Eco 14

Page 1

marzo - aprile 2011 anno iv numero 14

PeVmedia.com

SACCENTI INGEGNERIA AMBIENTALE

REPORT SEDIMENTI le opinioni di Quattro esperti sulla gestione dei sedimenti

rapida esigenze

LA RISPOSTA ALLE VOSTRE

COMBUSTIBILE DERIVATO DAI RIFIUTI Gli sviluppi nell’impiego del CDR attraverso l’esperienza italiana BONIFICA Ed ENERGIE RINNOVABILI risanare il territorio riducendo il consumo di risorse naturali

Alcune Referenze: UGF Assicurazioni spa, AXA Assicurazioni, Assicuratrice Edile spa, Augusta Assicurazioni spa, Assicurazioni Generali spa, Fata Assicurazioni spa, Assitalia spa, Toro spa, P.C.A. broker, AON broker, Federtrasporti, APOGEO broker.

Operiamo in tutta Italia

Servizi: • immediato sopralluogo sul posto (possibilmente ancor prima dell’intervento dell’impresa di bonifica) • scelta dell’impresa da fare intervenire, in relazione alle prepattuizioni sottoscritte fra l’impresa e la Compagnia • controllo costante sul luogo della bonifica di 1° intervento • prelievo campioni da analizzare presso laboratorio di ns. fiducia • stesura piano di caratterizzazione da sottoporre agli Enti in Conferenza dei Servizi • contabilità lavori eseguiti • valutazione danni a terzi

Le nostre sedi: Tortona Biella Milano Genova Montecarlo Torino

Piacenza Parma Bologna Ferrara Alessandria Roma

S A C C E N T I ENGINEERING S E R V I C E

S A C C E N T I ENGINEERING

SIA

SID

SAC

Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art.1, c.1 - CB-NO/Torino – Anno 4 n. 14 DEA edizioni s.a.s. Strada del Portone, 127 - 10095 Grugliasco (TO)

SIA – Saccenti Ingegneria Ambientale: gestione e valutazione dei danni da inquinamento, progettazione con modellazione grafica del plume di inquinamento, progettazione ed esecuzione elaborati ai sensi del D.Lgs. 152/06, gestione dei rifiuti.

ORO NERO E ambiente Il settore delle bonifiche nel mercato dell’oil & gas

15057 Tortona (AL) – Corso Coppi, 42 – tel. 0131-821470 – fax. 0131-861974 – info@saccenti.it w

w

w

.

s

a

c

c

e

n

t

i

.

i

t

/

s

i

a

marzo - aprile 2011


PeVmedia.com

nOn dare nienTe Per SCOnTaTO

PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE IMPIANTI DI TRATTAMENTO PER TERRENI E ACQUE

IngegnerIa applIcata alle demolIzIonI DEA ingEgnEriA hA Acquisito un’EspEriEnzA unicA E AltAmEntE spEciAlizzAtA nEl sEttorE DEllE DEmolizioni civili E inDustriAli. con il suo tEAm Di EspErti è in grADo Di progEttArE, rAzionAlizzArE E ottimizzArE l’intEro procEsso Di DEmolizionE con i migliori strumEnti Di cAlcolo E soluzioni innovAtivE

PROGETTAZIONE E CONSULENZA

■ demolizioni tradizionali ■ decommissioning di impianti ■ demolizioni con esplosivi ■ smontaggi strutturali ■ simulazione del crollo ■ modellazione strutturale ■ verifiche delle fasi transitorie ■ previsione impatti ambientali ■ monitoraggi rumore e vibrazioni ■ ottimizzazione dei costi di intervento S t ra d a d e l Po r t o n e , 12 5 C - 10 0 9 5 Gr ugliasco (TO)

Tel. +39 011 7802164

w w w.d e a i n g e g n e r i a . i t

inf o@deaingegner ia.it

C.B.R. srl Unipersonale Strada del Portone, 125/C 10095 Grugliasco (Torino) Italy Tel +39 011 783087 - Fax +39 011 4047946 www.cbr-impianti.it info@cbr-impianti.it




e d i to r ia l e

Il nucleare torna a fare paura

D

opo il terremoto, lo tsunami e la conseguente esplosione della centrale nucleare di Fukushima in Giappone, si riaccende prepotentemente in tutto il mondo, Italia compresa, il dibattito sulla sicurezza dell’energia nucleare. Il tema sicuramente è delicato e complesso anche in vista del referendum che ci chiamerà alle urne per dichiararci favorevoli o meno alla reintroduzione dell’energia nucleare nel nostro Paese. Ironia della sorte il primo referendum era stato voluto a seguito del terribile incidente di Chernobyl e dopo 25 anni, quando l’incubo nucleare sembrava sepolto e superato, dovremo esprimerci nuovamente sulla tematica, dopo che il disastro giapponese ha riacceso in tutto il mondo le paure di quel lontano 1986. In un mondo che ha sempre più fame di energia, in una civiltà dipendente dai combustibili fossili, sicuramente il nucleare ha molti vantaggi e forse, primo fra tutti, quello di non produrre CO2, ossidi di azoto e di zolfo, principali cause del buco dell’ozono e dell’effetto serra; tuttavia a questo aspetto positivo si oppongono due grossi problemi ad oggi non risolti, quello riguardante la sicurezza degli impianti e quello dello smaltimento delle scorie nucleari, ossia i prodotti generati dal reattore nucleare la cui radioattività permane per migliaia di anni. La natura con la sua devastante violenza ci ha ricordato ancora una volta che ci sono forze che non si possono prevedere e che mettono in discussione le certezze dei reattori nucleari a rischio zero e la sicurezza dei centri di stoccaggio. Ad oggi molti stati dipendono fortemente da questa fonte energetica pertanto rifiutarla a priori vorrebbe dire influenzare pesantemente lo sviluppo globale del pianeta, ritengo però che tutto quello che sta succedendo in Giappone non possa che farci riflettere sul vero nocciolo del problema, che rimane quello della salvaguardia del nostro futuro e dell’ambiente compatibilmente all’utilizzo di un’energia economica e sicura. Se da una parte sono convinto che la scienza e la ricerca siano veramente in grado di raggiungere risultati tali da creare centrali sempre più sicure, penso invece che il problema delle scorie sia ben lontano dall’essere risolto. Dopo il disatro della Deepwater Horizon e quello di Fukushima, ritengo che questo sia il momento giusto per avviare rapidamente una vera transizione verso forme di energia alternativa sicure e rinnovabili, con investimenti concreti a livello mondiale per salvaguardare il nostro fragile pianeta.

Massimo Viarenghi

3


14 s o m m a r i o

marzo/aprile 2011

ECO bonif iche rif iuti demolizioni

17 DALLA TAVOLA ROTONDA DEL SICON OPINIONI E PUNTI DI VISTA SUL DIFFICILE RAPPORTO TRA DANNO AMBIENTALE E SITUAZIONI DI CONTAMINAZIONE

www.ecoera .it

RUBRICHE ecoNews Vetrina ecoappuntamenti Libri

6 76 79 80

STORIA DI COPERTINA

38 SI TROVA NEL COMUNE DI MASSAROSA UN IMPIANTO MODERNO ED EFFICIENTE CHE SELEZIONA I RIFIUTI URBANI PER LA PRODUZIONE DEL CDR

54 “CHI INQUINA PAGA”: QUALI SONO I PRODOTTI ASSICURATIVI a disposizione delle aziende PER la TUTELA DALLE RESPONSABILITÀ AMBIENTALI?

Oro nero, ambiente e bonifiche di Massimo Viarenghi

ATTUALITÀ Risultati e obiettivi futuri per il recupero e il riciclo degli imballaggi di Tina Corleto

14

Il difficile rapporto tra danno ambientale e contaminazione di Maeva Brunero Bronzin

17

Il Real Estate approda a Milano, con nuovi progetti e iniziative di Maria Beatrice Celino

21

THE BIG EYE Quando l’inquinamento diventa normalità di Chiara De Marzi

CENTRI COMUNALI DI RACCOLTA: UNO SGUARDO SULLA COMPLESSA NORMATIVA CHE REGOLAMENTA LA GESTIONE DEGLI IMPIANTI

4

Anno 4 - Numero 14

23

REPORT Quattro punti di vista sulla gestione dei sedimenti di Maeva Brunero Bronzin

26

SPECIALE Utilizzo di energie rinnovabili negli interventi di bonifica dei siti contaminati di Marco Falconi e Laura D’Aprile

66

10

30

PANORAMA AZIENDE Nuovo impianto di vagliatura, frantumazione, lavaggio e selezione inerti di Maria Beatrice Celino

35


Anno 4 - Numero 14 Marzo - Aprile 2011

Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore editoriale: Tina Corleto Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin Collaboratori: Massimo Barabaschi, Rosa Bertuzzi, Veronica Bianchi, Nicola Bonmassar, Brunello Ceccanti, Maria Beatrice Celino, Yuri Cattin Cosso, Laura D’Aprile, Stefano Danieli, Chiara De Marzi, Giovanni Maria Faglia, Marco Falconi, Herve Gaboriau, Mario Grosso, Renato Iannelli, Grazia Masciandaro, Stefania Miranda, Francesco Montefinese, Dietmar Müller, Augusto Pretner, Andrea Quaranta, Lucia Rigamonti, Paolo Zammatteo

WORK IN PROGRESS Un impianto moderno ed efficiente per la produzione del CDR di Stefano Danieli

38

Un processo innovativo per la valorizzazione della frazione organica degli RSU di Massimo Barabaschi e Stefania Miranda

42

Dagli scavi emergono le antiche lavorazioni di fusione dei metalli di N. Bonmassar, Y. Cattin Cosso e P. Zammatteo

46

PROGETTI E TECNOLOGIE Riuso agricolo di sedimenti di dragaggio contaminati di V. Bianchi, R. Iannelli, B. Ceccanti, G. Masciandaro e A. Pretner

50

Comitato Scientifico: Daniele Cazzuffi (Cesi spa – Remtech) Laura D'Aprile (ISPRA, Roma) Luciano De Propris (Ministero dell’ambiente) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Roma) Gian Luigi Soldi (Provincia di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino) Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7802164 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it Grafica, disegni e impaginazione: PeVmedia - C.so Francia, 128 - 10143 Torino

Inquinamento, bonifica di siti contaminati e soluzioni assicurative di Giovanni Maria Faglia

54

Abbonamenti: Italia annuo € 40,00 - estero annuo € 70,00 copia singola € 7,50 - arretrati € 10,00 Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@deaedizioni.it

Considerazioni ed esperienze italiane a 15 anni dalla nascita del CDR di Mario Grosso e Lucia Rigamonti

58

Stampa: Tipografica Derthona - s.s. per Genova, 3/I - 15057 Tortona (AL)

Valutare la sostenibilità ambientale delle tecnologie di bonifica mediante LCA di Dietmar Müller e Herve Gaboriau

62

NORMATIVA Centri comunali di raccolta: il corretto conferimento dei rifiuti urbani di Rosa Bertuzzi

66

Incertezza giuridica e virtuosismi interpretativi in materia di siti contaminati di Andrea Quaranta

71

Direzione, Redazione, Abbonamenti, Amministrazione:

ASSOCIAZIONe STUDI AMBIENTALI Attività formativa ambientale di tecnici e professionisti all’Università di Pescara di Francesco Montefinese

Responsabilità: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità per il caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. La responsabilità di quanto espresso negli articoli firmati rimane esclusivamente agli Autori.

74

DEA edizioni s.a.s. Strada del Portone 127 10095 Grugliasco (TO) Tel. 011 7802164 Fax 011 4047946 e-mail: info@deaedizioni.it www.deaedizioni.it

Organo Ufficiale dell'Associazione Studi Ambientali L’abbonamento è deducibile al 100%. Per la deducibilità del costo ai fini fiscali vale la ricevuta del versamento a norma D.P.R. 22/12/86 n. 917 artt. 50 e 75. Conservare il tagliando - ricevuta, esso costituisce documento idoneo e sufficiente ad ogni effetto contabile. Non si rilasciano in ogni caso altre quietanze o fatture per i versamenti in c.c.p. Pubblicazione bimestrale Poste Italiane Spa – Sped. in a.p. D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c. 1 – registrata presso il Tribunale di Torino il 19 ottobre 2009 al n. 56. Ai sensi del D.Lgs. 196/2003, informiamo che i dati personali vengono utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni edite da DEA edizioni s.a.s. Telefonando o scrivendo alla redazione è possibile esercitare tutti i diritti previsti dall’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.


e cone ws

TORNA LIFE+, IL PROGRAMMA EUROPEO PER L’AMBIENTE Si chiama LIFE+ il programma che promuove e finanzia progetti volti allo sviluppo e all’attuazione della politica del diritto in materia ambientale, favorendo non solo l'integrazione di tali questioni nelle altre politiche, ma contribuendo anche in modo determinante allo sviluppo sostenibile. Scopo principale del nuovo programma è quello di offrire un sostegno specifico alle misure e ai progetti aventi valore aggiunto europeo per l'attuazione, l’aggiornamento e lo sviluppo della politica e della normativa comunitaria in materia di ambiente. I progetti finanziati possono essere proposti da operatori, organismi o istituti pubblici e privati e possono riguardare tanto l'Unione europea che paesi terzi (paesi candidati all'adesione all'UE, paesi dell'EFTA membri dell'Agenzia europea dell'ambiente, paesi dei Balcani occidentali interessati dal processo di stabilizzazione e associazione). Il programma raggruppa gran parte degli attuali strumenti europei di sostegno destinati all’ambiente e si articola su tre tematiche principali. La prima, “Natura e Biodiversità”, costituisce il settore di maggior interesse per le Piccole e Medie Imprese e si prefigge come obiettivo principale lo sviluppo di approcci, tecnologie e metodi strategici innovativi volti al consolidamento delle conoscenze per la formulazione, la valutazione ed il monitoraggio della politica e della legislazione in campo ambientale. La seconda sezione, denominata “Politica Ambientale e Governance”, è dedicata all’implementazione, aggiornamento e sviluppo della politica e della legislazione ambientale Comunitaria. L’ultima, “Informazione e Comunicazione”, si prefigge di assicurare la diffusione delle informazioni e la sensibilizzazione su tematiche ambientali, come la prevenzione degli incendi boschivi. Lo scorso mese la Commissione Europea ha pubblicato il nuovo invito a presentare proposte e progetti, con una dotazione finanziaria di 265.360 milioni di euro.

LA RICOSTRUZIONE DELL’AQUILA: NUOVE NORME PER LA GESTIONE DELLE MACERIE A due anni dal terremoto che ha colpito l’Aquila, ecco una nuova ordinanza volta a stabilire in modo definitivo i criteri per la gestione dei rifiuti derivanti da crolli e demolizioni degli edifici, per la ricostruzione delle scuole danneggiate dal sisma e per la costituzione di un team di consulenti per la ricostruzione del centro storico della città. L’OPCM 3923 del 18 febbraio 2011 è un provvedimento che stabilisce che i materiali derivanti dal crollo degli edifici pubblici e privati causato dal terremoto e dalla demolizione delle strutture pericolanti devono essere considerati rifiuti urbani con codice CER 20 03 99 (art.1): l’organizzazione delle attività di amministrazione è affidata al Presidente della Regione Abruzzo, in qualità di Commissario delegato alla ricostruzione, il

6

Anno 4 - Numero 14

quale predispone il piano per la gestione delle macerie, dei rifiuti e delle terre e rocce da scavo e individua i siti e gli impianti idonei al loro conferimento (art. 2). Il trasporto di questa tipologia di rifiuti sarà di competenza dei Vigili del Fuoco, delle Forze armate e dell’ASM, che si occuperanno delle terre e rocce da scavo derivanti dall’attuazione dei Progetti C.A.S.E., MAP e MUSP (art. 1). Non sono considerati rifiuti, invece, i beni di interesse architettonico, artistico e storico, di valore simbolico, i coppi, i mattoni, le ceramiche, le pietre con valenza di cultura locale, il legno lavorato, i metalli lavorati, che verranno separati all’origine e conservati per il loro riutilizzo (art. 2, comma 4 punto e). Ad essere oggetto di trattazione all’interno dell’ordinanza sono anche: l’istituzione di una Speciale Struttura del Comune dell’Aquila (art. 11) al fine di assicurare una rapida riqualificazione della città, la sua ripresa socio-economica e la definizione di progetti di edilizia scolastica volti alla ricostruzione degli edifici danneggiati.

ALLA NUOVA EDIZIONE DI TERRA FUTURA LE BUONE PRATICHE DI SOSTENIBILITÀ Grande mostra-convegno internazionale dedicata alle tematiche della sostenibilità sociale, economica e ambientale, Terra Futura propone quest’anno una varietà di iniziative volte a fornire un panorama delle buone pratiche già esistenti e sperimentate nelle nostre città: prodotti, progetti e percorsi frutto di scelte e azioni di vita, di governo e di impresa. Al centro di questa VIII edizione ci sarà il tema della “cura dei beni comuni”, argomento che chiama in causa tutti i cittadini e le organizzazioni italiane nell’ottica di una maggiore responsabilizzazione sulle tematiche ambientali: l’obiettivo della fiera consiste, infatti, nel promuovere un cambiamento radicale dei nostri stili di vita, indispensabile per poter dar vita ad un mondo migliore, più sostenibile e solidale. Aria, acqua, foreste, biodiversità, territorio, ma anche lavoro, etica pubblica, legalità, solidarietà sono gli argomenti principali che troveranno spazio all’interno di un evento animato anche da molti appuntamenti culturali, come convegni, seminari, workshop e momenti di spettacolo, pensati per far sperimentare ai visitatori come sia possibile declinare la sostenibilità a partire dal quotidiano di ciascuno. Nella vasta rassegna espositiva, articolata in diverse sezioni tematiche, numerosi i settori rappresentati: tutela dell’ambiente, energie alternative, finanza etica, commercio equo, agricoltura biologica, edilizia e mobilità sostenibili, turismo responsabile, e ancora consumo critico, welfare, impegno per la pace, solidarietà sociale, cittadinanza attiva e partecipazione. La sfida di Terra Futura è quella di far capire come una “responsabilità collettiva” in materia ambientale sia possibile e come sia sempre più impellente la necessità di riconvertire l’economia in modo partecipato e in un’ottica ecologica e sociale.


GESTIONE DEI RIFIUTI E PROGETTI DI SENSIBILIZZAZIONE PER LA CITTÀ DI SHARRA

Si è concluso con successo il progetto “Da rifiuti a risorse. Attività di sensibilizzazione per la comunità di Sharra: prospettive future”, iniziativa che ha interessato l’Albania dal 2007 fino ad oggi ed è stata finanziata dalla direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo della Farnesina in collaborazione con la Municipalità di Tirana e tre Ong albanesi. L’intervento è stato rivolto all’elaborazione di un programma capace di proporre soluzioni efficaci per la riduzione del rischio ambientale e sanitario derivante dall’inadeguata gestione del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi. Ad arricchire il progetto, una serie di corsi e attività di formazione per il personale preposto alla raccolta e al trasporto dei rifiuti, al fine di migliorarne la formazione e le capacità tecnico-gestionali. Gli ottimi risultati ottenuti sono stati esposti lo scorso 23 marzo a Tirana ed hanno messo in luce l’importanza di azioni volte ad incrementare la responsabilità ambientale di cittadini e addetti ai lavori. Il progetto si è inserito, inoltre, all’interno di un più ampio programma concernente una serie di interventi di potenziamento e messa in sicurezza della discarica di Sharra, nella periferia di Tirana: anche qui la sensibilizzazione ha rivestito un ruolo centrale ed è stata rivolta in particolare alla vicina comunità Rom, la cui principale forma di sostentamento è legata alla raccolta e alla vendita dei rifiuti della discarica. Uomini, donne e bambini partecipano a questa attività senza sospettare i danni che alcune tipologie di rifiuti possono provocare, ed è proprio al fine di diffondere una coscienza critica sui rischi legati all’attività di raccolta che la Cooperazione italiana ha realizzato dossier informativi e organizzato una serie incontri e focus group che hanno coinvolto adulti e bambini provenienti dalla comunità di Sharra e da altri quartieri periferici di Tirana.

NEL QUARTIERE FIERISTICO DI BOLOGNA IN ARRIVO LA XIII EDIZIONE DI AMBIENTE LAVORO

Si svolgerà dal 3 al 5 maggio Ambiente Lavoro, il Salone della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che anche quest’anno rappresenta un appuntamento atteso e un'irrinunciabile occasione di incontro e confronto tra tutti coloro che in ambito imprenditoriale, tecnico, istituzionale e sindacale si occupano di sicurezza negli ambienti di lavoro. All’evento sono attesi dirigenti e operatori delle ASL, addetti alla prevenzione e consulenti aziendali, delegati alla sicurezza dei lavoratori insieme a imprenditori, professionisti, tecnici, funzionari delle istituzioni che costituiscono il bacino di pubblico che sin dalle prime edizioni frequenta Ambiente Lavoro, cosciente di poter ottenere risposte tempestive ed esaurienti ai propri

interrogativi di carattere professionale. La manifestazione, sin dal 1990, è la chiara espressione di valori come continuità, esperienza, capacità di anticipare i temi che influenzeranno il settore e orienteranno il mercato. Le aree espositive che comporranno la XIII edizione di Ambiente Lavoro saranno: Sicurezza, Igiene, Protezione personale, Qualità del lavoro, Servizi, Promozione e gestione. Ad esse si affiancheranno sei progetti speciali: “Ambiente sicuro”, incentrato sulla salvaguardia del territorio, “Luoghi sicuri”, focalizzato sugli infortuni che avvengono fuori dall’ambito lavorativo, “Qualità lavoro”, destinato a valorizzare aspetti come qualità, affidabilità e reputazione dell’impresa in termini di responsabilità etica, “In Sic” (Intrinsecamente sicuro), rassegna di prodotti, sistemi, attrezzature progettate e realizzate secondo criteri di sicurezza integrata, “No fire” dedicato al settore dell’antincendio, “Strade sicure”, prodotti e servizi per la sicurezza stradale. Tutte le informazioni sulla manifestazione su www.ambientelavoro.it.

STADLER

®

S TA D L E R I TA L I A S . r. l .

Impianti di selezione per l’industria del riciclaggio

Ora direttamentee presenti anch in Italia!

Stadler Italia Srl e’ la filiale italiana di Stadler Anlagenbau GmbH, impresa leader nella realizzazione di impianti di selezione nell’industria del riciclaggio. Progettiamo, costruiamo e installiamo impianti per la selezione di: residuo solido urbano, residuo industriale, materie plastiche, carta e cartone e per la produzione di CDR. Con impianti realizzati in tutto il territorio europeo, nel medio oriente e in Nord America, Stadler si afferma come la compagnia di riferimento mondiale nell’industria del riciclaggio. Tutte le macchine principali (separatori balistici, vagli rotanti e nastri trasportatori) sono prodotte nelle nostre fabbriche per garantirne la piu’ elevata qualita’. progettazione, produzione, Installazione di:

Impianti di selezione Residuo solido urbano Residuo industriale Raccolta selettiva di plastica Carta e cartone Produzione di RDF

Macchine principali Separatori Balistici Vagli Rotanti Nastri Trasportatori

STADLER Italia Srl Via Scalabrini 26 - 29121 Piacenza T + 39 0523 1727768 F + 39 0523 1727767 pietro.navarotto@w-stadler.de www.stadler-italia.it

7


e cone ws

IN EUROPA LA RACCOLTA DEL VETRO RAGGIUNGE IMPORTANTI TRAGUARDI Sono oltre venticinque miliardi, secondo i dati forniti da FEVE, Federazione Europea dei produttori di Vetro, le bottiglie e i vasetti raccolti e riciclati in un anno in Europa: in base a questa ricerca è stato stimato che l’incremento del riciclo del vetro nel 2009 ha raggiunto ben il 67% e che la percentuale è rimasta in costante aumento anche a distanza di due anni. Si conferma così, ancora una volta, la crescente sensibilità in materia di riciclaggio dei rifiuti, che caratterizza tanto i singoli cittadini, quanto società ed aziende, sempre più attente ed interessate ad una produzione che possa essere ambientalmente sostenibile. Si pensi ad esempio ad un soggetto come l’O-I, membro di FEVE, che da sempre si occupa del packaging in vetro e che dallo scorso anno sta portando avanti il progetto di LCA (Life Cycle Assessment) per il vetro, seguendo il ciclo di vita completo di un contenitore, dall'estrazione delle materie prime fino al suo riuso o al riciclo. In cima alla classifica stilata da FEVE dei Paesi maggiormente virtuosi troviamo Svezia, Svizzera, Austria, Belgio e Olanda, nei quali il recupero di vetro arriva oltre il 90%, ma anche nelle altre nazioni si avverte in modo sempre più profondo la volontà dei singoli governi di implementare tecnologie e metodi organizzativi volti ad una migliore gestione della raccolta differenziata. È stato infatti registrato che in Europa oltre il 74% dei consumatori europei preferisce gli imballaggi in vetro, scelta che trova conferma anche in Italia, dove il 62% dei consumatori opta per le confezioni di vetro quando si tratta di cibi o bevande.

IN PUGLIA STANZIATI FINANZIAMENTI PER RICICLO E BONIFICHE Ammonta a 18 milioni di euro la cifra stanziata dalla Regione Puglia in favore delle Amministrazioni comunali per il “miglioramento della gestione del ciclo integrato dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”: l’individuazione degli interventi da realizzare è stata effettuata in seguito ad una serie di procedure negoziali con l’Area Vasta Brindisina, Metropoli Terra di Bari, La Città Murgiana, Lecce, Valle d’Itria e Tarantina. Ad essere oggetto degli interventi saranno la città di Lecce (bonifica della discarica ex Saspi, € 520.638,25), Squinzano (bonifica della discarica Rsu, € 1.062.969,76), Calimera (bonifica della discarica in località Ponzio, € 844.301,70), Melendugno (bonifica della discarica

8

Anno 4 - Numero 14

in località Larghi, € 607.411,28); infine per l’Area Vasta Brindisina sono stati stanziati € 2.949.498,00 (2 interventi), per Metropoli Terra di Bari € 4.588.480,39 (4 interventi), per La Città Murgiana € 2.093.000,00 (4 interventi), per Valle d’Itria € 2.377.000,00 (2 interventi) e per quella Tarantina € 3.373.134,00 (3 interventi). Le operazioni saranno rivolte al raggiungimento dei seguenti obiettivi principali: il potenziamento e l’ammodernamento delle strutture dedicate alle raccolte differenziate; il potenziamento della rete impiantistica dedicata al trattamento e valorizzazione delle frazioni rivenienti dalla raccolta differenziata; il completamento della dotazione impiantistica di base per il trattamento della frazione residuale dei rifiuti urbani; la bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale e regionali, che prevede l’attivazione di iniziative riferite a interventi di caratterizzazione, bonifica e/o Misp (messa in sicurezza permanente) e Mise (messa in sicurezza di emergenza) di siti potenzialmente contaminati.

RIPULIRE LA LOMBARDIA DALL’AMIANTO: IL NUOVO PROGETTO PROMOSSO DALLA REGIONE

La presenza di siti contaminati da amianto è una realtà che caratterizza molte zone della nostra penisola ed è proprio per rispondere ad una situazione altamente rischiosa che la Regione Lombardia ha deciso di portare avanti una battaglia normativa che porti all'apertura di discariche e ospedali per quanti hanno contratto malattie legate all'amianto, in primis il mesotelioma. In questa regione, infatti, sono complessivamente 44.004 i siti (case, ospedali, capannoni, palestre, scuole e centri anziani) in cui è stata registrata la presenza di amianto: di questi 28.061 sono ancora da bonificare, 8.566 in fase di bonifica e, secondo l'ultimo piano regionale, sarebbero ancora 62 i siti pubblici con priorità di interventi di decontaminazione. Il punteggio ad ognuno di essi è stato assegnato in base a canoni che tengono conto della friabilità, della pieghevolezza delle strutture, del loro posizionamento e del tipo di edificio. In base a quanto esposto nel progetto, la precedenza verrebbe assicurata a tutti quei comuni che richiedono sostegno per il ripristino di strutture a funzione pubblica, e accanto agli interventi veri e propri, è in via di programmazione una campagna informativa volta alla sensibilizzazione sul problema della contaminazione da amianto. Per il primo firmatario della legge, il consigliere Giuseppe Villani “ci sono tutte le premesse affinché, entro il 2016, sia possibile bonificare la maggior parte dei siti pericolosi e inquinanti. Oltre alle bonifiche sarà, però, anche necessario introdurre interventi di monitoraggio da parte dell'Asl, al fine di garantire la sicurezza e la salute dei cittadini”. Sulla base dei dati raccolti in collaborazione con Arpa, i primi siti a cui la legge assegnerà interesse prioritario sono quello del condominio Alben, in provincia di Bergamo e quelli di ospedali, come il Salvini-Corberi di Limbiate e di Garbagnate; ancora in testa alla classifica Sesto San Giovanni con nove siti, seguito poi da Varese con quattro e da Broni con tre.



s to r i a di co p e rt i n a

ORO NERO, AMBIENTE E BONIFICHE Saipem ci propone uno sguardo a 360° sul settore delle bonifiche nel mercato della raffinazione e dell’oil & gas ripercorrendo esperienze a livello mondiale e puntando all’innovazione tecnologica di Massimo Viarenghi

C

on un’esperienza tecnica e operativa maturata nel corso degli anni ed un aumento di dimensioni dato dalla recente acquisizione di alcune società di ingegneria, oggi Saipem rappresenta una delle maggiori società internazionali di ingegneria e costruzione, al servizio prevalente dei mercati dell’oil & gas, della raffinazione e della petrolchimica, settori particolarmente critici dal punto di vista ambientale. La società impiega oltre 7.000 ingegneri e, a dimostrazione del profilo altamente internazionale, le sue attività si snodano attraverso cinque centri di esecuzione dei progetti con sedi a San Donato Milanese, Roma, Fano, Parigi e Chennai nonché attraverso numerosi centri di ingegneria di medie dimensioni. Un così articolato sistema di centri dediti alla progettazione e al project management consente alla Società di coniugare un’elevata qualità di esecuzione con costi competitivi sul mercato mondiale. Nell’ottica dello sviluppo sostenibile una grande importanza viene attribuita alle energie rinnovabili e alle attività ambientali, per le quali Saipem offre tecnologie innovative applicate alla bonifica, alla decontaminazione di siti industriali dismessi, all’abbattimento di emissioni nocive, al trattamento delle acque, investendo inoltre nella realizzazione di impianti per la produzione di energia da risorse rinnovabili (solare, eolico e biomasse) e da rifiuti. Per comprendere meglio le attività di Sai-

10

Anno 4 - Numero 14

pem ed avere un quadro più preciso di come il settore oil & gas si interfacci con la salvaguardia dell’ambiente abbiamo intervistato il Dott. Paolo Carrera, responsabile commerciale della linea Ambiente ed Energie Rinnovabili all’interno della Business Unit Engineering & Construction di Saipem. Dott. Carrera, può delinearci, in breve, il profilo di Saipem ed il ruolo che riveste all’interno di Eni? Saipem, EPC Contractor che vede in Eni il suo azionista di maggioranza, rappresenta un’azienda leader mondiale del settore dell’oil & gas, con circa 40.000 dipendenti di oltre 115 nazionalità diverse. Recentemente la Società si è organizzata in due grandi unità di business, la prima, Engineering & Construction, con al suo interno le competenze distintive per quanto riguarda l’Onshore e l’Offshore, e la seconda che, invece, si occupa del Drilling, un business specifico caratterizzato da un insieme di asset in grado di consentire lo svolgimento di attività di perforazioni petrolifere sia a terra che a mare. In Italia Saipem impiega circa il 10% dell’organico complessivo e nel nostro Paese sono tre i centri di riferimento più

importanti: San Donato Milanese, Fano e Roma. Saipem, inoltre, ha recentemente acquisito ed incorporato Snamprogetti, società ingegneristica di eccellenza dell’Eni, che rappresenta oggi la struttura tecnico-operativa e gestionale dedicata ai progetti Onshore. Per quanto riguarda la linea “Environment & Renewable”, all’interno della quale, dopo essere stato responsabile Operations, ora svolgo il ruolo di responsabile commerciale, è stata istituita tre anni fa e costituisce una linea di business che si occupa in modo specifico di ambiente ed energie rinnovabili. Le attività che portiamo avanti sono localizzate a livello ingegneristico e gestionale principalmente nelle aree geografiche di Fano e di San Donato Milanese e si basano sulle competenze di circa 230 specialisti, affiancati dal network di oltre 7.000 ingegneri di cui la business unit dispone nelle sedi non solo italiane, ma anche straniere, come quella


di Parigi in Francia o di Chennai in India. Più in generale, al di là delle attività prettamente dedicate alle bonifiche, le tematiche ambientali di cui ci occupiamo con particolare attenzione sono legate alla prevenzione dell’inquinamento, al trattamento dei pollutant in fase gassosa, alla gestione dello zolfo solido, ai progetti di trattamento, cattura e reiniezione della CO2 e all’impiantistica ambientale intesa a tutto tondo, con la realizzazione di grandi impianti di trattamento acque sia di processo che di falda. Come si sono consolidate in Saipem le competenze di tipo ambientale? Saipem è un’azienda multidisciplinare e al suo interno trovano spazio linee di business quali: petrolchimica, upstream, downstream, power, sistemi di trasporto e infrastrutture ma, da qualche anno, abbiamo anche un settore dedicato specificatamente all’ambiente e alle rinnovabili. Le competenze legate a tali tematiche provengono sostanzialmente da tre realtà distinte, che hanno messo insieme le proprie esperienze individuali per dar vita ad un gruppo composito e capace di affrontare problematiche diverse. Si tratta di Aquater, società di Snamprogetti, localizzata a Fano e già dotata di un’esperienza di tipo internazionale, di un ramo d’azienda della società Ambiente, sempre inserita nell’orbita Eni ma di proprietà di Syndial, e del settore Ecologia della ex Snamprogetti. Nel 2004 queste realtà si sono fuse in Snamprogetti e hanno dato vita ad un centro di eccellenza per le attività ambientali a tutto tondo che oggi costituisce la struttura operativa della linea business di Saipem. L’esperienza maturata in ambito internazionale vi ha sicuramente consentito di osservare realtà anche molto diverse da quella italiana. Nel campo normativo e nella gestione delle problematiche inerenti le bonifiche e i trattamenti dei siti contaminati, l’Italia è allineata agli altri Paesi? Ovviamente esiste un profondo gap tra i Paesi comunemente identificati come “in via di sviluppo” e le società industrializzate: la questione del risanamento è un problema per Paesi “ricchi” ed è una situazione normale se si pensa che, anche da noi, il maggior driver in fatto di bonifiche e tutela ambientale è stato dato dalla normativa peraltro recente anche nel nostro Paese. Fuori dall’Europa, realtà in cui

leggi e standard sono sostanzialmente allineati, quando il cliente è rappresentato, ad esempio, da una National Oil Company si tende ad utilizzare gli standard europei più restrittivi, soprattutto in virtù di una questione etica, mentre le richieste che provengono dalle amministrazioni locali dei Paesi extraeuropei sono legate a normative meno stringenti, in particolar modo per quanto riguarda il risanamento dei siti contaminati, tematica nuova e ancora in via di sviluppo. Attualmente il nostro gruppo si sta occupando di questi aspetti in Kuwait, ma le iniziative proposte dagli enti locali sono legate quasi esclusivamente alle problematiche inerenti i danni di guerra, poiché nessuno, né il governo né le singole società, si pone come prioritario il problema del risanamento del territorio. Nei Paesi “poveri”, infatti, tanto la normativa sui rifiuti quanto quella relativa ai siti contaminati (ove esistenti), sono poco approfondite e, nella maggior parte dei casi, si decide di agire solo in seguito ad eventi accidentali. In queste occasioni i criteri adottati sono paragonabili a quelli vigenti nel nostro Paese ma, soprattutto in materia di bonifica di siti dismessi, le modalità di gestione sono molto meno vincolanti in termini di standard, tempistiche ed obblighi. Ovviamente a rivestire un ruolo di primo piano in questo settore sono, come sempre, gli Stati Uniti, Paese che ha fatto scuola in materia tecnologica e normativa e che è particolarmente avanzato dal punto di vista della negoziazione e concertazione tra i diversi soggetti coinvolti

(il proprietario del sito, la società di bonifica ambientale, il settore del “Real Estate”, società di assicurazione e ovviamente gli enti pubblici). In questo senso l’Italia negli ultimi anni ha già fatto sensibili progressi con il passaggio dall’approccio tabellare all’applicazione dell’analisi di rischio, ma ancora oggi è molto difficile sedersi ad un tavolo con un’amministrazione pubblica e trovare un accordo per un risanamento che sia sostenibile dal punto di vista economico e che preveda allo stesso tempo il ripristino e la valorizzazione dell’area. Come sempre nel nostro Paese è la definizione di tempi, costi ed obiettivi di bonifica a rappresentare il problema che troppo spesso inficia la realizzazione dell’intervento stesso e quindi la successiva valorizzazione dell’area. A suo avviso, dal punto di vista normativo, ci sono possibilità concrete di andare verso una maggiore certezza di costi, tempi e obiettivi? Negli ultimi anni sono sicuramente stati fatti molti passi avanti in questo senso e ciò che può rappresentare probabilmente una svolta è l’attuale possibilità di definire e realizzare in tempi certi i cosiddetti Accordi di Programma, di cui si è già iniziato a parlare con successo ad esempio in Toscana e in Sardegna. Questi costituiscono una valida ed efficiente modalità per mettere a punto un sistema in grado di coniugare il territorio, l’imprenditoria per la valorizzazione ambientale e la committenza che ha a che fare con il problema da risolvere; ma

Gela (CL) - Impianto Ensolvex – Bonifica organici recalcitranti tramite estrazione con solvente e bioventing

11


s to r i a di co p e rt i n a

Priolo (SR) - Impianto TAF – Messa in sicurezza e impianto trattamento acque di falda

ciò che ancora manca in Italia rispetto agli altri Paesi è l’attenzione sui temi inerenti la sostenibilità dell’iniziativa industriale. All’interno della vostra linea di business, a che livello e con quali risultati investite nelle nuove tecnologie legate alla bonifica e alle energie rinnovabili? Nonostante la nostra società abbia un carattere sostanzialmente operativo, l’interesse e l’attenzione allo studio e alla sperimentazione di nuove tecnologie sono avvertiti in modo profondo. Saipem, ad esempio, sta investen-

do molto nelle tematiche ambientali legate alla prevenzione della contaminazione e stiamo mettendo a punto, anche con coperture brevettuali, tecnologie per la gestione dello zolfo solido e per grandi progetti di CCS (Carbon Capture and Storage). Per quanto riguarda gli aspetti inerenti il risanamento, invece, insieme ad enti nazionali ed internazionali stiamo testando nuove tecnologie rivolte al settore delle contaminazioni miste e a quello dei sedimenti contaminati, dove troviamo inquinamento da sostanze organiche e inorganiche in situazioni

Genna Luas, Iglesias (CA) - Fasi di realizzazione della discarica per rifiuti speciali

12

Anno 4 - Numero 14

anche molto complesse. Un fiore all’occhiello che Saipem è riuscita a portare avanti a livello industriale e che ho seguito personalmente a livello di ricerca è rappresentato dalla realizzazione, a Gela, di un impianto di estrazione con solvente di terreni contaminati da idrocarburi, funzionante tramite una tecnologia proprietaria messa a punto nei laboratori Eni. Cambiando decisamente argomento e parlando della recente catastrofe ambientale che si è verificata nel Golfo del Messico ritiene che dal punto di vista tecnico sarebbe stato possibile evitarla o tutto si è svolto nel pieno rispetto delle regole? Premesso che l’estrazione, il trasporto e la raffinazione di idrocarburi di origine petrolifera sono attività che possono comportare rischi, sono tuttavia convinto del fatto che sia possibile minimizzare tali rischi utilizzando mezzi intrinsecamente sicuri, protetti da più dispositivi ad ogni livello. Saipem nel mondo ha oggi in attività oltre 120 mezzi di perforazione, tra terra e mare, dotati dei più sofisticati sistemi di sicurezza come ad esempio il posizionamento dinamico guidato da satellite. Per quanto riguarda l’evento avvenuto nel Golfo del Messico, le regole non erano adeguate, non sono state rispettate o c’è stato errore umano. Il problema è che troppo spesso per queste attività la logica del business e dell’interesse economico prevale sulla sicurezza e sulla tutela ambientale, generando conseguenze che con la tecnica hanno ben poco a che fare. In seguito a questi incidenti, Eni ha preso dei provvedimenti o apportato accorgimenti e modifiche particolari sulle sue piattaforme petrolifere? Certamente. In questo periodo Eni, così come altre grosse compagnie del settore, si sta muovendo su due fronti principali: quello impiantistico, in merito al quale Saipem sta investendo su nuovi modelli di ROV, robot capaci di lavorare ad altissime profondità e pressioni, e quello della prevenzione, con la realizzazione e l’approntamento di sistemi di oil spill response in grado di attivarsi in tempi rapidi. Come vedete il mercato delle energie rinnovabili nel prossimo futuro italiano? Per affrontare questa tematica è necessario uscire dai confini italiani e tracciare un quadro che tenga conto di scenari energetici a livello


Terrarossa, (GR) 1930 – 2010 – Bonifica e ripristino ambientale del terminale marino per l’esportazione via mare della pirite proveniente dalle miniere dell’entroterra

internazionale. Un recente articolo (Jacobson and Delucchi, Energy Policy, Elsevier 2010) dimostra la fattibilità tecnico-economica di sostituire nel 2050 le fonti energetiche convenzionali con fonti rinnovabili; intervenendo in modo significativo sul cambiamento climatico e sull’inquinamento di suolo ed aria; tuttavia per rendere attuabili questi scenari sarebbe necessario mettere in atto progetti che, nono-

stante costituiscano le basi imprescindibili per un futuro sostenibile, non hanno oggi una strategia politica globale di tipo unitario. Per realizzare ad esempio grandi progetti come quello di installare nelle regioni desertiche del Nord Africa un network di impianti ad energia solare che possa alimentare la rete europea attraverso grandi elettrodotti sottomarini, sarebbe necessaria una comunità di intenti e di politiche

energetiche che, anche alla luce dei recenti eventi geopolitica, sono ben lungi dall’essere realizzabili. Solo una politica lungimirante e sovranazionale può portare a costruire per il futuro un mix energetico più sostenibile che, avvantaggiandosi dei progressi tecnologici, possa rendere davvero competitiva l’energia da fonti rinnovabili anche in assenza di tariffe o meccanismi di incentivazione economica.

