RECOVER magazine n. 41

Page 1

Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 10 n. 41 - ISSN 2421-2938 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

N°41

DICEMBRE 2 0 1 7

www.recoverweb.it

ALZA IL SIPARIO LA FIERA LEADER DELLA GREEN E CIRCULAR ECONOMY NELL’AREA EURO-MEDITERRANEA

ANALISI CRITICA DEL NUOVO DECRETO CHE RISCRIVE E RIUNISCE IN UN UNICO TESTO TUTTA LA DISCIPLINA SULLE TERRE E ROCCE DA SCAVO

LA COMPLESSA E DELICATA DECOSTRUZIONE DI DUE TORCE IN UN IMPORTANTE SITO INDUSTRIALE DI CREMONA

SINERGIE PUBBLICO/PRIVATO E INTERDISCIPLINARIETÀ COME STRUMENTI DI SUPPORTO PER LA RIGENERAZIONE DEI BROWNFIELD

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E






4


E DI TO R I A L E

EDITORIALE

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

5


S O M M A R I O S OM M A R I O

RUBRICHE

News 8 Vetrina 106 Appuntamenti 110

Prevenzione e monitoraggio come priorità per la salvaguardia dell’ambiente

41

Mentalità europea, creatività italiana

45

di Dario Panetta

di Milena Bianchi

PRIMO PIANO

Brownfield? Sinergie pubblico/privato e interdisciplinarietà

12

di Claudia Ferrari

SPECIALE

Il nuovo DPR n. 120/2017 in materia di gestione delle terre e rocce da scavo 51 di Gian Luigi Soldi

ATTUALITÀ

Dieci passi verso la sostenibilità

di Laura Veneri

L’Italia è un’eccellenza europea nel recupero degli imballaggi in acciaio di Bruno Vanzi

17

20

-3, -2, -1, 0! di Laura Veneri

WORK IN PROGRESS

Alte, delicate e complesse

70

Dalla forsu al biometano: il passo è breve

74

La demolizione dell’ex caserma di Montelungo

79

Bonifica dei suoli delle aree ex Falck di Sesto San Giovanni

82

di Antonino Lombardo

Il primo appuntamento internazionale dell’economia a basso impatto ambientale ci attende a Parigi di Maeva Brunero Bronzin

Semaforo verde per il settore delle costruzioni di Bruno Vanzi

22

di Laura Veneri

di Laura Veneri

25

di Michele Gorgati

FABBRICA DELLE IDEE

Da scarto a prodotto di Laura Veneri

27

PROGETTI E TECNOLOGIE

Degradazione delle bioplastiche in PLA

86

Trattamento sostenibile e riuso delle acque industriali

90

L’efficacia dei mulini ad attrito nel trattamento degli RSU

93

di Antonella Marra

PANORAMA AZIENDE

Da una realtà storica della produzione del cemento un prodotto per le bonifiche

28

Soluzioni per la vagliatura

31

di Maria Beatrice Celino

di Maria Beatrice Celino

33

La sicurezza prima di tutto

35

di Bruno Vanzi

di Bruno Vanzi

L’amore per il proprio lavoro dà sempre buoni frutti di Laura Veneri

6

di Federico Rizzo e Carlo Zaffaroni

di Paolo Plescia e Mario Reale

La sinergia del gruppo

NORMATIVA

Nuovi strumenti di orientamento in materia di sottoprodotti di Rosa Bertuzzi e Andrea Tedaldi

38

57

Inceneritori: condizioni anomale di funzionamento di Cinzia Silvestri

99

103


DIECI PASSI VERSO LA SOSTENIBILITÀ: TIVOLI HA INTRAPRESO IL CAMMINO VERSO IL TRAGUARDO RIFIUTI ZERO

17 L’IMPIANTO DI TRATTAMENTO RIFIUTI DI BIOENERGIA TRENTINO ALIMENTERÀ CON IL BIOMETANO IL SERVIZIO DI TRASPORTO PUBBLICO DI TRENTO

74 LA DEMOLIZIONE DELL’EX CASERMA DI MONTELUNGO ESEGUITA IN TEMPI BREVISSIMI PERMETTERÀ L’INIZIO DELL’OPERA DI RIQUALIFICAZIONE

79 COMPLETATO IL PRIMO STRALCIO DELLA BONIFICA DEI SUOLI DELLE AREE EX FALCK DI SESTO SAN GIOVANNI

82 N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

7


RUBR I C H E

NEWS ITALIA PRIMA IN EUROPA PER IL RICICLO Buone notizie arrivano dall’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) in tema di riciclo rifiuti. I dati mostrano infatti come l’Italia sia il paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti di ogni tipo, urbani e speciali. Con una percentuale del 76,9%, il Bel Paese si attesta su un risultato che è più del doppio rispetto alla media europea (37%) ma che è sensibilmente superiore anche rispetto a Stati come Francia (54%), Regno Unito (44%) e Germania (43%).

In termini di quantità invece l’Italia si posiziona al secondo posto con 56,4 milioni di tonnellate di materiale riciclato, dietro la Germania che ricicla invece 72,4 milioni di tonnellate. Tra le tipologie di rifiuti avviati a riciclo in Italia sono maggiormente rilevanti carta, plastica, vetro, metalli, legno e tessili che raggruppati arrivano a 26 milioni di tonnellate; 14 milioni di tonnellate derivano invece dai rifiuti misti, 6 milioni dai rifiuti organici e verde e 1,7 milioni dai rifiuti chimici. Sono dati più che confortanti che fanno dell’Italia un vero e proprio caso di eccellenza, anche per ciò che concerne il valore economico dell’intera filiera del riciclo, dalla raccolta alla produzione industriale di nuovi manufatti, dato che ci colloca al secondo posto, dietro alla Germania, sia in termini di fatturato che di addetti nel settore della preparazione al riciclo.

15 MILIONI PER LA MESSA IN SICUREZZA DEL SITO STOPPANI Grazie ai fondi europei Fsc, gestiti dal ministero dell’Ambiente verranno destinati 14,8 milioni di euro per il completamento dell’uscita dall’emergenza dell’area Stoppani di Cogoleto caratterizzata da un’estesa contaminazione da cromo esavalente. Dopo un’interlocuzione tra Regione e Ministero durata due anni sarà ora possibile completa-

8

re tutta la messa in sicurezza e dare inizio alla fase successiva, quella della bonifica. Gli interventi da realizzare sono già stati individuati e riguarderanno principalmente: il raddoppio della linea di trattamento delle acque di falda, contaminate dal cromo esavalente, con la garanzia di un funzionamento continuo; la decontaminazione e demolizione di tutte le strutture ancora presenti e lo smaltimento dei rifiuti contenenti cromo; la decontaminazione e demolizione dei serbatoi in collina e dei vecchi impianti e strutture fuori terra; l’implementazione delle barriere idrauliche ad ulteriore garanzia contro qualsiasi fuoriuscita di cromo nel torrente Lerone e al mare.

IL 90% DEI DISASTRI NATURALI È LEGATO ALL’ACQUA I dati forniti dall’Oms sono chiari: il 90% dei disastri naturali degli ultimi trent’anni nel mondo è legato all’acqua. Una tendenza che se non verrà invertita al più presto porterà, entro il 2030, a un incremento delle persone colpite dal fenomeno delle inondazioni tre volte superiore all’attuale. Questi e altri dati sono emersi durante il convegno “Acqua e Clima. I grandi fiumi del mondo si incontrano”, tenutosi lo scorso 23 ottobre al Campidoglio a Roma e organizzato dal Ministero dell’Ambiente, alla presenza dei rappresentanti di 47 autorità di gestione dei bacini idrici dei principali fiumi e laghi da tutto il mondo. Le risorse idriche sono le prime ad essere colpite dal riscaldamento climatico in atto, causato dall’effetto serra provocato dai gas emessi dall’uomo: si stima infatti che per ogni incremento di 1 grado della temperatura terrestre, un ulteriore 7% della popolazione mondiale vedrebbe ridursi del 20% la propria disponibilità di risorse idriche. Inoltre, a causa della crescita della popolazione mondiale e dell’aumento della richiesta di beni e servizi, il consumo di acque aumenterà con uno scenario che prevede per il 2030 una riduzione del 40% della risorsa disponibile. Tutti dati allarmanti che necessitano di provvedimenti immediati ed efficaci come il riutilizzo dell’acqua, uno degli strumenti promossi dal Commissario Ue all’Ambiente Karmenu Vella, che cosentirebbe di fronteggiare le conseguenze del riscaldamento globale sui bacini idrici. L’Euro-


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

9


RUBR I C H E

NEWS lo di economia circolare per l’Italia’ che dimostra come gli acquisti pubblici possano divenire uno dei principali strumenti per indirizzare le produzioni verso modelli di economia circolare”. Auspichiamo quindi che presto arrivino segnali positivi a conferma di quanto viene promosso a livello istituzionale.

pa ha cominciato a lavorare su standard di qualità minimi, con l’obiettivo di spingerne la diffusione ma è necessario anche operare su scala globale puntando sulla cooperazione internazionale con nazioni come la Cina, l’Iran, il Sudafrica e l’India.

LE LEGGI CAMBIANO MA GLI ACQUISTI VERDI SONO IN CALO Il Green public procurement (GPP) in Italia vale 9,5 miliardi di euro su un totale di 111,5 miliardi: meno del 9% del potenziale. Una quota che oltre ad essere bassa risulta anche in calo rispetto alle precedenti rilevazioni. Questi i dati emersi durante il Forum CompraVerde-BuyGreen che ha portato all’XI edizione gli Stati generali degli acquisti verdi monitorando gli sviluppi attorno a uno strumento chiave per lo sviluppo sostenibile. Con una spesa pubblica che si attesta al 17% del Pil è facile immaginare come potrebbe cambiare il modello di sviluppo del Paese se si tramutasse in domanda di mercato per acquisti verdi. Questo però non succede, anzi, come citato in precedenza i dati sono addirittura in calo, sebbene con l’approvazione dell’articolo 34 del Codice dei contratti pubblici l’Italia sia il primo Paese a rendere obbligatoria l’adozione dei Criteri ambientali minimi come elemento chiave per diffusione degli appalti verdi nelle nostre pubbliche amministrazioni. “La sfida del Green public procurement - ha dichiarato il Ministro Gian Luca Galletti - chiama tutti noi a un grande sforzo innovativo per attribuire centralità alle azioni di sostenibilità nella quotidianità del lavoro pubblico e privato, come garantito nella nostra Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile e in particolare attraverso il documento ‘Verso un model-

10

PATTO ACQUA PUBBLICA PARMA: VIA AI PROGETTI CON BEELAB E DNAPHONE Investire insieme su ricerca e sviluppo per creare competenze di alto livello nella gestione del Sistema Idrico Integrato: a distanza di quattro mesi dalla sua creazione il Patto per l’Acqua Pubblica Parma (PAPP), firmato a inizio estate da EmiliAmbiente SpA e Montagna 2000 SpA, si riempie di contenuti. Le società unite dal contratto di rete di impresa – entrambe partecipate al 100% da enti pubblici – hanno infatti avviato una collaborazione con due differenti realtà che rappresentano altrettante eccellenze del mondo della ricerca universitaria e dell’innovazione: si tratta del BEELab, il Laboratorio sulle Bio-energie del dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università di Modena e Reggio Emilia, e DNAPhone, start-up creata da tre ricercatori dell’Università di Parma e attiva dal 2014 nel campo della biosensoristica. Nel dettaglio, il contratto di ricerca firmato da EmiliAmbiente e Montagna 2000 con BEELab – realtà nata nel 2013 dalle competenze del gruppo di Fisica Tecnica nel settore delle energie rinnovabili e delle misure termo-fluidodinamiche – riguarda il riutilizzo energetico dei fanghi prodotti dagli impianti di depurazione attraverso la tecnica della crescita algale: l’obiettivo finale è ridurre al massimo l’impatto ambientale e i costi di gestione dei fanghi, e/o valutare l’eventuale produzione di alghe ricche per la produzione di olio utilizzando come substrato proprio i fanghi di depurazione. Il secondo progetto risponde invece all’esigenza di ottimizzare le procedure di autocontrollo che i gestori devono per legge compiere sistematicamente sulla qualità dell’acqua immessa in rete. La collaborazione del PAPP con DNAphone riguarda l’utilizzo a questo scopo di un dispositivo ottico prodotto dalla start-up, integrato con smartphone o tablet, che consente di effettuare analisi chimiche su campioni liquidi in modo semplice, rapido ed economico, acquisendo e rendendo disponibili i dati in tempo reale.


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

11


P RI MO

P I A N O

BROWNFIELD? SINERGIE PUBBLICO/PRIVATO E INTERDISCIPLINARIETÀ PROSPETTIVE E STRUMENTI DI SUPPORTO PER LA RIGENERAZIONE DELLE AREE DISMESSE di Claudia Ferrari*

I

l nome Brownfield identifica da almeno 20 anni aree degradate, contaminate, che vengono abbandonate in quanto è difficile la loro riattivazione nel circuito economico o sociale. Nel corso di questo decennio, alcuni Paesi europei hanno trovato soluzioni brillanti, attivando meccanismi economici, utilizzando sinergie tra pubblico e privato, in una forte visione interdisciplinare tra i livelli amministrativi, tra i settori pianificazione e ambiente. La rigenerazione non si è basata solo sull’uso residenziale, anzi molto spesso, valutando con attenzione le potenzialità di un contesto territoriale più ampio, fino a quello regionale, questi spazi si sono riutilizzati

12

a fini sportivi, ricreativi, supplendo la carenza di verde e di spazi collettivi dovuti all’inurbamento selvaggio degli anni del boom edilizio. Fondamentale risulta anche il supporto delle banche, sia locali che europee, come la BEI, che sempre più nei Paesi del nord Europa, supportano progetti di qualità, che sfruttano esigenze reali, utilizzando le più moderne tecnologie, compresa la ricerca universitaria, per rendere migliore la qualità della vita.

