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Ed i t o r i a le

R i q u a l i f i c ar e l e s p i a g g e i ta l i a n e : c i p e n s a u n a b irr a di Massimo Viarenghi

Cari lettori, tra poco arriveranno le tanto sospirate vacanze e per chi deciderà di recarsi al mare ci sono delle buone notizie. I quotidiani, infatti, fanno sapere che “quest’anno sono state assegnate più bandiere blu all’Italia rispetto agli anni passati: 227 per le spiagge italiane, 12 in più rispetto all’anno passato”. Per chi non lo sapesse, la Bandiera Blu è un riconoscimento rilasciato dal 1987 dalla Fondazione per l’educazione ambientale in collaborazione con il Consorzio nazionale batterie esauste con lo scopo di certificare la qualità ambientale delle località costiere. Da un’indagine più approfondita emerge che il dato, purtroppo, non è significativo della qualità ambientale complessiva delle nostre coste. È infatti pur vero che quest’anno ci sono più bandiere blu dell’anno scorso, ma è anche vero che ancora molte spiagge, soprattutto quelle vicino alle grandi città dedicate ai vacanzieri della domenica, versano in pessimo stato ambientale. I fattori che maggiormente contribuiscono al degrado delle nostre spiagge sono: la mancanza di impianti di depurazione, la presenza di catrame e materiali di scarico, la presenza di rifiuti (sia organici che non), lo scarico di liquami, la mancanza di pulizia, la negligenza dei bagnanti, l’edificazione eccessiva ed il sovraffollamento. Ed ecco che vengo a sapere di una bella

iniziativa per la riqualificazione delle spiagge italiane sponsorizzata da una nota casa produttrice di birra… Sì, proprio birra, che oltre ad essere molto buona, in questo caso, è anche rispettosa dell’ambiente. L’iniziativa “Corona save the beach” si impegna a recuperare almeno una spiaggia europea all’anno, la prima entro l’estate sulla base di una classifica effettuata su un sondaggio via web che chiede di fornire una votazione sulle spiagge che è più urgente risanare. L’iniziativa, seppur con un fine mediatico e commerciale, è positiva e testimonia sempre più l’attenzione alle tematiche ambientali di aziende operanti nei settori più svariati. Per questo motivo prendo spunto in questo editoriale dedicato al numero estivo per ricordare a tutti noi professionisti, imprenditori, operatori e consulenti che lavoriamo nell’ambiente e per l’ambiente, di mantenere sempre, non solo sul lavoro, quei principi che ci fanno rispettare e tutelare il nostro territorio, il nostro suolo e i nostri mari in modo che le generazioni future possano godere a lungo della loro bellezza. A questo punto, non mi resta che augurare a tutti voi, a nome mio e della redazione, buone vacanze, per rincontrarci all’inizio di settembre con il n.5 di Eco, ricco di spunti e novità, e dedicato in particolare alla fiera internazionale Remtech.

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EDITORIALE

28.31 Ottobre ’09 Rimini Fiera 13a Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile www.ecomondo.com

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S OM MARIO

Anno 2 - Numero 4 giugno/luglio 2009

Direttore responsabile/Publisher: Virginia Gambino Direttore editoriale/Editor in chief: Massimo Viarenghi Consulenza editoriale: Francesca Negri Segretaria di redazione: Santina Muscarà Collaboratori/contributors: M. Berti , Domenico Bonanno, Maeva Brunero Bronzin, A. Campi, M. Cargnielutti, Ruggero Caserta, Beatrice Celino, Sonia D’Anguilli, Naide Della Pelle, P. Goria, Veronica Monaco, Anna Montefinese, Francesco Montefinese, R. Mucciolella, C. Sandrone, Mirjam Sovic, Andrea Terziano, Bruno Vanzi Comitato Scientifico - Direzione e coordinamento: Daniele Cazzuffi (CESI S.p.a. Remtech), Tina Corleto Membri: Ennio Forte (Università degli studi di Napoli), Andrea Quaranta (giurista ambientale – Roma), Gian Luigi Soldi (Provincia di Torino), Federico Vagliasindi (Università di Catania), Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino), Laura D’Aprile (ISPRA, Roma).

STORIA DI COPERTINA I siti contaminati nella provincia di Alessandria........................................... 6 ATTUALITà Italia: si avvicina l’emergenza rifiuti........................................................ 10 Dal salone delle bonifiche uno sguardo oltre frontiera............................... 12

Grafica, disegni e impaginazione/Graphics, drawings and layout: Curcu & Genovese Associati S.r.l. - Via Ghiaie 15 - 38122 Trento. Tel. 0461.362155. www.libritrentini.it

LA FABBRICA DELLE IDEE L’uso di energia alternativa nella bonifica dei siti contaminati..................... 14

Abbonamenti/Subscriptions: Italia annuo € 30,00, estero annuo € 50,00, copia singola € 6,00. Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@vgambinoeditore.it o telefonare al numero 02.39260098

THE BIG EYE Modello Sjöstad: i rifiuti viaggiano nel sottosuolo...................................... 16

Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari/Commercial department-Sale of advertising spaces: Maria Beatrice Celino, tel. 02.39260098; cell. 335.237390 e-mail: bcelino@vgambinoeditore.it Stampa/Printing: C.P.M. spa, Via Puccini 64 – 20080 Milano Responsabilità/Responsibility: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista, nonché la loro riproduzione, è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità per il caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. Periodicità/Frequency of publication: bimestrale Poste Italiane Spa Sped. in a.p. D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c. 1 – DCB Milano Registrazione/Registration: n° 390 del 24 giugno 2008 Direzione, Redazione, Abbonamenti/Head office, editorial office, Subscription Amministrazione e Pubblicità/Administration and advertising: Virginia Gambino Editore S.r.l. Viale Monte Ceneri, 60 – 20155 Milano – Italy – tel. 02.39260098 fax 02.39264081 e-mail: redazione@vgambinoeditore.it Ai sensi del D. Lgs. 196/2003, informiamo che i dati personali vengono utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni edite da Virginia Gambino Editore Srl. Telefonando o scrivendo alla redazione è possibile esercitare tutti i diritti previsti dall’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.

REPORT Air sparging e biosparging: principi teorici e informazioni operative.......... 17 panorama aziende Gio.Eco: tecnologie ambientali protagoniste del terzo millennio ................ 21 Cava di Trezzano: non solo sabbia......................................................... 23 PROGETTI E TECNOLOGIE Sistemi di strippaggio a torre e a piani orizzontali.................................... 24 Gestione delle problematiche di un cantiere di bonifica in uno stabilimento industriale................................................ 28 WORK IN PROGRESS Attività di bonifica di vinil-amianto in una scuola elementare ..................... 31 I sottofondi stradali del futuro................................................................. 35 NORMATIVA La gestione delle acque di falda emunte nell’ambito di procedimenti di bonifica.................................................... 38 Il dragaggio dei porti nei siti di interesse nazionale.................................. 40 Associazione I rifiuti inerti adesso sono una risorsa....................................................... 44 “Green week”: nel 2050 liberi dal carbonio............................................ 46 La vetrina......................................................................................... 47

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S TORIA DI COPERTIN A

I s iti contaminati nella pr ovincia di Alessandria Ete rn i t, E c o l i b a rn a , Acna e d i l rece n t e c a s o d e l l a c o n ta m i n a z i o n e da c r o m o VI d i S pi ne t ta M a ren g o son o s o l o a l c u n i d e i s i t i c o n ta m i n at i della pro vi n c i a p i e m o n t e s e di Massimo Viarenghi

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bbiamo intervistato l’ing. Claudio Coffano, dirigente del Settore Pianificazione, Difesa del Suolo, V.I.A. e Servizi Tecnici della Provincia di Alessandria, che ci ha illustrato la situazione dei siti contaminati in provincia di Alessandria. Ci può illustrare qual è la situazione delle aree da bonificare presenti nella provincia di Alessandria? “La Provincia di Alessandria è interessata da tre siti di interesse nazionale, due localizzati completamente nel territorio provinciale, l’ex Eternit di Casale Monferrato e l’Ecolibarna a Serravalle Scrivia, l’ultimo invece rappresentato dalla contaminazione prodotta dall’Acna di Cengio che interessa il territorio di nostra competenza per le ricadute sui comuni della Valle Bormida. Ai siti di interesse nazionale si affiancano alcune bonifiche di rilevanza regionale, come l’area “ex Barco e Pulcinetta” di Castellazzo

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Bormida, una ex cava piuttosto vasta in parte autorizzata a discarica per RSU ed in parte utilizzata come discarica incontrollata per rifiuti industriali, e l’area “Diletta” nel Comune di Castellar Guidobono, una discarica di scarti della produzione di oli la cui bonifica con misure di sicurezza si è conclusa con il confinamento delle melme acide dopo opportuno trattamento di inertizzazione. Infine, ritengo sia significativo evidenziare due fattori di vulnerabilità che ricadono nel territorio alessandrino e che hanno portato al verificarsi di numerosi incidenti nel corso degli anni: il primo riguarda gli oleodotti che attraversano la nostra provincia, la cui presenza ha causato cinque situazioni di inquinamento, di cui due piuttosto importanti, dovute a rotture delle tubazioni; il secondo è relativo alla presenza dell’autostrada A7. Questo tracciato autostradale risale a più di settant’anni fa, e a causa della sua tortuosità è stato scenario di numerosi incidenti anche a mezzi pesanti con

Claudio Coffano - Dirigente Settore Pianificazione, Difesa del Suolo, V.I.A., Servizi Tecnici della Provincia di Alessandria

conseguenze gravi dal punto di vista ambientale, soprattutto per le immediate ricadute sul torrente Scrivia, che scorre adiacente alla tratta e dal quale attingono gli acquedotti di Novi Ligure, Tortona ed altri comuni minori”. Quali sono gli sviluppi nelle bonifiche da


amianto delle zone del casalese? “La situazione di contaminazione dovuta alla presenza della ex Eternit nell’area di Casale Monferrato non ha bisogno di presentazioni e rappresenta il caso nazionale più emblematico di contaminazione diffusa da amianto su territorio comunale. Le ex fabbriche di amianto furono acquisite nel 1995 dall’Amministrazione Comunale con lo scopo di avviare gli interventi di bonifica e la successiva demolizione per il recupero funzionale dell’area. I lavori di bonifica iniziati nel 2000 si sono conclusi nel 2008, con la demolizione completa delle strutture presenti e la copertura dell’intera area con terreno vegetale in attesa della realizzazione di un nuovo parco. Tuttavia, la situazione della città di Casale e dei Comuni limitrofi è ancora molto complessa in quanto gli scarti di produzione dell’amianto sono presenti in numerosi sottofondi stradali ed in controsoffitti sotto forma di “polverino”: un prodotto di scarto del ciclo produttivo delle tubature in cemento-amianto derivato dalla tornitura a secco delle testate. Durante il periodo di produzione del cementoamianto questo materiale, considerato ottimo come isolante per sottotetti, come stabilizzante per la ricopertura di cortili e più in generale quale materiale di riempimento, poteva essere reperito a costo zero dai cittadini del territorio. Di conseguenza nell’area casalese fino agli anni ’80 il “polverino” è stato impiegato tal quale o miscelato ad altri materiali nelle più svariate combinazioni: depositato in forma sfusa nei sottotetti o intercapedini murarie dei fabbricati, miscelato a ghiaia e sabbia per pavimentazioni o vialetti di aree esterne, in particolare nelle aree private, anche se non sono mancati utilizzi in aree pubbliche. Poiché non esisteva una metodologia ufficiale di riferimento per le specificità e le problematiche dei siti interessati da questa tipologia di inquinamento, ed i procedimenti previsti dalla normativa per i siti industriali non consentivano una bonifica efficace a costi sopportabili, i tecnici del Centro Regionale Amianto ARPA Piemonte e dell’ASL di Casale Monferrrato, in accordo con il Ministero Ambiente, hanno elaborato un procedura di bonifica dell’amianto per questi utilizzi impropri. Questa metodologia di intervento è stata esaminata dall’Istituto

Il sito della ex Ecolibarna a Serravalle Scrivia

Anagrafe regionale dei siti contaminati

superiore di sanità e, dopo la sperimentazione sul campo, è stata approvata dal Ministero per l’applicazione in situazioni analoghe di inquinamento”. Qual è invece la situazione della bonifica del sito della ex Ecolibarna? “La questione Ecolibarna interessa il comune di Serravalle Scrivia e risale ad oltre vent’anni fa: si tratta fondamentalmente di un’area utilizzata come discarica abusiva con presenza di fusti interrati e melme acide.

L’inquinamento dell’area è dovuto alla sovrapposizione di due cause: la contaminazione derivante dal complesso industriale che ha trattato, a partire dal 1940 fino al 1985, oli minerali, combustibili e lubrificanti tramite un processo che utilizzava “melme o fanghiglie acide”, cui si è aggiunta quella portata dalla società Ecolibarna che avrebbe dovuto iniziare un’attività di incenerimento di rifiuti liquidi speciali ma il cui impianto non è mai entrato in funzione, pertanto tutti i rifiuti conferiti durante il periodo

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S TORIA DI COPERTIN A

di attività sono stati abbandonati in superficie, interrati o sversati al suolo. Nel 2007 per la gestione del sito è stato nominato un Commissario delegato, l’attuale Prefetto di Alessandria, che coordina l’attività di un Comitato Tecnico di cui faccio parte. La bonifica del sito deve purtroppo fare i conti con l’esiguità dei fondi a disposizione, pertanto al momento è stata effettuata una messa in sicurezza dell’area con la rimozione totale dei rifiuti in superficie, oltre che l’esecuzione della fase di Caratterizzazione da parte dell’Arpa Piemonte. L’obiettivo dell’attuale Commissario delegato è l’esecuzione della cinturazione dell’area con la realizzazione di un diaframma plastico a monte dello stabilimento, al fine di evitare il continuo contatto tra la falda e i rifiuti interrati nell’area ed il conseguente inquinamento che ne deriva”. Pur non rientrando tra i siti di interesse nazionale si tratta sicuramente di una situazione complessa e con riscontri delicati; ci riferiamo all’inquinamento della falda da Cromo VI riscontrato nell’area ex zuccherificio di Spinetta Marengo. Ci può illustrare la storia di questo sito? “La situazione è tristemente nota a tutti sia per la gravità, sia per l’impatto mediatico dato a questo sito dalle tv locali e nazionali con il programma “Le Iene” di Italia1. La lavorazione del cromo nel polo industriale risale ad un periodo compreso tra gli anni Quaranta e Sessanta, quando sul sito hanno operato prima la Montecatini e poi la Montedison. La

successiva gestione degli impianti industriali che producono sostanze fluorurate è stata acquisita, negli anni Ottanta, dall’Ausimont e quindi ceduta, nel 2002, alla Solvay Italia che ha rilevato il ramo industriale dei prodotti fluorurati ad elevato contenuto tecnologico. La Solvay, dopo l’acquisizione, ha realizzato un piano di caratterizzazione del polo industriale e un successivo programma di messa in sicurezza. L’accertamento di altissime concentrazioni di cromo esavalente in falda risale alla primavera scorsa durante i lavori di caratterizzazione di un nuovo polo costruttivo a valle dell’area industriale e ha determinato l’intervento del Comune di Alessandria, della Provincia, dell’Arpa e dell’Asl, portando alla temporanea chiusura dei pozzi privati e agricoli che pescavano dalla falda superficiale, all’avvio di una serie di interventi di ristrutturazione della rete idrica interna allo stabilimento di Spinetta Marengo e alla realizzazione di ventidue pozzi piezometrici di controllo. La situazione ad un anno dalla scoperta della contaminazione è ad oggi in evoluzione: il nostro obiettivo primario è quello della tutela della salute pubblica mediante una caratterizzazione estesa del territorio, non solo per il cromo esavalente ma anche per l’inquinamento derivante da decenni di lavorazioni chimiche”. Escludendo le bonifiche in corso e le contaminazioni già note ritiene che vi sia una grossa eredità di siti inquinati nel territorio della provincia di Alessandria? “Come accennavo in precedenza, la provincia

Quadro sintetico sullo stato dei siti contaminati in Provincia di Alessandria

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di Alessandria rappresenta un nodo centrale di scambio merci per le regioni Liguria, Piemonte e Lombardia, quindi negli anni abbiamo affrontato numerosi interventi di bonifica e messa in sicurezza di diversi poli industriali, punti vendita di carburanti ed oleodotti, senza contare che il nostro territorio è stato nei decenni scorsi martoriato dalla presenza di numerose discariche abusive. Posso affermare che il lavoro del nostro ente in questi anni ha consentito di intervenire ed attuare procedimenti di bonifica o messa in sicurezza nelle situazioni più rilevanti. La maggior parte delle situazioni di inquinamento ad oggi risulta risolta o in fase di completamento, ma sicuramente non pensiamo di aver concluso l’opera di bonifica del territorio. Permangono ad oggi potenziali situazioni di contaminazione rappresentate da probabili discariche abusive sparse sul territorio ad opera di attività industriali dagli anni 60-80. Ritengo, tuttavia, che in questo ultimo periodo le attività svolte ed i procedimenti attuati abbiano consentito di sanare le ferite più grandi. Infine, va considerato che il ruolo della Provincia, in un’area dove sono presenti 190 Comuni per un totale di 450mila abitanti e di questi ben 160 sono sotto i mille abitanti, ha richiesto un impegno notevole per i nostri uffici che, a partire dall’emanazione del D.M. 471/99, hanno dovuto informare e sensibilizzare le piccole amministrazioni fornendo tutto il supporto necessario sulle procedure da seguire in caso di contaminazione”.