Produzione, noleggio e vendita tendostrutture per coperture industriali, bonifiche e stoccaggio

CSC Allestimenti srl, via Rossini 78, Sesto San Giovanni (MI), T. 02 26 26 36 27, info@gruppocsc.it

www.gruppocsc.it

Un tetto ovunque 13


at t ua l i tà

RISULTATI E OBIETTIVI FUTURI PER IL RECUPERO E IL RICICLO DEGLI IMBALLAGGI PREVENZIONE, QUALITà, SENSIBILIZZAZIONE E COMUNICAZIONE SONO LE PAROLE D’ORDINE DI UNO DEI CONSORZI PIù GRANDI D’EUROPA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI DA IMBALLAGGIO di Tina Corleto

I

l Conai - Consorzio Nazionale Imballaggi - è l’organismo italiano nato per gestire e promuovere il riciclo e il recupero dei rifiuti di imballaggio prodotti sul territorio nazionale dalle imprese e utilizzati dai cittadini. è un organismo privato senza fini di lucro costituito da produttori e utilizzatori di imballaggi che, per conto delle imprese consorziate, garantisce il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclo di rifiuti da imballaggio previsti dalla legislazione europea e recepiti nella normativa nazionale. Il consorzio è stato istituito nel 1997 dalla legge Ronchi, la quale ha delegato a Conai il compito di garantire il passaggio da un sistema di gestione fondato sulla discarica a un sistema integrato basato sul recupero e sul riciclo dei rifiuti da imballaggio. Integrando al suo interno tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo, trattano questa tipologia di rifiuti, siano essi produttori di materia prima o di imballaggi, utilizzatori industriali o commerciali, Conai rappresenta una delle realtà più grandi in Europa e può vantare al suo interno oltre 1.400.000 consorziati. Per comprendere meglio risultati, obiettivi e prospettive della filiera degli imballaggi abbiamo parlato con il Dott. Walter Facciotto, Direttore Generale del Conai.

14

Anno 4 - Numero 14

Dott. Facciotto, nel mese di aprile, come ogni anno pubblicherete la relazione relativa alla gestione del 2010. Ci può anticipare qualche dato sui risultati ottenuti e se questi siano o meno in linea con gli obiettivi che vi eravate prefissati? Per quanto riguarda il 2010, in termini di imballaggi immessi al consumo, sebbene i valori non siano ancora definitivi, si parla di più di 11 milioni di tonnellate complessive. Partendo da questo dato si calcola che circa il 65% di questi imballaggi è stato avviato a riciclo. Se consideriamo inoltre la quota di recupero energetico, il valore aumenta ulteriormente, raggiungendo addirittura il 75%. In base a questi dati possiamo quindi affermare che, globalmente, tre imballaggi su quattro immessi sul territorio nazionale vengono avviati a riciclo, risultato importante che supera ampiamente l’obiettivo di legge fissato nel 2008 al 55%. La normativa prevede inoltre degli obiettivi differenziati in base al materiale che sono: 50% per i metalli, 60% per la carta e il vetro, 26% per la plastica e il 35% per il legno. Per quanto riguarda l’anno passato possiamo tranquillamente dire di aver addirittura superato gli obiettivi anche a livello di suddivisione merceologica.

Questi sono risultati davvero incoraggianti se si pensa che nel 1998, anno in cui il Conai è diventato operativo, la percentuale di imballaggi che veniva conferito in discarica era poco meno del 70%: dopo undici anni la situazione è completamente ribaltata, dimostrando che il sistema da noi sperimentato è risultato, nel corso del tempo, estremamente efficace.

Dott. Walter Facciotto, Direttore Generale del Conai


Avendo quindi superato gli obiettivi imposti dalla normativa, quali sono i nuovi traguardi che vi siete proposti per gli anni futuri e quali le linee di intervento definite? I principali obiettivi che ci siamo proposti di raggiungere nel 2011 sono due: il miglioramento della qualità del materiale raccolto e la prevenzione. Nell’ottica del miglioramento qualitativo in occasione dell’ultimo rinnovo, avvenuto alla fine del 2008, dell’accordo quadro stipulato con ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), i corrispettivi riconosciuti per i maggiori oneri della raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio sono stati ulteriormente differenziati in funzione della qualità del materiale. Ci teniamo infatti a sottolineare che la raccolta differenziata è solo un mezzo per raggiungere il fine ultimo rappresentato dal riciclo. Se, però, la raccolta non è sufficientemente qualitativa, ovvero fornisce materiale sporco, inquinato o non adeguatamente separato, nonostante i livelli di raccolta raggiunti siano elevati, le quantità di riciclo non sono altrettanto elevate. Ciò su cui puntiamo in questo senso è il miglioramento della qualità dei materiali, al fine di riciclare il maggior numero di imballaggi. L’aspetto della prevenzione invece, in linea con la normativa attuale, riveste oggi un’importanza fondamentale ed è per tale motivo che, oltre alle attività strettamente legate al riciclo, il nostro Consorzio sta portando avanti numerose iniziative di prevenzione legate alla fase di realizzazione degli imballaggi. Ciò a cui puntiamo è stimolare e sensibilizzare le imprese affinché trovino soluzioni che, fin dalla fase di progettazione dell’imballaggio e poi nel corso della sua realizzazione, siano maggiormente ecocompatibili, capaci di tener conto del fine vita dell’imballaggio stesso. Per promuovere questi temi, oltre ad una serie di strumenti di analisi messi a disposizione delle imprese, il Consorzio ha elaborato anche modalità di pubblicizzazione e promozione delle aziende più virtuose, come, ad esempio, la pubblicazione di un Dossier che raccoglie i casi virtuosi in materia di prevenzione o mediante il riconoscimento di attestazioni o premi che Conai conferisce direttamente alle imprese.

Evoluzione nella gestione dei rifiuti di imballaggio prodotti – previsione al 2011 (Fonte: Conai – Consorzi di filiera)

Finora abbiamo parlato di dati ed obiettivi a livello nazionale, ma considerando le differenze che spesso caratterizzano le varie zone del territorio italiano possiamo dare qualche dettaglio relativo alle tre macroaree del nostro Paese: Nord, Centro e Sud Italia? Parlando di raccolta differenziata la situazione italiana è sostanzialmente divisa in tre settori: un’Italia del Nord che mediamente, in termini di raccolta differenziata complessiva, raggiunge il 35-40%, una zona centrale che oscilla intorno al 20-25% e un Sud che si trova al di sotto del 20%. Questa è una fotografia generale che, ovviamente, si riflette anche a livello di raccolta degli imballaggi, per cui abbiamo un Nord che supera gli 85 kg per abitante, un Centro che si attesta intorno ai 50-55 kg ed un Sud che si ferma a 35-37 kg. In quest’ottica il nostro interesse è quello di sviluppare e promuovere la raccolta dei rifiuti da imballaggio nelle aree in ritardo, che non hanno ancora raggiunto gli obiettivi di raccolta differenziata e per le quali abbiamo messo a punto uno specifico piano operativo. Il supporto fornito da Conai ai Comuni si traduce principalmente in un supporto progettuale, di aiuto nelle fasi di start-up, che sono le più critiche dal punto di vista operativo e di comunicazione.

Il nostro Consorzio dunque, pur non avendo una responsabilità diretta nei processi di raccolta dei rifiuti, contribuisce profondamente allo sviluppo di una coscienza ecologica, sopportando anche costi economici che non sono direttamente legati alle sue competenze: in molte zone, infatti, soprattutto al Sud, non ci sono centri di riciclo dei rifiuti di imballaggio e questo impone la necessità di trasferire il materiale in altre regioni con costi logistici non indifferenti. Per quanto riguarda i diversi materiali è possibile avere un quadro degli scenari futuri considerando inoltre quelli che sono i trend del mercato? Nel complesso, la stima dell’incremento dell’immesso al consumo degli imballaggi nel 2010 si attesta intorno al 3%: un dato positivo se confrontato con quanto avvenuto nel 2009, dove, a causa della crisi economica, l’immesso al consumo di imballaggi ha subito un crollo di oltre il 10%, riportando in un solo anno il valore dell’immesso al consumo ai livelli di circa dieci anni fa. Oggi la situazione sta lentamente migliorando, anche se la ripresa economica appare lenta. Negli ultimi due anni è comunque importante segnalare lo sviluppo della raccolta differenziata nel Sud, dove questa, registrando un incremento del 20%,

15


at t ua l i tà

ha testimoniato un rinnovato impegno di numerose amministrazioni comunali, provinciali e regionali verso questo tema, stimolato, forse, anche dall’emergenza rifiuti in Campania. L’altro aspetto che vorrei porre in evidenza è legato al recente recepimento (fine 2010) della nuova direttiva dei rifiuti, la quale prevede che al 2020 almeno il 50% di alcuni materiali del flusso domestico come metalli, vetro e carta debbano essere raccolti e riciclati. Tale obiettivo costituisce, a nostro avviso, un traguardo importante a livello normativo, perché vengono posti obiettivi di riciclo e non solo di raccolta, esplicitando quanto noi abbiamo sempre sostenuto, cioè che la raccolta è un mezzo e non un fine. Il 2020 potrebbe sembrare lontano, ma se teniamo conto che, al momento, la raccolta

16

Anno 4 - Numero 14

differenziata complessiva a livello nazionale si attesta intorno al 25-27%, il raggiungimento dell’obiettivo è a dir poco ambizioso e occorrerà lavorare con costanza per poterlo conseguire. A livello europeo in che posizione si situa l’Italia in materia di riciclaggio e recupero? Rispetto a queste tematiche il nostro Paese è riuscito a raggiungere risultati davvero invidiabili, che lo pongono ad un livello molto alto all’interno del panorama complessivo europeo. Conai è stata in grado di mettere a punto un sistema economicamente ed ambientalmente sostenibile, che si caratterizza per l’attenzione rivolta ai costi di gestione e per la capacità di coinvolgere tutti gli attori della filiera (cittadini, amministrazioni, produttori, utilizzatori, ecc.), aspetto fortemente innovativo rispetto alle altre realtà europee. Il nostro sistema si distingue inoltre per la modalità di applicazione del contributo ambientale, che, nel nostro caso, attiva a monte e non a valle: il contributo ambientale Conai, infatti, viene applicato nella prima cessione dell’imballaggio dal produttore al primo utilizzatore, mentre nella maggior parte dei sistemi europei tale contributo è a valle, ovvero nel momento in cui l’imballaggio è immesso sul mercato. Conai è una delle più grandi realtà consortili in Europa. Portate avanti progetti e rapporti di collaborazione con consorzi simili in altri Paesi? Certamente. Per collegarci al più ampio panorama europeo, l’anno scorso Conai ha aderito all’associazione internazionale Pro Europe, che racchiude la maggior parte dei sistemi di gestione dei rifiuti da imballaggio a livello eu-

ropeo: pur avendo sempre avuto con essa un rapporto di collaborazione, il Consorzio ha deciso di entrare ufficialmente a farne parte sia perché le problematiche di gestione di questa tipologia di rifiuti sono sostanzialmente uguali in ogni Paese, sia perché, nell’attuale mondo globalizzato, abbiamo ritenuto opportuno essere seduti ad un tavolo europeo. Questo confronto è stato molto positivo e stimolante, da una parte perché ha permesso di aggiungere la nostra voce all’interno di un panorama più composito e allargato, dall’altra perché abbiamo potuto paragonare le modalità di gestione del mercato europeo con scenari anche molto diversi e geograficamente distanti. Parlando invece di comunicazione il Conai è famoso per le numerose campagne di sensibilizzazione e informazione sulla tematica dei rifiuti, ci può dire quali sono le iniziative con cui promuovete tra le aziende e le famiglie una cultura orientata al rispetto dell’ambiente? Ogni anno Conai sviluppa moltissime iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gestione degli imballaggi e dei rifiuti da imballaggio: numerose sono le iniziative ormai consolidate, come la campagna televisiva “Conai. Da cosa rinasce cosa” incentrata sull’importanza della raccolta e del riciclo, finalizzate a veicolare l’idea che è davvero possibile trasformare un rifiuto in una risorsa non solo per il Paese, ma anche per l’ambiente. Parallelamente svolgiamo attività di sensibilizzazione di tipo locale, coinvolgendo i Comuni in diverse iniziative, portando avanti attività di formazione per i giovani, anche attraverso particolari accordi con il Ministero dell’Ambiente e dell’Istruzione.


IL DIFFICILE RAPPORTO TRA DANNO AMBIENTALE E CONTAMINAZIONE Dalla tavola rotonda del Sicon, opinioni e punti di vista degli esperti del settore su problematiche interpretative e di coordinamento tra due aspetti della stessa normativa di Maeva Brunero Bronzin

S

i è conclusa lo scorso 12 febbraio l’edizione 2011 del workshop Sicon, dedicato alle bonifiche dei siti inquinati e al delineamento di un quadro tecnico-operativo sulle metodologie innovative messe a punto fino ad oggi in questo settore. Come lo scorso anno all’interno dei numerosi interventi in programma sono state esposte specifiche esperienze e casi di studio relativi al risanamento e alla messa in sicurezza di aree contaminate: lo scopo principale perseguito dall’evento è stato, infatti, quello di offrire ai partecipanti una panoramica sui risultati più recenti raggiunti nelle tecnologie di trattamento di suoli, acque sotterranee e sedimenti contaminati e nella bonifica e nel recupero funzionale dei siti di discarica, fornendo al riguardo anche interessanti dettagli costruttivo-gestionali. Accanto alle presentazioni dei partecipanti, il Sicon ha organizzato, a conclusione della manifestazione, una stimolante tavola rotonda dedicata al difficile rapporto tra il danno ambientale e le diverse situazioni di contaminazione: sono intervenuti economisti, giuristi, ingegneri e architetti, tutti esperti nel settore del risanamento ambientale. Mettendo insieme esperienze e punti di vista eterogenei, la tavola rotonda ha consentito di evidenziare aspetti e problematiche legati alle difficoltà

interpretative delle norme giuridiche e alla loro effettiva applicazione nella realtà di casi specifici. Riportiamo di seguito un estratto di alcuni degli interventi effettuati durante la tavola rotonda, introdotti e moderati dall’Avv. Mara Chilosi.

Mara Chilosi B&P Avvocati

Il rapporto tra il danno ambientale e le situazioni di contaminazione è uno dei temi più complessi e suggestivi che oggi si pongono all’interno della normativa ambientale. Per introdurre in modo completo e chiaro questa tematica, è però doveroso effettuare una premessa: quando i tecnici si avvicinano alle norme ambientali rimangono stupiti del fatto che alcune disposizioni precludano la possibilità di effettuare scelte di buon senso o opzioni che dal punto di vista tecnico sembrerebbero doverose. Questo dipende soprattutto dal fatto che le norme ambientali nascono troppo spesso dall’ottemperamento di diversi interessi: non solo quelli del tecnico, o del giurista, ma anche quelli della collettività, cosicché spesso vengono raggiunti dei compromessi che possono intralciare il progresso scientifico o tecnologico.

Dal punto di vista giuridico il problema è che la normativa ambientale, in particolare il TUA, contiene due normative distinte: una di carattere generale che riguarda il risarcimento del danno ambientale e una di carattere specifico che riguarda la bonifica dei siti contaminati, generando una reale difficoltà di coordinamento tra queste due norme, che spesso, come nel caso di siti contaminati, si sovrappongono. La prima stabilisce che nel caso di danno ambientale si è obbligati ad un risarcimento in forma specifica, cioè tramite un ripristino della situazione antecedente all’evento di contaminazione; inoltre essa pretende l’adozione di misure decontaminatorie che siano realmente in grado di riportare l’area alle condizioni originarie, obiettivo molto più ambizioso di quello previsto dalla normativa dei siti contaminati. Laddove questa forma di risarcimento non fosse possibile, il legislatore ammette misure compensative complementari oppure il risarcimento patrimoniale, cioè monetario. La normativa sulla bonifica dei siti contaminati prevede, invece azioni tese a contenere o, per quanto possibile, eliminare situazioni di con-

17


at t ua l i tà

taminazioni specifiche su determinate matrici all’interno di un sito. Ovviamente nel momento in cui la parte della norma generale di risarcimento ambientale che pretende il ripristino si sovrappone a quella sulla bonifica si pongono problematiche di coordinamento difficilmente risolvibili. In questi casi l’interpretazione normalmente accettata è che la norma sul danno ambientale sia residuale rispetto a quella sulle bonifiche e che quest’ultima disciplini le modalità con cui un sito contaminato debba essere ripristinato. Il problema è determinato dal fatto che la prima si applica a valle degli interventi di bonifica per quello che il legislatore definisce il “danno residuo”, che comprende anche, come affermato dalla Cassazione penale, le perdite provvisorie, ovvero le minori risorse e servizi ambientali di cui la popolazione di riferimento può godere durante il tempo della bonifica. Un ulteriore problema di coordinamento nasce dal fatto che il concetto di “bene ambientale” ai fini della normativa sul risarcimento del danno ambientale è un concetto molto più complesso ed ampio di quello di “ambiente”, rilevante ai fini della disciplina sulle bonifiche. Questo, infatti, ha a che fare non soltanto con le singole matrici ambientali - suolo, acque superficiali e acque sotterranee - ma con il bene ambiente considerato anche in riferimento all’uso che la collettività di riferimento fa di questa risorsa. Quindi, nel momento in cui il legislatore afferma che la normativa sul risarcimento del danno ambientale si applica dopo gli interventi di bonifica, per quanto riguarda il danno ambientale residuo crea dei problemi di natura giuridica ed economica e obbliga ad una serie di operazioni di non semplice realizzazione: individuare i criteri per stabilire quando è permanente un danno ambientale significativo dopo un intervento di bonifica, i criteri con cui determinare quel danno e infine i criteri con cui risarcirlo secondo la normativa sul danno ambientale. Un aspetto importante in fase di determinazione del danno residuo consiste nel controllare non solo se sono stati effettivamente abbattuti gli inquinanti come previsto dall’intervento, ma anche che non si siano creati ulteriori danni derivanti dalle tecnologie selezionate.

18

Anno 4 - Numero 14

Come risolvere un problema così complesso? Innanzitutto si deve ricercare il risarcimento in forma specifica mediante la bonifica del sito contaminato ed in seguito diventa necessario verificare l’esistenza di un danno residuo e, se questo è presente, capire quali sono le diverse modalità per poterlo risarcire. La scelta più corretta consiste nel realizzare una forma di ripristino che non sarà più rappresentata dalla bonifica, ma dall'adozione di misure di compensazione che possono consistere, laddove un uso del sito contaminato sia ormai precluso, nel restituire alla collettività dei siti alternativi attraverso la riqualificazione di altre aree, la creazione di parchi, piantumazioni, ecc. Infine, se anche queste misure non consentono di risarcire completamente il danno, si passa al risarcimento monetario. In quest’ottica, se permane un danno da risarcire, questo inciderà anche sui criteri di selezione delle tecnologie di bonifica: tenendo conto di questa normativa, nel decidere se un determinato intervento è sostenibile, è necessario riflettere sul fatto che al termine della bonifica ci potranno essere dei danni residuali da risarcire e che risulterebbe quindi necessario che tali costi vengano messi a budget dell’intervento di bonifica. Affrontando quindi la scelta delle tecnologie da utilizzare durante le operazioni di bonifica, il D.Lgs. 152/06 offre al tecnico lo strumento dell’analisi di rischio, cioè una definizione mobile delle soglie a seconda del sito di riferimento e anche la soluzione della messa in sicurezza per i siti ancora in esercizio, soluzioni sicuramente molto valide e reclamate in Italia dalla comunità scientifica, che però lasciano aperta la questione del danno ambientale al termine della bonifica. Sul danno ambientale si distinguono le misure compensative da quelle complementari. Le prime sono quelle che vanno a risarcire alla collettività le perdite provvisorie, poiché mentre il sito è messo in sicurezza o comunque durante le attività di bonifica è necessario fornire alla comunità di riferimento altre risorse naturali. Le misure complementari, invece, sono quelle che tendono a riparare le perdite definitive, e consistono perciò in mi-

sure che vengono associate ad operazioni di bonifica vera e propria. Se con la bonifica non si riesce a riportare l’area alle condizioni originarie, allora si deve necessariamente andare ad intervenire in aree limitrofe con interventi di risanamento che possano rendere idoneo il nuovo sito alle attività precedentemente svolte nel sito contaminato.

L aura Castellucci

Università degli Studi di Roma Tor Vergata

In quanto macroeconomista mi riferirò al danno ambientale sempre in relazione al rapporto tra questo e la collettività - italiana, europea, mondiale – sul cui territorio il danno è stato arrecato. Affrontando il problema da questo punto di vista, il verificarsi di un danno ambientale viene ad essere individuato nella riduzione del benessere di una determinata collettività, cosicché la sua definizione monetaria dovrà necessariamente prendere in considerazione una serie di aspetti legati a tale rapporto. Una volta effettuata la valutazione economica del danno, l’impegno deve essere quello di riportare il benessere della collettività ad un livello almeno uguale a quello precedente il verificarsi del danno stesso. Il problema che si pone a questo punto consiste nel valutare se, attraverso queste decisioni giuridiche, sia stato messo in moto un meccanismo virtuoso di lungo periodo o un meccanismo che nel tempo non è in grado di mantenere tali risultati. In se stessa, infatti, la bonifica non porta dei risultati su lungo periodo, perché è un rimedio a posteriori di un danno che non doveva essere provocato: l’obiettivo di lungo periodo dovrebbe invece consistere nella tutela preventiva delle risorse naturali, delle quali dovrebbe essere fatto un uso attento e consapevole. La bonifica, o in generale il rimedio a posteriori, innesca, infatti, un meccanismo in cui gioca un peso determinate l’interesse economico, poiché, ad esempio, se l’inquinamento venisse eliminato alla radice la domanda di apparecchiature di depurazione crollerebbe, producendo danni ingenti a livello di mercato. In Europa nel penultimo rapporto European Environmental Agency


si contavano circa 800mila siti contaminati, ma nell’ultimo rapporto questi sono arrivati addirittura a 3 milioni. Una crescita clamorosa se si pensa che, dall’altra parte, in 30 anni solo 80mila siti sono stati decontaminati, con una spesa procapite di soli 12 euro annui. Un altro dato preoccupante è che per la bonifica di questi siti sono stati utilizzati per il 35% fondi pubblici, quando invece, secondo il principio di “chi inquina paga”, dovrebbero essere i privati, responsabili dell’inquinamento, a farsi carico degli interventi di risanamento. Inoltre, secondo dati forniti dalla sezione ambientale Nazioni Unite, nel 2008 i danni ambientali prodotti dall’attività umana nel mondo sono stati pari a 1 milione di miliardi di dollari, di cui 1/3 provocato dalle società quotate in borsa. Dal punto di vista economico queste riflessioni si agganciano ad una serie di problematiche legate al PIL, il prodotto interno lordo: il benessere di una determinata comunità infatti viene generalmente calcolato in base al PIL, ma questa operazione è scorretta in quanto il PIL misura esclusivamente il valore del flusso di produzione realizzato in un anno. Quando si attua una bonifica o si ripara ad un disastro naturale il PIL cresce, ma il benessere della popolazione rimane invariato o, nella maggioranza dei casi diminuisce, andando così ad innescare un meccanismo perverso in cui i soli aspetti che contano sono quelli del profitto. Da questo punto di vista quindi, o iniziamo a misurare il benessere in altro modo, oppure dobbiamo considerare che il danno ambientale non è altro che il valore del deprezzamento del capitale ambientale. Chiunque abbia un’impresa quando calcola il flusso di profitto toglie il deprezzamento del capitale, mentre in materia di bonifiche noi invece non consideriamo che stiamo deprezzando il capitale naturale.

Giovanni Pietro Beretta Università degli Studi di Milano

L’oggetto del mio intervento sarà quello di considerare le modalità in base alle quali il Ministero calcola il danno ambientale in relazione ai Siti di Interesse Nazionale (SIN).

All’interno dei siti di interesse nazionale il presupposto per poter intervenire sul danno ambientale è costituito dall’Accordo di Programma che viene stipulato tra soggetti pubblici e privati, i quali si impegnano a portare avanti l’intervento di risanamento in collaborazione tra loro e in accordo con gli obiettivi da raggiungere. Tale accordo viene predisposto dagli Enti locali e poi fatto passare al Comitato per la valutazione degli investimenti in campo ambientale che ha il compito di valutarne la congruità. La prima possibilità riguarda le transazioni tra pubblico e privato: in questo caso la transazione prevede la quantificazione del danno ambientale, e poiché gran parte dei siti di interesse nazionale sono siti costieri, si parla quasi sempre del costo della bonifica dei sedimenti. Tali costi sono stabiliti secondo criteri non standardizzati che possono prevedere trattative tra pubblico e privato e una volta stabilita la cifra si passa ad individuare gli oneri a carico del privato: quest’ultimo contribuisce in base alla superficie delle aree terra-mare, in base all’inquinamento che è presente all’interno dell’area (acque e terreni) e, infine, in base alle opere che possono aver determinato la contaminazione del sedimento (es. scarichi). La parte seconda delle transazioni riguarda le aree sotterranee: qui il privato deve contribuire ai costi cosiddetti di marginamento, che verranno distribuiti tra i vari soggetti in relazione ai metri quadri occupati dall’area interessata. È inoltre prevista la possibilità di una riduzione degli oneri del privato fino a un massimo del 50% della somma dovuta, possibilità che rappresenta una sorta di contributo pubblico per il miglioramento dell’ambiente. Un’ulteriore possibilità che viene data ai privati è quella di fornire una sorta di misura compensativa, consistente nella realizzazione di opere destinate al miglioramento ambientale con standard più elevati di quelli previsti dalla normativa: in questo modo il costo di investimento diventa un onere scomputabile dai costi per il danno ambientale e per la contaminazione delle aree. L’idea che sta alla base della soluzione offerta dalle misure compensative consiste nell’intro-

durre degli strumenti che diano luogo ad un guadagno di servizi per compensare la perdita derivante dalla contaminazione, una perdita forse recuperabile ma in periodi generalmente molto lunghi.

Sergio Marino ARPA Sicilia

In Sicilia siamo particolarmente interessati a queste problematiche perché sul nostro territorio abbiamo ben quattro siti contaminati di interesse nazionale. Quello su cui vorrei concentrare l’attenzione è il sito di Priolo, in cui sono in atto strategie per determinare un Accordo di Programma in base al quale dare avvio alle operazioni di bonifica. Negli obiettivi di bonifica devono essere definiti tempi, tecnologie e costi, ma l’intero iter burocratico e la difficoltà di concordare un programma unitario fa sì che, nei trent’anni in cui ho lavorato in Regione, io non sia ancora riuscito ad assistere ad operazioni di bonifica, bloccate non soltanto da fattori economici, ma proprio dalla difficoltà di condividere obiettivi comuni: i problemi si creano soprattutto in merito alla decisione del budget per l’intervento, che costituisce il passo più complesso e genera profonde divergenze tra l’amministrazione pubblica e i soggetti privati responsabili dell’inquinamento dell’area. In quest’ottica è assolutamente indispensabile trovare soluzioni adeguate che consentano il ripristino della condizione di partenza di questi siti e che restituiscano al cittadino aree che, in ogni caso, non torneranno più ad essere quelle di una volta. Risulta dunque necessario che vengano imposti tempi certi di bonifica, capaci di garantire un’ultimazione di lavori rapida ed efficiente, ed impedire che col tempo le situazioni di contaminazione divengano ancora più critiche.

Gianni Andreottol a

Università degli Studi di Trento

E’ stato messo in evidenza un aspetto a mio avviso fondamentale, ovvero il problema, oggi molto attuale, relativo ai tempi di decisione e realizzazione degli interventi di risanamento:

19


at t ua l i tà

questi dovrebbero essere più brevi e più certi ed è sconcertante pensare che fino ad oggi sono state spese enormi quantità di risorse per lavori che non sono ancora ultimati. Inoltre in molti SIN siamo ancora alle prese con attività di caratterizzazione che hanno determinato spese ingenti e talvolta immotivate. Per quanto concerne il danno ambientale, il problema relativo alle tecnologie è a mio avviso duplice: oggi siamo in possesso e possiamo sfruttare tecnologie in situ che, se da un lato hanno il vantaggio di limitare l’escavazione, dall’altro non sempre sono in grado di garantire in modo assoluto di raggiungere le CSR. Tale mancato raggiungimento è talvolta determinato anche da un tempo di bonifica che si prolunga per moltissimi anni, inficiando quelle che erano le iniziali quantificazioni del danno. Mi sembra importante, infine, porre l’attenzione su un ultimo aspetto che non è stato preso in considerazione a livello normativo, ovvero la problematica inerente alle vecchie discariche, per le quali

20

Anno 4 - Numero 14

la normativa non stabilisce in modo chiaro e definitivo quale sia il soggetto che si deve fare onere delle spese di bonifica necessarie a riparare il danno ambientale. Ciò accade non soltanto per le vecchie discariche, ma anche per quelle attuali destinate in futuro a diventare siti contaminati. Al fine di arginare questi problemi sarebbe a mio avviso necessario introdurre almeno una tassa finalizzata a compensare la cittadinanza e lo stato del futuro danno.

Alberto Giulio Bernstein Thetis S.p.A.

Un aspetto fondamentale che spesso viene lasciato a margini di queste discussioni, è a mio avviso l’idea che lo scopo principale dell’identificazione del danno ambientale dovrebbe essere l’individuazione di una soluzione ai problemi e non soltanto l’identificazione dei colpevoli: la prima cosa che la macchina normativa deve definire sono delle procedure accettabili e delle soluzioni efficaci e realizzabili. Mi sembra che

questo approccio non venga quasi mai seguito ed invece è necessario introdurre alcune modifiche importanti in senso migliorativo. Innanzitutto dovremmo smettere di procedere con un atteggiamento schematico, perché questo ci porta a scegliere delle vie non produttive: tentare di bloccare la dispersione dell’inquinamento causato dalle fabbriche, ad esempio, è un’operazione costosa e in definitiva quasi inutile, perché non risolve il problema e può determinare conseguenze molto gravi. L’approccio che invece dovremmo portare avanti è un processo a step, in cui si tenta di risolvere i problemi in modo progressivo, uno alla volta, senza pretendere di affrontarli immediatamente nel loro complesso. Se è impossibile ripristinare il danno perché le risorse economiche sono limitate, è però necessario impegnarsi per trovare soluzioni efficaci che permettano di garantire la convivenza della collettività con le diverse situazioni di danno causate dai propri predecessori.