IL CONTESTO

Nel 2001 la rete Clarinet, fondata dalla Commissione UE, produsse un report finale dedicato ai Siti Contaminati, che avrebbe dovuto stimolare l’emana-

zione di una normativa europea sulla “protezione del suolo”; di fatto fu elaborata una Direttiva nel 2006, bloccata nel suo iter di approvazione, poi ritirata ufficialmente nel 2014 (http://eur-lex. europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do? uri=COM:2006:0231:FIN:it:PDF). L’analisi presentata, tuttora attuale, condusse alla conclusione che mancavano le idee progettuali sostenibili, tali da permettere nel tempo il recupero delle somme utilizzate. Il risanamento e quindi il reintegro deve essere un investimento per il futuro; le aree degradate vengono utilizzate dalla criminalità, anche come discariche abusive. In questi anni ormai lo scenario si ripete: quando l’ente di controllo interviene


con ordinanze o azioni impositive per il risanamento di una potenziale contaminazione, queste aree, generalmente sedi di ex attività private, sono trasferite ad una curatela fallimentare, che dopo aver eventualmente valutato l’entità delle risorse necessarie, tende a cedere l’area al Comune. Ma anche per il Comune diventa un problema spesso irrisolvibile, trovandosi pressato tra una norma che gli impone la bonifica, e una carenza di fondi per il risanamento. Nel momento in cui su quell’area decade l’interesse economico, e nessuno sembra volersene occupare, il recupero va analizzato studiando il contesto politico, sociale, economico e ambientale nei diversi aspetti: • motivi della “caduta economica” dell’eventuali attività presenti nell’area; • possibilità di attrarre nuove attività e quindi investitori; • analisi della eventuale disoccupazione presente (crisi economica di settori in transizione); • aspetti negativi dell’urbanizzazione (inquinamento, sicurezza, complessità e insoddisfazione della vita di comunità, scarsa solidarietà e individualismo, …); • diminuzione dell’entrate pubbliche attraverso la tassazione; • conflitti sociali; • consumo di suolo “vergine”. La soluzione difficilmente viene da strategie nazionali, ma può emergere da valutazioni sulle potenzialità effettive di una regione o di una porzione di territorio, connesse alle sue peculiarità, in relazione alle possibilità offerte dal mercato globale. In Europa le soluzioni che trovano le risorse, valorizzano queste aree in termini di beneficio collettivo, aumentando gli spazi “verdi”, nelle zone periferiche dove, l’inurbamento selvaggio degli anni del boom edilizio, ne ha limitato l’estensione. Un’altra esigenza già registrata allora era quella della necessità di una visione interdisciplinare tra i diversi livelli amministrativi, e tra i settori “pianificazione” e “ambiente”; tale obiettivo dovrebbe essere supportato da programmi regionali o nazionali, con l’identificazione di strumenti economici e tecnico-scientifici a supporto.

Stadio Olimpico di Londra prima della rigenerazione

BROWNFIELD E PIANIFICAZIONE

La comparsa nei nostri territori dei brownfield è dovuta principalmente alla crisi economica, che ha portato al fallimento e poi alla chiusura di molte attività. Le dimensioni piccole hanno spesso bloccato gli investimenti necessari alla modernizzazione sia delle strutture che dei sistemi di controllo della sicurezza, diventati vitali nel mercato globale. I negoziati proposti a livello internazionale sono risultati inefficaci a definire gli aiuti di stato connessi all’equità sociale, gli strumenti di incentivazione e a indirizzare il ruolo delle banche.

RIVITALIZZAZIONE DEI BROWNFIELD E GESTIONE DEL RISCHIO

L’inquinamento delle matrici ambientali è un problema di competenza pubblica; anche quando la bonifica di un sito è opera di un soggetto privato, la PA dà l’autorizzazione a intervenire, valuta le tecniche, i tempi e gli obiettivi di risanamento, e tutto ciò può avere influenza sul territorio circostante. Le limitatezze economiche spesso inducono a prendere decisioni basate su una valutazione probabilistica dei danni che una contaminazione può provocare nel corso del tempo, e a effettuare interventi non definitivamente risolutivi, ma necessari a limitare effetti negativi sulla salute di bersagli

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

umani e/o ambientali. Si parla pertanto di gestione del suolo basata sull’analisi di rischio che deve equilibrare gli usi possibili futuri, l’innocuità del sito, la disponibilità economica (il progetto deve essere fattibile, innovativo ed economicamente sostenibile, ovvero devono essere possibili risorse finanziarie d’investimento, sia private o pubbliche) e gli aspetti legali.

LE PROSPETTIVE OFFERTE DALLA COMMISSIONE UE

La contaminazione che può danneggiare la salute umana o creare danni alle risorse naturali, è il PROBLEMA. Un’area degradata costituisce anche un problema sociale, nel senso che se la comunicazione ai cittadini in merito alla sua pericolosità non è ben gestita, si sollevano associazioni o gruppi d’opinione creando un ambiente sfavorevole a qualunque iniziativa; in tal caso anche le aree circostanti, oltre all’area che costituisce il nostro oggetto di studio, diventeranno meno appetibili a qualunque investimento. In alcuni Paesi europei sono state elaborate delle metodologie di approccio ai brownfield comprensive di criteri per descrivere queste aree, classificarle e prospettare degli interventi di risanamento e rivitalizzazione economica. Dagli anni 2000 ad oggi la superficie dei siti contaminati e abbandonati è in crescita ed è elevata in tutta Europa: nel 2016 sono stati stimati 39.600 ettari in

13


P RI MO

P I A N O

Inghilterra, 20.000 ha in Francia, tra i 9.000 e gli 11.000 ha in Olanda, e circa 9.000 ettari in Belgio (Waloon). Già nel 1998 la Commissione europea elaborò un documento (“Sustainable urban development in the European Union: a framework for action” [COM(1998) 605 final]) definendo una strategia d’azione e istituendo dei fondi. Tra questi il COHESION FUND nato per compensare lo squilibrio tra le politiche regionali all’interno della Comunità. L’obiettivo del fondo, che finanzia programmi dal 2014 al 2020, è quello di favorire la ripresa quale fonte di rilancio occupazionale per uscire dalla crisi economica, ma anche indirizzare i cambiamenti ambientali e quelli climatici, affrontando le lacune educative persistenti e lottando contro la povertà e l’esclusione sociale. Parole chiave della politica europea sono: contesto fortemente concentrato sui risultati, accordi e programmi di attività, incentivare le imprese giovanili.

FRANCIA

I brownfield sono aree temporaneamente abbandonate in quanto l’attività precedente è cessata e necessitano di una forte idea di riuso per essere di nuovo appetibili. Quando si tratta di aree contaminate gli alti costi iniziali per risanarle, costituiscono un ostacolo. Le tecniche di bonifica “bio” che in questi anni hanno tempi sempre più certi, efficacia accertata e costi limitati, hanno stimolato gli imprenditori a prendere in seria valutazione il riuso di queste aree, oltre alle politiche europee che inducono sempre più al riuso di aree abbandonate, anziché consumare spazi verdi. I progetti propongono l’uso di piante e batteri, mettendo in evidenza che spesso la piantumazione di alberi, oltre a limitare o eliminare la contaminazione, può rimanere come patrimonio verde di queste aree. Soprattutto nelle aree periferiche/urbane questo permette una rigenerazione del territorio e una sua valorizzazione in termini economici e sociali (una zona verde può avere diversi usi e rende “salute” ai cittadini che la frequentano). Tali tecniche permettono anche di effettuare programmi a medio-lungo termine, in

14

modo che il tempo permetta di cogliere il progetto più consono alla vocazione del territorio interessato (attività edilizia, imprenditoriale, area sociale, struttura ospedaliera, polo universitario, …). In Francia lo sviluppo urbano integrato riguarda gli agglomerati con un contratto di coesione sociale (CUCS). Nei due bandi del Cohesion Policy 2014 – 2020 sono stati scelti i progetti delle due più grandi città della Lorena: Metz Métropole e Greater Nancy. Una seconda chiamata ha approvato progetti in altre 7 città con CUCS. I progetti finanziati tengono in conto tutti gli aspetti dello sviluppo di un territorio, compresi quelli economici, sociali e ambientali. I destinatari degli inviti a presentare proposte, sono le città. I premiati hanno sviluppato azioni che promuovono lo sviluppo dell’attività economica accompagnate da misure volte a ridurre l’esclusione sociale e le questioni ambientali al fine di contribuire allo sviluppo urbano sostenibile. Particolare attenzione è stata rivolta alla governance dei progetti. Individuati i quartieri più degradati, ci si è preoccupati di favorire la nascita di strutture per unire le persone, associazioni, professionisti e servizi pubblici: una strategia di sviluppo comune e poi portare tutti i progetti necessari per la sua attuazione. Quindi i progetti scelti tendevano a risolvere: la lotta alla discriminazione, la riduzione dell’abbandono scolastico, la collocazione lavorativa per chi ne ha più necessità.

INGHILTERRA

Nell’ambito della EIC (Commissione Ambientale dell’Industria) si è costituito un GdL (Contaminated Land WG) che ha contribuito col governo a definire politiche e indirizzare l’innovazione, sulla base di esperienze positive nel settore dei brownfield. Queste aree, spesso siti industriali dismessi o infrastrutture di trasporto dismesse andate in disuso, sono state individuate ed elencate in un registro prodotto dalle comunità locali, in quanto si è valutata la possibilità di sviluppo in modo sostenibile per l’economia e l’ambiente. Il registro rende disponibili le aree, de-


FONDI FEIS - FONDO EUROPEO PER GLI INVESTIMENTI STRATEGICI (WWW.EIF.ORG) Scopo del Fondo è contribuire a utilizzare finanziamenti pubblici, compresi finanziamenti sul bilancio dell’UE, per mobilitare investimenti privati su un’ampia serie di progetti realizzati nell’UE. Il partenariato creato tra Fondi FEIS, BEI e Banche nazionali, per investimenti più mirati sul territorio è molto positivo. L’obiettivo dei prossimi anni è quello di dirigere parte delle risorse del FEIS a investimenti nelle piccole e medie imprese. Questo si tradurrà in un significativo aumento delle operazioni finanziate dal FEI, sebbene il pilastro FEIS nel quadro del Piano di investimenti continuerà a concentrarsi su imprese innovative. I progetti riguardano settori quali le infrastrutture, la ricerca e l’innovazione, l’istruzione, la sanità, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e altri. Durata e condizioni finanziarie del Fondo In base alla posizione negoziale del Consiglio: • la durata del Fondo sarebbe prorogata fino al 2020; • la garanzia del bilancio UE potrebbe aumentare di 10 miliardi di Euro, raggiungendo un importo totale di 26 miliardi di Euro (di cui i 16 miliardi di Euro della garanzia iniziale sarebbero disponibili fino a metà 2018), il contributo della Banca europea per gli investimenti (BEI) passerebbe a 7,5 miliardi di Euro (dagli attuali 5 miliardi di Euro); • l’obiettivo di investimento totale del fondo salirebbe a 500 miliardi di Euro; • il sostegno del FEIS dovrebbe essere facilmente combinato, se necessario, con quello di altri fondi UE, come i Fondi strutturali e d’investimento europei e altri. La Commissione europea intende prolungare l’attività del pilastro FEIS, utilizzando al meglio il Polo Europeo di Consulenza (PECI), che è il portale dei progetti di investimento europei, la seconda parte del piano di investimenti per l’Europa, creati per conseguire gli obiettivi del Fondo europeo per gli investimenti strategici. Il Polo e il portale sono stati istituiti dal regolamento (2015) relativo al FEIS.

FONDO GINKGO Il Ginkgo è un albero che risale a 270 milioni di anni fa e fu il primo a ricrescere dopo il disastro nucleare di Hiroshima e Nagasaki. Per gli esperti del Fondo Ginkgo, i siti dismessi sono zone piene di attrattive dal punto di vista dello sviluppo urbano. Il modello operativo di tipo innovativo è diverso da tutti gli altri fondi verdi e cerca di coinvolgere insieme più operatori: quelli pubblici che non hanno fondi e quelli privati che cercano di diminuire i rischi e a volte mancano di competenze tecniche specifiche. L’esempio è stato fornito dal recupero di un ex sito industriale su cui è stato costruito lo stadio olimpico di Londra. Il fondo ha raccolto 80 milioni di Euro per realizzare 7 progetti di bonifica e riconversione in Belgio e in Francia: tutti saranno pronti per la costruzione entro la fine del 2018. Il primo riguarda una cartiera, un’area di nove ettari a 30 km a sud di Bruxelles che presenta un elevato tasso di degrado. I lavori sono iniziati nella primavera del 2017 per costruire 300 appartamenti e abitazioni. Tra breve si aprirà un cantiere per la costruzione di edifici nel sobborgo parigino di Choisy-le-Roi nel sito di un’ex fonderia oggi dismessa. Stessa cosa avverrà nel centro di Lione, nel sito di un’ex fabbrica di produzione di lavatrici Brandt. Nel fondo sono confluiti 15,6 milioni di Euro dalla BEI. Forte è stato anche il coinvolgimento del FEIS nel quadro del Piano di investimenti, che ha permesso alla BEI di investire così tanto nel fondo Ginkgo II. finendone caratteristiche che possono attrarre capitali privati o pubblici. Oggi il 10/20% dello sviluppo inglese si basa su queste aree. Nel 2010 furono individuate aree per quasi 62.000 ettari, di cui il 54% considerati derelitti. Contemporaneamente il governo inglese ha messo a disposizione 3 miliardi di sterline per contribuire alla riattivazione di queste aree, con una integrazione di 1,2 miliardi per sbloccare la costruzione di 30.000 case nei brownfield. I principi del finanziamento si basavano su un prestito disponibile per progetti di soluzioni abitative innovative e reti di servizi per costruttori specializzati, i termini sono fissati in 5 anni per lo sviluppo del finanziamento e 20 anni per la restituzione del prestito e per l’incremento occupazionale. Uno degli elementi più studiati è quello relativo alla riduzione fiscale, fattore

ritenuto indispensabile per creare attrazione di capitali e azioni su queste aree. Nel 2010 era stata stimata una superficie di circa 35.000 ha, disponibile per passare da aree industriali degradate ad aree urbanizzate, per circa 1,8 milioni di appartamenti. La richiesta da parte dei possibili acquirenti prevede che vi sia una qualificata combinazione tra casa, strutture commerciali per la vendita al dettaglio, sviluppo commerciale e industriale. Il settore delle bonifiche può essere una voce importante dell’economia: in UK, nell’anno 2016, gli investimenti per i brownfield sono cresciuti di 1ML £ in un anno, le persone impiegate sono 10.000 ed è previsto un 4,5% di aumento annuo al 2020. Il Registro è utilizzato per gestire sia i finanziamenti nazionali che quelli locali.

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

Alcuni elementi sono considerati degli ostacoli: 1. spesso le indagini di caratterizzazione sono costose e c’è il rischio di trovare sorprese nel momento in cui iniziano i lavori; 2. molti siti non hanno spazi per depositare i materiali di scavo, poter fare valutazioni in campo sulle tecniche o sulla destinazione dei materiali anche di demolizione; 3. spesso vi sono altre costruzioni che creano problemi; 4. le condizioni morfologiche o climatiche possono porre problemi: troppo freddo o caldo, o il rischio di alluvioni; 5. molti interventi sui brownfield possono richiedere deviazioni di servizi, e ciò determina costi e/o ritardi. Incentivi agli investimenti sono invece rappresentati da: un credito pre-tassa

15


P RI MO

P I A N O

Queste tecniche forniscono utili informazioni in merito alla capacità della natura di trasformare “veleni” in sostanze inermi.

TRASFORMARE UN BROWNFIELD IN UNA SMART CITY?

per gli interventi qualificanti, come avviene per la ricerca, una sorta di detassazione dall’8 all’11% e una spesa che viene versata contro le passività fiscali.

