RECOVER magazine n. 39

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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 10 n. 39 - ISSN 2421-2938 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

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www.recoverweb.it

Concordia: tutti i passaggi di un Intervento di demolizione senza precedenti

Economia circolare: una grandissima opportunità di sviluppo che si scontra con le difficoltà autorizzative e la diffidenza dei cittadini

Attachment da demolizione: la dismissione di un ex impianto industriale dove le macchine sono protagoniste

un progetto virtuoso ed efficiente per ottenere energia, materiali compositi e nuova carta dagli scarti delle etichette

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E DI TO R I A L E

EDITORIALE SI RIPARTE DA SCAMPIA

Non saranno contenti i fan di “Gomorra” ma finalmente i palazzi resi celebri dalle storie di vita e soprattutto di malavita della famiglia Savastano, che ha roccaforte nel quartiere più tristemente famoso di Napoli, hanno le ore contate. Parliamo delle Vele di Napoli e del quartiere di Scampia che sarà oggetto di una vera e propria rinascita. Il progetto, che non a caso porta il nome di “Restart Scampia”, prevede di intervenire su tutte le quattro Vele che oggi rimangono nel quartiere; la notizia era già nell’aria da alcuni mesi ma sembravano dichiarazioni politiche più che reali intenzioni. Invece a inizio maggio è stato pubblicato il bando di progettazione confermando la volontà concreta dell’amministrazione di liberarsi dal peso di questi mostri di cemento entro il 2017. Le sette Vele di Scampia vennero costruite dal 1962 al 1975 su progetto dell’architetto Franz Di Salvo e facevano parte di un progetto abitativo di larghe vedute che prevedeva anche uno sviluppo della città di Napoli nella zona orientale. Da subito però, a causa di varianti costruttive e scelte progettuali infelici, questi palazzi sono diventati terreno fertile per la criminalità e piazza di spaccio per la droga. Tra il 1997 e il 2003 furono abbattute tre delle sette Vele iniziali, lasciando in piedi le restanti quattro strutture; ora il progetto Restart prevede la demolizione di tre Vele, mentre la quarta (la Vela B) sarà oggetto di un programma di ripristino e diventerà l’insediamento della nuova città metropolitana di Napoli. Che siano le cariche di esplosivo o gli escavatori da demolizione a porre fine ai palazzi delle Vele lo decideranno i progettisti, ma una cosa è certa, con la demolizione delle Vele si aprirà un nuovo capitolo per le periferie non solo di Napoli ma di altre città italiane che hanno problemi simili legati a scelte architettoniche e piani regolatori fallimentari. Speriamo quindi in un nuovo futuro per il Corviale di Roma, per le Lavatrici di Genova Prà e per lo Zen di Palermo, per citare solo i più famosi. Speriamo in una rinascita dei tanti quartieri degradati presenti nelle nostre città che veda nella demolizione e nel recupero due strumenti integrati di riqualificazione, per eliminare i fallimenti edilizi del cosiddetto “megastrutturalismo” e nel contempo preservarne alcune parti... una sorta di promemoria per non dimenticare e non commettere di nuovo gli stessi errori.

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S O M M A R I O S OM M A R I O

Non solo martelli 36

Rubriche

News 6 Vetrina 76 Appuntamenti 79

di Maria Beatrice Celino

In cammino 38 di Laura Veneri

L’aria che respiriamo è di vitale importanza

PRIMO PIANO

Dove finiscono i rifiuti elettronici?

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di Alberto Marenco

di Maria Beatrice Celino

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SPECIALE

Attualità

A Lecco parte la raccolta differenziata delle capsule in alluminio del caffè

di Laura Veneri

Non chiamiamoli rifiuti di Bruno Vanzi

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Le innovazioni nelle macchine movimento terra presentate al Samoter

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Tutti parlano di industria 4.0

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di Maeva Brunero Bronzin

di Laura Veneri

WORK IN PROGRESS

Un progetto unico. Step by step

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L’energia è intorno a noi

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Economia circolare vs. difficoltà autorizzative e sindrome Nimby 22

Come in un film

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Il centro di riciclaggio alluminio a “scarto zero”

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Dalla provincia bergamasca al medio oriente per il trattamento dei PFU

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Green up 18 di Laura Veneri

Oltre l’eclissi solare di Laura Veneri

di Emilio Guidetti

Capitan Acciaio ci insegna il valore della raccolta differenziata

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Dieci anni di “Fare i conti con l’ambiente”

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di Roccandrea Iascone

di Gian Maria Brega

di Alberto Marenco

FABBRICA DELLE IDEE

La pubblicità che pulisce l’aria di Alberto Marenco

PANORAMA AZIENDE

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di Laura Veneri

di Bruno Vanzi

di Maria Beatrice Celino

Un esempio di economia circolare dal riciclaggio delle etichette di Alberto Marenco

Normativa 32

La cogenerazione per l’efficientamento dei consumi 34 di Maria Beatrice Celino

di Laura Veneri

PROGETTI E TECNOLOGIE

THe big eye

La riqualificazione delle aree dismesse aiuta l’Europa a non perdere le sue risorse

di Vittorio Omini

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L’errore inevitabile in materia ambientale

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Sottoprodotto e D.M. n. 264/2016: la vendita non esclude la natura di rifiuto

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di Rosa Bertuzzi e Andrea Tedaldi

di Cinzia Silvestri


Dove finiscono i rifiuti elettronici? L’economia circolare dei prodotti tecnologici contro il mercato nero e la cannibalizzazione dei RAEE

10 Tutti parlano di industria 4.0, ma siamo davvero pronti per la nuova rivoluzione industriale che può cambiare la produzione e il nostro modo di lavorare?

46 Il mondo del biogas, del biometano e delle energie rinnovabili è in fermento e in Italia c’è un’azienda che si è distinta nella realizzazione di oltre 200 impianti

54 Sottoprodotto e D.M. n. 264/2016: analisi di norme e sentenze in tema di riutilizzo dei rifiuti e regime dei sottoprodotti

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NEWS IN TRENTINO SI RICICLA L’UMIDO PER ALIMENTARE GLI AUTOBUS Un ciclo virtuoso per la mobilità sostenibile: dai rifiuti umidi si ricava biometano con cui alimentare gli autobus cittadini, primo progetto in Italia che anticipa le normative europee sull’utilizzo delle fonti rinnovabili per i trasporti. A portare a compimento il sistema che permetterà di cedere il biometano al trasporto pubblico trentino, attraverso la rete nazionale gas della Snam, sono Provincia autonoma, BioEnergia Trentino, Trentino Trasporti, Fondazione Mach e Comune di Faedo. Ad oggi BioEnergia tratta i due terzi del rifiuto trentino, quasi 34.000 tonnellate all’anno e produce circa 8.500.000 di kWh elettrici.

La previsione, in seguito all’ampliamento dello stabilimento è di poter trattare il 100% del rifiuto umido trentino e di supportare l’accordo sui rifiuti stipulato dalla Provincia autonoma di Trento e da quella di Bolzano. Attraverso questo incremento delle quantità trattate e la chiusura della filiera dell’umido trentino, BioEnergia riesce a produrre energia elettrica rinnovabile e compost di qualità e, forte della sinergia attivata con tutti gli altri partner del progetto, avvia anche questa innovativa filiera industriale: la produzione del biometano per autotrazione in favore della flotta degli autobus cittadini che, a progetto ultimato, passeranno da 42 (già alimentati a metano) a 64 (alimentati a biometano). Tutto ciò partendo dalla filiera della raccolta differenziata che intercetta l’umido lo trasforma in energia e lo purifica in biometano per alimentare la mobilità alternativa. Un progetto innovativo e straordinario che potrà essere completato entro il 2018.

PACKAGING ALIMENTARE: PROGETTO EUROPEO BIOBARR DA 4 MLN DI EURO La bioplastica sviluppata da Bio-on sarà al centro di un nuovo progetto europeo denominato BioBarr che, gra-

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zie a un budget di quasi 4 milioni di euro, punta a realizzare nei prossimi anni nuovi materiali, sostenibili e biodegradabili, per il packaging alimentare. In dettaglio il progetto BioBarra avrà inizio il 1 giugno 2017; il finanziamento di 3.784.375 euro è stato ricevuto dalla BioBased Industries Public-Private Partnership nell’ambito del Programma di Ricerca e Sviluppo Horizon 2020 della Commissione Europea. Bio-on, quotata all’AIM su Borsa Italiana, è il partner scientifico principale del progetto e potrà contare su un contributo europeo di 800.000 euro a fondo perduto per l’esecuzione delle attività di produzione, sviluppo e dimostrazione dei film di PHAs da adattare agli obiettivi applicativi del progetto. Gli obiettivi dei ricercatori sono: sviluppare nuovi materiali per il packaging alimentare a base biologica e biodegradabile, migliorare e potenziare le loro funzionalità barriera e incrementare le applicazioni in reali ambienti operativi all’interno delle industrie alimentari. Le attività di ricerca e sviluppo del progetto si concentreranno in particolare sui biopolimeri PHAs (poliidrossialcanoati) prodotti con la tecnologia di Bio-on che, grazie alle elevate prestazioni termomeccaniche, reologiche, alla duttilità e alle caratteristiche estetiche, non hanno pari nell’emergente mercato dei biopolimeri. Le bioplastiche PHAs sviluppate da Bio-on, sono ottenute da fonti vegetali rinnovabili senza alcuna competizione con le filiere alimentari, garantiscono le medesime proprietà termomeccaniche delle plastiche tradizionali col vantaggio di essere completamente eco sostenibili e al 100% biodegradabili in modo naturale a temperatura ambiente.

ACCORDO UIV-MIN: SOSTENIBILITÀ NEL MONDO VITIVINICOLO “Questo accordo rappresenta un decisivo passo in avanti nella definizione di un concetto condiviso di sostenibilità per il mondo vitivinicolo. Da un lato, UIV riconosce la validità degli indicatori messi a punto dal progetto VIVA per la misurazione degli impatti ambientali. Dall’altro, il Ministero dell’Ambiente legittima il lavoro ormai quinquennale di Tergeo, confermando la propedeuticità delle buone prassi e la valenza del suo Comi-


tato Tecnico-Scientifico”. Così Antonio Rallo, presidente di Unione Italiana Vini ha commentato la firma dell’accordo per “La promozione delle reciproche attività sulla sostenibilità nella vitivinicoltura e per la creazione di sinergie” siglato con il Ministro dell’Ambiente, Gianluca Galletti. L’intesa, che avrà durata minima di due anni, sancisce l’importante collaborazione tra due progetti nazionali che fanno della sostenibilità la loro mission: TERGEO e VIVA, partiti entrambi nel 2011. TERGEO è il progetto nazionale di Unione Italiana Vini che, guidato da un comitato scientifico di altissimo livello costituito da esperti dell’Università, dell’imprenditoria, delle associazioni, del mercato e delle Istituzioni del vino italiano, ha come obiettivo di raccogliere, qualificare e divulgare soluzioni innovative, tecnologiche e gestionali.

e sostenibilità delle acque salate. Diminuire l’impatto dei rifiuti o dell’inquinamento off-shore, costiero e subacqueo delle acque salate è l’obiettivo di “Fellowship on Ocean Cleanup”, primo contest mai realizzato in Italia dedicato a progetti d’innovazione su questo tema. Il programma mira a identificare soluzioni innovative volte alla raccolta e al riutilizzo di materiali di scarto che oggi inquinano mari e oceani e che possono trovare proprio nel mondo del lusso una “seconda vita” nell’ambito del packaging e dei materiali di visual merchandising. In particolare i progetti dovranno essere in grado di creare impatto in ambiti quali: diminuzione dell’immissione dei materiali in acqua, riciclo dei materiali, raccolta e stoccaggio, trasformazione in nuove materie prime e il riutilizzo dei materiali di scarto. “Siamo parte integrante dell’ecosistema marino: dal suo stato di salute dipende anche il nostro. Per questo è indispensabile pianificare ogni nostra attività con attenzione. Per questo il Wwf sostiene con slancio ogni iniziativa economica che si muove in questo senso, e i meccanismi innovativi in grado di farla crescere in modo sostenibile. Sono passi fondamentali per far sì che la Blue Economy rappresenti un’opportunità e soprattutto un processo concreto”, dichiara Giuseppe Di Carlo, direttore della Wwf Mediterranean Marine Initiative.

“V.I.V.A” nasce per definire i corretti parametri per la misura delle prestazioni di sostenibilità nella filiera vitivinicola e ha consentito, tra le altre cose, la definizione di un importante disciplinare che costituisce il riferimento tecnico per le aziende che vogliono misurare le proprie prestazioni di sostenibilità sulla base di 4 indicatori (Aria, Acqua, Vigneto e Territorio) e intraprendere il percorso di validazione previsto dal progetto.

VIA I RIFIUTI, PER TUTELARE MARI E OCEANI SCENDONO IN CAMPO LE STARTUP Secondo un dossier presentato dal World Economic Forum, finiscono ogni anno in acqua 8 milioni di tonnellate di soli materiali plastici. Nei mari di tutto il mondo navigano oltre 150 milioni di tonnellate di materie plastiche e per questo Wwf e Bulgari hanno scelto di collaborare con Impact Hub Milano (l’incubatore d’impresa focalizzato sull’innovazione sociale e ambientale) per dare vita a un’iniziativa che favorisca le startup impegnate sul tema del recupero dei rifiuti dal mare e capaci di applicare innovazione sociale e imprenditorialità alla tutela

Le startup potranno sottoporre i propri progetti fino al 18 giugno. Il 19 giugno comincerà la selezione che porterà alla scelta di massimo sei giovani aziende che accederanno alla fase di sviluppo del business model che prevede un percorso di pre-accelerazione della durata di due mesi.

TURISMO SOSTENIBILE CHE PROTEGGE L’AMBIENTE Viaggiare e soggiornare godendo delle risorse naturali di un territorio e rispettando l’ambiente, contribuire allo sviluppo locale, favorendo la nascita di imprese e la creazione di occupazione: sono gli elementi principali della nuova scommessa del turismo, che oggi diventa soste-

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NEWS nibile, punta alla salvaguardia dell’ambiente, alla tutela delle risorse naturali, frena lo spopolamento e il degrado e contribuisce allo sviluppo economico di un territorio. Prende le mosse da questi principi il progetto Stratus (Strategie ambientali per un turismo sostenibile), finanziato dal programma Italia-Francia 2014-2020, per un importo complessivo di 1,3 milioni di euro. Il progetto vede come capofila la Sardegna con il Crenos, e coinvolge alcuni territori transfrontalieri (Sardegna, Liguria e l’a-

rea Provenza-Alpi-Costa Azzurra) che si affacciano sul Tirreno, e in particolare parchi marini e aree protette. Il progetto, che prende il via nel periodo dichiarato dall’Onu “Anno Internazionale del turismo sostenibile” e si svilupperà in due anni, punta a rafforzare la competitività del settore turistico marino-balneare supportandone la crescita sostenibile. Fra gli obiettivi anche creazione dal basso di un marchio per i prodotti eco-turistici. Per coinvolgere gli attori del territorio è stato istituito un Advisoryboard, che riunisce gli stakeholder istituzionali (enti regionali, Università, associazioni di categoria, Comuni) e locali (imprese singole e associate, consorzi, associazioni e Ong che operano nel campo della sostenibilità ambientale) che svolgerà una funzione di indirizzo per il progetto.

FRANCIA: MACRON ACCENDE LE SPERANZE AMBIENTALISTE Lotta ai cambiamenti climatici, rispetto degli impegni di Parigi, transizione ecologica. In pochi minuti, quelli del suo primo discorso da Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron tocca le corde giuste degli ambientalisti. Tra i punti più acclamati, la chiusura delle centrali a carbone entro il 2023, il ridimensionamento del nucleare al 2050, no a nuovi permessi di esplorazione per idrocarburi. D’altra parte, Macron è ora alla guida del Paese che ha ospitato la firma degli ultimi accordi sul clima, quelli di Parigi, e su questo la Francia gioca un ruolo di primo piano. Poi, gode del sostegno di un ambientalista doc, Daniel Cohn-Bendit. Sul nucleare, poi, c’è

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l’impegno a ridurne entro il 2025 la quota, passando dal 75% della produzione al 50%, un impegno importante in un Paese in cui il nucleare è ancora importante, ma conta su centrali che iniziano a mostrare i segni dell’età. Meno entusiasta Greenpeace Francia che ha fatto le pulci al programma di Macron. Sul fronte della transizione energetica, l’annunciata riduzione del 50% della quota nucleare al 2025 “non fa altro che rispettare la legge votata nel 2015”. Poco ambizioso anche il programma che riguarda le rinnovabili, e praticamente privo di effetti l’annunciato stop ai nuovi permessi di esplorazione per gli idrocarburi (“per essere coerente con gli obiettivi di Parigi, Macron dovrebbe abrogare tutti i permessi già accordati alle compagnie petrolifere, a terra e in mare”). Ora, dalle parole Macron dovrà passare ai fatti. Il primo banco di prova sarà il G7 a Taormina, vertice in cui Macron e Trump parteciperanno insieme come nuovi leader: un appuntamento dal quale gli ambientalisti si aspettano un impulso all’accordo di Parigi su cui Macron potrebbe giocare un ruolo importante .

“CONFERENZA SULLE TECNOLOGIE AMBIENTALI” A IFAT INDIA 2017 Tra il 26 e il 28 settembre IFAT India riunirà al Bombay Exhibition Centre tutti i partner del mercato indiano nel settore dell’ambiente. Le aziende espositrici all’edizione del 2017 non saranno solo indiane ma proverranno da


tutto il mondo, come ad esempio Andritz Group, Aqseptence Group, CRI Pumps, Endress+Hauser India, Excel Industries, Kilburn, LG Chem, Tata Projects e Xylem. La quinta edizione della fiera leader nel mercato delle tecnologie ambientali è supportata dall’Istituto Energy and Resources Institute TERI, infatti il gruppo di esperti indiani insieme a IFAT India hanno organizzato una conferenza finalizzata a promuovere la protezione ambientale in India: The Environmental Technologies Conference by TERI – powered by IFAT India. Il programma della conferenza è incentrato sui temi tipici affrontati da IFAT India, come l’acqua, le acque reflue, i rifiuti e il riciclaggio, e si incentrerà in particolar modo sugli aspetti della sostenibilità. Per un totale di 143 espositori e 5187 visitatori, in un’area estesa su 6100 metri quadrati (23% in più rispetto alle edizioni precedenti), IFAT India 2016 è stata l’edizione più grande e numerosa. Con i suoi prodotti e le sue soluzioni IFAT India si rivolge in particolar modo al mercato indiano.

MECSPE SI RICONFERMA CONCRETO PUNTO DI INCONTRO PER LA FABBRICA DIGITALE 4.0 La 16esima edizione di MECSPE, organizzata da Senaf e svoltasi a Fiere di Parma dal 23 al 25 marzo, ha raggiunto l’obiettivo che si era prefissata: confermarsi punto di riferimento per il manifatturiero e la Fabbrica Digitale 4.0. Lo affermano i numeri: l’affluenza è stata di 45.817 visitatori, a fronte di 2.051 aziende presenti su 105mila

metri quadrati di superficie espositiva. Da tre edizioni MECSPE è diventata la manifestazione anticipatrice dei trend tecnologici come ha dimostrato l’attenzione suscitata dal cuore della tre giorni: l’area “Fabbrica digitale 4.0” al Padiglione 4 dove, attraverso un approccio concreto e pragmatico, è stato possibile toccare con mano lo stato dell’arte del nuovo “manufacturing made

in Italy”, ammirando come dall’integrazione delle tecnologie abilitanti si delinei un manifatturiero sempre più efficiente e interconnesso. Il comparto mostra segnali di ottimismo: lo confermano i numeri dell’Osservatorio MECSPE, diffusi in occasione della manifestazione, su un campione significativo di aziende della meccanica e subfornitura italiane. L’andamento positivo è dettato anche dagli incentivi del sostegno del governo grazie al Piano Calenda, che prevede un aumento dell’aliquota dell’ammortamento dall’attuale 140% al 250% per gli investimenti in soluzioni per l’Industria 4.0.

AMBIENTE LAVORO CONVENTION, UN APPUNTAMENTO IMPERDIBILE Si terrà alla Fiera di Modena, il 13 e 14 Settembre 2017, la prossima edizione di Ambiente Lavoro. Ambiente Lavoro torna a Modena nella sua veste di Convention Nazionale e si propone quale primo e più importante appuntamento dedicato alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Il programma culturale con quasi 100 incontri formativi, fa parte di un progetto scientifico di alto profilo ed è rivolto a tutte le figure professionali che lavorano, a diverso titolo, nel settore della sicurezza. Al centro della prossima edizione saranno la sicurezza nel comparto

metalmeccanico e agroalimentare, l’invecchiamento lavorativo, il benessere sui luoghi di lavoro e la sicurezza stradale e ambientale. I primi tre mesi del 2017 registrano, secondo i dati diffusi da INAIL, un incremento delle denunce di infortunio (161.576) del 5,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e un aumento dei casi mortali denunciati (190) dell’8%. Questi dati confermano, purtroppo, che c’è ancora bisogno di investire nella prevenzione per poter contrastare il numero degli incidenti e morti sul lavoro. L’obiettivo della Convention resta quello di mettere insieme tante competenze per un confronto che possa cogliere le molteplici sfaccettature di un argomento così complesso. Per tutti coloro che credono che la sicurezza e il benessere lavorativo siano una conquista culturale e che possano realmente modificare e migliorare le attuali condizioni, l’appuntamento è per il 13 e 14 settembre prossimi alla Fiera di Modena.

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Dove finiscono i rifiuti elettronici? L’economia circolare dei prodotti tecnologici contro il mercato nero e la cannibalizzazione dei rifiuti elettronici di Alberto Marenco

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l 6 aprile a Torino, in occasione della prima tappa del tour Panorama d’Italia, il Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo Cobat e la rivista Panorama hanno organizzato un convegno intitolato “Economia circolare in Piemonte: riciclo, legalità e best practice per lo sviluppo del territorio”, dove sono intervenuti, oltre al Presidente Cobat Giancarlo Morandi e al Direttore operativo Cobat Claudio De Persio, due assessori del comune di Torino: Alberto Sacco (Assessore al Commercio) e Stefania Giannuzzi (Assessora all’Ambiente). Entrambi gli assessori hanno sottolineato quanto sia importante puntare su un’economia circolare sia in termini di salute ambientale sia in termini di innovazione e creazione di posti di lavoro.

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In effetti le direttive pubblicate dalla Commissione europea, dove sono esposte le misure a cui gli Stati membri devono adeguarsi a proposito del riciclo dei rifiuti, ribadiscono quanto possa essere fruttuosa un’economia in cui il ciclo di vita di un prodotto non termina con il rifiuto, come nell’economia lineare, ma proprio lo stesso rifiuto diventa fonte di risorse ed energia. Pertanto l’Assessora Giannuzzi ha dichiarato che l’amministrazione locale ha firmato, lo scorso marzo, la dichiarazione di Siviglia, la quale prevede che i sindaci europei si impegnino a rispettare gli obiettivi posti dall’UE sul tema dell’economia circolare. Dunque uno degli obiettivi prioritari della città di Torino è portare la raccolta differenziata, entro il 2020, al

65% mentre ora è solamente al 43%. Per fare questo oltre a una stretta collaborazione fra gli enti pubblici e privati c’è bisogno di un concreto lavoro di comunicazione ed educazione sia dei cittadini sia delle aziende attive sul territorio, promuovendo le best practice e agevolando la messa a norma degli impianti. Per arrivare all’obiettivo del 65%, ricordano i due assessori, bisogna: incrementare la raccolta differenziata porta a porta, che interesserà tre nuovi quartieri della città, aumentare la raccolta dell’organico e del cibo in particolare nei mercati, partendo da quello di Porta Palazzo (uno dei più grandi d’Europa) e favorire l’innovazione attraverso concorsi come Climathon, la maratona di 24 ore per il clima ideata da Climate KIC, la prima


Intervista a Claudio De Persio, DirettorE operativo Cobat A proposito dei rifiuti tecnologici, ci può spiegare le differenze di percorso tra quelli di uso domestico e quelli professionali?

Tutti noi produciamo rifiuti tecnologici: si tratta di smartphone, tablet, pc, televisori, elettrodomestici, pile e batterie che a un certo punto, vittime dell’usura o dell’innovazione tecnologica, vengono buttati. Il problema è capire come vengono buttati. Si tratta infatti di prodotti che possono essere recuperati e riciclati per dare vita a nuove materie prime. Cosa fare allora? Se un cittadino ha la necessità di disfarsene, quello che deve fare è portarli all’isola ecologica più vicina. Lì verranno prelevati da raccoglitori autorizzati come i nostri Punti Cobat e avviati al corretto riciclo. Ma ci sono anche altre opzioni. Se il prodotto appartiene alla categoria delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, in base alla legge del cosiddetto “uno contro uno”, il consumatore può lasciare il vecchio dispositivo presso il negozio dove ne comprerà uno nuovo equivalente. In alcuni casi, parliamo di piccoli dispositivi, è possibile consegnarli presso i grandi store che vendono elettronica senza essere obbligati a comprare un nuovo prodotto equivalente (il cosiddetto “uno contro zero”). Il discorso cambia nel caso delle aziende. In questo caso i rifiuti non sono considerati domestici, ma professionali. Le imprese dovranno contattare un’azienda autorizzata alla raccolta di quella particolare tipologia di rifiuti, che organizzerà il prelievo presso la sede in cui si trova il rifiuto.

Durante il convegno ha dichiarato che “si è elevata l’illegalità più che la sostenibilità”, ci può illustrare la situazione del mercato nero dei RAEE in Italia?

Il problema della gestione illecita dei rifiuti riguarda i RAEE, così come le batterie e tante altre tipologie di rifiuti. Il ragionamento è sempre lo stesso: si pensa di risparmiare, affidandosi a soggetti non autorizzati, ma si finisce per pagarne pesantemente le conseguenze, anche a livello penale. Il problema è che, oltre a causare un pesante inquinamento, si crea una turbativa di mercato a danno delle aziende virtuose e dell’intero sistema Italia, che potrebbe beneficiare delle nuove materie prime ricavate dal riciclo.

E quali sono le contromisure prese dal Cobat per il contrasto di queste attività illecite?

Cobat collabora attivamente con le forze dell’ordine segnalando tutte le attività illecite che riscontra sul territorio. La nostra forza è la presenza capillare in tutta Italia, con 70 Punti Cobat, e la nostra mission, oltre a offrire un servizio, è essere un presidio di legalità. Negli anni abbiamo fatto un grande numero di denunce, collaborando con le indagini di Carabinieri, Polizia e Corpo Forestale dello Stato. Lo facciamo nell’interesse del Paese e di tutte quelle aziende che lavorano nella legalità, permettendo all’Italia di fare davvero economia circolare.

Cosa si intende per rifiuti “cannibalizzati”? Può farci un esempio?

Cannibalizzare un rifiuto significa rubare il suo componente più di valore, abbandonando il resto. In questo modo, si crea un grosso problema per chi si occupa della raccolta e del riciclo di quel prodotto. I costi lievitano, in quanto con le cosiddette componenti a valore – materiali che possono essere recuperati e rivenduti – è possibile ammortizzare e in alcuni casi azzerare i costi di trattamento. Da una batteria auto di 14 chili, ad esempio, è possibile estrarre 8 chili di piombo, metallo quotato al London Metal Exchange che vale circa 2 mila euro a tonnellata. Un classico caso di cannibalizzazione è quello della lavatrice: il motore “sparisce” e all’impianto di riciclo arriva solo una carcassa fatta di materiali di scarso valore di riciclo.

State progettando nuovi metodi per intercettare un numero superiore di rifiuti elettronici?

Il modo migliore per combattere le cattive pratiche è quello di rendere le buone pratiche convenienti. Scegliere la corretta gestione dei rifiuti deve essere l’opzione più immediata e semplice. Per questo stringiamo accordi con le principali associazioni di imprese e artigiani, offrendo agli iscritti un servizio personalizzato, con richieste di preventivi e ordini di ritiro che possono essere fatti online e con pochissimi click. edizione Torinese si è svolta lo scorso ottobre 2016. L’ultimo intervento del convegno è stato quello del Direttor operativo Cobat, Claudio De Persio, il quale oltre a presentare i dati della raccolta differenziata gestita dal consorzio ha precisato quanto ancora si debba fare per combattere, oltre le cattive abitudini sia dei cittadini sia delle aziende, il mercato nero legato ai rifiuti e in particolare ai RAEE, ovvero i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Secondo il Direttore una grossa fetta del mercato è intercettata dalle organizzazioni criminali che oltre, a non gestire correttamente lo smaltimento dei rifiuti, sottraggono al mercato dell’economia circolare materie prime secondarie che come detto in precedenza creerebbero sviluppo e occupazione

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portando ad un miglioramento delle condizioni ambientali del nostro paese. é chiaro dunque quanto sia importante una stretta collaborazione fra i consorzi e le associazioni che si occupano della raccolta differenziata e le forze dell’ordine oltre che le amministrazioni locali. Il Direttore ha concluso citando alcuni dei crimini legati alla raccolta dei rifiuti, tra i quali i più consueti sono sicuramente i furti nelle isole ecologiche e i centri di stoccaggio abusivi dove il rifiuto è trattato senza il formulario che certifica il tipo di rifiuto e quindi i metodi di trattamento da attuare. Al termine del convegno abbiamo avuto il piacere di poter approfondire i temi affrontati insieme al Direttore De Persio, il quale oltre a chiarire alcuni aspetti, ci ha fornito ulteriori spunti di riflessione.