ATTUALITÀ

Italia: si avvicina l’ emerg enza rifiuti Dal R a p p ort o As s o a m b i e n t e s u “G l i impia n t i p er i l t r at tamen t o de i r i f i ut i in Ita l i a ” e m er g e c h e t r a due a nni s i rag g iung er ann o i l imi t i d i c a pa c i tà auto r i z z at i p er l e d isca r i c he p r e s e n t i sul te rri t o r i o n a z i o n a l e di Bruno Vanzi

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n Italia il conferimento dei rifiuti in discarica ricopre ancora oggi un ruolo dominante, sia che si tratti di rifiuti urbani (47%) sia per quanto concerne i rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi (44%). Il Rapporto “Gli impianti per il trattamento dei rifiuti in Italia”, presentato il 16 giugno scorso a Roma da Assoambiente e basato su un’indagine condotta dalla FOSS (Fondazione Sviluppo

Sostenibile), ha interessato gli impianti di trattamento dei rifiuti presenti in Italia all’inizio del 2008 e ha evidenziato come le modalità di gestione dei rifiuti non abbiano subito in questi anni gli sviluppi tecnologici necessari ad affrontare l’imminente esaurimento delle discariche presenti sul territorio nazionale. Il continuo ricorso agli impianti di interramento controllato porterà infatti al raggiungimento

Figura 1: Capacità sfruttata e residua del recupero energetico da termodistruzione

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complessivo dei limiti autorizzati nel corso dei prossimi due anni, ponendoci nell’impossibilità di gestire a livello nazionale i rifiuti non avviabili al riciclo (circa 59,3 milioni di tonnellate nel 2007) nonché quelli prodotti al termine dei processi del riciclo stesso. Lo scenario che si prospetta, sulla base dei dati presentati da Assoambiente, è tale da ridimensionare ad eventi minimi e localizzati tutte le precedenti emergenze rifiuti vissute nel nostro Paese, compresi i recenti fatti di Napoli e Palermo. A rendere ancor più allarmante tale situazione sono i tempi amministrativi e tecnici che sarebbero necessari per la realizzazione di sistemi alternativi a tecnologia complessa, problematica che non verrebbe arginata neppure nel caso si optasse, nel peggiore dei casi, per la realizzazione di ulteriori discariche. Rifacendosi a tempistiche medie per la progettazione e messa in funzione di un impianto, che vanno da un minimo di quattro ad un massimo di sei anni, è evidente come, in base ai dati attuali di sfruttamento delle discariche, il ritardo accumulato per individuare e programmare soluzioni alternative sia già notevole. Per quanto concerne le attuali alternative allo


Lavorazione degli scarti organici per la produzione di ammendante compostato

smaltimento il Rapporto ha evidenziato, a fronte di una media europea del 20%, una percentuale di rifiuti, urbani e speciali, avviati ad incenerimento pari al 12%, cui vanno aggiunte le notevoli differenze che si riscontrano tra il Nord e il Sud della penisola. Questa tendenza, causata principalmente dai maggiori costi di smaltimento, si traduce inoltre in una perdita significativa di potenziale energetico rinnovabile contenuto nella frazione biodegradabile dei rifiuti non più recuperabili; infatti se al Nord la capacità di tali impianti viene sfruttata per gli RSU fino al 90% al Centro si scende al 72% fino al 42% del Sud. La situazione non migliora se si considerano gli impianti dedicati al recupero dei rifiuti per i quali si registra una capacità di trattamento autorizzata annua di 150,8 Mton, riferita ad un numero di impianti, disomogeneamente distribuiti sul territorio nazionale, pari a 6.404. I principali fattori che ostacolano lo sviluppo industriale degli impianti di riciclaggio sono legati solo in parte alla possibilità di migliorare la qualità della raccolta differenziata e allo sviluppo tecnologico degli impianti stessi. L’ostacolo maggiore, infatti, è da ricercarsi nel difficile mercato delle materie prime secondarie ed in particolare nell’attuale momento di crisi dei mercati e di crollo delle quotazioni dei materiali riciclati. La massimizzazione del riciclo e il potenziamento del mercato dei prodotti riciclati, soprattutto nel Sud del Paese, è di fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi europei, ma va comunque considerato che anche in presenza di un processo ottimizzato non si può prescindere da un adeguato sistema di smaltimento finale per il trattamento sia dei rifiuti esclusi dalla raccolta differenziata sia di quelli generati dai processi di riciclo stesso.

Figura 2: Modalità di smaltimento dei rifiuti speciali in Italia

Il punto di vista di Assoambiente L’emergenza rifiuti nel nostro Paese e il prossimo recepimento della nuova Direttiva europea sui rifiuti (Dir.2008/98/CE) sottolineano l’importanza di disporre di un quadro aggiornato della situazione impiantistica italiana (del recupero, dello smaltimento e delle relative capacità autorizzate), al fine di progettare e realizzare un moderno sistema integrato ed efficace per il trattamento dei rifiuti e mettere in atto le azioni correttive necessarie per evitare il diffondersi di ulteriori situazioni emergenziali che risultano latenti in varie aree del Paese, incluso il Nord. La conoscenza della realtà impiantistica esistente è essenziale sia per un’efficace programmazione pubblica degli impianti per la gestione dei rifiuti urbani, sia per le scelte di investimento da parte degli operatori di un settore che necessita, però, anche delle essenziali certezze normative e condizioni di mercato. “Questo Rapporto - dichiara il presidente di Assoambiente Pietro Colucci - costituisce un primo completo censimento degli impianti di trattamento di rifiuti esistenti in Italia e fornisce elementi per rilevare prossime situazioni emergenziali per il Paese in questo settore. È necessario intervenire promuovendo sistemi integrati di gestione e l’industrializzazione del settore, che attualmente riscontra gravi e diffuse lacune operative, realizzando un sistema impiantistico integrato e generazionale (almeno vent’anni). Lo sviluppo del settore richiede, inoltre, un quadro normativo stabile e applicato in modo omogeneo a livello territoriale, caratteristica fondamentale per garantire i necessari investimenti e corrette condizioni di mercato. Infine, è necessario assicurare una condizione o regolazione (quando necessario) del mercato, che favorisca lo sbocco dei materiali riciclati, al fine di evitare la sottoutilizzazione delle capacità autorizzate e di bloccare lo sviluppo di processi tecnologici in modo da non mancare il raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio fissati in ambito europeo”. Assoambiente è da anni impegnata nel sostenere la necessità di Linee Guida nazionali in grado di risolvere, ed evitare in futuro, la grave disomogeneità autorizzativa presente in ambito nazionale, non solo per le diverse modalità di attribuzione dei codici di smaltimento o recupero, ma anche per i diversificati livelli di efficacia ambientale delle stesse autorizzazioni/ comunicazioni, non confrontabili e molto spesso carenti su aspetti anche essenziali che portano al “turismo dei rifiuti”, quando non addirittura all’esportazione degli stessi verso altri Paesi europei e non (come evidenziato dal rapporto FISE Assoambiente su “Il movimento transfrontaliero dei rifiuti”, presentato lo scorso 5 marzo a Roma).

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ATTUALITà

DAL SALONE DELLE BONIFICHE UNO SGUAR DO OLTR E FR ONTIERA LA TE R ZA EDIZIONE DI R EMTECH SCOMMETTE QUEST’ ANNO SUL CONFR ONTO CON LE R E ALTÀ i nt e rna z i ona l i DI UN SETTOR E IN C ON TINUA EVOLU ZION E

di Maeva Brunero Bronzin

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el mese di settembre presso la Fiera di Ferrara aprirà nuovamente i battenti RemTech Expo 2009, il Salone dedicato alle bonifiche dei siti contaminati ed alla riqualificazione del territorio, che pur essendo solo alla terza edizione, prosegue consolidando ed incrementando in modo significativo i risultati degli anni precedenti. L’evento del prossimo settembre riserverà importanti novità nonché significative aperture alle realtà internazionali. La scommessa maggiore riguarda infatti l’organizzazione dell’“International symposium on contaminated soils and sediments”, un momento di confronto per il settore che permetterà di dare uno sguardo a cosa succede al di fuori dell’Italia. Per farci illustrare le novità e gli sviluppi di RemTech Expo 2009 abbiamo parlato con l’Ing. Daniele Cazzuffi, di ISMES-Divisione Ambiente e Territorio di CESI Spa di Milano, Coordinatore Scientifico dell’evento. Quali sono le maggiori novità relative alla sessione convegnistica prevista nei tre giorni di RemTech Expo 2009?

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“Partendo dal successo ottenuto lo scorso anno con il convegno internazionale tenutosi nella giornata centrale, durante il quale si era avuto un ottimo riscontro in termini di pubblico, abbiamo voluto scommettere su quella che in assoluto è la novità principale di quest’anno, l’“International Symposium on Contaminated Soils and Sediments”. Il Simposio si terrà nelle giornate di mercoledì 23 e giovedì 24 settembre e richiamerà senz’altro relatori provenienti da diverse nazioni ma speriamo che sia un passo verso una maggior apertura anche ad un pubblico internazionale. Al momento abbiamo riscontrato un notevole interesse quantificabile nel numero di abstract ricevuti, pertanto ci auspichiamo di consolidare tale risultato durante le giornate del Salone. Il Simposio Internazionale sarà incentrato nel pomeriggio di mercoledì sulle tematiche relative ai sedimenti contaminati, mentre l’intera giornata di giovedì sarà dedicata alla contaminazione di suolo, sottosuolo ed acque di falda. Per quanto riguarda i tradizionali convegni nazionali abbiamo cercato di organizzare le

sessioni in modo da affrontare i principali argomenti relativi alle bonifiche con case histories, applicazioni in campo e soluzioni innovative, introducendo quest’anno anche uno specifico convegno dedicato al settore dei dragaggi, tematica quanto mai di interresse sia a livello di sviluppo delle tecnologie che di evoluzione della normativa. A partire dal convegno di apertura del mercoledì mattina fino alle ultime sessioni del venerdì pomeriggio,

Daniele Cazzuffi - Ismes Divisione Ambiente e Territorio di CESI S.p.A. Milano Coordinatore Scientifico di RemTech


si alterneranno quindi negli interventi tutti i principali attori che ruotano intorno al mondo delle bonifiche: Amministrazioni Pubbliche, Università, progettisti e aziende del settore. A questo programma già piuttosto ricco e innovativo si aggiungerà un evento speciale previsto per la mattinata di giovedì durante il quale si affronteranno tematiche relative a danno ambientale, coperture assicurative e responsabilità ambientale”. Il settore delle bonifiche e della gestione dei rifiuti è noto per essere in costante fermento a livello nazionale ed internazionale sia sotto l’aspetto normativo che tecnologico; in che modo RemTech riesce ad “inseguire” tali evoluzioni? “L’apertura alle realtà internazionali è senza dubbio la risposta che abbiamo cercato di dare per l’edizione del 2009. L’intento di RemTech è comunque quello di non restare limitato ad un evento che occupa lo spazio di tre giorni nell’arco dell’anno ma creare una realtà che attraverso il sito internet e l’impegno dello staff organizzativo possa garantire una presenza costante ed un punto di riferimento per il settore complessivo delle bonifiche e della riqualificazione del territorio, con l’importante supporto fornito dal Comitato Scientifico e dal Comitato di Indirizzo”. Quest’anno più che in passato il Comitato Scientifico e il Comitato di Indirizzo di RemTech da Lei coordinati, hanno riunito le principali Associazioni Nazionali di riferimento per il settore, nonché Università e Politecnici all’interno di uno stesso luogo d’incontro. Perché un’attenzione così spinta a tanti e differenti attori che esulano dal settore “operativo” delle bonifiche? “L’attenzione nei confronti del mondo universitario ed i rapporti con Associazioni ed Enti del settore sono senz’altro cresciuti nel corso di questi tre anni di RemTech. Una novità di questa edizione è ad esempio la creazione del Premio Nazionale RemTech destinato alle migliori tesi di laurea nel settore delle bonifiche, un’iniziativa che è stata possibile grazie al supporto di ANDIS, Federchimica, Unione Petrolifera, Assoreca, Consiglio Nazionale dei Chimici e Federambiente, e che ha riscosso numerose adesioni su tutto il territorio nazionale. Ci tengo però a sottolineare che ciò non si-

gnifica certo togliere spazio alle aziende, che infatti anche quest’anno hanno incrementato la loro presenza tra gli espositori; il mio obiettivo per RemTech, in qualità di Coordinatore Scientifico dell’evento, è che ci sia un’apertura a 360° nei confronti del mondo

delle bonifiche e della riqualificazione del territorio volta anzi ad includere anche settori la cui presenza sino ad oggi è risultata piuttosto marginale, mi riferisco ad esempio ai laboratori di analisi o alle società che si occupano di demolizione”.

Il programma dei convegni MERCOLEDI’ 23 mattino 10.30-13.30

pomeriggio 15.00-18.00

GIOVEDI’ 24

Tema del convegno

Coordinatori del convegno

Convegno di apertura: recenti miglioramenti del quadro normativo in funzione di una nuova politica per l’ambiente

Daniele Cazzuffi CESI S.p.A. Milano

Tecnologie innovative per la bonifica di siti inquinati: esperienze e problematiche attuative

Maria Rosaria Boni “Sapienza” Università di Roma

Tema del convegno

Vincenzo Francani Politecnico di Milano

Federico Vagliasindi Università degli Studi di Catania Coordinatori del convegno

mattino 9.30-12.30

Biosensori e biomarcatori nella valutazione del rischio ambientale e sanitario associato ai terreni contaminati

Annamaria Colacci ARPA Emilia Romagna, Bologna

pomeriggio 15.00-18.00

Metodologie avanzate nella caratterizzazione dei siti inquinati

Alberto Godio Politecnico di Torino

Dragaggi e ripascimento delle aree costiere

Pier Luigi Aminti Università di Firenze

pomeriggio 15.00-18.00 VENERDI’ 25

Tema del convegno

mattino 9.30-12.30

Tecnologie innovative per la bonifica di acquiferi contaminati

Marco Petrangeli Papini “Sapienza” Università di Roma

Coordinatori del convegno Giovanni Pietro Beretta Università di Milano Francesco Dondi Università di Ferrara Nicola Moraci Università di Reggio Calabria

mattino 9.30-12.30

Demolizioni e destino delle macerie: rifiuti o risorse?

Marilena Cardu e Mariachiara Zanetti Politecnico di Torino

pomeriggio 14.30-17.00

Terre e rocce da scavo

Gianni Andreottola Università di Trento Eleonora Beccaloni Istituto Superiore di Sanità, Roma Barbara Villani ARPA Emilia Romagna, Bologna

pomeriggio 14.30-17.00

Riqualificazione e riutilizzo dei siti dimessi

Daniele Montecchio Ministero dello Sviluppo Economico, Roma Guido Paliaga Università di Genova

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FABBRI CA DELL E ID E E

L’ USO DI ENERGIA ALTER NATIVA nella bonifica dei siti contaminati Nelle t e c n o l o g i e d i p o m pa g g i o e t rat ta m e n t o d i fa l d e con ta m i n at e vi e n e u t i l i z z ata una p ompa s omme rsa d o tata di pa nnel l i f o t ov o lta ic i a zer o i m pat t o e n er g e t i c o di Domenico Bonanno*

L

a bonifica dei siti contaminati presenti in tutti i paesi industrializzati è una delle principali emergenze ambientali. La riduzione, in tempi brevi, del numero di queste emergenze è strettamente legata alla disponibilità di un’ampia gamma di metodologie applicabili, alla loro eco-compatibilità ed economicità. Per trattare un terreno o acqua sotterranea contaminati mediante tecnologie off site è necessario prevedere l’uso di macchine a combustione per il trasporto; la criticità è correlata al fatto che spesso la quantità di combustibile bruciato per la bonifica di un suolo supera di gran lunga la contaminazione stessa. Nasce così l’esigenza di ricorrere a tecnologie di bonifica on site, ottimizzate mediante l’utilizzo di fonti energetiche alternative e rinnovabili da applicare al processo di trattamento. Nel campo del risanamento ambientale la società Biglia Srl, ha dato inizio ad una sperimentazione che prevede l’impiego di pannelli fotovoltaici per fornire energia agli impianti di bonifica in situ con un impatto energetico pari a zero. Nel caso specifico, si tratta di pompe ad energia solare il cui impiego è previsto nei

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Figura 1: sistema di pompaggio in funzione in un cantiere di bonifica da idrocarburi

sistemi di pump and treat (pompaggio e trattamento) per il risanamento delle falde idriche contaminate. Queste pompe sono nate in funzione dell’esigenza di effettuare interventi di messa in sicurezza di emergenza o di bonifica in aree in cui risulta difficile se non impossibile poter disporre di energia elettrica dalla rete tradizionale (es. cantieri stradali, campi agricoli, ecc.). Tale tecnologia permette di poter installare ovunque sistemi di pump and treat, con funzionamento anche nelle ore notturne, compatibilmente alle esigenze di portata richieste senza installare i generatori a combustione. Un sistema di pompaggio delle acque di falda in una bonifica prevede tipicamente la realizzazione di uno o più pozzi, il cui emungimento consente di creare una “zona di captazione” in grado di coprire la porzione di acquifero

interessata dalla contaminazione. Le acque estratte vengono convogliate generalmente ad un impianto di trattamento chimico-fisico (Figure 1 e 3). L’impiego delle pompe ad energia solare nei sistemi di pump and treat prevede una configurazione di installazione tipica formata da regolatori di carica ed accumulatori collegati al pannello fotovoltaico e da regolatori di controllo della portata delle pompe (Figura 2); in questo modo si garantisce un funzionamento del corpo pompante, anche se talvolta parziale, nelle ore notturne. Il regolatore garantisce la marcia solo in condizioni di alimentazione di c.c. ottimale effettuando una diagnosi di checkup ad ogni avvio della pompa. Il funzionamento in presenza di acqua è regolato dalle sonde capacitive di livello gestite

Figura 2: configurazione tipica con i componenti adottati nei sistemi di pump and treat


Portate e caratteristiche tecniche delle pompe Figura 3: fasi di montaggio dell’impianto

da un relè di controllo. Il regolatore di carica gestisce invece la carica ottimale degli accumulatori evitando sovraccarichi degli stessi ed accidentali danni agli stessi. L’abbinamento dei pannelli fotovoltaici è del tipo in serie: nel caso di pannelli forniti da Biglia Srl deve essere garantita, ad esempio, la presenza di una coppia per l’erogazione di 24 Volts a 4,6 A. La possibilità di trasformare l’energia solare in energia elettrica mediante tecnologia fotovoltaica consente di svolgere bonifiche ambientali che, dal punto di vista energetico, risultano avere impatto zero. * Biglia S.r.l.