LE BONIFICHE DEI BROWNFIELD CON L’UTILIZZO DELLE NUOVE TECNOLOGIE

Generalmente le nuove tecnologie ri-

sultano meno costose, anche se agiscono con tempi un po’ più lunghi, e possono diventare esse stesse un investimento da utilizzare in altri siti. Un esempio già ampiamente utilizzato è costituito dalle tecniche di Bioremediation, che utilizzano batteri indigeni, microrganismi, piante, enzimi e funghi per distruggere o neutralizzare elementi tossici e contaminanti.

Non vi sono fondi dedicati, ma esistono fondi europei che possono finanziare aspetti particolari di una smart city, quali Horizon 2020, il Meccanismo per collegare l’Europa, i programmi Cosme e Life. I finanziamenti per infrastrutture e sviluppo urbano provengono dal programma Life, per un migliore utilizzo del suolo, per la mitigazione del clima e per le tecnologie sostenibili, dal Meccanismo per collegare l’Europa, per quanto riguarda trasporti intelligenti ed energia rinnovabile dalle due iniziative Eureka Smart Cities e Jpi Urban Europe (Enscc), entrambe sostenute dal programma Horizon 2020. *DG Cura del territorio e dell’Ambiente, Regione Emilia – Romagna


A TT U AL I T À

DIECI PASSI VERSO LA SOSTENIBILITÀ IL COMUNE DI TIVOLI E ASA TIVOLI HANNO INTRAPRESO IL CAMMINO VERSO IL TRAGUARDO RIFIUTI ZERO di Laura Veneri

N

el mese di ottobre A.S.A., l’Azienda Speciale Ambiente del Comune di Tivoli, ha organizzato un convegno per illustrare il percorso avviato dal Comune di Tivoli secondo la Strategia Rifiuti Zero. Ospite illustre della giornata è stato l’ideatore della Strategia Zero Waste, il Prof. Paul Connett. Paul Connett è un professore di chimica in pensione che ha lavorato per più di trenta anni nella gestione dei rifiuti e ha aiutato molte comunità in 65 differenti paesi. Ha iniziato a interessarsi alla questione rifiuti nel 1985 quando ha lottato contro la costruzione di un inceneritore vicino a casa sua. Tra il 1985 e il 1995 è stato direttore di un’associazione “Work on Waste” che si è schierata contro la costruzione di 300 inceneritori negli Stati Uniti d’America. È l’ideatore della Strategia Zero Waste, il cui movimento in Italia è portato avanti da Rossano Ercolini, vincitore nel 2013 del Goldman Environmental Prize, il cosiddetto “Premio nobel per l’ambiente”. Dalla fine del 2014 il Comune di Tivoli ha avviato un serio progetto di raccolta differenziata domiciliare dei rifiuti che, accompagnato dalle iniziative di raccolta di prossimità presso le piazzole di conferimento presidiate e presso il

centro di raccolta comunale, scandisce i primi passi della strategia Zero Waste. Prima di allora il modello gestionale adottato era incentrato sulla raccolta stradale del rifiuto indifferenziato, e il numero dei cassonetti presenti sul territorio era pari a 1300 unità da 1 e 2 m³; numero più che doppio rispetto al numero complessivo delle campane suddivise per le quattro tipologie: carta, plastica, vetro e metalli. I primi segnali di cambiamento nella gestione dei rifiuti si sono evidenziati nel biennio 2015-2016, quando, con l’avvio del servizio “porta a porta”, la sistemazione dei cassonetti in piazzole presidiate da personale volontario incaricato dei servizi di sorveglianza e informazione della popolazione, le iniziative di riduzione, riuso e riciclo, la cultura ambientale ha cominciato a farsi strada. Il progetto vede il completamento del servizio di porta a porta a tutta la popolazione residente nel comune di Tivoli nel corso del 20172018. I dati sulla raccolta differenziata nei mesi di luglio e agosto nei quartieri serviti dal porta a porta hanno evidenziato percentuali molto alte con picchi dell’87%. Il dato è evincibile in maniera certa,

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

Prof. Paul Connett, ideatore della Strategia Zero Waste

grazie alla possibilità di conteggiare in modo separato le pesate mensili relative alla produzione di RSU prodotto dai quartieri serviti dal porta a porta dal dato della produzione di rifiuto indifferenziato da cassonetto derivante dai due quartieri non ancora serviti da raccolta domiciliare, i quali vengono inviati a due diversi impianti di smaltimento.

ZERO WASTE

La strategia verso rifiuti zero sostiene che la sostenibilità sia il primo passo da attuare: i paesi industrializzati

17


consumano troppe risorse. Sono ormai noti gli studi in cui viene riportato come gli americani sfruttino le risorse come se potessero attingere da 5 pianeti e gli europei consumino risorse per due pianeti ogni anno. È necessario un cambio di prospettiva per il bene di tutti noi. Paul Connett afferma che la nostra società “usa e getta” debba diventare sostenibile, partendo in primis da una conversione dell’economia da lineare a circolare e da un corretto recupero e riciclaggio dei rifiuti. Per avviare il cammino verso Rifiuti Zero sono dieci i passi da compiere: 1. separazione dei rifiuti alla fonte per organizzare la raccolta differenziata; 2. raccolta differenziata porta a porta, che permette di raggiungere in poco tempo e su larga scala quote percentuali superiori al 70%; 3. realizzazione di un impianto di compostaggio da prevedere prevalentemente in aree rurali e quin-

18

4.

5.

6.

7.

di vicine ai luoghi di utilizzo da parte degli agricoltori; realizzazione di piattaforme impiantistiche per il riciclaggio e il recupero dei materiali, finalizzato al reinserimento nella filiera produttiva; riduzione dei rifiuti: diffusione del compostaggio domestico, sostituzione delle stoviglie e bottiglie in plastica, utilizzo dell’acqua del rubinetto (più sana e controllata di quella in bottiglia), utilizzo dei pannolini lavabili, acquisto alla spina di latte, bevande, detergenti, prodotti alimentari, sostituzione degli shoppers in plastica con sporte riutilizzabili; riuso e riparazione: realizzazione di centri per la riparazione, il riuso e la decostruzione degli edifici, in cui beni durevoli, mobili, vestiti, infissi, sanitari, elettrodomestici, vengono riparati, riutilizzati e venduti; tariffazione puntuale: introduzione

di sistemi di tariffazione che facciano pagare le utenze sulla base della produzione effettiva di rifiuti non riciclabili da raccogliere; 8. recupero dei rifiuti: realizzazione di un impianto di recupero e selezione dei rifiuti, in modo da recuperare altri materiali riciclabili sfuggiti alla RD; 9. centro di ricerca e riprogettazione: chiusura del ciclo e analisi del residuo a valle di RD, recupero, riutilizzo, riparazione, riciclaggio, finalizzati alla riprogettazione industriale degli oggetti non riciclabili, e alla fornitura di un feedback alle imprese (realizzando la Responsabilità Estesa del Produttore) e alla promozione di buone pratiche di acquisto, produzione e consumo; 10. azzeramento rifiuti: raggiungimento entro il 2020 dell’azzeramento dei rifiuti, ricordando che la strategia Rifiuti Zero si situa oltre il riciclaggio.


A TT U AL I T À

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

19


A T T U A L I TÀ

L’ITALIA È UN’ECCELLENZA EUROPEA NEL RECUPERO DEGLI IMBALLAGGI IN ACCIAIO IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI PER I 20 ANNI DI ATTIVITÀ DEL CONSORZIO RICREA, UN BILANCIO SUI RISULTATI RAGGIUNTI E LE SFIDE DEL FUTURO di Bruno Vanzi

I

stituito nel 1997 in attuazione dell’art. 40 del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 (mutato poi con il D.Lgs. del 3 aprile 2006 n. 152), il Consorzio RICREA è un’organizzazione senza scopo di lucro che sotto la gestione di CONAI ha l’obiettivo di favorire la raccolta, il riuso e l’avvio a riciclo di tutti i rifiuti di imballaggio in acciaio, cooperando con tutti gli attori della filiera: dai cittadini ai Comuni ai loro delegati, alle piattaforme di selezione, per arrivare agli operatori del rottame e infine alle acciaierie e fonderie. Oggi RICREA conta 281 consorziati e un vasto numero di operatori suddivisi sull’intero territorio nazionale. “In 20 anni di attività abbiamo fatto molta strada, e con RICREA in Italia è cresciuto il tasso di avvio a riciclo degli imballaggi in acciaio - ha spiegato Domenico Rinaldini, Presidente RICREA -. Già dal 2002 abbiamo superato l’obiettivo del 50% dell’immesso al consumo fissato dalla direttiva europea per il 2008, e dal 2009 ci siamo attestati su valori superiori al 70%, fino a raggiungere lo scorso anno quota 77,5%. A livello europeo siamo un’eccellenza, e guardiamo al futuro ponendoci nuovi obiettivi, accettando fino

20

in fondo la sfida della Circular Economy”. “Anche grazie all’attività di RICREA, siamo passati in 20 anni dall’avvio a riciclo di 190mila tonnellate di rifiuti di imballaggio a oltre 4 milioni, con un tasso di riciclo che ha toccato nel 2016 il 67,1%” ha commentato Giorgio Quagliuolo, Presidente di CONAI. “Si tratta di numeri particolarmente significativi, che hanno reso l’Italia una vera e propria best practice europea, e che fungono da base importante di partenza per il conseguimento degli obiettivi europei al 2025 e 2030 oggi in discussione”. In 20 anni di attività, il Consorzio ha dato vita ad una rete di Convenzioni e Accordi estesi in tutta Italia. Attraverso l’Accordo Quadro ANCI-CONAI, RICREA favorisce la crescita della raccolta differenziata avviando delle Convenzioni attraverso le quali si regola l’erogazione da parte del Consorzio di un corrispettivo economico a favore del Convenzionato, sulla base della qualità dei rifiuti di imballaggio in acciaio raccolti. Oggi sono attive 376 Convenzioni per un totale di 5.621 Comuni coinvolti, il 70% dei Comuni italiani; nel 2000 le Convenzioni attive erano 163 e i Comuni coinvolti 2.144. È

cresciuta anche la quota della popolazione servita, che nel 2016 supera l’80%, ed è migliorata in modo significativo la copertura territoriale, in particolare al Sud: le convenzioni nel 2000 coprivano il 25% dei residenti nelle regioni meridionali, mentre nel 2016 la copertura è arrivata al 72%. L’acciaio è una materia prima molto richiesta e la sua domanda mondiale negli ultimi 20 anni è più che raddoppiata, soprattutto a causa della Cina che acquista la metà della produzione globale. L’Italia è il secondo produttore di acciaio in Europa con 23 milioni di tonnellate prodotte nel 2016 e vanta numeri considerevoli anche nel recupero dei rottami ferrosi utilizzati come materie prime secondarie: 20 milioni di tonnellate. L’Italia è il primo paese europeo e tra i grandi player mondiali per tasso di riciclo nella filiera dell’acciaio. Dal 2000 al 2016 il nostro paese ha avviato a riciclo complessivamente 5,6 milioni di tonnellate di imballaggi in acciaio, passando da 150 mila a 360 mila tonnellate, ossia dal 25,5% al 77,5% degli imballaggi immessi al consumo. L’Italia ha conseguito con 6 anni di anticipo il target previsto dalla normativa comunitaria al 2008 (l’avvio a ri-


ciclo del 50% dell’immesso al consumo) e le performance del 2016 indicano che anche l’obiettivo per il 2025 della nuova proposta di direttiva europea (il 75% dell’immesso al consumo) è già stato raggiunto. Grazie all’acciaio recuperato dagli imballaggi dal 2005 nel nostro Paese si è ottenuto così un risparmio di 3 milioni di tonnellate di materia prima per un valore di 350 milioni di euro, e si sono evitate inoltre 4 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra, pari a quelle generate in un anno da circa 1 milione di auto con percorrenza media annua di 20 mila km. “Negli ultimi 20 anni, con la nascita del sistema CONAI, l’introduzione del contributo ambientale e la garanzia del ritiro dei rifiuti di imballaggio raccolti in maniera differenziata, la gestione dei rifiuti urbani in Italia è profondamente cambiata, con l’80% dei rifiuti urbani che prima del 1997 finivano in discarica, contro l’attuale 26%” spiega Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. “Fondamentale è stata la capacità delle filiere di fare sistema, evitando i rischi e i costi di una eccessiva frammentazione organizzativa, creando un modello affidabile di raccolta dati e di controllo dei risultati, promuovendo campagne informative e progetti innovativi. Il Consorzio RICREA è stato capace di fare tutto questo assicurando il riciclo di tutti i rifiuti di imballaggio in acciaio raccolti in acciaierie e fonderie in Italia, ma per sviluppare ulteriormente l’Economia Circolare del settore e perseguire gli obiettivi europei di riciclo proposti al 2030, oltre ad aumentare la parte riutilizzabile e riutilizzata di tali imballaggi, occorrerà migliorare ancora di più la qualità delle raccolte e anche dei pretrattamenti, per ridurre gli scarti e aumentare il riciclo effettivo nelle acciaierie”.

REPORT DI SOSTENIBILITÀ RICREA

In occasione dei venti anni di attività, il Consorzio RICREA ha realizzato il suo primo Report di sostenibilità “Dall’acciaio all’acciaio: una perfetta storia di economia circolare” in cui ha evidenziato i risultati di venti anni di attività. L’industria nazionale del riciclo degli imballaggi gode di buona salute e ha dimostrato che l’uso efficiente dei materiali è un fattore non solo di qualità ambientale, ma anche di competitività economica. La raccolta nazionale dei rifiuti da imballaggio in acciaio ha presentato negli anni un andamento in costante crescita, ad eccezione del biennio 2008-2009 e di quello 2012-2013, durante i quali si sono verificati dei lievi cali. Nel 2016 la raccolta si attesta a 438 mila tonnellate (7% in più rispetto al 2015), raggiungendo il massimo storico. I quantitativi di imballaggi in acciaio effettivamente avviati a riciclo si attestano, nel 2016, a 360 mila tonnellate. Rispetto al 2000, quando si avviavano a riciclo poco più di 150 mila tonnellate di imballaggi in acciaio, il progresso è evidente con il periodo di maggiore crescita dal 2002 al 2007, quando si è raggiunto il massimo storico (circa 390 mila tonnellate di imballaggi avviati a riciclo). Da allora, complice anche la crisi economica, oltre al calo dell’immesso al consumo si è assistito ad una riduzione anche dei quantitativi avviati a riciclo durata fino al 2013. Negli ultimissimi anni si constata, infine, una discreta ripresa, con circa 40 mila tonnellate in più avviate a riciclo tra 2013 e 2016. Il target fissato al 31 dicembre 2008 (Allegato E parte IV del D.Lgs. 152/06), prevede per i metalli il raggiungimento di un tasso di riciclo rispetto all’immesso al consumo del 50%. Nel 2000 venivano avviati a riciclo appena il 25,5% degli imballaggi in acciaio immessi al consumo. La Direttiva europea 2004/12/CE fissava come obiettivo al 2008 un

tasso di avvio a riciclo del 50% che in realtà in Italia veniva superato già nel 2002. A partire dal 2009 l’avviato a riciclo è stato sempre superiore alla soglia del 70% dell’immesso al consumo, fino a raggiungere il 77,5% nel 2016. Il contributo dato dal sistema RICREA alla crescita del riciclo degli imballaggi si riflette non solo sui quantitativi assoluti ma anche sulla tipologia. Nel corso degli anni vi è stata, infatti, una evidente variazione della provenienza di tali rifiuti: mentre nel 2000 solo il 27% di questi proveniva dalla raccolta da superficie pubblica, nel 2016 grazie all’aumento del numero delle Convenzioni con i Comuni tale quota è passata al 49%. [Fonte RICREA].