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I numeri di Cobat Forte di una leadership nella gestione di pile e di accumulatori esausti, Cobat ha rinnovato in questo lungo percorso la propria identità divenendo un Consorzio multi filiera in grado di mettere il proprio know-how al servizio dei RAEE, inclusi i moduli fotovoltaici giunti a fine vita, e per la gestione indiretta degli pneumatici fuori uso. Il Consorzio ha lavorato alla strutturazione di una propria capillare rete di raccolta, costituita da 70 Punti Cobat, per servire oltre 80.000 produttori di rifiuto, tra artigiani, officine, distributori e isole ecologiche, effettuando più di 150.000 interventi ogni anno per l’avvio al riciclo dei rifiuti presso i 27 impianti di recupero e trattamento. Un circuito virtuoso di trasformazione del prodotto giunto a fine vita in risorsa, monitorato attraverso un innovativo sistema di tracciabilità che dal produttore arriva fino agli impianti di riciclo. Traguardi attestati dalle certificazioni UNI EN ISO 9001, UNI EN ISO 14001, EMAS e WEEELABEX.

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Gestione degli accumulatori al piombo esausti (dati Cobat)

Raccolta di pile portatili esauste (dati Cobat)


RAPPORTO ANNO 2015 La gestione degli accumulatori al piombo esausti

53% dell’immesso al consumo nel settore degli accumulatori industriali e per veicoli. Le regioni che registrano i maggiori incrementi sono Molise con +912,2%, Calabria con +56,2%, Umbria con +42% ed Emilia Romagna con +31,4%. Le più virtuose risultano Lombardia, Emilia Romagna e Campania rispettivamente con oltre 18 milioni, più di 14 milioni e più di 12 milioni di kg raccolti.

La gestione delle pile portatili esauste

1 milione e 150 mila kg, una crescita di circa l’8%. 29% dell’immesso al consumo nel settore delle pile e degli accumulatori portatili. I maggiori risultati assoluti di raccolta sono stati registrati in Veneto, Lombardia e Toscana, rispettivamente con 407 mila, 395 mila e 80 mila kg di pile portatili esauste. Invece per l’incremento percentuale rispetto al 2014 salgono sul podio Calabria (+943,2%), Sicilia (+113,6%), Basilicata e Puglia (+96,8%) e Umbria (+75,9%).

La gestione dei RAEE

I 1.176 punti di raccolta gestiti in tutta Italia (il 34% in più rispetto all’anno precedente) hanno generato una raccolta di circa 19 milioni di kg di RAEE, facendo registrare un incremento del 151%. Gli incrementi più significativi si sono raggiunti nei raggruppamenti R2 e R4, per i quali la raccolta è aumentata rispettivamente di oltre 20 e 45 volte. Nel complesso, il maggiore quantitativo raccolto da Cobat appartiene al Raggruppamento R3 (TV e Monitor) con oltre 11,5 milioni di kg. La raccolta dei RAEE professionali svolta direttamente dal Consorzio attraverso i Punti Cobat presso i clienti dei propri Soci, si è attestata a 220.800 kg.

I moduli fotovoltaici giunti a fine vita

56 mila kg di moduli giunti a fine vita, registrando una contrazione del 20% rispetto all’anno precedente dovuta alla conclusione delle politiche governative incentivanti l’installazione di nuovi moduli fotovoltaici. Tra il 2013 e il 2014, gli stessi incentivi hanno, infatti, permesso al Consorzio di triplicare i quantitativi (da 22.500 kg a 70.000 kg) raccolti l’attraverso la prima filiera italiana per la raccolta e il riciclo dei moduli fotovoltaici giunti a fine vita.

I PFU

600 mila kg PFU, incrementando di quasi 90 volte i quantitativi rispetto al 2014. Grazie al formale riconoscimento al Consorzio da parte del Comitato per la Gestione degli Pneumatici Fuori Uso presso ACI, gli autodemolitori si sono potuti rivolgere al Consorzio per ottenere gratuitamente il servizio di ritiro e di gestione dei PFU provenienti dai loro impianti, avendo garantito il conferimento presso impianti rispondenti ai requisiti richiesti dal Comitato.

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A Lecco parte la raccolta differenziata delle capsule in alluminio del caffè Il territorio, reso noto ai più dai versi iniziali dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, sarà il primo in Italia a sperimentare la raccolta differenziata di questa frazione di rifiuti di Laura Veneri

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a notizia non sembra nuova perché avevamo già parlato del riciclo delle capsule in alluminio del caffè. Grazie a CiAl e Nespresso è possibile recuperare da qualche anno materie prime preziose attraverso il riciclo delle capsule del caffè. Il programma per il recupero delle capsule Nespresso prevede la consegna delle capsule da parte dei cittadini nelle boutique Nespresso per la valorizzazione dei materiali. L’alluminio torna a nuova vita e il caffè viene avviato a compostaggio e utilizzato come fertilizzante per un appezzamento di terreno individuato insieme all’Unione Agricoltori di Pavia e destinato a risaia: il riso coltivato viene acquistato da

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Nespresso e successivamente donato al Banco Alimentare, che a sua volta lo distribuisce a persone in difficoltà sul territorio attraverso gli enti caritativi convenzionati, incluse numerose mense dei poveri. I dati di questo progetto sono molto positivi perché in 5 anni (novembre 2011 – settembre 2016) sono state raccolte circa 1.600 tonnellate di capsule usate, conferite dai cittadini e avviate a riciclo. La raccolta differenziata delle capsule in alluminio del caffè ha fatto però un ulteriore passo in avanti perché ora è partita la sperimentazione sul territorio e gli abitanti di Lecco sono i primi a livello nazionale a poter fare la raccolta differenziata di questo rifiuto. Le

capsule del caffè sono un tipo di materiale relativamente nuovo che la tradizionale raccolta differenziata ancora non contempla ma è altresì un rifiuto in crescita dato il forte consumo del caffè in capsule da parte degli italiani. Così, il Consorzio Alluminio, si è attivato e, in collaborazione con Silea, la società che si occupa della raccolta e del trattamento dei rifiuti in Valmadrera, ha avviato una sperimentazione per raccogliere e differenziare anche le capsule del caffè in alluminio, che da aprile gli abitanti possono conferire nel sacco viola. Ma come considerare questa tipologia di rifiuto? A livello europeo le capsule per caffè non sono imballaggi in quanto contengono ancora caffè e quindi non rientrano (almeno in teoria) tra le frazioni che i consorzi di filiera si fanno carico di recuperare. Ma il Cial, con estrema responsabilità, ha ritenuto che non si debba perdere l’occasione di recuperare ingenti quantità di rifiuti altrimenti avviate a smaltimento in discarica o a incenerimento. Il Consorzio ha proposto a Silea di implementare la raccolta delle capsule che in qualche maniera su base volontaria alcuni cittadini già conferivano (aprivano le scatole e le svuotavano) e ha contattato il comitato di coordinamento Anci Conai


per avere un consenso allo sviluppo della raccolta differenziata delle capsule del caffè in alluminio. Il progetto fa seguito a valutazioni e test effettuati presso l’impianto Seruso di conferimento dei materiali della raccolta differenziata multi-materiale dove, dopo la selezione, avviene il trattamento del sottovaglio, in cui risulta presente la componente capsule insieme ad altre frazioni in alluminio. “Questo progetto - spiega Mauro Colombo, Presidente di Silea - si propone di incrementare la raccolta differenziata e ridurre la quantità dei rifiuti destinati allo smaltimento, intervenendo su una nuova tipologia di rifiuto in forte crescita. Attraverso la raccolta, il trattamento e il recupero di alluminio riusciremo a coniugare efficacemente lo sviluppo di nuovi mercati e l’economia circolare. Siamo particolarmente soddisfatti che la nostra azienda sia stata scelta per avviare questa sperimentazione”. Gino Schiona, Direttore generale di CiAl, spiega come “obiettivi sempre più ambiziosi di riciclo e una crescente richiesta di materiali e applicazioni durevoli impongono che proprio un materiale come l’alluminio, per definizione durevole e permanente, venga raccolto e recuperato anche nelle sue componenti più piccole e fini, dopo la selezione e il trattamento dei materiali da raccolta differenziata, con importanti benefici in termini economici, sociali e ambientali”. Schiona ricorda inoltre che “da alcuni anni CiAl e Silea operano una forma di recupero ulteriore del sottovaglio, garantendo crescenti quantità di riciclo di alluminio da blister, coperchi, chiusure e altri piccoli oggetti e imballaggi che, con l’avvio della sperimentazione, per compatibilità dimensionale e di valore potranno includere anche le capsule da caffè. Si tratta di un grande progetto di tutela ambientale - aggiunge Schiona - e di una risposta e soluzione efficace per una gestione ecocompatibile di una nuova tipologia di rifiuto che, così recuperata e riciclata, garantirà crescenti risparmi di materia e di energia. L’idea di questo progetto sperimentale è trarre fra un anno le conclusioni e - conclude il direttore del

Consorzio - valutare l’estensione del progetto prima nei territori limitrofi e poi in altre regioni”.

L’impianto di Seruso

Nell’impianto di Seruso a Verderio inferiore confluiscono tutti i rifiuti raccolti da Silea nella provincia di Lecco e qui avviene la selezione fra i vari materiali: plastica, carta, vetro, tessuti, alluminio, ecc. L’impianto è dotato di un separatore a correnti parassite che permette una selezione dei materiali metallici più grossi quali le lattine, le scatolette, il foglio sottile, le bombolette spray, i tappi, i coperchi, i tubetti, ecc. Rimangono tuttavia alcune frazioni metalliche fini che non vengono selezionate e finiscono nel sottovaglio. Con la sperimentazione avviata è stato inserito un selettore per separare ulteriormente le frazioni del sottovaglio riducendo ulteriormente la quantità di rifiuti ancora riciclabili avviati all’inceneritore. Il selettore è in grado di sele-

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zionare i materiali ferrosi e quelli non ferrosi come l’alluminio, ma anche le capsule del caffè in alluminio. L’impianto è in grado di recuperare circa 700/800 kg al giorno di metallo in pezzatura fine, di cui circa 200 kg sono di alluminio che prima non veniva avviato a riciclo. I rifiuti contenenti alluminio vengono successivamente portati in fonderia dove avviene il vero e proprio riciclo: nella fase di prefusione vengono separate tutte le impurezze che sono insieme all’alluminio, quali vernici e caffè. Il materiale purificato viene sottoposto successivamente a una fusione vera e propria (a circa 750 gradi) divenendo prima liquido e infine solidificato in forma di lingotti o placche diventando a tutti gli effetti materia prima seconda. Questa fase è estremamente importante perché è la cosiddetta fase di produzione di alluminio secondario da riciclo e permette di risparmiare il 95% dell’energia rispetto alla produzione da bauxite e di contenere le emissioni di CO2.

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Non chiamiamoli rifiuti Roma ha approvato il Piano per la gestione dei materiali post-consumo 2017-2021 di Bruno Vanzi

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on li vogliono più chiamare rifiuti, come se questo bastasse a risanare un problema irrisolto da anni. La giunta Raggi approva il Piano, ambizioso, per traghettare la capitale fuori dall’annosa questione ambientale. Tra gli obiettivi c’è la riduzione della produzione dei rifiuti di 200mila tonnellate, portare la raccolta differenziata al 70% (oggi è al 44%), l’adozione della “tariffa puntuale” e la costruzione di nuovi impianti per l’economia circolare. “Non chiamiamoli più rifiuti – sottolinea l’Assessora alla Sostenibilità Ambientale di Roma Capitale Pinuccia Montanari – ma materiali post-consumo che possono diventare nuovamente risorse in grado di creare nuovi posti di lavoro green e che sviluppano una vera economia circolare nel rispetto dell’ambiente”. Il Piano che dovrà portare Roma Capitale verso “Rifiuti Zero” si articola in 12 azioni e 5 progetti speciali. Le dodici azioni riguardano iniziative volte alla riduzione della produzione dei rifiuti: ad esempio promuovendo l’uso alimentare dell’acqua pubblica del rubinetto al posto di quella minerale che produce tonnellate di rifiuti da imballaggi in plastica (Progetto “Acque di Roma”); “Incentivazione del ricorso a prodotti alla spina”; “Promozione del compostaggio domestico e introduzione del compostaggio di comunità”;

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“Regolamento Ecofeste”; “Incentivazione alla riduzione dei rifiuti attraverso l’applicazione della tariffazione puntuale della produzione di rifiuto secco residuale” che prevede il progressivo passaggio a tariffa puntuale di tutte le utenze domestiche e non domestiche della città. I 5 progetti speciali sono: progetto “mercati a impatto zero”; progetto scuole; progetto “piccoli RAEE”; progetto “metalli non di imballaggio”; progetto “oli vegetali esausti”.

Raccolta differenziata domiciliare

Attraverso l’attuazione del Piano l’obiettivo è la riduzione dei quantitativi di materiali post-consumo e lo sviluppo di un’im-

portante innovazione tecnologica del sistema di raccolta basato sulla raccolta domiciliare, da estendere gradualmente a tutta la città, valutando, assieme ai Municipi, specifiche modalità contestualizzate rispetto alle diverse realtà territoriali. È prevista la costruzione di isole ecologiche di Municipio; inoltre verranno introdotte per specifiche realtà, sia private che pubbliche, le Domus ecologiche: piccole aree per la raccolta differenziata riservate a utenze specifiche. Il piano di ampliamento della raccolta differenziata domiciliare prevede un incremento di 100.000 nuove utenze ogni anno iniziando dal Municipio VI. Attualmente sono 951.500 gli abitanti serviti dal porta a porta. Inoltre altre 50.000 utenze saranno raggiunte dalla raccolta domiciliare dedicata, tramite la realizzazione di Domus ecologiche e servizi personalizzati. Il Piano prevede di estendere, entro la fine del mandato dell’amministrazione Raggi, la raccolta differenziata domiciliare, modulata per tipologie abitative a tutto il territorio.

Nuovi impianti Di compostaggio e multimateriale

È prevista da parte di AMA Spa la costruzione di impianti per la valorizzazione della frazione organica. È in corso l’individuazione di aree per la costruzione di impianti di compostaggio aerobico che possano trattare almeno 120.000 tonnellate di organico. Grazie al compostaggio di comunità, saranno installate 120 micro compostiere di comunità. Per le esigenze della città è allo studio anche la realizzazione di un impianto di selezione per multimateriale (imballaggi di metallo e di plastica).


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Green up Le imprese emiliane sono in prima linea verso l’obiettivo dell’economia circolare di Laura Veneri

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’economia circolare è stata al centro dell’evento promosso da Confindustria Emilia-Romagna a Parma nell’ambito del Piano “Verso Industria 4.0” nato per supportare le imprese nei processi di innovazione e sviluppo. Obiettivo del Piano è stimolare la trasformazione del modello di business della manifattura regionale e dei servizi alla produzione attraverso tre leve: la digitalizzazione del modo di produzione, la competitività su scala globale e la circolarità delle risorse. Il programma, realizzato con il finanziamento dell’Unione europeaFSE e della Regione Emilia-Romagna, si compone di tre operazioni tra loro integrate: SMARTI-ER 4.0 dedicato alla digitalizzazione, GLOBB-ER per l’inter-

nazionalizzazione e GREEN UP-ER per l’economia circolare. I numeri sono importanti e ambiziosi. Il Piano coinvolgerà circa 1.100 imprese su tutto il territorio della Regione Emilia Romagna attraverso 16 seminari sul territorio e accompagnerà circa 700 imprese e 3.000 persone tra imprenditori, manager e figure chiave aziendali, con attività di formazione in aula e interventi di coaching in azienda per un totale di quasi 23.000 ore. A Parma si è tenuto il convegno “Verso un’economia sempre più circolare”. L’iniziativa, organizzata in collaborazione con Unione Parmense degli Industriali, ha avuto l’obiettivo di promuovere un modello di fare impresa che assicuri alle aziende nuove prospettive di cre-

scita e maggiore competitività grazie a un approccio verde. Il nuovo approccio green comprende azioni per introdurre l’economia circolare in ogni fase aziendale, dalla produzione al recupero e al riuso e coinvolge tutti gli attori, sia della produzione sia del consumo. Sono interessate in particolare le aree che in azienda si occupano di progettazione, processi di produzione, gestione dei rifiuti, materie prime secondarie. Esperti, docenti universitari e responsabili di note aziende locali hanno illustrato gli sviluppi più recenti a livello europeo e nazionale, le sfide e gli spazi per business e innovazione a seguito dell’adozione del nuovo modello circolare, nonché proposte tecniche e linee di finanziamento per accompa-

Barilla: grande attenzione all’ambiente Barilla è un’azienda che non ha bisogno di presentazioni. È nata 140 anni fa a Parma e da allora ha aperto stabilimenti in varie regioni italiane. L’azienda presta grande attenzione alle tematiche ambientali grazie alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e dei consumi idrici. Una delle ultime azioni promosse per l’ambiente riguarda il rinnovo del parco macchine del gruppo di Parma: 83 nuovi veicoli a tecnologia ibrida, ovvero con motore termico ed elettrico integrati, che consentiranno di ridurre le emissioni inquinanti di CO2 di quasi il 40%. Con questa iniziativa Barilla vuole contribuire alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e degli impatti negativi che ne derivano sulla salute delle persone. Le auto ibride plug-in, così come le auto elettriche, necessitano di un impianto per la ricarica, ragion per cui nella sede Barilla di Pedrignano (Parma), dove è concentrata la gran parte del parco auto aziendale, sono stati installati ben 31 punti di ricarica, che ne fanno la più grande stazione italiana.

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gnare le imprese in questa direzione. Dopo l’apertura dei lavori da parte del Presidente dell’Unione Parmense degli Industriali Alberto Figna, ha presentato l’iniziativa il Responsabile Affari legislativi e istituzionali Confindustria Emilia-Romagna Gianluca Rusconi. Barbara Mariani, della Delegazione di Confindustria a Bruxelles, ha illustrato il “Pacchetto” dell’Unione europea e

Giulia Sagnotti, del Ministero dell’Ambiente, le misure italiane a supporto e stimolo dell’economia circolare. Massimiliano Mazzanti, dell’Università di Ferrara e Direttore SEEDS, ha presentato il benchmark europeo sulle politiche green e Agostino Gambarotta, dell’Università di Parma e Direttore Cidea, le tecnologie e le soluzioni, mentre Alessandra Pellegrini, di Federchimica,

ha sottolineato il ruolo centrale dell’industria chimica. Sono seguite le testimonianze aziendali di Laura Marchelli della Barilla G. e R. Fratelli, leader a livello mondiale per la produzione di pasta e prodotti da forno, Erika Simonazzi della Flo Spa, azienda produttrice di stoviglie monouso e Sonia Ziveri della Davines, azienda produttrice di cosmetici.

Flo: il bicchiere per la distribuzione automatica a impatto ridotto L’ultima missione dell’azienda Flo è stata produrre un bicchiere che impattasse poco sull’ambiente. Per questo motivo ha studiato la linea Hybrid che è prodotta con meno materiale plastico. L’azienda ha poi quantificato la carboonfootprint (l’ammontare totale delle emissioni di gas serra associate alla realizzazione di un prodotto o servizio) del nuovo bicchiere prodotto per la distribuzione automatica per confrontarla con quella associata al prodotto tradizionale. I numeri dei bicchieri usa e getta utilizzati nei distributori automatici sono elevatissimi (Flo ne produce 7 miliardi l’anno) e quindi l’impegno dell’azienda per produrre un prodotto al minimo impatto ambientale è pregevole. Nell’analisi sul nuovo bicchiere Hybrid sono state considerate le emissioni di CO2 generate lungo il ciclo produttivo, partendo dalla produzione delle materie prime e dei materiali di confezionamento presso i siti produttivi dei fornitori, passando dal processo di trasporto e dalla consegna agli stabilimenti Flo in Italia e in Francia, fino ad arrivare alla fase di utilizzo presso i siti produttivi e finendo con la distribuzione del prodotto. I risultati ottenuti hanno evidenziato chiaramente le migliori prestazioni ambientali, in termini di emissioni di CO 2, del nuovo prodotto Hybrid: il nuovo Hybrid riduce le emissioni di CO2 associate al prodotto tradizionale del 25%.

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Oltre l’eclissi solare Le rinnovabili hanno fatto registrare negli ultimi anni un periodo nero in Italia, ma gli ultimi segnali sono molto incoraggianti. Il fotovoltaico mostra segni positivi e a livello mondiale si parla addirittura di boom di Laura Veneri

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el 2016 in Italia le nuove installazioni in energie rinnovabili di fotovoltaico, eolico e idroelettrico (complessivamente circa 738 MW) hanno subito un decremento del 19% rispetto all’anno precedente (dati Anie Rinnovabili). Solo il fotovoltaico ha fatto registrare un incremento. Il trend positivo delle installazioni fotovoltaiche durante l’anno è stato costante in ogni mese e ha permesso di raggiungere 369 MW, registrando un aumento del 22% rispetto al 2015. Si segnala un aumento anche nel numero di unità di produzione connesse (+9%). La maggior parte delle installazioni risulta essere di tipo residenziale (potenza inferiore ai 20 kW) e terziario/PMI (fino a 100 kW), favorite dalle detrazioni fiscali per il cittadino e dai benefici dell’autoconsumo per le imprese. Le regioni che hanno registrato il maggior incremento in termini di potenza sono Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia, mentre quelle con il maggior decremento sono Liguria, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria e Valle d’Aosta. Le regioni che hanno registrato il maggior incremento in termini di unità di produzione sono

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Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Veneto, mentre quelle con il maggior decremento sono Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta. Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) ci conforta invece con dati ancor più positivi. Nel 2016 in Italia le fonti rinnovabili hanno coperto circa un terzo dei consumi elettrici totali. Dunque ogni 10 kWh consumati più di 3 sono stati prodotti dalle fonti rinnovabili, per un totale di quasi 106 TWh, che corrispondono ai consumi elettrici di cinque regioni come il Lazio. Grazie al sostegno agli oltre 700 mila impianti a fonti rinnovabili, secondo i dati GSE, l’Italia ha raggiunto e superato il target europeo al 2020, coprendo il 17,6% dei consumi finali lordi – elettrici, termici, nei trasporti – con le fonti rinnovabili. Si stima che nel solo settore elettrico le rinnovabili corrispondano, nell’anno 2016, a oltre 35mila occupati permanenti.

In Germania il mercato è in crescita

A fine maggio la fiera di Monaco ospiterà Intersolar Europe, la fiera leader mondiale per l’industria solare, ed ees Europe, il salone specialistico dedicato alle batterie e ai sistemi di accumulo energetico

più grande d’Europa. Già sette mesi prima di aprire i battenti oltre il 90% della superficie fieristica era stata prenotata e gli organizzatori si aspettano molta affluenza di pubblico, soprattutto italiano. Attualmente il fotovoltaico sta vivendo un periodo di grande crescita a livello mondiale. In sempre più regioni l’energia solare è una delle forme di produzione energetica più conveniente e in alcune regioni i costi di produzione del fotovoltaico sono già compresi tra 3 e 5 centesimi di euro per kWh. Anche il mercato degli accumulatori di energia continua a crescere. Solo in Germania, l’Associazione nazionale dell’Industria Solare (BSWSolar) stima un totale di circa 50.000 accumulatori solari attualmente installati, una tendenza in forte crescita. Intersolar ed ees Europe sono eventi settoriali di livello internazionale che attirano regolarmente visitatori da più di 160 paesi. L’Italia è tra i paesi più rappresentati e nel 2016 ha fatto registrare 40 espositori. Gli organizzatori confermano il dato anche per l’edizione 2017. Non c’è da stupirsi perché anche il Bel paese approfitta della crescita internazionale dei mercati legati al fotovoltaico e agli accumulatori ed è insieme alla Germania il mercato leader per quanto


riguarda gli impianti esistenti. Questo dato si rispecchia anche nella potenza complessiva installata: con 18,91 GW e 311,6 kWp/1.000 abitanti, l’Italia si posiziona al secondo posto in Europa, alle spalle della Germania. A livello internazionale l’energia solare guadagna terreno e il mercato cresce anche in Germania: secondo i dati dell’Agenzia federale tedesca di controllo delle reti, nel 2016 sono stati installati circa 51.900 nuovi impianti solari, per una potenza di circa 1,52 giga watt peak (GWp), rispetto ai 51.000 per 1,46 GWp del 2015.

Il mercato degli accumulatori energetici cresce e l’Italia non sta a guardare

Anche il mercato degli accumulatori energetici cresce vigorosamente nel mondo e in Germania. BSW-Solar prevede infatti per quest’anno un totale di 50.000 accumulatori solari installati. Nel solo 2016 la quantità è aumentata di una percentuale compresa fra il 15 e il 20% rispetto all’anno precedente. “Il futuro del ricorso all’energia elettrica passa attraverso l’evoluzione tecnologica dei sistemi di accumulo, sia per quanto riguarda la domotica che l’alimentazione dei veicoli - ha dichiarato Gian Battista Zorzoli del Coordinamento FREE durante l’ultima edizione di Key Energy - la corsa al miglioramento del rendimento delle batterie è in effetti straordinario: negli ultimi otto anni la cosiddetta densità energetica, cioè la quantità

di energia per superficie immagazzinata in un dato sistema, è aumentata di quasi cinque volte a fronte di una riduzione dei costi del 71%. Questa evoluzione deriva dall’utilizzo di nuovi materiali, ad esempio, negli elettrodi, il grafene al posto del carboni permette che le batterie, alloggiate in sistemi sempre più piccoli (dagli smartphone ai pc ai veicoli elettrici), godano di un’autonomia molto maggiore rispetto al passato, anche recente, al punto che si è vicini a rendere l’auto elettrica competitiva per percorrenza rispetto alle auto a motore endotermico (oggi si riescono a fare 500 km con un ‘pieno’). La questione energetica rimane comunque un tema cruciale per il futuro delle città: basti pensare che al 2025 la domanda di elettricità proveniente dai dispositivi che si collegheranno a internet sarà pari al 6% della domanda globale complessiva”. Proprio in tema di immagazzinamento dell’energia, Italian Exhibition Group (ex Rimini Fiera) presenterà due nuove proposte che arricchiranno le edizioni 2017 di Ecomondo e Key Energy, in programma alla fiera di Rimini dal 7 al 10 novembre prossimi. Key Storage sarà dedicata all’immagazzinamento dell’energia da fonti rinnovabili per valorizzare una tecnologia chiave: gli Energy Storage Systems. Si tratta della possibilità di utilizzare l’energia raccolta dalle fonti rinnovabili nel momento in cui l’utente ne ha più bisogno. Con il supporto di ENEA, in veste di Agen-

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zia nazionale per l’efficienza energetica, Key Energy Storage offrirà, oltre all’area espositiva, un panel di convegni con la presentazione di best practice. Key Solar è invece un nuovo settore espositivo e di contenuti qualificati dedicato al fotovoltaico e colma un vuoto fieristico per offrire alla filiera un momento di aggregazione e un solido riferimento utile ad analizzare gli scenari, ipotizzare traiettorie di sviluppo e presentare le novità dei prodotti.

Energia: possiamo fare ancora meglio

L’Enea mira a una strategia nazionale che integri ambiente, clima, energia e un piano di ampio respiro incentrato sull’efficienza energetica. Federico Testa, presidente dell’ENEA, ha delineato le possibili linee guida della nuova strategia energetica nazionale durante un’audizione al Senato in cui ha precisato “è indispensabile partire fin dall’inizio con un approccio integrato, legando insieme energia, sostenibilità ambientale e clima nella cornice della svolta segnata dalla COP21 del dicembre 2015 a Parigi e del nuovo winter package della Commissione europea. Per ENEA uno dei cardini di questo approccio è l’efficienza energetica che ha il grande vantaggio di essere energia ‘non consumata’ e di mettere insieme ambiente, clima, energia e sostenibilità. Inoltre, rispetto alle altre fonti rinnovabili, è motore per lo sviluppo di filiere industriali e produttive, di occupazione, reddito e benessere per il Paese”. Testa ha poi proseguito dicendo “le tecnologie per l’efficienza sono fatte in Italia a differenza di altre tecnologie per le quali siamo debitori verso l’estero. L’efficienza energetica la possiamo fare qui, nelle imprese, nell’illuminazione, nelle comunicazioni, nei trasporti e nell’edilizia, con benefici anche di riduzione dei gas serra”. Uno dei possibili esempi è il Piano di riqualificazione ‘spinta’ degli edifici residenziali (deep renovation) proposto da ENEA, che potrebbe arrivare a stimolare investimenti di 15-20 miliardi di euro/anno per riqualificare l’1% degli edifici/anno nelle zone più fredde del Paese, ciò consentirebbe di risparmiare complessivamente 3,4 Mtep e di evitare circa 8,5 Mt di emissioni di CO2 in soli 13 anni (2017-2030).

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Economia circolare vs. difficoltà autorizzative e sindrome NIMBY Una grandissima opportunità di sviluppo che non ci possiamo permettere di perdere di Emilio Guidetti*

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conomia circolare è un termine per definire un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo. Secondo la definizione che ne dà la Ellen MacArthur Foundation, in un’economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati a essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera [1]. Nel comune sentire è una economia che si basa su risorse rinnovabili per l’energia e immagina che le risorse biologiche rientrino nella biosfera mentre quelle tecniche possano essere componenti di base per nuovi prodotti.

