • un crescente interesse sia da parte del settore pubblico che di quello privato; • l’aumento di attività di ricerca e di sperimentazione (in scala di laboratorio e pilota); • una crescente consapevolezza e accettazione da parte dei portatori di interesse per questo approccio; • allineamento con i requisiti di economicità, compatibilità ambientale e sostenibilità, auspicati dalle norme tecniche. D’altra parte ci si è anche resi conto della presenza di elementi e situazioni che rallentano lo sviluppo e la diffusione dell’impiego del fitorimedio, tra i quali: la mancanza di norme tecniche chiare di supporto all’applicazione; lo scarso allineamento tra i requisiti auspicati dalle norme tecniche e la reale possibilità di operare in tale direzione; la mancanza di un polo di aggregazione di portatori di interessi qualificati.

Alcuni esempi delle criticità sopra elencate sono: • l’ambiguità dell’inquadramento giuridico delle biomasse impiegate in attività di fitorimedio e pensate fin dall’inizio come prodotto del processo (e non residuo indesiderato); • l’assenza di limiti di concentrazioni massime ammissibili di contaminanti nella biomassa (magari anche per i differenti utilizzi); • la relazione esistente tra suolo contaminato e natura della biomassa spontanea. L’insieme degli elementi sopra richiamati, sia quelli positivi che denotano un crescente interesse e utilizzo del fitorimedio, sia quelli negativi che evidenziano la sussistenza di criticità irrisolte, hanno indotto all’istituzione di un Gruppo di lavoro fitorimedio con le seguenti finalità: • condivisione delle esperienze di fitorimedio nella bonifica dei siti contaminati e loro raccolta sistematica; • collaborazione nello studio e approfondimento delle problematiche di natura tecnologica e normativa che rallentano l’affermarsi dell’impiego del fitorimedio nella bonifica dei siti contaminati; • approfondimento dell’uso dell’Analisi di Ciclo di Vita (LCA) applicata ad interventi di fitorimedio come strumento di valutazione comparativa rispetto ad interventi “convenzionali”; • proposte per la soluzione degli elementi

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ostativi allo sviluppo delle tecnologie basate sul fitorimedio; • promozione e realizzazione di interventi formativi/informativi e di confronto.

Seconda edizione dell’Alta Scuola di Formazione sulle Bonifiche L’Alta Scuola di Formazione sulle Bonifiche nasce nel 2013 su iniziativa della rete Reconnet, nell’ambito dell’evento Ravenna 2013-Fare i conti con l’ambiente, organizzato da Labelab, società costituta da un team di professionisti indipendenti nelle attività di consulenza e di progettazione nei settori del ciclo dei rifiuti, dell’acqua e dell’energia. Visto il successo della prima edizione, che ha visto la partecipazione di 45 iscritti, è stato deciso di organizzare la seconda edizione, che avrà luogo sempre nell’ambito dell’evento di Ravenna, che è stato però anticipato al 21 maggio del 2014. La seconda edizione della scuola avrà le caratteristiche di un secondo modulo, di carattere applicativo, senza ripetizioni rispetto alla prima edizione. A lato si riporta il programma della scuola, che sarà dedicata alla Analisi di rischio, monitoraggio e verifica degli interventi. Si segnalano alcune novità rispetto alla prima edizione: la mattina della prima giornata vedrà la partecipazione di esperti stranieri, che porteranno la loro esperienza nella gestione e bonifica dei siti contaminati. Gli stessi esperti parteciperanno ad una tavola rotonda serale, aperta a tutti i partecipanti all’evento Labelab, nella quale sarà svolto un confronto con esperti nazionali operanti nel settore delle bonifiche. Sempre nella prima giornata, l’intero pomeriggio sarà dedicato all’applicazione dell’analisi di rischio mediante il software Risk-net, il cui svolgimento è previsto in un’aula attrezzata con computer. Nei due pomeriggi successivi verranno invece presentate le esperienze di gestione dei siti e progettazione degli interventi nei siti petrolchimici, e le più recenti innovazioni nel settore del monitoraggio ambientale. Completano il programma due moduli dedicati rispettivamente agli approfondimenti geologici e idrogeologici e agli approcci sperimentali e modellistici per la valutazione del percorso di esposizione ai vapori.