Alimentazione a 24 Volts La pompa sommersa per prevalenze fino a 150 m funziona a corrente continua, è realizzata in acciaio inossidabile ed è alimentabile con tensioni a 24V, correnti comprese tra 1A e 4A, ed adatta a prevalenze comprese tra 0 e 150 metri. Funziona mediante un sistema brevettato di pistoni contrapposti equilibrati azionati da camme e rullini in bagno d’olio mossi da un motore c.c. a magneti permanenti dotato di spazzole speciali di lunga durata, raffreddato ad aria, il tutto sigillato e completamente isolato dall’acqua. Viene normalmente costruita in tre versioni: con camma di 3 mm per basse prevalenze ed alte portate, con camma di 2,6 mm per medie prevalenze e medie portate, con camma di 2 mm per alte prevalenze e piccole portate. Può essere alimentata direttamente da due o quattro pannelli solari fotovoltaici di tipo comune (12V), oppure mediante batterie di accumulatori a 24V. Le portate sono comprese tra i 1.000 e 8.000 litri/giorno. La pompa ha un diametro di 98 mm, una lunghezza di 760 mm, pesa circa 13 kg e viene fornita dotata di un attacco rapido per tubi in polietilene da 25 mm. Alimentazione a 48 Volts Anche in questa versione le pompe a corrente continua sono costruite interamente in acciaio inossidabile, di piccola potenza ed elevato rendimento, alimentabile con tensioni di 48V, correnti comprese tra 2A e 6A, ed adatta a prevalenze comprese tra 0 e 150 metri. Il sistema di funzionamento è analogo alle precedenti, mediante un sistema brevettato di pistoni contrapposti equilibrati, azionati da camme e rullini in bagno d’olio e mossi da un motore c.c. a magneti permanenti dotato di spazzole speciali di lunga durata, raffreddato ad aria; il tutto sigillato e completamente isolato dall’acqua. Le portate sono comprese tra i 3.000 e 16.000 litri/giorno. La pompa ha un diametro di 98 mm, una lunghezza di 920 mm, pesa circa 18 kg e viene fornita dotata di un attacco rapido per tubi in polietilene da 25 mm o 32 mm. I dati sopra riportati sono riferiti in condizioni di irraggiamento solare pari a 7,0 kWh/mq/ giorno ad una latitudine geografica media italiana. Nei mesi invernali (sempre riferito all’Italia) tali prestazioni calano di circa al 73%.

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THE BIG EYE

Modello Sjöstad: i RIFI UTI viaggiano nel SOTTOSUOLO In un q u art i ere a s u d d i S t occ o lma è in fa s e d i r e a l i z z a z i o n e u n n u ov i s s i mo si s tema s o t ter r a ne o a u t o m at i c o p er la ra cc o lta de i r i f i ut i u r b a n i

di Veronica Monaco

I

l problema della gestione e dello smaltimento dei rifiuti ha ormai assunto importanza planetaria, tanto che in tutto il mondo si assiste a manifestazioni di grande interesse per il settore da parte di enti pubblici e privati. L’impegno verso i processi di riciclaggio e l’attenzione ai costi per il settore sono i focus principali attorno a cui ruota il dibattito internazionale in tema di rifiuti. L’atteggiamento pragmatico di alcuni Paesi, soprattutto del Nord Europa, nei confronti delle politiche di gestione dei rifiuti urbani si è imposto quale modello di efficienza e sostenibilità. Particolarmente significativa a questo proposito risulta l’esperienza della capitale svedese, dove fin dal 1967 è presente un sistema sotterraneo di trasporto di rifiuti, realizzato dalla società Envac, che da oltre quarant’anni opera nel settore della raccolta automatizzata dei rifiuti solidi urbani. Attraverso un sistema di punti di scarico, collegati da una serie di condotti, i sacchetti dei rifiuti (frazionati all’origine) vengono temporaneamente immagazzinati in uno scivolo, per poi essere trasportati, ad intervalli regolari o su necessità, ad una centrale di raccolta mediante

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l’utilizzo di motori di suzione. Le diverse frazioni di rifiuti, incanalate in container specifici grazie all’utilizzo di una valvola diversificatrice, passano poi attraverso particolari cicloni che separano i rifiuti stessi dall’area di trasporto, li compattano e li pressano dentro container sigillati. Nel momento in cui i container raggiungono la massima capienza, essi vengono prelevati e svuotati del loro contenuto. Dai lontani anni ’60 molto è stato fatto per implementare il sistema stazionario di Envac, tanto che a Stoccolma sono stati costruiti altri ottanta impianti, utilizzati da più di 200mila cittadini ogni giorno. Attualmente è in corso la realizzazione di un nuovo progetto – il più grande mai realizzato in Nord Europa – nel moderno distretto residenziale di Hammarby Sjöstad, a pochi chilometri dalla capitale. Il sistema di gestione dei rifiuti ad Hammarby è una parte importante dell’infrastruttura tecnica

del Paese. Al fine di minimizzare il traffico nel quartiere e di facilitare la diversificazione dei rifiuti ai residenti ed al commercio dell’area, i progettisti dell’Envac hanno dato vita ad un sistema automatico di raccolta dei rifiuti, che si colloca ai vertici dell’eco-compatibilità. Nella prima fase l’area è stata equipaggiata con un sistema mobile per tre frazioni di rifiuti: rifiuti organici, rifiuti inceneribili e carta. Ogni chiusino di scarico è collegato ad un contenitore sotterraneo posto nei cortili o nei garage, costituito da un buffer di stoccaggio momentaneo, attivo fino a che il camion di suzione non abbia raccolto tutti i rifiuti. In una ulteriore fase del progetto è già stata pianificata la realizzazione di un sistema stazionario, a completamento di quello mobile. Una volta ultimato, il sistema gestirà i rifiuti di 2100 appartamenti, pari a circa 22 tonnellate di rifiuti alla settimana.


T R

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OR P E

r eport

AIR SPARGING E BIO SPARGING: principi teorici e informazioni operative O EP R

due tecn o l o g i e s e m pre p i ù d i f f u s e p e r l a bo nifi ca e l a m e s s a i n s i c ur e z z a d i te r reni e d aCqU E d i Fa l d a C o N ta M i N at E

di Tina Corleto

L’

Air Sparging (AS) e il Biosparging (BS) sono tecnologie di trattamento “in situ”, che consentono la bonifica di terreni saturi e acque di falda mediante estrazione dei contaminanti e biodegradazione degli stessi. Il processo prevede l’iniezione di aria pulita in pozzi trivellati nella zona satura, azione che provoca lo strippaggio degli idrocarburi dal terreno e dalla falda. Le bolle d’aria, risalendo verso la superficie, provocano la volatilizzazione e il desorbimento dei composti organici volatili che sono presenti nella zona satura e inducono la volatilizzazione dei contaminanti disciolti nell’acqua. I gas in uscita dal sottosuolo vengono quindi convogliati mediante un sistema di estrazione nella zona insatura. Tali tecniche possono essere utilizzate sia per la bonifica di matrici ambientali sia come interventi di messa in sicurezza d’emergenza, eventualmente abbinati a interventi di confinamento della contaminazione in atto.

strippaggio (trasferimento di contaminanti disciolti nell’acqua sotterranea e/o adsorbiti sulle particelle di suolo saturo nel flusso aeriforme) e/o di biodegradazione, i contaminanti disciolti in fase acquosa nella zona satura del sottosuolo. I contaminanti volatilizzati migrano verso la zona insatura dalla quale vengono generalmente rimossi mediante un impianto di Soil Vapor Extraction (SVE). Questo sistema combinato viene generalmente denominato con la sigla AS/SVE.

AIR SPARGING

Il sistema consiste nell’iniettare aria (lievemente in pressione) al di sotto del livello piezometrico per rimuovere, tramite processi di

Figura 1: schema di un impianto AS/BS

Campo di applicazione L’applicabilità del metodo di AS va valutata in funzione di numerosi fattori potenzialmente limitanti dell’efficienza stessa del sistema. • Il sistema AS risulta efficace nel ridurre le concentrazioni di composti organici volatili (VOC). È particolarmente adatto al trattamento dei composti più leggeri (ad esempio i BTEX), che passano agevolmente dalla fase disciolta a quella gassosa. Quando sulla tavola d’acqua la contaminazione organica è presente come NAPL (Non Aqueous Phase Liquid, ossia liquido non miscibile con l’acqua), è necessario verificare la presenza di prodotto libero in galleggiamento, per potere, eventualmente, provvedere alla sua rimozione prima dell’applicazione della tecnologia. L’air sparging può infatti causare la risalita locale della falda, con conseguente migrazione del prodotto libero e diffusione della contaminazione. • Contaminanti disciolti in falda caratterizzati da una costante di Henry superiore a 15 atm (es. MTBE) sono facilmente rimovibili con un sistema di AS. • Il metodo è applicabile per trattare terreni saturi ubicati a modeste profondità (15 – 20

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R EP ORT

m da p.c.), onde evitare costi di realizzazione dell’impianto e oneri gestionali (consumo di energia elettrica) che renderebbero la tecnologia non sostenibile economicamente. Anche la presenza di un acquifero di tipo confinato rende inapplicabile l’AS, in quanto l’aria iniettata rimarrebbe confinata nell’acquifero senza possibilità di rifluire attraverso la zona insatura.

Vantaggi

Svantaggi

Strumenti facilmente reperibili; facile da installare.

Non può essere utilizzato in presenza di prodotto libero (il prodotto libero deve essere rimosso prima del trattamento).

Scarso disturbo delle attività del sito.

Non può essere usato in acquiferi confinati.

Tempi di trattamento brevi (meno di 1 – 3 anni in condizioni ottimali).

La presenza di suoli stratificati ne può ridurre l’efficacia.

Al costo di € 20-50/ton* di suolo saturo contaminato, risulta meno costoso dei trattamenti in superficie.

Mancano dati di campo e di laboratorio che supportino le scelte progettuali.

Non richiede rimozione, trattamento, accumulo, o scarico per le acque.

Può indurre la migrazione dei contaminanti.

Può promuovere la rimozione tramite SVE.

Richiede l’esecuzione dei test pilota ed il monitoraggio per il controllo dei vapori e l’eventuale migrazione.

Figura 2: diffusione dei gas in suoli con presenza di strato a bassa permeabilità

Tabella 1: vantaggi e svantaggi legati all’uso dell’air sparging

• La permeabilità del terreno determina la velocità a cui l’aria può essere iniettata nel livello saturo. Un suolo con elevata permeabilità consente una agevole circolazione dell’aria attraverso la tessitura e, dunque, garantisce un notevole strippaggio di contaminante volatile. • Suoli molto eterogenei o stratificati possono costituire un impedimento all’applicazione dell’AS, in quanto favoriscono la migrazione preferenziale dei vapori verso le zone a granulometria più grossolana.

• La presenza di strutture interrate, pozzi abbandonati o di vecchi fori di sondaggio può causare la formazione di vie preferenziali di flusso e non consentire al sistema di aerare uniformemente il sottosuolo, influenzando fortemente la diffusione dei gas.

BIOSPARGING

Il Biosparging (BS) è una tecnologia di bonifica in situ che sfrutta l’attività di microrganismi

autoctoni per la biodegradazione di composti organici presenti nella zona satura. In particolare, viene insufflata aria contenente ossigeno e nutrienti (se necessari) per agevolare l’attività biologica dei microrganismi. Si applica sia per ridurre le concentrazioni di contaminanti disciolti in acqua sia per abbattere la massa di sostanze adsorbite sulle particelle del terreno saturo o in frangia capillare. Il sistema impiantistico è analogo a quello utilizzabile per l’AS, ma il BS viene applica-

CASE HISTORY

In provincia di Gorizia è stato svolto a novembre 2008 un test pilota con lo scopo di dimensionare su scala reale un impianto di trattamento costituito da un sistema combinato di Air Sparging (da modulare in seconda fase in Biosparging) e Soil Vapor Extraction. I terreni, saturi e insaturi, risultavano contaminati da Idrocarburi leggeri C<12 (concentrazione massima pari a 5.700 mg/kg), Idrocarburi pesanti C>12 (concentrazione massima pari a 11.500 mg/kg) ed MTBE (concentrazione massima pari a ca 500 mg/kg). Il campo prova era costituito da un punto di immissione dell’aria denominato AS1 e da tre punti di monitoraggio posti a distanza di 5 m, 9 m e 12 m rispetto al punto di insufflazione. L’area oggetto di studio presentava un sottosuolo caratterizzato da terreni di tipo alluvionale, a matrice sabbioso-ghiaiosa, con valori di soggiacenza della falda pari a circa 8 - 10 m da p.c. La prova di Air Sparging è stata effettuata secondo gradini di prova prestabiliti. I gradini per la prova di AS hanno previsto le seguenti portate d’aria: 10 – 25 - 45 m3/h. Per la realizzazione della prova è stato

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Figura 3: prospetto 3D dell’ubicazione dei superamenti (in rosso) e delle conformità (in verde) per i campioni di terreno

utilizzato un compressore rotativo a palette centrifughe “oil free”, caratterizzato da assenza di lubrificazione, raffreddamento ad aria e assenza di nebbie oleose allo scarico.


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to quando lo scopo è quello di favorire la biodegradazione più che la volatilizzazione dei contaminanti. Un’ipotesi impiantistica con un certo numero di applicazioni, nel caso di presenza di un mix di sostanze con caratteristiche di volatilità e biodegradabilità differenti, prevede un sistema costituito da una prima fase di AS seguito da una sezione di BS. Campo di applicazione Il campo di applicabilità di un sistema di BS è analogo a quello ipotizzabile per il processo di AS, in termini di caratteristiche della matrice suolo. In tal senso, la permeabilità intrinseca è la caratteristica più importante per la determinazione dell’efficacia del biosparging perché controlla il processo di diffusione dell’ossigeno nel terreno e ai microrganismi degradatori (per la biodegradazione 1 g di idrocarburi, sono necessari 3 ÷ 3.5 g di ossigeno). Ulteriori fattori limitanti sono la qualità idrochimica dell’acqua di falda (pH, potenziale redox, temperatura) e la tendenza alla biodegradazione delle sostanze organiche da abbattere. Il biosparging sfrutta principalmente l’azione di batteri aerobi. Il tasso di biodegradazione quindi dipende sia dall’afflusso di ossigeno all’area contaminata sia dalla presenza di nutrienti come composti azotati e fosfatici, naturalmente presenti negli acquiferi. Schematicamente, i fattori limitanti per l’appli-

Figura 4: biodegradabilità in funzione della struttura chimica del contaminante

Figura 5: schema di impianto di biosparging

Durante le prove si è provveduto a effettuare, in corrispondenza di tutti i piezometri, le seguenti misure: • livello piezometrico in condizioni statiche; • concentrazione di ossigeno disciolto in falda; • concentrazione di sostanze volatili (VOC) a bocca pozzo. La prova svolta insufflando nel livello saturo di AS1 con una portata di 45 m3/h a 500 mbar per circa 1h30 ha consentito di ottenere i valori riportati nelle tabelle sottostanti. Misurazioni svolte prima della prova pilota. Punto monitoraggio

Soggiacenza (m)

O EP R

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Misurazioni svolte durante la prova pilota. Punto monitoraggio

Soggiacenza (m)

Ossigeno disciolto (mg/l)

VOC (ppm)

AS2

8,83

1,90

3,5

PM1

8,71

5,50

1600

PM2

8,95

4,00

375

PM3

9,12

1,50

1,0

A seguito della prova:

Ossigeno disciolto (mg/l)

VOC (ppm)

AS2

8,84

0,1

1,0

PM1

8,73

0,1

250

PM2

9,01

0,2

50

PM3

9,12

0,1

1,0

• non sono risultate differenze evidenti nel livello piezometrico misurato nei pozzi di monitoraggio. Ciò indica che un’interruzione di oltre 24 ore dal pompaggio svolto durante i mesi dell’attività di messa in sicurezza della falda non è sufficiente ad apprezzare una variazione significativa della soggiacenza della falda; • si è notato un incremento dell’ossigeno disciolto in entrambi i punti di monitoraggio, più netto in PM1, distante circa 5 metri dal punto di iniezione.

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cabilità del BS risultano essere: • temperatura dell’acqua di falda: le attività microbiche decrescono rapidamente al di sotto dei 10 °C; • pH dell’acqua di falda: i valori ottimali sono quelli compresi nel range 6 – 8; • presenza di nutrienti (azoto e fosforo): in caso di una loro carenza è possibile aggiungerli al terreno; • presenza di popolazioni microbiche autoctone naturalmente presenti nell’acquifero. La quantità di batteri presenti si stima debba essere maggiore di 103 CFU/g; Vantaggi

• presenza di elettroni accettori in numero sufficiente; • elevate concentrazioni di Ferro disciolto nelle acque sotterranee possono causare una riduzione della permeabilità del terreno durante il trattamento, poiché il Ferro esposto all’ossigeno si ossida e può precipitare occludendo i pori e riducendo la permeabilità; • contaminanti organici in concentrazioni superiori a 50.000 ppm nel terreno e contaminanti metallici con concentrazioni maggiori di 2.500 ppm sono ritenute limitanti per l’applicabilità della tecnologia.