L’economia circolare e i rifiuti

Pur immaginando che in un’ottica di conservazione delle risorse si debba ambire alla realizzazione di prodotti a più lunga durabilità viene comunque il momento in cui questi prodotti giungono a fine vita. Per quanto riguarda le apparecchiature elettroniche, l’obsolescenza tecnologica dell’apparecchiatura non è tanto decretata dalle componenti ma dalla fruibilità dei contenuti e/o delle connessioni; è questo il caso dei televisori digitali, degli smartphone ma, ormai, anche di altre apparecchiature. Il fine vita di un prodotto, che è quindi diventato un rifiuto, ha interessanti e consolidati processi industriali che rendono le componenti (o i metalli base) fruibili per la realizzazione di nuovi prodotti o componenti. In Italia, ma più in generale in Europa, vi è una

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consolidata industria del riciclaggio dei metalli ferrosi e non ferrosi e anche quella dei rifiuti elettrici ed elettronici ha una pratica industriale che consente di portare a valorizzazione i metalli presenti. Queste pur virtuose filiere sono però dimensionalmente molto inferiori a quella dei rifiuti urbani indifferenziati e differenziati in cui il concetto di recycling rate (quanto del rifiuto giunge effettivamente alla cessazione della qualifica di cui all’articolo 184/ter del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.) è spesso soverchiato da quello di raccolta differenziata con cui riempiamo grafici e convegni dimenticando che, tecnicamente, dovrebbe essere considerato un mezzo e non un fine. Il recupero è la valorizzazione dei rifiuti recuperabili, siano essi urbani o speciali, ha un potenziale infinito per il contenimento dell’uso delle materie prime in diversi settori industriali rappresentando, molte volte, materie prime sostitutive [2] con pari caratteristiche di quelle naturali. Alcune di queste materie prime sostitutive, oltre a un positivo esempio di recupero di materia, hanno anche un impatto positivo sui consumi energetici dei processi a caldo (laterizi e ceramica) riducendo, per le migliorate caratteristiche dell’impasto, il consumo di combustibile. Una delle filiere più consolidate nel recupero dei rifiuti era quella legata ai rifiuti di costruzione e demolizione che, con la crisi dell’edilizia, ha visto venire meno piazzali e parcheggi in cui l’utilizzo era diffuso; la filiera del recupero dei rifiuti inerti (nell’accezione più generale del

termine) ha necessità quindi di migliorare le proprie performance esplorando filiere industriali diverse dalle precedenti.

Economia circolare, sviluppo, occupazione

L’economia circolare oltre che un ottimo argomento per tesi e convegni potrebbe essere un importante volano di sviluppo per un Paese, come l’Italia, che avrebbe un grande bisogno di lavoro e di opportunità di crescita. Per tradurre questo potenziale teorico in qualcosa di applicabile nella realtà occorrono strategie e azioni su diversi piani: a. favorire (o meglio, non ostacolare) l’insediamento di impianti di recupero e riciclaggio di rifiuti che generino materie prime sostitutive; b. garantire uno sviluppo normativo, o almeno interpretativo delle norme vigenti, che tenga il passo con i tempi dell’industria; c. sostenere, non solo nei convegni, i prodotti ecologici (LEED o altro). Questo segmento dell’economia potrebbe rappresentare anche uno sbocco professionale per diplomati di scuole tecniche che, a vario titolo, potrebbero fare parte della filiera. Al momento l’economia circolare, almeno nel segmento dei rifiuti, è molto dibattuta nei convegni, nelle tesi di laurea ma non trova ancora applicazione diffusa nella realtà industriale


italiana. Una situazione aggravata dalle diverse migliaia di tonnellate di rifiuti che, annualmente, varcano i confini del Paese per essere riciclati all’estero e/o, peggio, smaltiti perché eventuali canali possibili di recupero in Italia non sono stati autorizzati. Probabilmente non è adeguatamente sentito il problema che spedire all’estero dei rifiuti non è solo disfarsi di un problema (semmai lo fosse) ma significa anche e soprattutto disfarsi di posti di lavoro, di ricchezza prodotta all’interno del Paese, di potenziali collaborazioni con le università e/o con istituti di ricerca.

Le difficoltà autorizzative

Localizzare oggi, in Italia, un impianto di trattamento dei rifiuti è diventata un’impresa titanica per una serie di motivi: • generalizzata diffidenza verso le imprese che operano nella raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti [3]; • normative tecniche non chiare, a volte in contraddizione tra loro e con i principi generali delle norme generali; • autorità deliberanti che stentano, anche per difficoltà strutturali, a valutare e deliberare in tempi certi; • notevole difficoltà a ottenere la cessazione della qualifica di rifiuto al termine dei trattamenti se non in presenza di regolamenti europei (a volte nemmeno applicabili al caso di specie). Usualmente, nei piani d’impresa per il settore del trattamento rifiuti si inseriscono circa diciotto mesi di tempo tra il momento in cui si ipotizza l’impianto e il momento in cui l’impianto possa cominciare a lavorare. Un tempo che, in molti casi, cresce al crescere della complessità dell’impianto. Un tempo che non rende attrattiva l’Italia per investitori esteri. Pur riconoscendo errori del passato o comportamenti non adeguati da parte di una parte del mercato dei rifiuti, in generale, si deve riconoscere a questo settore un’importanza strategica per il Paese e trovare quindi gli anticorpi necessari per evitare i comportamenti illeciti e nel contempo favorire lo sviluppo diffuso di una industria del riciclaggio. La difficoltà normativa, la burocrazia associata a una pratica autorizzativa nonché l’indubbia complessità di alcune pratiche necessiterebbe di un livello di competenza in seno all’Ente deliberante che, molto spesso, non è disponibile. La strada di riversare la responsabilità sul “pubblico” è abbastanza praticata ma basterebbe pensare che su un progetto autorizzativo di questa complessità in azien-

da lavora un team di esperti abbastanza variegato (geologi, ingegneri, naturalisti, esperti di sicurezza, di normativa, ecc.) per comprendere che dovrebbero essere individuate forme di supporto all’Ente deliberante che possano aiutare nello screening tecnico del progetto. Non è pensabile che un Ente, a volte di piccole dimensioni, possa avere tutte le competenze necessarie e con il giusto livello di competenza per esaminare progetti che sono stati redatti da team di esperti impiegando diverse settimane. Spetta alla politica individuare un percorso e degli strumenti che possano migliorare il rapporto tra chi chiede un’autorizzazione e chi ha la responsabilità di rilasciarla. Migliorare il rapporto e renderlo certo nei tempi e codificato nei comportamenti porterebbe ad aprire il mercato del recupero dei rifiuti facendolo diventare un vero e proprio settore industriale che genera risorse per l’industria manifatturiera risolvendo un problema ambientale.

La sindrome N.I.M.B.Y.

Con NIMBY (acronimo inglese per Not In My Back Yard, lett. “Non nel mio cortile”) si indica un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico e non, che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite, come ad esempio grandi vie di comunicazione, cave, sviluppi insediativi o industriali termovalorizzatori, discariche, depositi di sostanze pericolose, centrali elettriche e simili. L’atteggiamento consiste nel riconoscere

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come necessari, o comunque possibili, gli oggetti del contendere ma, contemporaneamente, nel non volerli nel proprio territorio a causa delle eventuali controindicazioni sull’ambiente locale [4]. Se di per sé è legittimo tutelare il territorio e in modo particolare quello intorno al luogo in cui si abita o lavora è altrettanto importante convivere con quelle infrastrutture (impianti o altro) che possano portare a un generale giovamento rispetto alla qualità ambientale complessiva; molte volte accade che un impianto sia di per sé ritenuto utile ma che ne venga censurata la localizzazione perché troppo prossimo alla propria abitazione. In via estremamente semplificata possiamo applicare questo concetto ai cassonetti per la raccolta dei rifiuti che devono essere così vicini a casa nostra da non doverci troppo scomodare ma sufficientemente lontani perché non urtino il decoro degli spazi prossimi alle nostre case. Questo vale per tutti e pertanto questa banale necessità, a volte, si trasforma in impresa ardua. La sindrome NIMBY è, in questi ultimi anni, esponenzialmente amplificata dall’utilizzo dei social network che consentono rapidi scambi di opinioni alimentati, a volte, senza alcuna base scientifica o tecnica generando una paura e/o un disappunto ben superiore alle reali problematiche in discussione. Su questi temi, probabilmente, la partecipazione come uditori dei rappresentanti del territorio e/o dei comitati dei cittadini porterebbe a una più adeguata valutazione del progetto, ad

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ascoltare dal vivo le risposte del proponente ai quesiti posti dall’Ente e, complessivamente, a maturare una più organica e informata opinione sul progetto in esame. L’opposizione popolare ad alcuni progetti ha poi generato un rifiuto politico del progetto stesso (e quindi non tecnico) che ha causato danni all’ambiente ben maggiori di quanto l’impatto ambientale dell’installazione avrebbe generato. A volte il semplice nome del progetto tende a generare delle reazioni, anche legittime, che vanno ben oltre la pericolosità tecnica dell’impianto. Se pensiamo ad esempio a un impianto di riciclaggio di rifiuti elettrici ed elettronici, per la normativa, è codificato come trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi. Il rifiuto pericoloso in questione è però un fidato elettrodomestico che è stato nelle nostre case per molti anni (i frigoriferi) che abbiamo usato per avere qualche ora di pausa dai figli (la televisione) o che ha illuminato la nostra casa o il nostro ufficio per anni (le lampade al neon). Il concetto di pericolosità non è quindi strettamente riconducibile a eventi che debbano accadere durante le operazioni di recupero ma piuttosto a un trattamento non corretto che la mancata dotazione di impianti tende a favorire.

La gestione dei rifiuti: filosofia e priorità

Sono indubbi i vantaggi del riciclaggio dei rifiuti, sia metallici che non, per ottenere nuove materie prime da inserire in cicli produttivi per la produzione di nuovi prodotti. La consolidata filiera di recupero e riciclaggio dei metalli ferrosi e non ferrosi è un elemento di eccellenza che però ha vissuto momenti di tensione per le politiche aggressive di Stati asiatici impegnati nell’accaparrarsi risorse strategiche. Molti rifiuti da imballaggio (carta plastica, lattine) hanno vissuto analoghe tensioni in anni passati e forse ancora oggi risentono delle stesse dinamiche. Altre filiere del recupero e riciclaggio italiane, pur rappresentando un’eccellenza

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sotto il profilo tecnologico, risentono di forti tensioni legate al mercato e ai permessi necessari. La gestione dei rifiuti è infatti da ritenersi un argomento più complesso delle semplificazioni legate agli slogan: niente inceneritori, raccolta differenziata spinta, porta a porta, ecc. Spesso si dibatte su quale sia la scelta migliore per la gestione dei rifiuti contrapponendo filosofie (o slogan) e dimenticando che proprio la direttiva europea lo definisce un sistema complesso: una immagine, più di mille parole,

di campo tra sistemi di raccolta e/o impianti che si può pensare di gestire correttamente i rifiuti ma, si ritiene, applicando le diverse soluzioni impiantistiche nelle modalità più consone al contesto territoriale e impiantistico in cui si è chiamati a operare. Si tende, nella semplificazione caratteristica dei non addetti ai lavori, a indicare soluzioni di raccolta e/o impiantistiche che prescindono dal contesto territoriale in cui devono essere applicate parlando, ad esempio, di raccolta differenziata porta a porta in territori estesi a bassa densità

ne spiega il significato. Gestire i rifiuti vuol dire intervenire molto prima che essi si generino e quindi progettando in modo ecocompatibile, allungando la vita utile dei prodotti con scelte progettuali e costruttive mirate e modificando alcune abitudini (o forse tornando ad alcune vecchie ma sane abitudini). Vuole dire anche provare a favorire il riuso di alcuni prodotti, come ad esempio quelli elettronici, favorendone le procedure di recupero e soprattutto chiarendo alcune tematiche fiscali, giuridiche e ambientali correlate a questa gestione. Non per ultimo quando il rifiuto è stato raccolto deve essere processato. La gerarchia di gestione è molto chiara: al primo posto il recupero di materia (riciclaggio o compostaggio), poi il recupero di energia che è funzionale anche a gestire scarti provenienti da impianti di riciclaggio completandone la filiera e infine il collocamento a discarica, anche questo funzionale a raccogliere i residui dei due p ro c e s s i precedenti. Non è quindi attraverso una scelta

di popolazione ove il costo ambientale delle emissioni del camion utilizzato sono sufficienti a vanificare il beneficio del processo di recupero a valle della raccolta. Allo stesso modo la pianificazione degli impianti di trattamento dovrebbe tenere conto di fattori di economicità, dimensione tecnica adeguata, bacino di raccolta, sfruttamento delle risorse prodotte, ecc. Anche in questo caso, troppe volte, la valutazione è fatta a un livello sociopolitico che preferisce limitare l’impianto in modo antieconomico ma difendere una territorialità provinciale che non ha senso tecnico ed economico. Tecnicamente ed economicamente, un impianto di trattamento deve essere della dimensione adeguata a raccogliere i rifiuti dal bacino per cui è stato progettato e il bacino, teoricamente, non dovrebbe avere limiti provinciali o altro. L’impianto dovrebbe poi poter essere gestito alle condizioni tecniche ottimali per cui è stato progettato restituendo così la migliore resa economica. In questo modo l’impianto potrebbe quindi sostenere gli investimenti relativi alla mitigazione dell’opera, ai sistemi di prevenzione e gestione dell’inquinamento e della sicurezza e distribuire sul territorio su cui è insediato risorse e sicurezza gestionale.


Ci stiamo perdendo qualcosa?

Indubbiamente l’economia circolare e una visione green del mondo in cui viviamo offrono spunti imperdibili sotto il profilo sociale, politico, ambientale, occupazionale e tecnico. Da sempre, nei settori della meccanica, dell’elettronica e più in generale delle scienze l’Italia è stata un’eccellenza per le menti a cui ha saputo dare i natali. In un’epoca come quella in cui viviamo, dove la globalizzazione mette a rischio le attività manifatturiere di bassa qualità, la gestione dei rifiuti rappresenta una potenziale ancora di salvezza per almeno tre motivi: • sotto il profilo economico non sopporta costi logistici alti e pertanto potrebbe e dovrebbe restare all’interno di un perimetro contenuto [5]; • sotto il profilo tecnico l’Italia ha le conoscenze e le menti per essere un’eccellenza tecnologica nel settore ed esportarla in altri Paesi; • sotto il profilo sociale garantirebbe nuova occupazione per tecnici e operatori qualificati e non. Al di là delle difficoltà autorizzative e di accettabilità sociale nei territori in cui si collocano costituisce un ulteriore freno allo sviluppo la non piena applicazione di alcune normative e/o standard che, partendo dagli appalti pubblici, potrebbero notevolmente incentivare la filiera del riciclaggio. Vi sono consolidate filiere di recupero, come quella dei metalli, dove l’utilizzo di rottame è usuale e tecnicamente percorribile così come il recupero di metalli preziosi da circuiti elettrici ed elettronici. Se ci spostiamo sulla filiera degli inerti, nell’accezione più generale del termine, e non pensiamo ai rilevati stradali che sono ormai presenti solo nella normativa e non più nella realtà, dobbiamo pensare di inserire i prodotti end of waste in settori industriali come la ceramica, i laterizi, i premiscelati per l’edilizia e i manufatti in calcestruzzo dove non tutte le aziende sono pronte per affrontare la cosa sia sotto il profilo tecnico che normativo al livello necessario perché l’inserimento sia qualificante. Vi sono interessanti progetti che sono diventati solide pratiche industriali più per la testardaggine degli imprenditori coinvolti che per una reale collaborazione dei diversi soggetti interessati a livello istituzionale, tecnico e autorizzativo. Veniamo infine al consumatore, molte volte descritto come un’entità a sé stante che non ha né nome né forma. I consumatori siamo noi, siamo noi che scegliamo cosa comprare, siamo noi che attribuiamo un valore diverso ai diversi aspetti di un acquisto a fronte delle no-

stre diverse sensibilità. Siamo dunque pronti a dovere pagare di più per un prodotto che aiuta l’ambiente se però non aiuta il bilancio famigliare? Siamo dunque pronti a modificare i criteri con i quali acquistiamo i prodotti dichiarando la eco compatibilità come criterio di scelta al pari di bellezza e prezzo? Siamo dunque pronti a essere cittadini consapevoli (prima che consumatori) favorendo, concretamente lo sviluppo dell’economia circolare?

Conclusioni (non certo definitive)

Quando ci si avvia alle conclusioni ci si aspetta una visione netta dell’argomento trattato con alcune pillole di saggezza, proprie o di altri/e, per meglio far comprendere l’argomento o la sintesi delle proprie opinioni. Faremo eccezione questa volta dichiarando che non abbiamo questa visione netta dell’argomento trattato ma, nello stesso tempo, sappiamo che abbiamo di fronte una grande occasione. Come possiamo sfruttarla? Potremmo cominciare a inserire in qualche convegno sull’economia circolare un intervento sul ruolo dei cittadini nel percorso virtuoso che porta i rifiuti (materiali o prodotti abbandonati per scelta o per legge) a tornare risorse in grado di contribuire allo sviluppo. Se io, cittadino, mi oppongo alla nascita di un impianto di riciclaggio sto ostacolando e non favorendo l’economica circolare; le mie preoccupazioni sono legittime? Qual è il livello istituzionale, sociale e politico in grado di garantirmi che le scelte che verranno fatte saranno almeno neutre sulla salute e sul territorio che vivo? Chi ha visto impianti all’estero e/o documenti autorizzativi pensa che in Italia siamo più bravi sotto il profilo tecnologico, senza dubbio! Siamo più attenti alle diverse matrici ambientali e siamo certamente in grado di

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avere performance di recupero perfettamente allineate ai competitor esteri e, molte volte, troviamo macchine italiane in impianti esteri. Se guardiamo le autorizzazioni siamo certamente più complessi e macchinosi e questo è un ostacolo allo sviluppo, se vediamo un’opportunità di business non è possibile che non si possa coglierla perché la modifica autorizzativa ha tempi geologici rispetto a un mercato che corre. Se siamo più bravi tecnologicamente dovremmo essere altrettanto bravi a ridurre i percorsi autorizzativi e, nel contempo, abili a trovare gli strumenti idonei per quegli impianti che necessitano di comunicare all’esterno dati e risultati tecnici e ambientali; una maggiore trasparenza verso i cittadini garantirebbe forse maggiore fiducia degli stessi verso l’installazione. La conclusione vera è che non possiamo perdere questa occasione di crescita e sviluppo; il vero obiettivo di queste pagine era quello di offrire un contributo per non perderla! *Ecoproject S.a.s. Correggio (RE)

NOTE

[1] it.wikipedia.org/wiki/Economia_circolare [2] Materie prime sostitutive si ritiene rappresenti molto meglio il concetto rispetto a M.P.S. o E.o.W. di un prodotto che deve avere caratteristiche analoghe a quello che va a sostituire. [3] Alcuni esempi del passato, nemmeno troppo lontano, su attività illecite nello smaltimento dei rifiuti hanno pregiudicato, probabilmente, la fiducia dei cittadini che sono oggi diffidenti verso questo genere di attività [4] it.wikipedia.org/wiki/NIMBY [5] Non è infatti da considerarsi una logica di mercato quella che manda rifiuti solidi urbani dal centro Italia al nord Europa; è da classificarsi piuttosto come scarsa pianificazione e/o distorsione delle regole di mercato.

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CAPITAN ACCIAIO ci INSEGNA IL VALORE DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA Attività e laboratori in piazza con protagonisti gli imballaggi in acciaio come barattoli, scatolette, lattine, bombolette, tappi e chiusure di Roccandrea Iascone*

C

osa si può ottenere con il riciclo di 50 bombolette, 2.000 barattoli o 5 fusti tutti in acciaio? Rispettivamente il telaio di una bicicletta, una fontanella urbana e una panchina. Protagonista di questo virtuoso percorso circolare è l’acciaio, materia prima permanente che si ricicla all’infinito senza perdere le proprie qualità. Per informare i cittadini sulle qualità degli imballaggi in acciaio ed educarli a una corretta raccolta differenziata, RICREA, il Consorzio Nazionale senza scopo di lucro per il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Acciaio, manda in campo un nuovo supereroe: Capitan Acciaio, protagonista di un tour itinerante che quest’anno ha fatto tap-

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pa a Lecce, Napoli, Trieste e Verona. “Il ciclo di vita dell’acciaio, da materia prima a imballaggio, fino a diventare rifiuto differenziato, raccolto e avviato al riciclo - spiega Domenico Rinaldini, Presidente di RICREA - è un perfetto esempio di economia circolare. L’acciaio infatti è un materiale permanente, e grazie al riciclo rinasce a nuova vita senza perdere nessuna delle sue qualità. Anche grazie a iniziative di sensibilizzazione come questa vogliamo migliorare ancora gli ottimi risultati raggiunti, informando i cittadini sulla ‘convenienza ambientale’ della raccolta differenziata degli imballaggi in acciaio”. Nelle piazze principali delle città in cui il tour ha fatto tappa (Lecce, Napoli, Trieste e Verona) Capi-

tan Acciaio era a disposizione per aiutare i cittadini a scoprire i vantaggi della raccolta differenziata e il valore del riciclo dell’acciaio, il materiale più riciclato in Europa. Nel 2016 in Italia è stato avviato al riciclo il 77,5% degli imballaggi in acciaio immessi al consumo, con un miglioramento del +4,1% rispetto all’anno precedente. Le tonnellate di acciaio riciclate sono state 360.264, sufficienti per realizzare cinquanta copie della Tour Eiffel. Ad accompagnare Capitan Acciaio nel suo viaggio attraverso l’Italia due speciali compagni di avventure, animatori di laboratori gratuiti dedicati in particolare ai più giovani. Maurizio Capone ha insegnato a fare musica attraverso originali strumen-


ti creati con gli imballaggi in acciaio. Come la “Lattam”, strumento costruito con un barattolo di metallo per pomodori, una bacchetta cinese e uno stringi tubo, e il “Tappero”, realizzato con tappi corona delle bottiglie fissati a coppie su

tre file su un lungo tronchetto di legno. L’artista Massimo Sirelli, invece, ha proposto dei laboratori ludico-ricreativi in cui bambini e ragazzi potevano costruire il proprio robot giocattolo attraverso il riuso creativo di imballaggi in acciaio.

Dal 17 al 19 maggio RICREA ha partecipato a Made in Steel, il più importante evento del sud Europa dedicato all’intera filiera dell’acciaio, tenutosi a Fieramilano di Rho nei padiglioni 22 e 24. *Ricrea, Consorzio Nazionale Acciaio

AMBIENTE: IN ITALIA RICICLATO IL 77,5% DEGLI IMBALLAGGI IN ACCIAIO L’acciaio è il materiale più riciclato al mondo e anche nel comparto degli imballaggi spetta a lui il primato. In Italia nel corso del 2016 è stato avviato a riciclo il 77,5% degli imballaggi di acciaio immessi al consumo per un totale di 360.294 tonnellate, sufficienti per realizzare cinquanta copie della Tour Eiffel, con un grande beneficio in termini energetici, economici e ambientali. I dati sono stati resi noti oggi da RICREA, il consorzio nazionale senza scopo di lucro per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in acciaio, nel corso dell’assemblea annuale. Nel 2016 nel nostro Paese si è registrata un’ulteriore crescita sia della quantità di imballaggi raccolti (437.999 tonnellate, +6,8% rispetto all’anno precedente) sia della quantità avviata al riciclo (+3,6%). “L’acciaio è un materiale permanente, che può essere riciclato infinite volte senza che questo ne comprometta la qualità - spiega Domenico Rinaldini, Presidente di RICREA -. Una volta utilizzati, barattoli, scatolette, latte, secchielli, bombolette, fusti e chiusure vengono raccolti, riciclati e reintrodotti nel ciclo produttivo dando vita a nuovi manufatti: un perfetto esempio di economia circolare. Come Consorzio il nostro obiettivo è di promuovere e agevolare la raccolta e il riciclo e i risultati ottenuti dimostrano che stiamo lavorando nella giusta direzione”. Sulla base dei quantitativi dichiarati dalle aziende produttrici e utilizzatrici, nel 2016 in Italia sono state immesse al consumo 464.828 tonnellate di imballaggi in acciaio. Di queste, il 77,5% è stato avviato al riciclo: un risultato di molto superiore all’obiettivo di legge del 50% indicato all’Allegato E del D.lgs. n.152/06 che posiziona l’Italia tra i primi Paesi europei per il riciclo degli imballaggi in acciaio. Per quanto riguarda la copertura territoriale, nell’ultimo anno rispetto al 2015 crescono gli imballaggi raccolti sia tramite gestione in Convenzione ANCI-CONAI (+21,7%, con una resa di 3,16 kg/abitante/anno) sia tramite raccolta differenziata (+9,8%, con una resa di 2,82 kg/abitante/ anno). Nel Nord Italia si ottiene il 60% delle 155.690 tonnellate di imballaggi in acciaio raccolte in Convenzione, nel Centro il 16% e nel Sud il 24%. La regione più virtuosa è l’Abruzzo, con una quota pro-capite di imballaggi in acciaio raccolti in un anno di 7,73 kg. Grazie alle 360.294 tonnellate di acciaio recuperato dagli imballaggi in Italia nel 2016 si è ottenuto un risparmio diretto di 684.555 tonnellate di minerali di ferro e di 216.174 tonnellate di carbone, oltre che di 644.922 tonnellate di CO2.