IL REAL ESTATE APPRODA A MILANO, CON NUOVI PROGETTI E INIZIATIVE TORNA PER LA SUA VII EDIZIONE EIRE, TRE GIORNATE PER CONFRONTARSI SU INVESTIMENTI IMMOBILIARI, MARKETING TERRITORIALE, SOCIAL HOUSING, RETAIL, TURISMO E LOGISTICA di Maria Beatrice Celino

S

i terrà dal 7 al 9 giugno a Milano la VII edizione di Eire - Expo Italia Real Estate - l’evento internazionale dedicato al Real Estate dell’intera area mediterranea. Distribuito nell’arco di tre giornate il programma della fiera prevede una vasto numero di incontri dedicati ai settori retail, social housing, stadi e logistica, che costituiranno un’occasione di scambio tra i vari soggetti partecipanti: l’obiettivo principale che l’evento si propone consiste, infatti, nell’offrire ai visitatori la possibilità di intrecciare nuovi rapporti, consolidare relazioni già esistenti, presentare la propria professionalità e i propri progetti, confrontandosi con le nuove tendenze del mercato. Importanti investitori provenienti dall’Italia, dall’Europa, dall’America e dal Far East parteciperanno al convegno inaugurale dal tema “Quali condizioni per investire in Italia e in Europa”, attraverso il quale saranno messe in luce sia le opportunità economicheurbanistiche che tale processo genera, sia le motivazioni che dovrebbero spingere un investitore ad interessarsi al nostro Paese e all’Europa in generale. Valorizzazione del Patrimonio Immobiliare Pubblico, Nuovo Governo del Territorio, Strumenti Finanziari per il Governo del Territorio, questi sono solo alcuni dei temi che saranno affrontati nel corso della fiera e a cui si aggiungerà la presenza di espositori e progetti

esteri provenienti dai Paesi dell’Area Balcanica, dell’America Centrale e Latina fino all’Area Mediterranea e Africana. EIRE si propone, infatti, come interlocutore tra molteplici nazioni e in questi anni ha svolto numerose "missioni imprenditoriali" fuori dall'Italia: alcuni progetti sono già stati portati a termini in zone come il Montenegro o la Turchia, mentre altri sono ancora in programma, come quelli in Nicaragua e in Brasile. Non a caso all’interno dell'evento saranno presenti 14 paesi espositori e le stime parlano di oltre 13.000 operatori professionali provenienti da circa 50 Paesi. Anche quest’anno, inoltre, Eire ospiterà la seconda edizione della “Social Housing Exhibition”, esposizione europea di progetti e modelli di social housing: le adesioni all’iniziativa sono già numerose ed in primo piano si colloca quella di Fondazione Housing Sociale, la più importante realtà italiana nello sviluppo e finanziamento di progetti di abitare sociale. Il social housing rappresenta uno dei settori più dinamici dell’intero panorama italiano, ed è per questo che l’iniziativa promossa da Eire costituisce un’occasione imperdibile per incontrare imprese e aziende alla ricerca di progetti e modelli da finanziare nell’ambito delle loro attività. In quest’ottica sarà anche inaugurato il primo monitoraggio permanente di progetti di social housing, che consentirà di mettere in rete tutti i progetti di

21


at t ua l i tà

social housing realizzati, in fase di realizzazione e progettazione con la community del real estate. I risultati della ricerca verranno aggiornati in tempo reale sul sito dell’evento e messi a disposizione della Community di Eire e della Pubblica Amministrazione, per favorire l’attività di rete tra i protagonisti del real estate. Le soluzioni e i traguardi raggiunti potranno quindi continuare ad essere incrementati e migliorati grazie a strumenti web che permettono agli operatori di conoscersi, interagire e sviluppare nuove opportunità di business. Tra questi a rivestire una particolare importanza è il nuovo Eire One To One, una piattaforma virtuale pensata per tutti gli espositori e visitatori interessati a partecipare a sviluppare la Community di Eire, sia prima che dopo la manifestazione: il fine è quello di favorire il matching tra opportunità e professionalità, creando relazioni di business con realtà nazionali ed internazionali. Un’altra occasione per intrecciare rapporti e

22

Anno 4 - Numero 14

impostare dibattiti è l’Eire Forum, un portale attivo tutto l’anno dedicato a contributi, interviste, articoli e approfondimenti su temi legati a investimenti, marketing territoriale, social housing, retail, turismo e logistica. I dati della scorsa edizione avevano mostrato un risultato eccellente e in totale controtendenza all’andamento del settore: 35.000 mq di area espositiva, 473 imprese e istituzioni presenti, oltre 14.000 operatori professionali (da oltre 50 Paesi) e più di 300 giornalisti accreditati. Un grande successo quello ottenuto anche per la Social Housing Exhibition, la prima del genere in Italia e in Europa che ha visto la partecipazione di 72

espositori e 86 progetti presentati in oltre 3.000 mq di superficie, a testimonianza dell’importanza e dell’attualità della questione abitativa. Dati sicuramente incoraggianti e di grande soddisfazione da cui si parte per costruire il successo dell’edizione 2011. Per ulteriori informazioni relative alla manifestazione www.italiarealestate.it


th e b i g ey e

QUANDO L’INQUINAMENTO DIVENTA NORMALITÀ DAL PERÙ ALL’INDIA, PASSANDO PER L’AFRICA, ECCO ALCUNE DELLE CITTÀ CON I PIÙ ALTI LIVELLI DI CONTAMINAZIONE DELLE ACQUE E DEL SUOLO di Chiara De Marzi

A

frica, India, Perù, Bangladesh… sono questi, secondo i dati recentemente raccolti da organizzazioni non governative come il Blacksmith Institute (organizzazione ambientalista statunitense) o il Green Cross (associazione mondiale per la tutela ambientale), alcuni dei Paesi maggiormente colpiti dall’inquinamento e dalla contaminazione di suolo, acqua e aria. Individuare cause e responsabilità di situazioni che si profilano davvero preoccupanti sotto il punto di vista ambientale risulta indispensabile in una società che, come quella moderna, appare sempre meno interessata a ciò che accade intorno a lei: città come Vapi, Addis Abeba, Kabwe e Dhaka rappresentano l’esempio lampante di come le attività umane abbiano portato ad una gravissima degenerazione delle aree urbane e rurali, lasciando cicatrici indelebili nel territorio e un’infinità di rifiuti - tossici, nucleari, radioattivi, urbani - che, non correttamente smaltiti, hanno segnato per sempre le sorti dell’ambiente e della popolazione. Alla base di tali realtà vi è innanzitutto la costitutiva incapacità dei governi locali a gestire l’emergenza dei rifiuti, tanto industriali quanto domestici, che in assenza di un adeguato progetto di trattamento vengono abbandonati nei corsi d’acqua e nelle discariche a cielo aperto. A questi fattori si deve inoltre aggiungere l’irruenza con cui le moderne industrie operano nei circuiti di produzione, disinteressandosi con incredibile irresponsabilità della corretta gestione dei propri residui inquinanti. I meto-

di spregiudicati con cui fabbriche e aziende hanno portato avanti i propri interessi hanno arrecato danni ingenti e di svariata natura agli abitanti di queste zone: malformazioni, rallentamento nelle facoltà intellettive, alta mortalità infantile e ridotta aspettativa di vita, queste le principali conseguenze legate alla elevata quantità di prodotti chimici e metalli pesanti che vengono dispersi senza preoccupazione nell’ambiente e tra i quali possiamo trovare pesticidi, cromo, mercurio, policlorobifenili, cadmio e piombo. La nostra analisi inizia dalla vastissima e affascinante Africa, uno dei continenti maggiormente colpiti dall’inquinamento ambientale.

Qui la mancanza di un adeguato sistema di smaltimento rifiuti nelle città e l’alta concentrazione di agenti inquinanti nelle falde acquifere si uniscono alle problematiche connesse alla sovrappopolazione, alla sporcizia e alla carenza di cure sanitarie, generando conseguenze catastrofiche tanto a livello ambientale quanto a livello umano. Prendiamo il caso di Addis Abeba, capitale dell’Etiopia, che, con i suoi 2 milioni di abitanti, registra la più alta percentuale di mortalità infantile e di trasmissione di malattie attraverso l’acqua. I due maggiori fiumi che percorrono la città sono il Tinishu Akaki (Little Akaki) ed il Tiliku Akaki (Great Akaki), i quali, oltre a rappresentare la principale fonte

23


th e b i g e y e

di approvvigionamento idrico cittadino, fungono anche da vera e propria discarica a cielo aperto per i rifiuti domestici e industriali: questi, infatti, in mancanza di programmi efficienti ed adeguate strutture di conferimento, vengono scaricati nei fiumi senza alcuna verifica e senza essere sottoposti a trattamento. Addis Abeba è completamente priva di meccanismi di controllo dell’inquinamento, né tanto meno esistono disposizioni precise riguardo ai limiti di scarico e alle modalità di smaltimento degli effluenti. Gli scarichi industriali, i rifiuti solidi cittadini e gli idrocarburi provenienti dalle officine e dalle stazioni di servizio costituiscono le principali cause dell’inquinamento delle acque cittadine ed è davvero sconcertante l’analisi dei dati forniti dalla Addis Abeba Environmental Pollution Authority: secondo questo istituito di ricerca il 90% delle 2.000 industrie presenti nella città (il 65% di quelle di tutto il Paese), la maggior parte delle quali situate sulla sponda di un fiume, non hanno alcun sistema di smaltimento dei rifiuti in sito e di conseguenza riversano gli scarichi nei corsi d’acqua adiacenti alle loro sedi. Inoltre, in base alle stime effettuate dal Sanitation Beautification e dal Parks Development Agency, della totalità dei rifiuti prodotti giornalmente dalla città la maggior parte (65%) viene conferita nella

24

Anno 4 - Numero 14

discarica di Repi, struttura antiquata collocata all’interno del tessuto urbano, priva di strati impermeabili e facilmente soggetta a focolai di incendio dovuti alla fermentazione dei rifiuti; solo il 10% di questi rifiuti viene invece sottoposto a compostaggio o riciclato, e ben il 25% viene abbandonato in zone di deposito prive di controllo, in fossati e corsi d’acqua. Le condizioni igieniche della città sono inoltre aggravate dal fatto che più di un quarto delle abitazioni di Addis Abeba è sprovvisto di qualsiasi forma di servizi igienici, rendendo gli spazi aperti e le rive dei fiumi i soli luoghi realmente utilizzabili per poter espletare le funzioni fisiologiche. In questo desolante panorama non è quindi un caso che l’acqua dei fiumi di Tinishu Akaki e di Tiliku Akaki sia stata classificata come una delle più inquinate del mondo, contaminata da batteri coliformi e da metalli pesanti (cadmio, cromo, mercurio, nichel e zinco) che denunciano in modo evidente la profonda responsabilità delle industrie in tali fenomeni di inquinamento ambientale. Le conseguenze di questo elevatissimo tasso di contaminazione sono gravissime per la salute della popolazione (rischio cancerogeno e forte diminuzione dell’aspettativa di vita) non solo come conseguenza diretta dell’ingestione, ma anche perché questa stessa acqua

viene utilizzata per l’irrigazione delle colture: alcuni studi effettuati sui raccolti hanno infatti dimostrato come le tracce di metalli all’interno delle verdure aumentino in modo esponenziale in relazione all’aumento dell’inquinamento idrico. Non è molto diversa la situazione di un’altra città africana, Kabwe, nella Repubblica dello Zambia, le cui colline, dopo decadi di estrazione mineraria, sono sature di piombo e cadmio: nella zona del Copperbelt, dove la città è ubicata, si è sviluppata per lungo tempo una fiorente area industriale, ma i processi di estrazione, continuati fino al 1964, sono stati effettuati senza che il governo prendesse adeguate misure di sicurezza. Gli inglesi scoprirono gli immensi giacimenti del luogo agli inizi del XX secolo, quando la città ancora non esisteva e lo Zambia era una lontana provincia dell’impero britannico: se i lavori di scavo e di estrazione dei minerali iniziarono immediatamente, questi non furono in alcun modo accompagnati da una necessaria e conseguente attenzione all’ambiente e agli effetti di tali lavorazioni, cosicché per anni le scorie furono semplicemente ammassate sul terreno o riversate nei corsi d’acqua. Nella città e nei suoi pressi il livello di contaminazione del suolo da piombo, zinco, cadmio e rame è molto più alto rispetto alle soglie indicate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e in alcune zone l’inquinamento del terreno è così elevato da non consentire né la crescita né, in ogni caso, la coltivazione di prodotti commestibili. Bere acqua dai fiumi, fare il bagno nei ruscelli, scavare tra cumuli di scorie abbandonate per cercare minerali da vendere, sono tutte azioni che provocano gravi intossicazioni e malattie ed è stato infatti registrato che gli abitanti di Kabwe hanno nei polmoni una concentrazione di piombo 10 volte superiore rispetto ai livelli consentiti dall'EPA americana. Lo Zambia è uno degli Stati più poveri al mondo, con il 70% della popolazione sotto la soglia della povertà e i lavori di bonifica ambientale necessari nell’area di Kabwe richiederebbero una disponibilità economica che la città non possiede, tanto che, per tentare di sbloccare la situazione, nel 2007 è stata la Banca Mondiale ad intervenire stanziando oltre 40 milioni di dollari: in attesa dell’inizio


delle operazioni associazioni non governative come il Blacksmith Institute stanno portando avanti già da alcuni anni programmi di sensibilizzazione ed educazione sanitaria per le popolazioni locali. Spostandoci ora nel Sud America, esattamente in Perù, incontriamo un’altra città in cui le estrazioni minerarie hanno determinato gravi conseguenze per l’ambiente e per la popolazione. La Oroya è una cittadina mineraria andina in cui è presente una delle più grandi industrie al mondo attive nella fusione del piombo che, dalla sua apertura nel 1922, rilascia sul suolo, nell’acqua e in atmosfera elevatissime quantità di polveri tossiche. Secondo gli studi condotti dal Dipartimento Generale della Salute Ambientale del Perù, il 19% dei bambini di La Oroya ha nel sangue livelli di metallo pesante che eccedono le soglie consentite (10 milligrammi per decilitro di sangue) ma, esattamente come accade a Kabwe, la città non possiede né fondi né risorse per bonificare il terreno dalle scorie. Piombo, cadmio e arsenico sono i metalli che registrano la più elevata percentuale di concentrazione nel terreno e, poiché per loro stessa natura non sono soggetti alle degradazioni microbiche che interessano altri tipi di inquinanti, sono caratterizzati da un elevato tasso di accumulo, sia nell’ambiente che all’interno del corpo umano. L’intossicazione prodotta da questo tipo di agenti inquinanti, tanto attraverso le inalazioni quanto tramite l’ingerimento di acqua contaminata, produ-

ce effetti devastanti sul sistema nervoso e compromette il normale sviluppo del cervello umano. Disastrose sono anche le condizioni di Dhaka, capitale del Bangladesh, anch’essa classificata tra i luoghi più inquinati del pianeta. Come sottolinea Forbes, rivista statunitense di economia e finanza, la superficie dei corsi d’acqua in cui i bambini della città giocano e si tuffano è spesso densa di sostanze pericolose per la salute e piena dei rifiuti provenienti dalle abitazioni e dalle industrie cittadine. Oltre a Chittagong, Dhaka è l’unica città del Paese a essere dotata di un sistema di approvvigionamento idrico, capace però di servire soltanto il 25% della popolazione: il restante 30% viene rifornito tramite carri armati settici, cosicché i problemi legati all’approvvigionamento idrico riguardano un elevato numero di abitanti. Il profondo inquinamento delle acque superficiali porta, infatti, cicliche insufficienze alla città e ai villaggi vicini e i pozzi che il Dhaka Water Supply Authority (DWASA) ha fatto posizionare in vari luoghi del tessuto urbano causano ogni anno la morte di quasi 15 milioni di persone: attingendo agli acquiferi superficiali anche l’acqua da essi dispensata è spesso contaminata dall’arsenico naturalmente presente nel terreno, il quale, insieme ai pesticidi usati in agricoltura, costituisce la principale causa di inquinamento. Oggi si stima che circa il 60% dell’inquinamento idrico delle acque di Dhaka è imputabile all’irresponsabilità delle industrie locali che conferiscono gli scarichi direttamente nei fiumi; non è però corretto attribuire soltanto ad esse la colpa delle disastrose condizioni ambientali in cui versa attualmente la città, poiché tra le varie cause devono essere poste in evidenza anche la crescita incontrollata dell’urbanizzazione e l’assoluta mancanza di un efficiente programma di conservazione ambientale e di controllo

legale da parte delle istituzioni governative. Infine un breve sguardo alla città di Vapi, in India, collocata all’estremità meridionale del cosiddetto Golden Corridor, la zona con la più grande concentrazione industriale di tutto il Gujarat. Qui sono presenti oltre mille fabbriche, concentrate in un’area di 400 km2 e nelle quali vengono prodotti farmaci, fertilizzanti, derivati petroliferi, pelli conciate e prodotti tessili, pesticidi, vernici e varie sostanze chimiche. Vapi risente in modo molto profondo dell’inquinamento proveniente da questo complesso industriale, tanto che dai documenti raccolti dalle autorità ambientali federali indiane è emerso che fino alla fine del secolo scorso nessuna delle fabbriche presenti nella città era dotata di sistemi di controllo delle emissioni e di smaltimento dei reflui. I rifiuti tossici vengono tuttora semplicemente sversati sul terreno e nei corsi d’acqua senza alcun trattamento e il risultato di una tale disastrosa politica è il profondo inquinamento del terreno, dell’acqua e dell’aria, contaminate da un’elevata concentrazione di metalli pesanti, idrocarburi, complessi policiclici aromatici, mercurio, arsenico e altri inquinanti. Non è un caso che la parte finale del fiume Kolak, che raccoglie la maggior parte delle acque reflue della zona, sia stata dichiarata ormai “incapace di sostenere la vita biologica”. La situazione appare ancora più critica se si pensa che le prime falde acquifere non inquinate si trovano a più di un chilometro e mezzo dalla città, cosicché la maggior parte della popolazione è costretta ad utilizzare acque contaminate, con conseguenze terribili sulla salute di adulti e bambini. Le città appena descritte costituiscono lo specchio di una situazione molto più ampia e complessa, in cui le responsabilità governative attuali si intrecciano con una storia passata segnata dall’illegalità e dalla mancanza di lungimiranza ambientale: la speranza è che, in mancanza di enti locali in grado di farsi carico delle spese di bonifica e degli interventi di risanamento, siano le organizzazioni internazionali ad interessarsi di tali situazioni mettendo a disposizione di questi Paesi risorse e attività di sensibilizzazione capaci di far fronte alle specifiche emergenze.

25


r e po rt

Quattro punti di vista sulla gestione dei sedimenti Società di consulenza, compagnie di dragaggio, autorità portuali ed istituti di ricerca: gli esperti del settore si confrontano su un’unica importante questione di Maeva Brunero Bronzin

I

sedimenti rappresentano una parte importante dell’ecosistema, capace di influire pesantemente sulla qualità dei corpi idrici generando impatti che possono essere sia positivi che negativi. Per tale motivo la gestione dei sedimenti assume un’importanza che va al di là di valutare se sia necessario

dragare più o meno materiale contaminato e diviene un modo per lavorare con l’ambiente trovando soluzioni sostenibili per un contesto in continuo mutamento. Sono numerosi gli attori coinvolti a vario titolo nella filiera dei sedimenti ed è per tale motivo che abbiamo deciso di porre alcune domande ad esperti che rappresentano punti di vista diversi all’interno del settore. All'approssimarsi dell’appuntamento del 6 aprile con il Sednet, questo articolo rappresenta una sorta di anticipazione dei temi che verranno trattati durante la Tavola rotonda organizzata in occasione dell’evento.

Andrea Barbanti, Manager Environmental and Territor y Engineering Division Thetis S.p.A . Dott. Barbanti, come si pongono le società di consulenza nell’ambito della gestione dei sedimenti, e quali sono gli effetti positivi che il consulente può dare nel sistema di gestione di questi materiali? Le società di consulenza possono fare molto per promuovere soluzioni di gestione efficaci e sostenibili, ove con sostenibili intendo la combinazione ottimale fra aspetti ambientali, sociali ed economici. Per realizzare un tale obiettivo è però necessario che il contesto in cui esse si muovono favorisca, da vari punti di vista, proposte di qualità con il giusto respiro e grado di innovazione, e non la semplice applicazione di prassi magari consolidate, ma non certo ottimizzate dal punto di vista della loro efficacia ambientale complessiva. Spesso, almeno in contesti importanti e complessi quali, ad esempio, quello del dragaggio dei porti o della bonifica all'interno di Siti di Interesse Nazionale, servono soluzioni integrate, che tengano conto di aspetti molto diversi, quali la pianificazione e valorizzazione territoriale delle aree interessate dagli interventi, una valutazione ambientale sistemica, considerazioni più prettamente ingegneristiche e tecnologiche. Ritiene che le società di consulenza siano preparate ad affrontare le nuove tematiche relative ai sedimenti? Oppure il grado di preparazione e il livello di aggiornamento dei consulenti in relazione a tale tematica potrebbe non essere ancora adeguato alle reali necessità del settore? Le società di consulenza sono certamente preparate per implementare soluzioni semplici e standardizzate, che rappresentano ciò che il mercato richiede oggi in modo prevalente. Sono invece molto meno preparate a sviluppare soluzioni complesse ed innovative, in cui trasferire la giusta miscela di conoscenza (il trasferimento delle migliori conoscenze scientifiche nella prassi gestionale è uno dei compiti rilevanti di cui società di consulenza di alto livello dovrebbero farsi carico), ingegneria, tecnologia, ispirandosi alle più significative esperienze internazionali. Così come in molti altri contesti, anche in questo caso è la necessità che sviluppa le capacità. Se, dunque, vogliamo società capaci di migliorare le nostre opzioni di gestione, cosa di cui abbiamo certamente bisogno, dobbiamo dare loro la possibilità di crescere in un mercato in grado di accogliere e rendere operative nuove proposte.

26

Anno 4 - Numero 14


Luciano Guerrieri, Presidente dell’Autorità portuale di Piombino Dott. Guerrieri, come si pongono le Autorità portuali di fronte alla tematica della gestione dei sedimenti? Specie in questi ultimi anni la problematica della gestione dei sedimenti ha fortemente colpito i porti italiani, tanto che in molte situazioni (nuove infrastrutture di banchine o dragaggi) i progetti hanno subito notevoli ritardi. Questa sofferenza si è prodotta in modo particolarmente acuto per i cosiddetti “porti SIN”, ovvero porti perimetrati come siti di bonifica di interesse nazionale, senza peraltro risparmiare la portualità nel suo complesso. Sulla base di questa esperienza generalmente non positiva, i porti, oggi, stanno diventando più preparati e cominciano a manifestare maggiore consapevolezza riguardo alla delicatezza della materia e alla necessità di dare risposte all’altezza della complessità insita in questa problematica e delle esigenze di qualità connesse allo sviluppo sostenibile. In sostanza, comincia a consolidarsi l’idea che i sedimenti rappresentino davvero una risorsa e questa positiva evoluzione può essere valorizzata e resa concreta dal perfezionamento delle modalità di gestione e da una nuova concezione del rapporto tra come si gestiscono i sedimenti in funzione della realizzazione più agevole e con tempi più ridotti delle infrastrutture stesse. Questo aspetto include tra l’altro le modalità di realizzazione e gestione delle vasche di colmata, trattamenti dei sedimenti e soprattutto la necessità che questa visione integrata ed organica venga non solo resa possibile, ma favorita ed incentivata da una legislazione virtuosa e da una conduzione altrettanto virtuosa delle procedure amministrative ed autorizzative. Quali sono i maggiori problemi riscontrati nelle procedure di gestione ordinaria dei sedimenti? Oggi le norme in materia sono ancora molto carenti, contengono lacune ed ambiguità e forniscono spesso “alibi” per interpretazioni burocratiche che portano al blocco dei procedimenti. Possiamo fare alcuni esempi. La Dir. UE n. 2008/98/CE sui rifiuti esclude dal suo ambito di applicazione i sedimenti (“spostati all’interno di acque superficiali ai fini della gestione delle acque …”) e questo concetto viene ribadito e recepito nell’ordinamento nazionale dall’art.13 del D.Lgs. 3.12.2010 n. 205 (che introduce modifiche all’art.185 del D.Lgs. 152/06). Un’analisi sistematica delle norme avrebbe permesso di arrivare a queste conclusioni, ma, prima ancora della modifica citata, una ricostruzione del quadro normativo di riferimento avrebbe consentito di giungere ai medesimi risultati; vogliamo tuttavia ricordare quante volte ci siamo trovati di fronte a questo problema con interpretazioni restrittive? Ora che la fattispecie è definitivamente chiarita saranno superate le vecchie “interpretazioni” e potremo pacificamente riconoscere la specialità della categoria sedimenti marini? In questi anni l’immissione a mare dei sedimenti è stata praticamente impossibile per l’assenza del Decreto Ministeriale previsto dall’art. 109 del D.Lgs. 152/06, che doveva essere emanato entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso. La stessa impossibilità ha riguardato le ipotesi di trattamenti dei sedimenti finalizzati al recupero. Eppure un livello più qualificato ed avanzato di tutela ambientale sarebbe stato reso possibile da una norma di chiara incentivazione del reimpiego di questi materiali o di loro frazioni per interventi di ripascimento delle coste, per ricostruzione di barene o per ricreare dune costiere oltre che, naturalmente, per il loro reimpiego in opere pubbliche, anche infrastrutturali. Ultimamente abbiamo assistito spesso a rimpalli di competenza tra il livello centrale e quello regionale, anche favoriti da ambiguità normative, come nel caso delle autorizzazioni al refluimento in cassa di colmata di competenza regionale secondo l’Art. 21 della L. 179/2002 ed il comma 11 quater delle L. 84/94. Ma il comma 2 Art. 2 del D.M. 7/11/2008 prevede che per sedimenti non pericolosi con livelli superiori ai limiti stabiliti dalla Tab.1, All. 5, parte IV del D.Lgs. 152/06, l’Autorità Portuale possa chiedere al MATTM l’autorizzazione per refluire tali materiali. Anche questa sola “possibilità” ha creato una sorta di “deresponsabilizzazione” istituzionale, per cui alcune regioni non si ritengono nella fattispecie titolari del potere – dovere di autorizzazione. è inoltre mancata, e manca, una visione complessiva riguardante il Programma Nazionale di Bonifica e di ripristino ambientale dei SIN e delle iniziative di questo con quelle di un “Piano (inesistente) di sviluppo del Sistema Portuale Nazionale”. In questa frammentazione, si è arrivati persino a ritenere che in una vasca di colmata realizzata per i sedimenti di un porto non possano essere refluiti sedimenti di analoga qualità provenienti però da un altro porto, se non previa Valutazione di Impatto Ambientale: una vera e propria aberrazione logica e giuridica. Ritiene invece che ci possano essere delle soluzioni e delle linee guida da proporre per la risoluzione di tali criticità? In Parlamento è da tempo in discussione un testo di riforma della L. 84/94 che, se approvato, con le opportune integrazioni potrebbe fornire molte risposte alle problematiche esistenti ed in parte precedentemente evidenziate. Esiste anche una bozza di Decreto attuativo dell’art. 109 comma 2 del D.Lgs. 152/06 che, se emanato, fornirebbe anch’esso molte risposte. Ciò di cui la normativa italiana è però sprovvista è una sorta di “Testo Unico dei dragaggi e di gestione dei sedimenti” sia per approfondimenti fondali che per opere di bonifica. E quello che manca davvero è un metodo giusto per ottenerlo, che sarebbe rappresentato dal confronto in un tavolo in cui dovrebbero sedersi tutti i soggetti interessati e competenti (competenti sia nel senso dei compiti istituzionali che delle necessarie conoscenze in materia tecnica, scientifica e giuridica). è questo un tavolo prezioso che Assoporti da tempo richiede e che tutti dovrebbero pretendere.

27


r e po rt

Elena Romano e Antonell a Ausili, ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale Qual è il ruolo di ISPRA nelle attività di gestione dei sedimenti e quale contributo può essere fornito da Istituti come quello che rappresentate in relazione a tali tematiche? Nell'ambito della tematica relativa ai dragaggi portuali, ISPRA ha maturato in oltre 15 anni di attività di supporto tecnico al Ministero dell'Ambiente, una notevole esperienza scientifica e di ricerca applicata agli aspetti di caratterizzazione ambientale, valutazione di qualità, monitoraggio e gestione dei sedimenti marini movimentati a seguito di dragaggio in quasi tutte le realtà nazionali portuali, sia relative a grandi porti industriali e/o di traffico marittimo, che a piccole realtà locali. Tale esperienza è stata, inoltre, fondamentale nella predisposizione delle normative ambientali di riferimento nonché tradotta in linee guida a supporto delle amministrazioni e degli operatori. In particolar modo il ruolo dell'Istituto è stato quello di valutare gli effetti della movimentazione dei sedimenti marini sull'ambiente e sugli organismi acquatici, in modo da individuare le azioni o gli strumenti di mitigazione più efficaci, cercando di coniugare contemporaneamente le esigenze di portualità con la salvaguardia ambientale. Tutto ciò ha comportato l'acquisizione di una notevole conoscenza delle diverse realtà portuali e della fascia costiera italiana con informazioni relative alle caratteristiche dei sedimenti e alla loro qualità ambientale, al diverso impatto antropico e/o industriale cui sono sottoposte, alle diverse esigenze di movimentazione e gestione dei sedimenti, alle differenti tecnologie di trattamento e/o di riutilizzo cui sottoporli, nonché alla stretta correlazione tra le attività di dragaggio e di successiva gestione del sedimento (ripascimento di litorali in erosione, scarico in mare, riutilizzo a terra, refluimento in vasca di colmata, ecc.). In che modo il mondo delle agenzie e degli enti di controllo riesce a svolgere il ruolo di assistenza e di controllo in un'ottica di sostenibilità ambientale? Tale ruolo è individuato spesso dalla normativa di riferimento, la quale prevede per le Agenzie ambientali o per l’ISPRA stesso che svolgano controlli e monitoraggi durante le attività movimentazione dei sedimenti marini. Tale attività di controllo si estrinseca nelle diverse fasi di realizzazione dell'intervento: da quella di caratterizzazione, che vede gli Enti pubblici impegnati nell’esecuzione diretta delle analisi o nella validazione di tali attività, alla fase di dragaggio e monitoraggio delle operazioni di movimentazione, a quella di gestione dei materiali dragati con il controllo ambientale delle diverse opzioni individuate. Un'analoga esigenza di supporto è sentita spesso dalle singole autorità portuali o Enti preposti, che si avvalgono delle competenze tecnico scientifiche dell’Istituto o delle agenzie ambientali, a garanzia del totale rispetto della sostenibilità ambientale nell’esecuzione degli interventi programmati.

28

Anno 4 - Numero 14


Massimo Montevecchi, Sidra Società Italiana Dragaggi S.p.a. Ing. Montevecchi, in relazione alle attività di dragaggio dei sedimenti come si può descrivere l'attuale scenario del Mediterraneo? Quali sono le maggiori differenze che una società multinazionale come la vostra ha avuto modo di riscontrare tra i vari Paesi? Il dragaggio dei sedimenti, per manutenzione dei fondali o rimozione dei sedimenti inquinati, è un’attività riservata ai Paesi Mediterranei più ricchi e, dal punto di vista legislativo, ancora oggi costituisce un tema non regolamentato da norme corrette ed efficienti. In Italia, infatti, ci sono stati molti esempi (ed altri ce ne saranno) di politiche "empie", dove il metro cubo di sedimento contaminato, molto spesso debolmente contaminato o addirittura pulito, è costato oltre 100 al m2, ed è stato trasportato attraverso i porti nazionali ed anche all'estero. Un recente interessante sviluppo normativo, dettato da una vera e propria emergenza che si era venuta a creare nei maggior porti nazionali, non ha trovato entusiastiche applicazioni da parte delle Amministrazioni, per cui quella rapidità di intervento è contraddetta dalla realtà dei fatti, cioè tuttora la procedura autorizzativa è poco efficiente. In Francia e Spagna, che adottano una regolamentazione totalmente in linea con le Direttive Europee in materia, si è preferito puntare sul trattamento dei sedimenti, che sono generalmente debolmente contaminati, perché questi Paesi hanno da tempo abbandonato le vecchie strutture portuali industriali e costruito nuovi accosti per la logistica, cioè terminali containers, navi porta rinfuse secche e, naturalmente, allontanato, appena è stato possibile, i terminali petroliferi dalle coste. In questi Paesi i sedimenti debolmente inquinati, una volta inertizzati, vengono riutilizzati nelle stesse aree di espansione portuale, oppure trattati per ottenere materiali da costruzione (barriere antirumore o cortine architettoniche). Oltre a questi, sono pochi i Paesi che, per garantire il massimo rispetto della qualità delle acque, si sono dotati di un’adeguata regolamentazione e si tratta in genere di nazioni con un’importante industria turistica. Tale regolamentazione non impedisce però a Croazia, Grecia, Cipro, Malta e Portogallo di procedere all'immersione in mare dei materiali dragati quando non contaminati, caso molto più frequente di quanto si pensi, sulla base di un’accurata campagna di caratterizzazione. Ci sono infine realtà come quelle dell'Africa settentrionale mediterranea o del Medio Oriente Mediterraneo, tra cui anche il civilissimo e sviluppassimo Israele, che consentono quasi sempre l'immersione in mare, perché i costi relativi sono 1/10 rispetto ai trattamenti o ai confinamenti del materiale dragato. Fanno eccezione, naturalmente, i casi di accertato inquinamento dei fondali, per i quali, in rispetto della London Dumping Convention o più semplicemente perché richiesto dall'Ente Finanziatore (molto spesso WB, BEI, Asian Fund, ecc.) l'immersione in mare non viene autorizzata. Si pensi ad esempio all’Egitto, dove i canali di accesso ai porti di Damietta e Port Said devono essere dragati in misura di 10 - 15 milioni m3 circa ogni 3 anni ed in cui tutto il sedimento viene depositato in mare con una meticolosa campagna di monitoraggio a posteriori, tra l'altro affidata a primari istituti scientifici internazionali. A livello nazionale, invece, quali dovrebbero essere gli sviluppi su cui puntare al fine di consentire una maggiore apertura di questo mercato? è un caso raro quello di società multinazionali di dragaggio che si sono trovate a dover trasportare a notevoli distanze acque e sedimenti da depositare in casse di colmata in quanto si era riscontrata l'impossibilità di costruirle all’interno del porto stesso. Le casse di colmata, se proprio vogliamo ancora nel nostro Paese rigettare l'opzione dell'immersione in mare, vanno predisposte per tempo, con il ricorso alle migliori tecnologie di contenimento (impermeabilizzazione) ma anche procedendo a trattamenti di inertizzazione del sedimento depositato e consolidamento dei terrapieni realizzati. Le recenti esigenze della logistica hanno reso possibile sacrificare ampi specchi d’acqua, non più necessari, per colmarli con il sedimento dragato, ma si deve tener conto che, in seguito, queste colmate vanno rese fruibili con il consolidamento se non, ove necessaria, con la bonifica: questo processo non sembra, al momento attuale, molto spedito, per cui esistono ancora nel nostro Paese casse di colmata inutilizzabili ed inutilizzate, alcune da più di 20 anni. Quali sono i maggiori impedimenti che si riscontrano nel settore e che in qualche modo ostacolano i grossi gruppi ad investire nel nostro mercato? I lavori di dragaggio sono in massima parte eseguiti da alcune grandi multinazionali, molto bene attrezzate sulla base di investimenti "capital intensive" ed è per questo motivo che non abbiamo più, come è stato invece in passato, un player nazionale importante. Il motivo di tale situazione va ricercato proprio nelle passate (e presenti) incertezze sui regolamenti e sui tempi di concessione delle Autorizzazioni, che hanno creato grossi problemi alle imprese italiane di dragaggio, tra le quali almeno tre potevano vantare, fino agli anni 80, una leadership a livello internazionale. I limiti di un approccio molto ideologico ai problemi ambientali e la necessità di disporre di grandi capitali per i nuovi investimenti in un Paese famoso per la scarsa programmazione in molti settori produttivi, hanno fatto sì che soltanto pochi e selezionati gruppi esteri, ancorché europei, abbiano potuto progredire ed affermarsi realmente. Le Amministrazioni di molti Paesi del Nord Europa hanno "accompagnato" le società di dragaggio attraverso molteplici percorsi di conoscenza del problema della rimozione dei sedimenti inquinati, promuovendo progetti pilota e attivando finanziamenti ad hoc per testare nuove tecnologie. In Europa il travaso di conoscenze e professionalità è molto avanzato per cui l’Italia, dal punto di vista tecnologico, non soffre di alcuna deficienza: infatti alcune industrie manifatturiere del nostro Paese, infatti, nel settore delle attrezzature per il trattamento dei sedimenti contaminati, si sono addirittura guadagnate posti di assoluta preminenza nel mercato internazionale. Ciò che nel nostro Paese ancora manca è un’azione volta alla programmazione e promulgazione di linee guida miranti ad una semplificazione delle procedure autorizzative, e all’elaborazione di un corretto supporto al finanziamento di progetti pilota e di schemi di riqualificazione ambientale, non più solo locali, ma interregionali e capaci di coinvolgere soprattutto il Sud del Paese. Con un'Amministrazione che riesca a mostrare le qualità di cui sopra, gli operatori privati, sia fruitori che costruttori dell'opera marittima, potrebbero essere motivati a partecipare ai finanziamenti delle attività di rimozione, trattamento e bonifica, assicurando così al Paese interventi più efficaci, tempestivi ed anche meno costosi, per ovvie economie di scala e continuità, impiego delle attrezzature, del personale, ecc. A tal proposito ritiene che lo sviluppo tecnologico sia adeguato alle necessità del settore, o ritiene piuttosto che possa essere un fattore limitante o addirittura sovradimensionato rispetto alle attuali esigenze? Lo sviluppo tecnologico è assolutamente adeguato, anche perché testato con molte culture industriali, confrontato con molte legislazioni nazionali ed internazionali, promosso da società multinazionali competenti ed efficienti. In particolare nel nostro Paese non sarebbe certamente corretto parlare di sovradimensionamento del livello tecnologico, perché la complicanza di taluni dossier non lascerebbe alcuno spazio all’eventuale carenza tecnologica e metodologica.

29


spe c i a l e

UTILIZZO DI ENERGIE RINNOVABILI NEGLI INTERVENTI DI BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI RIDURRE I CONSUMI DI RISORSE NATURALI, AUMENTARE L'EFFICIENZA ENERGETICA E L'UTILIZZO DI FONTI RINNOVABILI: QUESTI GLI OBIETTIVI DELLA GREEN ECONOMY APPLICATI ALLE BONIFICHE di Marco Falconi* e Laura D’Aprile**

L

a pesante crisi economica che ha coinvolto, a partire dal 2008, Europa e Stati Uniti ha dato impulso allo sviluppo di misure economiche, legislative e di educazione pubblica mirate a ridurre i consumi di risorse naturali, aumentare l'efficienza energetica, ridurre le emissioni e favorire l'utilizzo di risorse rinnovabili. L'insieme di tali misure, che va sotto il nome di “green economy”, ha interessato tutti i campi di applicazione tecnologica, ivi incluso quello della bonifica di matrici ambientali contaminate. Il primo studio organico sull'utilizzo di energie rinnovabili per la bonifica di siti contaminati è stato promosso nel 2007 dall'US EPA.

Tale studio, dal titolo “Green Remediation and the Use of Renewable Energy Sources for Remediation Projects”, è stato elaborato con la finalità di promuovere e migliorare l’intera gamma degli interventi di “bonifica verde” e di costituire un punto di riferimento per i project manager al fine di raccogliere e divulgare le informazioni necessarie ad inserire l'utilizzo di queste fonti di energia all'interno dei progetti di bonifica. L’analisi dello stato dell’arte propo-

30

Anno 4 - Numero 14

sta nello studio può essere di aiuto anche per identificare delle opportunità di sviluppo economico in questo campo. Con sforzi coordinati, l’insieme dei benefici degli interventi di bonifica verde può essere raggiunto in tutti i quadri normativi. La bonifica verde consiste, infatti, nel considerare gli effetti di una bonifica (cioè, la tecnologia selezionata e la metodologia di implementazione della stessa) in termini di impatto ambientale complessivo e nel prendere in considerazione l’integrazione di alcune opzioni progettuali sostenibili per massimizzarne il beneficio ambientale. L’impatto dovrebbe essere valutato in ogni fase del processo di bonifica, attraverso l'attuazione di strategie di risparmio energetico e l’utilizzo di fonti alternative. Il presente articolo si propone di analizzare i contenuti dello studio promosso dall'US EPA allo scopo di trarre utili spunti di applicazione alla realtà italiana.