A T T U A L I TÀ

IL PRIMO APPUNTAMENTO INTERNAZIONALE DELL’ECONOMIA A BASSO IMPATTO AMBIENTALE CI ATTENDE A PARIGI WORLD EFFICIENCY SOLUTIONS: SOLUZIONI PER IL CLIMA E LE RISORSE NEL CENTRO DELLA CAPITALE FRANCESE di Maeva Brunero Bronzin

S

i apriranno il 12 dicembre le porte del World Efficiency Solutions, l’evento biennale dedicato alla ricerca di soluzioni per contrastare i cambiamenti climatici e l’esaurimento di risorse naturali. Questa seconda edizione del salone, che si terrà presso il Parco delle Esposizioni di Parigi della Porte de Versailles, rappresenta l’ultima tappa di un percorso che è iniziato lo scorso giugno con l’apertura della piattaforma WEConnect, un vero e proprio strumento online ideato per favorire la collaborazione tra le aziende che propongono nuovi progetti e coloro che sviluppano soluzioni. Alla piattaforma online seguirà, dal 14 al 16 novembre, il World Climate Solutions a Bonn, evento durante il quale verranno affrontate le questioni più importanti inerenti il finanziamento e lo sviluppo di partnership tra il settore pubblico e quello privato (PPP) per la realizzazione dei progetti climatici provenienti da NDCs (Nationally Determined Contributions). Infine, ultima tappa, il World Efficiency Solutions, offrirà ai suoi partecipanti la possibilità di accedere a un network ancora più ampio di partner internazionali attraverso le sue cinque dimensioni: business matchmaking, summit, expo, showcase e training. Per comprendere meglio cosa aspettarsi da questa edizione abbiamo intervistato Stéphanie Gay-Torrente, direttrice del Salone World Efficiency.

22

Com’è strutturato l’evento e quali saranno le tematiche principali di questa edizione? World Efficiency Solutions si appoggia a un dispositivo digitale e a un programma di eventi. Il dispositivo digitale comprende una piattaforma comunitaria internazionale WEConnect che permette agli operatori coinvolti nella lotta ai cambiamenti climatici e all’esaurimento delle risorse di presentare i loro progetti o soluzioni e di connettersi da qualsiasi parte del mondo. Il programma di eventi prevede una presenza a Bonn durante la COP23 dal 14 al 16 novembre: La Galerie by WE in associazione con World Climate Summit 2017, durante la quale saranno affrontate in modo particolare le tematiche legate al finanziamento e alla realizzazione delle collaborazioni pubblico/privato per progetti sul clima provenienti dall’INDCs. Il programma degli eventi comprende poi un appuntamento di incontri e di scambi dal 12 al 14 dicembre a Parigi: World Efficiency Paris 2017 dove saranno presentate un’ampia gamma di soluzioni. Il tutto si articola attorno a 5 obiettivi nel cuore delle sfide della transizione ecologica ed energetica in corso: Energia pulita ed accessibile; Produzione e consumo responsabili; Città e territori sostenibili; Infrastrutture e mobilità verde; Gestione delle risorse naturali. Grazie a questo dispositivo originale e complementare, il nostro obiettivo è contribuire a creare la piattaforma di mercato internazio-

nale necessaria per trasformare l’economia. Quali sono i punti di forza e cosa è cambiato rispetto alla scorsa edizione? Dal 2015, abbiamo stretto nuove partnership importanti che confermano il carattere assolutamente internazionale di WE: UN Environment, WGBC, Fondation pour la Nature et l’Homme, Consumer Goods Forum, CDP, World Resource Forum, IPEEC, Fondation Solar Impulse/Alliance Mondiale des Solutions Efficientes, ecc. WE Paris propone inoltre quest’anno una dimensione inedita di matchmaking. La sua vocazione di creare contatti in modo concreto tra investitori e compratori si traduce non solo con la piattaforma WEConnect ma anche con CiBix

Stéphanie Gay-Torrente, direttrice del Salone World Efficiency


- City-Business Accelerator, degli appuntamenti d’affari interamente dedicati alle città, in collaborazione con il network ICLEI - Local Governments for Sustainability. Infine, con il programma WE Boost, World Efficiency vuole promuovere l’innovazione e le startup con lo scopo di facilitare il loro sviluppo sui mercati favorendo il dialogo tra investitori e attori dell’innovazione. Ci saranno iniziative a contorno dell’evento? Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato lo svolgimento, il 12 dicembre, di un summit internazionale sul clima, due anni dopo la COP21.World Efficiency servirà da cassa di risonanza a questo evento in particolare per dimostrare concretamente la realizzazione di progetti e l’abbondanza delle soluzioni già esistenti. D’altronde, nell’ambito di WE, accogliamo eventi di portata internazionale come HQE International Summit e differenti cicli tematici tra cui una sessione sull’economia circolare applicata a diversi campi come la telefonia mobile, l’edilizia o le città & regioni e un altro sulla decarbonizzazione dell’Europa attraverso la mobilità, l’edilizia, l’alimentazione o la digitalizzazione. WE Paris è inoltre partner di My Positive Impact avviato dalla Fondazione per la Natura e l’Uomo e l’Unione nazionale delle CPIE (Centres Permanents d’initiatives pour l’Environnement) per identificare le soluzioni per il clima proposte da associazioni, startup o collettività. I laureati 2017 saranno premiati nell’ambito di una serata speciale durante l’evento. Inoltre, il ministro francese della Transizione ecologica e solidale consegnerà ufficialmente i 30 Premi Azienda e Ambiente a WE Paris. Come si inserisce WE all’interno del contesto delle politiche ambientali in atto a Parigi? In termini di politiche pubbliche, la Francia ha recentemente fatto dei progressi importanti grazie alla Legge di Transizione ecologica dell’agosto 2015 per una crescita verde che fissa le basi per una politica di utilizzo efficace delle risorse. A questo si aggiungono la Legge Biodiversità di agosto 2016, il nuovo Piano Clima annunciato in luglio dal ministro Nicolas Hulot e l’elaborazione di una strategia nazionale di transizione verso un’economia circolare. Da notare inoltre le recenti evoluzioni nei campi dell’ecologia industriale e territoriale. Il summit sul clima organizzato dall’Eliseo il 12 dicembre per rilanciare la mobilitazione internazionale due anni dopo l’Accordo di Parigi sarà inoltre un segnale forte della Francia per sostenere le politiche mondiali in tema di clima. Per quanto riguarda Parigi in modo più particolare, World Efficiency Solutions ha stretto una partnership con le C40 - Cities Climate Leadership Group, network di circa cento grandi metropoli di tutto il mondo impegnate nella sfida climatica, presidiata da Anne Hidalgo, attuale sindaco di Parigi. Impegnata da numerosi anni in un Piano Clima Energia, la città di Parigi ha inoltre elaborato una Carta di Azioni per il Clima per incitare le aziende e gli enti del suo territorio a impegnarsi. Da segnalare inoltre che Paris Europlace e diversi attori finanziari francesi privati, pubblici e istituzionali hanno lanciato in giugno scorso l’iniziativa Finance for Tomorrow per promuovere la finanza sostenibile in Francia e a livello internazionale. Così, la capitale francese sarà più che mai al centro dell’attenzione del mondo sulle tematiche legate al clima. Avete progetti o soluzioni che non sono a basso impatto ambientale? Raggiungete la community WE su www.world-efficiency.com


24


A TT U AL I T À

SEMAFORO VERDE PER IL SETTORE DELLE COSTRUZIONI NOVITÀ E CONFERME PER INTERMAT 2018 CHE RACCOGLIE LE NUOVE SFIDE PER IL FUTURO DEL SETTORE di Bruno Vanzi

C

on una crescita media prevista del 3,9% da qui al 2030 il mercato delle costruzioni sembra dare segnali più che positivi e quindi positivo è anche il segnale per l’edizione 2018 di Intermat, il salone internazionale delle costruzioni e delle infrastrutture, che si terrà a Parigi dal 23 al 28 aprile prossimi. In un contesto ricco di prospettive si inserisce questa edizione 2018 che si annuncia come un’opportunità di incontro privilegiata per gli addetti ai lavori dalla zona EMEA (Europa, Medio Oriente, Africa): imprese di costruzione e fornitori di attrezzature, macchinari e soluzioni tecniche potranno discutere e sviluppare i loro progetti finalizzati alla crescita del territorio. Intermat conferma il suo ruolo di fiera leader nel settore delle costruzioni e delle infrastrutture proponendo ai 1.500 espositori e 183.000 visitatori provenienti da 167 paesi un programma fatto di innovazioni, convegni, opportunità di networking e analisi di mercato

con la possibilità di accedere al potenziale dei grandi cantieri di costruzione.

VILLAGGI TEMATICI, NOVITÀ 2018

Tra le novità dell’edizione 2018, espositori e visitatori troveranno quattro villaggi tematici dedicati alle nuove tecnologie applicate al settore delle costruzioni e delle infrastrutture. Cogliendo la sfida della digitalizzazione del settore delle costruzioni e dei lavori pubblici gli organizzatori della fiera hanno deciso di focalizzare l’attenzione sulle nuove tecnologie sviluppate dalle aziende. Quindi per la prima volta start up, PMI e grandi aziende presenteranno le loro soluzioni innovative e i loro prodotti all’interno di quattro aree dedicate: il villaggio Construction Tech 100%, il villaggio Start up, il villaggio Building Smart e il villaggio Demolizioni & Riciclaggio. Un programma di tavole rotonde e incontri tecnici sulle principali tematiche di interesse scandiranno l’agenda di ciascun villaggio tematico per favorire occasioni di scambio e condivisione di esperienze.

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

INTERMAT INNOVATION AWARDS

Trampolino per l’innovazione torna anche nell’edizione 2018 l’Intermat Innovation Awards, presieduto dalla FNTP (Fédération de l’Industrie Européenne de la Construction), per premiare attrezzature, tecnologie, servizi o prodotti che contribuiscono all’innovazione del settore. Con una nuova giuria a cui prendono parte esperti provenienti dalle maggiori imprese di costruzione d’Europa, le categorie dei premi corrisponderanno alle 4 nuove categorie di suddivisione del salone a cui andranno ad aggiungersi 4 categorie speciali. “Intermat riconferma l’importanza della ricerca e dello sviluppo e sostiene le innovazioni che contribuiscono al successo del mercato delle costruzioni e delle infrastrutture. L’edizione 2018 vuole mettere in luce le nuove tecnologie che contribuiscono a raccogliere le sfide dello sviluppo territoriale” così ha commentato Isabella Alfano, direttrice del salone Intermat.

25


26


FAB B R ICA

DE L L E

I DE E

DA SCARTO A PRODOTTO RECUPERARE I RIFIUTI IN POLIETILENE, LAVORARLI E TRASFORMARLI IN UN NUOVO PRODOTTO DA INSERIRE SUL MERCATO di Laura Veneri

È

proprio vero che “la necessità aguzza l’ingegno”. Ce lo dimostra la storia di un’azienda tutta italiana, considerata oggi una delle aziende leader in Europa nel settore delle tecnologie per il recupero dei rifiuti plastici, che ha dovuto fare di necessità virtù. La Plastipoliver nasce nel 1965 e si occupa di estrusione di plastica da cui produce sacchi per la nettezza urbana. A seguito della crisi petrolifera che colpì il mercato negli anni ‘70 il prezzo del petrolio si innalzò bruscamente e così venne a mancare la materia prima per la produzione dei sacchi. La raccolta differenziata ancora non si faceva ma Giorgio Malaspina non si diede per vinto e, grazie alla collaborazione di amministrazioni locali, scuole e grande distribuzione, adattò la propria attività divenendo anche un recuperatore. Iniziò così a recuperare plastica di scarto con la quale permise alla sua azienda di non fermarsi nella produzione. L’intuito di Giorgio Malaspina consentì alla sua azienda di cavalcare il mercato e di non venire schiacciato da un periodo di crisi. Ma la sua perspicacia ha permesso anche un approccio sostenibile che è entrato nel DNA dell’azienda. Oggi, infatti, la Plastipoliver produce sacchi per la nettezza urbana esclusivamente con plastica proveniente da raccolta differenziata. La materia prima per la produzione dei sacchi proviene da diversi impianti di recupero e selezione rifiuti presenti in Italia, da cui l’azienda acquista il rifiuto in polietilene. La materia viene stoccata, lavata, triturata, essiccata ed estrusa per poi essere

trasformata in sacchi per la raccolta differenziata. La produzione annuale è di circa 19.000 t di prodotto tra sacco nettezza e sacco alimenti, che non è generato naturalmente con la plastica riciclata. Ecco quindi che si può fare economia circolare partendo dal locale per raggiungere il nazionale o l’export: l’azienda copre il 35% del mercato italiano della grande distribuzione, ed esporta il resto della produzione in Europa con particolare riferimento alla Francia. La sensibilità ambientale di questa azienda non si misura solo con l’utilizzo di materia prima riciclata al posto di materia vergine, ma soprattutto dalle azioni quotidiane che si compiono per limitare l’impatto ambientale. Ha infatti commissionato uno studio per la valutazione della produzione di anidride carbonica durante la lavorazione industriale. I risultati sono incoraggianti e mostrano quanto riciclare sia importante: a parità di 1 kg di prodotto da materiale rigenerato, la Plastipoliver emette circa il 50% di CO2 in meno rispetto a un’azienda che produce da materiale vergine. Anche riguardo i consumi d’acqua per i processi di lavorazione l’azienda ha deciso di adottare soluzioni per la riduzione degli sprechi. Per lavare la plastica si è dotata di quattro piscine da 700 m3 che utilizzano acqua di ricircolo o acqua piovana. Spesso non pensiamo che acquistando un prodotto piccolo e leggero come il sacco per l’immondizia possiamo contribuire anche noi alla salvaguardia dell’ambiente.