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Dieci anni di “Fare i conti con l’Ambiente” il festival formativo tenutosi a ravenna da mercoledì 17 a venerdì 19 maggio 2017 Ha tagliato l’importante traguardo dei dieci anni di Gian Maria Brega*

S

i è da poco conclusa la decima edizione di “Fare i conti con l’ambiente” durante la quale sono state programmate importanti iniziative di ANPAR, associazione di riferimento a livello nazionale sul tema dei materiali inerti: la manifestazione in continuità con le precedenti

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edizioni ha fatto il punto sulla situazione italiana, sulle novità tecnologiche e legislative in merito al tema degli inerti e al loro riciclo. Grande spazio anche per le tematiche connesse alla mobilità sostenibile con la presentazione di due progetti europei. Il primo, Low Carbon Transport

in Cruise Destination Cities si pone l’obiettivo di partecipare a rendere gli spostamenti più sostenibili ed energeticamente efficienti e preservare al contempo l’attrattività unica del patrimonio naturale e culturale delle destinazioni, senza tralasciare il coinvolgimento dei portatori di interesse, delle


istituzioni e della società civile locale nei processi decisionali. Il secondo progetto, Innova SUMP – Innovations in Sustainable Urban Mobility Plans riguarda sia le politiche da adottare allo scopo di favorire la mobilità urbana sostenibile sia lo sviluppo di una nuova cultura della mobilità. Nella giornata del 17 maggio è stata programmata anche un’esposizione di mezzi elettrici in Piazza Kennedy. E’ stato presentato il progetto europeo “RePlaCe Belt” relativo allo studio della modalità di gestione della plastica non da imballaggio che solitamente viene conferita come rifiuto secco non riciclabile o erroneamente all’interno della frazione di imballaggi in plastica (in collaborazione con ETRA): anche qui tecnologie e soluzioni di frontiera in tema di riciclo. Ancora “Ricerca” con la presentazione del Progetto GREENPORT e CLEANPORT: Strategie di sviluppo sostenibile per il porto di Ravenna, in collaborazione con Fondazione Flaminia, Tecnopolo della Nautica e Certimac e con il coinvolgimento di diverse aziende operanti nel porto di Ravenna. Humana, Occhio del Riciclone e Utilitalia hanno approfondito invece il tema di come “costruire le filiere del riutilizzo” evidenziandone criticità e opportunità. Sono stati previsti importanti momenti di confronto sulla filiera della frazione organica con approfondimenti tecnico–normativi sul biometano, tema sempre più “caldo” e agli onori delle cronache (in collaborazione con Veolia, Renovo); di grande rilievo inoltre il Seminario tecnico di aggiornamento professionale sul tema dell’edilizia sostenibile e risparmio energetico (in collaborazione con l’Istituto Nazionale Bioarchitettura). La presenza del JIEC, network euromediterraneo di giovani, che ha preso parte alle ultime due conferenze internazionali sul cambiamento climatico (Parigi e Marrakech), ha costituito lo spunto per descrivere le dinamiche di politica climatica a livello internazionale. Confermati anche i seguenti workshop: “Lo sviluppo ecosostenibile del porto di Ravenna come sistema modello nell’ambito del WORLD HARBOUR PROJECT” (in collaborazione

con il Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali); “Tariffazione puntuale dei rifiuti urbani” (in collaborazione con Anthea – OPERATE); “Responsabilità ambientali aziendali” (in collaborazione con Tuttoambiente); “Mobilità elettrica per un turismo scattante: il progetto “I feel Greeen” e le opportunità per le strutture ricettive territoriali” (in collaborazione con EnergiaCorrente); “Recupero dei Rifiuti – End of Waste” (in collaborazione con UNI-MORE ed Ecoricerche); “Laboratori di Microreti di Generazione ed Accumulo” (in collaborazione con UNIBO), “GST4WATER: Un progetto di ricerca per l’uso consapevole dell’acqua” (in collaborazione con UNIFE e Laboratorio CIRI-EC), “Percorsi Erratici: Incontro di Valorizzazione e Generazione di nuove Idee di Innovazione” (in collaborazione con CISE-Forlì), “ll Bosco coltivato ad Arte - III edizione - Le sfide della decarbonizzazione” (in collaborazione con Ekoclub). Presente anche il giornalista del Corriere della Sera Umberto Torelli per una conferenza sul tema - “Startup” il nuovo modo di fare impresa tra opportunità e illusioni per giovani, organizzata in collaborazione con il Rotary Club Ravenna Galla Placidia. All’interno di Labeinternational, il momento di approfondimento internazionale sulle best practice & innovation in waste, water management and circular economy, gli esperti italiani hanno incontrato esperti stranieri provenienti da diversi paesi, tra cui Nepal, India e Algeria. Notevole anche il programma degli eventi cultu-

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rali, con le performance di Emergenze Creative 2017 e l’esposizione di mosaici contemporanei a tema ambientale (in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Ravenna) e le iniziative del multi Centro di Sostenibilità Ambientale (CEAS) Ravenna - Agenda 21 in fase di preparazione. “Essere qua dopo dieci anni evidenzia come rimane sempre alto il bisogno e la necessità di riflessione a livello nazionale sulle tematiche tecniche e di scenario del comparto rifiuti, acqua ed energia – hanno affermato Giovanni Montresori e Mario Sunseri, Direttori della Manifestazione - La forza è nel carattere “open content” e nella sua caratterizzazione di evento “grassroot”, organizzato dal basso da una comunità di professionisti, aziende, enti, giornalisti e gente comune che ha creduto da subito al progetto. Gli approfondimenti tematici sono infatti sviluppati da e in collaborazione con reti esterne (associazioni, enti ed aziende), con il contributo del mondo delle università, dei ricercatori, dell’impresa, dei mass-media e del no-profit dedicati sia al mondo tecnico amministrativo sia ai cittadini. Importante ricordare anche il focus formativo, Fare i conti con l’ambiente ha ospitato la quinta edizione del Corso Residenziale di Alta Formazione sulla Bonifica dei siti contaminati; la terza edizione della Scuola di Alta Formazione sulla Gestione dei Rifiuti; e l’esordio della Scuola di Alta Formazione sulla Gestione dei Sistemi Idrici”. *Labelab

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T H E

B I G

EY E

LA RIQUALIFICAZIONE DELLE AREE DISMESSE AIUTA L’EUROPA A NON PERDERE LE SUE RISORSE Il degrado associato alle aree dismesse e l’urbanizzazione rappresentano una minaccia per l’ecosistema di Alberto Marenco

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n nuovo report dell’Agenzia europea dell’Ambiente (EEA) mostra come la riqualificazione delle aree come il riutilizzo di siti abbandonati o dismessi e la trasformazione di strade o parcheggi in spazi verdi o zone residenziali possono avere un impatto positivo sull’ambiente e inoltre supportano la transizione dell’Europa verso un’economia verde e circolare. Il report dell’Agenzia europea dell’Ambiente “Land Recycling in Europe” presenta diversi approcci per misurare l’entità e l’impatto della riqualificazione e del riutilizzo dei brownfields, sia quando questa venga fatta con obiettivi economici specifici, come la costruzione di case sia quando la finalità è legata al miglioramento ambientale dell’area, alla creazione di aree verdi cittadine o alla bonifica di suoli contaminati. In Europa, secondo il rapporto, i progetti di land recycling sono cresciuti, ma i livelli rimangono bassi se paragonati al land take (urbanizzazione di greenfields). Sulla base dei dati raccolti grazie al satellite Copernico emerge che la riqualificazione, come

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quota parte del consumo totale di suolo in tutti i paesi membri della EEA e di quelli cooperanti (EEA -39) è cresciuta dal 2,0/2,2% degli anni ’90 e primi 2000 a circa 2,7/2,9% tra il 2006 – 2012. Ad ogni modo la percentuale varia molto a seconda dei paesi. Il suolo è una risorsa limitata e l’urbanizzazione insieme al soil sealing (l’impermeabilizzazione dei suoli dovuta alla trasformazione dei terreni dallo stato naturale o seminaturale in terreni urbanizzati) sono stati a lungo causa di preoccupazioni ambientali. Dal 2006 al 2012 l’urbanizzazione in Europa (EEA-39) ha continuato con una media annuale di consumo di suolo pari a 1.065 km2. Tuttavia le analisi sul land recycling e sul soil sealing necessiterebbero di informazioni più dettagliate poiché spesso non è possibile rilevare l’avvenuta impermeabilizzazione o l’avvenuto recupero di piccole superfici. Quando il terreno è coperto con una superficie impermeabile come l’asfalto il funzionamento dell’ecosistema è interrotto, e influenza i cicli dei nutrienti e dell’acqua, così come la capacità del terreno di fornire servizi

all’ecosistema, compresi l’approvvigionamento di acqua e cibo e la regolazione climatica. Riqualificando e riutilizzando delle aree dismesse, secondo il rapporto, è possibile ridurre il consumo di suolo “vergine” migliorando al contempo la qualità dei terreni urbanizzati precedentemente. La riqualificazione dunque può essere la chiave per mantenere e sviluppare spazi verdi, fondamentali per l’ecosistema e inoltre questo processo può anche dare un importante contributo al raggiungimento di un’economia circolare, nella quale il massimo valore viene raggiunto mediante l’impiego di risorse limitate, in questo caso il suolo. Il rapporto infine mette a confronto differenti modelli di riqualificazione basati su una valutazione del ciclo vita degli impatti ambientali derivati dallo sviluppo e dall’utilizzo del suolo. La valutazione dimostra che riportare aree già sviluppate a un uso più efficiente o migliorarne la qualità dal punto di vista ambientale ha un impatto di gran lunga più positivo rispetto ad esempio alla trasformazione di zone agricole in aree urbane.


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F A BB R I C A

D EL L E

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La pubblicità che pulisce l’aria La tecnologia ambientale The Breath è in grado di adsorbire e disgregare le molecole inquinanti presenti nell’aria di Alberto Marenco

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a start-up italiana Anemotech Srl di Pavia ha ideato la tecnologia ambientale The Breath: un pannello che grazie alle nanotecnologie è in grado di adsorbire e disgregare le molecole inquinanti presenti nell’aria, utilizzabile sia all’aperto e sia in casa o in ufficio. Questa nuova tecnologia si serve di un tessuto multi-strato progettato per ridurre l’inquinamento atmosferico prodotto da smog, riscaldamento ed emissioni industriali. Oltre ad avere già ricevuto diversi riconoscimenti, The Breath ha avuto il benestare di Legambiente, associazione in difesa dell’ambiente, e di Umberto Veronesi, illustre oncologo italiano, fondatore dell’Istituto Europeo di Oncologia, scomparso lo scorso novembre. Il pannello che pulisce l’aria ha una struttura particolarmente sottile e si adatta molto bene a fare da supporto ai pannelli pubblicitari presenti per le vie delle città, pertanto Urban Vision, azienda italiana specializzata nei restauri sponsorizzati, ha scelto di adottare questa tecnologia in modo da garantire la piena sostenibilità di tutte le proprie realizzazioni “out of home”. Infatti, il tessuto se collocato sui ponteggi o sulle cesate di cantiere di restauri sponsorizzati e lavori di riqualificazione urbana sfrutta il naturale ricircolo dell’aria e senza essere alimentato da fonti energetiche, assorbe gli agenti inquinan-

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ti circostanti, comprese muffe e cattivi odori. Urban Vision ha quindi siglato una partnership esclusiva per la distribuzione e l’utilizzo della tecnologia anti-inquinamento impegnandosi a installarla su tutte le proprie affissioni nei cantieri di restauro e riqualificazione urbana di Roma e Milano. Tale collaborazione contribuirà a pulire l’aria abbat-

tendo emissioni inquinanti paragonabili a quelle prodotte in un anno da quasi 14 milioni di autovetture (-20.442 autoveicoli che circolano quotidianamente a Roma sul GRA; -17.649 nell’area C di Milano). Inoltre, come già sottolineato, The Breath può essere installato anche in ambienti pubblici e privati indoor come uffici, scuole, alberghi e abitazio-

ni dove, anche se in minor misura, sono presenti polveri sottili nocive per la salute. Per comprendere meglio le caratteristiche e il mercato di questa nuova tecnologia ecosostenibile abbiamo intervistato Gianmarco Cammi, Direttore operativo di Anemotech e ideatore di The Breath e Gianluca De Marchi, Presidente di Urban Vision.

Intervista a Gianmarco Cammi, Direttore operativo Anemotech Com’è nata l’idea di The Breath?

L’idea nasce da un bisogno sempre più crescente di salubrità ambientale da parte della popolazione, non sempre corrisposto dalle tecnologie commerciali presenti sul mercato. Anemotech ha potuto attingere da importanti esperienze ambientali del proprio Team di R&D (Ricerca e Sviluppo), per proporre al mercato una nuova tecnologia, supportata e validata da importanti istituzioni, che, senza alcuna fonte di energia e a impatto zero, è in grado di sottrarre elementi nocivi presenti nell’aria che respiriamo. Le condizioni quotidiane dell’aria, ci stanno portando alla necessità di avere all’interno dei nostri contesti di vita, oggetti, che possano costantemente mitigare le condizioni ambientali al fine di migliorare il nostro stile di vita.

Ci parli del pannello, come riesce a catturare, trattenere e soprattutto disgregare gli inquinanti?

The Breath funziona semplicemente utilizzando i moti naturali dell’aria (indoor/outdoor), intercettando le molecole inquinanti (NOx – C6H6 – O3) e bloccandole all’interno della propria struttura carbonica, costruita appositamente per non rilasciare alcun tipo di elemento nocivo. La fase successiva è la trasformazione di alcune molecole trattenute nella “mesh carboniosa”, degradandole in soluzioni innocue per la salute umana e per l’ambiente circostante.

Ha bisogno di manutenzione? Ogni quanto deve essere sostituito?

La tecnologia The Breath non ha bisogno di manutenzione. Vista la grande capacità di adsorbimento e degradazione degli inquinanti sulla matrice carbonica, si consiglia, di sostituire la cartuccia posizionata posteriormente all’installazione in funzione dell’utilizzo. L’ormai purtroppo famoso effetto canyon, presente in tutte le grandi città mondiali, crea un’importante concentrazione di inquinanti a livello stradale nella matrice aria. In questo caso le affissioni pubblicitarie e la cantieristica stradale costruite con la nostra tecnologia, potranno essere di grande aiuto, per indebolire questo effetto, diminuendo le concentrazioni ad altezza uomo. Questo comporta una quantità di volume d’aria trattato nell’unità di tempo maggiore rispetto agli ambienti indoor, e di conseguenza si consiglia una sostituzione della matrice carbonica circa ogni 6 mesi.

Quali sono le principali differenze tra indoor e outdoor?

Nel caso in cui si utilizzi la tecnologia The Breath all’interno di luoghi chiusi, utilizzando i moti d’aria passivi determinati dai riscaldatori/refrigeratori presenti nei luoghi di vita quotidiana (casa o lavoro) la durata della tecnologia risulta maggiore, in quanto lo scambio superficiale che si ottiene con l’aria ambiente, è decisamente minore rispetto alla condizione dell’outdoor. Per questa ragione in funzione del posizionamento della tecnologia (se vicino a stampanti o ad altri dispositivi che producono molecole inquinanti) la durata consigliata, mantenendo alte le performance, è dai 12 ai 18 mesi.

Intervista a Gianluca De Marchi, Presidente Urban Vision Presidente, a fine febbraio ha dichiarato che entro la metà del 2018 Urban Vision installerà su tutte le affissioni di Roma e Milano la tecnologia ambientale The Breath. A che punto siete? Ci sono i presupposti per allargare l’utilizzo di tale tecnologia in altre città d’Italia?

Abbiamo già installato The Breath su una dozzina di impianti e proseguiremo in questa direzione nei prossimi mesi. A metà maggio è prevista l’installazione della tecnologia anche su un nostro impianto a Napoli. L’obiettivo è estenderne l’utilizzo in futuro sul territorio nazionale in base alla presenza di nostri cantieri.

Avete riscontrato un interesse maggiore nei privati o nelle amministrazioni pubbliche? E inoltre sono previsti degli incentivi pubblici per chi utilizza questa tecnologia per affissioni pubblicitarie?

Dopo la presentazione ufficiale della partnership ci sono pervenute numerosissime richieste sia dal pubblico e sia dal privato. Al momento non esistono incentivi pubblici per l’utilizzo di The Breath, ma sarebbero di certo auspicabili per il bene delle nostre città e dell’aria che respiriamo. Urban Vision ha investito molto in questo progetto proprio per fare la sua parte nella tutela dell’ambiente, dei cittadini e delle maestranze che lavorano nei nostri cantieri, col sostegno del pubblico si potrebbe ovviamente fare molto di più.

Considerando che siete già presenti a Londra (Leicester Square), come è stato accolto l’utilizzo di The Breath in Inghilterra?

In realtà abbiamo utilizzato la tecnologia anche su un altro impianto sito in prossimità del noto centro commerciale di Westfield e prossimamente lo installeremo in altri cantieri. Una corposa rassegna stampa, successiva al lancio della campagna, ha destato l’attenzione dell’opinione pubblica e dell’amministrazione londinese con la quale abbiamo già avuto dei contatti. L’inquinamento è un tema molto sentito a Londra e, dai test effettuati prima delle nostre installazioni, sono emersi dati piuttosto preoccupanti. Il livello di emissioni inquinanti è decisamente più alto di quello riscontrato ad esempio a Roma e Milano.

State già lavorando per portare questa tecnologia in altre parti del mondo?

Abbiamo ricevuto richieste da diversi Paesi, persino dall’Australia. Per il momento siamo concentrati sulla finalizzazione del progetto in Italia e UK, ma certamente con occhi ben aperti anche su altri mercati.

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La cogenerazione per l’efficientamento dei consumi Intervista a Pamela Bonfanti, Sales area manager cogeneration di Intergen, che ci spiega come attuare politiche di risparmio energetico attraverso l’installazione di impianti di cogenerazione di Maria Beatrice Celino

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ntergen opera nel mercato dell’energia da 70 anni, offrendo soluzioni con motori endotermici per la progettazione e costruzione di sistemi di generazione di energia elettrica e termica. Intergen è la Divisione Energia di IML Group, che vanta oltre 110 anni di storia. Abbiamo avuto il piacere di incontrare l’ing. Bonfanti, che ci ha raccontato le più recenti esperienze di installazione dell’azienda. Come la cogenerazione può aiutare un’azienda nel contenimento dei consumi energetici? I costi energetici sono uno dei maggiori freni allo sviluppo per le aziende italiane. Tutte le ultime indagini di mercato infatti mettono in luce che per un’azienda di medie dimensioni operante in Italia, la bolletta energetica supera almeno del 30% quella dei competitors nei Paesi dell’Unione Europea. La cogenerazione e la trigenerazione distribuita, ossia la produzione integrata di energia elettrica e termica vicino a dove viene consumata, sono sicuramente una delle soluzioni più efficaci per abbattere i costi di produzione e migliorare la competitività. La chiave del successo sta nel realizzare impianti perfettamente integrati nel processo produttivo dell’azienda. Ci può descrivere uno degli ultimi impianti che avete progettato e fornito? La famiglia Leonardi, proprietaria dell’azienda Igor, eccellenza italiana conosciuta a livello mondiale per la produzione del celebre Gorgonzola D.O.P., ci ha contattati per mettere in atto una propria politica di risparmio energetico e di sostenibilità at-

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traverso l’installazione di un impianto di cogenerazione da 2 MW elettrici. Nel corso degli ultimi anni l’azienda, con sede in provincia di Novara, ha realizzato ampliamenti dello stabilimento che hanno contribuito ad aumentare la superficie totale da 35.000 a 50.000 m2. Il tema della cogenerazione è stato affrontato dall’azienda nella fase del progetto di ampliamento dell’unità produttiva. Per la produzione del gorgonzola la Igor impiega sia energia elettrica proveniente dalla rete, sia vapore e acqua calda. La volontà di adottare un’unità di cogenerazione da parte di Igor riflette il desiderio aziendale di ottimizzare il proprio processo produttivo, che richiede simultaneamente l’utilizzo di energia elettrica e termica. Il cogeneratore, insieme all’implementazione di altre tecnologie all’avanguardia, contribuisce a rendere i processi dello stabilimento aziendale tra i più moderni ed efficienti sul mercato di riferimento. Come avviene la progettazione di un impianto? Il punto di partenza per il dimensionamento di qualsiasi impianto è la valutazione dei consumi elettrici consolidati. Nel caso specifico dell’azienda Igor, però, dovendo l’impianto andare a servizio di una nuova centrale di produzione del cliente, si è lavorato molto sulla stima degli assorbimenti futuri. Per quanto riguarda la parte termica per la produzione di vapore la questione è stata più semplice, in quanto l’assorbito da parte dello stabilimento è comunque maggiore rispetto alla produ-

zione di vapore del cogeneratore. Avendo infine il cliente un utilizzo di acqua calda nel processo non costante, di comune accordo con tecnici impiantisti dell’azienda, è stato deciso di accumulare l’acqua calda prodotta dal cogeneratore in un serbatoio al fine di utilizzarla al bisogno. L’impianto è pensato per esercire a scambio zero con la rete elettrica, ossia senza cessione alla rete di energia elettrica prodotta in eccesso rispetto al profilo di consumo del cliente; è stato però previsto e testato con successo anche il funzionamento in modalità isola, per consentire l’alimentazione di carichi preferenziali del cliente in caso di fault della rete. Dal punto di vista del layout, l’impianto è stato progettato per essere inserito all’interno di un edificio tecnico che Igor aveva già a disposizione: l’impianto quindi è stato costruito in maniera sartoriale rispetto agli spazi disponibili e alla logistica di installazione e di manutenzione. Il motore da 2 MWe è stato scelto rispetto ad altre soluzioni alternative perché, rispetto al profilo di assorbimento dello stabilimento, può esercire in piena potenza per oltre 8.000 ore l’anno. La produzione di energia elettrica, che l’azienda non acquista più dalla rete, è di oltre 16.000 MW/h l’anno; la produzione di vapore dal recupero termico dei fumi di gas di scarico del motore è di circa 1.000 kg/h a 12 bar, che non devono essere più prodotti con caldaia tradizionale. La macchina produce infine circa 45 m³/h di acqua calda a 90° che viene stoccata all’interno di un serbatoio di accumulo. L’impianto di cogenerazione garantisce un rendimento


elettrico del 42,4% e termico del 44,4%, per un rendimento totale dell’86,8%. Tale configurazione produrrà un significativo saving economico rispetto al tradizionale sistema di approvvigionamento, assicurando un periodo molto breve di pay back dell’investimento. Quali sono i criteri di base nel dimensionamento di un impianto di cogenerazione? Per quanto riguarda la progettazione di un impianto, mancando spesso un sistema di contabilizzazione, le difficoltà principali sono legate alla stima dell’energia termica che impiega il processo del cliente. Per la parte elettrica le analisi di valutazione sono abbastanza semplici; devono essere più minuziose quelle legate all’assorbimento termico, in quanto in Italia lo richiede la normativa sulla cogenerazione ad alto rendimento termico. Infatti è indispensabile che l’impianto installato sia un impianto di cogenerazione ad alto rendimento e che non rischi di pagare, una volta messo in esercizio, gli oneri di sistema

sull’energia prodotta (a meno di revisioni normative in corso) e che rispetti le soglie minime di rendimento globale che sono completamente dipendenti da quanto assorbirà l’utenza del cliente rispetto alla potenza termica prodotta dall’impianto. Quali sono i mercati in cui siete più forti? I settori in cui i nostri prodotti sono molto apprezzati sono tutti quelli in cui i processi sono energivori e richiedono contemporaneamente l’utilizzo di energia elettrica e termica (e.g.: chimico-farmaceutico, lattiero-caseario, lavorazione materie plastiche, tessile). In particolare nella

lavorazione della carta il costo di energia ha un impatto molto elevato sul costo diretto di prodotto; ad oggi infatti abbiamo installato più di 40 MWe in cartiere in Italia. L’elevato costo della bolletta energetica ha portato numerose aziende italiane a intraprendere la ricerca di risorse alternative per staccarsi dalla rete nazionale di approvvigionamento e per continuare a essere competitive sul mercato internazionale.


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Non solo martelli Indeco produce una vasta gamma di attrezzature specifiche per la demolizione e il riciclaggio che le permettono di offrire prodotti innovativi per un mercato mondiale in continuo cambiamento di Maria Beatrice Celino

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’exploit è stato nel 1986 con il brevetto internazionale del “martello intelligente”, in grado di modulare frequenza e potenza del colpo in relazione alla durezza della roccia. Ma Indeco Ind. Spa, azienda italiana nata nel 1976, produce anche frantumatori, pinze e cesoie, prodotti specifici per la demolizione di edifici e strutture verticali, pavimentazioni e prodotti per il riciclaggio. Sin dalla sua costituzione scommette sulla capillarità della rete di vendita e di assistenza post vendita e sulla capacità dell’ufficio progettazione e sviluppo. Questa filosofia le ha consentito di eccellere nel mercato internazionale e di diventare in breve tempo un marchio leader a livello mondiale nel settore della demolizione competendo con un gruppo di concorrenti di pari livello. Nel 2008 Indeco produce il martello Indeco HP 18000 e frantuma ogni record realizzando, per la seconda volta nella storia della demolizione, il martello idraulico più grande del mondo, alto 4,6 metri e con un peso di 11.050 kg. Nel frattempo, l’estensione della gamma Indeco continua con nuovi prodotti come: • i compattatori Idraulici, prodotti negli stabilimenti in USA, i quali, sostituendo le tradizionali attrezzature manuali, soddisfano il bisogno di quelle aziende che desiderano combinare alta capacità di compattazione, tempi rapidi e sicurezza sul lavoro; • le pinze demolitrici-selezionatrici, dedicate ai mercati delle demo-

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lizioni leggere, per il riciclaggio e stoccaggio dei materiali di risulta, per le operazioni di movimentazione di rocce, terreni e materiali da costruzione in genere; • i bracci posizionatori a postazione fissa, Boom System, gli unici progettati e costruiti secondo gli standard dei bracci degli escavatori, incidono positivamente nella logistica della produzione in cave e miniere. Montati in prossimità delle bocche dei frantoi vengono impiegati per la riduzione di massi di grandi dimensioni che potrebbero bloccarne l’attività, garantendo così la continuità del lavoro in sicurezza. Nel 2010 arrivano le prime cesoie idrauliche che, studiate per il settore del riciclaggio dei materiali ferrosi, si sono subito affermate sui mercati internazionali come prodotti innovativi e di alta qualità.

La rete commerciale

Se negli anni Indeco ha potuto raggiungere ambiziosi obiettivi è anche grazie all’organizzazione sempre più capillare della sua rete commerciale. L’azienda può oggi contare su stabili partnership in gran parte d’Europa e in particolare in Francia, Spagna, Portogallo, Germania e nel Regno Unito, ed è inoltre leader in Italia con una quota di mercato di circa il 30%. La particolare attenzione dedicata al mercato del Nord Europa si è recentemente concretizzata nell’acquisizione di una società olandese e nella succes-

siva creazione di Indeco Northern Europe. Il mercato americano è presidiato da Indeco Nord America, costituita nel 1990, che copre attualmente l’intero territorio USA, Canada, Centro America e parte del Sud America, con una rete di oltre 50 dealer, 5 punti di servizio diretti, di supporto alla rete di distribuzione, dotati di personale tecnico magazzino e officina. Ma anche in altre parti del mondo è presente con i propri dealer: Indeco Australia, Indeco Uk, Indeco Mexico, Indeco Brasile sono solo alcune succursali. In espansione è l’intero mercato sudamericano con particolare attenzione all’Argentina, all’Uruguay e al Paraguay, come anche al Venezuela e alla Colombia. In forte crescita anche il mercato indiano grazie alla collaborazione con alcuni partner locali. A breve si darà vita alla Indeco India attraverso la creazione di una nuova società in joint venture. In gran parte dei mercati emergenti come Estremo Oriente, Africa e Medio Oriente, l’azienda è presente attraverso una rete di rivenditori e con i suoi prodotti collabora alla realizzazione delle più grandi opere infrastrutturali.

Una stagione ricca di novità

Le novità non riguardano solo l’ambito della demolizione ma soprattutto il settore del riciclaggio. L’azienda ha perfezionato le qualità delle attrezzature esistenti attraverso interventi mirati ma di grande importanza e ha arricchito la gamma mediante l’aggiunta di nuovi prodotti destinati a soddisfare le


esigenze degli utilizzatori. Per quanto riguarda i martelli demolitori, grazie all’upgrading del sistema idraulico, la serie HP diventa anche Fuel Saving (FS). Rispetto a modelli di altri produttori, equivalenti per peso e prestazioni, i demolitori Indeco richiedono, infatti, un’inferiore quantità d’olio al minuto e una minore pressione operativa e, poiché erogando una minore potenza idraulica è possibile ridurre sensibilmente il numero di giri motore della macchina operatrice, permettono di ottenere un risparmio di carburante fino al 20%, assicurando sempre prestazioni ottimali e massima produttività. Per quanto riguarda i frantumatori fissi (IFP) e rotanti (IRP), oltre ad alcune migliorie finalizzate ad accrescerne la robustezza, i nuovi modelli dispongono di denti della ganascia mobile intercambiabili (saldati su di una piastra imbullonata e assicurata per mezzo di speciali chiavette di fermo) per una sempre ottimale penetrazione nel materiale da demolire Nuovo nel nome e nella sostanza, il multifunzione IMP (Indeco Multi Processor) è stato riprogettato nel disegno, irrobustito nella struttura, modificato nelle caratteristiche di massima apertura, migliorato nelle geometrie di demolizione, frantumazione e taglio delle diverse ganasce. Queste ultime sono state aggiornate per facilitare le operazioni di smontaggio e sostituzione e consentono ora una migliore presa. Nella versione frantumatore, dispongono di denti intercambiabili. Alla versione cesoia sono state riportate le caratteristiche tipiche delle cesoie Indeco della serie ISS (i coltelli intercambiabili e reversibili e il duplice sistema d’incisione). Anche la gamma è stata modificata e ampliata. Un’autentica rivoluzione riguarda le nuove pinze IMG nate dall’evoluzione delle precedenti pinze IDG. Accomunate dal medesimo corpo macchina e dallo stesso sistema idraulico di apertura/chiusura e di rotazione, le nuove pinze IMG vengono ora prodotte in 5 differenti versioni destinate ad altrettanti specifici impieghi nei diversi settori di attività: • pinze vagliatrici IMG S: strumenti ideali per selezionare materiali di risulta provenienti dalle demolizioni, dalla bonifica di terreni sassosi, dai dragaggi di fondali marini e di fiume e così via; • pinze demolitrici selezionatrici IMG D: indicate sia per lavori di demolizione leggeri, quali strutture in legno e laterizio, sia per selezionare e movimentare materiali di risulta, sono ideali nelle attività di riciclaggio e recupero ambientale; • pinze movimentatrici 3+2 IMG H: studiate per facilitare la movimentazione di grandi oggetti quali rottami metallici, autovetture allo sfascio, resti di demolizioni, garantiscono una presa sicura e potente grazie alla forza trasmessa dal sistema idraulico ai denti contrapposti; • pinze da carico IMG L: caratterizzate da una geometria delle ganasce studiata per ottenere il massimo riempimento, sono ideali per la movimentazione di terra, ghiaia, sabbia, fanghi, scarti agricoli e industriali, rifiuti urbani, minerali, massi e altro ancora; • pinze per uso forestale IMG T: ideate per unire la massima forza di presa con il minor peso possibile, rendono agevole la movimentazione di grandi tronchi d’albero negli usi forestali.

Tutti i prodotti per la demolizione silenziosa e la movimentazione sono stati uniformati nel meccanismo di rotazione che da oggi sarà comune a tutti i prodotti rotanti.

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In cammino Roadshow da impianto a impianto per vedere all’opera le macchine Pronar con Ecotec Solution di Laura Veneri

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e dovessimo coniare un motto per descriverli potrebbe essere “giovani, determinati, instancabili”. È così che vediamo Martin Mairhofer e Alex Raich, titolari della Ecotec Solution, realtà bolzanina specializzata nell’offrire soluzioni per il riciclaggio e il trattamento dei rifiuti. “Giovani” perché entrambi sono quarantenni e hanno aperto la società nel 2015. “Determinati” perché in poco tempo stanno guadagnando nuove collaborazioni con marchi prestigiosi nel segmento del riciclaggio come Untha e Pronar. “Instancabili” perché per promuovere le proprie tecnologie stanno organizzando dei roadshow con dimostrazioni dal vivo per il trattamento di vari materiali. Proprio in occasione di queste dimostrazioni, siamo andati sul campo a vedere all’opera le macchine. Lo scorso anno la Ecotec Solution ha iniziato le dimostrazioni presso gli impianti privati con i trituratori Untha, marchio che non aveva bisogno di grosse presentazioni. Presso i clienti ha portato i trituratori ad azionamento elettrico Untha serie XR, silenziosissimi quando sono all’opera.