L a selezione dell a tecnologia di bonifica La scelta di una tecnologia per la bonifica di un sito è un aspetto molto importante per il potenziale impatto sulla quantità di energia consumata nel corso di un intervento di risanamento. Il

National Oil and Hazardous Substances Pollution Contingency Plan (NCP) ha delineato nove criteri per la selezione della tecnologia nei siti Superfund: • deve garantire la protezione della salute umana e dell'ambiente; • deve garantire il rispetto dei requisiti derivanti dalle norme applicabili; • deve garantire stabilità dei risultati raggiunti e mantenere un certo livello di efficacia a lungo termine; • deve essere in grado di ridurre la tossicità, la mobilità o il volume delle sostanze contaminanti; • l'efficacia della tecnologia deve essere garantita a breve termine; • deve essere realizzabile sia tecnicamente che amministrativamente; • deve garantire una convenienza economica; • deve ottenere l'accettazione degli Enti di Controllo; • deve ottenere l’accettazione da parte delle comunità limitrofe al sito di applicazione. Integrare le valutazioni sull’energia alternativa nel processo di selezione può offrire maggiore sostenibilità e risparmio in termini di costi a lungo termine.


Energie alternative applicate nelle tecnologie di bonifica

Molti dei siti Superfund esaminati nello studio promosso da US EPA, si trovano in località remote, dove la connessione alla rete elettrica locale è costosa e talvolta impraticabile. In questi casi, l’utilizzo di energia solare o eolica per far funzionare pompe a basso flusso, sistemi di irrigazione (utilizzati nelle Biopile), sistemi di monitoraggio delle acque sotterranee è un’alternativa positiva ed economicamente vantaggiosa. Inoltre, nei siti di discarica, il biogas può spesso essere captato e convertito in energia utilizzabile per le operazioni in sito. Queste considerazioni sulle soluzioni energetiche non dovrebbero modificare i criteri di selezione della tecnologia, ma piuttosto offrire opportunità per aumentare l'efficienza e la sostenibilità di un sito riducendo la dipendenza da energie non rinnovabili. Nei siti esaminati vengono utilizzate varie forme di energie alternative: tra queste il solare e l’eolico restano le fonti più frequentemente impiegate mentre biogas e biocarburanti vengono impiegati sempre più spesso, ma di norma non per i sistemi di bonifica.

I sistemi di trattamento alimentati da energie rinnovabili

Nello studio promosso dall'US EPA, sono stati identificati quindici siti in cui per la bonifica sono state impiegate totalmente o parzialmente fonti di energia alternativa e altri quattro in cui l’utilizzo di fonti di energia alternativa è stato preso in considerazione. Tra i primi, quattro utilizzano l’energia eolica e nove utilizzano quella solare, mentre nel sito St. Croix Alumina vengono utilizzate entrambe le tecnologie. Negli altri siti viene invece impiegato biogas per produrre energia. La figura 1 fornisce una ripartizione del tipo di energia alternativa utilizzata nei 15 siti. L'utilizzo finale di una fonte di energia alternativa è un'indicazione importante di come la tecnologia possa essere utilizzata in futuro. La ripartizione dei siti oggetto di studio per tipologia di utilizzo delle energie alternative è riportata nella figura 2.

Pump and treat Tra i quindici siti presi in considerazione, ben sette utilizzano di fonti energetiche alternative per alimentare i sistemi di Pump and Treat. Di questi, quattro utilizzano l’energia solare, due l’energia eolica e uno utilizza sia quella eolica che quella solare. Nel sito St. Croix Alumina, situato nelle Isole Vergini (EPA Regione 2), vengono utilizzati quattro compressori alimentati da turbina eolica per il recupero di prodotto libero dalle acque sotterranee attraverso gli "skimmer", le pompe che si posizionano all’interfaccia olio-acqua. Il sistema è unico nel genere per il recupero del prodotto libero (olio) da acque sotterranee: esso non utilizza elettricità per alimentare le pompe, bensì aria compressa generata dai quattro compressori alimentati da turbina eolica. Nello stesso sito vengono impiegati sia sistemi fotovoltaici che eolici per alimentare le pompe sommerse che recuperano prodotto libero, acque sotterranee e idrocarburi disciolti. Nell'ex Nebraska Ordnance Plant (FNOP), un antico sito della Difesa, è stato condotto uno studio pilota per analizzare le prestazioni di un sistema a circolazione di acqua sotterranea alimentato da una turbina eolica da 10 kW. La turbina può funzionare in modalità continua, fornendo potenza per il sistema quando il vento è di adeguata intensità e immagazzinando la potenza in eccesso nella rete elettrica. Il sistema a circolazione d'acqua ha consentito la rimozione del tricloroetilene (TCE) dalle acque sotterranee. I costi sono stati analizzati attraverso un computo metrico dettagliato. Questo sito rappresenta pertanto un modello per i project manager che hanno intenzione di prendere in considerazione l’utilizzo dell’eolico come fonte energetica per la bonifica di siti contaminati. Quando sono integrati in un sistema di bonifica, i pannelli fotovoltaici sono comunemente usati per alimentare le pompe a basso flusso. In un futuro prossimo questa tecnologia avrà un potenziale di applicazione molto alto. In tre dei siti di studio, le pompe alimentate a energia solare a basso flusso sono utilizzate in sistemi di Pump and Treat (P&T). Un limite di questi sistemi è che la pompa funziona solo durante le ore diurne. Per il funzionamento notturno del sistema di pompaggio si rende quindi necessaria una batteria per immagazzinare l'energia in eccesso. Se il pompaggio in continuo non è necessario, un risparmio di energia sostanziale può essere realizzato con una pompa a energia solare a basso flusso. I sistemi impiegati presso i siti di studio generano flussi di trattamento che variano da circa 8 a 20 litri/minuto con una prevalenza variabile fra 3 e 30 metri, secondo la capacità energetica e le esigenze di ciascun sistema. Presso l'Altus Air Force Base (AFB) in Oklahoma, è stato utilizzato un bioreattore a scala pilota per rimuovere TCE da acque sotterranee. Il sito utilizza l'energia solare per pompare acqua in entrata e farla circolare attraverso il bioreattore a una velocità di circa 7-11 litri al minuto ad una profondità di 5,5 m sotto la superficie del piano campagna. La portata media è di circa 3.500 litri al giorno, una velocità sufficiente a mantenere il processo di trattamento senza la necessità di un pompaggio in continuo (o di associarvi batterie per immagazzinare l’energia per il pompaggio notturno). Mentre il risparmio energetico specifico in questa applicazione è piccolo, ulteriori risparmi sono stati ottenuti e contabilizzati nelle prime fasi del progetto, conteggiando i costi evitati per la costruzione di linee di collegamento dalla rete elettrica fino al bioreattore. Analogamente, presso l'Apache Powder Company (area inclusa nel programma Superfund in Arizona) l’energia solare viene utilizzata per alimentare una centrifuga per il ricircolo dell'acqua necessaria al trattamento di fitodepurazione in wetlands (aree umide). Il sistema è in grado di pompare acqua a 19 litri al minuto attraverso una manichetta antincendio da 2 pollici con una prevalenza di circa 10 m. Poiché questo tipo di applicazione non richiede un'operatività in continuo, il collegamento alla rete elettrica o a un sistema di stoccaggio non è necessario. Il Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) è un impianto federale del Department of Energy (DOE) nel nord della California, che utilizza ampiamente i sistemi di P&T. Il "Sito 300" del LLNL attualmente opera con quattro pompe alimentate a energia solare e trattamento a carboni attivi per eliminare i composti organici volatili presenti nelle acque sotterranee. Ogni pompa estrae acqua a una velocità di circa 5 litri al minuto da una profondità di 22-30 metri. Questi sistemi a energia solare non sono collegati alla rete elettrica ma sono dotati di una batteria per immagazzinare l'energia in eccesso per il funzionamento durante le ore a bassa luminosità del giorno. Nel sito di Paulsboro, un’ex-industria di stoccaggio di petrolio e composti chimici di proprietà di British Petroleum, le attività di bonifica vengono condotte secondo quanto disposto dal New Jersey State Industrial Site Recovery Act. Dal 2003, è stato utilizzato un campo ad energia solare esclusivamente per fornire energia per le apparecchiature per un sistema di P&T in sito. Circa il 20-25% dell'energia necessaria per il sistema di bonifica è alimentato da energia solare; il restante fabbisogno di energia è a carico della rete elettrica. L'utilizzo di questo sistema dovrebbe permettere di ridurre le emissioni di CO2 di 259.000 kg/anno, il biossido di zolfo (SO2) di 725 kg/anno e di ossido di azoto di 500 kg/anno. Dei quindici siti esaminati in questo studio, il sito BP Paulsboro è il più grande produttore di energia rinnovabile fornita completamente e direttamente ad un sistema di bonifica.

31


spe c i a l e

Benefici ambientali I vantaggi di utilizzare fonti energetiche alternative per la bonifica includono: • una maggiore sostenibilità ambientale degli interventi; • la riduzione dell'impatto ambientale; • risparmi per l’allaccio alla rete elettrica. Le prestazioni specifiche in sito dipendono dalle caratteristiche delle tecnologie di bonifica applicate, dall'ubicazione del sito e dal tipo di attività in corso.

Figura 1. Fonti di energia alternativa in 15 casi studio

Figura 2. Utilizzo dell'energia alternativa nei 15 siti oggetto di studio

Alcuni siti possono beneficiare maggiormente della combinazione di diverse fonti energetiche (sistema ibrido), utilizzando anche l’alimentazione dalla rete elettrica o attraverso l’utilizzo di due differenti tipologie di rinnovabili. L'uso dell'energia eolica e solare offre numerosi benefici per l'ambiente. In primo luogo, la produzione di tali energie non crea emissioni in atmosfera (NOx, SOx, CO2 o altri agenti inquinanti come il mercurio dagli impianti a carbone). Come con la maggior parte delle fonti di energia, entrambe le tecnologie richiedono investimenti iniziali di materie prime, produzione e trasporto del dispositivo di generazione, che contribuiscono per una piccolissima parte ad emissioni atmosferiche nocive. Il ridotto livello di emissioni di gas serra da parte dei produttori di energia alternativa, però, si traduce in minori impatti in termini di cambiamenti climatici globali rispetto a quelli causati dalla produzione di energia nelle centrali convenzionali a carbone. Entrambe queste fonti alternative di energia sono rinnovabili, generate dal mercato interno e subito disponibili. Queste tecnologie possono ridurre l'impatto degli interventi di bonifica, consentendo il massimo vantaggio ambientale e aumentando nel contempo la sostenibilità economica della strategia di bonifica (in particolare per tecnologie di lunga durata quali quelle applicabili per la bonifica delle acque sotterranee). Le emissioni di anidride carbonica associate alla produzione di energia possono essere ridotte in modo significativo attraverso l'uso di fonti energetiche alternative. L'EPA’s Clean Energy program offre un calcolatore on-line (il "Power Profiler") per determinare le emissioni di carbonio prodotte dall'uso di energia elettrica. Questo strumento mostra il quantitativo di elettricità utilizzato in

una regione specifica e permette il confronto con la media nazionale e con le relative emissioni di CO2, di ossido di azoto e di SO2. Sono stati inoltre sviluppati strumenti di calcolo che convertono le emissioni di carbonio in analoghi equivalenti riconoscibili, come "autovetture non guidate per un anno" o "numero alberi cresciuti in 10 anni". Questi strumenti di stima possono essere utilizzati per valutare le emissioni di carbonio risparmiate utilizzando una tecnologia rispetto a un'altra. Poiché alcuni siti utilizzano fonti energetiche rinnovabili nelle attività di bonifica, stime conservative del risparmio energetico potenziale possono essere basate su dati storici. A titolo esemplificativo, si potrebbe ipotizzare che se circa il 10% di tutti i sistemi operativi di P&T nel programma Superfund utilizzassero una fonte di energia pulita rinnovabile per circa il 30% del fabbisogno energetico del sistema, pari a circa 12.838,469 mila kWh all'anno, sulla base di un consumo di energia tipico di un sistema P&T, utilizzando la valutazione del Department of Energy che stima 0,62 kg di CO2 emessi per ogni kWh generato, il risparmio energetico ipotetico equivarrebbe a circa 8.794,35 tonnellate di CO2 risparmiate all'anno. Questi risparmi in termini di emissioni sono equivalenti all'energia elettrica consumata da circa 1.024 famiglie in un anno o alla CO2 sequestrata da 204.567 alberi da seme in oltre dieci anni di crescita.

Vantaggi economici Anche se non è stata completata un'analisi esaustiva dei costi, è stato evidenziato che l'uso delle energie rinnovabili implica un risparmio per la costruzione di linee elettriche temporanee o permanenti di collegamento alla rete elettrica.

Soil Vapor Extraction (SVE) L’unico caso di utilizzo di energie rinnovabili per alimentare un sistema di SVE è quello di Savannah River Site, un impianto federale del Department of Energy (DOE) in South Carolina, che utilizza il MicroBlower®, una tecnologia innovativa brevettata al DOE Savannah River Technology Center, costituito da un dispositivo ad energia solare per l'alimentazione del Soil Vapor Extraction a basso flusso. L'unità è implementata in un sistema costituito da una pompa a vuoto a 12 o 24V collegata a un pozzo per l'estrazione di gas o l'iniezione di aria nella zona insatura del suolo. Anche se il sistema opera con energia solare, una turbina eolica di piccole dimensioni potrebbe essere utilizzata in alternativa ad esso. Il MicroBlower® funziona solo quando l'energia solare è disponibile e non è connesso a una fonte di energia supplementare. Quando l'energia solare non è disponibile, viene utilizzato un sistema passivo di estrazione di vapore del suolo. Tale sistema, denominato anche “estrazione barometrica”, sfrutta le differenze di pressione tra l'atmosfera e il sottosuolo, producendo cicli di ventilazione. Quando la pressione atmosferica è superiore alla pressione nel sottosuolo, l'aria fluisce nei pozzi. Il flusso d'aria viene controllato nel pozzo da valvole unidirezionali per l’aria e per i vapori dal suolo, consentendo così la rimozione di contaminanti senza la necessità di un pompaggio meccanico.

32

Anno 4 - Numero 14


In luoghi molto remoti la connessione alla rete può avere costi proibitivi o drenare gran parte delle risorse necessarie alla bonifica, rendendo così il progetto non sostenibile economicamente. I moduli fotovoltaici e le turbine eoliche possono contribuire alla riduzione dei costi e all’avanzamento delle attività in questi siti. Inoltre, l'uso di fonti energetiche rinnovabili riduce l’impatto sul paesaggio e sugli spazi aperti, creando un deturpamento minore rispetto alle linee elettriche di connessione, come dimostrato dall’utilizzo di energie rinnovabili nei siti di Altus AFB in Oklahoma, Grove Brownfield in Texas e Crozet Orchard in Virginia. Nei siti in cui è richiesta una raccolta dei dati a lungo termine è possibile utilizzare energie rinnovabili per conseguire risparmi in termini di costi e di tempi. Diversi siti utilizzano i sistemi a energia solare per la raccolta di dati di monitoraggio, come la concentrazione di contaminanti, i parametri di flusso delle acque sotterranee e in alcuni casi per la trasmissione dati wireless a un data center remoto, dove si esegue l’analisi dei dati. Queste strategie permettono la riduzione di tempo e denaro necessari per i sopralluoghi in loco per la raccolta dei dati. I costi possono essere ridotti ulteriormente attraverso il riutilizzo delle apparecchiature in dotazione in altre porzioni dello stesso sito o in altri siti (Savannah River Site e Raytheon Aircraft Company).

te verso la sostenibilità, come dimostrato da diversi programmi di bonifica negli Stati Uniti. Attualmente, l'energia rinnovabile è applicata a piccole porzioni di siti molto estesi e l’utilizzo per l'irrigazione, la raccolta dei dati di monitoraggio e l’alimentazione delle pompe a basso flusso che operano nell'ambito di grandi interventi di bonifica sembrano essere le pratiche più comuni. Un passo importante per il follow-up di questa ricerca è l'analisi dei costi di intervento e manutenzione associati a questi progetti. Questi costi devono essere confrontati con quelli degli interventi basati su fonti energetiche convenzionali, soppesando l’insieme dei benefici offerti dall’impiego di energia rinnovabile. Queste informazioni sono infatti indispensabili per il project manager al momento della scelta della tecnologia e della progettazione della bonifica.

La necessità e il desiderio di implementare le tecnologie già disponibili sul mercato hanno spinto a rispondere con nuovi prodotti e risorse. L'energia rinnovabile sta diventando competitiva con la produzione di energia convenzionale e le applicazioni nel campo della bonifica sono in crescita, così come il supporto per la loro attuazione. Questi fattori indicano che esiste un grande potenziale per l’uso di energia rinnovabile: le informazioni raccolte possono essere utilizzate per sostenere e incoraggiare la crescita continua di questo mercato nell’ambito delle bonifiche non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia dove applicazioni del genere sono ancora limitatissime. * Dipartimento Difesa del Suolo, ISPRA **Servizio Interdipartimentale per le Emergenze Ambientali, ISPRA

Conclusioni L'applicazione di tecnologie di bonifica che impiegano energie rinnovabili è una prassi in crescita che rappresenta un passo importan-

Raccolta dati di monitoraggio L'energia richiesta per i sistemi di raccolta di dati operativi nei siti contaminati è di molto inferiore alla quantità di energia richiesta per la maggior parte delle attività di bonifica, ma risparmio energetico e riduzione dei costi possono essere ottenuti anche in questo campo utilizzando fonti energetiche rinnovabili. I costi per la maggior parte consistono nelle spese per l'allaccio a linee elettriche, particolarmente se il sito è in aree remote. In aggiunta vanno considerati i costi di trasporto e l'utilizzo di carburante per i sopralluoghi necessari alla raccolta dei dati. In diversi siti, tali costi sono stati evitati e contabilizzati nell’analisi costi benefici. Oltre ad un sistema di P&T a energia solare, nel Savannah River Site viene utilizzata l'energia solare per rilevare a distanza la variazione di concentrazione di composti organici volatili alogenati nelle acque di falda. Il monitoraggio in remote sensing comprende componenti wireless che consentono la raccolta di dati, l’analisi, la trasmissione e la gestione degli stessi. La Raytheon Beech Aircraft Company ha proposto l'uso di energia solare per i sistemi di monitoraggio delle acque sotterranee a sostegno delle sue attività di bonifica in un sito in Colorado. I dettagli di queste unità di monitoraggio non sono ad oggi disponibili ma verranno rilasciate da Raytheon con l'avanzare del progetto. All’Aberdeen Proving Ground, un sito federale del Department of Defense (DOD), nel Maryland, un sistema a energia solare per la raccolta dati, sta operando in una zona conosciuta come "O-Field". Un totale di 12 pannelli fotovoltaici forniscono energia per le infrastrutture per la raccolta dei dati sui livelli piezometrici e su vari parametri geochimici delle acque sotterranee. L'energia solare è stata scelta come alternativa preferibile a un sistema elettrico sotterraneo a causa della presenza di ordigni inesplosi nel sottosuolo e di altri potenziali pericoli. L’EPA Regione 3 stima che il sistema di alimentazione ad energia solare attivo in questo sito Superfund abbia consentito di risparmiare decine di migliaia di dollari in costo capitale.

33


spe c i a l e

Irrigazione L'irrigazione per l'applicazione della fitodepurazione rappresenta un'altra quota, relativamente piccola, del consumo totale di energia all’interno di un progetto di bonifica. Il Crozet Township Orchard in Virginia è un sito Superfund, contaminato da arsenico e pesticidi, in cui la tecnologia di bonifica selezionata consiste nell'escavazione e smaltimento in discarica. Ove possibile, il terreno contaminato è stato scavato e smaltito, ma per altre porzioni del sito lo scavo non era praticabile a causa dell’accesso limitato, di problemi di erosione o presenza di piante. In queste aree è stata utilizzata la fitodepurazione con felci che assorbono l'arsenico per la rimozione in situ di contaminanti dal suolo. L’impianto di irrigazione della coltura selezionata per la fitodepurazione comprende un sistema a gravità e un processo a energia solare che utilizza una serie di pannelli fotovoltaici e una pompa a basso flusso per il sollevamento dell’acqua che alimenta il sistema a gravità. Questo sistema di irrigazione alimenta 7 dei 27 lotti di 84 m2 al sito Crozet.

Produzione di energia In due dei siti pilota analizzati le energie alternative vengono utilizzate per generare elettricità per operazioni generiche in sito, alcune delle quali sono le attività di bonifica. Alle Operating Industries, Inc. Landfill in California, le microturbine producono energia elettrica dal biogas per il funzionamento dell'intero sito, compresi i sistemi di ripristino, e per le operazioni di manutenzione. Il sistema è collegato alla rete elettrica, in modo che Operating Industries, Inc. riceve crediti per ogni surplus di energia che le microturbine producono. Il sistema fornisce circa il 70% dell'energia necessaria per le operazioni in sito. FE Warren Air Force Base è un sito incluso nella lista Superfund nel quale viene utilizzata energia eolica dal 2005. Due turbine eoliche forniscono l’energia per le operazioni, tuttavia al momento solo una piccola quantità di energia eolica viene utilizzata per la bonifica e per il monitoraggio. Nell'area Pemaco, sito Superfund, in Maywood, California, è stato installato nel giugno 2007 un sistema di pannelli fotovoltaici per assicurarsi che le batterie del gruppo di continuità di emergenza rimangano sempre cariche. Al momento, la potenza generata viene riconsegnata alla rete elettrica. Nel caso di black out, le batterie del gruppo di continuità forniscono l’alimentazione ai computer che fanno funzionare l’impianto di trattamento attivo. Tale impianto comprende un sistema di P&T, un sistema di SVE (operativo da aprile 2007) e un sistema di riscaldamento a resistenza elettrica che è operativo dall'estate del 2007, quando la potenza richiesta è diventata disponibile. Anche l'uso di energia rinnovabile come fonte primaria è in fase di pianificazione e di valutazione all’Otis Air Force Base (Massachusetts Military Reservation). Attualmente, l'Air Force sta valutando una proposta per l’utilizzo di una turbina eolica per il sistema radar di difesa presente in sito. Anche se la turbina genererà energia elettrica sufficiente a soddisfare tutte le esigenze energetiche del sito che comprende un estensivo sistema di trattamento delle acque sotterranee, non è prevista la fornitura di energia direttamente ai sistemi di bonifica. La base potrebbe invece vendere l'energia elettrica alla rete e ricevere un credito di energia. Sebbene l'energia eolica non sia utilizzata direttamente per la bonifica dei siti, questi progetti sono un esempio importante di utilizzo delle ok B DEPURACQUE 240X150.qxp:Layout 1 23-02-2010 9:13 Pagina 1 risorse disponibili per aumentare la sostenibilità ambientale.

impianti per il trattamento del percolato da discarica

L’impianto per il trattamento del percolato che si origina nelle discariche di R.S.U. è stato sviluppato sulla base del know-how e dell’esperienza che Depuracque ha acquisito nel campo degli evaporatori sotto vuoto per il trattamento di reflui altamente inquinanti in oltre dieci anni di realizzazioni applicative in area industriale. Questo impianto risolve in maniera definitiva il problema del trattamento del percolato con una soluzione tecnologicamente avanzata ed economicamente vantaggiosa in termini di costi sia di investimento sia di esercizio. L’impianto comprende normalmente una opportuna sezione di finissaggio del condensato per la rimozione dell’ammoniaca (strippaggio-assorbimento con aria in circuito chiuso) ed un eventuale trattamento di ossidazione a fanghi attivati Anno biologica 4 - Numero 14 (processo S.B.R.).

34

In funzione di specifiche esigenze sono stati eseguiti impianti con sezioni di preconcentrazione e di finissaggio su membrane. I vantaggi sono rilevanti in quanto la tecnologia adottata coperta da brevetto Depuracque: - comporta il trattamento specifico del refluo con effettivo abbattimento degli inquinanti evitando qualsiasi diluizione; - evita i rischi connessi alla fase di trasporto; - consente l’ottimale recupero energetico del biogas; il fabbisogno termico può inoltre essere soddisfatto con il solo utilizzo di acqua calda da raffreddamento dei gruppi di cogenerazione e pertanto ad effettivo costo zero;

- costituisce applicazione della migliore tecnologia oggi praticabile per i reflui ad alto contenuto inquinante; - risolve in maniera definitiva i problemi dello smaltimento del percolato in assenza di emissioni significative in atmosfera. La gamma di normale produzione prevede modelli con capacità fino a 10 m 3/h. Ad oggi sono stati realizzati impianti presso le discariche di: Pescantina (VR), Centa Taglio (VE), Pantaeco (LO), San Miniato (PI), Chianni (PI), Fermo (AP), Rosignano Marittimo (LI), Serravalle Pistoiese (PT), Giugliano in Campania (NA), Monsummano Terme (PT), Jesolo (VE), Peccioli (PI), Malagrotta (RM), Bracciano (RM).


pa n o r ama azi e nde

NUOVO IMPIANTO DI VAGLIATURA, FRANTUMAZIONE, LAVAGGIO E SELEZIONE INERTI DOTATO di RICCHE E MODERNE TECNOLOGIE, IL SITO DI ESTRAZIONE ITALVEST COSTITUISCE UNA DELLE REALTÀ PIÙ INNOVATIVE NEL SETTORE DELL’ESTRAZIONE E LAVORAZIONE DEL MATERIALE INERTE di Maria Beatrice Celino

S

i trova nelle campagne di Trecate (NO) ed è operativo già dall’autunno 2010 l’impianto sito nella coltivazione di un importante giacimento di sabbia e ghiaia di altissima qualità. La gestione ed il controllo del ciclo produttivo è effettuata con un avanzato sistema informatico che permette la personalizzazione dei materiali e garantisce costanza qualitativa e continuità di produzione. Abbiamo intervistato il Sig. Claudio Piva, responsabile della cava Italvest di Tracate, azienda affermata a livello nazionale che nasce negli anni ’90 dalla collaborazione delle famiglie Ongari e Lavatelli. Italvest è riuscita ad inaugurare l’impianto nei tempi prestabiliti, siete orgogliosi del risultato ottenuto? Certamente, soprattutto perché il processo che ci ha portato ad ottenere l’autorizzazione alla coltivazione è stato molto lungo e si è concluso solo nel marzo di due anni fa. Siamo però riusciti a portare a termine i lavori di scavo e di montaggio in modo tempestivo, e lo scorso settembre abbiamo effettuato l’inaugurazione dell’impianto, esattamente un anno dopo il taglio del nastro della cava. Dimostrando la capacità della società di portare a termine un’opera importante, con ottimi risultati e nei tempi prefissati.

Grazie alla MEM di Segrate l’impianto è stato montato in modo veloce e preciso, con grande attenzione per i particolari, dando così vita ad una struttura capace di lavorare una grande quantità di materiale. L’impianto è dotato di due linee separate di lavorazione, una per materiali naturali e una per materiali naturali frantumati, che grazie alle ottime caratteristiche del nostro giacimento, consentono di rag-

giungere risultati finali di elevato livello. I nostri materiali a distanza di soli due mesi dall’inizio della produzione, infatti, hanno già ottenuto tutte le certificazioni necessarie e richieste dai produttori di calcestruzzi, malte, conglomerati bituminosi. Le operazioni svolte dall’impianto, oltre alla normale attività estrattiva, prevedono a breve altri interventi?

35


pa n o r ama az i e nd e

Attualmente il nostro impegno è rivolto totalmente alla coltivazione di cava, ponendoci come obiettivo primario quello di diventare un punto di riferimento per qualità dei materiali, tempestività del servizio e rispetto delle norme vigenti. Ciò non preclude lo studio di nuovi investimenti finalizzati ad ampliare i nostri servizi per i nostri clienti. Al fine di raggiungere questo obiettivo è già stata presentata una specifica richiesta volta ad ottenere il permesso di posizionare un impianto per la lavorazione di macerie provenienti da cantieri edili. Ci può descrivere la struttura dell’impianto e le fasi in cui si svolge il processo produttivo? Certamente. Innanzitutto è importate ricordare che questa struttura è stata realizzata completamente dalla MEM, alla quale dobbiamo anche l’efficiente impianto di chiarificazione delle acque di cui le accennavo prima. Per quanto riguarda il processo di estrazione, questo ha inizio con lo scarico del materiale inerte alluvionale all’interno di una grossa tramoggia da 75 m3, attraverso la quale scende per gravità fino ad incontrare un alimentatore a cassetto, che grazie al movimento orizzontale va a rifornire il nastro trasportatore. Il materiale giunge così ad un vaglio vibrante a masse

36

Anno 4 - Numero 14

mobili primario “Vroll” a tre piani 2100x6000. Il materiale trattenuto dal primo piano del vaglio viene convogliato al frantoio granulatore pricalcemario FR105 a mascelle per poi andare successivamente al cumulo dei frantumati; sia il passante dal primo piano del vaglio che il trattenuto dal secondo piano vengono a loro volta aggiunti al cumulo per essere poi frantumati. Per quanto riguarda il passante dal secondo piano e il trattenuto dal terzo piano finiscono sulla torre di vagliatura dei naturali. Quest’ultima è dotata di due linee separate, ovvero quella dei materiali naturali e quella dei frantumati: è composta da due vagli vibranti HP 2100x6000 a due piani, con barre di spruzzatura per il lavaggio degli inerti. Questa tipologia di vaglio permette di avere una macchina semplice e di facile manutenzione; inoltre consente veloci sostituzioni delle reti e accessi agevoli. Nastri strallati da 500 mm di larghezza, mettono a cumulo i materiali che dai vari piani passano attraverso le tramogge. Particolari stralli consentono di aumentare il cumulo garantendo una migliore gestione degli spazi a disposizione. Il materiale che fuoriesce dal primo piano della vagliatura primaria, nonché dalla frantumazione primaria, viene messo a cumulo; la

scelta di suddividere i naturali dai frantumati e di creare un cumulo del materiale da avviare in frantumazione consente, nei momenti dedicati alla manutenzione, di non interrompere il processo di lavorazione. I “futuri frantumati”, per mezzo di un alimentatore vibrante che preleva il materiale, vengono portati alla torre di frantumazione, composta da due mulini a martelli, (H7N - mulino secondario a regolazione idraulica e a giri fissi e un H5 – un mulino terziario con rotore ovoidale a due martelli). In uscita dal mulino secondario H7N un nastro reversibile consente a seconda delle necessità, di produrre del semplice stabilizzato (040), o trasportare il frantumato sulla torre di vagliatura e lavaggio. Ai piedi della torre di vagliatura, sono stati posizionati due vibro asciugatrici per le sabbie ed un serbatoio di raccolta delle acque di lavaggio; una pompa per torbide, ad immersione, provvede a convogliare tutte le acque alla grossa vasca di sedimentazione da 400 m3 a ponte raschiante, dove avviene la chiarificazione. Dal punto di vista tecnico quali sono gli aspetti maggiormente innovativi che caratterizzano l’impianto? L’aspetto più innovativo è sicuramente rappresentato da un potente e completo sistema di controllo e supervisione attuato per mezzo di un software progettato dalla Sial srl. Per mezzo di sonde, sensori e celle di carico, permette di mantenere costantemente monitorata l’attività dell’impianto, la produzione, la ricalibrazione delle sabbie ed i ricicli delle pezzature in esubero da avviare alla frantumazione terziaria. Il sistema prevede anche un monitoraggio dei motori e delle parti usurabili che, dopo un certo numero di ore di lavoro, segnala automaticamente la necessità della manutenzione. Il computer gestisce inoltre la miscelazione dei materiali, permettendo di ottenere in percentuale prestabilita e costante un materiale come la sabbia 0.8.: prodotta separatamente nelle granulometrie 0/3 e 0/8 e miscelate successivamente in base ad una ricetta prestabilita e soprattutto, modificabile secondo le richieste dei clienti. Questa viene realizzata grazie ad un deviatore dotato di celle di carico che, su precise indicazioni fornite, stabilisce e dosa le diverse percentuali di materiale da miscelare.


Con il patrocinio di:

Segreteria Organizzativa: C.M.F. SRL Via Mazzini, 41 48022 - Lugo (RA) Tel. +39 0545 282542 - Fax +39 0545 27036 Internet: www.smaexpo.it - E-mail: segreteria@cmf-service.it


wor k i n pro gr e ss

UN IMPIANTO MODERNO ED EFFICIENTE PER LA PRODUZIONE DEL CDR Si trova nel comune di Massarosa l’impianto che seleziona gli RSU per produrre CDR dalla frazione secca e FOS dalla frazione organica di Stefano Danieli* La T.E.V. S.p.A. Termo Energia Versilia è una società controllata da Veolia Servizi Ambientali Tecnitalia S.p.A. che, come attività principale, si occupa della gestione degli impianti del sistema integrato di trattamento rifiuti della Versilia. Con il proprio servizio copre circa il 24% della totalità dei rifiuti urbani indifferenziati dell’ATO Costa (province di Lucca, Pisa, Massa Carrara, Livorno) ed è presente su un territorio che coinvolge i sei Comuni della Versilia e altri Comuni della provincia di Lucca

38

Anno 4 - Numero 14

con un bacino d’utenza stimato sui 393.000 abitanti (dato ISTAT 2010). Il sistema realizzato da T.E.V. è organizzato in due impianti, il primo sito a Pietrasanta, dedicato alla produzione di elettricità attraverso la termovalorizzazione, e il secondo volto alla produzione del CDR (Combustibile da Rifiuto). Situato nel territorio del Comune di Massarosa, in Provincia di Lucca, quest’ultimo rappresenta uno dei più moderni e tecnologicamente avanzati impianti di selezione del rifiuto

e compostaggio dell’organico presenti nel panorama italiano. L’impianto è dedicato alla selezione dei rifiuti urbani con produzione di CDR dalla frazione secca e di compostaggio a FOS (Frazione Organica Stabilizzata) della frazione organica: è attrezzato per svolgere attività produttive consistenti nel trattare rifiuti provenienti dalla raccolta urbana indifferenziata di sei comuni della Versilia e nel selezionare rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata per renderne possibile il riciclaggio o il recupero. Successivamente è stato utilizzato, previa autorizzazione, per trattare anche rifiuti provenienti dalla raccolta urbana indifferenziata della Piana di Lucca. Il trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati consiste in fasi successive di selezione meccanica tramite triturazione, vagliatura e separazione magnetica, al fine di recuperare la frazione combustibile. Dal processo, oltre alla frazione combustibile, si ricavano: • una frazione compostabile; • i metalli; • una frazione residuale di scarti destinati allo smaltimento in discarica. Dopo la sua separazione dal resto, la frazione combustibile viene lavorata per essere ridotta ad una pezzatura idonea per la combustione in letto fluido: tale frazione viene infatti avviata, in via prioritaria, al termovalorizzatore di


loc. Falascaia (Comune di Pietrasanta) mentre eventuali eccedenze rispetto alla potenzialità del termovalorizzatore possono essere stoccate allo stato fluff, oppure imballate con macchina presso-imballatrice ed immagazzinate temporaneamente in un apposito locale all’interno dell’impianto o, ancora, inviate ad altri impianti sia sotto forma di balle, sia sotto forma di fluff sciolto, compresso entro bilici autocompattatori appositamente attrezzati. La frazione umida compostabile è invece trattata all’interno dell’impianto, dove subisce un ciclo completo di fermentazione aerobica, maturazione e raffinazione in locali chiusi, opportunamente attrezzati e ventilati, fino all’ottenimento di un prodotto stabilizzato, caratterizzato da adeguato indice respirometrico. L’impianto è altresì attrezzato per la valorizzazione dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata, che dovrebbero essere rappresentati prevalentemente da scarti vegetali, destinati al compostaggio “verde” per la produzione di compost di qualità. Il processo di fermentazione aerobica, maturazione e raffinazione si compie separatamente da quello relativo alla frazione umida ottenuta dal trattamento meccanico. Riguardo alle rimanenti frazioni della raccolta differenziata urbana, l’impianto è attrezzato per le operazioni di cernita manuale, a cui ciascun tipo di prodotto deve essere sottoposto per renderne possibile la valorizzazione. Attualmente, in considerazione delle mutate esigenze del bacino di utenza dell’impianto, i prodotti della raccolta differenziata sono conferiti ad altri impianti dedicati, aspetto che riguarda tanto la frazione verde compostabile quanto gli altri prodotti. Le aree predisposte per la lavorazione della frazione verde si sono rese pertanto disponibili per un potenziamento della capacità di trattamento della frazione compostabile dei rifiuti indifferenziati. In assenza della frazione verde, l’impianto può assicurare il trattamento completo di 140.000 ton/annue di rifiuti indifferenziati, sia per quanto riguarda le operazioni di preselezione, sia per quanto riguarda la stabilizzazione della frazione organica, con l’utilizzo degli spazi prima assegnati al compostaggio “verde”. In considerazione di quanto sopra l’impianto è stato autorizzato a trattare fino a 140.000 ton-

nellate di RSU, delle quali circa 80.000 tonnellate provengono dalla raccolta urbana indifferenziata della Versilia.

Apparecchiature, linee utilizzate E condizioni di funzionamento

Per quanto riguarda la struttura, l’impianto è articolato in diversi edifici e spazi attrezzati, ciascuno dei quali è dedicato a determinate operazioni. Il processo di selezione meccanica dei rifiuti urbani indifferenziati ha inizio con il conferimento degli stessi nel locale di ricezione, da parte dei mezzi stradali precedentemente sottoposti a sorveglianza radiometrica, pesati e registrati. Nel locale ricezione operano una pala meccanica gommata ed un caricatore idraulico semovente che hanno le funzioni di: • movimentare i rifiuti in modo da lasciare liberi sufficienti spazi di manovra per i mezzi in arrivo (pala meccanica); • introdurre i rifiuti nelle due tramogge di alimentazione, poste all’inizio di ciascuna delle due linee di separazione meccanica di cui è dotato l’impianto (caricatore).