Svantaggi

Strumenti facilmente reperibili; facile da installare. Può essere utilizzato solo in ambienti adatti (es. suoli omogenei e permeabili, acquiferi non confinati, assenza di idrocarburi liberi, assenza di spazi chiusi nelle vicinanze) Scarso disturbo delle attività del sito.

L’interazione tra alcuni processi chimici, fisici e biologici non sono ancora del tutto note

Tempi di trattamento brevi (da 6 mesi a 2 anni in condizioni ottimali)

Mancano dati di campo e di laboratorio che supportino le scelte progettuali

Costi competitivi

Può indurre la migrazione dei contaminanti

Migliora l’efficacia dell’air sparging consentendo il trattamento di una maggiore varietà di idrocarburi Non richiede rimozione, trattamento, accumulo, o scarico per le acque Bassi tassi di iniezione d’aria riducono la necessità di sistemi di cattura e trattamento dei vapori

Tabella 3: vantaggi e svantaggi legati all’uso del biosparging Permeabilità intrinseca (k) (cm2)

Efficacia del biosparging

k > 10

Generalmente efficace

9

10 < k < 10

Può essere efficace, necessita di verifiche

k < 1010

Scarsamente efficace o inefficace

9

10

Si sottolinea che è indispensabile monitorare l’area trattata con piezometri posti a valle rispetto al movimento della falda. Predisposizione dei test pilota Il test pilota di iniezione di aria permette di definire i seguenti parametri: • raggio di influenza (ROI), definito come la massima distanza dal pozzo di iniezione alla quale, per una determinata portata e pressione di iniezione, si verifica una variazione del livello piezometrico. La definizione del raggio di influenza è necessaria a determinare il numero e la distanza dei pozzi di iniezione; • portata d’aria iniettata: è il flusso d’aria sufficiente per ottenere un determinato raggio di influenza. Portate d’aria tipiche per un sistema di AS sono comprese tra 5 e 15 Nm3 h-1; • pressione d’aria con la quale l’aria viene iniettata nella zona satura; • concentrazione dei composti organici volatili nell’insaturo, un parametro utile per dimensionare un sistema di SVE di captazione dei contaminanti; • raggio di trattamento, definito come la distanza alla quale si verifica una variazione della concentrazione dell’ossigeno disciolto nell’acqua sotterranea. I pozzi di monitoraggio di una prova di AS/BS devono essere disposti radialmente rispetto al punto di insufflazione dell’aria, in modo da poter verificare la diffusione dei flussi aeriformi nell’intorno del pozzo.

Tabella 4: efficacia del biosparging in funzione della permeabilità del terreno

▲ • i valori di VOC aumentavano durante l’insufflaggio, per poi subire una decrescita fino ai valori iniziali dopo lo spegnimento del compressore. L’analisi dei risultati delle singole prove realizzate evidenzia che l’Air Sparging può essere applicato nel sito in oggetto, con le seguenti indicazioni: • portate di 10 e 25 m3/h risultano insufficienti per l’ossigenazione delle acque e per la definizione di un raggio di influenza; • portate di 45 m3/h consentono una discreta ossigenazione, un raggio di influenza significativo e permettono una liberazione di VOC sui punti monitorati (che andranno captati con il sistema di SVE). Il confronto con gli Enti di riferimento ha consentito di definire che la portata ottimale alla quale la tecnologia risulta efficiente nello strippaggio dei composti volatili dalle acque sotterranee fosse compresa tra i 20 ed i 30 m3/h e che il raggio di influenza da considerare fosse pari a circa 9 - 10 metri.

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Figura 6: disposizione del punto di immissione aria e dei punti di monitoraggio

Oltre ai test in situ, tra cui il test respirometrico, nel caso di applicazione di un impianto di BS si rende necessario svolgere prove di biotrattabilità in laboratorio.


PA NORA MA AZIENDE

GIO . ECO: tecnologie ambientali pr otagoniste del ter zo millennio Att r av ers o l e paro l e d e l pr e s i d e n t e d e l l a società r i p er c orr i a m o i pr i m i 1 5 a nni di atti vi tà del l a s oc ie tà mi l anese pr otago n i s ta n e l l’ a p p l i c a z i o n e d e l l e biotecn o l o g i e p er i l r i s a n a m e n t o a m b i e n tale di Mirjam Sovic

L

a società fondata nel 1993 con la finalità di sviluppare la sua attività nelle nuove tecnologie protagoniste del terzo millennio ha creduto e dedica tutta la sua esistenza alle biotecnologie per l’ambiente, con lo scopo di salvaguardare l’ecosistema. Il suo grande impegno, anche nella ricerca e nella collaborazione con il mondo universitario, le ha per-

Renzo Bozzetti, presidente di Gio.Eco Srl

messo di diventare un indispensabile punto di riferimento per ogni problema ambientale e di conseguire importanti premi internazionali. Abbiamo intervistato il Gr. Uff. Rag. Renzo Bozzetti, Presidente di GIO.ECO Srl. Quindici anni fa il settore delle bonifiche in Italia era agli albori eppure voi avete scommesso sin da subito in favore dell’ambiente. Ci spieghi il perché. “Perché eravamo e siamo fermamente convinti che lo sviluppo economico e sociale di un Paese debba necessariamente essere accompagnato da una marcata attenzione alla salvaguardia dell’ambiente quale condizione indispensabile per la vivibilità dei cittadini. Nel corso degli anni questa impostazione si è mostrata vincente perché le pubbliche amministrazioni, preoccupate del degrado ambientale, hanno emanato normative sempre più severe volte ad indurre la bonifica delle aree contaminate e la riqualificazione urbanistica dei siti industriali dismessi che rappresentano delle vere e proprie ferite

Figura 1: tensostruttura sotto cui viene posizionato in biopile il terreno contaminato

nel tessuto cittadino. GIO.ECO è oggi riconosciuta sul mercato quale partner ideale per affrontare le problematiche attinenti alle bonifiche ambientali, dalle indagini preliminari alla fase di caratterizzazione sino all’esecuzione della bonifica con trattamenti on-site o smaltimento delle matrici contaminate”. Ci illustri brevemente un cantiere in cui

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PA NORA MA AZIEN DE

Figura 2: sistema mobile di bioreattori

l’applicazione su scala reale dei vostri prodotti ha dato particolari risultati di abbattimento? “Gli interventi di bonifica eseguiti con successo sono ormai molto numerosi e prestigiosi e hanno riguardato aree di grande rilevanza sul territorio nazionale. Tra questi mi fa piacere ricordare il primo eseguito anni fa presso l’ex Raffineria Gulf di Bertonico (LO) dove abbiamo raggiunto obiettivi di bonifica in soli 3 mesi di trattamento per ciclo partendo da un valore medio di contaminazione di 8.000 ppm tph e l’ultimo, ancora in corso, presso l’ex stabilimento FIAT di Torino dove sempre in 3 mesi abbiamo già trattato il primo ciclo conseguendo livelli di abbattimento superiori al 90%. In entrambi i casi la tecnologia impiegata ha previsto l’irrorazione del terreno contaminato che è stato poi posizionato in biopile sotto delle tensostrutture (opportunamente riscaldate per il periodo invernale) (Fig. 1) e inoculato con selezionate miscele microbiche sviluppate direttamente in situ mediante un brevettato sistema mobile di bioreattori (Fig. 2). L’areazione dei cumuli è stata garantita grazie alla nostra macchina rivoltacumuli (Fig. 3) specifica per bonifiche ed è in grado di rivoltare fino a 5000 m3 di terreno al giorno. In questo settore l’aggiornamento tecnico è indispensabile per proporre sempre tecnologie di bonifica appositamente dimensionate per ogni singolo cantiere. Per fare questo occorre una struttura ben organizzata.

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La fase di ricerca e sviluppo, quale preludio dell’innovazione tecnologica, è indispensabile per il successo della nostra attività. È per questo che oltre ad un’intensa attività di ricerca interna, abbiamo da tempo avviato una proficua collaborazione con importanti centri di ricerca e attivato un accordo di collaborazione scientifica con l’Università Bicocca di Milano. Voi che operate in questo settore da anni cosa pensate della situazione italiana rispetto al resto d’Europa? Possiamo insegnare qualcosa o abbiamo molto da imparare? Sotto il profilo della tecnologia ritengo che gli

italiani abbiano poco da imparare dall’estero, sotto quello della cultura e del rispetto ambientale il nostro cammino è ancora lungo per adeguarci agli standard di alcuni paesi quali Germania e Francia. Cosa ci riserva il futuro della bioremediation? Credo che la tecnica delle bioremediaton rappresenti il futuro delle bonifiche perché consente di trattare direttamente in situ le matrici contaminate di natura organica, con rilevanti vantaggi economici rispetto ad altre tecnologie più invasive o allo smaltimento in siti autorizzati. Quali effetti ha avuto il passaggio dal D.M.471/99 al D.Lgs 152/06 nell’impiego dei vostri prodotti? I trattamenti di bioremediaton erano incentivati dal D.M. 471/99 e l’ orientamento del DL 152/06 è ancora più puntuale nella predisposizione verso queste tecnologie on site”. Quali sono gli obiettivi su cui state maggiormente lavorando nello sviluppo dei vostri prodotti? “Cerchiamo di sviluppare miscele microbiche sempre più specificamente selezionate per il trattamento delle diverse matrici contaminate in variegate condizioni operative. Ricerchiamo anche soluzioni ai problemi sino ad ora difficilmente affrontabili con la bioremediaton per la presenza di inibenti (es. cloruri e metalli pesanti) o per gli elevati livelli di contaminazione particolarmente recalcitranti”. Figura 3: macchina rivoltacumuli specifica per bonifiche


PA NORA MA AZIENDE

CAVA DI TREZZANO: non solo sabbia Da olt re 4 0 a n n i l’A z i e n d a pr o d u c e i n ert i di qualità e d or a inves t e i n nuov i se t t o ri , dal mo v i m e n t o t err a a l l o s m a lt i m e n t o

di Andrea Terziano

D

agli anni ’60 Cava di Trezzano, tra i primi produttori di sabbia dell’area milanese, ha sviluppato nel corso degli anni il settore movimento terra e demolizioni e da sempre è attiva nel settore del riciclaggio inerti. Attualmente grazie ai suoi impianti di vagliatura e frantumazione è in grado di trattare qualsiasi tipologia e quantità di materiale su di un’area di oltre 300.000 mq. Oltre a tali attività Cava di Trezzano ha strutturato negli ultimi sei anni un eccellente servizio di smaltimento rifiuti da cantiere (macerie, imballaggi, legno, cartongesso, materiali misti di vario genere, ecc.) a mezzo cassoni/containers scarrabili. La capillare presenza commerciale dell’azienda, coadiuvata dalla capacità di garantire un servizio di consegne e ritiri puntuale dei containers stessi, ha permesso di avere un quantitativo attuale di circa 300 cassoni/mese presenti su una vasta area operativa. Nell’ambito del movimento terra Cava di Trezzano è in grado di fornire soluzioni integrate alla clientela anche per quanto concerne lo smaltimento delle terre e rocce da scavo con soglie di contaminazione entro i limiti della colonna B della tab. 1 D.Lgs 152/06, incari-

candosi inoltre del prelievo dei campioni di materiale in cantiere, dell’analisi degli stessi e della redazione del Piano di Scavo di legge. Credendo molto nella strada intrapresa, Cava di Trezzano desidera ampliare il settore smal-

timento. Tale intenzione si concretizzerà con l’imminente apertura di un nuovo polo localizzato nel comune di Limbiate (MI) che consentirà di migliorare il servizio nella zona alto-milanese.

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Prog etti e t ecno l o g ie

S istemi di strippaggio a torr e e a piani orizzontali Dall’ i n d u s tr i a c h i m i c a u n s i s t e m a d i t r atta m e n t o e f f i c a c e p er l a b o n i f i c a i n situ delle a c q u e d i fa l d a c o nta mi n at e d a V O C

di M. Berti, M. Cargnielutti, R. Mucciolella *

T

ra i sistemi di trattamento in situ più efficaci per l’abbattimento dei VOC (Volatile organic compounds) nelle acque di falda, i sistemi di strippaggio rappresentano indubbiamente una soluzione economicamente e tecnicamente valida. Comunemente applicati nell’industria chimica, attualmente sono ampiamente utilizzati nel campo delle bonifiche di acque di falda in siti caratterizzati da contaminazione di composti organici volatili.

SISTEMI DI STRIPPAGGIO: TIPOLOGIE

La tecnologia di “stripping” consiste essenzialmente nell’insufflare aria/ossigeno in pressione in un dato volume d’acqua contaminata, consentendo di fatto il passaggio dei contaminati dalla fase liquida a quella gassosa. I sistemi di strippaggio si dividono essenzialmente in due tipologie: • sistemi convenzionali a torre; • sistemi a piani orizzontali. La torre di strippaggio (packed tower aera-

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tion, PTA) esegue un processo di aerazione in cascata in cui l’acqua da trattare scorre attraverso un mezzo filtrante all’interno di un cilindro (torre) per essere miscelata con l’aria. Il mezzo filtrante consiste in piccole sfere di plastica appositamente studiate per ottenere Figura 1: stripper a piani orizzontali

un alto valore superficiale rispetto al volume occupato: infatti l’acqua attraversando le sfere viene divisa in minuscole gocce e contemporaneamente al di sotto dello strato filtrante viene insufflata aria (Figura 2). Lo stripper a piani orizzontali è composto da


Figura 2: torre di strippaggio

un certo numero di piani leggermente inclinati dove sono collocate delle canaline che formano un percorso tortuoso lungo di essi; al centro delle canaline, e per tutto il percorso, sono collocati dei tubi fessurati che all’avvio del sistema rilasciano aria in pressione generata da una soffiante. L’acqua, entrando dalla parte superiore dello stripper, viene forzata a seguire il percorso delle canaline lungo i piani sino ad essere raccolta in una vasca di fondo. Le turbolenze che si creano grazie all’aria in pressione, congiuntamente ai vortici che si producono per mezzo del percorso forzato, danno luogo ad amplissimi cicloni che rimuovono efficacemente i composti volatili presenti nel fluido da trattare (Figura 1).

SISTEMI DI STRIPPAGGIO: APPLICAZIONI

L’impiego di air stripper nelle bonifiche delle acque di falda è legato sostanzialmente alla concentrazione dei contaminati in ingresso al sistema. In presenza di basse concentrazioni risultano essere più efficaci ed economicamente Applicazione di stripper a piani orizzontali: la bonifica delle acque di falda presso un’industria chimica in provincia di Lodi L’impianto utilizzato nel caso in esame è costituito da uno stripper a 4 piani orizzontali e da un sistema di trattamento degli effluenti liquidi e gassosi mediante adsorbimento su carboni attivi. Nella Tabella seguente sono riportati i parametri di progetto, l’efficienza di strippaggio prevista in fase di progettazione e, di conseguenza, la stima degli inquinanti strippati e quindi trattati dalla sezione di filtrazione su carbone attivo.

più vantaggiosi i sistemi di trattamento basati su media filtranti; in presenza invece di elevate concentrazioni i media filtranti non sono più sufficienti, mentre l’utilizzo di sistemi di strippaggio, accoppiati a combustori catalitici per abbattere gli effluenti gassosi derivanti dallo strippaggio, rappresenta la tecnologia più efficace e con minori costi di gestione. La scelta della tipologia del sistema di strippaggio da applicare è basata su molteplici fattori. Un elemento chiave per la scelta di un sistema rispetto ad un altro è il costo di gestione dei media filtranti utilizzati per l’adsorbimento dei gas in uscita dallo stripper; all’aumentare della portata di acqua contaminata da trattare, maggiore sarà la portata di aria necessaria ad effettuare uno strippaggio efficace e maggiori saranno i costi di gestione dei media filtranti utilizzati per l’adsorbimento degli effluenti gassosi. I sistemi convenzionali a torre generalmente richiedono un rapporto aria/ acqua inferiore rispetto agli stripper a piani orizzontali; per contro le torri necessitano, a differenza degli stripper, di lavaggi periodici con acqua acidificata per eliminare i precipi-

Portata H2O

15 mc/h

Portata aria

750 mc/h Analisi Trattamento Acque

Contaminante

Concentrazione Concentrazioni acque in ingresso acque in ingresso (ppb) (g/h)

Rimozione contaminanti (%)

Scarico stripper linea GAS (g/h)

Tricloroetilene

12143,66

182,155

99,000

180,333

Tetracloroetilene

40871,85

613,078

99,000

606,947

6867,8

103,017

96,000

98,896

61029,9

915,449

98,000

894,776

1,2-Dicloroetilene Sommatoria

Di seguito sono riportati invece i dati di efficienza di abbattimento dello stripper e di assorbimento dei filtri a carboni attivi per aria effettivamente riscontrati in sito a pochi mesi dall’avvio dell’impianto.