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Da quest’anno, invece, le dimostrazioni hanno privilegiato le tecnologie Pronar di cui Ecotec Solution è distributore da luglio 2016. Pronar è un’azienda polacca molto conosciuta nel mondo e si sta facendo apprezzare anche in Italia grazie alla Ecotec Solution. I prodotti Pronar sono costruiti in Polonia in sette stabilimenti (l’ultimo inaugurato a marzo di quest’anno) in cui lavorano circa 2000 dipendenti. I macchinari si differenziano per l’elevata qualità e l’ottimo rapporto qualità prezzo, possibile solo grazie al fatto che i componenti vengono prodotti direttamente negli stabilimenti di produzione Pronar, con tecnologie all’avanguardia ed economie di scala derivanti dalla produzione elevata per vari segmenti. Pronar dispone di una linea completa di vagli e trituratori mobili. Lo scorso anno il trituratore a rotazione lenta MRW 2.1010 ha vinto la medaglia d’oro del premio più prestigioso e apprezzato sul mercato polacco, alla fiera Pol-Eco-System. Lo stesso premio era stato vinto due anni prima dal vaglio mobile MPB. Come dicevamo, durante il roadshow abbiamo visto al lavoro un trituratore

primario MRW 2.85 e un vaglio MPB 18.47. Il trituratore MRW 2.85 è una macchina universale per il trattamento di diversi materiali quali RSU, ingombranti, calcinacci, legno da demolizione, ceppi, radici e molto altro. Un grande vantaggio di questa macchina è la sua mobilità: può essere facilmente spostata con camion o altre macchine da costruzione. Il trituratore è allestito con motore Diesel a 298 kW di potenza. La triturazione avviene attraverso due rotori sincronizzati nella camera principale. Grazie a un moderno software e a una vasta scelta di configurazioni dei rotori, offre una grande adattabilità alle diverse esigenze operative. Inoltre la velocità regolabile del nastro consente di adattare la velocità in base al tipo di materiale da triturare, per poter ottimizzare la potenzialità del trituratore. Di conseguenza può essere trattato più materiale di ogni frazione, senza dover spostare la macchina. Il materiale può essere conferito attraverso una tramoggia ribaltabile idraulica azionata con telecomando. È inoltre dotato del sistema Cleanfix che pulisce automaticamente il radiatore del motore, del


sistema idraulico e dell’intercooler, per evitare problemi di surriscaldamento in ambienti di lavoro molto polverosi. Il trituratore è inoltre provvisto di separatore magnetico per selezionare oggetti ferromagnetici presenti nel materiale da trattare. Il vaglio MPB 18.47 è un vaglio mobile a tamburo adatto per lavorare diversi materiali quali terra e terreni contaminati, compost e torba, rifiuti solidi urbani, macerie da costruzione e scavi, sfridi legnosi, cippato e corteccia, inerti (sabbia, ghiaia, ghiaino) e materiale spiaggiato. I tamburi sono intercambiabili e possono essere fabbricati a seconda delle esigenze del cliente per dimensioni del foro, per spessore e per forma del foro rotonda o quadrata. I vagli a tamburo mobili Pronar hanno dimensioni di trasporto compatte, sono progettati come rimorchio dotato di omologazione europea e possono viaggiare senza permessi speciali su strade pubbliche. Il motore e l’impianto idraulico sono

montati su un telaio estraibile che garantisce un facile accesso per la manutenzione. Tutti i vagli mobili Pronar vengono forniti con motore Diesel Caterpillar o Deutz o a scelta con motore elettrico a zero emissioni. La gamma può essere configurata con un’ampia serie di optional come per esempio, separatore ad aria per la rimozione di carta e parti leggere di plastica, griglia sassi azionata tramite

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telecomando, rulli magnetici per la rimozione di parti ferrose e metalliche che possono essere montati sia sopra sia sotto i nastri di scarico. L’ultima innovazione per i vagli mobili a tamburo Pronar è la versione cingolata. Un autotelaio completamente autonomo permette di lavorare senza disturbi e ulteriori macchine a traino. Il vaglio mobile si può spostare comodamente con un telecomando.

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L’aria che respiriamo è di vitale importanza Ci sono prodotti idonei che, se installati sulle macchine operatrici, permettono al lavoratore di operare in sicurezza. Tra questi c’è la gamma a marchio BMAir, di cui Incofin è dealer unico per l’Italia di Maria Beatrice Celino

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a pulizia dell’aria è cruciale per l’uomo in generale, a maggior ragione per i lavoratori che operano in ambienti non protetti dall’esposizione a sostanze nocive o tossiche. A lungo termine, queste esposizioni possono avere effetti gravi e spesso sottovalutati per la salute dei lavoratori. Incofin, ormai da anni, ha fatto propria questa tematica, continuando ad approfondire l’argomento e cercando nuove soluzioni che garantiscano la salute delle persone impegnate in lavori come compostaggi, bonifiche, demolizioni, trattamento rifiuti e in tutti quegli ambienti

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dove l’ammontare di polveri dannose o tossiche, gas o vapori pericolosi rendono disagevole la permanenza sul mezzo di lavoro. “La professionalità e l’impegno profuso nel tempo sono i motivi che ci hanno spinto a proporre la collaborazione con Incofin” dice Robin Veltman, Direttore commerciale di BMAir, azienda leader nella progettazione e produzione di sistemi di filtrazione e pressurizzazione per macchine operatrici. Le due aziende infatti hanno recentemente siglato un accordo fortemente voluto da entrambe, secondo il quale Incofin sarà dealer unico

per il mercato italiano dei prodotti a marchio BMAir. “BMAir è da anni presente sul nostro mercato, presso dealer di importanti case costruttrici di mezzi da lavoro - spiega Fabrizio Zaninello, Responsabile commerciale di Incofin - ma le necessità di costante presenza e collaborazione con i clienti li ha spinti a trovare un partner qualificato, solido e serio con il quale far emergere ancora di più l’attenzione sulla salute delle persone e sulla salvaguardia della medesima”. Fabrizio Zaninello ci illustra che gli obiettivi raggiungibili per le aziende che deci-


dono di avvalersi dei sistemi di filtrazione e pressurizzazione BMAir sono molteplici, alcuni diretti altri indiretti. Immediato riscontro lo si ha in merito all’indisponibilità per malattia dei lavoratori: attraverso i sistemi citati viene meno il contatto e l’inalazione di sostanze che, nel migliore dei casi, creano disturbi superficiali (tosse, lacrimazione, bruciore o prurito sulla pelle). Pertanto la presenza della forza lavoro diventa più costante grazie alla riduzione di sintomi patologici. Nel corso del tempo grazie all’ottemperanza delle vigenti norme sulla salute dei lavoratori (D.Lgs. 81/08), verranno ridotte le malattie professionali e indirettamente i costi sociali a esse connessi. “I benefici indiretti - continua Fabrizio Zaninello - saranno prevalentemente visibili e riscontrabili sui dipendenti: azioni sindacali ridotte ma soprattutto umore e contesto più sereno, grazie alla tangibile percezione di un ambiente di lavoro più sano e con aria migliore. Inoltre da non sottovalutare un aspetto più pratico per i datori di lavoro: anche il mezzo e i componenti interni alla cabina (molto onerosi) beneficeranno della presenza di BMAIr, infatti l’aria inquinata da sostanze aggressive per l’essere umano è spesso controproducente per le parti meccaniche ed elettriche presenti sul mezzo. Avete mai visto gli effetti dei vapori di ammoniaca sugli scambiatori di calore del condizionatore (ad esempio su un mezzo che opera in un impianto di compostaggio)? Ebbene, nel corso del tempo questo componente viene danneggiato irreparabilmente causando il blocco del condizionatore e nuovamente riducendo sensibilmente il confort dell’operatore. Ogni guasto corrisponde a fermi macchina: il fermo macchina è un costo molto importante nell’economia delle aziende che operano con mezzi di lavoro”. Entrando nello specifico dei sistemi BMAir, i sistemi di filtrazione e pressurizzazione si avvalgono di diverse combinazioni di filtri polveri e carboni attivi così da essere scelti ‘su misura’ in base agli inquinanti rilevati nei luoghi di lavoro. Grazie al dispositivo di riconoscimento del filtro l’operatore o l’addetto alla sicurezza può facilmente controllare quale tipo di filtro è stato istallato, le ore di utilizzo e la sua vita residua. Non è necessario aprire il sistema di fil-

trazione e rimuovere il filtro sporco per verificare l’eventuale presenza di problemi. Se si raggiunge la scadenza del filtro il LED corrispondente a tale funzione cambia colore sul display, in questo modo si può ordinare in tempo il ricambio. Il codice articolo può essere verificato sul display e su richiesta è possibile impostare le ore del Combifilter (nome proprio dei filtri BMAir), il flusso d’aria e calcolare la composizione dello stesso Combifilter, adattando il filtro alle esigenze del cliente per raggiungere il massimo rendimento di durata e filtrazione. Il sistema di comunicazione Bluetooth permette al Responsabile salute e sicurezza la verifica dello stato dei filtri, le loro caratteristiche e i dati di utilizzo del sistema. “La sfida - conclude Zaninello - è arrivare a dimostrare a tutti (aziende,

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lavoratori, enti preposti) la necessità di intervento correttivo in quegli ambiti dove gli inquinanti sono percepibili dall’essere umano ma soprattutto dove le sostanze tossiche, velenose e a lungo termine purtroppo letali, non sono avvertite da uno dei cinque sensi umani: prima degli anni ‘80 qualcuno si immaginava le conseguenze per la salute delle persone di una sostanza inodore e insapore come l’amianto? Ricordiamo che in Italia abbiamo, secondo fonti Inail, 33.600 siti inquinati da amianto di cui 832 bonificati e 133 discariche abusive censite dal Ministero dell’Ambiente: immaginate quali rischi gli operatori corrono dovendo lavorare e respirare in tali ambienti? Una soluzione è adottare i sistemi di filtrazione e pressurizzazione BMAir, avvalendosi del supporto tecnico-commerciale di Incofin”.

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Le innovazioni nelle macchine movimento terra presentate al Samoter Il 2017 è stato l’anno del riscatto per il Samoter di Verona e molti sono i marchi che hanno deciso di presentare in fiera le ultime novità di Maeva Brunero Bronzin

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e macchine movimento terra sono compagne fedeli di tante ore sul lavoro, sono preziose alleate nelle attività quotidiane e sono ora (finalmente) sempre meno inquinanti. Gli operatori le vogliono più performanti, più comode e silenziose ma anche veloci, forti, precise e sicure. Tutti hanno un marchio preferito: sarà per le tante ore che si condividono, sarà perché le passioni nascono da bambini, ad ogni modo per gli escavatoristi ogni macchina ha un cuore. Lo abbiamo visto anche pochi mesi fa al Samoter, padri che accompagnano bambini ancora ben lontani dall’adolescenza a vedere i grandi marchi in esposizione per farli sedere ai comandi: emozioni che custodiranno nel cassetto dei ricordi. Memorie che torneranno alla mente quando saranno loro a dover sce-

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gliere la macchina giusta da acquistare.

Mercato in ripresa

Nei primi tre mesi del 2017 sono state immesse sul mercato italiano 2.094 macchine per costruzioni, con una crescita del 6% rispetto a quanto rilevato lo scorso anno. Più in dettaglio, sono state vendute 1.897 macchine movimento terra e 76 macchine stradali. “La crescita del mercato italiano continua, ma su livelli più contenuti di quelli registrati lo scorso anno - ha commentato Paolo Venturi, presidente di Unacea - gli spazi per un ulteriore sviluppo esistono, basterebbe valorizzare le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico del settore: l’utilizzo di macchine di ultima generazione, specie nei centri abitati, contribuirebbe a migliorare l’ambiente

e a evitare le multe che l’Ue infligge all’Italia per lo sforamento dei limiti riguardanti la presenza di particolato nell’aria”. Unacea ha sfruttato l’occasione per riproporre un pacchetto di iniziative che possono influire positivamente sia sulla dinamica del mercato di settore sia sulla sicurezza delle opere e sulla riduzione dell’impatto ambientale. In particolare, con il documento “Missione meno emissioni”, l’associazione è impegnata nella sensibilizzazione delle amministrazioni comunali per l’applicazione di limitazioni all’impiego nei centri urbani delle macchine più obsolete. Sul versante delle attrezzature Unacea chiede un adeguamento delle normative per incentivare la demolizione selettiva e consentire nei piccoli cantieri il riciclo di alcuni inerti direttamente in loco (“Il ciclo integrato degli inerti”).

Le novità viste in fiera

Il trentesimo Samoter è stato un’edizione all’insegna del segno più. Veronafiere e Fiera Milano hanno collaborato per organizzare tre fiere in contemporanea: SaMoTer, Asphaltica e TranspotecLogitec. I numeri hanno dato ragione agli enti organizzatori che hanno portato in fiera oltre 84.000 visitatori da 86 nazioni in quattro giorni. Le aziende espositrici sono state 780 da 25 paesi e in totale hanno occupato 84mila metri quadrati netti. Alcune grandi case hanno colto l’occasione della fiera per presentare le ultime innovazioni. Le ripercorriamo insieme in un rigoroso ordine alfabetico.


Case Ce Nell’anniversario dei suoi 175 anni di attività, Case ha proposto una livrea tutta nuova e il lancio di nuovi e importanti prodotti. Nello stand Case, le macchine in esposizione erano divise per settori: edilizia urbana, infrastrutture, cave e riciclaggio rifiuti. Diverse le novità presentate oltre a un’anteprima mondiale: le pale gommate Serie G. Sono stati esibiti al pubblico italiano i nuovissimi miniescavatori della Serie C: sei i modelli disponibili (da 1,7 a 6 tonnellate), ai quali si uniranno altri modelli nel corso del 2017 e del 2018. Nello stand del costruttore erano inoltre esposte le rinnovate terne della Serie T che ora adempiono alla normativa Tier 4 Final sulle emissioni allo scarico grazie alla soluzione esclusiva CASE SCR-Only, la quale assicura prestazioni potenti con notevoli risparmi sui consumi e non richiede filtro anti-particolato, catalizzatore DOC o rigenerazione. Chi ha partecipato alla fiera ha potuto ammirare la nuova serie G delle pale gommate: sette nuovi modelli, molto più confortevoli per l’operatore e con la produttività e l’efficienza dei consumi. La cabina è più silenziosa e confortevole: i livelli fonometrici in cabina sono di ben 2 dB più bassi di quelli della serie precedente, già tra i migliori sul mercato. Le pale 521G e 821G vantano appena 68 dB in cabina, mentre la 921G e la 1121G hanno livelli fonometrici di appena 69 dB. Le cabine beneficiano di ricircolo e filtrazione primaria dell’aria con intervalli di sostituzione dei filtri più lunghi. Tutte le pale gommate della Serie G sono alimentate dagli efficienti motori diesel EU Stage IV/Tier 4 Final senza filtro antiparticolato (DPF) o ricircolo dei gas di scarico (EGR). Il sistema di post-trattamento Hi-eSCR di FPT Industrial utilizza un numero di componenti inferiore per adempiere agli standard sulle emissioni allo scarico e questo consente di avere uno scompartimento motore più compatto e costi di manutenzione inferiori.

DoosanBobcat DoosanBobcat ha esposto una presenza importante di modelli (micro e miniescavatori, pale compatte, pale compatte cingolate e sollevatori telescopici) affermando l’impegno e la particolare attenzione al mercato italiano, considerato strategico per il costruttore coreano. La presenza delle macchine Doosan era più orientata alla linea pesante con la quale, negli ultimi cinque anni, il marchio ha fatto passi in avanti in termini di quota di mercato e fidelizzazione del marchio rientrando a pieno titolo nell’élite dei costruttori. Il marchio coreano ha esposto a Verona sia modelli di escavatori cingolati e gommati sia le pale gommate. Una novità tra i modelli di piccole dimensioni (il nuovo miniescavatore DX10Z, una macchina con profilo girosagoma ZTS) sottolinea la volontà di Doosan di estendere ulteriormente la già ampia gamma di prodotti. La nuova gamma di telescopici a telaio rigido consente oggi a Bobcat di offrire 11 diversi modelli per i mercati del noleggio e delle costruzioni, con capacità di sollevamento da 2,6 a 4,1 t e altezze di sollevamento da 6 a 18 m. Bobcat ha lanciato inoltre il nuovo escavatore E17Z con profilo girosagoma ZTS da 1,7 tonnellate nella versione con tettuccio, a completamento della sua gamma di escavatori compatti nella categoria da 1-2 tonnellate.

VF Venieri Il Premio Innovazione Samoter è stato vinto da VF Venieri Spa grazie al braccio telescopico della nuova palaVF 8.63TL. Ideata da Venieri la nuova pala con braccio telescopico VF 8.63TL è adatta per le operazioni di scavo ed è in grado di superare con facilità un’altezza di lavoro di 5,2 metri. Si tratta di una macchina multifunzione sia per l’ambito industriale che agricolo. Il mezzo è dotato di un’intelligenza artificiale con sistema elettronico anti-ribaltamento e di una cabina studiata per garantire il massimo comfort all’operatore. VF Venieri si è distinta anche per le personalizzazioni e i servizi degli escavatori proposti. L’escavatore moderno di VF Venieri è personalizzato con incisioni al laser e ha un occhio al comfort: è ormai costruito su misura e mira alla comodità dell’operatore. Le personalizzazioni che l’azienda VF Venieri propone vanno da cabine come gli interni di una berlina, seggiolini in pelle, parabrezza panoramici con visione a 360° e perfino il nome del proprietario inciso al laser sulle fiancate. Grazie all’insonorizzazione dell’abitacolo è possibile utilizzare il vivavoce del telefono cellulare come su una normale autovettura.

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Hyundai Hyndai ha presentato una gamma completa di macchine da cantiere e di carrelli elevatori (13 macchine da cantiere, 7 carrelli elevatori e altre attrezzature per magazzini) e due anteprime mondiali: il mini escavatore R30Z-9AK e la nuova pala gommata HL975. Il design compatto del nuovo mini escavatore R30Z-9AK e l’ingombro posteriore zero (zero tail swing) permettono all’operatore di lavorare in aree ristrette, ad esempio in prossimità di edifici lungo la strada e in aree all’interno della città. Il nuovo escavatore R30Z-9AK vanta un motore Kubota D1305 affidabile, silenzioso e con consumi ridotti, con una potenza nominale di 18,1 kW (24,97 HP) a 2.350 giri al minuto. Questo nuovissimo modello sostituisce il modello R27Z-9. Il motore Kubota D1305 è un motore diesel industriale compatto multi cilindro con raffreddamento a liquido, conforme alle più recenti normative UE sulle emissioni e non richiede ulteriori strumenti di post-trattamento. La nuova pala gommata Hyundai HL975 è stata progettata in base agli elevatissimi standard Hyundai, tenendo inoltre conto dei feedback degli operatori di tutto il mondo in termini di aspettative per le palegommate di nuova generazione. Il risultato è una nuova macchina, molto robusta, estremamente potente e in grado di fornire prestazioni straordinarie. La nuova pala gommata HL975 ha un peso operativo di 26.500 kg e vanta un motore Stage IV Cummins QSG12 di nuova generazione con una potenza lorda massima di 250 kW a 2.100 giri al minuto (potenza netta di 247 kW). Il trattamento dell’aria ad alta efficienza e la combustione avanzata permettono al QSG12 di garantire la semplicità di un turbocompressore wastegate senza dover ricorrere a un sistema di ricircolo dei gas di scarico raffreddato. I livelli di emissione rispettano lo standard Stage IV grazie all’uso congiunto di un filtro antiparticolato . Il vero valore del modello HL975 è la sua potenza, particolarmente evidente in ambienti di lavoro difficili. Oltre alla migliore efficienza del carburante, la nuova serie HL (che include i modelli HL955, HL960e HL980) presenta numerose altre caratteristiche ecocompatibili. L’arresto automatico del motore previene emissioni e consumo di carburante non necessari. La serie HL prevede lo spegnimento del motore al regime minimo. Gli operatori possono selezionare la modalità operativa e il tempo di inattività a seconda dell’ambiente di lavoro, per migliorare ulteriormente l’efficienza. La trasmissione opzionale a 5 velocità con frizione di blocco inoltre influisce sul consumo di carburante a seconda delle condizioni di lavoro.

Kato Imer L’azienda ha scelto la fiera per ufficializzare il cambio di ragione societaria e presentare il nuovo logo. Il motto societario è “mente giapponese, cuore italiano”. A novembre 2016 la multinazionale giapponese Kato e la IHI avevano siglato un accordo per il trasferimento del 100% delle azioni della IHI a Kato. Dallo scorso primo gennaio 2017 la IK, che controlla il 51% della Ihimer Spa con sede in Italia a San Gimignano (il 49% continua invece a essere detenuto da Imer Group Spa), aveva già mutato la propria ragione sociale in Kato Hicom. A febbraio 2017, con decorrenza dal 1 marzo, la Ihimer Spa ha cambiato la propria denominazione sociale in Kato Imer Spa. Numerose le macchine esposte in fiera.

Kobelco Abbiamo parlato del costruttore giapponese in un recente articolo (Recover n 37, pag 37) in cui abbiamo intervistato Marco Ferroni, business manager Kobelco, che ha presentato la rete di concessionari di cui si avvale il costruttore. Al Samoter, Kobelco ha portato una varia selezione della gamma dei prodotti che propone. In anteprima europea è stato possibile ammirare l’escavatore SK180LC/N-10 (Generation 10) che rappresenta l’ultimo nato nella classe di modelli convenzionali di Kobelco e costituisce un esempio perfetto di progettazione tecnica, prestazioni ed efficienza lavorativa. Sono disponibili due macchine con la stessa denominazione di modello SK180. La macchina SK180LC/N-10 è un escavatore standard convenzionale con design a sottocarro lungo per l’impiego in svariate applicazioni sul cantiere. La macchina SK180N-10 monta la stessa identica struttura superiore ma dispone di un sottocarro più corto e stretto. Una tecnologia evoluta di erogazione del carburante, consente di ridurre i consumi, mentre l’uso di un sistema rigenerativo tramite SCR (Selective Catalyst Reduction) e fluido DEF/AdBlue riduce le emissioni di particolato. L’ultimissima tecnologia impiegata nella struttura del braccio di sollevamento e del braccio di scavo è un’ulteriore caratteristica distintiva dell’escavatore SK180LC/N-10. Il progetto aggiornato che prevede nuove posizioni per perni, mozzi e rinforzi strutturali consolida ulteriormente la reputazione di Kobelco per robustezza e affidabilità. Come per tutti gli escavatori Generation 10, l’escavatore SK180LC/N-10 è dotato di leve di comando con risposta più leggera e reattiva per aumentare la sensibilità, di una nuova leva di blocco e una nuova consolle per ridurre l’affaticamento dell’operatore.

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Komatsu Italia Manufacturing Komatsu si è distinta per la sua presenza in fiera con uno stand estremamente rifornito di modelli, ma soprattutto per la partecipazione al premio innovazione Samoter in cui è stata segnalata per due prodotti. Ha ottenuto una menzione nella categoria di prodotto user-friendly per il display di controllo dell’escavatore gommato di Komatsu Italia Manufacturing Spa: un’interfaccia capace di guidare l’operatore in modo semplice e chiaro attraverso delle icone, semplificando operazioni complesse come il cambio di modalità di guida in un mezzo a quattro ruote sterzanti. L’escavatore idraulico HB365LC-3 è la seconda innovazione in gara portata da Komatsu: la macchina prosegue lo sviluppo della gamma con motore ibrido inaugurata dalla casa giapponese nel 2008, con l’obiettivo di ridurre sempre più l’impatto ambientale, senza pregiudicare le prestazioni. L’ultimo modello monta un motore ancora più potente con 53 kilowatt extra e conforme agli standard europei Stage IV.

Yanmar Yanmar è un altro marchio giapponese che ha scelto la fiera internazionale Samoter e il mercato italiano per presentarsi al grande pubblico. Yanmar è un gruppo familiare fondato nel 1912 ed è stato gestito da tre generazioni della stessa famiglia per oltre cento anni. Yanmar ha esposto la nuova gamma completa di macchine, grazie soprattutto al grande contributo che la rete commerciale dei distributori italiani ha offerto durante l’evento.

Hidromek Per la prima volta in Italia l’azienda turca ha proposto i modelli che ha iniziato a commercializzare nel nostro paese nel 2016. Hidromek ha presentato la pala meccanica articolata HMK 640 WL che ha una capacità di carico di 4,2 m³ e 26.300 kg di peso operativo. Presenti anche gli escavatori idraulici Gen Series, una gamma che spazia da 14 a 53 ton.


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Tutti parlano di industria 4.0 Ma quanti sono realmente pronti per la nuova rivoluzione industriale? Come può cambiare la produzione e con essa il nostro modo di lavorare? di Laura Veneri

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’espressione Industria 4.0 è utilizzata quotidianamente nel dibattito politico economico attuale ed è collegata alla Quarta Rivoluzione Industriale. La prima nazione a parlare di Industria 4.0 è stata la Germania nel 2011 quando ha presentato un ambizioso piano economico di investimenti su infrastrutture, scuole, sistemi energetici, enti di ricerca e aziende per ammodernare il sistema produttivo tedesco. Oggi le principali nazioni “apripista” sono Singapore, Finlandia, Svezia, Norvegia e Stati Uniti. Anche l’Italia vuole fare la sua parte e ha elaborato un piano di sviluppo. La Quarta Rivoluzione Industriale si associa a connessioni tra sistemi fisici e digitali, analisi complesse attraverso Big Data e adattamenti real-time. Si riferisce a un impiego sempre più massiccio di dati, di informazioni, di tecnologie computazionali e di analisi dei dati, di nuovi materiali, componenti e sistemi totalmente digitalizzati e connessi (Internet of things and machines).

Il Piano nazionale

I principali paesi industrializzati si sono già attivati a supporto dei settori industriali nazionali in modo da cogliere appieno quest’opportunità. Il Governo ita-

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liano ha sviluppato un “Piano nazionale Industria 4.0 2017-2020” che prevede misure concrete in base a tre principali linee guida: • operare in una logica di neutralità tecnologica; • intervenire con azioni orizzontali e non verticali o settoriali; • agire su fattori abilitanti. Il Piano ha inoltre individuato quattro direttrici strategiche: • investimenti innovativi: stimolare l’investimento privato nell’adozione delle tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0 e aumentare la spesa in ricerca, sviluppo e innovazione; • infrastrutture abilitanti: assicurare adeguate infrastrutture di rete, garantire sicurezza e protezione dei dati, collaborare alla definizione di standard di interoperabilità internazionali; • competenze e ricerca: creare competenze e stimolare la ricerca mediante percorsi formativi ad hoc; • awareness e governance: diffondere la conoscenza, il potenziale e le applicazioni delle tecnologie Industria 4.0 e garantire una governance pubblico-privata per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

A fine marzo, il Governo ha approvato delle agevolazioni fiscali per favorire lo sviluppo dell’Industria 4.0 e dare impulso all’ammodernamento delle imprese e alla loro trasformazione tecnologica e digitale. In particolare, la Legge di Bilancio 2017 ha previsto la proroga del super ammortamento e ha introdotto l’iper ammortamento, una maggiorazione del 150% del costo di acquisizione di determinati beni ai fini della deduzione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria. È stata prevista anche una ulteriore maggiorazione del 40% sul costo di acquisto di beni strumentali immateriali (tra cui, alcuni software, sistemi IT e attività di System Integration), prevista sempre dalla Legge di Bilancio per i soggetti che beneficiano già dell’iper ammortamento.

Gli industriali non vogliono perdere la corsa per la competitività

L’Associazione di categoria Anie, Federazione Nazionale Industrie Elettrotecniche ed Elettroniche è una delle principali organizzazioni di Confindustria, con oltre 1.200 aziende associate, riunite in 14 associazioni, 54 miliardi di euro di fatturato aggregato, di cui 29 miliardi di euro di esportazioni e 410 mila addetti e rappresenta l’industria più innovativa nel sistema manifatturiero italiano. L’Anie intende supportare le proprie aziende associate che vogliono conoscere meglio i nuovi traguardi dell’Industria 4.0 per adeguarsi alla rivoluzione industriale in atto e rimanere competitive a livello nazionale e internazionale. Le imprese di Anie hanno un know-how specifico e focalizzato sulle tecnologie


che possono supportare le imprese manifatturiere verso la Quarta Rivoluzione Industriale. Il Presidente di Anie Giuliano Busetto ha commentato: “Industria 4.0 è un grande piano di politica industriale, il primo in Italia dopo molti anni, che prevede un impegno di risorse pubbliche pari a 18 miliardi di euro lungo tutto l’arco temporale della sua durata. Nella sua definizione, il Governo ha dimostrato grande apertura nei confronti di Confindustria e abbiamo lavorato molto affinché si arrivasse a un risultato il più possibile soddisfacente per tutti. Il Piano, pienamente operativo da inizio anno, anche se perfettibile e con ancora alcu-

ni punti specifici da chiarire da parte del MISE, rappresenta una grande occasione per l’industria manifatturiera che vuole rinnovarsi e crescere. Le misure sono prevalentemente di natura fiscale, anche cumulabili tra loro, e ogni azienda le può attivare in modo automatico senza ricorrere a bandi o sportelli e, in molti casi, senza vincoli dimensionali, settoriali o territoriali. Il successo del Piano dipenderà molto da quanto le aziende lo useranno”. Il ministro Calenda, rivolgendosi a una platea di industriali, ha dichiarato: “Fateci spendere molti soldi. Effettivamente è così: se le aziende sapranno conoscere e utilizzare questo pacchet-

to di strumenti, tutto il sistema ne trarrà grande vantaggio”. La sfida ambiziosa dell’Italia è quella di mutuarne l’approccio, adattandolo al tessuto imprenditoriale italiano dove, insieme a imprese di grandi dimensioni, convive un esteso sistema di PMI altamente dinamiche e innovative, in cui l’avvicinamento all’Industria 4.0 dovrà trovare strade nuove. “Sono convinto - ha concluso Busetto - che la ‘via italiana’ a Industria 4.0 avrà successo. L’occasione è unica: tutte le imprese, anche le più piccole, avranno la possibilità di fare un upgrading tecnologico, ricavandone un forte vantaggio competitivo”.