Nell’eseguire queste operazioni le macchine provvedono a scartare eventuali rifiuti non idonei al trattamento, per loro natura o perché di dimensioni eccedenti quelle accettate dalle tramogge. Le due tramogge alimentano ciascuna un mulino a coltelli, con spaziatura delle lame allargata, la cui funzione è di lacerare i sacchetti ed ogni altro contenitore in cui si trovano racchiusi i rifiuti. I rifiuti uscenti dal mulino sono introdotti in un vaglio primario a tamburo rotante che attua una separazione in tre correnti: • sottovaglio minuto (da avviare a scarto); • frazione umida compostabile; • sopravaglio, costituito essenzialmente dalla frazione combustibile. Il materiale proveniente dal sottovaglio del primo stadio è recapitato ad appositi cassoni mediante un sistema di nastri trasportatori. La frazione umida compostabile, proveniente dal sottovaglio del secondo stadio e che rappresenta circa il 40% del rifiuto trattato, viene convogliata all’aia di compostaggio previa separazione dei metalli ferrosi, mediante passaggio sotto un separatore magnetico a nastro e viene poi triturata in un mulino a martelli concepito in modo da limitare la pezzatura in

39


wor k i n pro gr e ss

uscita grazie ad una griglia che impedisce il transito dei materiali che superano la pezzatura fissata. Dopo la macinazione, la frazione secca è privata delle parti metalliche mediante passaggio in un separatore magnetico ed è quindi trattata da un classificatore balistico (potenza installata 4 kW) che espelle a scarto una quota di materiali pesanti intriturabili e seleziona due ulteriori frazioni: • CDR<80 mm già idoneo alla termovalorizzazione previa una nuova operazione di vagliatura con un vaglio a tamburo monostadio con maglia di 15–30 mm, che elimina le parti eccessivamente fini, ricche d’inerti, che devono essere avviate a scarto. Il vaglio secondario ha potenzialità di trattamento di 12 t/h ed è trascinato in rotazione da due motori da 5,5 kW cadauno; • CDR>80 mm destinato al successivo mulino raffinatore bialbero (potenza installata 430 kW) che ne riduce la pezzatura a <80 mm. Il CDR così ridotto di pezzatura è infine privato delle parti metalliche ancora eventualmente presenti, mediante passaggio in un separatore magnetico. Una volta completato il ciclo di trattamento, il fluff è movimentato direttamente alla stazione di caricamento degli automezzi destinati a trasportarlo al luogo di utilizzo; in caso di temporanea indisponibilità dei mezzi o delle strutture di ricezione, il prodotto è inviato alle zone adibite allo stoccaggio allo stato fluff o in balle. La frazione umida, raggiunto l’edificio compostaggio, passa dapprima in un cilindro chiuso (DANO) il cui asse è leggermente inclinato rispetto all’orizzontale ed è mantenuto in lenta rotazione: il breve tempo di permanenza del materiale al suo interno favorisce l’attivazione dei processi di fermentazione della materia organica. Il successivo trattamento cui è sottoposto il prodotto è una fermentazione aerobica in corsie parallele, dotate di sistema d’insufflaggio dell’aria dal basso: l’avanzamento del prodotto lungo le corsie è attivato da macchine rivolta cumuli, che operano all’interno di ognuna di esse, impegnandole tutte a turno. Una volta completata la percorrenza delle

40

Anno 4 - Numero 14

PROCESSO DI DEPURAZIONE DELL’ARIA Per l’aspirazione dell’aria dall’edificio ricezione, sono installati due ventilatori, capaci ciascuno di una portata di 60.000 m3/h con una prevalenza di 2.500 Pa. La potenza dei motori è di 75 kW ciascuno. L’aria è canalizzata da condotti di ventilazione che aspirano da prese diffuse. Nell’edificio del trattamento meccanico di selezione il sistema di aspirazione dell’aria, costituito da due ventilatori operanti in parallelo, è concepito in modo che vi sia una concentrazione di punti di prelievo in corrispondenza dei punti di maggior emissione di polvere. L’aria così canalizzata è sottoposta a filtrazione mediante passaggio in un filtro a maniche. Tutti e quattro i ventilatori precedentemente descritti inviano l’aria al capannone di compostaggio. L’aria è estratta da quest’ultimo edificio mediante tre ventilatori comandati da inverter capaci di una portata complessiva di 320.000 m3/h con una prevalenza di 4.500 Pa. La potenza di targa dei motori è compresa fra i 160 e i 250 kW. Prima di essere restituita all’ambiente esterno, l’aria è sottoposta a un processo di deodorizzazione che si svolge dapprima in tre torri di lavaggio in controcorrente (con dosaggio di acido solforico finalizzato ad un migliore abbattimento dell’ammoniaca) e successivamente in un biofiltro, la cui superficie misura circa 2.000 m2. Il fondo della vasca del biofiltro è attrezzato con un grigliato rialzato in materiale plastico che costituisce un plenum per l’omogenea distribuzione dell’aria evitando la formazione di percorsi preferenziali per l’aria da trattare. Il grigliato è costruito in modo da poter drenare eventuale umidità in eccesso che dovesse percolare dagli stadi filtranti. Al di sopra del sistema di distribuzione dell’aria è installato il supporto del materiale filtrante costituito da cippato di castagno (altezza circa 0,7 m). Il legno di castagno, in pezzatura grossolana, consente un primo abbattimento degli odori nonché una migliore distribuzione dell’aria da trattare nella matrice filtrante soprastante, al fine di evitare canalizzazioni e percorsi preferenziali. Il trattamento filtrante vero e proprio avviene in uno strato spesso circa 1,7 m, adagiato sul precedente e costituito da erica. In questo strato, in presenza di umidità, si sviluppano microrganismi in grado di degradare e digerire le sostanze che emanano odori. L’intera superficie della vasca è coperta da una tettoia disposta ad altezza sufficiente da non costituire intralcio all’espulsione dell’aria che esce dal biofiltro. La velocità con cui l’aria attraversa il biofiltro è particolarmente ridotta, considerata la grande superficie, quindi il tempo di ritenzione è sufficientemente lungo perché il processo di abbattimento degli odori avvenga nella maniera più completa. Per mantenere il giusto grado di umidità nel corpo filtrante, al di sotto della tettoia è disposta una rete di tubazioni che alimenta delle rampe atte a irrorare con acqua il biofiltro. Il sistema di umidificazione opera ad intermittenza, secondo necessità. I letti filtranti che costituiscono il biofiltro sono rinnovati a intervalli di tempo dell’ordine di quattro anni.


corsie, il prodotto fermentato è distribuito in cumuli, sempre all’interno dell’edificio compostaggio, su un’area piana areata e successivamente su area non areata dove continuano i processi di fermentazione/maturazione. In queste fasi, le movimentazioni sono assicurate da pale meccaniche gommate. Una volta completato il processo all’interno del capannone compostaggio, il prodotto è trasportato nell’edificio di raffinazione dove è sottoposto a un processo per la separazione delle parti grossolane e, successivamente, accumulato per la maturazione finale fino al raggiungimento del livello di stabilizzazione fissato. L’intera fase di fermentazione/maturazione si compie in un arco temporale dell’ordine di 6090 giorni. È importante ricordare che il processo di lavorazione dei rifiuti non comporta in alcuna delle sue fasi l’immissione di prodotti nocivi nell’ambiente circostante, anche se, in generale, i rifiuti generano odori molesti, che diventano

molto intensi durante il processo di fermentazione aerobica. La lavorazione meccanica, inoltre, è di per sé un processo caratterizzato da polverosità, poiché sottopone i rifiuti a ripetute movimentazioni e a manipolazioni caratterizzate da elevata velocità. Per queste ragioni il capannone dell’insediamento, interessato al processo di fermentazione, è mantenuto in depressione rispetto all’ambiente esterno mediante un’estrazione continua di aria. La portata d’estrazione è dimensionata in modo da garantire il mantenimento della depressione, tenendo conto della quantità di aria che deve essere necessariamente introdotta nelle masse di rifiuto organico durante il processo di compostaggio, nonché dei ricambi d’aria necessari nei vari ambienti e delle possibili rientranze dalle aperture di accesso. Al fine di ottimizzarne l’utilizzo, l’aria estratta dai locali dove avviene la ricezione dei rifiuti e la loro selezione meccanica è immessa nel capannone di compostaggio, prima di essere

restituita all’ambiente esterno. Per assicurare il numero adeguato di ricambi d’aria (3 ricambi/ora) a tutti i locali interessati dal processo, la portata di aria complessiva rigettata all’ambiente, dopo gli opportuni trattamenti per l’abbattimento degli odori, è di circa 320.000 m3/h, così da ottenere la massima efficacia dal ricambio dell’aria. L’impianto è in esercizio in maniera continuativa per tutto l’anno ma, ovviamente, l’operatività delle varie parti del processo è diversa a seconda che questo risenta del ritmo dei conferimenti o meno. A differenza degli altri, il processo di fermentazione della frazione umida non è assoggettato al ritmo dei conferimenti e, pertanto, il sistema di aerazione della massa in fermentazione e il conseguente trattamento dell’aria sono operativi in modo continuativo, 7 giorni su 7, 24 ore su 24. *TEV S.p.a.

41


wor k i n pro gr e ss

UN PROCESSO INNOVATIVO PER LA VALORIZZAZIONE DELLA FRAZIONE ORGANICA DEGLI RSU L’IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO CHE PUNTA ALL’EFFICIENZA E ALLA COMPATIBILITÀ AMBIENTALE, RIDUCENDO AL MINIMO L’IMPATTO SUL TERRITORIO di Massimo Barabaschi e Stefania Miranda*

L

o scorso 15 febbraio, il Presidente della Regione Piemonte, Avv. Cota, è stato in visita presso il nuovo impianto di compostaggio della società Territorio e Risorse s.r.l., localizzato nel comune di Santhià (VC) in località Brianco, avviato oltre un anno fa. Questo impianto, studiato per la valorizzazione della frazione organica dei rifiuti solidi urbani, occupa una superficie pari a ca. 15.700 m2 su un’estensione areale di 32.000 m2. All’interno della struttura il recupero della frazione organica viene portato avanti in perfetto accordo con le ultime normative europee e costituisce un’attività che consente di ridurre il conferimento in discarica dei rifiuti, producendo contemporaneamente un ammen-

42

Anno 4 - Numero 14

dante compostato misto vantaggiosamente impiegabile in agricoltura. L’alta qualità di questo prodotto finale, denominato “La terra dell’acqua”, lo rende particolarmente appetibile per gli agricoltori e la sua funzionalità è testimoniata dall’interesse che il compost ha suscitato anche all’interno dell’Ente Regione Piemonte, che ne ha incentivato l’utilizzo, mediante il PSR (Piano di Sviluppo Rurale), per il ripristino della sostanza organica nei terreni. Gli obblighi imposti dagli orientamenti comunitari e dalla normativa nazionale relativi alla riduzione del ricorso alla discarica, al recupero di materia ed energia dai rifiuti e alla necessità di un loro trattamento prelimi-

nare allo smaltimento, hanno dato una forte spinta alla ricerca di soluzioni tecnologiche innovative per la soddisfazione degli obiettivi imposti, a costi sempre più competitivi. Nel panorama dei trattamenti dei rifiuti organici la società Entsorga Italia S.p.a. ha realizzato e attivato l’innovativa tecnologia Scarabeo Automatico®, un processo capace di conseguire gli obiettivi per i quali l’impianto è stato realizzato: • compatibilità ambientale: tutte le operazioni si svolgono in ambiente chiuso e posto in depressione. L’aria estratta dalle zone di trattamento passa attraverso un biofiltro per l’abbattimento degli odori, la cui efficienza è superiore al 99%;


• ridotti costi gestionali e di manodopera mediante la completa automazione dell’impianto, che permette la sua gestione con unicamente 2 operatori per ogni turno di lavorazione; • bassi consumi energetici, grazie alla scelta di sistemi a basso consumo e all’utilizzo di attrezzature a recupero energetico; • elevata flessibilità applicativa. Scarabeo Automatico® è un brevetto per il trattamento della sostanza organica ideato da Entsorga e costituisce / rappresenta una tecnologia in grado di garantire, in funzione delle specifiche esigenze, un ottimale trattamento della frazione organica volto alla produzione di un compost di elevata qualità da utilizzare come ammendante in agricoltura. La tecnologia applicata a questo impianto di compostaggio prevede le seguenti fasi di lavorazione: • conferimento; • miscelazione; • trattamento biologico; • raffinazione. Andiamo ad analizzarli nel dettaglio.

Rifiuti trattati (miscela organico/strutturante)

19.876,00

t/a

Compost prodotto

2.390,00

t/a

872,00

t/a

1.207,00

MWh

4,88

t/a

Emissioni di CO2 Consumo impianto MW Consumo impianto combustibile

Conferimento

Riduzione di CO2

16.243

t/a

I rifiuti conferiti presso l’impianto sono scaricati in fosse mantenute costantemente in depressione onde evitare la fuoriuscita di odori molesti.

Sequestro CO2

2.123

t/a

Miscel azione La movimentazione del materiale dalle vasche di stoccaggio per l’alimentazione dell’impianto di miscelazione viene effettuata attraverso l’utilizzo di una benna, azionata mediante carroponte. Dalle vasche di conferimento della Forsu e dello strutturante, sempre mediante carroponte dotato di benna bivalve, i materiali vengono portati al miscelatore a coclee che ha la funzione di rompere i sacchetti e produrre idonea miscela delle matrici. I rapporti di miscelazione sono tenuti sotto controllo grazie a celle di carico montate sul carroponte, che permettono di pesare ogni bennata di materiale; il rapporto di miscelazione medio sarà compreso tra il 50/50 e 60/40 (rapporto in peso tra umido e strutturante) a seconda delle caratteristiche merceologiche e stagionali dei

rifiuti. Il materiale viene quindi scaricato dal nastro del miscelatore all'interno della vasca di stoccaggio delle miscele, dalla quale viene in seguito prelevato per essere trasferito nella zona di ACT (Active Composting Time).

Trattamento biologico La benna di movimentazione del materiale raccoglie il prodotto miscelato dalla vasca di stoccaggio temporaneo e lo trasporta nell’area ACT, dove permane per un tempo pari a circa 20-22 giorni. La superficie su cui poggia il materiale è costituita da elementi prefabbricati in calcestruzzo, che presentano opportuni passaggi per l’aria di processo. Tra gli elementi forati e il fondo del capannone, c’è una zona libera che costituisce un plenum di omogeneizzazione delle pressioni, al fine di ottenere una distribuzione uniforme dell’aria nel materiale. Il rifiuto viene sottoposto ad aerazione forzata al fine di alimentare il processo biologico di

degradazione aerobica della sostanza organica, che comporta una produzione di calore, utile alla disidratazione ed all’igienizzazione della massa. Al termine della fase ACT il materiale viene prelevato dal carroponte automatico e spostato in un'altra zona insufflata del capannone, in modo tale da: • ricostituire un cumulo recuperando il volume liberatosi per effetto del calo volumetrico dei materiali in fermentazione; • operare una miscelazione "leggera" aumentandone l'omogeneità e riconferendo porosità al materiale; • proseguire nel processo di maturazione della biomassa. Per un periodo di tempo di circa 20 giorni, il materiale viene ancora sottoposto ad aerazione forzata. In tutte le fasi di trattamento, la portata di aria è gestita totalmente attraverso un sistema di controllo il quale regola i ventilatori tramite inverter.

43


wor k i n pro gr e ss

Prerogativa della tecnologia è che la massa viene aerata alternativamente per insufflazione o per aspirazione dal pavimento del capannone, in modo da garantire una maggiore omogeneità nelle caratteristiche finali del materiale.

Raffinazione Al termine del ciclo di maturazione insufflata, il materiale viene di nuovo prelevato dal carroponte automatizzato e scaricato nella tramoggia di estrazione e da essa, mediante nastro trasportatore, avviato alla fase di raffinazione. Anche tale fase di lavorazione viene sempre condotta in ambiente confinato, all’interno di un capannone chiuso e mantenuto in depressione tramite aspirazione forzata, che garantisce oltre due ricambi d’aria all’ora, con invio dell’aria aspirata ad apposito biofiltro. La raffinazione del materiale prevede i seguenti trattamenti: • sgrossatura mediante vaglio a dischi; • deferrizzazione; • vagliatura con vaglio vibrante; • deplastificazione dei sovvalli ligno-cellulosici per eliminazione di residui plastici derivanti da raccolte di organico effettuate con sacchetti non biodegradabili.

UNITÀ IMPIANTISTICHE Per quanto concerne l’impiantistica, le principali unità di cui l’impianto è dotato sono riportate di seguito. Carroponte automatizzato

Lo spostamento del materiale tra le varie zone è realizzato mediante l’utilizzo di un carroponte dotato di benna bivalve. La movimentazione dei carroponte è completamente automatizzata e una specifica enfasi viene data all’esecuzione di tutti i particolari meccanici, elettrici ed elettronici che devono garantire la funzionalità del carroponte in un ambiente con microclima estremo (polvere, temperatura, umidità). Sistema di controllo

Il sistema di controllo, oltre a gestire la fase biologica, come precedentemente descritto, è idoneo ad essere interfacciato con tutti i macchinari dell’impianto e può provvedere al comando manuale o automatico di nastri,

44

Anno 4 - Numero 14

portoni, illuminazione, sistemi di pompaggio, sistemi di sorveglianza, ecc. Il computer di gestione è inoltre controllabile da postazione remota tramite collegamento telefonico (linea terrestre, GSM o GPRS) o tramite collegamento internet veloce. La possibilità di verificare costantemente l’impianto e di svolgere numerose attività in modo automatico garantisce un elevato controllo ambientale, nonché la correttezza di gestione del processo e di mantenimento dei presidi depurativi. Impianto di ventilazione

L’impianto di ventilazione consente lo svolgimento del processo aerobico: ogni ventilatore è controllato mediante inverter e ciò consente un’accurata regolazione delle portate di aria. Gestione dei percolati

Area pesa e uffici e laghetto di riserva antincendio

É presente una rete di captazione dei percolati che vengono convogliati alla vasca di raccolta, in attesa di essere smaltiti. Il percolato è ricircolato ed utilizzato, in parte o totalmente, per il ripristino del corretto tenore di umidità del materiale in trattamento a seconda delle necessità e/o opportunità. Trattamento dell’aria di processo

L’aria di processo, che ha attraversato il materiale apportandovi l’ossigeno necessario alle reazioni di ossidazione, deve essere deodorizzata prima del rilascio in atmosfera mediante un biofiltro. L’aria aspirata dal capannone viene insufflata nel biofiltro dove, attraversando il materiale biofiltrante, viene depurata dagli odori. Il biofiltro è dotato di un sistema automatizzato di bagnatura del letto filtrante, indispensabile per avere sempre la massima efficienza di abbattimento degli odori.

BILANCIO DI MASSA DEL CARBONIO Entsorga mira a integrare il sistema di gestione globale di emissioni di CO2 attraverso la promozione e lo sviluppo di tecnologie che agiscono alla fonte del problema promovendo una logica di compensazione nell’ambito del mercato dei crediti di emissione. La tecnologia Scarabeo Automatico® per il trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (RSU) permette di evitare il rilascio in

Vista biofiltro e capannone di trattamento

atmosfera di metano (CH4), che deriverebbe dalla degradazione anaerobica della frazione organica nel caso dello smaltimento della stessa in una discarica tradizionale. L’impianto di compostaggio ha generato in un anno una riduzione delle emissioni rispetto all’alternativa in discarica pari a 16.243 t di CO2 un sequestro totale di CO2 con la produzione di compost pari a 2.123 t di CO2. *Entsorga S.p.a.


Salone internazionale delle tecnologie per il recupero e il riciclo dei materiali industriali, la qualità dell’ambiente, l’efficienza energetica

Salone internazionale delle tecnologie per il recupero e il riciclo dei metalli ferrosi e non ferrosi

dà vita a nasce la fiera delle tecnologie per il riciclo industriale

Due eventi un grande appuntamento 4a edizione

19 - 21 Maggio 2011 Centro Fiera del Garda - Montichiari - Brescia

Edimet Spa Via Brescia, 117 - Montichiari, Brescia Tel. 030 9981045 - commerciale@edimet.com

www.metalriciclo.com - www.recomatexpo.com


wor k i n pro gr e ss

Dagli scavi emergono le antiche lavorazioni di fusione dei metalli La messa in sicurezza dell'area di Zivignago interessata dalla presenza di scorie originate da antichi processi di lavorazione e fusione dei minerali di Nicola Bonmassar, Yuri Cattin Cosso e Paolo Zammatteo*

N

el corso del Medioevo, nel Principato vescovile di Trento e in altre regioni d’Italia, ha avuto inizio lo sfruttamento sistematico delle risorse minerarie e, nel 1208, con la promulgazione di un codice minerario da parte del principe-vescovo Federico Wanga si attesta l’importanza che le attività estrattive avevano assunto allora in Trentino (Codex Wangianus – Zammatteo 2008). L’antica industria mineraria nei pressi della città vescovile di Trento interessava il Monte Calisio, la Valle dei Mocheni e la Valsugana, dove alcuni giacimenti erano già stati parzialmente coltivati fin dall’Età del bronzo. Nei giacimenti venivano estratti a colpi di mazza e piccone minerali costituiti principalmente da galena, blenda, pirite e calcopirite ricchi di

ferro, piombo, rame, argento e in alcuni casi addirittura di oro. La loro lavorazione prevedeva l’arrostimento (per allontanare i solfuri e ammorbidire il minerale), la macinazione e la fusione in forni, attività che venivano solitamente effettuate “a bocca miniera” per ridurre al minimo i problemi legati al trasporto del minerale.

Le tracce dell’antica fonderia Le attività di campionamento delle Terre e Rocce da scavo ai sensi dell’art. 186 del D.Lgs. 152/06 nell’area di realizzazione di un’opera pubblica in loc. Zivignago nel Comune di Pergine Valsugana, hanno consentito l’individuazione di un’antica fonderia. Durante lo scavo di alcune trincee esplorative,

Stratigrafia dello scavo riscontrata durante i lavori in loc. Zivignago

46

Anno 4 - Numero 14

ad una profondità di circa 1,40 m dal piano campagna, è infatti emersa la presenza di una lente (spessore max 70 cm) costituita da scaglie vetrose di colore scuro e di forma appiattita. Le scaglie apparivano al tatto piuttosto pesanti, con una superficie piatta, generalmente attraversate da fitte nervature allungate e da bolle di varie dimensioni che trattenevano una polvere fine di aspetto carbonioso. Le analisi chimiche sul “tal quale” effettuate su diversi campioni di questo materiale, che identificheremo con il termine di “scoria”, hanno evidenziato la presenza di piombo in concentrazione superiore a 20.000 mg/kg, contro il limite previsto per le aree residenziali di 100 mg/ kg (colonna A della Tabella 1 dell’All. 5 alla parte quarta del D.Lgs. 152/06); le scorie presentano

Particolare delle “scorie” appiattite tipiche dei forni a riverbero


inoltre concentrazioni elevate di altri elementi tra cui zinco, rame, arsenico, antimonio, cobalto, stagno, tallio e cadmio (vedi Tabella 1).

L a normativa Per consentire la realizzazione dell’opera pubblica, si è deciso di rimuovere le scorie secondo l’iter previsto per i rifiuti abbandonati (diverso dalla procedura di bonifica) ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs. 152/06, operazione che ha consentito di ridurre i tempi di intervento, ma ha comportato un elevato onere di smaltimento in discarica per rifiuti pericolosi. Infatti secondo l’All. D alla Parte IV del D.Lgs. 152/06 e in base all’articolo 2 della Delibera n. 2000/532/CE, per la famiglia generica dei “composti del piombo…”, la concentrazione limite di piombo oltre la quale un rifiuto risulta definito come pericoloso è pari allo 0,5%, corrispondente a 5.000 mg/kg. Ultimata l’opera principale, è stata proposta la Messa in Sicurezza di un parcheggio asfaltato (400 mq) nel cui sottosuolo era ancora presente la lente di scorie. La normativa della Provincia Autonoma

Particolare di una sezione esaminata con Microscopio Elettronico a Scansione – Appare una struttura fibrosa allungata (parte scura) costituita prevalentemente da silice (SiO2), alternata da particelle sferoidali e cavità di colore chiaro costituite da galena (solfuro di Pb), wurtzite (solfuro di Fe e Zn), calcopirite (solfuro di Cu e Fe), magnetite (Fe3O4) e fasi minori a prevalenza di arsenico e ferro (Pb, Cu, Sb, Co, Ni).

di Trento in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinanti (D.P.G.P. 26 gennaio 1987 n. 1-41/ Legisl. e s.m.i.) stabilisce che “[…] qualora, in sede di progettazione o di esecuzione di opere pubbliche o private, sia rilevata nell'area di intervento la presenza di discariche e di stoccaggi incontrollati di rifiuti, esclusi i rifiuti pericolosi, l'amministrazione o il soggetto interessato” potrà provvedere alla messa in sicurezza dell’area. Nella normativa nazionale (D.Lgs. 152/06) gli interventi di messa in sicurezza non sono subordinati a una classificazione dei rifiuti presenti in sito: nell’art. 242 e nell’All. 3 al Titolo V della Parte IV del Decreto viene stabilito, infatti, che gli interventi di messa in sicurezza “sono finalizzati alla rimozione e all’isolamento delle fonti di inquinamento, e al contenimento della diffusione degli inquinanti per impedirne il contatto con l’uomo e con i recettori ambientali circostanti”. Il D.Lgs. 152/06 stabilisce inoltre che gli interventi di messa in sicurezza vengano progettati sulla base di un’analisi di rischio sito-specifica al fine di valutare, per gli interventi proposti, le Concentrazioni Soglia di

Rischio (CSR) che dovranno risultare maggiori rispetto alle concentrazioni dei contaminanti presenti in sito.Quindi per consentire la messa in sicurezza dell’area asfaltata, nel rispetto delle prescrizioni previste dall’art. 77, comma 1-bis del Testo Unico della Provincia di Trento sulla tutela dell'ambiente dagli inquinamenti, è stato necessario valutare l’effettiva pericolosità delle scorie con riferimento ai seguenti aspetti: • storico: è stata ricostruita l'origine antica delle scorie e il loro antico utilizzo come materia prima per la realizzazione dei sottofondi drenanti dei forni e delle aie di arrostimento dei minerali; • sperimentale: sono stati individuati i composti del piombo e le caratteristiche della matrice vetrosa incapsulante attraverso le tecniche della Diffrattometria a raggi X e della Microscopia Elettronica; attraverso numerose analisi chimiche è stato inoltre possibile valutare l’interazione delle scorie con l’ambiente circostante, nelle attuali condizioni di giacitura e in condizioni diverse legate a possibili variazioni naturali Limiti di legge

Analisi

Colonna A

scorie

mg/kg s.s.

10

43,66

Arsenico

mg/kg s.s.

20

180,9

Berillio

mg/kg s.s.

2

<0,15

Cadmio

mg/kg s.s.

2

19,7

Cobalto

mg/kg s.s.

20

68,28

Cromo totale

mg/kg s.s.

150

8,44

Cromo VI

mg/kg s.s.

2

<0,1

Mercurio

mg/kg s.s.

1

<0,05

Nichel

mg/kg s.s.

120

32,10

Piombo

mg/kg s.s.

100

39.470

Rame

mg/kg s.s.

120

3.650

Selenio

mg/kg s.s.

3

<0,005

Stagno

mg/kg s.s.

1

18,89

Tallio

mg/kg s.s.

1

221,1

Vanadio

mg/kg s.s.

90

17,52

Zinco

mg/kg s.s.

150

17.060

Parametro

Unità di misura

Antimonio

Tabella 1. Risultati dell’analisi effettuata sulle scorie confrontati con le CSC definite dal D.Lgs.152/06 Allegato 5, Tab. 1 per i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale

47


wor k i n pro gr e ss

o accidentali dei principali parametri fisici e chimici del terreno (pH e potenziale di ossidoriduzione); • mineralogico: sono state individuate le principali mineralizzazioni oggetto di attività estrattive nel passato, all’interno delle formazioni geologiche del Perginese (Basamento Cristallino e Vulcaniti Permiane); tale ricerca ha permesso di creare una forte correlazione tra minerali e tenori di elementi accessori (arsenico, antimonio, bario, cadmio, cobalto, nichel e tallio) individuati nei giacimenti del Perginese (Perna 1966) con quelli riscontrati nelle scorie; • esplorativo: è stata dimostrata l'assenza di contaminazione nell'ambiente circostante (matrici ambientali suolo e acqua) imputabile alla presenza delle scorie nel sottosuolo; • bibliografico: sono stati riportati alcuni studi a livello universitario che mostrano la sicurezza dell'incapsulamento dei contaminanti con particolare riferimento al piombo, in una matrice di tipo vetroso; in prima battuta sono state analizzate le principali vie di migrazione dei composti del piombo verso i possibili bersagli sensibili, cioè uomo e ambiente. Lo studio è attualmente in fase di valutazione da parte dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente di Trento (APPA) e dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Provincia Autonoma di Trento (APSS).

Le analisi condotte sulle scorie Le indagini effettuate con le tecniche della Diffrattometria a raggi X e della Microscopia Elettronica a Scansione (SEM) hanno mostrato la presenza di fasi mineralogiche, principalmente di piombo, zinco, rame e ferro, compatibili con le mineralizzazioni che caratterizzano i giacimenti della zona del Perginese. La matrice vetrosa, proveniente dal quarzo contenuto all’interno dei minerali e aggiunto sotto forma di selce per migliorare la separazione delle impurità (scorificante) durante il processo di fusione, ha inglobato i residui di minerale (principalmente galena, wurtzite e calcopirite). Nella matrice vetrosa sono presenti fasi minori con presenza di antimonio, arsenico, cobalto, nichel, bario, cadmio e tallio compatibili con le mineralizzazioni del Perginese già oggetto di studio (Perna G., 1966). Per valutare il rilascio di contaminanti in acqua, da parte delle scorie, sono stati effettuati dei test di cessione secondo quanto previsto dal D.M. 5 aprile 2006 e la Norma UNI-EN 12457-2, su diversi campioni, con gradi diversi di macinazione. Nei campioni con presenza di frazione fine è stato evidenziato un rilascio, per il solo parametro piombo, poco superiore al limite fissato dal D.M. 5 febbraio 1998 (60÷150 μg/l rispetto al limite di 50 μg/l). Quindi la frazione fine, originata dalla frantumazione del materiale, è in grado di liberare dalla matrice vetrosa incapsulante le

fasi contenenti i minerali di piombo, rame e zinco, responsabili dei superamenti dei limiti sull’eluato, stabiliti dal D.M. 5 febbraio 1998. I campioni non macinati e privati (con lavaggio) della frazione fine naturalmente presente in sito, sottoposti al test di cessione non hanno rilasciato piombo nell’eluato, confermando le capacità di incapsulamento della matrice vetrosa sfruttata in alcuni impianti sperimentali per l’inertizzazione di rifiuti pericolosi. La presenza di pasta vitrea (SiO2) nelle scorie è dovuta all'impiego massiccio di sabbia di selce che veniva aggiunta al minerale per stabilizzare il processo di fusione e per favorire la separazione delle impurità. Le analisi hanno confermato la presenza di sostanza organica (carbone) legata alle attività di arrostimento del minerale condotte, nel perimetro della fonderie, su aie drenanti costituite da scorie raccolte dai forni. Sono state valutate le proprietà di cessione delle scorie macinate in vari ambienti (acido, basico, riducente e ossidante) per simulare eventuali variazioni delle condizioni chimicofisiche del terreno dovute a processi naturali o ad eventi accidentali. È stato possibile notare che il rilascio di piombo nell’eluato non risulta particolarmente influenzato da variazioni del pH e del Potenziale Redox rispetto alla situazione standard prevista dalla norma UNI-EN 12457-2. Il contenimento dei livelli di cessione delle scorie macinate a contatto con soluzioni aggressive (acide e ossidanti) è probabilmente il frutto del parziale effetto incapsulante della

L’antica fonderia di Zivignago L’area di Zivignago era il principale ambito all’interno della Gastaldia di Pergine (una suddivisione politica e amministrativa del territorio di eredità longobarda) nel quale, tra il 1575 e il 1622, operava la fonderia che lavorava minerali di piombo e rame estratti nei giacimenti di Vignola. La fonderia si sviluppò lungo l’antico “canale macinante” (canale artificiale tutt’ora esistente, le cui acque vengono derivate dal torrente Fersina) che ha rappresentato per secoli il motore dell’industria perginese; l’energia idraulica era infatti indispensabile per macinare il minerale in mulini a pistoni e per azionare i mantici che Crogioli, forni a torretta e un forno Forni a riverbero per il recupero di insufflavano aria nei forni fusori. I forni impiegati nella fonderia di Zivignago erano da grillaggio (Wolfegger Hausbuch, piombo e rame (Wolfegger Hausbuch, 1480 circa) specificamente del tipo a riverbero e la loro particolarità consisteva nell’avere un fondo 1480 circa) piatto che originava scorie particolari di forma tabulare; su alcune scorie è stato inoltre possibile individuare l’impronta di una cucchiaia di fonderia, del tipo usato per estrarre il blumo metallico dal fondo dei forni aperti e di un tubo di ferro del tipo a tuyer, che serviva per dirigere l’aria forzata dai mantici sulla fiamma dei forni di fusione. La presenza di residui carboniosi fini mescolati alle scorie, concentrati soprattutto nella porzione superiore della lente, ha permesso di ricostruire due fasi di lavorazione all’interno della fonderia: arrostimento e fusione del minerale. La scoria costituiva uno dei prodotti di fonderia e veniva impiegata in depositi massicci come sottofondo dei forni fusori, nelle aie di arrostimento dei minerali, nelle opere di bonifica e nella realizzazione di strade in zone umide; anticamente quindi la scoria non era un rifiuto, ma costituiva un prodotto della fonderia alla stregua dei metalli.

48

Anno 4 - Numero 14


TEST CESSIONE SU SCORIE

Parametro

u.m.

Lavate e non

Macinate < 4 mm

macinate ANALISI

ANALISI

AMBIENTE

AMBIENTE

AMBIENTE

AMBIENTE

STANDARD

STANDARD

ACIDO

BASICO

OSSIDANTE

RIDUCENTE

Soluzione

Soluzione

Soluzione

Soluzione

Soluzione

Soluzione

acquosa di

acquosa di

acquosa di

acquosa di

acquosa

acquosa

acido aceti-

idrossido di

ipoclorito di

sodio metabi-

co (pH 4)

sodio (pH 10)

sodio (5%)

solfito (1%)

Limite cessione*

Arsenico

µg/l

50

<5

17

23

19

26

30

Bario

mg/l

1

0,02

0,5

0,7

0,4

0,8

0,6

Berillio

µg/l

10

<1

<1

<1

<1

<1

<1

Cadmio

µg/l

5

<1

<1

<1

<1

<1

<1

Cobalto

µg/l

250

<4

<4

<4

<4

<4

<4

Cromo tot.

µg/l

50

<5

<5

<5

<5

<5

<5

Mercurio

µg/l

1

<0,5

<0,5

<0,5

<0,5

<0,5

<0,5

Nichel

µg/l

10

<1

<1

<1

<1

<1

<1

Piombo

µg/l

50

7,1

150

165

128

119

120

Rame

mg/l

0,05

0,002

0,04

0,04

0,04

0,03

0,02

Selenio

µg/l

10

<5

<5

<5

<5

<5

<5

Vanadio

µg/l

250

<10

<10

<10

<10

<10

<10

Zinco

mg/l

3

<0,004

0,04

<0,04

0,08

0,10

0,18

(*) Limiti di legge; D.M. 05/04/06 n.186 All. 3

Tabella 2. Risultati derivanti dal test di cessione effettuato sui campioni di scorie con simulazione di differenti condizioni di pH e di potenziale redox

silice anche nella frazione fine originata dalla frantumazione del materiale. Questo particolare comportamento non è tipico delle scorie di fusione moderne (dove la presenza di silice è inferiore rispetto al caso in esame), le quali in ambienti acidi o ossidanti rilasciano con molta più facilità i metalli pesanti.

Considerazioni conclusive Lo studio effettuato ha permesso di uscire dalla definizione di “rifiuto”, in quanto le scorie presenti in sito non erano state abbandonate in un’area adibita a discarica, ma venivano utilizzate come prodotto in sottofondi drenanti funzionali alle attività di lavorazione e fusione dei minerali. Le scorie sono essenzialmente composte dalle materie prime utilizzate per la produzione dei metalli (silice, minerali di galena e blenda) e nel tempo non hanno subito alterazioni dal punto di vista

chimico, rendendo a tutti gli effetti il materiale un residuo delle antiche lavorazioni e non un rifiuto. I metalli pesanti presenti nelle scorie (principalmente il piombo) sono associati alle forme mineralogiche naturali tipiche dei giacimenti e dei terreni della Valsugana. È stata inoltre dimostrata l'assenza di contaminazione nell'ambiente circostante (matrici ambientali acqua e suolo) grazie al prelievo e all’analisi di campioni di acqua di falda e terreno naturale, provenienti dagli strati sottostanti la lente di scorie (in sito da 400 anni). Per quanto riguarda la salute umana, i composti inorganici del piombo sono pericolosi solo in caso di inalazione e ingestione di polveri; tali vie di migrazione risultano impedite in quanto il materiale è isolato da uno strato di terreno (0,50 m) e dalla pavimentazione in asfalto. Sulla base di queste considerazioni è stato chiesto alle Autorità competenti della Provincia Autonoma di Trento (APPA e APSS)

la possibilità di procedere con un’analisi di rischio sito-specifica, secondo quanto previsto dall’All. 2 alla Parte IV del D.Lgs. 152/06, e con la successiva messa in sicurezza permanente attraverso una completa impermeabilizzazione dell’area. È probabile che l’APPA di Trento richiederà una Mappatura delle antiche aree di fonderia e di miniera nell’intero Comune di Pergine ed il lavoro potrebbe essere esteso a tutto il territorio provinciale nel quale erano disseminate varie fonderie. Nel Comune di Pergine, infatti, sulla base delle fonti storiche, operavano altre otto fonderie secondarie (oltre quella di Zivignago) ed è quindi possibile che una parte delle scorie prodotte sia stata impiegata come materiale drenante per la realizzazione di strade e negli interventi di bonifica delle aree paludose limitrofe il lago di Caldonazzo. *Quasar Ingegneria Ambientale s.r.l.