Contaminanti

tati calcarei che ne limitano di fatto l’efficacia impedendo un sufficiente tempo di contatto aria/acqua. I costi correlati alla gestione e allo smaltimento del fluido di risulta delle operazioni di pulizia delle torri e il notevole impatto visivo di queste ultime (possono raggiungere i 2500 mm di diametro e 9000 mm di altezza)

Concentrazione Concentrazione contaminanti acque contaminanti Abbattimento % in ingresso allo acque in uscita allo Stripper stripper (µg/l) stripper (µg/l)

Tricloroetilene

12143,66

107,83

99,11

Tetracloroetilene

40871,85

303,30

99,26

1,2-Dicloroetilene

6867,8

272,65

96,03

Come si evince dai valori sopra riportati l’efficacia di abbattimento dei contaminanti inizialmente presenti nelle acque in ingresso allo stripper è molto elevata e rispecchia di fatto quella stimata inizialmente in fase di progettazione impianto. Il sistema sopra citato è completato da colonne di filtrazione a carboni attivi per gli effluenti gassosi e liquidi che adsorbono efficacemente i contaminanti risultanti dall’azione di strippaggio.

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Prog etti e t ecno l o g ie

Figura 3: impianto con sistema di strippaggio a piani orizzontali

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incidono negativamente sulla scelta di tale sistema di strippaggio. La precipitazione di metalli, carbonati e flora batterica correlate alla presenza di ossigeno all’interno delle torri di strippaggio e, anche se in minor quantità, negli stripper a piani orizzontali, è un fenomeno ricorrente; benché sul mercato si trovino prodotti chimici che riducono la creazione di flora batterica e la precipitazione di metalli in acqua, questi derivati richiedono tempi di dissoluzione e modalità di dosaggio poco applicabili ad impianti di bonifica. Tra i costi di gestione è dunque importante preventivare i costi derivanti dalle attività di pulizia periodica e l’eventuale implementazione del sistema con apparati di dosaggio di prodotti chimici specifici. L’applicazione di stripper a torre e a piani orizzontali ha permesso di soddisfare diverse esigenze di progetto e di perfezionare le tecnologie più adatte alle diverse tipologie di contaminazione.

Nello specifico, lo stripper a piani orizzontali si differenzia in tre categorie in base alla portata del fluido da decontaminare: 5 m3/h, 10 m3/h, 15 m3/h. Il corpo dello stripper è in acciaio inossidabile ed è composto da tre o al massimo quattro piani orizzontali leggermente inclinati studiati in modo tale da consentire una diffusione omogenea della superficie di strippaggio. La struttura esterna ed interna è stata realizzata per ottimizzare gli spazi e consentire di effettuare agevolmente eventuali manutenzioni in corrispondenza delle componenti di diffusione dell’aria e la pulizia delle parti interne soggette a precipitazioni di metalli e calcari. I sistemi possono essere assemblati in container marini e attrezzati con monitoraggio in continuo di VOC e trattamento degli effluenti gassosi sia su carboni sia mediante combustori catalitici. Tra gli impianti di strippaggio basati sulle tradizionali torri sono stati perfezionati sistemi in vuoto che consentono di gestire portate d’acqua con un basso rapporto acqua/aria. *Geostream Srl


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Proge tti e t ecno l o g ie

Ges tione delle problematiche di un CANTIERE di BONIFIC A in uno STABILIMENTO INDUSTR IALE Dal p r o ge t t o a l l’ app l i c a z i one i n s ito: il ca s o d i u n a b o n i f i c a a m b i e n ta l e a l l’ interno di un’a rea i nd us t r i a le at t iva , c o n m o dulazione delle t e c n o l o g i e i n c or s o d ’ o p e r a

di A. Campi, P. Goria, C. Sandrone *

A

ll’interno di uno stabilimento industriale del nord Italia è stata avviata una bonifica dei terreni contaminati da mercurio e da composti organo-alogenati ad alto tenore di cloro, attraverso la tecnologia di scavo e smaltimento, fino ad una profondità massima di 2 m da p.c (volume totale stimato pari a ca 10.000 m3). Nonostante l’utilizzo di tecniche consolidate e generalmente di semplice gestione, nel caso specifico sono presenti alcune peculiarità che rendono la conduzione delle attività e del cantiere piuttosto complessa. In particolare: • le caratteristiche chimico-fisiche del mercurio (presente allo stato metallico) influiscono sia sulla non omogeneità della sua distribuzione nel terreno (e quindi nella difficoltà nel prelievo e formazione di campioni il più possibile omogenei, nelle fasi di caratterizzazione del rifiuto e di verifica del raggiungimento degli obiettivi di bonifica) sia sulla qualità dell’ambiente di lavoro (il mercurio elementare è estremamente volatile e tossico per inalazione). I composti organo-alogenati ad elevato tenore di cloro presenti nell’area inoltre determinano anch’essi problematiche di gestione sia delle fasi di ca-

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ratterizzazione analitica dei materiali sia della qualità dell’aria nel sito (massiccia presenza di odori e possibile inalazione di composti cancerogeni); • in corrispondenza delle aree di scavo l’acquifero superficiale (caratterizzato da una soggiacenza di ca 1 m da p.c.) risulta contaminato da

composti organo-alogenati (il mercurio si presenta in forma metallica non solubile e non è mai stato riscontrato nelle acque di falda). Tale contaminazione non è oggetto della bonifica, essendo prevista l’applicazione dell’analisi di rischio associata ad uno specifico protocollo di monitoraggio. Tuttavia la presenza di acqua di

Figura 1: layout del sistema di controllo dell’impianto


Figura 1: torre di strippaggio

Figura 2: struttura in cls interrata per la quale è stata richiesta la demolizione

falda contaminata in uscita dal sistema di wellpoint (necessario per l’approfondimento degli scavi al di sotto del livello di falda) ha reso indispensabile la predisposizione di un impianto di trattamento delle acque emunte a monte del punto di scarico delle stesse. In prossimità dell’area in oggetto è presente inoltre una sorgente di contaminazione (di tipologia differente) delle acque di falda, il cui plume in condizioni statiche non interessa l’area di scavo (la velocità della falda è di ca. 1 m/anno), ma in condizioni dinamiche (a seguito dell’attivazione del sistema di well-point) può risultare critico; • nell’area sono previsti progetti di sviluppo industriale, il cui inizio è fissato immediatamente al termine delle operazioni di bonifica dei terreni. Le attività di bonifica devono pertanto tenere in considerazione il layout degli impianti previsti nel sito, tempistiche e modalità di demolizione delle installazioni ancora presenti (preliminari alla bonifica) e la necessità di mantenere o meno attivi i sottoservizi ancora presenti, alcuni dei quali utilizzati anche dalle altre società dello stabilimento.

Dal progetto al cantiere

Il progetto di bonifica è stato redatto tenendo in particolare considerazione il contesto ambientale, caratterizzato dalla presenza di una contaminazione di terreni e acqua di falda, mentre per quanto concerne l’interferenza con le strutture e installazioni presenti/future non erano a disposizione, all’atto della redazione del progetto, informazioni definitive sullo sviluppo dell’area. Nel periodo intercorso tra l’approvazione del progetto e l’inizio delle attività è stato definito un layout di massima dell’impianto da costruire e una stima delle diverse fasi di intervento (demolizioni e costruzioni), a cui sono seguiti,

in concomitanza con le attività di scavo, successivi aggiornamenti. È stato pertanto necessario adattare gli interventi sulla base delle informazioni fornite: • le tempistiche relative alle demolizioni sono risultate differenti da quelle ipotizzate in fase progettuale e pertanto è stato necessario modificare l’ordine previsto dei diversi lotti di scavo; • sono stati valutati con la società committente in via preliminare i sottoservizi da mantenere attivi e quelli da demolire e quindi è stata definita una procedura operativa volta all’analisi di dettaglio su tutte le linee da eseguirsi in corso d’opera per la definizione degli effettivi interventi necessari. In considerazione della necessità di eseguire fondazioni per le strutture future, è stato inoltre richiesto dalla Committenza di demolire le strutture interrate presenti in alcune aree di scavo con conseguente necessità di approfondire o ampliare alcune porzioni di scavo (per le quali erano già stati raggiunti gli obiettivi di bonifica). Occorre inoltre tenere in considerazione che ogni modifica sulle attività connesse alla bonifica comporta delle conseguenze su tutto il ciclo lavorativo: l’allargamento o l’approfondimento di un lotto di scavo determina, oltre ad un maggior volume di materiali da gestire, un aumento delle portate estratte dal sistema di

Figura 4: andamento delle concentrazioni dei composti organo-clorurati in ingresso e uscita dall’impianto

Figura 3: impianto di trattamento acque emunte da well-point

well-point e dunque un aumento della portata in ingresso all’impianto di trattamento. Qui di seguito sono analizzate più nel dettaglio le principali attività eseguite nell’ambito dell’intervento e le problematiche ad esse connesse, in particolare, gli scavi, il trattamento delle acque e il monitoraggio ambientale.

Gestione delle attività di scavo

La configurazione dei diversi lotti di scavo è stata variata in corso d’opera, rispetto a quanto previsto a progetto, in funzione delle necessità correlate alle attività di costruzione futura dei nuovi impianti e delle tempistiche seguite per altri interventi accessori (demolizioni strutture sopra terra, accesso alle diverse porzioni dell’area, ecc.), come visibile in Figura 2. È inoltre da tenere in considerazione il fatto che l’area in oggetto è localizzata all’interno di uno stabilimento attivo e pertanto sono presenti strutture e servizi in uso anche ad altri impianti. La richiesta in corso d’opera della Committenza di mantenere alcuni sottoservizi ha comportato la predisposizione di una nuova procedura operativa che determinerà una modifica delle tempistiche di tutte le attività di cantiere; risulta infatti necessario effettuare in campo l’individuazione e l’analisi dei sottoservizi presenti e quindi la successiva valutazione della necessità o meno di mantenimento con eventuale bonifica e/o demolizione. Queste attività vengono svolte parallelamente agli scavi di bonifica e ne determinano sia l’effettiva produttività, sia le modalità operative.

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Proge tti e t ecno l o g ie

Gestione impianto di trattamento acque emunte

Nell’area di scavo la soggiacenza della falda è pari a ca. 1 m; dovendo approfondire gli scavi fino a circa 2 m da p.c. è risultato necessario installare un sistema di well-point. La contaminazione delle acque di falda da composti organo-alogenati ad alto tenore di cloro non permette lo scarico diretto nella rete fognaria di stabilimento e pertanto è stata prevista l’installazione di un impianto di trattamento a monte dello scarico. L’impianto è costituito da una sezione di rimozione dei metalli, una sezione di rimozione dei composti organoclorurati mediante strippaggio e da una sezione di trattamento dell’aria in uscita con ossidatore catalitico e successivo scrubber. Nelle figure 1 e 3 sono riportati una fotografia e il layout dell’impianto. L’utilizzo dell’impianto ha comportato la richiesta di autorizzazione agli enti di controllo e quindi la predisposizione di uno specifico protocollo di monitoraggio dei flussi in uscita (liquidi e gassosi). Si osserva che le concentrazioni degli organo alogenati nelle acque in ingresso risultano mediamente elevate, con una variabilità significativa, mentre l’uscita dall’impianto risulta sempre ampiamente accettabile rispetto ai criteri definiti in fase progettuale (sommatoria composti organo clorurati <1 mg/l); la continuità di efficienza dell’impianto fino ad ora rilevata, nonostante la variabilità dei dati in ingresso, è da attribuirsi alla continua verifica e regolazione dell’im-

pianto in corso d’opera, finalizzata proprio alla gestione delle modifiche al sistema di pompaggio durante le attività di scavo (Figura 4). Per quanto concerne le emissioni gassose, le procedure di gestione prevedono un periodo di messa in esercizio e successiva messa a regime con cadenze di verifica differenziate; attualmente il controllo della conformità delle emissioni gassose viene effettuato con cadenza mensile.

Monitoraggio ambientale

Durante le attività di scavo, demolizione e smaltimento viene effettuato un monitoraggio periodico dello stato di qualità dell’aria, al fine di verificare i livelli di esposizione dei lavoratori verso contaminanti aerodispersi, essendo presenti sostanze volatili ad elevate concentrazioni nel terreno. Al fine di garantire il continuo monitoraggio delle aree a maggiore criticità, una postazione di misura attrezzata con fiale ad assorbimento è installata in corrispondenza delle aree di scavo o di lavoro. I risultati vengono confrontati con i valori di riferimento definiti dal D.Lgs. 26/02/04 e i TLV-TWA (Threshold Limit Value - Time Weighted Average) definiti dall’American Conference of Governmental Industrial Hygienists. Sono inoltre stati effettuati alcuni monitoraggi della qualità media dell’aria nel sito ed entro i box di cantiere e una valutazione dell’esposizione media degli operatori nell’arco di una giornata lavorativa; i lavoratori sono anche sottoposti ad un monitoraggio biologico.

Figura 5: piezometria ricostruita dalle misure effettuate 2 mesi dopo il funzionamento (continuo sullo stesso lotto di scavo) dei well-point (la piezometria in corrispondenza dei well-point, nell’intorno di PZ-12, è ricostruita unicamente con il dato del piezometro stesso).

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Valutazione della movimentazione dei contaminanti dalle aree circostanti

Idrogeologicamente a monte dell’area di scavo è presente una contaminazione elevata da composti organo-clorurati, differenti da quelli rilevati nel sito; in tale area è in corso un procedimento di bonifica ma non di confinamento idraulico o fisico. La movimentazione dei contaminanti da tale area è un elemento di criticità, sia perché potrebbe causare un aumento del carico inquinante in ingresso all’impianto di trattamento delle acque emunte, sia perché determinerebbe un ampliamento dell’area contaminata circostante. È stato pertanto messo in atto uno specifico protocollo di monitoraggio sulle acque di falda atto a valutare la movimentazione dei contaminanti dall’area a monte, consistente nella ricostruzione periodica della piezometria e nella determinazione delle concentrazioni dei contaminanti nei piezometri intermedi ubicati tra le due aree contaminate; tali attività sono inoltre supportate dalla verifica mediante modello numerico dell’eventuale migrazione della contaminazione verso aree adiacenti, in particolare attraverso la variazione delle velocità di deflusso attese nelle acque di falda. Nella figura 5 è riportata una piezometria misurata con indicazione delle direzioni locali di deflusso e uno schema dell’area contaminata. Il modello numerico è stato tarato con maggior dettaglio in corrispondenza dell’area contaminata a monte dell’area di scavo al fine di verificare l’eventuale incremento delle velocità di deflusso delle acque e di valutare in via preliminare la possibile migrazione dei contaminanti; tale fase di lavoro risulta di fondamentale importanza, in considerazione del fatto che la successione degli scavi e la configurazione delle singole aree di lavoro deve essere modificata in corso d’opera, risultando quindi differente da quanto previsto a progetto. Le simulazioni effettuate hanno, infatti, permesso di definire le modalità operative da seguire per le aree ancora da scavare e permetterà di verificare l’effettiva influenza sulla migrazione dei contaminanti. * TRS Servizi Ambiente Srl


W ork i n progr ess

Attiv ità di bonifica di vinil-amianto in una S cuola elementar e Le parti co l a r i tecni ch e d i r i mo z i o ne utilizzat e h a n n o p er m e s s o d i o t t e n er e b a sse concen tr a z i o n i d i a m i a n t o a l l’ i n t er n o d el cantier e e u n c o s ta n t e e t e m p e s t iv o c o n trollo delle fib r e d i a m i a n t o n e l l’ ar e a s c o l a s t i c a di Ruggero Caserta *

L

a presenza di pavimenti vinilici contenenti amianto è molto diffusa. Tra gli anni ‘60 e ‘80 tale materiale (generalmente piastrelle 30x30 o 40x40) denominato vinil-amianto (VA) è stato largamente usato

soprattutto per la pavimentazione di edifici pubblici, scuole e ospedali. Nello specifico il VA è una mescola di resine di pvc, copolimeri, leganti inorganici, pigmenti e amianto. Il materiale viene laminato

fino allo spessore richiesto e quindi tagliato in piastrelle. La matrice resinoide del materiale impedisce in condizioni normali di utilizzo una dispersione spontanea di fibre libere di amianto

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WORK I N PROGRE S S

Figura 2: confinamento statico mediante politenatura

che possa alterare i livelli di fondo. Per questa ragione, in genere, il materiale è definito “compatto” e quindi a rischio trascurabile di esposizione all’interno dei locali dove è applicato. In tali situazioni, il Rapporto ISTISAN 89/26: “Inquinamento da asbesto negli ambienti di vita” afferma l’assenza di inquinamento indoor, in condizioni normali. Ciò

è anche confermato ove l’ISS, citando dati dell’OMS e dell’U.S.EPA, riporta una concentrazione di fibre libere di amianto compresa fra 0,2 e 1 ff/l in edifici privi di specifiche sorgenti di amianto o con amianto saldamente legato a matrici (VA, cemento-amianto), in buono stato di conservazione. Concentrazioni analoghe di fibre aerodisperse si ritrovano nelle aree urbane (Rapporto ISTISAN 89/26). Un possibile inquinamento da fibre libere in presenza di VA potrebbe avvenire durante le operazioni di lucidatura dei pavimenti con macchine con spazzole abrasive. Anche considerando il vinil-amianto un manufatto riconducibile alla categoria dei materiali contenenti amianto in matrice compatta, la rimozione dello stesso può comportare situazioni di liberazione di fibre differenziate tra loro, per le quali risulta necessario adottare misure di prevenzione e protezione variabili che possono arrivare ad essere le stesse previste per le attività di rimozione dell’amianto in matrice friabile. La variabilità delle situazioni dipende dalla presenza di amianto nella colla e/o nel massetto di fondazione, dalla percentuale di amianto nella piastrella vinilica, dalla facilità di distacco della piastrella dalla colla e conseguente diversa modalità operativa di rimozione, dall’estensione della superficie da bonificare. Inoltre occorre considerare se i la-