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21 Maggio 2014 MATTINO - INTRODUZIONE E AGGIORNAMENTI TECNICONORMATIVI 10.00 11.00 12.00

Gernot Döberl, (Environment Agency, Austria): An overview on situation in Europe-Austria with focus on site investigation and remediation technologies models Frank Swartjes (RIVM): Risk assessment in EU Laura D’Aprile (MATTM): Stato di avanzamento delle bonifiche nei SIN

POMERIGGIO - APPLICAZIONE DEL SOFTWARE RISK-NET 14.15 16.30 18.30

Iason Verginelli (Università di Roma Tor Vergata), Igor Villani (Provincia di Ferrara): Introduzione al software ed Esercitazione applicativa 1 Iason Verginelli (Università di Roma Tor Vergata), Igor Villani (Provincia di Ferrara): Esercitazione applicativa 2 Evento serale del Festival fare i conti con l’ambiente: conferenza aperta al pubblico “La Bonifica dei Siti Contaminati – Strategie e Sistemi Europei a confronto per una Nuova Economia Territoriale” con la partecipazione di: Daniele Cazzuffi (CESI SpA, Milano e RemTech Expo, Ferrara), Laura D’Aprile (MATTM), Gernot Döberl (EA, Austria), Donatella Giacopetti (Unione Petrolifera), Frank Swartjes (RIVM, NL), Simonetta Tunesi (ATIA-ISWA)

22 Maggio 2014 MATTINO - APPROFONDIMENTI SULLA IDROGEOLOGIA DEL SITO 9.00-10.30 Alessandro Gargini (Alma Mater Studiorum Università di Bologna): Applicazione della caratterizzazione multilivello e del fingerprinting isotopico in acquiferi contaminati da DNAPL 10.45-12.15 Vincenzo Piscopo (Università di Viterbo): Caratterizzazione idraulica di acquiferi contaminati: metodi e limiti di applicazione 12.15 Fabio Pascarella (ISPRA): Protocollo di verifica delle barriere idrauliche POMERIGGIO - MONITORAGGIO E VERIFICA: ESPERIENZE NEI SITI PETROLCHIMICI (CASI STUDIO) 14.30 14:50 15.10 15:30 16.15 16:55

17:25

Roberto Pecoraro (Versalis): Introduzione alla sessione Francesco Giudice (Versalis): Il monitoraggio delle opere di emungimento e la gestione dei dati nello stabilimento di Mantova Elenia Loche (Versalis): La gestione della barriera idraulica dello stabilimento di Sarroch Prof. Marco Petitta (Univ. La Sapienza – Roma): La modellazione idrogeologica come strumento “vivo” per il supporto alle decisioni. Il caso di Sarroch Prof. Eros Bacci (Università di Siena): L’importanza dell’approccio scientifico multidisciplinare ed il ruolo delle indagini di campo Prof. Mario Manassero (Politecnico di Torino): Verifica di tenuta idraulica di un diaframma plastico ed approfondimento sul movimento dei contaminanti attraverso barriere semipermeabili. Il caso di Ravenna Silvia Romagnoli (Versalis): Le bonifiche del sito Versalis di Ravenna e la reindustrializzazione dell’isola 18

23 Maggio 2014 MATTINO - SOIL GAS 9.00 10.00 11.15 12.15

Alessandro Girelli (Industria Ambiente srl): Aspetti critici dei modelli di vapor intrusion nella AdR Renato Baciocchi, Iason Verginelli (Università di Roma “Tor Vergata”): Modelli avanzati di vapor intrusion Simona Berardi (INAIL): Criteri di valutazione dei rischi associati alla inalazione di sostanze pericolose Sabrina Saponaro (Politecnico di Milano): Principi ed applicazioni di sonde soil gas e camere di flusso

POMERIGGIO - TECNICHE INNOVATIVE DI MONITORAGGIO (CASI STUDIO) Le esperienze nei siti Syndial: bonifica; gestione; sviluppo e applicazione di campionatori passivi A cura di Carlo Montella e Luciano Zaninetta (Syndial). Casi studio


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V E T RIN A

TREVIBENNE HA PRESENTATO AL CONEXPO LA PREMIUM LINE In occasione del CONEXPO, salone triennale internazionale per la Construction Industry, che si è tenuto a Las Vegas – USA dal 4 all'8 Marzo di quest’anno, l’azienda vicentina Trevi Benne S.p.A. ha presentato la gamma completa “Premium Line”, la nuova linea di prodotti dotati di valvola moltiplicatrice di potenza “Impact Booster”. Il moltiplicatore di potenza, che caratterizza l’intera gamma Premium, è ora installato anche nei nuovi modelli della Serie F, frantumatore secondario, e nel frantumatore girevole Serie FR. Queste due nuove soluzioni vanno ad aggiungersi alle già collaudate e performanti Serie HC, pinza demolitrice primaria, e Serie MK, frantumatore multi funzione. Oltre alle nuove soluzioni Premium, Trevi Benne ha proposto al mercato statunitense una gamma completa di attrezzature da scavo, demolizione e riciclaggio. Sono state esposte la cesoia idraulica Marilyn CS 30RS, la benna selezionatrice BVR 14e, la benna frantoio per il recupero dell’inerte e valorizzazione ambientale BM 25e, la pinza per il settore forestale, manutenzione stradale e boschiva modello WT 010 e una benna speciale per impieghi gravosi Serie HDVX. Visitate e scoprite le novità Trevi Benne cliccando su www.trevibenne.it.