49


p roge t t i e t e cn o log ie

Riuso agricolo di sedimenti di dragaggio contaminati I risultati del progetto europeo Agriport per la decontaminazione di sedimenti di quattro siti portuali del bacino Mediterraneo mediante fitorimediazione di V. Bianchi*, R. Iannelli*, B. Ceccanti**, G. Masciandaro** e A. Pretner***

L

a fitorimediazione è una classe di tecniche che usano le piante e/o i microrganismi della loro rizosfera per rimuovere, trasformare o trattenere diversi composti tossici nel suolo, nei sedimenti, nell’acqua di falda o nelle acque superficiali. Il suo utilizzo è stato proposto per il trattamento di molte classi di contaminanti, fra cui gli idrocarburi e in particolare gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), i solventi clorurati, i pesticidi, i metalli pesanti, gli esplosivi o i radionuclidi (Salt et al., 1997). In base alla classificazione dell’USEPA (EPA, 2000) si possono individuare tre processi generali cui l’inquinante è sottoposto nel sistema costituito dall’essenza vegetale e dalla matrice da trattare: degradazione, estrazione e stabilizzazione in forma non biodisponibile. Tra i principali vantaggi delle varie tecniche di fitorimediazione si considerano il costo particolarmente contenuto e l’attitudine al trattamento di contaminanti a basse concentrazioni, mentre gli svantaggi sono rappresentati dai lunghi tempi di trattamento e dal ridotto spessore operativo, limitato dalla massima profondità raggiungibile dalle radici delle piante utilizzate. Le varie tecniche possono essere proposte da sole nei casi di bassa contaminazione iniziale, ovvero come trattamento finale a valle di altre tecniche nei casi di contaminazioni iniziali più elevate (Jones, 1991). Le matrici più comunemente sottoposte a

50

Anno 4 - Numero 14

processi di fitorimediazione sono rappresentate da terreni contaminati a vocazione agronomica più o meno elevata. Tuttavia, sotto opportune condizioni, il metodo può anche essere applicato ai sedimenti contaminati derivanti dai dragaggi effettuati in mare o in acque interne per ripristinare i tiranti idrici necessari per la navigazione. Diversi studi di fattibilità dimostrano che il problema dei sedimenti di dragaggio contaminati non può essere affrontato in modo unitario, ma deve essere portato avanti in modo sistemico, elaborando una rosa di soluzioni diversificate da adottare in parallelo fra loro secondo frazioni variabili in funzione delle caratteristiche dei singoli siti, dei livelli di contaminazione e delle caratteristiche strutturali e granulometriche dei sedimenti dragati. In particolare è importante considerare sempre la ricollocazione a terra come alternativa a quella in mare, o meglio come opzione cui ricorrere secondo aliquote prestabilite da definire in funzione di tipologia e contaminazione dei sedimenti. La ricollocazione a terra rappresenta il campo ottimale di applicazione della fitorimediazione. Risulta inoltre di particolare interesse la possibilità di considerare il riutilizzo a terra del sedimento decontaminato come matrice agronomica, dopo averlo desalinizzato ed adattato all’ecosistema terrestre. Essendo significativa, in ambito costiero, la richiesta di terreno agrario per operazioni di

Figura 1. Sezione, vista dall’alto e foto di uno dei mesocosmi piantumati


ripristino ambientale di vario tipo (recupero di cave, ripristino di linee costiere, ricostituzione di dune, ecc.) questo tipo di riutilizzo risulta far fronte a precise richieste di mercato, rendendo possibile un’accettabile soluzione del difficile problema del bilancio economico.

IL PROGETTO AGRIPORT Il progetto triennale Agriport (eu #239065) è stato finanziato nel 2009 dalla Commissione Europea (Call CIP-EIP-Eco-Innovation-2008) con cofinanziamento dal Ministero italiano dell’Ambiente, e vede fra gli esecutori tre istituti di ricerca internazionali, un’autorità portuale e tre società di ingegneria. L’obiettivo del progetto è l’applicazione pre-competitiva in piccola scala di tecniche di riduzione e rimozione biologica basate sull’uso di essenze vegetali, a sedimenti dragati in quattro diverse realtà scelte nel bacino del Mediterraneo (due in Italia e due in Israele). Lo studio è iniziato mediante un progetto di ricerca finanziato dal Ministero Italiano dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in cooperazione con lo stato di Israele, finalizzato a studiare la fattibilità di un approccio integrato per la decontaminazione di sedimenti contaminati. L’approccio prevedeva l’applicazione di diverse tecnologie di trattamento (separazione meccanica, estrazione con solventi, trattamenti biologici e fitorimediazione) in funzione Parametri

Unità di misura

pH

della tipologia dei sedimenti e della contaminazione. Il progetto Agriport dovrà portare le tecniche di fitorimediazione precedentemente sperimentate ad una fase applicativa e allo sfruttamento commerciale. Le realtà prese in considerazione sono costituite dal porto di Livorno, dal canale dei Navicelli in Pisa e dai porti di Haifa e Ashdod in Israele. I quattro siti presentano caratteristiche diverse: i sedimenti di Haifa sono prevalentemente sabbiosi e di bassa salinità e bassa contaminazione; quelli di Livorno prevalente-

mente limo-argillosi ad alta salinità e bassa contaminazione; quelli di Ashdod sono salini, sabbiosi a media contaminazione e quelli dei Navicelli sono salmastri, sabbiosi a media contaminazione. In tutti i casi i sedimenti presentano essenzialmente contaminazione da metalli pesanti ed idrocarburi del petrolio. Attualmente nel porto di Livorno, sito contaminato di interesse nazionale, il piano di caratterizzazione ha evidenziato livelli di contaminazione superiori ai limiti di legge per l’intero tratto di mare interessato dalle

Figura 2. Impianto pilota di Livorno per il trattamento dei sedimenti del porto

Valori rilevati nei sedimenti trattati 8,20 - 8,56

Intervalli di accettabilità per suoli agronomici 7,3-8,1 sub-alkaline; < 8,2 alkaline per suoli limo-sabbiosi: < 7 basso; 7-9

C organico totale

(g/kg)

13 - 20

N totale

(%)

0,08 - 0,19

0,15 - 0,4 valore medio

P totale

(g/kg)

0,18 - 0,77

0,2 - 5 valore medio

K totale

(g/kg)

5,5 - 6,5

0,8 - 40

Na totale

(g/kg)

9,5 - 25

0,8 – 25

9,8 - 16

< 8 basso; 8 - 12 medio; > 12 alto

C/N

normale; 9-12 buono; >12 ottimo

P solubile

ppm P2O5

100 - 230

> 70 contenuto richiesto

C.E.C.

(meq/100g)

16 - 18

<10 basso; 10-20 medio; > 20 alto

Tessitura Att. ß-glucosidasi

Limo-sabbioso (µg PNP/gh)

3 -15

20-200 suoli degradati; 140-700 suoli naturali

Tabella 1. Miglioramento chimico-nutrizionale durante la sperimentazione preliminare

51


p roge t t i e t e cn o log ie

operazioni di porto. Il progetto di decontaminazione (definito a livello di massima) è attualmente non realizzabile per il costo stimato, assolutamente incompatibile col bilancio economico del porto. Tuttavia, essendo il porto situato allo sbocco a mare di un sistema di acque interne, è soggetto ad una continua tendenza all’interrimento da parte di sedimenti a prevalente composizione limoso argillosa, il cui trattamento risulta particolarmente problematico. Tali sedimenti devono essere oggetto di dragaggio permanente per garantire il regolare svolgimento delle attività portuali. Il dragaggio, che in passato veniva effettuato mediante riposizionamento in ambiente marino, richiede oggi, a causa della contaminazione riscontrata, procedure atte a scagionare ogni possibile rischio ambientale e tossicologico. È stato quindi realizzato un bacino di accumulo impermeabilizzato con membrana in polietilene del volume utile di circa 1,5 milioni di m3, che è stato completamente riempito in due anni di dragaggio. L’ipotesi progettuale iniziale di utilizzo, a colmata avvenuta,

del bacino come espansione della banchina portuale mediante consolidamento e pavimentazione, sta incontrando ostacoli per le difficoltà tecniche legate alla scarsa portanza del materiale accumulato, di matrice essenzialmente argillosa. Inoltre, la necessità di proseguire le attività di dragaggio ha portato alla progettazione di un secondo bacino di colmata di dimensioni analoghe, che verrà realizzato nei prossimi anni. I costi di dragaggio, trattamento e collocazione nel bacino, includendo il costo di realizzazione del bacino stesso, sono risultati pari a 25 €/m3 per i sedimenti non richiedenti trattamento (circa il 70% del totale dragato) e 67 €/m3 per quelli sottoposti a preventivo trattamento biologico della contaminazione da idrocarburi. La tecnologia Agriport è finalizzata a dimostrare che i sedimenti possono essere trattati mediante opportune tecniche agronomiche allo scopo di raggiungere, in un tempo di circa 2-3 anni, un livello di contaminazione inferiore ai limiti di legge per suoli civili e verde pubblico (mediante riduzione di circa il 20% della concentrazione di alcuni metalli pesanti e di circa il 40% per idrocarburi leggeri e pesanti). Nello stesso tempo il sedimento può raggiungere caratteristiche tipiche di un terreno fertile (tecno-suolo) in particolare riducendo il contenuto salino e migliorando la struttura e il contenuto di carbonio e nutrienti. Una stima preliminare dei costi di trattamento con questa tecnologia e di riutilizzo per ripristini ambientali in ambiente terrestre porterebbe ad un costo variabile fra 26 e 47 €/m3, in funzione dell’aliquota di materiale trattabile direttamente nel sito di collocazione finale e di quella richiedente il trattamento in un’apposita piazzola attrezzata. La tecnologia risulterebbe quindi economicamente vantaggiosa rispetto alla tecnica attualmente adottata. Si riportano nel seguito i principali risultati ottenuti durante la sperimentazione preliminare alla base del progetto Agriport ed alcuni dati della sperimentazione pilota iniziata per i sedimenti del porto di Livorno. Sperimentazione preliminare su mesoscala

Figura 3. Impianto pilota di Pisa per il trattamento dei sedimenti del canale dei Navicelli

52

Anno 4 - Numero 14

La prima fase della sperimentazione (Bianchi et al., 2008) è stata effettuata su circa 1 m3 di sedimento prelevato dal fondale della zona

più inquinata del porto di Livorno ed utilizzato per riempire 10 mesocosmi costituiti da tubi in PVC, di 30 cm di diametro e 1 m di altezza, dotati di un sistema di misura della distribuzione verticale di umidità del terreno e di un drenaggio di fondo sversante in un contenitore di raccolta (figura 1). I mesocosmi sono stati piantumati con l’associazione di un’essenza erbacea (Paspalum vaginatum) e una arbustiva (Tamarix gallica), scelte in quanto notoriamente resistenti alla salinità ed al ristagno idrico. Sono stati inoltre introdotti macrorganismi (Eisenia foetida) per promuovere l’humificazione e il miglioramento della struttura, ed uno speciale estratto di sostanze humiche da vermicompost quale ammendante agricolo con proprietà chelanti (Bianchi et al., 2008). Le diverse tesi allestite sono state le seguenti: 1. mesocosmi (C) di controllo preparati con una miscela di sedimento e materiale inerte in rapporto 1:5 in peso (in doppio); 2. mesocosmi (P) come in 1. ma piantumati con 3 piante di Tamarix gallica e 3 piantine di Paspalum vaginatum ed ammendati (Ceccanti et al., 2006) con compost verde miscelato in rapporto 1:1 nei primi 10 cm (in triplo); 3. mesocosmi (PL) come in 2. ma con aggiunta di lombrichi , Eisenia foetida (in triplo); 4. mesocosmi (L) come in 3. ma senza piante (in triplo). Dalla sperimentazione su mesoscala è emerso che: • la concentrazione di metalli pesanti nel sedimento ha mostrato una tendenza alla diminuzione durante i 9 mesi dell’esperimento, con tassi che fanno stimare una riduzione di circa il 20% (necessari al raggiungimento dei limiti di legge) in due anni di trattamento (dati non riportati); • analogamente il tasso di riduzione della concentrazione di idrocarburi totali consente di valutare un trattamento di due anni sufficiente alla riduzione di circa il 40% necessaria al raggiungimento dei limiti di legge (dati non riportati); • la bassa concentrazione di metalli pesanti rilevata nei tessuti vegetali (che consente di ottenere la fitoestrazione in associazione all’alta produzione di biomassa)


mantiene il rischio sanitario (stimato con un’analisi di rischio mirata) entro valori del tutto accettabili (Bianchi et al., 2009); • i parametri di fertilità, tutti entro gli intervalli di accettabilità di suoli agrari (tabella 1), dimostrano l’adattamento della matrice all’ecosistema terrestre in nove mesi di trattamento.

Allestimento degli impianti pilota Agriport

Figura 4. Impianto pilota nel Kibbutz di Revadin in Israele per il trattamento dei sedimenti dei porti di Haifa e Ashdod

Sulla base dei risultati ottenuti su mesoscala, nell’ambito del progetto Agriport sono stati realizzati e sono in corso di sperimentazione tre impianti pilota: il primo a Livorno, costituito da un bacino in terra da circa 100 m3 impermeabilizzato con membrana in HDPE e monitorato per sperimentare il trattamento dei sedimenti del porto di Livorno (figura 2); il secondo a Pisa costituito da 12 vasche da 0,5 m3 cad. per sperimentare il trattamento dei sedimenti del canale dei Navicelli (figura 3), e il terzo

nel Kibbutz di Revadin in Israele costituito da quattro bacini in terra da circa 50 m3 cad. impermeabilizzati con membrana in HDPE per sperimentare il trattamento dei sedimenti dei porti di Haifa e Ashdod (figura 4). L’impianto di Livorno è diviso in quattro lotti, di cui tre piantumati nel giugno 2010 con Paspalum Vaginatum, Tamarix Gallica + Paspalum V. e Spartium Junceum + Paspalum V. e il quarto non piantumato come controllo. Nonostante il breve tempo intercorso è stato possibile trarre i seguenti risultati principali: l’attecchimento delle piante, la poca produzione di percolato come conseguenza del corretto bilancio idrico e l’instaurazione di una flora microbica attiva nella zona radicale (evinta dalle analisi microbiologiche attualmente in corso). *Università di Pisa, Dip. di Ingegneria Civile **Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, CNR ***SGI - Studio Galli Ingegneria S.p.A.

53


p roge t t i e t e cn o log ie

INQUINAMENTO, BONIFICA DI SITI CONTAMINATI E SOLUZIONI ASSICURATIVE PARTENDO DAL PRINCIPIO “CHI INQUINA PAGA” ECCO COME SI SONO SVILUPPATI I PRODOTTI ASSICURATIVI PER LA TUTELA AZIENDALE DALLE RESPONSABILITÀ AMBIENTALI di Giovanni Maria Faglia*

E

venti come l’inquinamento del fiume Lambro verificatosi a febbraio dello scorso anno ci forniscono importanti spunti di riflessione sul rischio ambientale e ci ricordano la possibile catastrofalità di questa tipologia di eventi: anche incidenti all’apparenza insignificanti possono provocare danni di enorme rilievo o essere difficilmente sostenibili in funzione della capacità economica, spesso modesta, dell’impresa responsabile. Nonostante il rischio ambientale sia uno degli argomenti di maggiore attualità già da alcuni anni, la consapevolezza del rischio da parte delle imprese industriali in questo settore

54

Anno 4 - Numero 14

sembra non essersi ancora sviluppata pienamente. La scarsissima diffusione della copertura assicurativa per i danni da inquinamento sembrerebbe, infatti, dimostrarlo in maniera inequivocabile. Il principio “chi inquina paga” è una realtà in Italia già da diversi anni, ma vi è la sensazione che molte imprese non ne abbiano un’esatta percezione. In particolare, il tema delle bonifiche riguarda direttamente o indirettamente ogni settore, e concerne non solo le attività produttive, ma anche gli operatori che lavorano presso terzi o che si occupano del trasporto delle merci.

RISCHIO INQUINAMENTO E SOLUZIONI ASSICURATIVE La questione dello scarso ricorso a strumenti assicurativi specifici non riguarda comunque solo l’Italia, ma anche in Paesi come Spagna, Francia e Olanda la percentuale delle imprese che decide di assicurarsi è ancora molto ridotta. Attualmente nel nostro Paese sono assicurate non più di 5.000 imprese con una specifica polizza inquinamento: di queste quasi il 50% sono aziende che svolgono attività connesse al trattamento dei rifiuti. Sensibilizzare le imprese alla corretta gestione dei propri rischi ambientali è un interesse: • dell’azienda stessa, che salvaguarda il proprio patrimonio ed è tutelata da eventuali richieste di risarcimento; • dello Stato e della pubblica amministrazione, che hanno garanzie sulla solvibilità del soggetto responsabile dell’inquinamento e riducono la possibilità di dover procedere direttamente alle bonifiche, sopportandone i relativi costi; • della collettività tutta che ne ottiene indubbi benefici. L’individuazione dei rischi è il primo passo per la riduzione del rischio stesso e per una sua gestione ottimale. Ruolo fondamentale del mercato assicurativo è quello di coadiuvare l’impresa nell’identificazione, valutazione e gestione di tutti i rischi, compresi quelli da inquinamento.


La limitata diffusione di polizze dedicate a questa tipologia di rischi è motivata da diverse ragioni tra cui: • le problematiche ambientali sono in genere molto tecniche e non di immediata comprensione; • il fatto che molte aziende sottovalutino i propri rischi ambientali e siano convinte che la loro attività non possa causare un danno da inquinamento. Trovandosi di conseguenza, impreparate quando si verifica un evento inquinante, che comporta la necessità di far fronte a ingenti spese di messa in sicurezza, bonifica e ripristino; • scarsa conoscenza degli obblighi di legge in caso di danno da inquinamento; • scarsa frequenza dei danni da inquinamento; • difficoltà nella proposta e vendita dei prodotti assicurativi dedicati da parte della rete degli agenti e dei broker; • modesta spinta commerciale da parte delle compagnie di assicurazione; • l’alto numero di aziende che hanno sottoscritto, in parte inconsapevolmente, un’estensione per l’inquinamento accidentale sulla polizza RCG, di regola con massimali/sottolimiti molto contenuti.

Nello specifico, il problema riguarda il significato di “inquinamento accidentale” e la tipologia di danni che saranno effettivamente risarciti. Il risultato è che, in caso di sinistro, spesso la garanzia non risulta operante. Ad esempio, in caso d’incendio, per i danni a matrici ambientali, persone e aziende limitrofe (inquinamento di terreno e falda causato dalle acque di spegnimento, intossicazione delle persone per i fumi, interruzione di esercizio di ferrovie, autostrade o attività commerciali o di servizi), la polizza incendio non opera e, di regola, neanche quella RCG; al contrario, una specifica polizza per i danni da inquinamento offre una completa copertura assicurativa per ogni tipologia di danno. Quest’ultimo punto è probabilmente uno dei più gravi, poiché l’estensione all’inquinamento accidentale su polizza RCG, che avrebbe dovuto essere concessa solo in casi eccezionali, negli ultimi anni ha, in realtà, sostanzialmente “invaso” il mercato, creando notevoli dubbi interpretativi in caso di sinistro. Gli Assicurati, infatti, attribuiscono al termine accidentale il significato di involontario, fortuito, non voluto (dando quindi un’interpretazione estremamente ampia della copertura), mentre nella tecnica assicura-

tiva questo termine riveste ben altro significato. La nostra opinione è che l’inquinamento sia un rischio specifico, con caratteristiche ben definite, e che per questo motivo richiede un approccio specializzato e una copertura assicurativa dedicata. L’estensione all’inquinamento accidentale può essere un’integrazione a una polizza dedicata, ma non può, di fatto, sostituirla, come avvenuto in questi anni. Gli stessi sinistri inquinamento hanno peculiarità del tutto differenti dai sinistri incendio o RC, primo fra tutti l’assoluta necessità da parte dell’assicurato di attivarsi per effettuare le operazioni di bonifica anche sul terreno di terzi e di gestire direttamente, insieme ai suoi consulenti legali e tecnici, la lunga procedura prevista dalla legge, che spesso dura anni. E’ proprio un’adeguata copertura e l’assistenza che la Compagnia può fornire con i suoi periti e avvocati a rappresentare un punto di forza per qualsiasi impresa. Negli ultimi quattro anni gli assicuratori hanno creato prodotti molto completi dal punto di vista delle garanzie offerte e molto competitivi sotto il profilo economico, con garanzie assolutamente innovative, fra cui citiamo: le spese di bonifica interne al sito, le spese di decontaminazione beni e la copertura del danno ambientale.

IL POOL INQUINAMENTO Il Pool Inquinamento è un consorzio di coriassicurazione, senza personalità giuridica, attivo dal 1979, che può contare sulla partecipazione di 40 compagnie di cui 35 di assicurazione diretta e 5 compagnie di riassicurazione. Si occupa della valutazione tecnica dei rischi, dei sopralluoghi tecnici presso le imprese industriali, della gestione dei sinistri, dello studio delle problematiche ambientali e di quelle assicurative. Per diffondere la cultura assicurativa e migliorare il processo di gestione del rischio, il Pool Inquinamento ha messo a disposizione di Compagnie, Broker e Risk Manager la propria esperienza e professionalità attraverso: • rassegna stampa quotidiana di tutti gli eventi inquinanti; • newsletter trimestrale sul rischio inquinamento con contributi dei massimi esperti della materia; • corsi gratuiti e personalizzabili per Compagnie, Intermediari e Risk Manager.

55


p roge t t i e t e cn o log ie

LE COPERTURE ASSICURATIVE OFFERTE DAL POOL

I testi di polizza offerti dalle compagnie che aderiscono al Pool sono i seguenti: • Polizza di Responsabilità Ambientale Insediamenti; • Polizza di Responsabilità Ambientale Attività presso Terzi; • Polizza di Responsabilità Ambientale Operazioni di Carico e Scarico; • Polizza Committenza del Trasporto di Merci Pericolose. Polizza di Responsabilità Ambientale Insediamenti

Questo testo rappresenta la principale copertura offerta dal Pool Inquinamento ed è il prodotto destinato a tutte le imprese che svolgono la propria attività in uno o più siti (es. attività produttive, stoccaggi, depositi, ecc.). La Polizza si compone di una garanzia base e di tre garanzie opzionali ed ha un massimale unico. La garanzia base è costituita da due sezioni: una per la responsabilità civile tradizionale (danni a cose, a persone, da interruzione di esercizio), l’altra dedicata alle spese di bonifica, messa in sicurezza e ripristino, all’interno e all’esterno del sito assicurato. Una delle innovazioni più importanti è la copertura delle spese di bonifica del sito assicurato (interventi di first party clean up). L’attuale normativa, infatti, non effettua distinzioni fra interventi di bonifica all’interno e all’esterno di un sito industriale. La Garanzia Base è formata da due sezioni (Prima e Seconda) che sono inscindibili e non possono essere richieste separatamente. La Polizza di Responsabilità Ambientale offre una garanzia molto ampia, valida sia per l’inquinamento cosiddetto “accidentale”, che per quello graduale o continuo e fornisce copertura assicurativa anche per le fattispecie del danno ambientale, così come previsto dalla Direttiva 2004/35/CE e dal suo recepimento italiano (D.Lgs. 152/2006, Parte VI). Relativamente al danno ambientale a specie e habitat naturali protetti è disponibile una garanzia opzionale che offre copertura per tutti gli interventi di ripristino che si rendano necessari ai sensi di legge. Sono inoltre disponibili altre due garanzie opzionali: una che riguarda

56

Anno 4 - Numero 14

le spese di decontaminazione dei beni mobili e immobili dell’assicurato e l’altra relativa alle operazioni di carico e scarico effettuate con mezzi meccanici presso terzi. Polizza di Responsabilità Ambientale Attività presso Terzi

Relativamente alle imprese che svolgono la propria attività presso siti di terzi è stato studiato un prodotto assicurativo ad hoc. Gli operatori a cui è rivolta questa copertura sono tutti quei soggetti che nello svolgimento della propria attività presso terzi possono determinare o causare un danno da inquinamento, come: • imprese che effettuano interventi di bonifica da amianto o di siti contaminati; • imprese che effettuano la bonifica di serbatoi interrati (poiché, ad esempio, durante le operazioni di svuotamento di serbatoi da dismettere possono verificarsi fuoriuscite di sostanze); • imprese che effettuano ristrutturazioni edili e manutenzioni d’impianti; • imprese che effettuano indagini geognostiche, carotaggi, attività di monitoraggio. Eventi inquinanti di questo tipo sono in grado di causare danni rilevanti: • alle matrici ambientali, rendendo necessarie onerose attività di bonifica; • a persone e a cose; • da interruzione di attività del committente e di terzi. Un aspetto importante, quanto delicato, della suddetta polizza è relativo all’eventualità in cui tali interventi siano svolti da subappaltatori: in questo caso si rende necessaria una valutazione caso per caso. Polizza di Responsabilità Ambientale Operazioni di Carico e Scarico

La presente copertura riguarda le operazioni di carico e scarico effettuate con mezzi meccanici installati sull'automezzo. Per "mezzo meccanico" deve intendersi qualsiasi strumento appartenente all'automezzo mediante il quale vengono effettuate le suddette operazioni; a titolo esemplificativo, i principali tipi di mezzi meccanici sono: pompa, valvola, braccio idraulico, cassone ribaltabile e pianale idraulico. Gli sversamenti durante le operazioni di carico e scarico sono molto frequenti e i costi di bonifica, a carico del responsabile,

possono essere molto onerosi anche per contaminazioni di piccola entità. In tutti questi casi, salvo estensioni particolari, di regola la polizza RC Auto non opera; pertanto coloro che effettuano questa tipologia di attività, se non sottoscrivono una polizza specifica, devono farsi interamente carico di tutte le spese relative alla bonifica e al ripristino del sito. Polizza Committenza del Trasporto di Merci Pericolose

Questa polizza è rivolta alle aziende che utilizzano, per il trasporto dei propri prodotti (ad es. prodotti chimici o petroliferi) su gomma e ferrovia, mezzi di terzi e garantisce la responsabilità del Committente per eventuali danni da inquinamento verificatisi durante il trasporto e riconducibili a una sua responsabilità; ha la funzione di fornire al committente uno strumento di tutela nel caso in cui il risarcimento del danno coinvolga anche le responsabilità a lui riconducibili in questa sua specifica veste. Pertanto, tutte le fasi di trasporto su gomma e ferro di sostanze pericolose (intendendo compresi in tale termine anche i rifiuti) sono assicurabili. Trattandosi di una garanzia di responsabilità civile, l’oggetto della copertura relativa al committente è riferito ai danni involontariamente cagionati a terzi in conseguenza d’inquinamento prodotto dalla sostanza (descritta in polizza) durante l’attività di trasporto; le tipologie di danni garantiti sono identiche a quelle definite nella polizza RC inquinamento per gli insediamenti. In ordine all'estensione territoriale, la copertura in origine comprende i danni ovunque verificatisi, purché conseguenti a sinistri avvenuti nel territorio dei Paesi Europei; è prevista tuttavia la possibilità di estendere (a richiesta) la garanzia anche a Paesi che non appartengono all'area comunitaria. La massima capacità che il mercato assicurativo può offrire attraverso il Pool, anche per queste tipologie di rischi, è di 50 milioni di euro. Così come per la polizza RC inquinamento dell’insediamento, infine, la durata del contratto è sempre annuale e non è previsto il rinnovo tacito. *Pool Inquinamento


PeVmedia.com

Tel. 011 7802164 • Fax 011 4047946 • info@deaedizioni.it

w w w. e c o e r a . i t


p roge t t i e t e cn o log ie

CONSIDERAZIONI ED ESPERIENZE ITALIANE A 15 ANNI DALLA NASCITA DEL CDR Dalla sua introduzione ad opera del Decreto Ronchi quali sono stati gli sviluppi nell’impiego del combustibile derivato dai rifiuti e quali le opportunità ancora da sfruttare di Mario Grosso e Lucia Rigamonti*

R

isale al 1997 l’introduzione in Italia del CDR, il Combustibile Derivato da Rifiuto, voluto dal Decreto Ronchi come strategia di recupero energetico alternativa alla combustione diretta del rifiuto indifferenziato (da qua in poi indicato come RUR – Rifiuto Urbano Residuo). Il Decreto prevedeva una strada tutta in discesa per questo materiale, innanzitutto trasformandolo in un rifiuto speciale (e consentendone così gli spostamenti extraregionali), in secondo luogo “etichettando” il suo utilizzo come un’operazione di recupero, a prescindere da qualsiasi valutazione della reale efficienza di conversione, ma soprattutto garantendo l’accesso alle procedure semplificate sia per quanto concerne la sua produzione, che per quanto riguarda il suo impiego. Sì, perché quella del CDR è una filiera di recupero che può funzionare correttamente solo se entrambi questi tasselli lavorano in sinergia. Sul concetto di filiera torneremo successivamente, dopo aver chiarito che nella mente del legislatore la “strada” del CDR doveva trovare come sbocco naturale il suo utilizzo all’interno di un impianto industriale già esistente. O meglio, questo è quanto poteva apparire chiaro fin dall’inizio ad un addetto ai lavori, ma che è comunque stato dimo-

58

Anno 4 - Numero 14

strato da alcuni studi condotti nei primi anni 2000 da parte del Politecnico di Milano per conto di Federambiente. In estrema sintesi, e semplificando enormemente la questione, la logica del ragionamento è la seguente: produrre un buon CDR a partire dal RUR significa realizzare un’impiantistica di notevole complessità, dove i trattamenti di tipo meccanico devono essere accoppiati a quelli di tipo biologico (di qui la dicitura TMB – Trattamento Meccanico-Biologico), questi ultimi finalizzati a gestire la frazione di materiale organico inevitabilmente presente all’interno del RUR, anche in contesti caratterizzati dalla sua raccolta differenziata. Un impianto TMB, considerato in quanto tale, rappresenta dunque un elemento “a valore di mercato negativo” nell’ambito del sistema integrato di gestione dei rifiuti, e dunque la scelta di includerlo non può essere decontestualizzata dall’impostazione dell’intero sistema, ovvero dalle destinazioni dei materiali da esso generati. Solo se queste destinazioni sono tali da “compensare” gli aggravi energetici, ambientali ed economici insiti in un impianto TMB (sempre se visto come unità a sé stante all’interno del sistema), la scelta può essere considerata valida. In questo caso le “compensazioni” si possono avere se:

1. la conversione del contenuto energetico del CDR all’interno dell’impianto di destinazione può avvenire con un’efficienza molto più elevata rispetto a quella che si avrebbe con il trattamento diretto del RUR; 2. le emissioni atmosferiche dall’impianto di conversione energetica del CDR risultano più basse rispetto a quelle che si avrebbero con il trattamento diretto del RUR; 3. la produzione e le caratteristiche dei residui solidi prodotti dall’impianto di conversione energetica del CDR risultano rispettivamente inferiori e migliori rispetto a quelle che si avrebbero con il trattamento diretto del RUR;


4. il CDR assume un valore di mercato positivo, ovvero può essere venduto all’utilizzatore finale, il quale ne apprezza le caratteristiche energetiche in confronto con quelle di altri combustibili. Soffermandoci per il momento sull’ipotesi di combustione del CDR all’interno dell’impiantistica di termovalorizzazione dedicata, con riferimento al punto 1. le esperienze fino ad ora maturate con gli impianti a letto fluido non hanno mostrato risultati incoraggianti. Un impianto di termovalorizzazione di CDR a letto fluido non è in grado di garantire efficienze di produzione di energia elettrica più elevate rispetto a quelle di un tradizionale forno a griglia alimentato con RUR, essenzialmente per due motivi: • le ben note problematiche di corrosione acida da HCl ad alta temperatura, che limitano fortemente i rendimenti di conversione, non vengono ridimensionate in modo apprezzabile con il CDR, il cui contenuto di cloro si mantiene su livelli critici; • i forni a letto fluido soffrono di limitazioni sulla taglia di impianto, che non può essere superiore ad una certa soglia; questo non consente di beneficiare dei favorevoli

effetti di scala sui rendimenti, che premiano gli impianti di taglia più grande a seguito di una serie di fattori tecnologici ed economici. Dunque effettuando un bilancio energetico allargato, ovvero includendo i consumi associati alla fase di produzione di CDR, è molto difficile ottenere risultati favorevoli nel confronto con il trattamento diretto del RUR. Per quanto riguarda il secondo punto, la situazione si presenta in modo differente. In linea di principio, infatti, la combustione di un materiale più “pulito” (quale è il CDR in confronto con il RUR) dovrebbe dare luogo ad emissioni ridotte, almeno per tutti quegli inquinanti la cui presenza nei fumi è direttamente proporzionale al contenuto nel rifiuto (HCl, SO2). Questo sarebbe vero qualora i fumi non necessitassero di alcun trattamento e venissero rilasciati direttamente in atmosfera. Anche se per fortuna le cose non vanno esattamente in questo modo, le normative richiedono un controllo estremamente spinto di tutti gli inquinanti, da effettuarsi mediante la realizzazione di complessi sistemi di abbattimento. Ai sensi del Decreto 133/05 i limiti emissivi con cui confrontarsi sono peraltro

analoghi per tutte le tipologie di rifiuti inceneriti, e quindi a dettar legge è la linea fumi, non certo le caratteristiche del materiale trattato. Al massimo il fatto di operare con un rifiuto più pulito può avere come conseguenza, a parità di concentrazione al camino, un minore consumo di reagenti. Questo può essere valutato mediante il ricorso a tecniche di analisi del ciclo di vita (LCA), ma generalmente non è un beneficio tale da rivoluzionare il risultato complessivo. Per quella che è l’attuale impostazione dei limiti emissivi (concentrazioni riferite a condizioni normali di gas secco ad un tenore di ossigeno di riferimento dell’11%), si rischia anzi di giungere al paradosso per cui la combustione del CDR, dando luogo ad una più elevata produzione specifica di fumi rispetto al RUR (è noto infatti come questa sia proporzionale al potere calorifico inferiore), può comportare emissioni specifiche più elevate se l’operatore si limita ad una gestione impostata sul semplice rispetto del limite emissivo. Il terzo punto può, invece, risultare nettamente favorevole al CDR rispetto al RUR: i forni a letto fluido, infatti, presentano una produzione specifica di residui solidi più bassa (peraltro in linea con il minore contenuto di ceneri del CDR rispetto al RUR), anche grazie all’estrazione a secco delle scorie. Quest’ultimo aspetto risulta penalizzante per i forni a griglia, dove lo spegnimento delle scorie avviene tradizionalmente in bagno d’acqua, sebbene esperienze recenti di estrazione a secco stiano fornendo risultati promettenti, anche in un’ottica di recupero successivo dei metalli. Oltre agli aspetti quantitativi, va ricordato che i residui solidi da forni a letto fluido sono generalmente meno contaminati rispetto a quelli prodotti da forni a griglia. L’ultimo punto è sicuramente quello che più ha mostrato i limiti della “via” del CDR. Mentre nel caso di trattamento in termovalorizzatori dedicati la questione non è minimamente in discussione, ovvero questi applicano una tariffa di accesso, peraltro tutt’altro che simbolica, confermando così il valore di mercato negativo di questo materiale, anche gli impianti industriali di co-combustione ben difficilmente si fanno “convincere” dell’opportunità di riconoscere un corrispettivo al

59


p roge t t i e t e cn o log ie

fornitore del CDR. I benefici associati al risparmio di combustibile fossile sono infatti in parte compensati dai maggiori aggravi, non unicamente economici, che inevitabilmente implica il “portarsi in casa un rifiuto”. Ad ogni modo il gestore dell’impianto industriale, forte del suo potere contrattuale, ha tutto l’interesse a beneficiare in prima persona del risparmio economico che tale pratica comporta, e a non spartirlo con altri. Ritornando al concetto di “filiera” precedentemente accennato, vale infine la pena di ricordare come in Italia si sia assistito ad episodi ben poco edificanti in tal senso. Sorvolando sulla questione campana dove, a rigor di logica, non bisognerebbe neanche arrivare a scomodare il CDR, visto che dai famigerati impianti di produzione (ora noti come “STIR”) non ne è mai uscito neanche 1 kg a norma di legge, ci si può limitare a ricordare alcune forme di “turismo” perfettamen-