Figura 1: dettaglio del pavimento vinilico e del collante sottostante contenenti entrambi amianto

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vori si svolgono in prossimità di locali utilizzati come luogo di vita o di lavoro. Se è presente amianto nella colla di fissaggio del VA e/o nel massetto, si adottano le stesse misure previste per la rimozione dell’amianto friabile; occorre, quindi, predisporre un cantiere confinato staticamente e dinamicamente con entrate e uscite, attraverso specifiche


Figura 4: Rimozione del collante mediante una molatrice con dischi diamantati a umido

unità di decontaminazione. Prima dell’inizio dei lavori, l’organo di controllo verificherà la tenuta del confinamento e a fine bonifica, a seguito di ispezione visiva e monitoraggi ambientali delle fibre aerodisperse (in microscopia elettronica a scansione – SEM), restituirà i locali, come previsto dal D.M. del 6/9/1994. Viceversa, in presenza di amianto solo nelle piastrelle viniliche e con concentrazione dello stesso inferiore al 2% e per piccole superfici (fino a 50 mq), la rimozione può avvenire come per i materiali a matrice compatta, prevedendo un monitoraggio in microscopia ottica in contrasto di fase (MOCF) prima, durante e al termine dei lavori di rimozione.

programmata in due momenti distinti, prevedendo la bonifica di una prima metà della scuola e, successivamente, dell’altra, in modo da non interrompere la didattica. In considerazione della situazione, è stata eseguita la bonifica con approntamento di un cantiere caratteristico per le bonifiche di amianto friabile: confinamento statico mediante politenatura (Figura 2) e confinamento dinamico

mediante creazione di depressione all’interno per estrazione dell’aria (Figura 3). Il sistema garantisce il contenimento delle fibre all’interno del cantiere e un ricambio e purificazione dell’aria dalle fibre stesse. L’accesso e l’uscita del personale e dei rifiuti di amianto avviene mediante rispettive unità di decontaminazione in più stadi. La divisione della parte cantierizzata dalla parte di scuola in funzione è stata realizzata mediante pannelli in legno politenati da ambedue i lati e sigillati con schiuma poliuretanica. La rimozione delle piastrelle è stata eseguita mediante l’utilizzo di spatole. La caratteristica del collante bituminoso suddetto è quella di non avere un‘adesività particolarmente tenace e, quindi, l’asportazione del manufatto vinilico è generalmente piuttosto semplice. Diverso è l’approccio per il collante: esso è tenacemente legato al massetto di fondo e la matrice bituminosa rende ardua l’asportazione manuale. Si è, quindi, operato utilizzando una molatrice con dischi diamantati a umido (Figura 4). La costante irrorazione della zona di fresatura dei dischi con acqua ha fatto sì che il materiale collante e parte del massetto raschiati si amalgamassero in un fango. In tal modo si è limitata la dispersione di polveri e fibre di amianto nell’area di lavoro, ottenendo un duplice vantaggio: un’area di bonifica con concentrazioni limitate di fibre di amianto

Le operazioni di bonifica

Un intervento di rimozione di piastrelle di vinil-amianto e della relativa colla a base bituminosa anch’essa contenente amianto (Figura 1), è stato effettuato in una scuola elementare della provincia di Milano. Tale collante a base bituminosa con amianto (di tipo crisotilo) è stato frequentemente utilizzato in edifici pubblici, ospedali e scuole per la proprietà di fono assorbenza dell’amianto e quindi di riduzione del rumore provocato da un intenso camminamento caratteristico di tali ambienti. La rimozione della pavimentazione è stata

Figura 3: confinamento dinamico mediante creazione di depressione all’interno per estrazione dell’aria

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W ORK I N PROGR E S S

aerodisperse (intorno alle 10 fibre/litro), alle quali sono esposti i lavoratori, e minor probabilità di inquinamento all’esterno del cantiere, in particolar modo dell’area della scuola attiva. A fine raschiatura il fango ancora umido veniva insaccato, portato al di fuori del cantiere tramite l’unità di decontaminazione materiali e, quindi, avviato alla discarica. Il collante adiacente ai tramezzi delle aule della scuola, dove la rotazione delle frese della molatrice non potevano arrivare, sono state

asportate manualmente con scalpelli e spatole. Il materiale di risulta veniva smaltito con le modalità di cui sopra. La problematica maggiore in relazione al lavoro è stata quella di garantire che i bambini della scuola non fossero esposti a fibre di amianto anche a concentrazioni basse. Questo perché per il mesotelioma pleurico, rara neoplasia maligna correlata all’esposizione ad amianto che si sviluppa dopo periodi di latenza molto lunghi (decine di anni), non esiste

Figura 5: monitoraggio in corso di esecuzione per il conteggio delle fibre aerodisperse

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una soglia di esposizione ad amianto al di sotto della quale si possa escludere l’insorgenza della malattia. Questo è tanto più valido per i bambini, che hanno un’aspettativa di vita lunga. Al fine di minimizzare i rischi, le operazioni di bonifica sono state effettuate solo su turni notturni. Inoltre, nella zona di scuola attiva, in prossimità delle barriere di confinamento con il cantiere, sono stati effettuati monitoraggi dell’aria per verificare se fossero presenti fibre di amianto derivanti dal cantiere. I monitoraggi sono stati effettuati da tecnici della SILEA durante gli stessi turni di lavoro e le analisi di laboratorio per il conteggio delle fibre aerodisperse sono state eseguite dal laboratorio della SILEA la notte stessa (Figura 5). Accordi con l’Azienda Sanitaria Locale ed il Comune della cittadina prevedevano la comunicazione dei dati analitici tramite fax la mattina presto, prima dell’apertura della scuola, con comunicazione telefonica in caso di situazioni di allarme (presenza di fibre di amianto nella scuola), per eventuali decisioni in merito all’effettuazione delle lezioni. Al fine di avere una discriminazione della concentrazione di fibre di amianto, tale da poterla confrontare con i valori di fondo delle zone urbane (a Milano in genere inferiore a 0,1 fibre/litro) i campionamenti dell’aria sono stati effettuati con pompe ad alto flusso, in modo da campionare volumi d’aria maggiori ai 1000 litri. All’interno dell’area operativa della scuola, durante tutte le fasi della bonifica, non sono mai state rilevate fibre asbestosimili aerodisperse (assenza analitica espressa come < 0,1 fibre/ litro). La bonifica da amianto di parte di una scuola elementare adiacente ad un settore frequentato dall’utenza è stata affrontata brillantemente, agendo sulla tecnica di rimozione, in modo da avere basse concentrazioni di amianto all’interno del cantiere e un costante e tempestivo controllo delle fibre di amianto nell’area scolastica in funzione. Con tempi e modalità tali da permettere di attuare contromisure prima di esporre indebitamente alunni, corpo docente e non docente a fibre di amianto. * SILEA Srl - Società per l’Igiene Industriale del Lavoro, l’Ecologia e l’Ambiente


W ork i n progr ess

I SOTTOFONDI STRADALI del FUTURO Realizzata c o n s ta b i l i z z a z i o n e a cement o d a C &D , s i tr o va a Reg g i o E milia , l a pri m a ta n g e n z i a l e c o s tr u i ta interam e n t e c o n m at er i a l e r i c i c l at o di Maria Beatrice Celino

N

el luglio 2008, la ditta Fontanili Giorgio Srl, ha iniziato le opere per la realizzazione del “Collegamento est-ovest di media Pianura - Variante nord di Campegine – 2° Lotto – Variante della Lora” – committente Provincia di Reggio Emilia - progettato dai tecnici della stessa Provincia. In corso d’ opera la ditta Fontanili G. Srl, da sempre interessata alla salvaguardia e al rispetto dell’ambiente, ha proposto l’utilizzo dell’aggregato riciclato non legato sia nel rilevato sia nella sovrastruttura, previo trattamento di stabilizzazione a cemento. L’utilizzo dell’aggregato riciclato non legato nel corpo del rilevato era già previsto dal Capitolato Speciale di Appalto, mentre la sovrastruttura doveva essere realizzata con il tradizionale materiale inerte 0/20 (il cosiddetto

stabilizzato) e con il misto stabilizzato. Il riciclaggio, la valorizzazione e l’utilizzo dei rifiuti inerti, come gli scarti provenienti dalla costruzione e demolizione di opere civili e edili (Construction & Demolition – C&D), nasce dalla consapevolezza di un eccessivo consumo di materiali inerti provenienti da cave e da una eccessiva produzione di rifiuti e dall’esigenza di un minore impegno di spazi da destinare alle discariche autorizzate. Il riciclaggio dei prodotti di scarto ha motivazioni sia di natura economica e sia di salvaguardia ambientale. Si fa sempre più pressante l’esigenza di trovare tecniche e metodologie alternative per ridurre la quantità di materiali messi a discarica e per diminuire lo sfruttamento dei prodotti naturali non rinnovabili.

Pensare globalmente, agire localmente L’utilizzo dei materiali derivati dalle demolizioni è oggi nella realtà reggiana una “fonte” non indifferente di inerti, tanto da aver di fatto sostituito in alcuni ambiti gli inerti naturali, procrastinando in alcuni casi l’apertura di nuove cave già in programma. La politica della riqualificazione delle zone dismesse delle città (soprattutto industriali o di servizio) ha infatti prodotto un consistente volume di materiale che ha trovato una sua collocazione nei sottofondi, evitando di essere conferiti, come accadeva fino ad un recente passato, in discariche. Il caso della Lora di Campegine è emblematico: per la prima volta una strada riduce il suo impatto ambientale in fase di cantiere, utilizzando solo inerti da demolizione e sperimentando soluzioni innovative e ad hoc. Sono questi progetti che vanno nella direzione del nostro motto “pensare globalmente, agire localmente”, coniugando le esigenze costruttive di una strada con il minor impatto ambientale possibile. Massimo Becchi - Presidente Legambiente Reggio Emilia

La realizzazione

La strada si snoda su di un’area pianeggiante e collega due rotatorie già esistenti, a quote altimetriche maggiori rispetto al piano campagna. Il profilo geometrico longitudinale di lunghezza pari a 2.006 mt presenta un tratto centrale la cui quota media finita è di circa 70 cm più alta del terreno circostante e termina con due rampe di collegamento alle rotatorie, una delle quali è interessata da un’opera in cemento armato su un canale di bonifica. Il progetto prevedeva la stabilizzazione a calce del piano di posa del rilevato mentre il corpo del rilevato - di larghezza minima in sommità di 12,25 mt - doveva essere costituito da terra idonea stabilizzata a calce, da materiali inerti idonei o da aggregato riciclato non legato. La sovrastruttura doveva essere formata da un pacchetto di 20 cm di stabilizzato 0/20, da 20 cm di misto cementato - di larghezza in sommità pari a 11 mt - e da 3 strati di asfalto (10 cm di base con fresato, 5 di binder con fresato e 4 cm di usura fonoassorbente) per uno spessore totale di 19 cm e una larghezza 9,50 mt. I lavori sono iniziati con lo scotico della striscia di terra interessata dall’intervento a cui è seguita la stabilizzazione a calce del piano di posa del rilevato per uno spessore di 50 cm (area di 26.500 mq) e il riempimento del cassonetto, sempre con terra di recupero stabilizzata a calce. Il corpo del rilevato, dalla progressiva 0+950,00

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WORK I N PROGRE S S

La parola al RUP Intervistiamo il Dott. Ing. Valerio Bussei Responsabile Unico del Procedimento e Dirigente del Servizio Infrastrutture ed Edilizia della Provincia di Reggio Emilia. Quali sono i motivi che hanno portato la vostra Provincia alla realizzazione di questo lavoro? La Variante della Lora fa parte di un disegno complessivo di nuova viabilità legato alla realizzazione del nuovo Casello Autostradale Terre di Canossa - Campegine e della Linea Alta Velocità, che nel 2007 ha portato all’apertura di 18,00 km di nuove strade nel settore sud - ovest della Provincia di Reggio Emilia. L’intervento con un costo complessivo di € 3.550.000,00 offre una soluzione a problemi di congestione da traffico, dei centri urbani di Castelnovo Sotto e di Poviglio, che ogni giorno vengono attraversati da un flusso veicolare di circa 15.000 veicoli/giorno, con percentuale di mezzi pesanti dell’8,3% e valori di punta di 1.280 veicoli/ora. Valori certamente elevati se inseriti in una strada larga mediamente 7 metri ormai quasi completamente urbanizzata ed attraversante i centri prima richiamati. Quali sono state le difficoltà incontrate e come le avete superate? Nel caso specifico le principali difficoltà incontrate sono legate alla necessità di operare, rispettando i tempi previsti nel capitolato, in sintonia con gli obiettivi posti dal piano programmatico dell’Ente, con processi operativi sostenibili nei confronti dell’ambiente, coniugando il contenimento dei costi di realizzazione, con soluzioni costruttive che limitino il ricorso a cave di prestito e favoriscano il riutilizzo di materiali, in sintonia anche con quanto previsto dalla attuale normativa di settore che prevede che almeno il 30 % di un’opera pubblica sia realizzata attraverso materiali riciclati. Da questo punto di vista la Provincia di Reggio Emilia è impegnata in primo piano nella ricerca di tecnologie sostenibili ed è stata uno dei primi Enti Pubblici ad utilizzare la stabilizzazione dei terreni in loco a calce. Nel cantiere in esame, l’inverno particolarmente inclemente unitamente alle problematiche di reperimento degli inerti per la formazione dei rilevati previsti in terra stabilizzata a calce, ha causato un rallentamento dei lavori che ha indotto a valutare, insieme all’impresa appaltatrice ORION Scrl e all’impresa Fontanili G. Srl di Reggio Emilia che in subappalto sta realizzando parte dei rilevati, la possibilità di utilizzare, sia per il rilevato che per gli strati di stabilizzato materiali immediatamente disponibili provenienti da riciclaggio di rifiuti inerti speciali. Questa possibilità prevista nel capitolato speciale d’appalto dell’opera è stata studiata, grazie alla disponibilità dell’Impresa Fontanili, realizzando anche un tratto sperimentale. Sui campioni di materiale sono state effettuate, tutte le prove di laboratorio necessarie a definirne le caratteristiche (test di cessione, classificazioni del materiale, analisi granulometriche, prova Los Angeles e di compattazione Proctor Mod.). In particolare per lo studio del materiale da additivare a cemento,

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proveniente dalla demolizione di calcestruzzo e ghiaia di recupero sono state effettuate prove di identificazione e prove di laboratorio per lo studio della miscela che hanno consentito di determinare la percentuale ottimale del cemento in peso e dell’umidità di lavorazione. Le prove post-lavorazione comprendono prove di carico con piastra statica, densità in sito (anche se di difficile esecuzione) e spessore del materiale trattato (carote). Quali sono i risvolti positivi di questa esperienza e quali possono essere le conseguenze future? I risvolti positivi sono relativi al raggiungimento dell’obiettivo di realizzare un’opera prevalentemente costruita con l’utilizzo di materiali di recupero, con indubbi benefici in termini ambientali in quanto si riduce al minimo il ricorso alle cave di prestito. Le conseguenze sono inerenti la creazione di precedenti che favoriscono il ricorso a queste tecnologie consentendo la creazione di un mercato per i prodotti provenienti da recupero, che nell’ambito del settore delle costruzioni stradali vengono sempre guardati con estremo sospetto. Trova sia importante una collaborazione sinergica tra gli enti, in questo caso la Provincia, e le imprese realizzatrici dell’opera? Ritengo fondamentale la sinergia tra Stazione Appaltante e Ditte realizzatrici dell’opera, che, come in questo caso, favorisce la ricerca di soluzioni ai problemi che inevitabilmente si creano nella costruzione di un’opera sia infrastrutturale che edile. Qual è l’approccio della Provincia di Reggio Emilia al Green Pubblic Procurement? Dal 2007 la Provincia di Reggio Emilia ha gradualmente introdotto il Green Pubblic Procurement. Dopo aver fatto l’analisi delle esigenze di fornitura sono stati individuati requisiti ecologici da inserire nei capitolati d’appalto per la realizzazione di opere pubbliche ed in quelli di gara per la fornitura di arredi scolastici, arredi ufficio, carta per fotocopie, carta igienica, saponi, servizi di pulizia, fax, fotocopiatrici, acquisto auto a metano e noleggio mezzi elettrici. Si sono successivamente organizzati incontri rivolti ai fornitori abituali del nostro Ente per illustrare l’approccio seguito. La Provincia ha inoltre provveduto ad organizzare le forniture dei materiali di uso ordinario per l’attività d’ufficio e per la realizzazione di opere ed interventi in modo da ridurre la produzione di rifiuti e incrementare l’utilizzo di materiali riciclati. A corredo delle attività svolte la Provincia ha organizzato un corso di formazione al quale hanno partecipato oltre ai referenti dei centri acquisto della stessa anche i referenti di 13 Enti Locali del territorio.


fino alla 1+ 920,00, è stato realizzato con terra stabilizzata a calce proveniente da altri cantieri per un totale di 12.000 m3. La ditta Fontanili G. Srl, con l’approvazione dei tecnici della Provincia e nel rispetto della normativa tecnica vigente, ha provveduto così al completamento del corpo del rilevato con aggregato riciclato non legato (circa 10.000 m3) steso in strati successivi di 50 cm di spessore rullati con rullo Bomag BW 226 DH-4 BVC con sistema variocontrol. Sul materiale in opera sono state eseguite prove di umidità, di gelività e di piastra ottenendo, per quanto riguarda l’ultimo requisito, valori di Md superiori ai 80 N/mm2. Successivamente, l’azienda ha stabilizzato in sito a cemento 40 cm di aggregato riciclato non legato per la formazione della sovrastruttura di un tratto di strada di 150 m, tra le progressive 0+950,00 e 1+110,00, in cui il corpo del rilevato era già ultimato. In tale “campo prove” il materiale è stato miscelato con varie percentuali di cemento (3%,

3,5%, 4% e 5%) e a sette giorni di maturazione sono state fatte prove piastra. La portanza del pacchetto così ottenuto è sempre risultata superiore ai 150,00 N/mm2, a fronte di una richiesta di 120,00 N/mm2. A distanza di circa tre mesi sono stati eseguiti dei carotaggi per constatarne la consistenza e lo spessore. Le prove meccaniche eseguite sull’aggregato riciclato non legato stabilizzato a cemento e le relazioni di diversi laboratori, hanno tutte dato risultati più che positivi. L’aggregato riciclato non legato, utilizzato nel “campo prova”, non convinceva però inizialmente i tecnici della Provincia per la sua disomogeneità, caratteristica intrinseca di tale materia prima seconda. La selezione più accurata del rifiuto di partenza ha permesso di ottenere un aggregato riciclato non legato più omogeneo; le prove meccaniche effettuate e la relazione del laboratorio, hanno permesso ai tecnici della Provincia di esprimere parere favorevole alla realizzazione della prima strada in cui anche la sovrastruttura

stradale (per uno spessore di 40 cm e un volume di circa 9.000 m3) è costituita da aggregato riciclato non legato stabilizzato a cemento.