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

27


P A NO R A M A

A Z IEND E

DA UNA REALTÀ STORICA DELLA PRODUZIONE DEL CEMENTO UN PRODOTTO PER LE BONIFICHE ELEVATA RESISTENZA CHIMICA E BASSISSIMA PERMEABILITÀ: QUESTI I PUNTI DI FORZA DEI PREMISCELATI SOLIDUR DI BUZZI UNICEM PER IL CONFEZIONAMENTO DI MISCELE PLASTICHE TERMOINDURENTI di Maria Beatrice Celino

B

uzzi Unicem è azienda leader del mercato italiano per la produzione di cementi dedicati ad applicazioni specifiche. La flessibilità delle strutture produttive, la capacità di gestire al meglio le risorse disponibili, il continuo impegno verso soluzioni innovative e gli investimenti in Ricerca & Sviluppo, elementi distintivi di una crescita sostenibile e di un vantaggio competitivo, assicurano a Buzzi Unicem la leadership nella formulazione e nella commercializzazione di leganti speciali e premiscelati, pronti all’uso. Tra i vari prodotti, dedicato specificatamente al settore ambientale e delle bonifiche, troviamo Solidur®, un prodotto premiscelato composto da leganti minerali cementizi e componenti argillosi e bentonitici oltre ad aggiunte speciali. Per sapere qualcosa in più di questo prodotto e delle sue caratteristiche abbiamo intervistato Mauro Ganora, Responsabile Prodotti Speciali di Buzzi Unicem S.p.A.

Buzzi Unicem da anni commercializza Solidur®, un prodotto specifico per le bonifiche ambientali. Ci può spiegare quali sono i suoi punti di forza?

28

Solidur® rappresenta una vasta gamma di premiscelati in polvere progettati per il confezionamento di miscele plastiche autoindurenti. Le miscele confezionate con Solidur® si distinguono principalmente da quelle tradizionali per essere pronte all’uso in cantiere con soli 2 minuti di tempo di miscelazione, evitando la maturazione in acqua per 24 ore della bentonite come avviene con il metodo tradizionale, per avere un’elevata resistenza all’aggressione chimica e una bassissima permeabilità K, che le miscele tradizionali non riescono a raggiungere.

tutti i casi si opera in “campo plastico”, cioè con prodotti che rimangono “flessibili” e modellabili nel tempo come il terreno in cui sono stati immessi, senza creare fessurazioni. Se pensiamo ad esempio agli assestamenti che nel tempo hanno le discariche di RSU (Rifiuti Solidi Urbani), risulta evidente l’importanza di utilizzare una barriera (diaframma) plastica che nel tempo abbia la capacità di deformarsi senza fenomeni di microfessurazioni, che andrebbero a inficiare le caratteristiche di impermeabilizzazione e messa in sicurezza del sito.

Quali sono le principali applicazioni e ambiti di utilizzo di questo prodotto? In tutti i settori dove ci sono esigenze di impermeabilizzare e mettere in sicurezza siti o strutture. Nel primo caso, grazie alla bassa permeabilità e alta resistenza all’aggressione chimica, trova un impiego senza eguali nelle bonifiche dei siti inquinati quali discariche e siti industriali. Nel secondo caso si procede alla messa in sicurezza di opere idrauliche come ad esempio argini o dighe, per evitare cedimenti in caso di alluvioni o sifonamenti dell’acqua a causa delle elevate pressioni idrostatiche. In

Mauro Ganora, Responsabile Prodotti Speciali di Buzzi Unicem


Nel corso degli anni, sono state apportate migliorie per renderlo ancora più competitivo sul mercato? E quanto è stato importante il ruolo del cliente finale in questo contesto? Buzzi Unicem ha iniziato nel 2002 a proporre al mercato italiano le miscele Solidur® principalmente per la bonifica di siti contaminati. Successivamente sono state studiate miscele dedicate all’ingegneria idraulica, dove non viene richiesta un’alta resistenza all’aggressione chimica, con la gamma Solidur® 270, e in ultimo la gamma Solidur® ERDBETON rivolta al confezionamento di calcestruzzi plastici. In questo caso è stata importante la collaborazione con il cliente finale per progettare delle miscele ad hoc in base a specifiche esigenze. Grazie a queste sinergie si sono ottenuti risultati impareggiabili, raggiungibili solamente con una stretta collaborazione tra chi produce e testa un prodotto in laboratorio e chi lo applica in campo, talvolta con metodologie innovative. Ci può illustrare qualche applicazione interessante di questo prodotto? Sicuramente l’utilizzo delle miscele Solidur® nel settore delle bonifiche rappresenta il punto di forza del prodotto, proprio per le peculiarità sopra descritte. Credo che la referenza più particolare sia la messa in sicurezza definitiva dello stabilimento ACNA di Cengio (SV), uno dei SIN maggiormente inquinati sul territorio Italiano. Un’altra applicazione molto particolare è stata la realizzazione di un campo prove a Cesena con la società TREVI S.p.A., dove l’impresa ha raggiunto il record mondiale di scavo in profondità (-250 m) di un pannello di diaframmatura, tramite idrofresa con sistema a doppia fase. Il getto del pannello con calcestruzzo plastico è stato realizzato nella parte più impegnativa, da -250 m a -125 m, con Solidur® ERBETON, ottenendo ottimi risultati sia in termini di permeabilità K, ma soprattutto in relazione al mantenimento della perfetta omogeneità del prodotto, in quanto nonostante le notevoli pressioni idrostatiche del latte di bentonite a quelle profondità (sistema a bifase), non si è rilevato alcun fenomeno di segregazione e separazione dei materiali (aggregato-acqua- Solidur®). Che evoluzione prevede per il mercato dei prodotti dedicati alle bonifiche ambientali? Il mercato dei prodotti dedicati al settore delle bonifiche ambientali in Italia ha un potenziale elevato. Ad oggi è stato fatto molto a livello legislativo, disponiamo di una minuziosa mappatura e caratterizzazione dei numerosi siti inquinati presenti sul nostro territorio, ma a livello operativo siamo carenti. In generale la mancanza di fondi destinati alle bonifiche porta alla vanificazione del notevole sforzo fatto da aziende e imprese specializzate nel settore.

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

29


30


PA NOR AMA

A ZI E N DE

SOLUZIONI PER LA VAGLIATURA CHE SIANO INERTI, RSU O COMPOST LA SOLUZIONE È TECNO GROUP di Maria Beatrice Celino

O

gni processo nel trattamento dei rifiuti è essenziale. Così è per la vagliatura. Le tecniche sono molteplici e affidarsi ad esperti del settore è un vantaggio sia in termini economici che di qualità del risultato. Sicuramente il settore delle cave e dei centri di riciclaggio inerti è uno dei più difficili da soddisfare in quanto le esigenze sono differenti da cantiere a cantiere, ma l’esperienza della Tecno Group è in grado di risolvere le singole necessità. La Tecno Group è una realtà nata nel 2004 per volontà dei soci fondatori, Angelo Gallucci e Piersandro Pregno, la loro esperienza ultra trentennale nel settore vagliatura ha fatto sì che oggi

siano in grado di produrre la gamma più completa nel panorama nazionale ed internazionale e più precisamente: reti a filo a maglia quadra e antintasanti in acciaio armonico e acciaio inox, lamiere forate in acciaio ad altissima resistenza per vibrovagli e vagli rotanti, pannelli in poliuretano e gomma, rulli per nastri trasportatori e accessori per il corretto fissaggio dei sopracitati prodotti. Nel 2008 la Tecno Group ha affiancato al settore cave e miniere, il settore ecologia: nel nuovo capannone sito a Villanova di Mondovì vengono prodotti i tamburi di ricambio per i più diffusi vagli mobili per la selezione del compost, rifiuti, vetro, ecc. Nel settore rifiuti, la

Tecno Group ha da poco completato due rilevanti commesse per importanti società pubbliche: due vagli rotanti per la selezione dei rifiuti, allestiti con lamiere forate ad altissima resistenza per materiali molto abrasivi. La Tecno Group opera su tutto il territorio nazionale direttamente o con rivenditori qualificati, esperti di frantumazione e vagliatura. All’estero vende direttamente in Francia, Svizzera, Marocco, Tunisia, Sudan e Iran, con l’ ausilio di rivenditori in Germania e Olanda. Anche quest’anno sarà presente alla fiera Ecomondo a Rimini lieta di ricevere i propri clienti e con l’auspicio di incontrare nuova potenziale clientela al padiglione D3 stand 190.

Vaglio 2500x10000

Vaglio 1800x4700 con lamiere intercambiabili

Vaglio 3000x16000

Tappeti in poliuretano per vagli di tipo FLIP-FLOW

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

31


32


PA NOR AMA

A ZI E N DE

LA SINERGIA DEL GRUPPO WRS ITALIA PROGETTA, PRODUCE E DISTRIBUISCE TRITURATORI PER IL SETTORE DEL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI DOMESTICI E INDUSTRIALI di Maria Beatrice Celino

S

teel è un gruppo industriale che si occupa di lavorazione e distribuzione di acciai. Distributore esclusivo degli acciai svedesi Uddeholm per il Triveneto fin dai primi anni ’80, è dotato di impianti per il trattamento termico e la lavorazione meccanica dell’acciaio. WRS Italia, ultima nata nel gruppo, si inserisce in un contesto di aziende dedicate alla lavorazione degli acciai ed in questo senso, può considerarsi come ideale sintesi delle attività e competenze dell’intero gruppo. L’utilizzo di materiali di prima qualità, di lavorazioni meccaniche di alta precisione e di trattamenti termici altamente qualificati permette di valorizzare le proprietà meccaniche dei materiali e la conseguente qualità del prodotto finito in una filiera unica. L’intero know how del gruppo, si ri-

versa quindi in un’unica referenza commerciale, il trituratore. WRS Italia specificamente, progetta, realizza e distribuisce trituratori bi-albero, pre-trituratori, monorotori e soluzioni combinate per il mercato del trattamento dei rifiuti e degli scarti industriali. In virtù dell’appartenenza al gruppo Steel, WRS Italia costituisce una realtà unica nel panorama italiano dei costruttori di trituratori; “i nostri principali concorrenti in realtà assemblano componenti che vengono realizzati esternamente – ci spiega l’Ing. Isacco Battistella, responsabile marketing WRS Italia - noi, invece, costruiamo tutto internamente ad eccezione di motori e ingranaggi. Ciò significa controllare la filiera, dalla progettazione alla realizzazione del prodotto”. “In funzione della richiesta che ci

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

viene fatta del prodotto da trattare” prosegue Battistella, “noi possiamo scegliere la durezza o il tipo di acciaio più adeguato per soluzioni originali”. È il caso della realizzazione delle macchine per la triturazione delle batterie, che sono classificate rifiuti pericolosi perché contenenti acidi, che aggrediscono e corrodono l’acciaio oltre ad essere dannose per l’ambiente. WRS Italia realizza infatti macchinari interamente in acciaio inox per il trattamento di questo pericoloso rifiuto. Gli ambiti applicativi dei prodotti WRS spaziano dalla triturazione degli pneumatici fuori uso alla plastica, dalla triturazione dei RAEE agli RSU, ai rifiuti speciali, ecc. Ogni tipo di prodotto da trattare necessita di una macchina specifica. L’azienda dispone di una sala prove dedicata, attrezzata con una grande

33


P A NO R A M A

A Z IEND E

varietà di macchine e combinazioni di gruppi macinanti, che permettono al cliente di verificare la giusta soluzione per i prodotti che deve lavorare. I modelli WRS Italia sono progettati per soddisfare specifiche esigenze; le molteplici configurazioni della camera di taglio li rendono versatili, gli acciai utilizzati, le lavorazioni meccaniche e i trattamenti termici realizzati internamente, insieme al laboratorio certificato, anch’esso interno, che consente di eseguire analisi chimico/fisiche approfondite, chiudono il cerchio di un’esperienza produttiva che dalla scelta del materiale, conduce al prodotto finito. La gamma di prodotto è ampia; i trituratori si possono genericamente classificare in macro-categorie, in base al numero di alberi di cui sono dotati: • i trituratori a due alberi garantiscono una grossa produzione oraria a fronte di una pezzatura variabile; • i monorotori macinano minori quantità di materiale ma garantiscono una pezzatura precisa e costante del prodotto in uscita; • le soluzioni combinate rappresentano la sintesi perfetta delle precedenti macro-categorie. “I trituratori si distinguono inoltre per la potenza installata - precisa Battistella - la nostra gamma si articola attraverso macchine da 10 a 200 HP. Nell’ambito di ciascuna potenza proponiamo da tre a quattro possibili dimensioni, perché la macchina ideale – conclude Battistella – rappresenta un compromesso tra la potenza applicata e la dimensione su cui la potenza si distribuisce, la cosiddetta camera di taglio. Occorre avere taglie diverse all’interno di una singola potenza per poter affrontare diverse tipologie di materiale”. In occasione di Ecomondo, WRS Italia presenterà un nuovo prodotto. L’appuntamento fieristico italiano è infatti considerato il momento più opportuno per presentare al mercato interno le novità. Nello specifico, in questa edizione verrà presentato in anteprima un modello di trituratore combinato (C3730), costituito da un bi-albero ad alimentazione elettrica installato in sequenza su di un mono-albero, a consentire un perfetto controllo della pezzatura in uscita, grazie a una gri-

34

glia di scarico personalizzabile, contro bassi consumi energetici e contenuti costi di manutenzione. La soluzione è sviluppata in verticale e, grazie alla modularità progettuale, sarà presto disponibile in diverse combinazioni di potenza. La grande attenzione al mercato di WRS Italia, non si risolve negli aspetti tecnologici, ma si estende ai servizi, in un’ottica di diversificazione dell’offerta. Più specificatamente, WRS Italia propone soluzioni finanziarie tese al contenimento e all’armonizzazione dell’aspetto economico legato agli in-

vestimenti e, alla risoluzione di problematiche connesse a progetti definiti, nel tempo e/o nelle quantità. Ancora una volta, WRS Italia fa della dinamicità e dell’intraprendenza, il proprio segno distintivo. L’assistenza è garantita in tutta Italia direttamente con personale interno qualificato e in Europa attraverso distributori e agenti locali. Il mercato italiano è fortemente presidiato dall’azienda veneta che ora guarda all’Europa e ai mercati orientali con un maggior interesse e una grande varietà di prodotti da offrire.