60

Anno 4 - Numero 14

te legale del CDR, dal Piemonte alla Puglia, dal Veneto al Lazio, ecc. Quanto finora sinteticamente esposto dovrebbe portare alla logica conseguenza secondo cui il vero destino del CDR è quello della cocombustione in impianti industriali esistenti, a parziale sostituzione del carbone: la mancata collocazione sul territorio di un nuovo punto emissivo e il risparmio diretto del combustibile fossile “sporco” per eccellenza rappresentano infatti i principali motivi che dovrebbero portare verso questa scelta. Tra le esperienze italiane di maggiore interesse si segnalano quella della Provincia di Cuneo (co-combustione in cementificio, progetto I.DE.A. Granda - Integrazione Dell'Energia nell'Ambiente) e quella di Venezia-Fusina (co-combustione in centrale termoelettrica a carbone). Quest’ultima in particolare è stata oggetto, da parte degli Autori, di un approfondimento

impostato secondo l’analisi del ciclo di vita (si veda a tal proposito l’articolo pubblicato su Eco n. 12 ndr). Nel polo di Fusina un sofisticato impianto di produzione di CDR del tipo “a flusso unico” (ovvero basato sulla bioessiccazione del RUR, seguita dalla sua raffinazione meccanica) consente innanzitutto di produrre con alta resa un materiale dalle buone caratteristiche chimico-fisiche, e soprattutto piuttosto stabile in termini dei principali parametri energetici (potere calorifico, ceneri, umidità), anche a fronte delle ben note variazioni stagionali delle caratteristiche del RUR. In secondo luogo la vicinanza con una centrale termoelettrica a carbone permette la chiusura del ciclo praticamente a “km 0”. L’analisi del ciclo di vita si è potuta basare su di un’ampia base di dati, acquisita grazie alle numerose sperimentazioni condotte da ARPA Veneto, e progettate in modo tale da


permettere il confronto tra il funzionamento “in bianco” (solo carbone) e quello in regime di co-combustione. I principali risultati dello studio sono di seguito sintetizzati. La produzione di CDR nell’impianto di Fusina presenta una resa del 54% e dà luogo ad un materiale caratterizzato in media da un’umidità del 7,5%, contenuto di ceneri del 10% e PCI di 17000 kJ/kg. Il consumo di energia elettrica è compreso all’incirca tra 75 e 100 kWh per t di RUR. In condizioni di co-combustione in centrale termoelettrica a carbone (9 t/h di CDR, pari a circa il 5% del carico termico totale) si osserva, rispetto al funzionamento in bianco, una diminuzione della concentrazione al camino di polveri totali, Mn, Ni, V, SOx, CO2 fossile ed un aumento della concentrazione al camino di HCl, NH3, Cr, Pb, CO, mentre per i restanti inquinanti non si sono individuate variazioni sistematicamente ascrivibili alla presenza di CDR. L’analisi del ciclo di vita ha mostrato risultati quasi sempre favorevoli per la filiera di co-combustione in confronto con quelle basate sul ricorso ad impianti di termovalorizzazione dedicati (sia alimentati con RUR che con il medesimo CDR). Queste ultime presentano risultati migliori rispetto alla co-combustione per alcuni indicatori di impatto ambientale, ma solo nell’ipotesi di elevatissimi rendimenti di recupero energetico, e generalmente nell’ipotesi di sostituzione di combustibile “sporco” (carbone). In conclusione si può ritenere che la via a suo tempo indicata, basata sulla filiera del CDR finalizzata alla sua co-combustione, mantenga ancora un certo interesse e meriti di essere esplorata laddove le condizioni locali lo consentano. Dal punto di vista teorico, infatti, i benefici ambientali della co-combustione sono notevoli, soprattutto in relazione alla riduzione delle emissioni di CO2 fossile. I motivi per cui in Italia tale pratica risulta ancora poco sviluppata sono molteplici, dallo scarso interesse dimostrato dai gestori degli impianti industriali convenzionali, alla difficoltà di accettazione da parte delle comunità locali. A parere degli scriventi vi è un altro importante elemento di criticità legato a questa pratica, ovvero il rischio associato alla necessità di individuare una sinergia tra l’ente pubblico gestore dei rifiuti e l’azienda privata gestore dell’impianto industriale. Il primo ha, infatti, il ruolo di garantire il corretto recupero e smaltimento dei rifiuti prodotti quotidianamente, il secondo risponde invece a logiche di mercato necessariamente slegate da tale esigenza, ed ha pertanto il potere di ridurre o interrompere la produzione in qualunque momento, mandando così in crisi la completezza del ciclo dei rifiuti. Ci auguriamo comunque che il CDR possa continuare a trovare in Italia idonei sbocchi di co-combustione, magari anche grazie al nuovo nome conferitogli dal recente Decreto n. 205 del 2010, CSS – Combustibile Solido Secondario, dove, non a caso, è scomparso almeno nominalmente qualunque riferimento alla sua provenienza originaria: il rifiuto. *DIIAR – Sez. Ambientale, Politecnico di Milano

61


p roge t t i e t e cn o log ie

VALUTAre LA SOSTENIBILITà AMBIENTALE DELLE TECNOLOGIE DI BONIFICA MEDIANTE LCA Come progettare gli interventi di bonifica utilizzando l’analisi del ciclo vita per valutare l’idoneità delle tecnologie applicabili considerando anche gli impatti sull’ambiente di Dietmar Müller* e Herve Gaboriau**

I

più importanti obiettivi su cui si concentra la bonifica di siti contaminati sono generalmente legati alla possibilità di riqualificazione delle aree limitando i danni e proteggendo la salute dell’uomo e dell’ambiente. Quando il soggetto su cui ricade l’obbligo di bonifica elabora le considerazioni chiave per selezionare una tecnologia saranno l’idoneità tecnica, i costi, la fattibilità e la praticabilità a guidare la scelta. Aspetti di sostenibilità ed effetti ambientali secondari (trasporti, produzione di rifiuti) tendono ad essere ignorati o non considerati in modo sistematico. Come dimostrato da Schrenk (2005) persino tecnologie considerate amiche dell’ambiente, come il trattamento biologico del suolo, possono finire per avere un bilancio ambientale negativo, dato che gli impatti secondari aumentano linearmente con le distanze dei trasporti. Per questo uno degli obiettivi di Eurodemo è quello di sostenere sia la selezione degli approcci di bonifica, sia la competitività delle “nuove” tecnologie, elaborando delle linee guida che comprendono, in particolare, principi e criteri comuni per la valutazione delle conseguenze degli impatti sull’ambiente e per l’elaborazione di pro-

62

Anno 4 - Numero 14

cessi di valutazione che facilitino il confronto tra gli effetti ambientali delle tecnologie e dei progetti di bonifica.Già il network europeo CLARINET (2002) suggeriva che fosse necessario affrontare una valutazione complessiva della bonifica del territorio in un contesto di sviluppo sostenibile, in modo da far coincidere i miglioramenti generati dell’obiettivo principale con i più ampi effetti sull’ambiente (considerazioni secondarie). Anche alcuni strumenti di supporto decisionale già esistenti per la selezione delle tecnologie di bonifica sono finalizzati a indirizzare ed illustrare il valore complessivo delle differenti opzioni di bonifica, tenendo quindi in considerazione impatti ambientali su vasta scala. Per esempio il sistema olandese REC offre come risultato una sommaria illustrazione dei benefici che derivano dalla riduzione del rischio, del valore

complessivo ambientale e dei costi stimati. PURE, un progetto portato avanti sotto il V Programma Quadro, aveva sviluppato uno strumento per valutare la fattibilità, i benefici e i costi delle diverse tecniche di bonifica. Il


cosiddetto “ABC-tool” (www.euwelcome.nl) considera i benefici nei termini di una completa valutazione ambientale degli effetti positivi diretti e degli impatti ambientali su vasta scala. Comunque, a parte discussioni scientifiche e alcuni approcci sviluppati all’interno di progetti, non ci sono al momento procedure generali condivise di valutazione degli aspetti sostenibili dei progetti e delle tecnologie di bonifica dei terreni e delle acque sotterranee.

PROCEDURA GENERALE PER UNA VALUTAZIONE DEGLI IMPATTI AMBIENTALI

Durante gli ultimi decenni le preoccupazioni della società riguardo al degrado ambientale, alla salute dell’uomo e all’esaurimento delle risorse naturali sono aumentate significativamente. Il concetto politico di sostenibilità fu introdotto nel 1987 dal rapporto Brundtland, nel quale viene definito come lo sviluppo necessario a soddisfare i bisogni di oggi, senza il rischio che le generazioni future non siano in grado di soddisfare i propri. A parte le dimensioni economiche e sociali, la sostenibilità ambientale mira specificatamente a sostenere il capitale naturale, come i materiali rinnovabili, l’acqua le risorse energetiche e la limitazione delle emissioni.

L’eco-efficienza è uno strumento per illustrare e valutare la dimensione ambientale delle attività umane e può essere generalmente definita come il rapporto tra un valore specifico (es. costo, beneficio ambientale o benessere sociale) e gli impatti ambientali. Eurodemo propone un procedimento e dei criteri per monitorare lo sviluppo del recupero ambientale, per identificare gli approcci migliori e più innovativi, e le tecnologie ecologicamente compatibili. A riguardo della valutazione degli impatti ambientali consiglia l’utilizzo di una generica struttura di Analisi del Ciclo Vita (LCA), all’interno di un approccio a più livelli. Una completa Analisi del Ciclo Vita per progetti o tecnologie di bonifica è un’operazione che richiede molto tempo, poiché necessita dell’acquisizione di informazioni dettagliate e di un elevato numero di dati. Il metodo mostra ,quindi, i limiti per un’applicazione pratica come processo di routine. Usando un approccio a più livelli o a step successivi che consente di variare il quantitativo di dati e di lavoro necessari in base anche alla complessità del progetto e alla stima dei costi. Partendo da un primo step di caratterizzazione qualitativa, con dati e valutazioni semplificati, il secondo step rappresenta un’analisi

del ciclo vita semplificata focalizzata unicamente sulle misure e processi più rilevanti, fino a giungere al terzo step con l’LCA completa. Un approccio a più livelli garantisce così una soluzione sia a livello pratico che a livello economico. Passando da uno step al successivo si determina un incremento nella domanda di dati, una riduzione del livello di incertezza ed un aumento della significatività dei risultati. Per quanto riguarda i progetti e le tecnologie di bonifica del suolo e della falda, la valutazione di impatti ambientali su vasta scala includerà in modo sistematico due livelli, un’analisi qualitativa e un’analisi semplificata degli impatti. Un completo LCA potrebbe essere appropriato a seconda delle dimensioni dei progetti come supporto per la selezione delle tecnologie di bonifica soprattutto su grandi siti (‘mega-sites’). Come parte integrante della procedura di valutazione, la trasparenza e la riproducibilità sono elementi fondamentali che richiedono che tutti gli input, le considerazioni e i giudizi elaborati, a ciascun livello, siano adeguatamente riportati.

OPZIONI SIGNIFICATIVE, OBIETTIVI E SCOPI Come prerequisito per una valutazione degli impatti dei progetti di bonifica ambientali e su vasta scala, le opzioni analizzate devono essere definite e spiegate con una breve descrizione. Inoltre una delle opzioni prese in considerazione consiste nel dover rappresentare lo “scenario di riferimento”, vale a dire l’approccio o la tecnologia di bonifica più frequentemente impiegata e che sarà utilizzato come linea guida per il confronto degli impatti ambientali su larga scala. Come ulteriore punto di partenza, gli obiettivi complessivi del progetto di bonifica e gli obiettivi dell’analisi degli impatti ambientali devono essere brevemente descritti. Come secondo passo lo scopo della procedura di analisi va definita imponendo dei confini di valutazione e delle unità funzionali. Per confini si intendono sia i confini tecnici e geografici, sia i limiti temporali. E’ necessario sottolineare che questa fase preparatoria rappresenta un punto crociale

63


p roge t t i e t e cn o log ie

per gli step successivi e determinante per l'ottenimento dei risultati. I confini geografici devono essere intesi nel loro più ampio significato: materiali contaminati potrebbero essere trasferiti a impianti di trattamento o smaltimento fuori sede, quindi strutture di bonifica geograficamente separate necessitano comunque di essere considerate come se fossero parte del “sistema”. Gli impatti ambientali generati dalle operazioni di trattamento fuori sede devono essere inclusi all’interno della valutazione complessiva. Al contrario, non devono essere presi in considerazione gli effetti ambientali causati dall’installazione o dalla chiusura di alcune strutture, a meno che questi non siano strettamente connessi o causati dal progetto stesso. I limiti temporali vanno definiti nel corso della durata dello scenario di riferimento. Dipendendo dall’approccio della bonifica e dalle tecnologie teoricamente impiegate all’interno dello scenario di riferimento, la durata può essere inferiore ad un anno o andare fino a 20 o 30 anni (una generazione). Nel caso di progetti su mega-siti vanno fatte considerazioni di tipo differente poichè a Consumi energetici INPUT

Utilizzo di materie prime Utilizzo di territorio Consumi idrici Produzione rifiuti

OUTPUT

Emissioni in atmosfera Emissioni in acque superficiali Riscaldamento globale Acidificazione Smog fotochimico

IMPATTI

Riduzione fascia di ozono

SECONDARI

Eutrofizzazione Tossicità umana Tossicità acquatica Tossicità terrestre

Tabella 1. Lista delle categorie di impatto ambientale per l’analisi qualitativa delle tecnologie di bonifica (Analisi Livello 1)

64

Anno 4 - Numero 14

causa della vastità del problema, delle difficoltà geologiche e idrologiche legate al territorio o ad inquinanti difficili da trattare, è molto probabile che i periodi da considerare siano molto più lunghi. L’unità funzionale fornisce le basi per effettuare i confronti. Per paragonare progetti o tecnologie di bonifica molti sono i parametri da introdurre e che potrebbero essere impiegati come “unità funzionali”. Considerando ad esempio che lo scopo finale della bonifica è la rimozione o l’immobilizzazione dei contaminanti, l’unità funzionale complessiva ideale è costituita dalla massa di contaminante (kg). I Criteri di “Cut-off” costituiscono generalmente una parte della definizione degli scopi dell'LCA e non sono predefiniti, ma necessitano di essere sviluppati nel corso dei livelli 2 e 3.

VALUTAZIONE QUALITATIVA DEGLI IMPATTI AMBIENTALI (livello 1)

Il primo passo per la Valutazione degli Impatti Ambientali pone l’enfasi sull’importanza dei processi che fanno parte dei progetti o delle tecnologie di bonifica e che definiscono la portata degli impatti ambientali su vasta scala provocati da questi ultimi. La valutazione è, quindi, espressa solo qualitativamente e con un basso numero di dettagli, considerando le categorie di impatto in un modo più generico. L’importanza degli impatti ambientali su vasta scala dipende dall’intensità dei processi (es. consumo energetico) e dalla loro durata. Riferendosi alle brevi descrizioni generali ciascuna opzione considerata all’interno della valutazione deve essere caratterizzata da una dettagliata descrizione degli elementi chiave e dei maggiori processi coinvolti nel Ciclo Vita (ad es. l’elemento chiave GAC – carbone granulare attivo: produzione, trasporto, raccolta, riciclo). La descrizione dovrebbe essere supportata da appropriati mezzi di visualizzazione (es. schemi di processo, diagrammi). In tabella 1 è riportata una lista delle diverse categorie di impatto ambientale suggerite come base per la valutazione qualitativa. Facendo riferimento alla lista delle Categorie di Impatto Ambientale e iniziando con

uno “scenario di riferimento”, tutte le opzioni devono essere classificate in relazione alle diverse categorie di impatto ambientale e selezionate in base all’approssimativa importanza dell’impatto stesso (basso, medio o alto). Collegati a ciascuna classificazione, dovranno essere riportati i principali elementi chiave e i processi del progetto o della tecnologia di bonifica; una grande importanza è in genere assegnata ai processi che causano impatti ambientali intensivi, come trasporti di materiale per grandi scavi e riempimenti, o di lunga durata, come pompaggi di durata superiore ai 10 anni. I risultati della Fase di Classificazione dovrebbero essere mostrati con: • una tabella riassuntiva che fornisca una panoramica di tutte le opzioni di bonifica considerate e la classificazione delle categorie di impatto ambientale valutate; • schemi che introducano gli elementi chiave di ciascuna opzione di bonifica; • tabelle o schemi che indichino i processi coinvolti nei diversi elementi chiave del sistema di bonifica identificato e che diano un’indicazione di quali siano i processi che causano i maggiori impatti sull’ambiente.

VALUTAZIONE SEMPLIFICATA DEGLI IMPATTI AMBIENTALI (livello 2)

Il secondo passo per la Valutazione degli Impatti Ambientali mira sia ad accrescere la comprensione dell’importanza dei diversi processi relativi ai progetti o alle tecnologie di bonifica, sia ad elaborare una prima valutazione quantitativa della rilevanza degli impatti ambientali su vasta scala. L’analisi degli impatti è effettuata quantitativamente, ma con un’attenzione mirata a: • i processi che sono stati assegnati in virtù della loro maggiore rilevanza; • poche selezionate categorie di impatto. Per identificare i processi di maggior rilievo in termini di correlate conseguenze ambientali, i Criteri “Cut-off” per l’approccio del Ciclo Vita al livello 2 possono essere definiti al 20%. Come alternativa, basandosi su uno studio eseguito da Schrenk (2006), progetti e tecnologie di bonifica possono essere divisi in cinque gruppi, che mostrano similarità in relazio-


ne alla definizione dei più importanti processi coinvolti (vedi tabella 2). Già al primo livello, è stata stabilita una caratterizzazione dei progetti e delle tecnologie di bonifica considerati. Questa delineazione degli elementi chiave e dei processi più importanti deve essere usata come strumento di controllo e nel confronto con la tabella 2 deve essere elaborata una descrizione finale dei processi di maggior rilievo, supportata da appropriati mezzi di visualizzazione (es. schemi ad albero, diagrammi). Sulla base del progetto Eurodemo viene realizzato un set centrale di categorie di impatto ambientale (vedi tabella 3), che può essere adattato sulla base dei risultati ottenuti tramite la fase di qualificazione. In accordo con le liste finali dei processi più rilevanti e delle categorie di impatto ambientale, deve essere eseguita una valutazione degli impatti che andranno calcolati per tutte le opzioni considerate. Sulla base dei risultati per lo “scenario di riferimento” vengono normalizzati i risultati delle ulteriori opzioni. I risultati della Fase di Valutazione Semplificata possono essere mostrati con: • tabelle o schemi che spieghino i diversi elementi chiave del processo analizzato e che forniscano un’indicazione sui processi che possono causare significativi impatti ambientali; • una tabella riassuntiva che offra una visione generale di tutte le opzioni di bonifica considerate e dei risultati della valutazione degli impatti ambientali selezionati; • un grafico (es. istogramma) che indichi i risultati della valutazione normalizzati secondo lo “scenario di riferimento”.

Escavazio-

Trattamenti

Trattamenti

Trattamenti

Confina-

off-site

on-site

in-situ

menti

Costruzione

Costruzione

Costruzione

Operazione

Costruzione

Trasporto

Trasporto

Trasporto

di materiale

di materiale

contaminato

contaminato

Trattamento

Trattamento

Trasporto di ma-

Trasporto di ma-

teriale bonificato

teriale bonificato

Riempimento

Riempimento

ne e smaltimento

Riempimento: • Materiale • Costruzione • Trasporto

VALUTAZIONE DEL CICLO VITA (livello 3) La valutazione del Ciclo Vita è un processo che richiede tempo e risorse. L’esecuzione della procedura completa come terzo livello è raccomandata soltanto per progetti che coinvolgono sforzi eccezionali, o a livello di costo o di dimensioni, e la cui durata sia calcolata per un periodo superiore a una generazione (>30 anni). *Federal Environment Agency, Austria **BRGM, France

Utilizzo di materiale

Trasporto

Utilizzo di materiale

Operazione

Tabella 2. Raggruppamento delle principali tecnologie di bonifica (Schrenk, 2006)

Categorie di impatto INPUT

Consumi energetici

Parametri Rinnovabili, non rinnovabili e consumo totale energetico

Consumi idrici

m3 di acqua

OUTPUT

Produzione rifiuti

Rifiuti pericolosi e non pericolosi

Impatti secondari

Riscaldamento globale

Anidride carbonica (kg CO2)

Tabella 3. Elenco delle categorie di impatto per la valutazione di progetti e tecnologie di bonifica (Analisi livello 1)

65


n o r m at iva

CENTRI COMUNALI DI RACCOLTA: IL CORRETTO CONFERIMENTO DEI RIFIUTI URBANI LA COMPLESSA NORMATIVA CHE REGOLA LA GESTIONE DEGLI IMPIANTI NELL’OTTICA DI UNA MAGGIORE TUTELA AMBIENTALE di Rosa Bertuzzi*

I

l conferimento dei rifiuti urbani ai Centri di Raccolta comunali è disciplinato da un’apposita disciplina normativa, costituita dal D.M. Ambiente 8 aprile 2008, come modificato dal D.M. 13 maggio 2009. Il legislatore ha in questo modo definito la disciplina normativa dei centri di raccolta – definiti CDR - dei rifiuti urbani differenziati, la cui definizione, peraltro, è contenuta nel nuovo art. 183, comma 1, lettera mm) del D.Lgs. 152/2006 (cosiddetto Testo Unico sull’Ambiente), come da ultimo modificato ad opera del D.Lgs. 205/2010. Tale decreto indica i requisiti tecnico-organizzativi da rispettare nella gestione di questa tipologia di impianti, comprese le tipologie di rifiuti e le modalità di conferimento ammesse, in un’ottica di promozione dei livelli di qualità della vita umana da realizzare attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni dell'ambiente e mediante l'impiego accorto e razionale delle risorse naturali. Infatti, in base agli artt. 3-bis – 3-sexies del D.Lgs. 152/2006, la tutela dell'ambiente, degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti, pubblici o privati, e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private mediante un’adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, del-

66

Anno 4 - Numero 14

lo sviluppo sostenibile, nonché del principio «chi inquina paga», tutte norme che regolano la politica degli Stati e dell’Unione europea in materia ambientale. L’articolo sopra citato definisce i CDR come “area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di re-

cupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281”. Si tratta di una grande novità, in quanto per la prima volta viene inserita nell’ordinamento giuridico italiano la definizione di CDR.


DEFINIZIONE DEI CENTRI DI RACCOLTA È utile in primo luogo definire il campo di applicazione di tale decreto, precisando quali siano, ad oggi, i rifiuti che possono essere inseriti nel ciclo di raccolta di un CDR. L'art. 1 fa riferimento ai rifiuti urbani ed assimilati elencati nell'allegato I, paragrafo 4.2 del citato decreto, comprensivi dei "… rifiuti assimilati ai rifiuti urbani sulla base dei regolamenti comunali, fermo restando il disposto di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche". A tal proposito, è da rilevare che sarebbe competenza dello Stato "… la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani ...", mentre spetterebbe al Comune (sulla base di tali criteri) definire "... l'assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai

rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), ferme restando le definizioni di cui all'articolo 184, comma 2, lettere c) e d) …". Pur non avendo in questa sede la possibilità di entrare nel dettaglio, non sfugge che, con l'uscita del D.M. sui centri di raccolta, si sia venuta a creare una sovrapposizione di competenze, in quanto il Ministero dell'Ambiente, lungi dal limitarsi a determinare i "criteri", si sostituisce al Comune - pur riconoscendone la potestà assimilatoria - ed indica che cosa si intenda per urbani ed assimilati con tanto di codice CER. Tra le tante conseguenze di questa chiara identificazione c'è l'inserimento, tra i rifiuti assimilati, dei rifiuti pericolosi, che renderà obbligatorio il regime di privativa anche per questi ultimi e creerà non pochi problemi non solo relativamente alla tassa/tariffa, ma anche con riferimento alle attività di riscontro della conformità in fase di accettazione.

PRESCRIZIONI SUI CDR CONTENUTE NEL TESTO UNICO AMBIENTALE

Il D.Lgs. 152/2006 contiene, fra l’altro, prescrizioni riguardanti i rifiuti urbani e i CDR all’interno della parte IV, specificamente dedicata ai rifiuti. Il nuovo art. 182-ter (“Rifiuti urbani”) del Testo Unico Ambientale, introdotto dal D.Lgs. 205/2010, stabilisce che “La raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002”. A tal fine, a regioni, province autonome, comuni e ATO, ciascuno per le proprie competenze e nell'ambito delle risorse disponibili allo scopo a legislazione vigente, è demandata l’adozione di misure volte a incoraggiare: • la raccolta separata dei rifiuti organici; • il trattamento dei rifiuti organici in modo da realizzare un livello elevato di protezione ambientale;

OBBLIGATORIETÀ DI ISCRIZIONE AL SISTRI Il D.M. 19 dicembre 2009, istitutivo del Sistri, più volte modificato da una serie di ulteriori decreti succedutisi nel corso del 2010, prevede che i Comuni stessi – intesi come Enti Locali, e non come semplici centri di raccolta – non sono tenuti ad iscriversi al SISTRI come produttori di rifiuti urbani e gestori del servizio pubblico di raccolta e trasporto di rifiuti urbani (iscritti nella Categoria 1 dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali), ad eccezione dei soli Comuni e gestori del servizio pubblico di raccolta e trasporto di rifiuti urbani della regione Campania che devono, ai sensi dell’articolo 2 del citato D.M. 17 dicembre 2009, iscriversi come produttori di rifiuti urbani. Pertanto, per tutti gli altri soggetti di cui sopra, permane l’obbligo di dichiarazione MUD ai sensi dell’art. 189, comma 5 del D.Lgs. 152/2006. Il tracciamento dei rifiuti urbani, assicurato dal SISTRI, comincia dal primo impianto di gestione dei rifiuti urbani. Invece, l’intermediario di rifiuti urbani deve sempre iscriversi, per il solo fatto che interviene nella filiera dei rifiuti come intermediario (è infatti obbligatoria l’iscrizione per tutte le categorie di intermediari di rifiuti): per quanto riguarda le “municipalizzate”, invece, hanno l’obbligo d’iscrizione al SISTRI per la produzione e gestione dei rifiuti speciali, compresa la raccolta ed il trasporto (l’obbligatorietà dei comuni all’iscrizione al Sistri è già stata trattata nei numeri precedenti di questa rivista).

Gli obblighi di iscrizione dei cdr

Per quanto riguarda invece i Centri comunali di recupero e smaltimento dei rifiuti urbani, questi sono tenuti ad iscriversi anche come produttori. In particolare: • gli impianti comunali o intercomunali ai quali vengono conferiti rifiuti urbani e che effettuano, in regime di autorizzazione, unicamente operazioni di messa in riserva R13 e deposito preliminare D15, si iscrivono al SISTRI nella categoria centro raccolta/piattaforma e versano il contributo annuo di 500 euro indipendentemente dalla quantità di rifiuti urbani gestiti; • nel caso di movimentazione dei rifiuti urbani in uscita da impianti comunali o intercomunali che effettuano, in regime di autorizzazione, unicamente operazioni di messa in riserva R13 e/o deposito preliminare D15, effettuata da imprese di trasporto iscritte nella categoria 1 di cui al D.M. 28 aprile 1998, n. 406, il gestore di tali impianti compila la scheda SISTRI – Area movimentazione, ne stampa una copia e la consegna, firmata, all'impresa di trasporto. Tale scheda accompagna il trasporto dei rifiuti fino all'impianto di recupero e/o smaltimento di destinazione.

Piattaforme ecologiche obbligate al sistri

Non sono invece obbligati ad iscriversi al SISTRI i centri di raccolta comunali o intercomunali disciplinati dal decreto 8 aprile 2008, come modificato dal decreto 13 maggio 2009, iscritti all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, che svolgono unicamente attività di raccolta, mediante raggruppamento per frazioni omogenee per il trasporto agli impianti di recupero, trattamento e, per le frazioni non recuperabili, di smaltimento, dei rifiuti urbani e assimilati. Qualora dal centro di raccolta di cui al decreto 8 aprile 2008 i rifiuti vengano movimentati da un’impresa di trasporto iscritta al SISTRI, la scheda SISTRI deve essere compilata, con riferimento all’Area Movimentazione, da parte del trasportatore con i dati del produttore, che coincide con il centro di trasporto. Nei casi in cui un produttore conferisca rifiuti speciali in convenzione al soggetto che gestisce il servizio pubblico di raccolta e trasporto di rifiuti urbani o ad altro circuito organizzato di raccolta, ai sensi dell’articolo 7 comma 3 del D.M. 17 dicembre 2009, possono adempiere agli obblighi di cui al D.M. stesso tramite il gestore del servizio di raccolta o della piattaforma di conferimento.

67


n o r m at iva

• l'utilizzo di materiali sicuri per l'ambiente ottenuti dai rifiuti organici, ciò al fine di proteggere la salute umana e l'ambiente. In materia di riutilizzo di rifiuti, l’art. 180-bis prevede che le pubbliche amministrazioni debbano promuovere iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, che possono consistere anche in: • uso di strumenti economici; • misure logistiche, come la costituzione ed il sostegno di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo; • adozione, nell'ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, di idonei criteri, ai sensi dell'articolo 83, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 163/2006, e previsione delle condizioni di cui agli articoli 68, comma 3, lettera b), e 69 del medesimo decreto; a tale fine il Ministro dell'Ambiente adotta entro sei mesi dalla data di en-

68

Anno 4 - Numero 14

trata in vigore della presente disposizione i decreti attuativi di cui all'art. 2 del Ministro dell'Ambiente in data 11 aprile 2008, pubblicato sulla G.U. n. 107 dell'8 maggio 2008; • definizione di obiettivi quantitativi; • misure educative; • promozione di accordi di programma. Altra novità stabilisce che con uno o più decreti del Ministero dell'Ambiente, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico, saranno adottate le ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo, anche attraverso l'introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto. Con uno o più decreti del Ministero dell'ambiente, saranno inoltre definite le modalità operative per la costituzione e il sostegno di centri e reti accreditati di cui al comma 1, lett. b), ivi compresa la definizione di procedure autorizzative

semplificate e di un catalogo esemplificativo di prodotti e rifiuti di prodotti che possono essere sottoposti, rispettivamente, a riutilizzo o a preparazione per il riutilizzo. Ancora in materia di riciclaggio e recupero, l’art. 181 impone alle regioni di stabilire i criteri con i quali i comuni provvedono a realizzare la raccolta. Le autorità competenti dovranno inoltre realizzare entro il 2015 la raccolta differenziata almeno per carta, metalli, plastica e vetro, e ove possibile, per il legno, nonché adottare le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi: • entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso; • entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell'elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70% in termini di peso. Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti devono essere raccolti separatamente, laddove ciò sia realizzabile dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, e non devono essere miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà diverse. Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell'Albo Nazionale Gestori Ambientali, al fine di consentire il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti. Per favorire l'educazione ambientale e contribuire alla raccolta differenziata dei rifiuti, i sistemi di raccolta differenziata di carta e plastica negli istituti scolastici sono esentati dall'obbligo di autorizzazione, in quanto presentano rischi non elevati e non sono gestiti su base professionale.


Per quanto invece attiene al corretto smaltimento dei rifiuti, occorre fare riferimento all’art. 182 del TUA. Lo smaltimento dei rifiuti deve essere effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero: la verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno

applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono poi essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero e prevedendo, ove possibile,

la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell'ambito di attività di riciclaggio o di recupero. Si noti che è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano. Infine, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recupero energetico. *Ambienterosa, consulenze legali ambientali

GLI ILLECITI dei CENTRI COMUNALI Per quanto concerne questa problematica, si deve osservare che verosimilmente i CDR rappresenteranno un luogo deputato a micro-smaltimenti illegali di rifiuti, ossia operazioni di gestione illecita di rifiuti provenienti da utenze non domestiche nonché dagli altri soggetti tenuti al ritiro di specifiche tipologie di rifiuti dalle utenze domestiche in base alle vigenti normative settoriali. Ciò in quanto i conferimenti comportano costi pari a zero. Come fare pertanto a prevenire ingressi di rifiuti speciali mascherati da domestici o da assimilati? Quale tipo di responsabilità si configura in capo al Gestore in caso di conferimenti illeciti? I CDR sono indicati come aree "… presidiate ed allestite ove si svolge unicamente attività di raccolta, mediante raggruppamento [...] dei rifiuti urbani e assimilati elencati [...] conferiti in maniera differenziata rispettivamente dalle utenze domestiche e non domestiche ..."; nello specifico si spiega che l'ingresso al centro deve essere sottoposto a: • esame visivo del rifiuto effettuato dall'addetto, anche al fine di verificare la consistenza, la regolarità, la correttezza del conferimento del rifiuto (non a caso il Sistri ha introdotto gli obblighi di installazione dei sistemi di videosorveglianza delle discariche e degli inceneritori); • procedure di contabilizzazione (per quanto concerne le sole utenze non domestiche, e sempre in uscita) ai fini dell’impostazione dei bilanci di massa o bilanci volumetrici - entrambi sulla base di stime in assenza di pesatura - attraverso la compilazione, eventualmente su supporto informatico, di uno schedario numerato progressivamente e conforme ai modelli di cui agli allegati al D.M. stesso. I dati relativi ai rifiuti in ingresso ed in uscita dal centro di raccolta devono essere trasmessi, su richiesta, agli enti di programmazione e di controllo. In prima battuta, dunque, esaminando il tenore letterale di quanto sopra riportato, si può affermare che, per il legislatore, più che la modalità di conferimento assume importanza 'ciò che si porta’. Pertanto al Gestore è sicuramente imposto di accogliere tutti i rifiuti urbani di provenienza domestica, poiché ciò che rileva, ai fini ambientali e dell'accettazione del residuo, è la natura domestica (rectius la provenienza) del rifiuto. È comprensibile, nondimeno, che lo stesso tipo di utenza impieghi mezzi 'più capienti' (ad esempio appartenenti ad organizzazioni o noleggiati) per trasportare tipologie di rifiuti che non possano essere contenuti in una semplice utilitaria. Paradossalmente sarebbe possibile – seppur meno condivisibile – che questo avvenga in maniera non conforme alle norme del Codice della strada, ad esempio perché ci si trova di fronte alla violazione specifica che punisce un utilizzo di un mezzo in modo differente rispetto a quanto indicato sulla carta di circolazione. In questi casi, difatti, la prescrizione violata non riguarda la disciplina ambientale, ma il Codice della strada. Si comprende, di contro, che l'utilizzo di automezzi diversi da quelli di proprietà dell'utenza domestica possa facilmente dissimulare un conferimento illecito. Come già rilevato, il dettato normativo prescrive che le utenze non domestiche possano conferire esclusivamente rifiuti assimilati agli urbani, individuati dalle delibere di assimilazione comunali unitamente all'elenco individuato dal D.M. Ambiente 8 aprile 2008 e s.m.i. Per cui, escludendo il caso di accesso al centro mediante il formulario, si dovrà adattare il modello individuato nel lontano 1998 con il D.M. 145/98, il quale stabilisce le modalità di compilazione del formulario di identificazione del rifiuto, alle nuove realtà gestionali del CDR, indicando, al punto 5 dell’allegato B, il “centro di raccolta” con gli estremi identificativi dello stesso. Rimangono però esclusi da tale disciplina i seguenti casi: • accesso mediante trasporto, effettuato dalle stesse utenze non domestiche, in assenza di formulario poiché produttori occasionali e saltuari di rifiuti non pericolosi entro i 30 kg o litri (di cui all'articolo 193, commi 4 e 4-bis, D.Lgs. 152/2006); la quantità di 30 chili o litri non è intesa come giornaliera per quanto meglio di seguito si andrà a precisare in merito ai requisiti dell’occasionalità e saltuarietà); • accesso mediante trasporto di rifiuti fatti passare come domestici, ma in realtà provenienti da utenze non domestiche (es. attività commerciali ed artigianali).

Le responsabilità del gestore dell’impianto

D'altronde e per analogia, per altre tipologie simili di impianti (es. discariche/inceneritori/stoccaggio/messa in riserva) sono stati da sempre individuati a carico del Gestore obblighi precisi, che lo individuano come il principale responsabile dell'accettazione dei rifiuti, assegnandogli quel potere-dovere non solo di (ri)controllare l'individuazione del codice CER effettuato dal produttore che lo conferisce, ma anche di verificare la documentazione relativa al rifiuto, la conformità ai criteri di ammissibilità, le caratteristiche dei rifiuti indicate nel formulario, nonché di effettuare ispezioni visive (prima e dopo lo scarico) e di verificare la congruità con le caratteristiche indicate nel formulario di identificazione, ecc., in linea con quelle che sono le esigenze 'ambientali' dell'accettazione su tali impianti (Ottavio Saia, Focus ambiente).

69


PeVmedia.com

WWW.ecoera.it

... informazione e visibilità hanno nuovo PESO è on-line il portale di informazione e aggiornamento sul mondo delle bonifiche, dei rifiuti e delle demolizioni.


n o rm at i va

INCERTEZZA GIURIDICA E VIRTUOSISMI INTERPRETATIVI IN MATERIA DI SITI CONTAMINATI ALCUNE RIFLESSIONI SULLE LACUNE DEL TESTO UNICO AMBIENTALE RIGUARDO ALLA DIFFICILE QUESTIONE DELL’MTBE di Andrea Quaranta*

U

n anno fa, nel numero 7 della rivista ECO, salutavo con un certo entusiasmo una (allora) recente sentenza del Consiglio di Stato che metteva un po’ d’ordine nella confusione interpretativa che ha caratterizzato per anni il settore del diritto ambientale relativo alla bonifica dei siti contaminati. La sentenza in questione (5356/09) affrontava un argomento “caldo” e fin troppo noto agli operatori del settore: la spinosa questione dell’MTBE, un parametro non normato, sulla cui soglia di concentrazione limite da anni si discuteva, con modalità non sempre ortodosse, senza arrivare ad una condivisa e certa applicazione pratica.