Come cambia l’approccio

È in atto un cambiamento radicale che richiede una rivisitazione della realtà produttiva, le aziende di ogni dimensione possono trovare soluzioni per aumentare la produttività e ridurre i costi. Tuttavia questa “rivoluzione” è possibile anche senza stravolgere la propria attività, procedendo per gradi , soprattutto le piccole e medie imprese in pochi anni possono raggiungere nuovi modelli di business. L’obiettivo è la trasformazione tecnologica delle imprese manifatturiere italiane verso modelli di organizzazione basati su digitalizzazione, connettività, interconnessione di macchine e sistemi all’interno di una fabbrica e tra la fabbrica e l’esterno.

SPS IPC Drives Italia: la fiera dell’automazione in Italia

Giunta alla settima edizione SPS Italia si terrà alla fiera di Parma dal 23 al 25 maggio 2017. Il comparto dell’automazione in Italia è cresciuto mediamente del 5% annuo dal 2012 a oggi e il fatturato totale generato nel mercato dell’automazione manifatturiera nel 2015 è cresciuto del 7,3% raggiungendo i 4,2 miliardi di euro. SPS Italia è la manifestazione che rispecchia questa crescita, un segnale importante che può e deve favorire l’interesse per il comparto manifatturiero. Quest’anno la fiera si svilupperà su 4 padiglioni espositivi, uno in più dell’edizione precedente. Negli esempi che seguono vogliamo presentare soluzioni per migliorare la trasformazione tecnologica delle imprese.

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SMART WATER MODELLING: INTEGRARE TELECONTROLLO E MODELLAZIONE È stato presentato a Forlì presso il Polo tecnologico di telecontrollo del Gruppo Hera un sistema innovativo in grado di fornire in tempo reale previsioni sullo stato futuro di funzionamento della rete, consentendo di prevenire con cura e precisione eventuali criticità e ottimizzare il funzionamento della rete. Dopo oltre un anno di test è terminata positivamente la sperimentazione del progetto, che ha visto collaborare fattivamente e in stretta cooperazione diverse strutture del Gruppo Hera con l’azienda inglese HR Wallingford, leader internazionale nell’analisi, consulenza e supporto nel campo dell’ingegneria idraulica e ambientale e nella gestione del sistema idrico. L’aspetto innovativo del progetto consiste nell’integrazione fra la telegestione impiantistica e la modellazione numerica delle reti idriche con le rappresentazioni virtuali delle reti e i numerosissimi dati di monitoraggio raccolti in continuo dai sensori diffusi sul territorio. In particolare, rispetto alla tradizionale raccolta dati, questo nuovo sistema integrato consente di avere un livello di previsione accurato e in costante aggiornamento, alla base del quale c’è un software che analizza automaticamente e a intervalli regolari lo stato della rete idrica. Il risultato restituito agli operatori del telecontrollo e ai gestori di rete consiste in una proiezione dinamica delle portate e delle pressioni che si verificheranno in ogni punto della rete nelle successive 24 ore e in una serie di avvisi e allerte geo-referenziati che indicano gli elementi di potenziale criticità previsti nello stesso arco temporale.

EATON METTE IN SCENA SOLUZIONI PER MACCHINE PIÙ INTELLIGENTI ED ERGONOMICHE PER LE FABBRICHE DEL FUTURO Rendere macchine e impianti compatibili con l’IoT (Internet of Things) è una delle sfide che le aziende di oggi si trovano ad affrontare. Eaton sostiene che la soluzione sia un’intelligenza distribuita, a partire dai singoli componenti elettrici e idraulici della macchina, basata sul sistema di cablaggio intelligente SmartWire-DT e su protocolli di comunicazione aperti. I visitatori della fiera avranno modo di conoscere le nuove soluzioni per aumentare sicurezza ed economicità del networking nell’ambito delle applicazioni industriali che Eaton sta sviluppando insieme all’operatore tedesco T-Systems sfruttando le potenzialità offerte dal protocollo OPC-UA per la comunicazione M2M e M2Cloud. A questo proposito, Eaton presenterà a SPS anche i nuovi PLC della serie XC300, che, grazie a un server OPC integrato, si inseriscono perfettamente nell’architettura dell’automazione industry 4.0. Al di là delle enormi opportunità offerte dal cloud a livello di monitoraggio da remoto e manutenzione predittiva, il miglioramento della continuità di servizio della macchina passa anche attraverso una tecnologia HMI intuitiva. Eaton presenterà un nuovo modello di HMI/PLC della serie XV300 che offre un livello di intuitività paragonabile a quello di uno smartphone, soddisfacendo quindi le esigenze della nuova generazione di operatori “digital native” delle Smart Factory. Inoltre, per far fronte alla crescente richiesta di macchine dal design moderno, Eaton presenterà la sua nuovissima gamma di pulsanti RMQ Flat Front e FlatRear che aumentano il valore della macchina non soltanto dal punto di vista dell’ergonomicità e della compattezza, ma anche a livello estetico. “Gli incentivi governativi, recentemente ampliati dal nuovo Piano Industria 4.0, offrono alle aziende del nostro paese un nuovo stimolo a investire nell’innovazione tecnologica” commenta Massimo Bartolotta, Machinery OEM Segment Manager per l’Italia presso Eaton. “Quest’anno a SPS Italia vogliamo dimostrare sia ai costruttori di macchine sia agli utilizzatori come sia possibile sfruttare al meglio gli enormi vantaggi che l’industry 4.0 comporta”. Un’altra tematica a cui Eaton dedicherà spazio è la protezione dei circuiti. In seguito ai recenti cambiamenti apportati al National Electrical Code (NEC 2017), i costruttori di macchine che desiderano esportare le proprie soluzioni in Nord America dovranno adeguare i loro sistemi ai nuovi requisiti sulla corrente di corto circuito (SCCR). Eaton propone una vasta gamma di prodotti e di competenze consultabili attraverso una serie di whitepaper e una guida completa che illustra le regole da seguire per realizzare quadri elettrici nel rispetto della normativa vigente. Ci sarà inoltre modo di parlare di efficienza energetica e scoprire una serie di soluzioni di ampio respiro sia per la sicurezza e l’affidabilità dell’avviamento sia per la protezione dei motori ad alta efficienza energetica IE3 e IE4.

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NUOVI ARRIVI PER B&R I due nuovi arrivi nella famiglia di Automation PC e Panel PC arricchiscono il portfolio B&R e combinano i vantaggi di un sistema compatto con le prestazioni dei più recenti processori Core-i. Sono disponibili sia nel fattore di forma box PC: Automation PC 3100, estremamente compatto o nella versione con display sostituibile: Panel PC 3100, scalabile con pannelli di ogni dimensione. Questi nuovi PC industriali offrono grande modularità grazie alla varietà di opzioni di comunicazione: due slot per ospitare schede per interfacce seriali, Ethernet, CAN e POWERLINK (gli slot possono essere utilizzati anche per una soluzione UPS o un’interfaccia audio). A bordo sono disponibili slot per due dispositivi di memorizzazione CFast con formato fino a 256 GB. Le schede CFast possono essere utilizzate in RAID per avere un backup a bordo. I processori sono basati sulla settima generazione di tecnologia Intel Core-i e possono scalare su tutta la gamma - dal Celeron al Core i7. Tutte le varianti sono senza ventola, quindi i PC industriali non presentano parti rotanti soggette a usura. Grazie alla combinazione di elevate prestazioni e dimensioni compatte la serie 3100 si posiziona tra la serie ultra-compatta 2100 e la soluzione high-end 900/910. I costruttori di macchine potranno ora ritagliare con precisione il proprio PC industriale secondo le esigenze specifiche richieste dell’applicazione e le preferenze del cliente finale. L’Automation PC 3100 è progettato per controllare pannelli remoti, mentre il Panel PC 3100 può essere combinato con qualsiasi Automation Panel, da 10.1” in su, per formare una soluzione completa PC+pannello. Le opzioni spaziano da display VGA 4:3 a pannelli widescreen Full HD, mono o multi-touch.

OMRON: L’INCONTRO TRA AUTOMAZIONE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE CAMBIERÀ IL PARADIGMA PRODUTTIVO Le soluzioni integrate, intelligenti e interattive consentono ai produttori tramite l’innovazione delle loro macchine di migliorare l’efficienza, la flessibilità, la qualità e il rendimento. I principali produttori del mondo fanno affidamento sulle avanzate soluzioni Omron nel campo della robotica, dei veicoli intelligenti autonomi (AIV) e dei sistemi di visione, controllo, sicurezza e ispezione. L’integrazione verticale e orizzontale, la gestione intelligente dei dati di produzione e la collaborazione uomo-macchina rendono più facile l’ottimizzazione della produzione. Oltre a sviluppare, produrre e brevettare tali tecnologie, Omron fornisce l’architettura necessaria per implementarle in maniera efficace nei siti produttivi. Omron stessa utilizza le sue soluzioni nei suoi siti produttivi. La piattaforma di automazione Sysmac è stata studiata appositamente per assicurare un controllo e una gestione completa degli impianti in un unico ambiente software. La programmazione basata su standard e reti aperte consente di creare un sistema standardizzato a livello mondiale. Fulcro di questa piattaforma, la serie delle macchine controller NJ e NX che assicurano il controllo sincrono di tutti i dispositivi della macchina e offrono funzioni avanzate come motion, robotica, visione, sicurezza e connettività ai database. Questo approccio multidisciplinare consente di semplificare l’architettura delle soluzioni, di ridurre la programmazione e di ottimizzare la produttività. Il modello NX1 è il controller entry-level della piattaforma Sysmac che integra connettività EtherNet/ IP ed EtherCAT, motion control e I/O in una custodia compatta, mettendo a disposizione delle macchine di taglia medio - piccola motion control e sequence control. La camma elettronica e l’interpolazione aumentano la velocità e la precisione delle macchine dando luogo a miglioramenti della produttività e della qualità. I dati provenienti dai dispositivi e acquisiti tramite la porta EtherCAT integrata e l’unità master IO-Link installata possono essere condivisi fra le macchine tramite la porta EtherNet/IP, contribuendo a ridurre i tempi di inattività delle macchine e ad aumentarne la produttività grazie all’abilitazione della manutenzione predittiva e dell’integrazione completa.

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UN PROGETTO UNICO. STEP BY STEP Concordia: un’opera di demolizione senza precedenti di Vittorio Omini*

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ondata nel 1946, dal 1984 F.lli Omini S.p.A. si occupa di demolizioni industriali; specializzata nella riqualificazione dei più importanti siti industriali, è diventata un punto di riferimento importante a livello nazionale e internazionale nel settore della chimica, della petrolchimica, del termoelettrico e del nucleare. Nel Luglio 2015 SHIP RECYCLING s.c.a.r.l. ha affidato alla nostra società il progetto “Demolizione delle parti metalliche del Relitto Concordia”. Il relitto della nave da crociera “Concordia” è stato oggetto di un’enorme esposizione mediatica sia per la tragicità dell’evento e sia per l’imponente dimostrazione di abilità e competenze tecnologiche messe in campo dalle migliori realtà del settore ingegneristico e industriale a livello mondiale. La “Concordia” è la più grande nave da crociera mai affondata: 114.500 tonnellate, 290 metri di lunghezza (il Tita-

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nic ne misurava 269) per un’altezza di 35,5 metri. Fin dal primo momento il nostro staff ha avuto la sensazione di doversi misurare con un progetto unico, dato che, oltre all’enorme impatto emotivo, bisognava compiere una demolizione navale di enorme portata. Tutti gli attori coinvolti nel recupero e nello smantellamento del relitto sono realtà d’indiscussa professionalità in grado di gestire le problematiche legate alla delicatezza strutturale del relitto e alla gestione logistica di grandi quantità di materiale in spazi ristretti, sia a bordo nave e sia in banchina, in presenza di realtà produttive attive confinanti. Le nostre scelte tecniche hanno beneficiato dell’esperienza acquisita su progetti di decommissioning dei siti industriali italiani più delicati. Il nostro personale ha maturato abilità che gli consentono di muoversi e operare in modo chirurgico, demolendo e/o

smontando impianti, in settori ad alta criticità, quali quello chimico, petrolchimico, termoelettrico e nucleare. Al progetto Concordia ha lavorato una squadra composta da 25 dipendenti, due ingegneri, un Project Manager e un responsabile HSE, da agosto 2015 a maggio 2017. Le lavorazioni si sono svolte all’interno dell’area portuale di Genova, la quale è considerata una delle più importanti d’Italia; copre una superficie di oltre 700 ettari terrestri e oltre 500 ettari di specchi d’acqua. Vista la sua importanza è il porto italiano più trafficato da navi di grosso tonnellaggio ed è anche utilizzato come stazione di smontaggio. L’appalto è stato diviso in due step: il primo comprendeva la demolizione e rottamazione dei ponti del relitto, dal 14° al 2°, oltre allo smontaggio e alla demolizione di alcuni cassoni di galleggiamento (sponsons). Questa pri-


ALCUNI NUMERI DEL PROGETTO Carico medio garantito di ferro al giorno

80-100 t

Totale ferro demolito

45.000 t

Trasporti tramite chiatte e pontoni

ma fase è partita ad agosto 2015 e si è conclusa a giugno 2016. Il secondo step, attualmente in fase di conclusione, prevede la demolizione e rottamazione delle strutture restanti, compreso lo scafo, all’interno di un bacino di carenaggio (dry dock n. 4).

PRIMO STEP: LA DEMOLIZIONE AL MOLO EX SUPERBACINO

Come anticipato, il primo step ha affrontato la demolizione dal ponte 14 al ponte 2 del relitto oltre ad alcuni sponsons con lo scopo di restituire una galleggiabilità autonoma al relitto riducendone, allo stesso tempo, le dimensioni, per permetterne l’ingresso all’interno del dry dock 4. Il secondo step ha affrontato la demolizione di tutti i ponti e le strutture inferiori al ponte 2. Tra il primo e il secondo step il relitto è stato spostato dal molo ex superbacino al dry dock 4. In entrambi gli step le lavorazioni si sono svolte sia a bordo

che a terra, queste ultime in un’area di banchina denominata “Calata Grazie”. Nel primo step le lavorazioni a bordo si sono svolte seguendo due diverse metodologie: immaginiamo il relitto diviso in due metà da una linea che lo attraversa da poppa verso prua. La porzione di sinistra è stata demolita e rottamata direttamente a bordo, in pezzatura ricevibile dall’acciaieria (circa 1,5 x 0,5 m) utilizzando due gru di banchina della portata massima di 20 ton (circa 10 nei punti di sollevamento più distanti). La porzione di destra, invece, è stata demolita a bordo mediante il sezionamento della nave in grossi blocchi del peso di circa 80/100 ton. Per il sollevamento dei blocchi ci siamo avvalsi di un pontone della portata di 200 ton. I blocchi sono stati poi rottamati presso la banchina di Calata Grazie con l’utilizzo, oltre che di operatori per i sezionamenti e i tagli, di due grossi escavatori cingolati del peso di

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circa 50 tonnellate ciascuno. Si è deciso di seguire questa doppia metodologia di lavoro perché il posizionamento del relitto, rispetto alla banchina, non permetteva al pontone di avvicinarsi sufficientemente al lato sinistro del relitto. L’unica possibilità operativa, rispettando tutti i criteri di sicurezza, era pertanto quella di operare direttamente a bordo nave, procedendo con una tecnica di lavoro più labour intensive. A terra come a bordo si è dovuto lavorare calcolando ogni minimo dettaglio e calibrando con attenzione la gestione di uno spazio molto ristretto. Inoltre per non compromettere la stabilità del relitto le attività di demolizione sono avanzate due piani alla volta. Questo ha reso necessaria un’importante attività di coordinamento per poter dare continuità ai lavori ed evitare che una delle due squadre di lavoro si dovesse fermare nell’attesa che l’altra raggiungesse lo stesso avanzamen-

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to. La stabilità del relitto era costantemente monitorata da un sistema di sensori e da 5 estensimetri, tuttavia il sistema di monitoraggio non ha mai evidenziato situazioni di stress del relitto. Nell’esecuzione dell’opera abbiamo dovuto rispettare due importanti vincoli: • le tempistiche richieste dalla committente; • la portata dei ponti stimata in circa 550 kg/m2 che non ci permetteva di operare con mezzi eccessivamente grossi. La nostra risposta alle esigenze della committente si è concretizzata operando a bordo mediante miniescavatori dotati di polipo e diversi sollevatori

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idraulici, con questi abbiamo gestito la movimentazione di tutto il materiale rottamato a bordo e abbiamo raggiunto gli obiettivi prestabiliti sia in termine di volumi rottamati che di rispetto dei tempi e dei parametri di sicurezza. Nell’utilizzo del pontone della portata di 200 ton, lo studio dei tagli e dei punti di imbraco ci permetteva di rimuovere blocchi del peso oscillante tra le 60 e le 100 ton senza dovere prevedere strutture di rinforzo, a esclusione della parte danneggiata del relitto che è stata rinforzata a scopo precauzionale. Dopo aver rimosso 23.000 tonnellate di materiali metallici, 10.000 tonnellate di rifiuti misti e aver ridotto la lunghezza del relitto, la nave è tornata a galleggiare autonomamente ed è stata

portata al bacino di carenaggio, il dry dock n. 4. Rimosso l’ultimo cassone, ci sono volute due ore per percorrere le due miglia tra l’ex Superbacino e il dry dock.

SECONDO STEP: LA DEMOLIZIONE NEL DRY DOCK N. 4

Il secondo step del progetto, partito a settembre 2016 e ad oggi in fase di chiusura, ha riguardato la demolizione dello scafo nell’area del dry dock n. 4. Nella seconda fase era prevista la rimozione di ulteriori 22.000 tonnellate di materiali metallici. La demolizione è proseguita secondo la stessa metodologia adottata per la demolizione dei ponti, rimuovendo blocchi (questa volta su tutti i lati del relitto) delle dimensioni massime di 35 m di lunghezza, 12 m di larghezza e 7/8 m di altezza per un peso che oscillava tra le 35 e le 40 tonnellate, successivamente ridotte volumetricamente. A bordo la rimozione di piccole parti di struttura è avvenuta con l’ausilio delle due gru di banchina. Il materiale è stato preparato direttamente a bordo in pezzatura ricevibile dalle acciaierie. L’ingresso all’interno del bacino è stato complesso per via degli spazi ristretti: 70 cm tra bordo del relitto e paratie e 30 cm d’acqua tra chiglia e fondo. Il problema della gestione di grosse quantità di materiale in spazi ridotti è stato da subito percepito come una questione fondamentale per la buona riuscita del progetto. Basti pensare che gli spazi dedicati alle lavorazioni e allo stoccaggio del materiale ai piedi del relitto erano strettissimi già nel primo step (1275 m2 nella banchina molo ex superbacino dove venivano stoccati e movimentati anche tutti i rifiuti in uscita dal relitto) e sono addirittura scomparsi nel secondo step obbligandoci a gestire tutto il materiale direttamente a bordo, coordinando gli sbarchi con la disponibilità dei trasporti per azzerare le soste a terra, mentre sono rimasti invariati gli 870 m2 a Calata Grazie utilizzati per la demolizione, la rottamazione e lo stoccaggio dei blocchi smontati dal lato di destra. I blocchi stessi occupavano già di per sé circa 360/400 m2. Le azioni poste in essere per gestire queste criticità sono state:


il numero di addetti presenti costantemente in cantiere era quello necessario a gestire i momenti di picco di attività. Questo ha comportato il mantenimento della squadra al completo in ogni fase di lavoro; • l’organizzazione degli spazi di cantiere e quindi la gestione quotidiana delle possibili interferenze; • l’ottimizzazione dell’attrezzatura in considerazione degli spazi disponibili. Per garantire gli elevati standard di sicurezza (la nostra società può vantare un libro infortuni attestante 16 anni di attività a infortuni e incidenti zero), durante i circa 22 mesi di lavorazioni abbiamo addestrato il nostro personale con 450 ore di riunioni formative interne e ci siamo coordinati con le numerose imprese coinvolte con 400 riunioni di sicurezza e coordinamento. Ad oggi possiamo concludere questa incredibile esperienza pensando a un momento importantissimo per la storia della nostra società che si è potuta confrontare con una sfida decisamente stimolante e che ci ha permesso di trovare in risposte tecnologicamente “semplici” ma di “difficile” implementazione, la chiave per orchestrare e gestire un progetto indubitabilmente unico. *Project Manager Concordia, F.lli Omini S.p.A.

L’aquila in picchiata La cesoia utilizzata per tagliare le ultime parti della Concordia e delle strutture costruite per il suo ultimo viaggio è una SH Eagle II 410R di Mantovanibenne. L’attrezzatura dal peso di 4.700 kg ha minuziosamente inciso la struttura dei cassoni di galleggiamento utilizzati per il trasporto della Concordia in pezzature ideali al successivo riciclaggio. La F.lli Omini ha acquistato due attrezzature dello stesso modello per utilizzarle su escavatore cingolato Cat 345B. La serie delle cesoie Eagle II è stata espressamente ideata dall’azienda di Mirandola per la demolizione di strutture metalliche e per lo smantellamento di navi e aerei, senza dimenticare la lavorazione di acciaio e materiali ferrosi. Ogni dettaglio della struttura e dell’idraulica della cesoia è stato messo a punto per massimizzare produttività, compattezza della macchina e robustezza. La linea Eagle II è prodotta con gli acciai migliori, assicurando la massima compattezza dell’attrezzatura con la migliore resistenza possibile all’abrasione. Tra le principali caratteristiche possiamo evidenziare il puntale imbullonato per sostituzioni rapide, la lama frontale che assicura tagli precisi e che può essere girata per utilizzarla sul lato opposto, tutte le lame sono state ridisegnate con un taglio romboidale per ridurre lo stress sul gambo e ogni lama può essere girata 4 volte prima della sostituzione. L’intera gamma SH Eagle II è dotata di Speed Valve per massimizzare i tempi del ciclo e fornire il massimo sforzo quando richiesto. La linea SH Eagle II è rappresentata da una testa di aquila reale con il becco aperto che simboleggia la potenza dimostrata anche durante questo lavoro, dato che l’acciaio della struttura dei cassoni che hanno permesso alla Concordia di risollevarsi e viaggiare fino al porto di Genova sono caratterizzati da estrema durezza.

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L’energia è intorno a noi Il mondo del biogas, del biometano e delle energie rinnovabili è in fermento in questi anni. In Italia c’è un’azienda che si sta distinguendo perché ha realizzato oltre 200 impianti di Laura Veneri

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l 2008 è stato l’anno della grande crisi che ha schiacciato il mondo e ridimensionato le aspettative. Ma non quelle di tutti. Anzi, proprio nel 2008, Marco Mazzero e Marzio Ottone hanno inaugurato IES Biogas imponendosi nel settore e arrivando a fatturare nel 2012 più di 100 milioni di Euro. IES è l’acronimo di “Intelligent Energy Solutions”, soluzioni intelligenti di energia, perché “utilizzare fonti rinnovabili o rifiuti per produrre energia è una soluzione intelligente e inoltre vogliamo mettere intelligenza in tutte le soluzioni che proponiamo, distinguendoci dagli altri” ci spiegano i fondatori della società. Oggi l’azienda è presente anche all’estero, in Est Europa, precisamente Romania, Polonia e Ungheria, in Sud America, Nord Africa e Stati Uniti. IES Energy Group, nato proprio dall’esperienza di IES Biogas, è specializzato nella progettazione, fornitura, realizzazione, gestione e assistenza di impianti per produzione di energia rinnovabile e waste to energy. L’azienda si compone di 3 divisioni così strutturate: • IES Biogas è la divisione dedicata alla progettazione, realizzazione, gestione e assistenza

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di impianti biogas/biometano nel settore agricolo e agro-industriale; IES Waste è la divisione focalizzata nella gestione e completa valorizzazione dell’intero ciclo dei rifiuti partendo dalle fasi di selezione e separazione, ai vari trattamenti e riciclaggio dei principali componenti (carta, cartone, plastica, alluminio, vetro), fino alla produzione di energia dalla frazione organica (processo di digestione anaerobica) e dal combustibile solido secondario e, infine, la produzione di compost (processo di digestione aerobica); IES PV Power è la divisione interamente dedicata a progetti in ambito solare fotovoltaico in grado di offrire un’ampia gamma di soluzioni, prodotti e sistemi per ogni ambito applicativo e ogni specifica richiesta del cliente (parchi fotovoltaici, sistemi ibridi e impianti on-grid e off-grid).

Biogas: un’opportunità per produrre energia in modo sostenibile

Il biogas è una delle fonti alternative più utilizzate per la produzio-

ne di energia rinnovabile: è il prodotto della biodegradazione della sostanza organica in assenza di ossigeno, processo comunemente denominato digestione anaerobica. Vari substrati vengono convogliati all’interno di un apposito contenitore, il fermentatore, paragonabile a un grosso rumine artificiale. Qui, in assenza di ossigeno e a temperatura controllata, batteri dedicati degradano la sostanza organica. L’energia racchiusa nei legami chimici di proteine, grassi e carboidrati è rilasciata e immagazzinata principalmente nelle molecole di metano (CH 4 ) che, assieme all’anidride carbonica (CO 2 ) sono i principali costituenti del biogas. Altre sostanze presenti in minor percentuale sono ossido di carbonio (CO), azoto (N 2 ), idrogeno (H 2 ), idrogeno solforato (H 2 S). Colture dedicate quali mais, frumento, sorgo, granella, in combinazione con liquami e letami, sono ottime materie prime per la produzione di biogas. Inoltre possono essere utilizzati anche scarti dell’industria agroalimentare. Il biogas possiede un alto potere calorifico e può essere convertito in elettricità e calore attraverso l’utilizzo di un cogeneratore. L’energia elettrica prodotta viene ceduta alla


rete pubblica, l’energia termica viene utilizzata in parte per il processo di fermentazione stesso, in parte per il teleriscaldamento di stalle, uffici, abitazioni, ma anche, vista la grande quantità prodotta, fornire calore a un processo industriale. Alla fine del processo di fermentazione si ottiene il digestato, un materiale liquido, completamente inodore e ad altissimo valore agronomico, con caratteristiche migliorative rispetto

al materiale di partenza. Questo viene riportato nei campi come ottimo fertilizzante. Il biometano è un prodotto del biogas ottenuto attraverso l’uso di un processo denominato “Upgrading” (purificazione del biogas e estrazione delle particelle di CH 4 , purezza fino al 98%). Il biogas è indicato dall’Unione europea tra le fonti energetiche rinnovabili non fossili che possono garantire non solo au-

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tonomia energetica, ma anche la riduzione graduale dell’attuale stato di inquinamento dell’aria e quindi dell’effetto serra. Un importantissimo vantaggio ambientale della produzione e dell’utilizzo del biogas è quello di ridurre le emissioni di gas serra. La CO 2 prodotta dalla combustione del biogas, permette quasi di pareggiare il bilancio dell‘anidride carbonica emessa in atmosfera. La CO 2 emessa dal biogas è la stessa CO 2 fissata dalle piante (o assunta dagli animali in maniera indiretta tramite le piante), al contrario di quanto avviene per la CO 2 emessa dalla combustione dei carburanti fossili. Ulteriore vantaggio ecologico nell’utilizzo del biogas, è quello di impedire la diffusione nella troposfera del metano emesso naturalmente durante la decomposizione della sostanza organica: il metano è infatti uno dei gas serra più potenti, con un potenziale di riscaldamento globale ben 21 volte superiore all’anidride carbonica. Negli impianti biogas, il metano, non è rilasciato nell’atmosfera ma captato e trasformato in acqua, anidride carbonica ed energia attraverso la combustione. Nell’attività di produzione del biogas, due aspetti si fondono l’uno nell’altro, ovvero la produzione di energia rinnovabile e la tutela della qualità degli ecosistemi. Il biogas è un’opportunità per produrre energia localmente e in modo sostenibile, migliorare l’impatto ambientale degli allevamenti, diversificando il reddito delle aziende agricole e offrendo all’agricoltore la possibilità di un guadagno sicuro. Il biogas può essere anche strumento per nobilitare al ruolo di “risorsa” sottoprodotti dell’attività zootecnica e agricola difficili da riutilizzare altrimenti, che si trasformano così in opportunità di ulteriore reddito

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e leva per un ambiente più salubre. A tutto vantaggio della qualità delle acque, dell’aria e del suolo.