LA SICUREZZA PRIMA DI TUTTO LA RADIOATTIVITÀ PUÒ ESSERE DANNOSA PER L’AMBIENTE E DANNEGGIARE GLI IMPIANTI. CONOSCIAMO MEGLIO BRUMOLA E LE APPARECCHIATURE CONSIGLIATE PER IL SETTORE INDUSTRIALE E DEL RECUPERO di Bruno Vanzi

L

e radiazioni ionizzanti sono pericolose per l’uomo e per l’ambiente. Fortunatamente ci sono dispositivi e norme che garantiscono di poter lavorare in sicurezza anche negli impianti di trattamento rifiuti e metalli. La norma UNI 10897, entrata in vigore a marzo 2016, regola i controlli radiometrici sui materiali in ingresso agli stabilimenti che trattano metalli e rifiuti, e identifica i metodi per determinare le anomalie radiometriche nei carichi di materiali metallici destinati al recupero. Questi, infatti, possono contenere radioisotopi da sorgenti radioattive usate in campo industriale e medicale, le quali possono provocare contaminazione dell’ambiente e dei prodotti finali. Brumola Srl, azienda tecnico commerciale con sede a Milano, commercializza prodotti che monitorano i livelli di radioattività in diversi campi applicativi. Nasce nel 2007, ma vanta un’esperienza di più lunga data, in quanto i soci fondatori si occupano di fisica nucleare e ingegnerizzazione di strumenti nucleari da più di trent’anni. Per comprendere meglio i campi di applicazione dell’azienda nel settore dell’industria e dell’ecologia, abbiamo incontrato Francesco Gangi Dino, Responsabile Commerciale di Brumola Srl. Dr Gangi Dino, ci può raccontare che tipo di prodotti distribuite e in che settori operate? Brumola è un’azienda commerciale ma allo stesso tempo tecnica, in quanto la strumentazione che vendiamo ha necessità di installazione, di manutenzione ed eventualmente di riparazione in caso di danneggiamento. I nostri campi di applicazione sono vari: riforniamo aziende pubbliche e private, ospedali, centri di ri-

cerca, laboratori di fisica e universitari. Siamo distributori in esclusiva per l’Italia degli strumenti di Radioprotezione e Monitoraggio Radiometrico prodotti da Thermo Scientific, azienda multinazionale che produce strumentazione scientifica a qualsiasi livello e per svariate applicazioni. Il nostro core business è basato su questa rappresentanza ma seguiamo anche altri produttori al fine di integrare la strumentazione, e poter quindi fornire ai nostri clienti un completo spettro di strumenti. Dove vi inserite nel settore industriale e del riciclaggio? Il nostro è un settore un po’ di nicchia, la nostra attività è utile però a tutte le aziende che in campo industriale si occupano dei processi di riqualificazione del rottame metallico ferroso e non ferroso, destinato alla fusione per la creazione di nuova materia prima; per normativa queste aziende sono tenute a effettuare un monitoraggio dei metalli in ingresso, per trovare potenziali sorgenti radioattive, le quali in caso di fusione possono contaminare l’impianto (con ingenti danni economici) e inquinare l’ambiente (con conseguenze potenzial-

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

mente molto dannose). Gli strumenti che forniamo servono appunto ad intercettare le cosiddette “sorgenti orfane” ed evitare che finiscano accidentalmente in una fusione. Tutti gli impianti che fanno recupero e stoccaggio di rottami metallici e tutti gli impianti che fanno fusione, quindi fonderie e acciaierie, sono dotate in ingresso, o almeno dovrebbero esserlo, di strumentazione simile a quella che noi distribuiamo. Quindi qualsiasi impianto, grande o piccolo, deve dotarsi di strumenti per il monitoraggio delle radiazioni? Esatto, le dimensioni dell’azienda non contano. Per normativa, tutte le aziende, grandi e piccole devono dotarsi di strumentazione idonea. Naturalmente, a seconda delle dimensioni e dei volumi di rifiuti/rottami da monitorare è possibile acquistare strumenti differenti. Quale strumento è indicato per una piccola o media azienda che si occupa di recupero metalli? Per questa tipologia di aziende è sufficiente uno strumento radiometrico portatile. Noi proponiamo un dispositivo compatto

35


agli impianti industriali. Quindi oltre all’industria dei rottami e dei rifiuti, noi siamo in grado di servire i centri di ricerca, le università e gli ospedali. Seguiamo anche alcuni impianti o aziende che hanno necessità di monitoraggio perché lavorano con l’energia nucleare (ad esempio ex centrali nucleari), oppure hanno la necessità di monitoraggio per la sicurezza del personale, come ad esempio quelle che fanno manutenzione su macchine radiogene e per la radioterapia.

composto da un’unità di lettura RadEye SX e rivelatore NaI(Tl) da 2”x2” con asta di prolunga fissa da 1,7 m. Questo strumento è indicato per il controllo manuale dei carichi in ingresso agli impianti di stoccaggio e trattamento rottami e metalli, RSU, RAEE e rifiuti speciali. Per le grandi aziende, le acciaierie e le fonderie, quali sono le soluzioni idonee? Le aziende che hanno molto traffico di rifiuti e le industrie che si occupano di fusione, prediligono una soluzione fissa come il portale radiometrico Thermo Scientific FHT 1388 S, formato da due barriere parallele (rivelatori) attraverso le quali passano i mezzi in ingresso all’impianto, o in alcuni casi anche in uscita dall’impianto, e vengono misurati in automatico i livelli di radioattività e segnalati con allarme i casi in cui è presente un sorgente potenzialmente pericolosa. Come è strutturato nel dettaglio il portale fisso? Il portale è composto da due pannelli affacciati contenenti i rivelatori, nel dettaglio sono scintillatori plastici ad alta efficienza, che garantiscono una elevata sensibilità di misura. I contenitori sono fatti di plastica, tipo PE, stabilizzata contro i raggi UV, resistenti alla corrosione, agli agenti atmosferici e alle vibrazioni. La radiazione diffusa di bassa energia non viene attenuata dal sottile strato di plastica, e la catena elettronica è stata realizzata in maniera da consentire di tenere la soglia energetica corrispondentemente bassa, ottimizzando

36

la rilevabilità di sorgenti molto schermate. L’unità di controllo e allarme è costituita da un robusto PC, adatto al funzionamento in ambiente industriale. Collegando il PC in rete è possibile usufruire dell’assistenza remota, compresa nel prezzo di acquisto. Il portale fisso è un monitore portale molto collaudato, con migliaia di installazioni in tutta Europa. La prima versione risale al 1995, e da allora il portale è stato oggetto di numerose migliorie. Queste soluzioni sono ideali anche per le aziende che fanno trattamento RSU o RAEE? Sì lo sono, ma per questi settori la normativa è differente; per quanto riguarda i RAEE si fa riferimento al D.Lgs. 151/2005, per quanto riguarda gli RSU si rimette la decisione alla Regione, o in alcuni casi a una precisa scelta aziendale. La norma UNI 10897 prevede l’obbligo di strumentazione radiometrica solo per chi tratta i rottami metallici. In alcuni casi è la Regione stessa che estende la norma UNI 10897 anche a chi fa recupero rifiuti. Vantiamo tra i nostri clienti importanti aziende che si occupano della gestione dei rifiuti, tra cui posso citare Amsa a Milano, TEA a Mantova, il Termovalorizzatore di Cremona e molti altri. I prodotti che distribuite che mercati abbracciano? Thermo Scientific è un’azienda americana che ha sedi in tutto il mondo. In Europa la sede di riferimento è in Germania; produce strumenti di monitoraggio radiometrico ad ogni livello, dalle analisi di laboratorio fino

Come seguite il cliente nel post vendita? Attualmente abbiamo circa 230 portali installati in Italia e ben oltre 300 strumenti portatili venduti. Abbiamo una squadra di quattro tecnici addestrati a fare le manutenzioni ordinarie, preventive e correttive su questi strumenti, e che rispondono velocemente alle esigenze del cliente. Spesso il problema può essere già risolto tramite una semplice connessione da remoto. La norma prevede che la manutenzione sia fatta almeno una volta l’anno, ma siamo in grado di fare contratti di manutenzione che prevedono anche interventi su chiamata oltre a quelli di manutenzione ordinaria. Alcune aziende tuttavia, per soddisfare standard di sicurezza più elevati o per particolari procedure interne, preferiscono effettuare ulteriori controlli nel corso dell’anno. In queste occasioni creiamo contratti di manutenzione ad hoc, i quali prevedano anche due, tre o quattro controlli. A livello tecnico siamo in grado di agire rapidamente al fine di risolvere eventuali problematiche che si dovessero presentare. Ma mi creda, sono davvero poche. In quali appuntamenti fieristici sarà possibile vedere i vostri prodotti? Saremo come sempre a Ecomondo, presso la Fiera di Rimini; riteniamo infatti che sia una bella esposizione fieristica in cui investiamo volentieri, perché riusciamo ad avere molti contatti, incontrare con piacere chi è già nostro cliente e sviluppare collaborazioni. In alcuni momenti si fa quasi fatica a dar retta a tutte le persone che passano allo stand e di questo siamo molto soddisfatti. Come nelle precedenti occasioni, anche quest’anno saremo presenti nel Padiglione C3, stand 013. www.brumola.com - info@brumola.com


PA NOR AMA

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

A ZI E N DE

37


P A NO R A M A

A Z IEND E

L’AMORE PER IL PROPRIO LAVORO DÀ SEMPRE BUONI FRUTTI NUOVI ACCORDI COMMERCIALI CONSENTONO ALLA ECOTEC SOLUTION DI OFFRIRE UNA GAMMA COMPLETA DI MACCHINE: DALLA TRITURAZIONE, ALLA VAGLIATURA, ALLA SELEZIONE di Laura Veneri

L

e storie a lieto fine sono le più interessanti da raccontare. In anni in cui è stato facile vedere il bicchiere mezzo vuoto, infatti ci sono persone che lo hanno considerato sempre mezzo pieno. E anno dopo anno i bicchieri mezzi pieni sono diventati colmi e ora si può brindare al lavoro svolto. È questo il caso di una giovane azienda bolzanina che non si è fatta spaventare dal mercato sonnecchiante degli ultimi anni e che, rimboccandosi le maniche, si è ritagliata importanti spazi nel settore del riciclaggio dei rifiuti. Partner di importanti marchi per la triturazione e la vagliatura dei rifiuti con distribuzione esclusiva in Italia, oggi può dire di poter offrire una gamma di prodotti ancora più ampia coprendo anche il segmento della separazione. Stiamo parlando della Ecotec Solution, che dall’Alto Adige è riuscita a penetrare nell’intero mercato italiano, da Nord a Sud, da Est a Ovest, confermando la fiducia di clienti acquisiti e trovandone di nuovi grazie al passaparola di riciclatori soddisfatti. Incontriamo Martin Mairhofer e Alex Raich tra una visita a clienti e una dimostrazione dal vivo. L’occasione è ideale per farci raccontare quali sono gli ultimi eventi che hanno caratterizzato quest’ultimo anno della società e per farci riferire quali sono le ultime novità. “Abbiamo concluso - ci racconta Martin Mairhofer - un nuovo accordo di distribuzione con un’azienda austriaca molto importante, la Binder+Co. L’azienda è molto conosciuta a livello mondiale in quanto è leader nelle macchine per la separazione soprattutto per gli impianti fissi. La gamma

38

di macchinari di cui dispone è molto ampia e spazia dai vagli vibranti tipo “flip-flow” fino ai separatori con sensori ottici”. Il motto della Binder+Co è “We sort everything” e ci facciamo spiegare meglio cosa intendono con “noi separiamo tutto”. “Offrono un ampio range di opportunità - precisa Alex Raich - per tantissime tipologie di materie prime o materie prime secondarie. Pensiamo ad esempio al vaglio tenditore flip-flow BIVITEC che offre le soluzioni migliori proprio nel punto dove la tecnica convenzionale di vagliatura diventa inefficiente e antieconomica. Il vaglio flipflow, grazie all’effetto di risonanza di cui è dotato, genera due movimenti di oscillazione, i quali alternativamente allungano e comprimono i piani vaglianti flessibili in

Vaglio flip-flow tenditore BIVITEC di Binder+Co

poliuretano, selezionando con l’alta accelerazione il prodotto di difficile lavorazione. I piani di vagliatura, dinamicamente movimentati, rimangono quindi liberi assicurando una vagliatura efficiente. Binder+Co produce anche un vaglio per il settore del riciclaggio che unisce i vantaggi del vaglio a tenditore BIVITEC ad un vaglio addizionale sul piano superiore. Questa soluzione è ideale per selezionare RAEE, materie plastiche, rifiuti, compost, scorie da incenerimento o macerie. Infine la serie dei sensori CLARITY, per cui Binder+Co è leader ad esempio nel settore del vetro ma che offre soluzioni anche per altre tipologie di rifiuti quali per esempio la plastica. La versione “multiway” di CLARITY è un sistema rivoluzionario di separa-


CLARITY multiway di Binder+Co

zione ottica e offre all’industria del riciclaggio una soluzione efficiente per trattare rifiuti urbani. Il sistema unico e brevettato è in grado di produrre fino a sei diverse frazioni selezionate e questo in maniera completamente automatica e con un’unica macchina. Il materiale viene convogliato nel macchinario da un nastro trasportatore-separatore perforato. La sensoristica adattata allo specifico utilizzo della macchina individua il flusso isolato dei materiali nei diversi settori della linea di selezione. Sotto il tratto superiore del nastro trasportatore si trovano i getti, che nel punto e nel momento esatto soffiano i materiali da separare nella rispettiva camera di espulsione indirizzando un getto preciso di aria compressa su tali materiali. Grazie a un sistema di elaborazione dati altamente efficiente possono essere riconosciuti tutti i tipi di materiale plastico o composito, come ad esempio gli imballaggi per bevande, ecc. CLARITY multiway è caratterizzato dalla massima flessibilità nella gestione e nella selezione delle ricette di trattamento. A seconda delle specifiche esigenze del cliente, la tipologia costruttiva del sistema può variare conformemente al numero delle frazioni da separare. In questo modo in un’unica fase di processo si possono realizzare fino a sei prodotti finiti. Dotazioni extra come il sistema di aspirazione e di captazione delle polveri possono essere predisposte in base alle richieste del cliente. Larghezze di lavoro comprese tra 1000 e 2800 mm sono disponibili per un proces-

so di trattamento tarato in maniera ottimale sulla capacità produttiva. Grazie a un sistema di montaggio flessibile, CLARITY può essere installato in qualunque situazione e si adatta perfettamente alle più diverse esigenze di spazio con riferimento alla direzione di scarico delle singole frazioni. I parametri di separazione e le valutazioni vengono immessi ed elaborati tramite un PC con touch screen attraverso il quale è possibile attivare le più diverse ricette preimpostate con le diverse combinazioni di parametri di separazione. Mediante un quadro di controllo possono essere gestite più unità CLARITY, mentre via modem e linea dati si possono realizzare interventi di telemanutenzione che tengono conto delle esigenze di risparmio di tempo del gestore dell’impianto. Il know-how di Binder+Co nella separazione ottica si manifesta quindi nella selezione intelligente dei materiali e nella straordinaria maturità della concezione tecnica di CLARITY. Il concept di design, moderno e innovativo, è orientato verso la massima facilità di impiego per l’utente”. Con l’acquisizione della distribuzione di Binder+Co, ora Ecotec Solution può proporre ai clienti una linea completa per la selezione e il trattamento dei rifiuti. “I nostri clienti - ci spiegano - spesso non cercano solo una macchina, ma la soluzione a un problema. Per questo motivo, oggi, con la varietà di macchine di cui siamo rivenditori, possiamo offrire soluzioni complete che hanno come obiettivo ultimo la qualità del materiale finale. Dalla triturazione, alla trasformazione grazie a tecniche di separazione sofisticate che permettono di ottenere un prodotto finale di facile vendita in quanto dotato di un elevato standard di