Tant’è che ne succedevano “di cotte e di crude”, come in quel caso in cui, a fronte dello scarico in un collettore fognario con un “inquinamento base X”, la Pubblica Amministrazione imponeva al soggetto responsabile di turno una depurazione spinta fino ad ottenere delle acque potabili, che sarebbero andate a diluire l’inquinamento presente nel collettore fognario… Assurdità giuridiche giustificate sulla base di un parere dell’ISS, l’Istituto Superiore di Sanità, il quale, in mancanza di una disciplina, ha deciso di sostituirsi al legislatore e di fissare in modo autonomo i limiti per il parametro MTBE. Con il tempo la giurisprudenza ha cercato di porre un rimedio a tale “anarchico” incedere amministrativo e proprio il Consiglio di Stato, nella citata sentenza – a proposito della classificazione dell’MTBE e del relativo “trattamento giuridico” – aveva statuito in modo chiaro e netto che:

• gli organi tecnico-scientifici, benché ispirati a fini precauzionali e/o conservativi, non sono abilitati, nell’espletamento dei propri compiti consultivi, ad introdurre obblighi o prescrizioni non previsti dalla norma primaria o da quella regolamentare, con effetti rilevanti – in caso di inosservanza – in sede amministrativa e/o penale, e • pretendere l’osservanza di valori-limite molto restrittivi, basandosi su astratte questioni di principio, a prescindere da qualsivoglia considerazione legislativa e da ogni contestualizzazione, rischia di creare danni inutili ed ingiustificati alle imprese coinvolte nei procedimenti di bonifica, senza peraltro garantire all’ambiente interessato dalle stesse operazioni alcun significativo vantaggio pratico. La morale era, in sostanza, la seguente: nessuno dubita della necessità di modificare in melius le (tante, troppe) norme scritte in modo scoordinato, frammentario e contraddittorio dal nostro disinvolto legislatore (sempre più spesso delegato …), ma la ricerca di soluzioni (ambientali, economiche, sociali) adeguate (e logiche) non può spingersi fino a piegare le regole della formazione degli atti legislativi/ amministrativi, da un lato, e a disinteressarsi dell’efficacia globale degli interventi, dall’altro. Anche e soprattutto perché, al di là delle doverose ed ineliminabili considerazioni giuridiche,

71


n o r m at iva

pretendere l’osservanza di valori-limite molto restrittivi, basandosi solo su astratte questioni di principio, decontestualizzate, rischia di creare danni inutili ed ingiustificati alle imprese coinvolte nei procedimenti di bonifica, senza peraltro garantire all’ambiente interessato dalle stesse operazioni alcun significativo vantaggio pratico. Come a dire che non sempre il rigore paga, se non è contestualizzato all’interno di un percorso con scopi precisi da raggiungere. Di recente, il TAR del Trentino Alto Adige è intervenuto in materia cercando di fare ulteriore chiarezza, con una sentenza che – c’è da scommetterci – susciterà non poche polemiche. La decisione trae origine da un ricorso presentato da una nota società petrolifera, volto a chiedere l’annullamento di due “note” (una

72

Anno 4 - Numero 14

comunale, l’altra provinciale) con le quali, sostanzialmente, si chiedeva alla ricorrente di integrare la relazione dell’analisi di rischio sitospecifica presentata attraverso la prescrizione di attenersi, per quanto riguarda l’MTBE, al parere espresso dall’Istituto Superiore della Sanità. Ovvie – alla stregua di quanto appena detto – le rimostranze della ricorrente, che, nel puntare il dito sulle modalità per l’individuazione delle concentrazioni dell’MTBE, ribadiva che la lacuna normativa non può essere colmata da un’attività di integrazione analogica operata dall’ISS. Ebbene, il TAR di Trento, apparentemente, non si è discostato dal filone giurisprudenziale in base al quale “il fatto che l’MTBE non sia una sostanza inclusa nelle tabelle allegate al Testo Unico Ambientale costituisce una lacuna che non potrebbe essere colmata con un’operazione di integrazione svolta dall’amministrazione anziché dal legislatore”. Però, nel prosieguo della motivazione tira in ballo il generale principio di precauzione, per arrivare, sostanzialmente, alla conclusione opposta. Nel nostro ordinamento, infatti – sottolinea il TAR del Trentino – esiste il principio di precauzione, che non è uno slogan né una semplice dichiarazione d’intenti, ma una sorta di “norma materiale”, invocabile ogni volta che, pur a fronte di una carente base normativa – e, dunque, di un possibile ritardo da parte del legislatore nel prendere atto del costante progresso della scienza – sia ragionevolmente ipotizzabile l’esistenza di un rischio non tollerabile. Ragionevolmente: cioè sulla base di un’analisi del caso concreto, non di un parere generalizzato. E così il Tribunale amministrativo ha sottolineato l’importanza di individuare, in concreto (cioè proprio caso per caso), il margine di tollerabilità dell’inquinamento, tenuto conto in particolare che, nella specie, si trattava di acque destinate anche al consumo umano. È sulla scorta del principio di precauzione, dunque, che si costituisce l’obbligo da parte delle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire rischi, anche se unicamente potenziali, per la salute, per la sicurezza e per l’ambiente, facendo in ciò necessariamente prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli

interessi economici dei singoli cui sia fondatamente addebitabile il pregiudizio temuto ovvero già occorso. “L'obbligo giuridico di assicurare un elevato livello di tutela ambientale con l'adozione delle migliori tecnologie disponibili è finalizzato ad anticipare la tutela, poi da apprestarsi in sede legislativa, a decorrere dal momento in cui si profili un danno da riparare al fine sia della sua prevenzione, ove possibile, sia del suo contenimento in applicazione del richiamato principio di precauzione”, sottolinea il TAR, secondo il quale il principio di precauzione: • ha una valenza non solo programmatica, ma direttamente imperativa nel quadro degli ordinamenti nazionali, vincolati ad applicarlo qualora sussistano incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone; • integra un criterio orientativo generale e di larga massima che deve caratterizzare non soltanto le attività normative, ma prima ancora quelle amministrative. D’altra parte, l’imposizione di limiti all’esercizio della libertà di iniziativa economica, sulla base dei principi di prevenzione e precauzione nell’interesse dell’ambiente e della salute umana, può essere giustificata in base ad indirizzi fondati sullo stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi, di norma nazionali o sovranazionali a ciò deputati, dato l’essenziale rilievo che, a questi fini, rivestono gli organi tecnico–scientifici. E così, per concludere, il TAR ha sottolineato che, proprio in applicazione del principio di precauzione al caso in esame, la mancata inclusione dell’MTBE nella tabella allegata al D.Lgs n. 152/06 non rappresenta ex se un elemento che precluda di affermarne la pericolosità. Le amministrazioni coinvolte, nel caso concreto, hanno rispettato con meditato scrupolo i principi suesposti, avendo individuato la soglia al di sotto della quale può essere accettabile la concentrazione dell’MTBE nelle acque sotterranee destinate anche all’uso potabile con puntuale riferimento al parere espresso dall’ISS, a sua volta fondato su un attendibile studio dell’USEPA (United States Environmental Protection Agency): il che sul


piano istruttorio e della conclusione del procedimento appare congruo e sufficiente. Certo che, messo in questi termini, il ragionamento non fa una piega: è l’analisi del caso concreto che permette di estrapolare la regola tecnico-giuridica da applicare. E, in generale, “prevenire è meglio che curare”… A parere di chi scrive, tuttavia, se tale approccio ha piena validità in alcuni settori del diritto dell’ambiente (penso, ad esempio, a quello relativo ai sottoprodotti: è nel caso concreto che si verifica l’esistenza contestuale di tutti i requisiti stabiliti dalla legge, che devono essere tradotti in pratica), questo non significa che lo stesso possa (o addirittura debba) essere valido per tutti gli altri. Nel settore delle bonifiche, ad esempio: in questo caso, sapere preventivamente quali sono i limiti da rispettare significa poter programmare la propria attività dal punto di vista economico (in funzione del raggiungimento degli obiettivi stabiliti per legge, attraverso

D

l’acquisto di depuratori in grado di assicurali), oltre che evitare le sanzioni amministrative, e soprattutto quelle penali, in caso di inosservanza. Non conoscere a priori questi limiti, o conoscere le sue diverse “modulazioni”, ma non sapere se-come-quando verranno applicati, implica necessariamente: • o l’adeguarsi – a prescindere – ad una normativa molto più rigorosa, senza che questo necessariamente comporti una maggior tutela dell’ambiente, • o rimettersi ad una successiva, e discrezionale, scelta degli organi preposti. In sostanza, implica solo incertezza, che impedisce, per definizione, un’accurata programmazione e, di conseguenza, il raggiungimento pro quota delle molteplici sostenibilità ambientali. *Consulente legale ambientale www.naturagiuridica.com

Natura Giuridica di Andrea Quaranta STUDIO LEGALE AMBIENTALE www.naturagiuridica.com

Pareri legali ambientali Consulenze legali ambientali Assistenza legale ambientale Convenzioni legali Formazione ambientale Comunicazione Natura Giuridica offre spazi pubblicitari ad attività commerciali, eventi e iniziative in campo ambientale. Aderisci al programma pubblicitario su naturagiuridica.com e naturagiuridica.blogspot.com!

Natura Giuridica di Andrea Quaranta - Servizi alle Imprese. Via Roata 21, 12010 Entracque, Cuneo Tel. 0171 291620 - Fax 0171 978529 - Mob. 334 6326417 andrea.quaranta@naturagiuridica.com

Natura Giuridica realizza ricerche personalizzate e studi in tutti i settori della normativa ambientale, fornisce assistenza nell’adempimento delle formalità amministrative e nel conseguimento delle autorizzazioni. Sul sito www.naturagiuridica.com è possibile scaricare in pochi semplici clic pareri legali ambientali su quesiti di carattere generale di diritto ambientale.

eolico - mini eolico fotovoltaico rifiuti - bonifiche compravendite siti contaminati sottoprodotti - contrattualistica tutela delle acque

73 Richiedi la tua consulenza legale ambientale


a sso ci a zi on e s t udi amb ien tali

ATTIVITÀ FORMATIVA AMBIENTALE DI TECNICI E PROFESSIONISTI ALL’UNIVERSITÀ DI PESCARA Ambiente come nuova frontiera del lavoro per aumentare le opportunità, valorizzare le competenze e contribuire alla tutela del territorio di Francesco Montefinese

S

ono stati inaugurati lo scorso sabato a Pescara i corsi del settore ambientale e gestione rifiuti promossi da “Studi Ambientali” in collaborazione con l’Università “G. D’Annunzio” (Corso di Laurea in Economia Ambientale). La presentazione si è svolta alla presenza della Prof.ssa Anna Morgante, Preside di Facoltà, ed ha visto la partecipazione di due giovani borsisti neo-laureati dell’Ateneo di Pescara e di dieci professionisti provenienti dalle Regioni della Puglia e della Calabria. La collaborazione intrapresa tra questi soggetti è volta alla realizzazione di attività didattiche e ricerche operative in campo ambientale: l’incontro tra competenze scientifiche dell’Università e il knowhow nell’ambito specifico delle attività formative di “Studi Ambientali” garantiscono, infatti, quella multidisciplinarietà che appare indispensabile per operare con efficacia, appropriatezza ed efficienza nel settore ambiente e rappresenta inoltre un modo innovativo di far convergere le esigenze scientifiche della ricerca universitaria con quelle professionali. La formazione in campo ambientale gioca un ruo-

74

Anno 4 - Numero 14

lo di anticipatrice dei futuri fabbisogni professionali e concorre a proporre figure innovative che rispondono in modo rapido ai nuovi mercati verdi in espansione. Sono questi, infatti, i settori che presentano nuove opportunità occupazionali e speranze di crescita per la green economy italiana, una realtà in espansione che, negli ultimi anni, ha visto aumentare il numero degli occupati. Le nuove opportunità appaiono strettamente legate a competenze specifiche e a percorsi di formazione, la cui frequentazione rappresenta lo strumento migliore per prepararsi adeguatamente alle nuove sfide e trovare un lavoro in tempi rapidi. Una recente ricerca mostra come l’ambiente sia la nuova frontiera del lavoro, in grado di premiare la formazione e le preparazione dei giovani, aumentare le opportunità, valorizzare le competenze e contribuire a migliorare e tutelare il territorio.

Le lezioni saranno tenute da docenti universitari e da due professionisti associati, coordinati dal Prof. Alberto Simboli; particolare importanza verrà attribuita al servizio di tutoraggio postcorso riservato ai partecipanti. I corsi attivati sono stati calendarizzati nei mesi di marzo, aprile e maggio e riguardano: • tecnico ambientale per la gestione dei rifiuti (formula week-end); • la gestione dei rifiuti (1 giornata); • la gestione dei rifiuti in edilizia (1 giornata); • corso di progettazione piani gestione trs e rifiuti inerti (1 giornata); • green public procurement e gli “acquisti verdi” (1 giornata). Il programma dei corsi, conforme al Regolamento sulla Formazione Continua del Consiglio Nazionale dei Geometri e Geometri Laureati (CNGeGL), ha ottenuto il riconoscimento per l’attribuzione dei crediti formativi ed è patrocinato dalla Fondazione dei Geometri della provincia di Chieti. Si pone come principale obiettivo quello di preparare e formare esperti in campo ambientale e gestione dei rifiuti ed è rivolto a: • liberi professionisti ed imprenditori; • funzionari ed amministratori pubblici; • responsabili e consulenti ambientali; • geometri iscritti CNGeGL e praticanti; • neolaureati che intendono specializzarsi nel settore.


Illustrazione cortesia ALE+ALE

un moDo semplIce e A costo per AIutAre l’AID A sostenere I DIrIttI DeI DIslessIcI

zero

5×1000

ASSOCIAZIONE

DI S LE S S I A

ASSOCIAZIONE

I TA L I A N A DI S LE S S I A

Qualsiasi sia il tuo reddito, in pochi secondi puoi dare il tuo aiuto concreto all’AID, basta una firma sulla tua dichiarazione dei redditi e il codice fiscale dell’AID 04344650371 e lo Stato verserà all’Associazione il cinque per mille della tua IRPEF.

AID ✔ sensibilizza il mondo professionale, scolastico e la pubblica opinione sul problema della dislessia evolutiva ✔ promuove ricerca e formazione nei diversi ambiti di intervento: servizi sanitari, riabilitativi e scuola ✔ offre agli utenti un punto di riferimento certo e qualificato per ottenere informazioni e aiuto per consulenza e assistenza per l’identificazione del problema o per l’approccio riabilitativo e scolastico. Sede nazionale AID - Associazione Italiana Dislessia Piazza dei Martiri, 1/2 - 40121 Bologna • tel. 051242919 • fax 0516393194 • info@dislessia.it

www.dislessia.it

I TA L I A N A


vetrina

DA FORREC GLI IMPIANTI RAEE DI SECONDA GENERAZIONE Grazie alla significativa esperienza e ad un’attenta politica industriale, in pochi anni Forrec è riuscita a diventare un punto di riferimento per tutti coloro che operano nei più svariati settori del riciclo. Macchine affidabili, progetti funzionali, assistenza e servizi completi sono peculiarità ormai riconosciute all’azienda di Treviso e oggi Forrec presenta per la prima volta un impianto RAEE di seconda generazione. Dopo la fase “pionieristica” seguita all’entrata in vigore della legge sullo smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici, e grazie ad un’approfondita conoscenza delle problematiche legate al trattamento di prodotti e materiali che si caratterizzano per un’ampia eterogeneità, Forrec ha dato vita ad un impianto che permette un notevole passo avanti rispetto ai progetti realizzati fino ad oggi. Un processo che si limita alla semplice triturazione dei diversi prodotti costituisce un approccio sbagliato, poiché questa operazione anziché valorizzare i materiali, finisce per sprecarli e danneggiarli, con un conseguente danno economico. L’obiettivo di Forrec è stato quello di realizzare un sistema che, invece di triturare, sia in grado di “disgregare” i diversi prodotti puntando alla massima valorizzazione di materiali e componenti spesso di notevole pregio. L’impianto integra l’indispensabile apporto degli addetti con l’altrettanto importante contributo dei macchinari ad alta automazione, garantendo così un recupero ottimale e, nello stesso tempo, un corretto smaltimento delle frazioni tossico/nocive. La domanda di materiali da riciclare, sempre elevata, viene quindi completamente soddisfatta con il pieno recupero di: alluminio, schede elettroniche (da cui si recupereranno oro e platino), trasformatori, ferro, plastica, toner, cavi, ecc. Per un impianto con capacità di 3 ton/h è richiesta la presenza di 8 operatori che sovraintendono alle diverse fasi di recupero in linea. Un’attenta progettazione ha consentito una sostanziale riduzione dei costi di gestione, sia nei consumi sia, anche, per quanto riguarda le manutenzioni ordinarie. Si pensi che Forrec prevede il primo cambio lame sui suoi laceratori dopo 7.000 ore, contro una media di 2.500 ore di un impianto tradizionale. Costruzione modulare e fornitura “chiavi in mano” permettono agli impianti Forrec di adattarsi ad ogni esigenza, garantendo una produzione che va da 1.000 a 3.000 kg/h, a seconda dell’impianto, con una percentuale di recupero utile dell’89%. Infine, soprattutto per gli impianti realizzati all’estero, Forrec ha messo a punto un programma di training della durata di 3-4 settimane dedicato all’addestramento completo dei tecnici che verranno formati direttamente nei propri impianti operanti in Italia. Per info www.forrec.it

MA-ESTRO E PROGETTO SALUTE INSIEME PER L’ABBATTIMENTO DI POLVERI E ODORI Dall’unione di Ma-estro s.r.l., società specializzata in automazione industriale e Progetto Salute, società operante nel settore dei servizi ambientali e sicurezza sul lavoro, nasce una nuova realtà nelle soluzioni ambientali: MD ECO s.r.l., con sede a Trento. La sinergia tra queste due aziende ha portato alla prima realizzazione di un generatore di aerosol ventilato, che, messo a punto unendo l’esperienza maturata nelle singole aziende, costituisce un sistema innovativo ed efficace per l'abbattimento delle polveri e degli odori. Il sistema V3 è dotato di una pompa che nebulizza l’acqua ad alta pressione, generando una vera e propria nuvola composta da piccolissime gocce, le quali vengono diffuse grazie ad una ventilazione forzata. Il sistema trova un ottimo posizionamento sia in ambienti chiusi, come ad esempio fonderie o aziende di recupero metalli, sia in ambienti aperti come ad esempio demolizioni edili, cementifici, cave, ecc. Il sistema è di semplice utilizzo e rappresenta una soluzione molto economica sia come investimento iniziale sia come gestione futura. Il sistema V3 può essere installato fisso su piedistallo, su carrello o su piastra a parete. In aggiunta è possibile dotare la macchina di un dosatore per l’aggiunta di additivi che aumentano il potere di abbattimento odori presso discariche o depositi di compostaggio. Per info www.md-eco.com.

76

Anno 4 - Numero 14


MANTOVANIBENNE IN GRANDE STILE AL SAMOTER All’appuntamento Samoter 2011 Mantovanibenne si è presentata in grande stile. In questo periodo di generale rallentamento del mercato, l’azienda modenese ha partecipato alla manifestazione fieristica veronese con ben due aree espositive. Lo stand interno presentava le diverse linee di produzione, dalle cesoie per il taglio dei materiali ferrosi alle benne con attacchi rapidi, passando per i frantumatori fissi e rotanti con le nuove piastre intercambiabili fino allo scapitozzatore, una particolare ma geniale attrezzatura, protetta da brevetto mondiale, per la demolizione di pali. Ma la vera novità di Mantovanibenne è stata riservata all’esterno: per la prima volta, infatti, l’azienda si è ritagliata uno spazio nella Demo Area, dove ha portato in azione due importati novità, la Pinza CRH440 e il Frantumatore MCP300. La Pinza CRH440 è stata il fiore all’occhiello di questa edizione del Samoter per Mantovanibenne ed è stata premiata all’interno del Concorso Novità Tecniche Internazionali con una Menzione Speciale. La pinza è stata anche la protagonista dell’apertura dello show nell’area esterna: la sua particolarità consiste nell’elevata potenza che consente di creare maggiore produttività grazie ad un sistema booster che entra automaticamente in azione, moltiplicandone istantaneamente la potenza a fronte di una forte resistenza. Altro interprete dello show che ha suscitato grandissimo interesse è il Frantumatore MCP300, piccolo, ma davvero performante, poiché le sue ridotte dimensioni sono in contrapposizione con la sua forza e le sue prestazioni. Entrambe le attrezzature fanno parte della nuova linea Micro Machines. Per ulteriori informazioni www.mantovanibenne.com.

STADLER ITALIA PRESENTA LA SOLUZIONE IDEALE PER IL RICICLAGGIO DEGLI RSU Il continuo investimento in ricerca e innovazione, in nuovi e più efficienti sistemi per la separazione dei materiali ha portato alla realizzazione del separatore balistico STT 5000, una macchina capace di trattare con un’elevatissima efficienza il rifiuto solido urbano (RSU) permettendo la separazione dei materiali valorizzabili in essi contenuti. STT 5000 è utilizzato negli impianti di ultima generazione per il trattamento degli RSU come l’Ecoparc4 di Barcellona, dove separa con un’efficienza del 90% il materiale in entrata in tre frazioni ben definite: • materiale fine vagliato: ricco di materiale organico e piccoli oggetti a seconda della dimensione delle griglie vaglianti montate; • materiale pesante e rotolante: contenitori di plastica, bottiglie, legno e lattine; • materiale piatto e leggero: carta, cartone, film e tessili. La capacità di trattamento dello STT 5000 per RSU varia da un minimo di 15 ton/ora (100 m3/ora) a un massimo variabile in funzione del numero di moduli installati: è infatti possibile aumentare la quantità di materiale trattato semplicemente disponendo più separatori in serie. STT 5000 monta il sistema idraulico brevettato per la variazione dell’inclinazione delle pale vaglianti, porte di accesso laterali e il nuovo sistema di griglie modulare con protezioni anti-sporco.

77


vetrina

ARMOFER: LA STORIA, LA PASSIONE, LA CRESCITA, IL SUCCESSO

Samoter 2011 è stato l’evento pubblico testimone del brindisi ai 50 anni di attività e al successo di Armofer, azienda leader nel mercato delle demolizioni, di proprietà della famiglia Cinerari, di Siziano. In 5 giorni Armofer ha “raccontato” la propria storia, ha ripercorso le tappe fondamentali della crescita, cantiere dopo cantiere; ha illustrato ad un pubblico curioso ed interessato la storia delle tecniche e delle tecnologie di demolizione e infine ha messo in evidenza l’attività attuale di azienda matura, fra le prime in Italia e già rivolta alla committenza internazionale. A riassumere il tutto, accanto alla famiglia Cinerari, lo staff tecnico al completo e un dvd che inizia documentando l’attività dagli anni Sessanta e termina ai giorni nostri, insieme ad una serie di pannelli fotografici che costituiscono un’antologia scelta di cantieri, macchine e tipologie d’intervento. Fra tutti ricordiamo solo quello che ha destato grandissima curiosità: la macchina maggiore dell’azienda, un escavatore cingolato da 1.400 quintali in versione demolizione, con braccio da 42 m al perno al lavoro a Milano, all’ombra del grattacielo Pirelli. Il cantiere è attualmente aperto e in corso di svolgimento. “La nostra presenza a Samoter 2011 – ha commentato il Direttore Generale Emilio Cinerari - è stata un pieno successo, come hanno dimostrato le oltre 2.500 visite allo stand, ma soprattutto l’interesse dei nostri ospiti: fra loro anche diverse imprese di colleghi stranieri, in particolare del Nord Europa, e diversi ingegneri, sia progettisti di macchine interessati al nostro parere sull’impiego dei sofisticati mezzi oggi a disposizione del mercato, sia tecnici impegnati nelle redazioni di progetti di recupero, di bonifica ambientale, in generale di interventi con particolare attenzione riservata alla qualità ambientale del cantiere. E’ proprio la passione ciò che ha caratterizzato l’Armofer storica e che continua a caratterizzare l’azienda di oggi: è questa che ci ha permesso di crescere e superare le difficoltà degli anni più recenti. Gli anni di crisi, che certamente ci sono stati e hanno toccato l’intero settore sono stati superati, in omaggio alla filosofia aziendale che punta sulla qualità a 360°, investendo ancora di più sui temi che “generano” la qualità del nostro servizio: attenzione per le macchine e le tecnologie, formazione continua del personale, cura estrema per le problematiche ambientali e quelle legate alla sicurezza nel senso più ampio del termine. Argomenti di cui discutiamo con Committenti sempre più preparati ed esigenti e ai quali riusciamo a portare soluzioni operative di qualità sempre nuove, risolvendo per loro ogni problematica di gestione del cantiere in sicurezza”.

OILQUICK, L’ATTACCO RAPIDO ALTAMENTE TECNOLOGICO L’attacco rapido OilQuick rappresenta la soluzione ideale per i cantieri in cui vi è la necessità di utilizzare diversi tipi di attrezzature su una stessa macchina operatrice, e conseguentemente effettuare diverse operazioni di scambio. Martello demolitore, benna vagliatrice, benna mordente, pinza frantumatrice, deferrizzatore, piastra compattatrice, oltre alla classica benna da carico, sono solo alcune delle attrezzature sempre più necessarie nei moderni cantieri di lavoro; al fine di ridurre i tempi di sostituzione, le attrezzature sono spesso equipaggiate di attacchi rapidi che permettono all’operatore di velocizzare lo scambio meccanico. Oilquick è il più avanzato attacco rapido presente in commercio in quanto, oltre alla connessione meccanica, rende immediato anche il processo di sgancio/aggancio idraulico, totalmente gestito dalla cabina di guida. Grazie alla rapidità dello scambio degli accessori ed al miglior sfruttamento delle capacità della macchina operatrice, vengono drasticamente tagliati tutti i costi legati al fermo macchina e alle operazioni di scambio gestiti dal personale di cantiere. Semplici calcoli evidenziano come investire su OilQuick ripaga velocemente già dopo 2-3 cambi di attrezzi idraulici per ogni giornata lavorativa. Non sarà inoltre più necessario livellare continuamente l’olio dell’impianto e provvedere alla pulizia dei raccordi macchiati di olio.

78

Anno 4 - Numero 14


E COA P P U NTA ME N TI ENERGYMED

NAPOLI, DAL 14 AL 16 APRILE

Giunge alla sua IV edizione EnergyMed, la mostra-convegno sulle “Fonti Rinnovabili e l’Efficienza Energetica”, dedicata al ruolo e all'importanza dell’Energia nel Mediterraneo. Quest’anno l’evento ospiterà i maggiori esperti del settore, all’interno di un ampio programma che prevede, oltre ad una serie di convegni e tavole rotonde, anche workshop sulle tematiche affrontate nel corso della fiera. All’evento parteciperanno molte aziende italiane e straniere impegnate in materia di fonti rinnovabili ed efficienza energetica, che avranno qui l’occasione di confrontarsi sullo stato dei settori innovativi legati al solare, all’eolico, alle caldaie ad alta efficienza e a biomasse, ai veicoli a basso impatto ambientale e ai servizi. www.energymed.it

sss4water

VENEZIA, DAL 18 AL 22 APRILE

Small Sustainable Solutions for Water rappresenta un appuntamento internazionale imperdibile per scienziati, ingegneri, manager e imprenditori interessati ad approfondire le proprie conoscenze sui temi legati ai moderni sistemi di acque decentralizzate e di trattamento di acque contaminate. All’evento saranno presenti i maggiori esperti italiani e stranieri nel settore e ad ognuno di essi sarà riservato uno spazio per esporre le esperienze portate avanti nelle proprie aree di competenza. La conferenza organizzata da IWA costituisce quindi un’occasione imperdibile per tutta l’area mediterranea, nella quale il riutilizzo dell’acqua, a causa della scarsità delle risorse idriche e degli inefficienti trattamenti centralizzati, sta progressivamente divenendo un obbligo imprescindibile. www.wastewater-venice-2011.com

AMBIENTE LAVORO

BOLOGNA, DAL 3 AL 5 MAGGIO

Fiera interamente dedicata al tema del lavoro, la nuova edizione di Ambiente Lavoro si presenta come un’occasione per migliaia di persone che, accomunate da interessi professionali, avranno la possibilità incontrarsi e condividere conoscenze, progetti e intenzioni. L’evento si propone di sensibilizzare il pubblico sulle problematiche presenti all’interno degli ambienti di lavoro, sottolineando l’importanza del radicamento di una cultura della sicurezza nel nostro Paese. Particolare attenzione sarà rivolta al difficile equilibrio tra le necessità di una produzione competitiva e un rispetto dell’ambiente lavorativo costruito alla luce della responsabilità nei confronti delle generazioni future. www.ambientelavoro.it

SOLAREXPO

VERONA, DAL 4 AL 6 MAGGIO

Mostra e convegno internazionale dedicati alle energie rinnovabili, Solarexpo costituisce un evento imperdibile per chiunque desideri approfondire le proprie conoscenze sui temi della sostenibilità energetica e della green economy. Arrivata alla sua XII edizione, la fiera rappresenta un banco di prova per la presentazione delle nuove tecnologie studiate per ridurre al minimo le emissioni di gas serra e affronterà tutti gli argomenti connessi alle problematiche energetiche. Convegni e seminari offriranno agli addetti del settore la possibilità di aggiornarsi su diversi aspetti della nuova economia. Ad arricchire l’evento contribuisce anche il progetto speciale Solarech - Building solar design & technologies - e le numerose aree esterne dedicate alle grandi tecnologie. www.solarexpo.com

sma - salone mediterraneo dell'acqua

bari, DAL 18 AL 20 MAGGIO

Grande manifestazione di livello internazionale, SMA - Salone Mediterraneo dell’Acqua rappresenta un evento dedicato a prodotti, tecnologie e servizi per la gestione completa del ciclo dell’acqua, dalla “captazione” fino alla “utilizzazione” finale. Convegni, workshop, incontri e collaborazioni di vario tipo saranno gli appuntamenti proposti all’interno della fiera e rivolti ad un pubblico altamente specializzato mentre tra i settori coinvolti troviamo: impianti e tecnologie; macchine per la perforazione; stazioni di pompaggio; trattamento acqua e depurazioni; prodotti chimici; acque reflue; strumenti di misura; accessori; manutenzione e controllo; progettazione e consulenza; software; società di distribuzione; servizi di gestione; istituti di certificazione e stampa tecnica. www.smaexpo.it

METALRICICLO

MONTICHIARI, DAL 19 AL 21 MAGGIO

Metalriciclo è il Salone Internazionale delle tecnologie per il recupero e il riciclo dei metalli ferrosi e non ferrosi e, quest’anno, la sua IV edizione sarà arricchita ed integrata da Recomat, Salone internazionale delle tecnologie per il recupero e il riciclo dei materiali industriali, la qualità dell’ambiente e l’efficienza energetica. All’interno di Recomat troveranno spazio impianti, macchine, attrezzature, sistemi, tecnologie per il recupero e riciclo di plastica, gomme e affini, compositi, carta, vetro e legno, mentre Metalriciclo sarà come sempre dedicato alle nuove tecnologie studiate per consentire un efficiente e sempre migliore riciclo dei metalli ferrosi e non ferrosi. www.metalriciclo.com

TERRA FUTURA

FIRENZE, DAL 20 AL 22 MAGGIO

È arrivata alla sua VIII edizione, la mostra-convegno Terra Futura, evento che si svolgerà a Firenze e che sarà dedicato all’importante e attuale tema della sostenibilità, affrontato sotto diversi punti di vista. Molti i temi che saranno presi in esame e, tra questi, ad occupare un posto di primo piano sarà la “cura dei beni comuni”, fil rouge dell’intero convegno, che punta a sottolineare la necessità di riconvertire l’economia in modo democratico e in ottica ecologica e sociale. Ad animare la manifestazione numerosi appuntamenti come seminari, workshop, momenti di animazione e spettacolo per grandi e piccoli, volti a sensibilizzare il pubblico sull’importanza della responsabilità collettiva nei confronti dell’ambiente. www.terrafutura.it

79


libri

GUIDA ALL’EUROCODICE. CRITERI GENERALI DI PROGETTAZIONE STRUTTURALE: EN 1990 A cura di H. Gulvanessian, J.A. Calgaro e M. Holichy

EPC Libri (pagine 224 - € 50,00) Primo di una serie di volumi dedicati agli Eurocodici, questo testo mira a fornire una descrizione dettagliata dei principi e dei requisiti necessari per la sicurezza, la funzionalità e la durabilità delle strutture. La finalità del volume è quella di tracciare alcune linee guida in grado di aiutare il lettore nella comprensione della norma EN 1990, all’interno della quale sono enumerati gli Eurocodici strutturali, ovvero un insieme di regole comuni per il progetto di edifici e di costruzioni civili. Oggetto di indagine saranno i diversi campi di applicazione degli Eurocodici, i quali forniscono principi e regole applicative per il progetto di strutture complete e componenti di prodotto, sia di natura tradizionale che innovativa. Il testo affronta in modo analitico tutte le problematiche relative all’argomento, con una particolare attenzione alla gestione dell’affidabilità strutturale per le costruzioni. Il manuale è studiato per essere usato per applicazione diretta con l’Eurocodice 1: Azioni sulle strutture, e con gli Eurocodici di progetto.

LA GESTIONE DEI RIFIUTI DALLA A ALLA Z. DOPO IL TESTO UNICO AMBIENTALE A cura di Stefano Maglia

Irnerio Edizioni (pagine 262 - € 28,00) La seconda edizione accresciuta e aggiornata di questo volume prende corpo dalle innumerevoli novità legislative che si sono succedute dal 2009 ad oggi in materia di rifiuti. Lo studio dettagliato portato avanti dall’autore sulla normativa vigente in Italia mira a fornire un aiuto pratico per l’interpretazione e la comprensione delle norme giuridiche, talvolta complesse e disorganiche, ed insieme a delineare un panorama delle problematiche che possono nascere da una scorretta valutazione di tali norme. Sottolineando la necessità di assumere un atteggiamento “responsabile” in ambito rifiuti, il testo affronta una molteplicità di tematiche diverse, quali autorizzazioni e sanzioni, procedimenti per lo smaltimento dell’amianto, bonifica dei siti inquinati, discipline di riferimento per i centri di raccolta e singole analisi a riguardo oli usati, pile e accumulatori, RAEE, REACH e tutte le diverse tipologie di rifiuti. Un ampio spazio viene riservato, inoltre, all’analisi del formulario di trasporto dei rifiuti e allo studio delle caratteristiche del SISTRI, il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, nonché delle novità da esso introdotte.

GUIDA AL REGOLAMENTO ESECUTIVO ED ATTUATIVO DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI A cura di Alessandro Cacciari

Esselibri – Simone Edizioni (pagine 512 – € 32,00) Oggetto del volume è il D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 recante il Regolamento esecutivo e attuativo del Codice dei contratti pubblici che sarà operativo a partire dal prossimo giugno: per districarsi all’interno della complessa normativa il testo offre alcune linee guida indispensabili tanto per gli operatori economici quanto per le stazioni appaltanti. Articolata in vari capitoli, l’analisi della normativa passa attraverso la tutela dei lavoratori, la progettazione dei lavori e la verifica dei progetti, con una particolare attenzione ai contratti pubblici relativi a servizi di ingegneria e architettura e a quelli relativi a servizi e forniture nei settori ordinari. Sebbene la normativa in materia di esecuzione dei lavori pubblici non sia stata caratterizzata da modifiche sostanziali rispetto alla precedente, il regolamento introduce invece aspetti ed elementi innovativi ampiamente approfonditi all’interno del volume. Per rendere la trattazione maggiormente esaustiva, nel testo sono state inserite delle utili tavole di corrispondenza tra il D.P.R. 207/2010 e la normativa previgente, che consentono di effettuare agevolmente confronti e considerazioni.

80

Anno 4 - Numero 14


PeVmedia.com

nOn dare nienTe Per SCOnTaTO

PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE IMPIANTI DI TRATTAMENTO PER TERRENI E ACQUE

IngegnerIa applIcata alle demolIzIonI DEA ingEgnEriA hA Acquisito un’EspEriEnzA unicA E AltAmEntE spEciAlizzAtA nEl sEttorE DEllE DEmolizioni civili E inDustriAli. con il suo tEAm Di EspErti è in grADo Di progEttArE, rAzionAlizzArE E ottimizzArE l’intEro procEsso Di DEmolizionE con i migliori strumEnti Di cAlcolo E soluzioni innovAtivE

PROGETTAZIONE E CONSULENZA

■ demolizioni tradizionali ■ decommissioning di impianti ■ demolizioni con esplosivi ■ smontaggi strutturali ■ simulazione del crollo ■ modellazione strutturale ■ verifiche delle fasi transitorie ■ previsione impatti ambientali ■ monitoraggi rumore e vibrazioni ■ ottimizzazione dei costi di intervento S t ra d a d e l Po r t o n e , 12 5 C - 10 0 9 5 Gr ugliasco (TO)

Tel. +39 011 7802164

w w w.d e a i n g e g n e r i a . i t

inf o@deaingegner ia.it

C.B.R. srl Unipersonale Strada del Portone, 125/C 10095 Grugliasco (Torino) Italy Tel +39 011 783087 - Fax +39 011 4047946 www.cbr-impianti.it info@cbr-impianti.it


marzo - aprile 2011 anno iv numero 14

PeVmedia.com

SACCENTI INGEGNERIA AMBIENTALE

REPORT SEDIMENTI le opinioni di Quattro esperti sulla gestione dei sedimenti

rapida esigenze

LA RISPOSTA ALLE VOSTRE

COMBUSTIBILE DERIVATO DAI RIFIUTI Gli sviluppi nell’impiego del CDR attraverso l’esperienza italiana BONIFICA Ed ENERGIE RINNOVABILI risanare il territorio riducendo il consumo di risorse naturali

Alcune Referenze: UGF Assicurazioni spa, AXA Assicurazioni, Assicuratrice Edile spa, Augusta Assicurazioni spa, Assicurazioni Generali spa, Fata Assicurazioni spa, Assitalia spa, Toro spa, P.C.A. broker, AON broker, Federtrasporti, APOGEO broker.

Operiamo in tutta Italia

Servizi: • immediato sopralluogo sul posto (possibilmente ancor prima dell’intervento dell’impresa di bonifica) • scelta dell’impresa da fare intervenire, in relazione alle prepattuizioni sottoscritte fra l’impresa e la Compagnia • controllo costante sul luogo della bonifica di 1° intervento • prelievo campioni da analizzare presso laboratorio di ns. fiducia • stesura piano di caratterizzazione da sottoporre agli Enti in Conferenza dei Servizi • contabilità lavori eseguiti • valutazione danni a terzi

Le nostre sedi: Tortona Biella Milano Genova Montecarlo Torino

Piacenza Parma Bologna Ferrara Alessandria Roma

S A C C E N T I ENGINEERING S E R V I C E

S A C C E N T I ENGINEERING

SIA

SID

SAC

Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art.1, c.1 - CB-NO/Torino – Anno 4 n. 14 DEA edizioni s.a.s. Strada del Portone, 127 - 10095 Grugliasco (TO)

SIA – Saccenti Ingegneria Ambientale: gestione e valutazione dei danni da inquinamento, progettazione con modellazione grafica del plume di inquinamento, progettazione ed esecuzione elaborati ai sensi del D.Lgs. 152/06, gestione dei rifiuti.

ORO NERO E ambiente Il settore delle bonifiche nel mercato dell’oil & gas

15057 Tortona (AL) – Corso Coppi, 42 – tel. 0131-821470 – fax. 0131-861974 – info@saccenti.it w

w

w

.

s

a

c

c

e

n

t

i

.

i

t

/

s

i

a

marzo - aprile 2011


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.