Case History Tombesa

Uno degli ultimi impianti biogas realizzato da IES Biogas è l’impianto della Società Agricola Tombesa in provincia di Padova. È un impianto innovativo ed efficiente in grado di immettere energia rinnovabile nella rete elettrica nazionale fino a 300 kW all’ora e soddisfare il fabbisogno di 900 famiglie, senza sprechi, senza odori, a tutto vantaggio dell’ambiente e della collettività. Contestualmente vengono prodotti energia termica per il teleriscaldamento e fertilizzante naturale di qualità. Così il ciclo si perpetua nel tempo, con un elevato livello di efficienza. I liquami e i letami provenienti dalla stalla, insieme a paglia di frumento, stocchi di mais, insilato di mais e insilato di triticale, vengono inseriti

L’alimentazione idrica antincendio I criteri seguiti da Idroelettrica SpA per la realizzazione della centrale pompe e della riserva idrica antincendio, che insieme costituiscono l’alimentazione idrica antincendio, sono stati: • capacità della riserva idrica pari ad almeno 20 m³ utili (dato di progetto); • il gruppo di pressurizzazione deve fornire almeno una portata di 40 m³/h ad una prevalenza di 40 m.c.a. (dati di progetto); • garanzia della massima affidabilità di funzionamento; • l’accessibilità ai locali tecnici in ogni condizione; • minimo volume occupato all’esterno; • rispetto delle normative tecniche UNI EN 12845 / UNI 11292 / UNI 10779; • rispetto del Testo Unico sulla sicurezza 81/2008. Per il raggiungimento di tutti gli obiettivi di progetto, si è scelto di installare un sistema Fireblock a marchio CE prodotto da Idroelettrica. Il Fireblock si compone di due elementi principali collegati fra loro: un serbatoio di riserva idrica da esterno e un locale prefabbricato da esterno (Firebox) avente resistenza al fuoco di 60 minuti, e contenente all’interno un gruppo di pressurizzazione antincendio UNI EN12845. Il gruppo di pressurizzazione antincendio è costituito da una pompa principale da 40 m³/h/40 m.c.a. tipo centrifuga monogirante normalizzata “end suction”, ad asse orizzontale del tipo “back pull out” accoppiata a un motore diesel; il sistema è completato dai quadri elettrici di comando delle pompe e da tutti gli accessori previsti dalla UNI EN 12845. Il locale pompe Firebox ha tutte le pareti laterali completamente apribili, ed è quindi pienamente e facilmente accessibile, in sicurezza, sia in esercizio che in fase di manutenzione. Il locale realizza il minimo ingombro possibile in pianta in quanto, secondo la norma UNI 11292, per questo tipo di locale è possibile comprendere nello spazio di lavoro richiesto intorno al gruppo di pressurizzazione anche lo spazio esterno al manufatto; il locale e il gruppo sono certificati secondo UNI 11292 e UNI EN 12845. La riserva idrica è realizzata con una vasca metallica da esterno collegata a fianco del locale pompe, all’interno della vasca è stoccata la riserva idrica da 20 m³ utili. L’installazione del Fireblock ha consentito di ottenere un’alimentazione idrica certificata e inoltre: • idraulicamente sottobattente, • continua ed affidabile, • locale pompe esterno di minimo ingombro e accessibile in sicurezza.

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giornalmente all’interno del fermentatore. Qui permangono per circa 50 giorni per poi passare nella vasca di stoccaggio coperta. Il processo è di tipo a “mono stadio” e avviene a una temperatura di 38-42°C (mesofilia). La desolforazione è di tipo biologico per iniezione di piccolissime quantità di ossigeno. La struttura interna e una rete desolforatrice offrono un’ottima superficie per la colonizzazione dei batteri desolforatori. Il biogas prodotto viene convogliato al cogeneratore che produce energia elettrica ed energia termica. La prima viene ceduta alla rete pubblica, il calore invece viene riutilizzato in parte per il processo di fermentazione, in parte per il teleriscaldamento delle stalle e degli uffici. Alla fine del processo di fermentazione si ottiene il digestato che, come detto in precedenza, possiede caratteristiche migliorative rispetto al materiale di partenza.

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Come in un film Demolizione di un ex impianto industriale con protagonisti d’eccezione di Laura Veneri

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embrerebbe la scena ideale per un film o un video musicale. Uno sceneggiatore potrebbe ambientare in questi luoghi un film di azione. Anche il nostro potrebbe essere un film di azione. Arriviamo nel complesso industriale in disuso, scarpe antinfortunistiche ai piedi, elmetto in testa e via in silenzio nei luoghi vissuti da produzioni economiche non più attive. Ci aggiriamo tra costruzioni abbandonate che conservano ancora un grande fascino perché imponenti. La natura poco alla volta si riappropria degli spazi e si insinua in intervalli angusti colorando di verde un ambiente altrimenti grigio.

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Il silenzio ci avvolge, solo i nostri passi e in lontananza, un ronzio di macchine al lavoro. Mano a mano ci avviciniamo e l’inquadratura iniziale del nostro film è lì che ci aspetta. Due grossi escavatori stanno tagliando con pazienza un grosso serbatoio metallico. Non è il primo e non sarà l’ultimo. Ed ecco che appaiono anche i personaggi principali del film: la cesoia idraulica CS 25RS e il frantumatore Multi kit modello MK 20 con kit cesoia-lamiere e kit frantumatore. Tutto di provenienza Trevi Benne. Attrezzature nuove che fanno parte di un rinnovato parco attrezzature che la Ecofelsinea ha da poco terminato di acquistare. Chri-

stian Tadiotto, Responsabile Marketing Trevi Benne ci spiega che “negli ultimi tre anni, Ecofelsinea ha investito molto in nuove attrezzature acquistandone sei, tra cui una CS 25, un polipo per il rottame, una MK20 con due kit (kit cesoia e lamiere e kit frantumatore) e tre FR20 (i classici frantumatori per la demolizione del calcestruzzo)”. La nostra inquadratura mette a fuoco la cesoia CS 25RS, destinata ai moderni cantieri di demolizione industriale che necessitano di forze di taglio rilevanti. La geometria della bocca e la disposizione delle lame consentono di avere un taglio lineare e netto del rottame permettendo di semplificare


le operazioni di carico, riducendo i costi di movimentazione e trasporto. Mauro Ferri, operatore macchina di Ecofelsinea a lavoro nel cantiere, racconta: “all’inizio ero un po’ scettico su alcune attrezzature, soprattutto sulla cesoia. La sua forma così allungata non mi convinceva, ma poi mi sono ricreduto. È l’attrezzatura ideale per la demolizione di strutture in ferro perché non è ingombrante, permette una buona visibilità, è robusta e proprio la sua forma le consente di arrivare dappertutto. È una macchina che fa bene il suo lavoro: demolisce e non si demolisce”. Spostiamo l’inquadratura sull’altro attore principale, il frantumatore MK20, un’attrezzatura polifunzionale, indicata per ogni condizione lavorativa costituita da un corpo universale a cui vengono agganciati diversi kit di demolizione grazie a un innovativo sistema di sgancio: non più manuale ma con un principio idraulico senza dover rimuovere perni strutturali. In questa scena il frantumatore sta lavorando con il kit cesoia indicato in cantieri e in depositi per la demolizione industriale e per il taglio di materiali ferrosi come profilati, lamiere, tubazioni. Chiediamo a Simone Piva, Area Manager Trevi Benne, quali considerazioni hanno portato Ecofelsinea all’acquisto del MK20 per questo genere di demolizioni. “Cerchiamo sempre di rispondere alle esigenze dei clienti con la massima attenzione” ci spiega. “Consigliare la giusta attrezzatura al cliente, significa permettergli di ottenere il massimo guadagno dal suo lavoro senza sprechi di tempo dovuti a macchine non idonee. Quindi, quando Luca Nanni, titolare Ecofelsinea, ci ha contattati per questa demolizione, abbiamo fatto un sopralluogo in cantiere per verificare insieme le necessità. Tra le varie attrezzature specifiche già in uso all’azienda, abbiamo proposto il frantumatore multi kit perché era il più versatile e dava la possibilità di montare il kit cesoia lamiere che per questi serbatoi è l’ideale. Oltretutto, cambiare il kit è diventato molto semplice e veloce: in soli 4 minuti un operatore è in grado da solo di sostituirlo”. Cambiamo scena, abbandoniamo i serbatoi e seguiamo l’escavatore dotato di

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multi kit che si avvia verso un edificio in cemento armato per la demolizione secondaria dei pilastri di sostegno. Mentre un operatore cambia il kit in pochissimi minuti, chiediamo a Ferri, di descriverci come è cambiato il modo di fare demolizioni negli ultimi anni. “Le demolizioni sono cambiate molto negli ultimi anni” racconta l’operatore “una volta si demoliva alla bell’e meglio, senza preoccuparsi dei materiali di risulta. Oggi le demolizioni sono fatte con criterio: prima si tolgono tutti gli elementi recuperabili e poi si interviene con le macchine e le attrezzature per la demolizione. Occorrono attrezzature diverse a seconda del materiale da demolire. Con le nuove tecniche di demolizione e di strip out si differenziano molti materiali che possono essere inviati a recupero e riciclaggio e permettono un ulteriore guadagno”. Le riprese al complesso industriale dismesso per oggi possono dirsi concluse. Ci spostiamo presso il centro di riciclaggio inerti di Ecofelsinea per la scena finale dove troviamo un altro protagonista. Siamo a Bologna, dove la Ecofelsinea ha aperto il suo centro nel 2005, e dove ci accoglie Pietro Schiavina, il responsabile impianto. “Ritiriamo materiale edile come pietrisco, cemento, macerie, terre da scavo, parte di asfalto, inerti, scarti come plastica, carta, legno” ci spiega. “Ritiriamo il materiale, lo puliamo, lo selezioniamo, lo differenziamo e lo trattiamo grazie alle nostre macchine. Disponiamo di tre escavatori, due pale gommate, un frantoio REV90, un Cams e tre vagli Powerscreen”. Mentre ci descrive gli attori di quest’ultima scena al centro di riciclaggio, notiamo l’ultimo protagonista del nostro film: il frantumatore girevole FR 20RD. Azionato da un escavatore Case CX230C, sta frantumando il calcestruzzo dal materiale di risulta di vecchie demolizioni per liberare il ferro. Le caratteristiche strutturali della Serie FR consentono all’operatore di affrontare con un’unica attrezzatura le fasi di demolizione primaria e secondaria. Nella funzione di pinza primaria, essendo dotato di rotazione idraulica a 360°, riduce al minimo le operazioni di spostamento lavorando con precisione. La funzione di frantumatore secondario è garantita dalle ganasce tipiche di

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un demolitore standard e di due lame intercambiabili disposte per la tranciatura del tondino di armatura. La possibilità di eseguire le due fasi distinte di una demolizione con una sola macchina comporta il vantaggio economico di utilizzare un solo escavatore e di ridurre sensibilmente i tempi di esecuzione dei lavori di abbattimento. Le ganasce sono dotate di denti intercambiabili imbullonati, montati sia su quella fissa che su quella mobile, per soddisfare la necessi-

tà di sostituire i denti consumati dall’usura di una demolizione direttamente in cantiere evitando così di dover riportare le punte in officina e riducendo di conseguenza i costi di manutenzione. L’immagine finale di questo breve film è una veduta dall’alto del centro di riciclaggio: gli inerti di colore grigio beige sono lo sfondo di un quadro in cui si notano distinte macchie di colore che sono le macchine al lavoro, i camion che passano e gli operatori che si muovono.

Il modello Powerscreen® Warrior 1400X Il modello Powerscreen® Warrior 1400X è un vaglio flessibile destinato a operatori medio piccoli che cercano una macchina versatile dalle prestazioni elevate, per impiego gravoso, ma facile da trasportare. Questo modello si basa sul Warrior 1400 ma garantisce migliori prestazioni, minori costi di esercizio e maggiore praticità di utilizzo. Il suo energico vaglio è compatibile con barre Bofor, vagli a pettine, maglie tessute e lamiere forate. Tra i maggiori vantaggi, questo modello consente di sollevare il vaglio per accedere agevolmente alle reti. L’inclinazione del vaglio è a regolazione idraulica. È stato progettato pensando all’economia, con un basso consumo di carburante ottenuto grazie a un minore regime motore di 1.800 giri/min e impianto idraulico migliorato. Molte soluzioni per le reti offrono al modello Warrior 1400X un’altissima efficienza nelle applicazioni di frantumazione, vagliatura e riciclaggio; è inoltre in grado di lavorare materiali da demolizione misti, compresi rifiuti verdi, terra, calcestruzzo, legno e asfalto.


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Il centro di riciclaggio alluminio a “scarto zero” Le macchine TOMRA Sorting Recycling completano l’impianto per la selezione dell’alluminio di Bruno Vanzi

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l riciclo dell’alluminio è un’attività particolarmente importante per l’economia del nostro Paese, storicamente carente di materie prime. Ben il 90% dell’alluminio prodotto in Italia, in tutto identico a quello ottenuto dal minerale originale, proviene infatti dal riciclo. Non è quindi un caso che TOMRA Sorting Recycling abbia installato nel nostro Paese molteplici unità X-TRACT a raggi X per la selezione dell’alluminio da riciclo, in linea peraltro con le tendenze in atto a livello mondiale. Tra i centri di riciclo italiani spicca la Centro Rottami Srl di Cisterna di Latina; affidarsi alla tecnologia all’avanguardia di TOMRA è stato naturale per l’azienda laziale. Costituita nel 1985 per operare nel settore del recupero dei rottami ferrosi e non ferrosi (alluminio), la Centro Rottami si è trasferita nel 1994 nella zona indu-

striale di Cisterna di Latina, su un terreno di oltre 80.000 mq. Il centro lavora ogni mese circa 300/500 tonnellate di alluminio, 4000 tonnellate di rottame ferroso, 300 tonnellate di rottame non ferroso, 2000 tonnellate di pneumatici e 200 tonnellate di batterie al piombo. Di proprietà della famiglia Del Prete, l’azienda è innovativa, dinamica e all’avanguardia, sempre attenta alle possibilità offerte dal mercato. Racconta Gennaro Del Prete: “Crediamo fortemente nell’economia circolare; di conseguenza, il nostro obiettivo principale è quello di attuare un recupero totale delle materie di scarto che entrano nello stabilimento”.

Il processo di lavorazione

Obiettivo “zerowaste” dunque, in linea con le tendenze più green del momento. Vediamo in dettaglio cosa significa in termini

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di lavorazione grazie alle spiegazioni di Del Prete: “L’impianto di selezione dell’alluminio rientra nella parte finale di un complesso processo di trattamento del rottame in entrata su cui viene attuata una serie di processi progettati ad hoc attraverso macchinari da noi brevettati e attraverso l’utilizzo di due unità TOMRA che riducono al minimo lo scarto”. Si tratta nello specifico di un FINDER, acquistato nel 2008, e di una X-TRACT di nuovissima generazione, acquistata nel 2016 e da poco messa in funzione. L’Ing. Davide Cattaneo di Orion, la società italiana che distribuisce in Italia TOMRA Sorting Recycling, ci illustra nel dettaglio le macchine: “Al Centro Rottami il materiale viene lavorato a campagne; 3 pezzature in maniera alternata: 5-30 mm, 30-80 mm e >80 mm. L’unità X-TRACT installata ha permesso una migliore separazione del materiale lavorato, con con-

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seguente aumento di valore di quest’ultimo. La scelta di installare una X-TRACT di TOMRA è legata al fatto di valorizzare al meglio la qualità dell’alluminio recuperato dal processo di frantumazione e alla possibilità di sfruttare le possibili sinergie con la fonderia di alluminio confinante con l’azienda.” La tecnologia a raggi X (XRT) della X-TRACT consente di riconoscere e separare tutti i materiali in base alla loro densità atomica e di classificare materiali di elevata purezza, indipendentemente dalla loro dimensione, umidità o livello di inquinamento. Leopoldo Del Prete, Amministratore dell’azienda, racconta: “TOMRA è un’azienda che ci dà molta fiducia e il suo distributore italiano Orion si è sempre rivelato un partner professionale sin dalla fase di consulenza pre-acquisto. Per questo ci siamo rivolti a loro quando si è trattato di dover acquistare la seconda unità X-TRACT per la lavorazione dei metalli. In tanti anni il Finder TOMRA non ci ha mai dato pro-

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blemi. Un ottimo biglietto da visita”. La tecnologia X-TRACT di TOMRA, grazie alla sua tecnologia di selezione a raggi X, permette di ottenere una migliore qualità dell’alluminio, aumentandone la purezza e di conseguenza il valore di vendita; al momento l’unità è distaccata dal resto dell’impianto e la lavorazione (come per il Finder) avviene a campagne. Spiega l’ing. Cattaneo: “Per la fonderia adiacente, utilizzare un alluminio più pulito porta a dei benefici indiretti durante la fase di fusione: uno di questi è la riduzione dei tempi di fermo per la pulizia del forno e il dispendio di energia che ne deriva per riportare il forno in temperatura. Quindi tempi di fermo macchina e consumi energetici inferiori, il che significa maggiori profitti”. Leopoldo Del Prete ha spiegato dettagliatamente il suo processo di produzione “a scarto zero”, dalla ricezione del materiale alla produzione di materia prima. Il processo principale inizia con un impanto di frantumazione (Mulino Lindemann) dal

quale si ottengono 3 tipi di prodotti: l’alluminio e metalli misti frantumati; i rottami di ferro frantumato (proler) e il fluff. L’alluminio e i metalli misti frantumati vengono inviati alla X-TRACT per la pulizia dell’alluminio. Particolarmente interessante è la gestione del fluff, rappresentato prevalentemente dalle componenti plastiche, vetro, spugna, tessuto, gomme, cavi ecc. che abitualmente verrebbe inviato in discarica. Alla Centro Rottami invece subisce un processo di lavorazione molto articolato, attraverso una tecnologia sviluppata dal centro stesso che consente il recupero della frazione fine del fluff e la produzione di una materia prima secondaria inerte da riutilizzare nel settore edilizio per la produzione di conglomerato bitumoso di alta qualità. Come prima cosa, il fluff viene sottoposto a un trattamento di selezione idrodinamico (brevettato dalla Centro Rottami) che porta alla separazione di 3 frazioni di materiale: fluff fine, metalli misti e plastiche miste. I metalli misti vengono inviati all’X-TRACT per il processo di raffinazione (dato che questi metalli misti sfuggono alla separazione magnetica e alle correnti di Eddy poste a valle del trattamento di frantumazione) e poi subito avviati a recupero. La frazione organica composta da plastica e fluff fine, che rappresenta circa il 40-45% in peso del fluff prodotto dalla frantumazione, prosegue il processo di raffinazione attraverso un trattamento di devolatilizzazione. Il misto viene dapprima convogliato in un essicatore e poi in un forno dove pirolizza a circa 450° con immissione di aria differenziata; questo processo porta alla volatilizzazione delle componenti organiche e alla produzione di gas che può essere utilizzato per produrre energia. Il prodotto in uscita dal forno viene quindi diviso in 2 tipologie: il materiale >5 mm viene inviato al Finder TOMRA, che recupera le frazioni di metallo e il materiale <5 mm diventa una materia prima secondaria a tutti gli effetti e prende il nome di GRANIMIX®, prodotto a marchio registrato dalla Centro Rottami. In un momento in cui l’attenzione di tutti è sul riciclaggio (spesso più con le parole che con i fatti), la Centro Rottami costituisce un autentico centro di eccellenza in cui la tecnologia TOMRA, all’avanguardia nel settore, non poteva mancare.


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Dalla provincia bergamasca al medio oriente per il trattamento dei PFU Un impianto realizzato ad hoc per la macinazione dei pneumatici fuori uso di Maria Beatrice Celino

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uella che era una piccola realtà di provincia si è trasformata in una azienda conosciuta in tutto il mondo, infatti nel giugno del 2016 la oramai affermata Molinari viene invitata a partecipare ad una gara per una fornitura molto importante: progettare e realizzare un impianto di macinazione di pneumatici fuori uso per l’Arabia Saudita, da costruire vicino a una delle più grandi discariche esistenti al mondo. Le stime locali parlano di circa 20 milioni di pneumatici sostituiti ogni anno. Quelli vecchi vengono abbandonati illegalmente o immagazzinati impropriamente, rappresentando un rischio per la sicurezza pubblica, oltre che per la salute e l’ambiente. Per far fronte a questo problema, l’azienda municipalizzata di Jeddah ha conferito a JESDC l’incarico di

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occuparsene, sviluppando un piano di recupero e riciclaggio attraverso delle partnership con investitori privati. Ogni giorno la discarica della capitale araba riceve quaranta tonnellate di pneumatici, con la previsione di un aumento consistente nel tempo proporzionale all’aumento della popolazione locale. Il progetto presentato da Molinari, che si è aggiudicata la gara, prevede la fornitura di un impianto di produzione di combustibile alternativo da oltre 10 tonnellate/ora da utilizzare nei cementifici locali. Essedo limitato lo spazio a disposizione per l’installazione di questo impianto, la portata oraria viene raggiunta in un solo passaggio con un solo trituratore. La bergamasca Molinari ha proposto al cliente la realizzazione di una macchina

dimensionata ad hoc per il progetto. Il trituratore primario ‘da catalogo’ è largo due metri e ha una capacità di otto tonnellate all’ora, mentre la richiesta del cliente era di arrivare a dieci tonnellate, con una pezzatura finale più piccola rispetto a quella degli standard che siamo normalmente abituati a vedere come TDF (Tyre Derived Fuel), avvicinandosi a un extra small della francese Aliapur. Si è così deciso di sviluppare il trituratore TP2000 portandolo a una larghezza utile di due metri e mezzo con una potenza installata di 500 kW invece che 200kW. Tanti sono gli aspetti che il cliente ha considerato nel scegliere un impianto Molinari. Il primo su tutti è la robustezza. Molinari ha fatto della solidità il proprio cavallo di battaglia, e si vede. Tutti gli elementi del trituratore hanno spessori decisamente


più grandi rispetto a quello che si è abituati a vedere sul mercato. “In un periodo in cui i progettisti stanno facendo di tutto per ridurre i costi di produzione ‘smagrendo’ le strutture dei macchinari, noi abbiamo fatto una scelta un po’ controcorrente, ma cominciamo a raccoglierne i frutti” - dice Giovanni Gervasoni, titolare dell’azienda. “Abbiamo deciso di concentrarci e specializzarci nel settore dei rifiuti e dei pneumatici fuori uso. Nel primo caso non sai cosa puoi trovare nel materiale da lavorare, nel secondo bisogna garantire un taglio perfetto della gomma e dell’acciaio che li compongono. Per questo abbiamo lavorato nel progettare trituratori robusti, che durino nel tempo, e con nuove tecniche di taglio, per risparmiare energia. Il trituratore che abbiamo proposto per il progetto di Jeddah è proprio l’incontro di questi due elementi”. Un altro elemento interessante è il design della camera di macinazione. I trituratori della serie TP sono costituiti da due alberi indipendenti tra loro, che agiscono sulle lame fisse installate su una traversa posi-

zionata tra i due rotori. Questi possono girare a velocità diverse ed effettuare inversioni di rotazione in presenza di materiale bloccato nella tramoggia. Tutta la fornitura che compone l’impianto è stata completamente progettata e disegnata dall’ufficio tecnico della Molinari sotto la supervisione dell’ing. Claudio Gamba (responsabile del progetto) e realizzata nelle proprie officine: cassone di carico, nastri trasportatori e passerelle di servizio sono stati realizzati mantenendo lo stesso standard qualitativo di robustezza che contraddistingue il trituratore. La fase di engineering e costruzione è durata 5 mesi. Il sesto mese, l’ultimo prima della consegna, è stato dedicato alla formazione del personale tecnico arabo che dovrà occuparsi del funzionamento e della manutenzione dell’impianto. Tutto l’impianto è stato assemblato presso il reparto di montaggio dell’azienda e il cliente ha potuto così presenziare ai Factory Acceptance Test e fare un training con lo staff Molinari. Un importante punto che è stato preso in considerazione infatti è la

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formazione di persone che non conoscono la triturazione. “Il tempo passato da noi con il personale locale che seguirà l’impianto è stata una bellissima occasione sia per conoscerci prima dell’installazione, sia per poter trattare con calma ogni aspetto tecnico”, osserva Gervasoni. Questa commessa sarà sicuramente un elemento aggiuntivo per potersi affermare in un mercato in forte sviluppo come quello Arabo, che sembra motivato a effettuare importanti investimenti nel settore waste to energy.

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PR OGE TTI

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UN ESEMPIO DI ECONOMIA CIRCOLARE DAL RECUPERO DEL SUPPORTO ETICHETTE GLI SCARTi DELLE ETICHETTE DOPO LA DESILICONIZZAZIONE POSSONO DIVENTARE MATERIALE COMPOSITO LEGNO-PLASTICA O CARTA PER GIORNali di Alberto Marenco

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razie all’ultima edizione della Green Week di Venezia e Trento, forum di discussione sui grandi temi della green economy dello scorso marzo, siamo venuti a conoscenza di un tipico esempio di economia circolare all’interno del settore della carta e in particolare delle etichette. Il supporto delle etichette autoadesive è infatti un materiale che se intercettato, raccolto e lavorato può diventare una materia prima seconda molto utile per la produzione di carta grafica. Il progetto in particolare che si occupa di raccogliere questo materia-

le e renderlo utilizzabile dai produttori prende il nome di RafCycle ed è stato sviluppato da UPM Raflatac, multinazionale finlandese specializzata nella fornitura di soluzioni per l’etichettatura autoadesiva. RafCycle dunque è un concetto di riciclo che si basa sul riutilizzo dei supporti delle etichette adesive per la creazione di nuovi materiali. Recuperando i sottoprodotti delle etichette adesive, destinati all’incenerimento o allo smaltimento in discarica, si possono creare nuovi prodotti, in questo modo oltre a ridurre la mole di materiale da smaltire

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si offrono vantaggi concreti agli stampatori, ai confezionatori e agli altri operatori del settore delle etichette. UPM Raflatac ha lanciato il programma RafCycle nel 2008 e nel corso degli anni il numero di partner ha registrato una crescita costante legata all’aumento della consapevolezza ambientale e dei costi delle discariche. Nel 2016, il numero di partner è passato da 57 a 71 in Europa e la crescita ha incluso l’immissione in nuovi mercati come la Danimarca e la Polonia. Attualmente grazie a RafCycle vengono riciclate oltre 10.000 tonnellate di materiale di

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scarto. In Italia, il programma RafCycle è offerto dall’azienda L.C.I. (Lavorazione Carta Riciclata Italiana) di Treviso, la quale grazie alle 200 piattaforme di raccolta distribuite su tutto il territorio italiano garantisce una raccolta della carta capillare e a bassi costi. Questo programma di riciclo è aperto a tutte le aziende che operano nella catena del valore dell’etichettatura, sono quindi accettati i supporti in carta di qualsiasi colore ma non devono contenere anime di cartone, etichette non dispensate o qualsiasi altro elemento di contaminazione. Inoltre UPM fornisce alle aziende partner RafCycle le attrezzature necessarie per la raccolta; il materiale una volta giunto nell’impianto di Plattling in Germania viene desiliconizzato e trasformato in cellulosa. Il progetto RafCycle si occupa del recupero di quattro tipologie di scarto che possono essere riutilizzate. Il supporto in polipropilene viene conferito a UPM ProFi. Il materiale composito in legnoplastica prodotto in Germania e distribuito in tutta Europa, viene utilizzato per la pavimentazione e il rivestimento di superfici esterne e garantisce un ottimo livello di resistenza, oltre a essere una soluzione alternativa e sostenibile all’impiego del legno proveniente dalle foreste tropicali. Grazie al sistema waste-to-energy, la seconda soluzione offerta da RafCycle consiste nella produzione di energia associando il materiale di scarto ad altri combustibili basati su biomasse ed è utilizzata negli impianti UPM per la produzione combinata di calore ed elettricità. Nel terzo caso gli scarti trasformati in cellulosa vengono successivamente riconvertiti in carta e in particolar modo carta per riviste. Nell’ultimo caso i supporti in PET vengono raccolti e riutilizzati per produrre secchielli per il ghiaccio. Per comprendere al meglio come funziona il programma RafCycle, la lavorazione della Glassine (i supporti siliconati post dispensazione che arrivano alla cartiera di Plattling di UPM) e la situazione di RafCycle in Italia ci siamo rivolti a Elena Raminelli, Project manager RafCycle di L.C.I., e a Juha Virmavirta, Direttore RafCycle di UPM Raflatac.

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Intervista a Elena Raminelli, Project manager RafCycle di L.C.I. Dott.ssa Raminelli ci può spiegare a chi si rivolge RafCycle?

Il progetto RafCycle, sostenuto operativamente da L.C.I., è rivolto a tutte le aziende che utilizzano etichette autoadesive. Il materiale raccolto è la Glassine ovvero la carta siliconata che rimane al termine del processo di etichettatura, priva di anima di cartone ed etichette.

Come giungono agli impianti di L.C.I. gli scarti della lavorazione delle etichette?

L’utilizzatore di etichette (nostro partner) deve separare la siliconata da carta, cartone o altri materiali utilizzando le attrezzature in comodato d’uso gratuito concordate in base alle necessità. La siliconata è considerata rifiuto e in quanto tale deve essere trasportata da mezzi autorizzati.

Come avviene la desiliconizzazione della Glassine?

La Glassine può essere inviata alla cartiera in balle o anche sciolta. L’unico processo di lavorazione avviene all’interno della cartiera UPM di Plattling. Attraverso un processo chimico lo strato di silicone viene separato ed eliminato mentre la cellulosa attraversa ulteriori passaggi di lavaggio prima di essere rigenerata come carta nuova (rivista o giornale).

Ci può fornire dei dati riguardo i quantitativi di materiale raccolto all’interno del programma RafCycle?

Il progetto RafCycle è nato nel 2011. Il primo anno sono state raccolte 15 t di siliconata. Nel 2016 siamo arrivati a raccogliere oltre 1.000 t.

Intervista a Juha Virmavirta, Direttore RafCycle di UPM Raflatac Come avviene la raccolta degli scarti delle etichette?

Avviene in due differenti modalità. Nel primo caso, se il cliente è un’azienda molto grande, provvediamo a ritirare direttamente il materiale presso al loro sede. Per esempio nel 2016 abbiamo stretto una partnership con le aziende Henkel, che producono articoli per il bucato, per la cura della persona e della casa, le quali grazie a RafCycle hanno potuto riciclare 400 tonnellate di scarti di supporti siliconati, un quantitativo equivalente all’intera produzione di scarti da etichette del 2016. Nel secondo caso invece, quando si tratta di piccoli clienti, ci affidiamo alla rete di raccolta e smistamento che abbiamo creato negli anni e che fa giungere il materiale presso i nostri impianti. In Italia ad esempio ci affidiamo alla collaborazione di L.C.I. che raccoglie gli scarti in tutta Italia e poi li trasporta al nostro impianto di Plattling.