Conclusioni

Il “Collegamento est-ovest di media Pianura -Variante nord di Campegine – 2° Lotto – Variante della Lora” risulta essere la prima opera pubblica in Provincia di Reggio Emilia in cui sia il rilevato, sia la fondazione stradale, sono eseguiti con tecniche di riciclaggio di sottoprodotti. Il corpo del rilevato è costituito infatti in parte da terra di risulta del cantiere oggetto degli scavi, stabilizzata poi a calce, e da aggregato riciclato non legato. La fondazione stradale è costituita da aggregato riciclato non legato, stabilizzato a cemento in opera. In questo modo, si sono utilizzati materiali riciclati dagli scarti delle costruzioni e delle demolizioni, riducendo il prelievo di materiale inerte dalle cave, e si è oltretutto limitata l’incidenza sulla viabilità ordinaria del traffico costituito dai mezzi pesanti.

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Norm ati va

La gestione delle ACQUE DI FALDA emunt e nell’ambito di pr oced imenti di BONIFICA Son o d a c o n s id er a r s i r i f i u t i o a c q u e reflue? Cer c h i a m o d i d ar e u n a r i s p o s ta a q u e sto interr o g at ivo e d i fa r e un po ’ d i c h i arezza nell’ i n t er pr e ta z i o n e d e l l a l e g g e

di Naide Della Pelle

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in dalla sua entrata in vigore, la disciplina in materia di bonifica dei siti contaminati, introdotta nell’ordinamento nazionale dall’art. 17 del “Decreto Ronchi”, e completata dal regolamento di attuazione (D.M. 471/99) ha creato numerose problematiche applicative, fra le quali spicca quella relativa alla gestione delle acque di falda emunte nell’ambito dei procedimenti di bonifica. Parliamone con il Dott. Andrea Quaranta, giurista ambientale, titolare di uno studio di consulenza legale ambientale, responsabile del sito www.naturagiuridica.com e dell’EcoBlogico di InFormazione, comunicazione e diritto ambientale http://naturagiuridica.blogspot.com, nonché membro del Comitato scientifico di questa rivista. Dott. Quaranta, ci spieghi quali sono le criticità della gestione delle acque di falda. “I principali aspetti controversi riguardano la loro qualificazione giuridica, il regime autorizzatorio degli impianti di depurazione delle stesse e, infine, i limiti di emissione applicabili allo scarico. Sostanzialmente, come sovente accade nel

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mondo del diritto ambientale, un “semplice” problema definitorio, dal quale, tuttavia, scaturiscono conseguenze pratiche tutt’altro che secondarie”. In sintesi, di cosa si tratta? “Le acque di falda, emunte nell’ambito di procedimenti di bonifica, sono rifiuti o acque reflue? Questo è sempre stato – specie prima dell’entrata in vigore del Testo Unico Ambientale (T.U.A.), allorquando mancava una chiara indicazione normativa – l’interrogativo di fondo degli interpreti e, soprattutto, degli operatori del settore, a causa delle diverse, e non irrilevanti, conseguenze amministrativosanzionatorie (anche di tipo penale…) che la scelta refluo/rifiuto comporta. Spesso si arrivava anche a situazioni paradossali”. Ad esempio… “Nella situazione di incertezza giuridica, spesso le Pubbliche Amministrazioni, sulla scorta di un parere del Ministero dell’Ambiente, hanno qualificato le acque di falda come “rifiuti liquidi”, da trattare – ai fini dello smaltimento – in impianti autorizzati ai sensi della normativa sulla gestione dei rifiuti, con conseguente inap-

plicabilità della disciplina sugli scarichi idrici. Dal punto di vista pratico, oltre a rendere più farraginosi i procedimenti di bonifica (ulteriori oneri amministrativi, sanzionatori ed economici in capo ai soggetti imprenditoriali) questa scelta si è rivelata irragionevole e contraddittoria in tutti quei casi in cui le acque di falda, emunte nell’ambito di procedimenti di bonifica, venivano sottoposte a procedimenti depurativi in impianti posti al servizio dell’attività industriale, e ubicati all’interno del sito da bonificare”. Perché? “Perché così facendo, all’interno di uno stesso impianto si effettuava un’attività di depurazione delle acque di processo (al fine di ricondurle entro i limiti di emissione previsti dalla normativa in materia di scarichi idrici) e un’attività di trattamento di “rifiuti”, costituiti dalle acque di falda emunte (con caratteristiche simili a quelle di processo), da scaricare entro i limiti, più severi, richiamati dal D.M. 471/99, anche se confluenti nello stesso corpo ricettore mediante la medesima conduttura”. Decisamente oneroso per le imprese…diceva che la situazione è migliorata dopo l’entrata in vigore del T.U.A.?


“Sì, in meglio. L’art. 243 del D.Lgs. n. 152/06 (il c.d. “Testo Unico Ambientale”), infatti, ha stabilito che le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell’ambito degli interventi di bonifica di un sito contaminato, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali. Insomma, il legislatore si è reso conto che era illogico negare l’applicabilità della normativa sugli scarichi nella fattispecie in cui – su sostanze, le acque emunte dalla falda, che non soddisfano la nozione di rifiuto, né da un punto di vista soggettivo, né oggettivo – non veniva effettuata alcuna operazione di gestione dei rifiuti (trasporto, stoccaggio, smaltimento) ma solo operazioni di recupero e riutilizzo nel processo produttivo, cui faceva seguito un opportuno trattamento depurativo (quello utilizzato per le acque reflue industriali) e, senza soluzione di continuità, lo scarico finale in acque superficiali”. Quindi possiamo mettere la parola fine a questa diatriba interpretativa? “Dovremmo poter giungere a questa conclusione: il condizionale è, purtroppo, d’obbligo. Nonostante la chiara, inequivocabile e risolutiva formulazione del cit. art. 243, infatti, il Ministero dell’Ambiente continua a considerare le acque emunte dalla falda come rifiuti, e ad imporre le relative prescrizioni nell’ambito delle Conferenze di Servizi”. È cambiato tutto perché non cambiasse nulla? “Il nostro è il Paese del gattopardo… Per fortuna, però, la giurisprudenza – più lungimirante e non soggetta alle posizioni (spesso) ideologiche

che caratterizzano la “gestione” del dicastero preposto alla tutela ambientale – gioca un ruolo fondamentale nella comprensione delle dinamiche applicative della normativa. Ed infatti, sulla scia delle ragioni di fondo che hanno ispirato il legislatore delegato nella formulazione della nuova disciplina in materia di bonifiche dei siti contaminati, ha emanato una serie di sentenze ispirate a quei criteri di proporzionalità, semplificazione ed efficienza che dovrebbero caratterizzare tutte le politiche, quelle ambientali in primis. Realizzando, per questa via, il giusto contemperamento fra le imprescindibili esigenze di tutela ambientale, da un lato, e le problematiche connesse alla sostenibilità dei costi relativi alla gestione delle acque emunte, dall’altro”. Ci faccia qualche esempio. “Ad esempio, il TAR Catania – chiamato spesso a dover decidere sul tema, a causa della vicinanza territoriale con il sito di interesse nazionale di Priolo-Gargallo – ha ritenuto inammissibile la prescrizione (adottata da un’Amministrazione Pubblica, in ossequio all’opinione ministeriale), che imponeva l’obbligo dell’autorizzazione ai sensi della normativa sui rifiuti in relazione alla gestione delle acque emunte, “dovendosi esse, invece considerare acque reflue di provenienza industriale”. E ha sottolineato, in un’altra occasione, che l’art. 243 del T.U.A. individua, per le acque emunte, una disciplina speciale rispetto alla nozione di scarico ordinaria: indice sintomatico, quest’ultimo, dell’intenzione del legislatore di riferirsi, per la gestione delle acque di falda emunte nelle operazioni di MISE/bonifica, alla normativa sugli scarichi idrici e non a quella sui rifiuti.

Concetto espresso anche dal TAR del Friuli Venezia Giulia, il quale ha ricondotto le acque de quibus al paradigma delle acque reflue di provenienza industriale.” Un’uniformità di vedute che sembra non lasciare spazio ad altre interpretazioni… “No. Non mancano altre interpretazioni più articolate. Ad esempio quella elaborata dal TAR di Lecce, che ha voluto distinguere fra acque emunte, opportunamente trattate, destinate ad essere scaricate nei corpi idrici superficiali (per le quali era necessario rifarsi ai limiti di emissione, meno restrittivi, previsti dalla disciplina degli scarichi) da quelle destinate, invece, ad essere reimmesse in falda (ipotesi nella quale, secondo il giudice salentino, occorre far riferimento ai più rigidi limiti di emissione previsti dal cit. DM 471/99)”. In conclusione, anche se indirettamente, sembra essersi trovato, almeno in questo settore, un equilibrio fra opposte esigenze… “In linea generale direi di sì. Tuttavia, la certezza non esiste. Anche in questo caso, infatti, esistono orientamenti diversi, di cui è necessario prendere atto. Il TAR Sardegna, ad esempio, filosofeggiando sullo “iato - materiale e temporale - tra la fase di emungimento e quella di trattamento”, conclude che le acque di falda, emunte nel corso di procedimenti di bonifica, sono qualificabili come rifiuto liquido. Con buona pace del principio di uguaglianza, della tutela della concorrenza fra imprese e, in ultima analisi, anche della tutela dell’ambiente, suscettibile di essere dilatata o ristretta sia nel tempo che nello spazio”.

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NORM ATI VA

Il DRAGAGGIO dei p orti nei SITI DI INTER ESSE NAZIONALE L a nuova le g ge f ina nz i a r i a r e s a esec u t iva d a n ove m br e 2 0 0 8 d i s c i p l i n a le op e r a z i o n i d i dra g a g g i o e g e s t i o n e succ e s s iva d e l m at er i a l e dr a g at o di Sonia D’Angiulli*

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no degli obiettivi economici del nostro paese è quello di rendere i numerosi porti commerciali competitivi a livello internazionale. A tal fine diventa necessario aumentare la profondità dei fondali dei canali di accesso per consentire il passaggio a navi di dimensioni più elevate. Occorre considerare che molti porti italiani essendo adiacenti ad impianti siderurgici, raffinerie ed industrie di vario genere, ricadono in aree considerate particolarmente inquinate e perciò rientranti nei perimetri dei c.d. Sin (siti di interesse nazionale) ai fini della bonifica dell’area. Pertanto, stante gli interventi di bonifica da realizzarsi anche nella aree portuali, ai fini del risanamento e riqualificazione dell’area, la necessità è quella di evitare che gli interventi di dragaggio interferiscano negativamente con gli

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obiettivi della bonifica, questo perché gli interventi di dragaggio presentano delle criticità intrinseche di natura ambientale. Infatti, per un verso, l’operazione in sé considerata, può determinare impatti ambientali negativi dovuti alla movimentazione dei sedimenti marini inquinati che possono rimanere in circolo a lungo prima di riconsolidarsi sul fondo, per altro verso, uno dei grossi problemi degli ultimi anni, è stato quello della gestione successiva del materiale dragato e della sua classificazione come rifiuto o meno. Al fine di contemperare le suddette esigenze economiche con quelle ambientali nelle aree classificate Sin, il legislatore ha adottato una disciplina specifica già con la legge Finanziaria del 2007 (legge 296/2006), resa esecutiva dal recente decreto ministeriale 7 novembre 2008 (G.U. n. 284/08), che avrebbe dovuto recare

solo norme relative alle metodologie e criteri analitici dei materiali da dragare, mentre in realtà reca norme volte a disciplinare in concreto le operazioni di dragaggio e gestione successiva del materiale dragato. La Finanziaria del 2007 è intervenuta sulla legge n. 84/94 (sul riordino della legislazione in materia portuale - di seguito legge portuale, ndr), integrando l’art. 5 di quest’ultima legge con i commi 11-bis, ter, quater, quinquies, sexies, e modificando l’art. 8, comma 3, lett. m) della stessa legge, sostanzialmente disciplinando il procedimento amministrativo di approvazione del progetto di dragaggio e le modalità di gestione in base alle diverse destinazioni del materiale dragato. Inoltre, una semplificazione ha riguardato anche le procedure di dragaggio da realizzarsi nei porti che non ricadono nei Sin (art. 8, comma 3, lett. m citato, come modificato). Dalla lettura del testo di legge appare evidente che la disciplina consente di gestire il materiale dragato (nonché quello di bonifica) al di fuori del regime dei rifiuti, alla duplice condizione: 1) che non si tratti di materiale “pericoloso” (da classificarsi ai sensi dell’allegato D, parte IV, Dlgs 152/06); 2) che venga gestito conformemente a quanto previsto dall’art. 5 della legge 84/94 (come riformato dalla legge finanziaria 2007) e dal decreto ministeriale 7 novembre 2008. Al di fuori di questi confini, il materiale in questione deve essere classificato come rifiuto e


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NORM ATI VA

gestito come tale, applicandosi, diversamente, le relative sanzioni. La conclusione è sostenuta dalla disposizione contenuta nel comma 11-sexies dell’art. 5 citato, che fa salva la normativa ambientale in caso di diversa destinazione e gestione a terra dei materiali dragati.

Cosa dice la legge?

Il progetto di dragaggio Il nuovo comma 11-bis della legge portuale premette che il dragaggio possa avvenire anche contestualmente alla predisposizione del progetto di bonifica. Al fine di coordinare gli obiettivi delle due operazioni ambientali (dragaggio e bonifica), il Legislatore ha previsto che il progetto di dragaggio, elaborato dalle Autorità portuali (ove istituite, altrimenti dall’ente competente), deve essere presentato al Ministero delle Infrastrutture, che dovrà approvarlo sotto il profilo tecnico economico (entro 30 giorni), dal quale successivamente sarà trasmesso al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per l’approvazione definitiva con decreto ministeriale. È chiaro, anche se non esplicitato, che la valutazione del Ministero dell’ambiente riguarderà gli aspetti ambientali, con lo scopo, data la competenza del ministero nei SIN, di coordinare il dragaggio con gli obiettivi di bonifica eventualmente già delineati in un progetto in fase di istruttoria. Con riferimento al progetto di dragaggio il D.M. 7 novembre 2008 ha indicato il contenuto del progetto di dragaggio per quanto concerne gli aspetti ambientali. Infatti, dispone che il progetto debba contenere i risultati della caratterizzazione delle analisi del materiale da dragare, da condursi sulla base delle metodiche analitiche di cui all’allegato A), le tecniche idonee per la rimozione ed il trasporto del materiale, nonché le modalità di gestione successiva del materiale dragato per le diverse destinazioni previste dalla norma (art. 1). Come gestire i materiali dragati…e quelli di bonifica? La gestione dei fanghi di dragaggio è un’operazione che ha sempre presentato aspetti di problematicità inerenti l’individuazione di forme gestionali sempre meno impattanti sull’ambiente. Una delle scelte praticate negli ultimi anni è quella di deporre i fanghi di dragaggio in vasche di colmata, ossia strutture di conte-