ECO3SANITIZING: L’APPLICAZIONE SULLE LAVASCIUGA DELLA TECNOLOGIA OZOSì PER LA SANIFICAZIONE PROFESSIONALE DEI PAVIMENTI Nello sviluppo delle conoscenze sulle tecniche di pulizia previsto nel programma RCM CLEANING SOLUTIONS, RCM ha messo a punto un sistema che rende più efficace, sicura e performante la sanificazione dei pavimenti in ambiente strettamente sanitario o dovunque sia necessario eliminare o limitare fortemente la carica batterica delle su- perfici orizzontali. L’ozono è un gas instabile composto da tre atomi di ossigeno con un alto potere ossidante e sterilizzante capace di inattivare batteri, funghi, muffe, virus ed eliminare di conseguenza anche i cattivi odori. Esercita anche un’attività disinfestante che può ridurre la contaminazione da insetti. L’uso dell’ozono nei processi di sanificazione e deodorazione degli ambienti è una pratica comune che viene adottata in vari settori: ospedaliero, alimentare, scolastico, sportivo, Horeca, alberghiero, nautico, rimessaggio auto e caravan con la sua applicazione attraverso tecniche più o meno consolidate. Alla grande efficacia sanificante si somma poi un altro vantaggio: non lascia alcun residuo nell’ambiente. Lo si usa dopo avere lavato le superfici, evitando così l’ applicazione di soluzioni disinfettanti che prevedono un tempo di contatto (almeno 10-15 minuti) ed un successivo risciacquo. Nel caso della pulizia di pavimenti con lavasciuga, fino ad ora, si è proceduto con l’immissione di ozono nell’acqua del serbatoio soluzione. Questa operazione comporta però tempi piuttosto lunghi (15/30 minuti) e una dispersione dell’efficacia igienizzante. Con il sistema RCM ECO3SANITIZING, l’arricchimento dell’acqua con ozono è capace di abbattere il 97% della carica batterica (certificato dal dipartimento SpinOff dell’Università di Padova). Questo processo avviene durante il normale funzionamento della macchina, azzerando completamente i tempi di attesa.un indiscutibile vantaggio.

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Porta il tuo business in Europa

STAZIONI DI SERVIZIO - CARBURANTI ALTERNATIVI - EXTRA RETE STOCCAGGIO E TRASPORTO CARBURANTI E COMBUSTIBILI - CAR WASH

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V E T RIN A

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E COAP P U N TAMEN TI

MCM

Milano, 10 aprile

MCM sono le Mostre Convegno sulla Manutenzione organizzate da Eiom, Ente Italiano Organizzazione Mostre. L’evento di Milano, che si terrà al Centro Congressi NH Milanofiori il 10 aprile, metterà a disposizione degli operatori una sessione plenaria, una parte espositiva ed una sessione tutorial, con workshop e corsi di formazione per permettere ai partecipanti di aggiornarsi su tecnologie e tematiche emergenti. “Ingegneria di manutenzione ed Efficienza Estesa: diagnostica e monitoraggio per affidabilità e risparmio energetico” è l’interessante tematica attorno alla quale si svilupperà la giornata, che si annuncia ricca di contenuti, a partire dal convegno mattutino, coordinato da Francesco Cominoli (Senior Consultant), e che vedrà la partecipazione di prestigiosi protagonisti del mondo della manutenzione. ww.mcmonline.it/milano

IFAT

Monaco, dal 5 al 9 maggio

IFAT, il più grande salone internazionale di tecnologie ambientali, in programma dal 5 al 9 maggio a Monaco di Baviera, continua ad alzare l’asticella: con un’area espositiva di 230.000 mq, infatti, la manifestazione ha superato di 15.000 mq l’area assegnata nell’edizione 2012, con molte aziende ancora in lista d’attesa. Anche il numero di espositori è destinato a stabilire un nuovo record, con circa 3.000 aziende da una cinquantina di Paesi. Altrettanto ricco si annuncia il programma collaterale del principale salone internazionale di tecnologie ambientali. Per tutta la durata del salone, i forum nei padiglioni A5 e B1 proporranno convegni dedicati a Paesi e temi specifici, tavole rotonde, seminari e presentazioni delle aziende espositrici. www.ifat.de