Ed è a Plattling che avviene la desiliconizzazione?

Esattamente, il materiale raccolto prima di poter essere utilizzato deve essere separato dalla sua parte di silicone e qui avviene anche un processo di rimozione dell’inchiostro che noi chiamiamo deinking, in questo modo tale materiale potrà diventare carta per giornali e riviste.

Dopo la trasformazione il materiale ottenuto viene venduto ai vostri clienti, ma che fine fa quando diventerà di nuovo rifiuto?

Il nostro obiettivo è di poter completare il ciclo di vita del prodotto, mantenendo una collaborazione con i nostri clienti anche dopo la vendita, aiutandoli nella gestione e nella raccolta dei rifiuti. In questo modo cerchiamo di creare un’economia circolare virtuosa dove il rifiuto è considerato fin da subito come una risorsa.

Cosa ci può dire riguardo il materiale composito UPM ProFi?

Il materiale composito legno-plastica della gamma UPM ProFi viene utilizzato per rivestire superfici esterne di vario tipo come terrazze, pavimenti e patio. Offre un’elevata garanzia di resistenza e per le sue caratteristiche innovative ed ecosostenibili la UPM è stata premiata con diversi prestigiosi riconoscimenti, fra i quali il Green Good Design, premio assegnato dal Chicago Athenaeum nel 2010.

In Italia qual è il settore principale coinvolto nel programma RafCycle?

In Italia ci siamo rivolti in particolar modo all’industria vinicola e sono diverse le aziende produttrici di etichette per bottiglie di vino che hanno aderito al nostro programma di riciclaggio. Inoltre stiamo cercando di sviluppare delle collaborazioni anche con aziende che fanno parte dell’industria alimentare, visto che in Italia questo tipo di mercato è molto ampio e sviluppato.

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L’ERRORE INEVITABILE IN MATERIA AMBIENTALE L’eccezione al principio “Nemo censetur ignorare legem” nel commento di alcune recenti sentenze di Rosa Bertuzzi* e Andrea Tedaldi**

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lcune recenti pronunce giurisprudenziali consentono di tornare ad affrontare un tema di costante attualità: l’errore inevitabile nel settore del diritto penale dell’ambiente. Tema, questo, di grandissima rilevanza pratica, in quanto dalla dimostrazione dell’inevitabilità dell’errore in cui è incorso l’imputato discenderà l’esclusione dell’elemento soggettivo del reato e la conseguente non punibilità del comportamento tenuto. Se, come ben noto, ai sensi dell’art. 5 cod. pen. “[n]essuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”, giova ricordare come la Corte Costituzionale, con la storica sentenza 24 marzo 1988, n. 364, abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale di suddetta disposizione, nella parte in cui “non esclude dall’inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile”, così di fatto aprendo le porte all’ammissibilità di errori “inevitabili”, tali da escludere la responsabilità penale del soggetto agente. Alla giurisprudenza è poi andato il merito di aver precisato il contenuto dell’espressione “errore inevitabile”, da ultimo con due interessanti sentenze, Tribunale Milano, Sez. X pen., 11 novembre 2016, n. 12077 e Cass. Pen., Sez. III, 18 gennaio 2017, n. 2246, su cui si concentrerà la presente analisi. Occorre anzitutto soffermarsi sulla pronuncia della Suprema Corte, la quale è stata confrontata al caso di un sogget-

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to privato che, pur non essendo iscritto all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, nel corso dell’anno 2013 aveva raccolto, trasportato e rivenduto rifiuti metallici ad un operatore professionale per un quantitativo tre volte superiore a quello fissato dall’art. 193, c. 5 D.Lgs. n. 152/2006 in materia di trasporti di rifiuti occasionali e saltuari. La Corte di Cassazione non condivide le argomentazioni del Tribunale di Cuneo il quale aveva ritenuto che l’imputato fosse caduto in un errore scusabile. Conclusione, questa, a cui il giudice di prime cure era giunto in considerazione - in particolar modo - del modesto guadagno che l’imputato aveva tratto dalla cessione dei rifiuti e dalla sua qualità di privato cittadino, che, come tale, non sarebbe nella condizione di conoscere nel dettaglio la complessa normativa in materia di rifiuti. La Suprema Corte ribadisce anzitutto come i limiti dell’inevitabilità dell’ignoranza della legge penale debbano essere individuati in relazione alla specifica qualità del soggetto agente. Laddove per il cittadino comune è sufficiente l’ordinaria diligenza nell’assolvimento del dovere di informazione, tale obbligo è invece particolarmente rigoroso per coloro che svolgono un’attività in modo professionale. Da qui ne discende il principio di diritto secondo cui “... né il carattere di frammentarietà di una disciplina normativa, né il fatto che sull’applicazione della stessa si siano formati diversi orientamenti...

possono essere invocati a causa di ignoranza incolpevole della legge penale... facendo venir meno l’elemento soggettivo del reato, quando il soggetto che svolge professionalmente una specifica attività non abbia dimostrato di aver fatto tutto il possibile per richiedere alle autorità competenti i chiarimenti necessari e per informarsi in proprio, ricorrendo a esperti giuridici”. L’assolvimento di tale dovere di diligenza è inoltre richiesto pure al privato che intenda svolgere un’attività di gestione di rifiuti. Sicché, afferma la Corte, nel caso di specie anche un profano, che avesse operato diligentemente, avrebbe avuto consapevolezza che ciò che stava commerciando costituiva un bene soggetto a un particolare regime di gestione e necessitava dunque di una qualche forma di autorizzazione. In conclusione, ne discende che un soggetto potrà invocare un errore inevitabile qualora, a fronte della complessità della normativa ambientale, abbia dato prova di essersi attivato (con differente intensità, a seconda che rivesta o meno una qualifica professionale) richiedendo chiarimenti ai competenti organi amministrativi, rivolgendosi a esperti del settore, o facendo affidamento su un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale. Ciò chiarito, occorre ora esaminare la seconda sentenza citata, la quale offre un’interessante applicazione (non priva di elementi di novità) dei principi giuridici testé richiamati. Il Tribunale


di Milano ha assolto per difetto dell’elemento soggettivo il gestore di una società che, in assenza delle prescritte autorizzazioni, riceveva veicoli usati, i quali, dopo essere stati bonificati e smontati, venivano caricati in container e spediti dal porto di Genova in Paesi extra-UE. A contrario di quanto sostenuto dall’imputato (secondo cui un’autorizzazione è necessaria solo qualora i veicoli siano destinati all’autodemolizione, e non anche semplicemente all’esportazione), il giudice ritiene che, alla luce della ricostruzione della congerie della normativa ambientale in tema di rifiuti, l’attività in esame possa essere inquadrata come “preparazione per il riutilizzo”, la quale costituisce gestione di un rifiuto ed è pertanto sottoposta al rilascio di autorizzazione ambientale. Tanto premesso, il Tribunale considera però che l’imputato abbia agito in buona fede. “[L]a non sufficiente chiarezza del dato normativo, l’assenza di una giurisprudenza... sul punto, unitamente al fatto che nel periodo di attività in Italia... [l’imputato] si è rapportato in modo trasparente con le autorità amministrative senza che da esse venisse mai sollevato alcun dubbio sulla legittimità del suo operato” portano difatti l’organo giudicante a concludere che l’errore sulla legge in cui è incorso l’imprenditore sia scusabile ai sensi dell’art. 5 cod. pen. Sul punto, è interessante notare come, nella sentenza di assoluzione, tanta parte

abbia rivestito la circostanza che l’imputato, soggetto qualificato ma cittadino straniero, eseguiva costantemente le procedure per la radiazione dei veicoli presso il Pubblico Registro Automobilistico e procedeva alla loro esportazione attraverso la dogana di Genova, dichiarando la natura dell’attività svolta e dunque mai eludendo i controlli esercitati dai suoi interlocutori pubblici, i quali “anche se... non sono mai stati quelli preposti al controllo e alla tutela ambientale, ... [erano] comunque autorità competenti per procedure collegate a quelle oggi considerate”. Il Tribunale sembra dunque riconoscere rilevanza all’assenso tacito serbato dall’Amministrazione nei confronti dell’attività svolta dall’imputato, arrivando a escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato qualora un soggetto, nell’esercizio della sua attività imprenditoriale, venga a contatto con organi amministrativi che, anche se non direttamente deputati al controllo e alla tutela dell’ambiente (sic!), non rilevino violazioni della normativa ambientale. In disparte i profili di criticità di tale ragionamento, pare che il Tribunale di Milano si sia spinto oltre il perimetro tracciato dalla Corte di Cassazione nella sentenza sopra analizzata. La Suprema Corte, come si è visto, ha posto in capo ai professionisti un dovere di informazione particolarmente rigoroso, giungendo a scartare la sussistenza dell’elemento soggettivo del

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reato solo laddove “abbia[no] dimostrato di aver fatto tutto il possibile per richiedere alle autorità competenti i chiarimenti necessari e per informarsi in proprio, ricorrendo ad esperti giuridici”. Al riguardo, la Corte EDU, nella sentenza 20 gennaio 2009 (ricorso n. 75909/01, Sud Fondi srl ed altri c. Italia), peraltro citata dallo stesso giudice milanese, ha chiarito come “la portata della nozione di prevedibilità dipende in gran parte... dalla qualità dei suoi destinatari” e “non si oppone a che la persona interessata sia portata a ricorrere a consigli illuminati per valutare... le conseguenze che possono derivare da un determinato atto. Questo vale in particolare per i professionisti, abituati a dover dimostrare una grande prudenza nell’esercizio del loro mestiere. Da essi ci si può aspettare che valutino con particolare attenzione i rischi che quest’ultimo comporta”. L’importanza di affidarsi a esperti qualificati è dunque chiaramente affermata e funge da fattore esterno che, al pari del comportamento positivo degli organi amministrativi, permetterà di escludere la rilevanza penale di un determinata attività. Di tal ché, sarà interessante vedere se la sentenza del Tribunale di Milano, la quale sembra andare nel senso di un ammorbidimento della nozione di errore inevitabile, troverà un seguito o se, invece, rimarrà una pronuncia isolata. *Ambienterosa, Consulenze Legali Ambientali **Università degli Studi di Bologna, Studio Ambienterosa

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Sottoprodotto e D.M. n. 264/2016: la vendita non esclude la natura di rifiuto Analisi di norme e sentenze in tema di riutilizzo dei rifiuti e regime dei sottoprodotti di Cinzia Silvestri*

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a storia del sottoprodotto trova origine nella giurisprudenza europea e nell’art. 5 direttiva 2008/98/CE che ha trovato espressione, nel nostro ordinamento, nell’art. 184 bis D.Lgs. 152/2006 (in vigore dal 25.12.2010). L’art. 184 bis D.Lgs. 152/2006, voluto dal nostro legislatore con la riforma del 2010, accoglie quanto indicato dalla Giurisprudenza europea che però ha sempre affermato l’impossibilità di normare il “sottoprodotto” proprio per la necessità di valutare caso per caso. Ad oggi l’Italia non solo ha normato il sottoprodotto nell’art. 184bis D.Lgs. 152/2006 ma ha emanato il Regolamento del Min. Ambiente n. 264/2016 (vigente dal 2.3.2017) finalizzato a chiarire, regolamentare, i criteri per l’individuazione del “sottoprodotto”; attesa, si ritiene, la confusione creatasi in materia e soprattutto la spaccatura evidente tra il modo reale e il mondo del diritto. Il Decreto Min. Amb. n. 264/2017 afferma che il regime dei sottoprodotti, ovvero l’esclusione dal novero dei rifiuti dei residui di produzione, contribuisce alla “innovazione tecnologica per il riutilizzo dei residui …nel medesimo o in un successivo ciclo produttivo, limita la produzione di rifiuti, nonché riduce il consumo di materie prime...”. L’esigenza del Ministero è quella di fornire “uniformità nell’interpretazione e nell’applicazione della definizione di rifiuto” ma anche di fornire indicazione sulla prova che l’utilizzatore del sottoprodotto deve fornire per poter affermare che non si tratta di rifiuto. Ebbene. Oltre alla prova dell’esistenza di tutti i re-

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quisiti di cui all’art. 184bis D.Lgs. 152/2006 - replicati all’art. 4 del D.M. 264/2016 - il detentore può “con ogni mezzo ed anche con modalità e con riferimento a sostanze ed oggetti diversi da quelli precisati nel presente decreto” (cfr. comma 2 art. 4 D.M. 264/2016). Il riferimento a ogni mezzo di prova consola il lettore ma non si rinviene nella normativa previgente un limite alla prova; limite che, anche qualora esistente, non potrebbe comunque essere rimosso da un semplice regolamento ministeriale. Al fine di precisare i profili di novità del D.M. 264/2016 si consideri l’ipotesi tipica di vendita del residuo di produzione ovvero la cessione del bene ad altri, previo corrispettivo, che permette al residuo di non morire, di vivere sotto altra veste. Così il D.M. cerca di precisare il requisito della “certezza”

dell’utilizzo del residuo in un ciclo di produzione diverso da quello da cui è originato e presuppone che “l’attività… in cui il residuo deve essere utilizzato sia individuato o individuabile già al momento della produzione dello stesso”. Il legislatore anticipa il controllo ritenendo che l’utilizzo del residuo deve essere prevedibile e previsto fin dal momento della produzione. Costituisce allora elemento di prova l’esistenza di rapporti o impegni contrattuali tra il produttore del residuo ed eventuali intermediari e gli utilizzatori. Non solo impegni contrattuali ma anche rapporti purché contrattualizzati; non solo con produttore e utilizzatore ma anche con intermediari. L’estensione alla figura degli intermediari, resa esplicita, sopisce i dubbi interpretativi sul punto. Tali impegni/rapporti contrattuali devono indi-


care le informazioni relative alle modalità di utilizzo e le condizioni della cessione che devono risultare vantaggiose e assicurare la produzione di una utilità economica o di altro tipo; inciso quest’ultimo (o di altro tipo) che lascia spazio ad altre ipotesi. Attraverso la precisazione anche linguistica il D.M. agevola la prova dell’esistenza del requisito della “certezza” e dunque del viaggio del residuo verso la vendita intesa come “utilizzazione”. La novità ulteriore risiede però nel comma 5 dell’art. 4 D.M. 264/2016 laddove il decreto si spinge ad affermare che in mancanza di tali pattuizioni contrattuali il requisito della certezza dell’utilizzo è provato dalla predisposizione di una scheda tecnica contenente le informazioni indicate dall’allegato 2 al D.M. 264/2016. In questo quadro di riferimento nonostante gli spunti organizzativi del D.M. 264/2016, che rimane ed è solo un regolamento ministeriale, pare che nulla sia

invero cambiato. Si segnalano due sentenze della Cassazione che esprimono bene il rigore applicativo dell’art. 184bis D.Lgs. 152/2006 e la funzione interpretativa della magistratura che a mezzo delle sue decisioni ha formato quella rete, quel reticolo di precisazioni, in parte migrate nel D.M. 264/2016. Le sentenze confermano che la mera vendita del residuo non soddisfa il requisito della “certezza” dell’utilizzo e tuttavia precisano che è sempre lecito provare con ogni mezzo l’utilizzo. In particolare: 1. Cass. Pen. 5442/2017: La possibile commercializzazione (vendita, valore di mercato) del residuo di produzione (scarto) non è sufficiente a qualificare il residuo come sottoprodotto e dunque a escludere la natura di rifiuto.La Cassazione richiama le proprie sentenze che hanno negato la natura di sottoprodotto ai residui della lavorazione del legno (trucioli e segatura)

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ma ricorda “salvi i casi in cui il citato onere probatorio in senso contrario all’evidenza incombente sull’interessato, risulti soddisfatto...”. La Cassazione infatti ribadisce che la natura di rifiuto si presume e dunque l’incolpato dovrà dare prova della esistenza dei requisiti indicati nell’art. 184bis D.Lgs. 152/2006 per sostenere che si tratta di “non rifiuto” ovvero di sottoprodotto. La sentenza precisa che: “...si deve evitare di porsi nella sola ottica del cessionario del prodotto e della valenza economica che allo stesso egli gli attribuisce…occorrendo ...verificare “a monte” il rapporto tra il prodotto medesimo ed il suo produttore…”. La Cassazione ritiene che il Giudice di primo grado non abbia verificato compiutamente la questione e si sia limitato “apoditticamente” a rilevare che la mera “vendita” del bene fosse di per sé sufficiente a escludere la natura di rifiuto. La natura di rifiuto del residuo di produzione, recita la sentenza “non viene certo perduta in ragione di un mero accordo con terzi ostensibile all’autorità (oppure creato proprio a tal fine)…” e dunque rinvia al Tribunale stesso per la verifica puntuale della natura del materiale venduto. Cass. Pen. 15447/2015: La sentenza è relativa al caso di un imputato che trasportava (aeroporto) con il bagaglio personale scarti di lavorazione odontoiatrica e protesi dentarie in mancanza della prescritta autorizzazione. L’imputato sosteneva trattarsi di vecchie protesi ritirate presso studi dentistici e odontotecnici per poterli rivendere e che non possono essere rifiuti in quanto hanno un valore economico e perché accertata la propria intenzione di disfarsene. Anche i rifiuti possono essere oggetto di commercio, ricorda la Cassazione. La Cassazione invero qualifica tali rifiuti come derivanti da attività sanitarie e la presenza di metalli nobili negli scarti di produzione (protesi dentarie usate, ad esempio) conferma la natura di rifiuto in quanto l’estrazione di tali metalli comporta il “trattamento” e non il riutilizzo tal quale richiesto dall’art. 184bis D.Lgs. 152/2006. *Studio Legale Ambiente www.studiolegaleambiente.it

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Grazie alle nuove versioni CTD (conducibilità, temperatura, profondità) dei datalogger DCX per misurazioni di livello ad alta precisione per profondità massime di 200 m, Keller AG offre una soluzi-one per la misurazione della pressione altamente integrata e completa per la gestione idrica. Le variazioni di conducibilità rappresentano un chiaro indice di contaminazione. Keller fornisce sonde per rilevamenti di conducibilità, abbinate a sonde di livello basate su sensori di pressione. Si tratta di sistemi di misurazione integrati ideali per controllare l’ingresso di acqua marina, liquami o fertilizzanti nelle falde acquifere, nei fiumi e nei laghi. L’ampia gamma di prodotti Keller comprende dai datalogger con sensori tradizionali per il rilevamento della pressione relativa, alle sonde di livello caratterizzate da due sensori isolati per il rilevamento della pressione assoluta per compensare le divergenze di pressione ambientale. I quattro elettrodi in platino, posizionati all’esterno, forniscono una corrente alternata fissa, mentre i due elettrodi interni rilevano di volta in volta il voltaggio per misurare la conducibilità del fluido. Un sensore Pt1000 misura la temperatura del fluido direttamente tra gli elettrodi, con un grado di precisione pari a 0,1°C, garantendo così che la conducibilità misurata sia accuratamente standardizzata alla temperatura di riferimento di + 25°C. Il software Logger 5.1 di Keller è compatibile con Windows XP o versioni successive. Si tratta di un software sofisticato, che consente di configurare strumenti di raccolta e registrazione dati e di scaricare le informazioni acquisite. Una caratteristica particolarmente degna di nota è la capacità di visualizzare graficamente le curve di livello con compensazione della pressione atmosferica e, nel contempo, le curve di conducibilità e di temperatura.

BOSCH REXROTH METTE IN MOSTRA LA PROPRIA COMPETENZA SUL METAL FORMING

Bosch Rexroth ha scelto Lamiera 2017, la manifestazione internazionale dedicata all’industria delle macchine utensili a deformazione e a tutte le tecnologie innovative legate al settore, per mettere in mostra la propria ampia competenza nel settore del metal forming. L’azienda è infatti da sempre protagonista in questo campo sia attraverso i propri prodotti e soluzioni, sia integrando soluzioni specifiche del settore anticipando i trend di mercato e fissando nuovi traguardi tecnologici. La pressa piegatrice elettroidraulica con Sytronix SVP (Speed Variable Pump), in cui il controllo del sistema è demandato alla parte elettrica e il motore sincrono con l’azionamento gestisce pressione e velocità della macchina. Si tratta di una soluzione innovativa e consolidata in questo mercato, che consente di semplificare la componente oleodinamica. Tutte le soluzioni in mostra all’ultima edizione di Lamiera 2017 utilizzano il software IndraWorks Operation, integrato in un pannello PC in modo da permettere all’operatore di gestire la macchina localmente. IndraWorks Operation consente, attraverso l’interfaccia grafica, di programmare i cicli, gestire la macchina e visualizzare le operazioni in emulazione grafica 3D. Bosch Rexroth propone la connettività attraverso WebConnector, un webserver completamente aperto che rende disponibili agli applicativi Software, sviluppati dal costruttore o da System Integrator, la raccolta e l’analisi dei dati di processo e di funzionamento delle macchine. Tale soluzione consente una gestione trasparente degli impianti ed è predisposta per interfacciarsi con strumenti di diagnosi predittiva. Si tratta di un passo fondamentale verso l’integrazione di macchine e tecnologie che trasformano i dati provenienti dai propri impianti in azioni intelligenti in ottica Industry 4.0

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STA PER ARRIVARE LA NUOVA GENERAZIONE DI LAMIERE ANTIUSURA HARDOX La lamiera antiusura Hardox 500 Tuf è la novità della gamma Hardox di SSAB e sarà disponibile da settembre 2017. Elevata resistenza, estrema durezza e tenacità garantita, il tutto in un’unica lamiera antiusura. Hardox 500 Tuf è il connubio delle migliori proprietà dell’acciaio Hardox 450 e Hardox 500. Il risultato è una lamiera antiusura senza pari. Ha la tenacità necessaria per agire come materiale strutturale nei cassoni, container e benne. Funziona anche in ambienti sottozero, come indicato nei valori energetici di impatto. Prolungare la vita utile è possibile. La vita utile stimata di Hardox 500 Tuf è dell’85-100% più lunga di quella di Hardox 400 secondo WearCalc e TippCalc, basato su usura da scorrimento con granito. Carico e scarico di materiale abrasivo, movimentazione di rottami ferrosi, demolizione di cemento armato, sono solo alcuni dei contesti operativi. Hardox 500 Tuf ha un’energia di impatto garantita di 27 J a -20°C e un valore tipico di 45 J a -40°C. Ha una durezza Brinell insolitamente ristretta compresa tra 475 e 505 HBW.

TIGER HS 640: UNA MACCHINA UNICA PER DIVERSE TIPOLOGIE DI PRODOTTO

Per permettere e per approfondire le varie applicazioni in cui la macchina può essere impiegata, l’azienda Cesaro Mac Import ha sviluppato un sito dedicato al Tiger HS 640. Sul sito è possibile comprendere come funziona la macchina e quali sono gli impieghi di utilizzo. Inoltre, sono definiti i principali prodotti che può trattare (dai rifiuti organici ai cibi scaduti, dalla pulizia del sovvallo di riciclo a confezioni di detersivi o di prodotti per l’igiene personale non commercializzabili, ecc.). Per una maggiore comprensione, è possibile visualizzare alcuni video dedicati al funzionamento della macchina all’opera. Riuscire a separare accuratamente significa poter ridurre il materiale che va alla distruzione o in discarica con benefici sia economici che ambientali.

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VETRINA

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APPUNTAMENTI SPS IPC DRIVES

Parma, dal 23 al 25 mAGGIO

SPS IPC Drives Italia, sorella della tedesca SPS IPC Drives, è la fiera annuale, organizzata da Messe Frankfurt Italia, che riunisce fornitori e produttori del mondo dell’automazione industriale. Dopo il successo ottenuto con la sesta edizione, che si è conclusa con una crescita del 22% di visitatori, SPS IPC Drives Italia si prepara al suo settimo appuntamento. Grazie alla collaborazione dei principali player del settore, SPS IPC Drives Italia offrirà una proposta sempre più completa nel panorama dell’automazione industriale, declinata in quattordici categorie merceologiche.

www.spsitalia.it

DDR

Bruxelles, dal 14 al 16 GIUGNO

DDR Forum & Expo 2017 (Demolition, Decontamination and Recycling) è organizzato da EDA (European Demolition Association), con il supporto delle principali associazioni del mercato delle costruzioni. DDR 2017 Forum&Expo mira a collegare le attività di demolizione, decontaminazione e riciclaggio con l’economia circolare. 3 giorni, 16 workshops, 17 sessioni plenarie con argomenti esclusivi e un forte approccio aziendale.

www.ddrexpo.com

METEF

Verona, dal 21 al 24 giugno

METEF è in grado di offrire agli operatori non solo un’esposizione completa dalle materie prime alle trasformazioni, lavorazioni, tecnologie, macchine e impianti, prodotti e applicazioni, ma di offrire lo stato dell’arte tecnologico del riciclo e recupero del metallo. METEF ha registrato all’ultima edizione oltre 400 espositori di cui il 30% esteri da 38 Paesi, delegazioni commerciali da 20 Paesi, oltre 10 mila operatori dei quali il 32% provenienti da 60 Paesi fra i quali al primo posto la Germania seguita da Turchia, Iran e Paesi dell’Est Europa, mercati strategici che ricercano tecnologia di qualità e specializzazione.

www.metef.com

mcTER Bio-Gas

San Donato Milanese, 22 giugno

mcTER Bio-Gas – Biometano – Mostra Convegno Soluzioni e tecnologie per impianti a Bio-Gas / Biometano è un evento verticale giunto alla sesta edizione che unisce una parte espositiva a una componente formativa. I visitatori dispongono di: un’area espositiva con i leader di settore, numerosi convegni, workshop, corsi, coffee-break e buffet offerti dagli sponsor, atti dei convegni scaricabili in PDF, attestati di presenza e crediti formativi. mcTER Bio-Gas – Biometano si svolge in concomitanza con mcTER Cogenerazione e mcTER Forest.

www.mcter.com

AMBIENTE LAVORO

Modena, dal 13 al 14 settembre

Ambiente Lavoro è l’occasione per antonomasia dove valorizzare il proprio ruolo professionale nell’incontro con colleghi che ricoprono lo stesso ruolo. Ritorna per fare il punto della situazione in materia di sicurezza e malattie professionali e per chiamare a raccolta in un’occasione unica coloro che a diverso titolo partecipano al sistema sicurezza del nostro Paese. Su questa tradizione si innesta l’edizione 2017, con un programma formativo ricco di spunti e una serie di eventi che hanno lo scopo di offrire momenti di confronto e soluzioni a chi ogni giorno lavora per ridurre al minimo il peso di incidenti e morti sul lavoro.

www.ambientelavoro.it

BOSTER NORD EST

Paluzza (UD), dal 15 al 17 settembre

La manifestazione fieristica BOSTER nord est è l’evento omologo al Boster nord ovest, la più grande manifestazione fieristica italiana organizzata completamente in esterno, in ambito alpino, e dedicata alla valorizzazione delle risorse agro forestali e alla gestione sostenibile del territorio montano. Caratteristica distintiva di Boster è di svilupparsi lungo un percorso di visita con piazzole espositive e dimostrative dove vengono messe in funzione macchine e attrezzature per il lavoro in bosco, per l’agricoltura di montagna e per la manutenzione del territorio.

www.fieraboster.it

REMTECH EXPO

Ferrara, dal 20 al 22 settembre

RemTech Expo è l’evento italiano più specializzato sulle bonifiche dei siti contaminati, la protezione e la riqualificazione del territorio. Si rivolge a una community qualificata e diversificata, composta da società private, enti pubblici, università e centri di ricerca, associazioni, professionisti, mondo dell’industria, comparto petrolifero e real estate. Il programma verte ogni anno sugli argomenti di maggiore attualità e interesse: evoluzione normativa, caratterizzazione, analisi del rischio, tecnologie di bonifica, ricerca, innovazione, monitoraggio, controlli ambientali, industria e sostenibilità.

www.remtechexpo.com

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Anno 10 - Numero 39 – Giugno 2017 ISSN 2421-2938

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Responsabilità: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista, nonché la loro riproduzione, è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità per il caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. Direzione, Redazione, Abbonamenti: DEA edizioni s.a.s Corso Tassoni 79/4 10143 Torino tel./Fax 011749 79 64 e-mail: info@deaedizioni.it - www.deaedizioni.it L’abbonamento è deducibile al 100%. Per la deducibilità del costo ai fini fiscali vale la ricevuta del versamento a norma (D.P.R. 22/12/86 n. 917 artt. 50 e 75). Conservare il tagliando - ricevuta, esso costituisce documento idoneo e sufficiente ad ogni effetto contabile. Non si rilasciano in ogni caso altre quietanze o fatture per i versamenti in c.c.p. Pubblicazione trimestrale Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c. 1 registrata presso il tribunale di Torino il 19 ottobre 2009 al n°56. Ai sensi del D. Lgs. 196/2003, informiamo che i dati personali vengono utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni edite da DEA edizioni s.a.s.. Telefonando o scrivendo alla redazione è possibile esercitare tutti i diritti previsti dall’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.



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Concordia: tutti i passaggi di un Intervento di demolizione senza precedenti

Economia circolare: una grandissima opportunità di sviluppo che si scontra con le difficoltà autorizzative e la diffidenza dei cittadini

Attachment da demolizione: la dismissione di un ex impianto industriale dove le macchine sono protagoniste

un progetto virtuoso ed efficiente per ottenere energia, materiali compositi e nuova carta dagli scarti delle etichette

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