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

p u rezza”. Ma le novità non si esauriscono con la notizia della distribuzione in esclusiva per l’Italia dei prodotti Binder+Co. Infatti, grandi soddisfazioni arrivano dalle vendite dei macchinari Untha e Pronar. Ecotec Solution ha venduto quest’anno diverse unità di Untha XR sia in versione stazionaria che in versione mobile cingolata. La qualità delle macchine ha rapidamente conquistato il mercato e numerosi clienti in ogni parte dell’Italia si sono affidati alla consulenza di Alex e Martin. Ora gli uomini della Ecotec Solution hanno il compito di presentare al pubblico di Ecomondo la nuova Untha QR, che sarà esposta in fiera. La serie QR rappresenta una nuova generazione di trituratori mono rotore, molto affidabili ed estremamente versatili. L’obiettivo è la semplice triturazione di materiali riciclabili. La serie QR dà la sicurezza di non dover mai affrontare tempi imprevisti di inattività e che la macchina svolga effettivamente ciò per cui è stata costruita: triturare in modo affidabile. La macchina è stata sviluppata e realizzata in collaborazione con partner dell’industria e del lavoro, nell’ambito di un progetto durato due anni. Tutto questo ha portato alla costruzione di una nuova classe di trituratori mono rotore che esaudiscono qualsiasi esigenza di lavorazione. Oltre al solido sistema di taglio universale, al telaio indistruttibile e allo spintore che non richiede alcuna manutenzione, rientrano tra i punti tecnici salienti di questo prodotto anche il sistema di propulsione resistente a carichi molto pesanti e l’accoppiamento di sicurezza. A differenza delle macchine tradizionali, la serie QR non presenta alcuna sporgenza in quanto l’ingranaggio planetario è integrato nel rotore. Tutto questo riduce sensibilmente il rischio di riparazioni pesanti. Un’ulteriore particolarità tecnica è rappresentata dallo sportello multifunzione. Esso consente l’accesso semplice e rapido al gruppo di taglio e garantisce uno svuotamento efficiente della tramoggia, oltre alla possibilità di rimuovere velocemente eventuali mate-

39


P A NO R A M A

A Z IEND E

Untha QR

riali intriturabili. Inoltre, la pulizia di spintore e tramoggia può essere effettuata da una posizione ergonomica e sicura. Il semplice utilizzo tramite un display touchscreen ad alta risoluzione, un controllo intelligente dello spintore, intervalli molto lunghi tra una manutenzione e l’altra nonché un accesso rapido e sicuro a tutti i componenti della macchina, riducono al minimo i costi di uso e manutenzione. Ultimo, ma non meno importante il capitolo dei vagli Pronar. Martin Mairhofer e Alex Raich hanno venduto parecchi vagli a tamburo piccoli e grandi, su gomma o su cin-

40

goli in ogni parte dell’Italia per cui ora godono di un vario parco referenze che spazia tra molteplici tipi di materiali, dal compost al legno, dalla terra ai rifiuti. Il marchio Pronar è distribuito in Italia da Ecotec Solution solo da poco più di un anno, ma le sue caratteristiche di una solida struttura e un semplice funzionamento hanno permesso la vendita di numerosi macchinari. I vagli a tamburo mobili Pronar hanno dimensioni compatte per il trasporto e possono viaggiare senza permessi speciali su strade pubbliche in quanto sono progettati come rimorchio dotato di omologazione euro-

pea. Pronar è un marchio polacco che ha saputo conquistare negli ultimi anni i mercati mondiali e che oggi conta un organico di circa 2000 dipendenti. I continui investimenti nella ricerca e nello sviluppo fanno sì che l’azienda disponga di una gamma completa di macchinari per il riciclaggio. Attualmente la società sta lavorando allo sviluppo di nuove macchine che vedranno presto la luce. Pronar non costruisce solo vagli ma anche trituratori, il cui assortimento sarà implementato il prossimo anno in quanto oggetto di sviluppo di nuove tecnologie mobili.


PREVENZIONE E MONITORAGGIO COME PRIORITÀ PER LA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE FORTE DI UN COSTANTE IMPEGNO PER LA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE TQ TECHNOLOGIES FOR QUALITY DISTRIBUISCE STRUMENTAZIONI E TECNOLOGIE ALL’AVANGUARDIA NEL SETTORE ANALITICO di Dario Panetta*

A

nche se la superficie del pianeta Terra è ricoperta dal 71% di acqua, la porzione potabile potenzialmente disponibile è solo lo 0,008%. Per di più questa piccolissima frazione è distribuita in modo ineguale sul pianeta ed è destinata a calare con il passare degli anni. La popolazione mondiale è in continua crescita e il consumo d’acqua crescerà di pari passo. Le attività umane sfruttano gli oceani, i fiumi, i laghi e le falde provocando un impoverimento della loro qualità. La maggioranza delle sostanze inquinanti derivano dallo scarico di liquami provenienti da attività industriali e civili. Ogni sorta di sostanza chimica, dai farmaci alla carta, plastica e ogni altro rifiuto che viene scaricato dal WC rappresenta una fonte di inquinamento. Ma anche molte sostanze distribuite volontariamente nell’ambiente per proteggere il territorio o migliorare le coltivazioni, quali i fertilizzanti o i diserbanti, attraversano il terreno e si accumulano nelle falde acquifere. Segue poi l’inquinamento da accidentali sversamenti di petrolio e dei suoi derivati che vengono contrastati spesso con altri agenti chimici, anch’essi inquinanti, per ridurre gli effetti acuti di questo tipo di contaminazioni locali. Per il futuro non esiste altra soluzione che quella di sviluppare una coscienza globale, più sensibile alla protezione del nostro pianeta, che consideri prioritaria la prevenzione e il monitoraggio in tutte le situazioni di rischio ambientale, ovunque esista una qualsiasi attività umana. Anche in assenza di emergenze è bene monitorare tutti i parametri ambientali, possibilmente in tempo reale, per poter agire tempestivamente in caso di necessità. TQ Technologies for Quality, con il suo costante impegno alla ricerca di nuove strumentazioni e tecnologie, vuole contribuire al miglioramento della qualità dell’ambiente. Oltre alla fornitura di strumentazioni utili al controllo della qualità dei prodotti industriali e delle loro materie prime, propone apparati all’avanguardia, a volte unici, per il monitoraggio di alcuni parametri fisici e chimici di interesse ambientale. Tra questi, il TPH e il TOG due

parametri che indicano i contenuti totali degli idrocarburi petroliferi e degli oli e grassi nelle acque e nei terreni, fondamentali per la valutazione del loro stato di salute. Due giovani case produttrici di strumentazione scientifica, distribuite in esclusiva per l’Italia da TQ Technologies for Quality, sono diventate da pochi anni leader anche in questo settore analitico: • Falcon Analytical, azienda Americana specializzata nella produzione di Gascromatografi Ultrafast, compatti, da laboratorio e da processo; • Eralytics GmbH, con sede a Vienna, specializzata in strumentazione trasportabile, da laboratorio, per analisi nel settore petrolifero.

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

41


P A NO R A M A

A Z IEND E

LA SOLUZIONE DI FALCON ANALYTICAL

I fondatori di Falcon Analytical iniziano la messa a punto della loro colonna GC negli anni 80 quando erano distributori e produttori in USA di gascromatografi da processo in OEM. La nascita di Falcon Analytical, nel 2007, avviene per proporre al mercato il risultato dei loro studi, il gascromatografo Ultra Fast Calidus, che grazie alla colonna GC brevettata diventerà uno strumento destinato a cambiare radicalmente il mondo della gascromatografia. Di fronte al problema del monitoraggio dell’inquinamento Falcon Analytical viene incontro agli analisti proponendo un metodo ultra-rapido per la determinazione di idrocarburi totali apolari nelle acque (TPH – Total Petroleum Hydrocarbons), seguendo la norma UNI EN ISO 9377-2:2002. Il parametro “idrocarburi totali” è molto generico, dato che in teoria potrebbe includere tutti gli idrocarburi esi-

Modello

stenti in natura, indipendentemente dal numero di atomi di carbonio, dalla tossicità e pericolosità degli stessi. Gli idrocarburi possono avere varie origini, petrolifera, biogenica, animale e vegetale, con pesi molecolari e caratteristiche chimico-fisiche differenti. Essendo una famiglia di composti, il parametro “idrocarburi totali” viene espresso in relazione al metodo utilizzato. Il metodo UNI EN ISO 9377-2:2002 consente la determinazione per via gascromatografica con rivelatore a ionizzazione di fiamma (GC-FID) della frazione estraibile relativa a idrocarburi con tempi di ritenzione compresi tra n-decano e n-tetracontano esclusi. Il GC Ultra-Fast Calidus permette un’analisi di “idrocarburi totali” ogni 4 minuti! Questo è il tempo totale tra iniezioni successive. È dotato di un sistema di campionamento con una tradizionale porta d’iniezione split/splitless ed è possibile configurare lo strumento per iniezioni manuali o con autocampionatore. Il sistema di iniezione possiede la purga del setto gommoso, caratteristica necessaria a prevenire contaminazioni dei campioni tra analisi successive. Seguendo questo metodo con i gascromatografi tradizionali, tra un’analisi e l’altra possono trascorrere 30 minuti o anche di più. Utilizzando i sistemi brevettati che costituiscono il Calidus, queste analisi si possono eseguire in meno di 4 minuti. Gli altri sistemi Ultrafast in commercio hanno risoluzioni inferiori e tempi morti superiori. Il gascromatografo Calidus è uno strumento dalle caratteristiche uniche e, grazie ai moduli colonna brevettati PTCM (Programmable Temperature Column Module) dove l’elemento riscaldante è la colonna stessa, in acciaio, è possibile eseguire analisi da 10 a 50 volte più velocemente rispetto ai gascromatografi tradizionali pur senza perdere in risoluzione. Questo sistema di riscaldamento/raffreddamento ultra-fast unito alla portabilità e ai bassi consumi energetici rendono il Calidus il gascromatografo ideale per eseguire analisi sul campo, con precisioni e accuratezze paragonabili ai classici gascromatografi da laboratorio. Il Calidus, essendo idoneo ad iniezioni di campioni liquidi

e gassosi, può essere utilizzato per analisi ultra-fast in moltissimi settori, come il settore petrolifero, l’industria chimica, alimentare e ambientale. Altre applicazioni interessanti sono la determinazione della distribuzione del range di ebollizione dei distillati di petrolio a norma D7798 (versione Ultra-Fast della norma ASTM D2887), l’analisi di gas fissi e idrocarburi presenti nel gas metano, la determinazione in continuo dei VOC nell’aria, per dirne alcuni. Le colonne utilizzabili nel Calidus sono quelle in acciaio reperibili dall’ampio catalogo della casa Restek.

LA SOLUZIONE DI ERALYTICS

Un altro strumento distribuito in esclusiva da TQ Technologies for Quality è l’analizzatore di idrocarburi e grassi totali Eracheck, della casa viennese Eralytics, nata anche lei nel 2007. Eracheck è l’unico dispositivo al mondo ad essere conforme alla norma ASTM D7678-17 (Standard Test Method for Total Oil and Grease, TOG, and Total Petroleum Hydrocarbons, TPH, in Water and Wastewater with Solvent Extraction using MidIR Laser Spectroscopy) ed è l’analizzatore IR di oil-in-water più ecologico sul mercato. A differenza dei metodi FTIR che prevedono solventi fluoro-clorurati per l’estrazione degli idrocarburi, le analisi con Eracheck si eseguono a seguito di estrazione con il più ecologico cicloesano. I solventi fluoroclorurati (CFC) sono dannosi per lo strato di ozono dell’atmosfera terrestre e fortunatamente sono stati banditi dal Protocollo di Montreal, nel 1987. Gli strumenti Eralytics sono gli unici strumenti sul mercato che, utilizzando solventi CFC-free per l’estrazione e per l’analisi, riescono a raggiungere precisioni migliori rispetto alla norma ASTM D3921, ormai in disuso. Inoltre il cicloesano è 20 volte più economico dei solventi CFC sempre più difficili da reperire. La determinazione avviene in automatico analizzando il solvente di estrazione contenente gli idrocarburi estratti da circa un litro di acqua. I solventi indicati dalla norma ASTM D7678 sono Cicloesano o Ciclopentano. L’estrazione si effettua direttamente nella bottiglia

Tecnica

Solvente

Norma

Ciclo di analisi

Alimentazioni

Potenza

peso

Eracheck PRO

IR

ciclo Esano

ASTM D7678-2017

3 min

220 VAC

80 W

7 kg

Eracheck Eco

IR

ciclo Esano

-

8 min

220 VAC

80 W

7 kg

Calidus

GC

nEsano

UNI EN ISO 93772:2002

5 min

220 VAC + H2 + HC free Air

300 W

9 kg

42


di campionamento utilizzata per il prelievo dell’acqua campione, consentendo l’analisi di tutto il contenuto di olio o grasso nel contenitore, anche quello che rimarrebbe sulle pareti. Eracheck necessita della lettura del “bianco” aspirando attraverso la cella di analisi IR auto-pulente, in maniera automatica, prima il Cicloesano o Ciclopentano puri e poi il campione estratto (TOG - Total Oil and Grease). Per il monitoraggio del TPH (Total Petroleum Hydrocarbon) il campione viene fatto passare attraverso un filtro a cartuccia di Florisil®, posizionato in linea al tubetto di carico. L’uso di una cartuccia “usa e getta” di Florisil® riduce il tempo occorrente al passaggio attraverso la classica colonna (circa 20-30 minuti) necessitando di soli 40 secondi ulteriori al tempo usuale di circa 2 minuti. Eracheck è uno strumento brevettato e unico.La sua tecnologia innovativa è basata sull’utilizzo di un potente Laser IR, compatto e stabile, QCL-IR (Quantum Cascade Laser Infra-Red – QuantaRed Technologies). Grazie a un rivelatore estremamente sensibile, possono essere individuate anche differen-

ze minime di concentrazione. Eracheck riesce a discriminare le vicine lunghezze d’onda del Cicloesano o Ciclopentano dalle lunghezze d’onda degli altri idrocarburi, per la caratteristica del Laser che eccita solo le bande di stretching, caratteristiche dei gruppi -CH3 (1370-1380 cm-1, 7,25 – 7,30 µm). Esiste una versione più economica, Eracheck ECO, che invece di utilizzare una sorgente IR Laser utilizza un sistema a filtri. I tempi di analisi si allungano fino a 8 minuti ed è correlabile alla norma ASTM D76782017.