SAMOTER

Verona, dall’8 all’11 maggio

Samoter è la principale manifestazione italiana dedicata al settore delle Macchine Movimento Terra da cantiere e per l'edilizia che riunisce i più importanti produttori e operatori mondiali del mercato delle costruzioni e che in questa edizione sarà affiancata anche da Asphaltica, Salone delle soluzioni e tecnologie per produzioni stradali, sicurezza e infrastrutture. La manifestazione rappresenta l’unico evento di riferimento in Europa, offrendo un osservatorio privilegiato per fare il punto e guardare al futuro del mondo delle costruzioni dove, in attesa della ripresa del mercato interno ancora in flessione, l’export di macchinari made in Italy continua a fare la parte del leone. I nuovi mercati, insieme alla sostenibilità economica e ambientale della filiera delle costruzioni (“Sustain.ability”), sono al centro di questa 29a edizione. www.samoter.com

SUM

Bergamo, dal 19 al 21 maggio

Il secondo Symposium on Urban Mining, SUM, che si terrà a maggio a presso l’ex convento di Sant’Agostino a Città Alta, è organizzato da IWWG – International Waste Working Group. L’Urban Mining nella sua accezione più estesa sta a rappresentare le azioni e le tecnologie che possiamo mettere in atto per recuperare risorse prodotte dal catabolismo urbano in termini di materie prime seconde e di energia. Significa superare la logica lineare dello schema: Risorse-Produzione-Consumo-Rifiuto-Smaltimento per entrare nella logica dell’economia circolare. Significa andare oltre la raccolta differenziata e l’attuale approccio basato sulla responsabilità del consumatore, con maggiore recupero di risorse e migliore qualità e con maggiore tutela dell’ambiente. Il Simposio durerà tre giorni e sarà organizzato in sessioni orali, di cui 7 generali con presentazioni in inglese e in italiano, e 14 sessioni specializzate e workshop in inglese, per un totale di 110 presentazioni che animeranno la tre giorni del SUM. www.urbanmining.it

RAVENNA2014

Ravenna, dal 21 al 23 maggio

Fare i conti con l'ambiente. E' questo il titolo del Festival sui rifiuti, acqua, energia giunto quest'anno alla settima edizione. La tre giorni di incontri di tipo informativo-formativo dedicati a tematiche tecnico-economiche si sposta da settembre a maggio e si svolgerà come sempre nel centro storico pedonale di Ravenna. La manifestazione si configura come un vero e proprio festival formativo con un’ampia rassegna di conferenze, seminari di formazione (labmeeting) e workshop in grado di abbracciare tutti i segmenti di attualità tecnico-scientifica del settore rifiuti, acqua, energia, bonifiche e sostenibilità ambientale. Si rimanda a pagina 20 per maggiori approfondimenti. www.ravenna2014.it

OIL&NONOIL

Verona, dal 27 al 29 maggio

Oil&nonoil è la fiera dedicata a tutta la filiera della distribuzione carburanti: stazioni di servizio, car wash, non oil, carburanti alternativi, stoccaggio e trasporto carburanti, attività extra rete. Una manifestazione specifica, ma completa, che offre a espositori e visitatori un palcoscenico unico per fare affari e l’opportunità di condividere idee, know how e preziosi strumenti di analisi e interpretazione di un settore che si sta rapidamente evolvendo verso nuovi modelli di business. Dal 2004, anno della prima edizione, ad oggi, Oil&nonoil è cresciuta continuamente, arrivando a risultati importanti e confermandosi quale appuntamento immancabile per il settore, ove approfondire tematiche a più ampio raggio come dinamiche di mercato, normative, attività delle istituzioni, iniziative associative e di tutti i soggetti il cui operato disegna e influenza i contorni di un mercato di nicchia ma strategico per il sistema paese. www.oilnonoil.it

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libri AGROENERGIE E BIOMASSA IMPIANTI – APPLICAZIONI – INCENTIVI - NORMATIVA A cura di Giuseppe Dell’Olio