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nimento create in ambito costiero. E, tuttavia, come anche evidenziato dall’ICRAM (nel Dragaggio dei sedimenti portuali e marini – su www.icram.org –), questa non può essere l’unica forma di gestione nel lungo periodo dovendosi incentivare anche altre forme di utilizzo come ad esempio ripristini ambientali. Pertanto, la nuova disciplina dettata dall’art. 5 della legge 84/94 come riformata e dal decreto ministeriale 7 novembre 2008, individuano diverse destinazioni dei fanghi di dragaggio a seconda delle loro caratteristiche analitiche. Analisi che dovranno essere effettuate sui sedimenti marini da dragare prima della predisposizione del progetto di dragaggio, dal momento che i risultati di tale caratterizzazione formeranno parte integrante del medesimo progetto. La destinazione del materiale non contaminato Il comma 11-ter dell’art. 5 della legge 84/94 prevede che qualora il materiale da dragare risulti avere caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche analoghe al fondo naturale con riferimento al sito di prelievo e di destinazione, e non esibiscano positività ai test ecotossicologigi, la loro destinazione potrà essere il refluimento in mare, l’utilizzo per formare terreni costieri oppure destinati al ripascimento degli arenili. Dalla lettura dell’allegato A al decreto ministeriale si evidenzia che i test ecotossicologici dovranno essere effettuati solo sui sedimenti destinabili alla reimmissione in mare o per formare terreni costieri, ciò evidentemente al fine di stimare correttamente il rischio ambientale legato alla movimentazione di matrici estremamente complesse, quali i sedimenti (v. Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini – redatto da ICRAM e APAT, agosto 2006 - su www.icram.org;). La destinazione del materiale contaminato Il comma 11-quater dell’art. 5 della legge 84/94 disciplina, invece, gli utilizzi del materiale dragato che, ancorchè non classificabile come “pericoloso”, presenti entro certi limiti valori di contaminazione. In specie, il decreto 7 novembre 2008, all’art. 2, ha chiarito che il limite di pericolosità è quello fissato dalla normativa sui rifiuti, facendo espresso riferimento all’allegato D, parte IV del D.Lgs 152/2006. Pertanto, solo i fanghi di dragaggio che non presentino livelli di pericolosità tali da poter

essere classificati rifiuti pericolosi possono essere destinati in strutture di contenimento poste in ambito costiero. Dalla lettura del comma 11-quater, art. 5, legge 84/94 (come modificata) sembrerebbe che la pericolosità dei fanghi dragati possa essere esclusa a seguito di trattamenti finalizzati alla rimozione degli inquinanti (e non semplicemente alla loro immobilizzazione). Non è chiaro se tali operazioni di trattamento, dal momento che, se così fosse, sarebbero effettuate su rifiuti pericolosi, debbano essere a tal fine autorizzate. È previsto, altresì, che le strutture di contenimento per tali materiali dovranno essere preventivamente approvate dal Ministero delle infrastrutture d’intesa con il Ministero dell’ambiente, e dovranno avere un sistema di impermeabilizzazione che risulta analogo a quello previsto per le discariche di rifiuti non pericolosi dal Dlgs n. 36/2003. Inoltre, il decreto ministeriale ha previsto che l’Autorità portuale possa chiedere al Ministero dell’ambiente, nell’ambito della fase di approvazione del progetto di dragaggio, l’autorizzazione a refluire in casse di colmata fanghi che presentino limiti di concentrazione di inquinati superiori alle c.d. CSC (previste in materia di bonifica dei siti contaminati) ma inferiori ai limiti di pericolosità di cui all’allegato D, parte IV Dlgs cit. Su tale istanza il Ministero provvederà avvalendosi del parere dell’ISPRA. In questi casi, si prevede, altresì, che qualora a seguito del confluimento nelle strutture di contenimento costiere i valori delle CSC risultino superati, previo espletamento dell’analisi di rischio (da condursi ai sensi dell’allegato B al decreto ministeriale), dovrà avviarsi la procedura di bonifica dell’area di conferimento o adottarsi misure di sicurezza che garantiscano comunque la tutela della salute e dell’ambiente. Una peculiarità di questa disciplina è che la modalità di gestione in strutture di contenimento appena descritta viene estesa anche ai materiali derivanti dall’attività di bonifica (comma 11quater, art. 5, legge 84/94). Diversi interrogativi restano aperti: quali sono i criteri analitici cui fare riferimento per l’analisi dei materiali di bonifica, dal momento che il decreto 7 novembre 2008 ad essi non fa alcun riferimento? Le possibilità di miscelazione del materiale


dragato, previste dall’art. 4 del predetto decreto ministeriale si estendono anche al materiale di bonifica? Nell’ambito di quale procedimento amministrativo dovrà essere autorizzata tale destinazione del materiale di bonifica, in quello per l’approvazione del progetto di dragaggio o in quello autonomo e diverso di bonifica dell’area SIN ? I materiali di bonifica cui si fa riferimento dovranno essere solo quelli derivanti dalla bonifica dell’area SIN ove si svolgono anche le operazioni di dragaggio o potranno pervenire anche da altri siti di bonifica? Interrogativi che probabilmente troveranno risposte in fase di attuazione delle norme in esame. Il deposito temporaneo dei materiali dragati e di bonifica Il comma 11-quinquies dell’art. 5, legge 84/94 e l’art. 3 del decreto ministeriale, disciplinano l’operazione di “deposito temporaneo” del materiale dragato e quello derivante da bonifica, prevedendo la possibilità di realizzare delle strutture destinate al deposito temporaneo dei materiali prima della loro destinazione defini-

tiva, con un limite temporale di trenta mesi e nessuna limitazione di quantitativi, purchè si assicuri il non trasferimento degli inquinanti agli ambienti circostanti. La miscelazione dei materiali dragati L’art. 3 del decreto ministeriale sembra porre un divieto generale di miscelazione dei materiali di dragaggio pericolosi (con riferimento all’allegato D, parte IV, Dlgs 152/06) con quelli non pericolosi, mentre fissa un divieto di miscelazione anche tra materiali non pericolosi se fatta al solo fine di raggiungere valori di concentrazione idonei agli utilizzi del materiale dragato per la reimmissione in mare o per realizzare terreni costieri o per il ripascimento degli arenili. Quando, invece, i materiali sono destinati a strutture di contenimento, l’art. 4 del citato decreto ammette la miscelazione tra materiali diversi (restando esclusi i materiali pericolosi – ciò a rigor di logica dal momento che il rinvio all’art. 4 deve ritenersi un errore materiale), al fine di raggiungere i limiti previsti dalla

normativa vigente in materia di bonifica per la specifica destinazione d’uso. Verifica dei fondali dragati Al fine di limitare e/o escludere gli effetti negativi che possono eventualmente conseguire dalle operazioni di dragaggio sul fondale marino dragato, l’art. 5 del decreto ministeriale dispone che, all’esito del dragaggio, qualora l’analisi dello strato superficiale dei sedimenti marini attesti il superamento dei valori di intervento individuati dall’ISPRA per ciascun SIN, dovrà attivarsi la procedura di bonifica. Regime transitorio L’art. 7 del decreto ministeriale fa salve le caratterizzazioni dei fondali realizzate con criteri analoghi a quelli riportati nell’allegato A) purchè verificate dall’ARPA, se intervenute prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto. Il successivo progetto di dragaggio dovrà, comunque, essere predisposto in base alla nuova disciplina. *Studio Legale associato Anile & D’Angiulli

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A SS OCIAZIONE

I R IFIUTI INERTI ADESSO SONO UNA RISORSA Impo rta n t e c o n tr i b u t o a l l a t ut e l a amb i enta l e e d o c c a s i o n e d i svi luppo ec ono mi co p er l e a z i e n d e d e l s e t t or e

di Francesco Montefinese*

R

iciclare e riutilizzare i materiali per le costruzioni costituisce un importante contributo per l’ambiente. Ad affermarlo è una recente ricerca pubblicata dalla rivista scientifica Resources, Conservation and Recycling che ha analizzato come poter riciclare il materiale edile di un edificio in demolizione. È ormai noto e diffuso che le problematiche dei rifiuti inerti creano serie difficoltà sia agli operatori (imprese e produttori) che alla pubblica amministrazione. Una limitata cultura ed educazione ambientale e la scarsità di impianti preposti al conferimento contribuiscono ad alimentare l’abbandono ed il degrado ambientale del territorio, disperdendo notevoli risorse. Il decreto del Ministero dell’Ambiente n. 203 del 8/5/2003 obbliga gli enti e le amministrazioni a coprire il proprio fabbisogno di beni e prodotti con almeno il 30% di essi provenienti dall’attività di recupero. La pubblicazione e

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l’entrata in vigore della Circolare ministeriale n. UL/5205/05, ha stabilito le caratteristiche sull’utilizzo degli aggregati riciclati garantendo così, una produzione di aggregati riciclati con specifiche caratteristiche prestazionali. La Circolare ministeriale impone che le caratteristiche degli aggregati rientrino nei limiti

imposti in funzione della specifica destinazione d’uso dei materiali in conformità alla norma UNI EN 13242:2004 recentemente aggiornata, per la realizzazione di: • corpo dei rilevati di opere in terra; • sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di piazzali civili ed industriali;


• strati di fondazione delle infrastrutture di trasporto; • recuperi ambientali, riempimenti e colmate; • strati accessori (con funzione anticapillare, antigelo, drenante, ecc..); • calcestruzzi con classe di resistenza Rck < 15 Mpa secondo norme UNI. Gli indirizzi ed il quadro normativo appaiono chiari, adesso è necessario stimolare l’interesse degli operatori e della Pubblica Am-

ministrazione per diffondere l’uso di questi materiali. Gli ultimi dati diffusi, confortano tale processo. Infatti, con la pubblicazione, da parte dell’Ispra, dell’undicesimo “Rapporto Rifiuti”, si è avuto conferma che, mentre si rileva una contrazione della produzione procapite dei rifiuti in generale, la produzione di macerie edilizie e rifiuti inerti da C & D è incrementata, superando la soglia di oltre

50 milioni di tonnellate, una mole enorme, paragonabile alla produzione media annua di circa 300 cave di estrazione. Riutilizzare l’intera produzione di rifiuti inerti prodotta in un anno, consente di risparmiare il territorio e rispettare la natura, anche perché, l’aggregato riciclato dalla natura non prende niente, il processo di produzione è completamente sostenibile ed è riutilizzabile all’infinito. Rimane comunque bassa la percentuale dei rifiuti inerti da C & D avviati al recupero, mentre in alcuni stati europei si supera abbondantemente la soglia del 70%, in Italia si evidenzia una disparità per aree geografiche che raggiunge percentuali medie dal 5% (meridione) al 15% (settentrione). Sviluppare le attività di recupero consente agli operatori di raggiungere margini operativi soddisfacenti e con il reimpiego, limitare notevolmente l’uso di materiali vergini da destinare ad utilizzi più redditizi (conglomerati, sabbie, ecc.) evitando così, di deturpare il territorio dall’attività estrattiva controllata e non. *Resp. “Programma RECinert” www.recinert.it

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A SS OCIAZIONE

“GREEN WEEK”: NEL 2050 LIBERI DAL CARBONIO

Dal 2 3 a l 2 6 g i u g n o , l a “ se t t i ma n a ve rd e” a Bru x e l l e s , o c c a s i o n e u n i c a d i s c a m bio di espe r i e n z e e b u o n e pr a s s i i n m at er i a a mbientale

di Anna Montefinese

“G

reen week”, è la più grande conferenza annuale di politica ambientale europea organizzata dalla Direzione generale ambiente della commissione europea che si è tenuta a Bruxelles dal 23 al 26 giugno scorso. Un anno cruciale, il 2009, per la lotta ai cambiamenti climatici, nuove negoziazioni per un nuovo accordo tra le Nazioni Unite, come passo successivo al protocollo di Kyoto. L’obiettivo dell’evento è stato quello di mettere in luce le priorità del pianeta in questo settore: il bisogno di ridurre drasticamente i tassi di emissione di gas serra entro la metà del secolo, il bisogno di convertire l’economia e di renderla sostenibile, il bisogno di contestualizzare il cambiamento del clima all’interno della sfida per la conservazione degli ecosistemi. Durante le tre giornate di discussione e dibattito i migliori relatori europei e non si sono confronta-

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ti ed hanno cercato di dare delle risposte. La Settimana verde è un’occasione unica per lo scambio di esperienze e di buone prassi. Oltre 3mila i partecipanti provenienti da istituzioni, imprese e industrie, organizzazioni non governative, autorità pubbliche, comunità scientifica e mondo accademico ed oltre trenta sessioni di conferenze organizzate in partnership con il gruppo di riflessione di Bruxelles “Friends of Europe”, in vista del prossimo incontro di dicembre a Copenaghen. Durante la tre giorni si è avuto modo di visitare un’esposizione ed una mostra allestite appositamente per l’evento di circa sessanta stand di progetti Life, soluzioni “verdi” di business, messe in atto dalle Ong, dalle autorità locali e regionali, europee e da organismi internazionali. Premiati inoltre, i cinque migliori “best of the best” del programma Life-Ambiente per il 20082009. Tutte le sessioni della conferenza

sono state trasmesse in diretta in streaming sul sito http://ec.europa.eu/environment/ greenweek/. Nel dicembre 2008 l’Unione Europea ha raggiunto un accordo ambizioso che consiste nel pacchetto “20/20/20”, cioè il taglio delle emissioni di gas serra del 20% rispetto ai livelli del 1990 e di garantire che il 20% di energia provenga da fonti rinnovabili, il tutto entro il 2020. Bisognerà, inoltre, migliorare l’efficienza energetica del 20% entro la stessa scadenza. Pertanto, il pacchetto lancia le basi per aumentare il livello di riduzione delle emissioni al 30%. A tale scopo i lavori della sessione di chiusura hanno focalizzato gli obiettivi raggiunti ed i lavori da svolgere nei prossimi sei mesi per il raggiungimento di un soddisfacente accordo globale sul clima alla conferenza delle Nazioni Unite di fine anno a Copenaghen. E si guarda al 2050, anno fissato per raggiungere una società libera dal carbonio.


LA VE TRI N A

IN LIBR E RIA Il Respon s a b i l e t e c n i c o nella ge s t i o n e d e i ri f i u t i a cura di Avv. Alessandra Tucci, Ing. Nicola G. Grillo Geva Edizioni (pagine 348 - € 38,00)

Un volume tecnico dal linguaggio semplice, che contribuisce a chiarire le complicate normative riguardanti il Responsabile tecnico, figura professionale indispensabile per garantire la corretta gestione dei rifiuti. Il testo affronta in modo completo e chiaro un tema ancora per certi versi sconosciuto, trascurato perfino da importanti “professionisti” in materia. Una precisa analisi delle normative specifiche individua i compiti, le responsabilità ed i limiti d’intervento di colui che si può definire il professionista ambientale per eccellenza, chiamato a cooperare con le altre figure professionali che, per legge, devono essere presenti in tutte le aziende, comprese quelle operanti nella gestione dei rifiuti. Un testo che affronta ed analizza una problematica molto delicata con chiarezza e precisione, al fine di dare un utile strumento a tutte le “figure” che a vario titolo intervengono nella gestione dei rifiuti.

G li adem p i m e n t i a m b i e n ta l i nelle att i v i tà d i c a n t i er e a cura di Enzo Pelosi Maggioli Editore (pagine 433 - € 36,00)

Guida completa ed esaustiva sulla normativa ambientale applicabile ai cantieri temporanei, quest’aggiornatissima opera si propone come utilissimo supporto giuridico per i numerosi tecnici chiamati alla gestione ambientale del cantiere stesso. La trattazione prevede discussioni sulle diverse questioni giuridiche con esclusivo riferimento alle ipotesi riscontrabili all’interno di un cantiere temporaneo. L’indagine è indirizzata e rivolta ai soli aspetti legali ambientali, tralasciando la questione della tutela e della sicurezza dei lavoratori e dell’igiene in ambienti di lavoro. Aggiornata al Testo Unico Ambientale vigente (D.Lgs. n. 152/2006) e alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4, analizza dal punto di vista normativo le principali discipline connesse alle attività di cantiere. Arricchita con le pronunce giurisprudenziali inerenti i principali argomenti e con la disciplina sanzionatoria prevista dalla legge, l’opera contiene anche un’esaustiva check-list, che consente a ciascun operatore di valutare, in relazione al singolo aspetto ambientale, la conformità legislativa della specifica attività espletata, ed inoltre, una tabella che permette di individuare, in ragione della pluralità di soggetti coinvolti nell’attività di cantiere, la figura del gestore responsabile degli adempimenti previsti dal legislatore, in relazione ai diversi aspetti ambientali.

E c o Me d it p r o ve DI tenuta s e r b at o i pe r la s a lva g u ar dia d e l l’ a m b iente La EcoMedit Srl, azienda certificata ISO 9001 con esperienza ultra decennale nel settore della verifica di tenuta di vasche e serbatoi interrati comprovata da oltre 15mila interventi effettuati su tutto il territorio nazionale, è in grado di fornire un’assistenza rapida e precisa e di gestire ogni problematica di tipo ambientale grazie a tecnologie di campo moderne ed affidabili e a operatori preparati in materia di sicurezza sul lavoro. L’azienda effettua prove di tenuta attraverso innovative tecnologie non distruttive certificate da organi nazionali ed internazionali, in situazioni di normale esercizio ed in condizioni di massima sicurezza. Con i metodi EcoMedit si evita qualsiasi forzatura su fasciame e saldature dei serbatoi, poiché non si eseguono pressioni con gas o depressioni incontrollate, tipiche dei tradizionali metodi di controllo applicabili su manufatti nuovi ancora da interrare quindi non soggetti ad usura e pressioni esterne. L’informatizzazione dei sistemi di “testing” consente di rilevare, senza interruzione dell’attività e in modo automatico, perdite nell’ordine di 0,063 l/h con il 99,999% di probabilità di rilevazione sotto i limiti previsti dall’EPA di 0,05 gal.h. I dati rilevati sono certi e non alterabili, consentendo un’accurata analisi per l’emissione del rapporto di tenuta. Il personale qualificato e le tecnologie omologate, sono in grado di gestire completamente l’adeguamento del parco serbatoi (bonifica gas-free, risanamento e dismissione) e di eseguire indagini ambientali finalizzate alla messa in sicurezza, bonifica e riqualificazione dei siti contaminati. Viene fornito un servizio di consulenza interattivo su normative sicurezza, ambientali, ADR : 81/08 – 547/55 – 303/56 – 334/99 Seveso bis – 152/06- 40/00.

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II convegno nazionale 25 settembre 2009

[ri]PROGETTARE IL FUTURO

LA DISTRIBUZIONE EDILE TRA IL GUADO DELLA CRISI E IL NUOVO ASSETTO DEL MERCATO

UN ESCLUSIVO INCONTRO DEDICATO A CHI VUOLE PROGETTARE IL FUTURO CON UN CONFRONTO DI IDEE E DI ESPERIENZE di ALTO LIVELLO




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