Dario Flaccovio Editore (pagine 208 - € 32,00) L’incertezza normativa che ha caratterizzato il settore fino a poco tempo fa ha contribuito a rendere difficile per gli operatori la conoscenza di meccanismi incentivanti e opportunità che le agroenergie mettevano a disposizione, ostacolandone di fatto la diffusione. Grazie al D.M. 6 luglio 2012 sono state raccolte in un unico provvedimento quasi tutte le disposizioni riguardanti gli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ed in particolare le biomasse. L’opera si inserisce quindi in questo contesto, ponendosi l’obiettivo di rendere meno astratta la lettura di un testo di legge fornendo perciò esempi applicativi e casi concreti che siano per gli operatori un valido strumento per orientarsi nel mondo delle agroenergie. Sono infatti numerosi e dettagliati i casi studio riportati nel volume e questo grazie all’esperienza che l’autore stesso ha potuto maturare nel corso della sua vita professionale. Destinato a chi opera nel settore offre anche ai neofiti un’interessante lettura poiché l’opera si compone di un’introduzione generale sulle agroenergie, e in particolare sulle tecnologie e sui combustibili (biomasse), cui segue poi l’approfondimento sui meccanismi incentivanti. I casi studio infine sono strutturati in capitoli separati in modo da consentire al lettore di approfondire singolarmente ciascuna applicazione.

GESTIRE I RIFIUTI TRA LEGGE E TECNICA A cura di Paola Ficco

Edizioni Ambiente (pagine 468 - € 32,00) Questo volume nasce grazie alla collaborazione dei principali Consorzi nazionali del Riciclo (Conai e i 6 consorzi di fliliera, Cobat, Coou, Conoe e Ecopneus) e rappresenta un manuale completo contenente obblighi e adempimenti in materia di rifiuti. L’autrice, Paola Ficco, giurista ambientale, avvocato e giornalista con una considerevole conoscenza ed esperienza nelle tematiche legate al mondo dei rifiuti, con il contributo di un gruppo di esperti altrettanto autorevoli, ha realizzato quest’opera che viene distribuita in formato digitale sotto forma di FreeBook, scaricabile quindi gratuitamente, leggibile su qualsiasi supporto e, soprattutto sempre aggiornata. Il testo in formato digitale è completamente interattivo, vale a dire che sono presenti rimandi a documenti di approfondimento, link alle disposizioni normative citate e, per i prossimi due anni, verranno tempestivamente create nuove edizioni ogni qualvolta vi sia una significativa variazione della normativa vigente. Il volume è strutturato in una parte generale, composta da 17 capitoli, nella quale viene riportata e spiegata la disciplina che regola la gestione dei rifiuti, seguita da una parte speciale, di 11 capitoli, ove sono invece esplicitati i casi particolari previsti dalla norma, dalle terre e rocce da scavo ai CSS, dai rifiuti contenenti amianto ai RAEE.

IDRAULICA

A cura di Michele Mossa e Antonio Felice Petrillo

C.E.A. Casa Editrice Ambrosiana (pagine 640 - € 52,20) L’obiettivo principale di quest’opera è fornire le nozioni basilari dell’idraulica, non solo da un punto di vista teorico, ma anche applicativo. Il testo presenta una trattazione matematica dei vari problemi dell’idraulica, seguiti sempre da una serie di applicazioni (molte delle quali svolte), ed è suddiviso in cinque sezioni: principi di base; statica, cinematica e dinamica dei fluidi; modellistica fisica idraulica; moto permanente e vario nelle condotte in pressione; moto uniforme e permanente nei canali. Gli autori, accanto a strumenti innovativi per l’apprendimento e a un modo nuovo di presentazione degli argomenti, hanno voluto salvaguardare alcuni aspetti propri dell’approccio classico dell’idraulica italiana, una disciplina ben consolidata e fiore all’occhiello nell’ambito dei corsi di ingegneria a livello internazionale. Per quanto particolarmente indirizzato agli studenti universitari, il testo è un valido supporto per i professionisti ingegneri, geologi e per tutti coloro che, nell’ambito della propria professione, riscontrano l’esigenza di conoscere le leggi e le applicazioni proprie dell’idraulica. L’opera in formato cartaceo è affiancata da supporti on line e da altri contenuti multimediali.

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Anno 7 - Numero 26


aggiornamenti e news dalle aziende del settore

fiere, convegni e workshop tutti gli eventi a portata di mano

notizie e novità dal mondo delle bonifiche, dei rifiuti e delle demolizioni

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Quando si parla di cave e miniere, cioè di scavo e movimentazione di materiali molto abrasivi, “robustezza” è le parola chiave. Le benne speciali HDV e HDVX sono create con profilo a disegno, equipaggiamenti anti-usura e spessori maggiorati per escavatori fino a 400 t. Rinforzate e studiate per l’estrazione dei materiali rocciosi più impenetrabili, ti assicurano una produttività degna di veri giganti d’acciaio. Trevi Benne, la massima espressione della potenza.

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marzo 2014 anno vII numero 26

la POTENZA d’urto di una flotta di 400 mezzi tecnologicamente avanzati

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marzo 2014


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