CONCLUSIONI

TQ Technologies for Quality ha la possibilità di fornire entrambe le soluzioni a utenti diversi, all’Industria e agli Enti di controllo che, pur con obiettivi e competenze differenti sono uniti da un’unica necessità, il controllo rapido della qualità delle acque. I chimici analisti di entrambi i settori possono utilizzare l’Eracheck, il mid-IR con il QCL di Eralytics (ASTM D7678) o il GC-FID Calidus di Falcon Analytics (UNI EN ISO 9377-2:2002). Entrambe le norme di riferi-

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

mento prevedono un limite di rilevabilità pari a 0,1 mg/l e l’operazione di estrazione degli idrocarburi totali dalla bottiglia di acqua è identica per entrambi gli apparati, salvo che nell’uso di Cicloesano o Ciclopentano per il primo metodo e di n-Esano per il secondo. L’Eracheck è molto più semplice da utilizzare. Basta premere un bottone per iniziare la lettura del bianco e del solvente di estrazione ma, come per la tecnica FTIR (ASTM D3921) che, però, utilizza solventi CFC o clorurati, “vede” solo i composti contenenti nella molecola gruppi funzionali CH3. Il Calidus, invece, come un qualsiasi altro Gascromatografo, rileva la presenza di tutti i componenti idrocarburici estratti dal campione di acqua e il suo uso è stato reso così semplice da poter essere utilizzato anche da personale non prettamente da laboratorio. Le dimensioni ridotte dei due apparati li rendono ideali anche per analisi rapide in campo. TQ Technologies for Quality dispone di unità dimostrative, mobili, di entrambi gli apparati e saranno visionabili funzionanti a Ecomondo 2017, Pad D2 stand 007. *TQ Technologies for Quality

43


44


PA NOR AMA

A ZI E N DE

MENTALITÀ EUROPEA, CREATIVITÀ ITALIANA NUOVE SOLUZIONI PER IL RECUPERO DEI MATERIALI DI BAIONI di Milena Bianchi*

L

’elaborazione del pacchetto sull’economia circolare, adottato dalla Commissione Europea il 2 dicembre 2015, ha impresso un forte slancio alla transizione verso un’economia più circolare all’interno dell’UE. Le proposte legislative in materia di rifiuti, disposte dalla relazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, sull’attuazione del piano d’azione, hanno obiettivi a lungo termine per ridurre il collocamento in discarica e aumentare il riciclaggio e il riutilizzo, e hanno portato, soprattutto in Europa, ad una crescente domanda di materiali inerti lavati, ossia più ‘puliti’. Tutto ciò richiede indubbiamente una migliore e oculata gestione del ciclo dell’acqua e della bonifica dei limi e dei fini e, richiesta a cui Baioni è capace di dare risposte concrete per condurre un pia-

no d’azione effettivo proprio a sostegno dell’economia circolare in ogni fase, dalla produzione, al consumo, alla riparazione e fabbricazione, fino alla gestione dei rifiuti e al reimpiego delle materie prime secondarie. I macchinari, gli impianti, i sistemi che l’azienda marchigiana è riuscita a progettare e fabbricare negli ultimi anni, in stretta collaborazione con i propri clienti, testimoniano la forte propensione al riciclaggio e al recupero dei rifiuti in genere e il pieno sostegno in diversi progetti di innovazione nel settore: rifiuti da costruzione e demolizione (C&D), fanghi da cava, fanghi provenienti da attività di perforazione dei pozzi petroliferi.

SISTEMA DI CHIARIFICAZIONE DELLE ACQUE

Da più di cinquant’anni Baioni progetta e produce macchine e impianti per la frantumazione, la selezione e il lavaggio

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

di materiali inerti. Forti di tale esperienza e con un focus verso soluzioni sostenibili, oggi la Divisione Environment dell’azienda è ampiamente impegnata nella progettazione e produzione di impianti di lavaggio di materiali inerti come soluzioni per la chiarifica delle acque di processo che coinvolgono vere e proprie linee tecnologiche complete, in cui appaiono impianti di lavaggio come idrocicloni, vagli drenanti, sfangatrici a tamburo o a palette, celle di attrizione, sistemi di dosaggio di polielettrolita, sistemi di controllo e automazione, estrattori orizzontali decanter o filtro presse per la fase finale di disidratazione meccanica. Tra le numerose installazioni avviate e collaudate in Italia e all’estero, merita di essere citato il case study a Cuba: in seguito all’apertura della propria filiale commerciale vicino a L’Avana nell’aprile del 2016, quest’anno Baioni ha avviato con successo nel paese il quarto impian-

45


P A NO R A M A

A Z IEND E

to di lavaggio (trattamento e recupero di sabbia) per conto di una cava di gestione statale alla quale erano già state consegnate lo scorso anno delle attrezzature di riduzione granulometrica. Il sistema di chiarifica BaiWash, l’unità di recupero dei fini GRF e la filtro pressa BaiPress sono riusciti con successo a ridurre al minimo le necessità di approvvigionamento dell’acqua dalla rete idrica, soprattutto in un paese come Cuba che soffre di tale problema, consentendo la chiarificazione delle acque provenienti dai processi di lavorazione degli inerti, nonché la riduzione del volume del fango prodotto con conseguente conferimento in discarica. Baioni è stata capace di portare una significativa innovazione di processo attraverso la completa automazione dell’impianto, novità assoluta per lo stato cubano dove le difficoltà legate alla gestione quotidiana dell’impianto si sommano alla carenza di personale tecnico specializzato, e grazie alla depurazione delle acque limitando l’inquinamento ambientale, in primis quello delle falde acquifere, spesso contaminate dal ciclo di lavorazione industriale. Due sono stati i metodi fondamentalmente impiegati: • eliminazione di elementi indesiderati mediante il lavaggio, in modo particolare delle argille o delle particelle

fini nocive inferiori a 63 μm. creazione di diverse granulometrie per ottenere un prodotto finito eccellente. Il sistema BaiWash ruota attorno all’innovativo ispessitore fanghi Baioni, di nuova concezione, perché caratterizzato da: • una vasca metallica installata sul terreno e posizionata ad un’altezza adeguata per l’uscita dei fanghi; • un ponte dinamico con esclusivo sistema di sollevamento idraulico automatico del ponte durante la rotazione che evita ogni possibile bloccaggio dovuto a un eccesso di materiale solido; • un robusto albero in acciaio e motoriduttore; • totale accessibilità per controlli e manutenzione. L’introduzione di questo sistema porta una riduzione significativa della spesa poiché elimina i costi dovuti alle opere di fondazione in calcestruzzo, inoltre le pompe e le tubazioni sono a vista pertanto facilmente ispezionabili, si riduce il volume di acqua richiesto per alimentare l’intero impianto di circa il 90% poiché l’acqua viene raccolta e in seguito rimessa in ciclo. I vantaggi del sistema BaiWash solo essenzialmente riconducibili alla facilità di conduzione: la gestione automatizzata di tutti i cicli – lavaggio,

BAIPOD E BAIPOD CONTAINER Tutti i sistemi BaiPod e BaiPod Container vengono forniti come unità complete e indipendenti con le seguenti dotazioni e caratteristiche: • Design modulare con due possibili applicazioni •• come impianto di disidratazione montato su skid al coperto •• come impianto montato all’interno di un container ISO 40’ Open Top indipendente o usato come rimorchio • Nuovo sistema di centrifugazione brevettato • dispositivi unici che evitano fastidiose vibrazioni e il rilascio di acqua inutile in fase di decelerazione. • Nuovo comando PLC, che consente • interfaccia grafica fonoassorbente • controllo completo di tutte le fasi operative della centrifuga, incluso il ciclo di lavaggio, la lubrificazione, il consenso del le pompe, il consenso del flocculante e della coclea di estra zione, ecc. • connessione webcam all’impianto • registrazione dei dati • messaggi di avviso a mezzo e-mail in caso di segnalazione di errori • visualizzazione a video degli schemi di cablaggio, del ma nuale delle parti di ricambio, del manuale uso e manuten zione • telecomando con 3 livelli di accesso (utente, supervisore, amministratore del sistema)

46

chiarificazione, dosaggio del flocculante, estrazione ed evacuazione dei solidi, il controllo in remoto tramite rete Internet o altra rete; la facilità di spostamento e ricollocazione, poiché ogni sedimentatore è costruito su sezioni modulari a bullone che assicurano tempi di installazione rapidi e ridotti, nel caso in cui lo stesso dovesse essere spostato. La fase finale di riduzione del volume di acqua o del suo recupero consiste nella rimozione dei solidi in sospensione mediante disidratazione meccanica. Mentre l’acqua utilizzata per il lavaggio viene completamente riutilizzata, i fanghi addensati sono estratti dal cono di evacuazione inferiore del sedimentatore mediante una pompa e poi convogliati alla fase di centrifugazione. Poiché anche a Cuba i fanghi derivanti dal lavaggio di inerti provenienti dalla coltivazione di una cava sono considerati alla stregua di rifiuti, per limitare il costo di smaltimento degli stessi o limitare il volume da portare alla discarica, è necessario separare l’eccesso di acqua nello stesso fango, rendendo quest’ultimo più secco. Il metodo sviluppato da Baioni sta appunto nell’utilizzo di una centrifuga orizzontale decanter o di una filtro pressa. Nel cantiere ubicato a Cuba il cliente ha optato per la classica operazione di pressatura in discontinuo del fango, la tecnologia


dell’estrattore decanter e i benefici che ne derivano non sono ancora ben noti... e questa rappresenta già la nostra prossima sfida!

IMPIANTO DI FLOTTAZIONE DEI RIFIUTI ‘LEGGERI’

Nel settore del lavaggio dei materiali inerti, compresi i rifiuti da costruzione e demolizione, la direttiva quadro 2008/98/ CE fissa l’obiettivo di recuperare il 70% degli stessi entro il 2020. Baioni ha partecipato al progetto Horizon2020 sostenendo diversi progetti di innovazione per valorizzare il riutilizzo di questi flussi di rifiuti puntando alla qualità dei materiali riciclati per la produzione del calcestruzzo e cemento di qualità. Per questo motivo Baioni sa offrire soluzioni affidabili e originali, lo dimostrano le diverse applicazioni e i case study realizzati negli ultimi anni. Gli impianti per il trattamento dei rifiuti da C&D integrano i più moderni macchinari per il lavaggio, la separazione, la flottazione, la disgregazione, soprattutto in presenza di materiali ‘sporchi’ come fini e contaminanti, la disidratazione e i sistemi di trasporto a nastro. A tale proposito l’azienda ha collaudato quest’estate in Inghilterra un nuovo impianto destinato agli operatori del settore per il riciclaggio dei rifiuti da C&D che permette di massimizzare il recupero dei materiali riciclabili e il ritorno sugli investimenti; si tratta di un sistema di lavaggio e flottazione dei rifiuti leggeri montato su skid, dunque facilmente trasportabile, di basso impatto e molto competitivo, progettato per separare il materiale galleggiante dagli aggregati. Unico nel suo genere in Italia, tale sistema è chiamato BaiFlo ed è un modello originale che Baioni vorrebbe introdurre agli operatori poiché permette loro di produrre un materiale sempre più ‘pulito’, nell’ottica di limitare il più possibile lo sfruttamento delle cave, con un risparmio di risorse naturali pur garantendo caratteristiche di ottima qualità per i materiali provenienti da recupero.

IMPIANTO DI TRATTAMENTO FANGHI

Essendo un sistema totalmente modulabile e completo, BaiFlo prevede, in ultima fase, l’impianto di trattamento fanghi

mediante centrifugazione. Il modulo dedicato alla disidratazione è un impianto di centrifugazione mobile compatto montato su skid all’interno di un container standard ISO 40’ OT: si tratta del nuovo BaiPod Container, già collaudato agli inizi del 2017 sempre nel Regno Unito nel settore del riciclaggio. Per il progetto del BaiFlo, il cliente ha apprezzato il fatto che si tratta di un sistema molto affidabile, pre-cablato per ridurre al minimo i tempi e i costi di montaggio; è un impianto che offre soluzioni immediate dal momento che è totalmente trasportabile, progettato per essere “pronto all’uso” in uno spazio esterno adeguato, con un focus particolare sull’efficienza

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

energetica e maneggevolezza; i tempi di avviamento e di messa in servizio sono minimi. Il cuore del BaiPod Container è rappresentato dalla centrifuga decanter ad alto rendimento BaiDec dotata di tutti i componenti necessari per garantire un funzionamento istantaneo e a pieno regime come la stazione di preparazione del polielettrolita, il pannello di controllo dotato di logica PLC con funzionamento totalmente automatizzato, la pompa di alimentazione fanghi, la pompa di dosaggio polielettrolita, i flussometri, il trasportatore a coclea, l’impianto di illuminazione interna, le portelle esterne per le connessioni idrauliche ed elettriche.

47


P A NO R A M A

A Z IEND E

Con questa fornitura, il numero di installazioni operative di centrifughe decanter nel Regno Unito sale a 16 unità, alcune su allestimento fisso, altre su applicazioni mobili, tutte operative e con riconferme di ordini, una leadership dettata dal fatto che il settore del riciclaggio e del recupero di materia si stanno imponendo con forza nel mercato inglese, grazie all’imposizione di regole restrittive nei confronti del recupero delle risorse energetiche. Le centrifughe Baioni trovano qui un’ottima applicazione poichè riescono a soddisfare i bisogni di alte performance e hanno dimostrato, con l’andar del tempo, di essere le macchine più versatili per il recupero di solidi dai flussi d’acqua dagli impianti di lavaggio degli inerti e per il riutilizzo diretto dell’acqua nel ciclo. Se confrontato con altre macchine a parità di processo e rendimento, grazie al design compatto e alla peculiare concezione costruttiva, il BaiPod Container è in grado di fornire un fango in uscita molto secco a costi piuttosto contenuti. Le migliorie apportate a livello tecnico alla

48

centrifuga consentono di mantenere un ciclo di vita più lungo alla macchina stessa. Sfruttando al massimo la tecnologia di separazione orizzontale del decanter BaiDec, l’unità BaiPod Container è disponibile nelle versioni a uno o due motori, può essere pertanto impiegata in qualsiasi tipo di processo che richieda la separazione dell’acqua dai fanghi negli impianti di trattamento delle acque reflue. I decanter sono dotati di protezione effettiva contro gli effetti dell’abrasione, materiali speciali resistenti all’usura vengono utilizzati in tutte le parti più critiche della centrifuga, come le spire della coclea, così da ridurre i costi di manutenzione. La centrifuga è capace di trattare un materiale con un alto livello di concentrazione, circa un 18% di sostanza solida in ingresso proveniente da fango pesante e a produrre un ottimo chiarificato con un secco in uscita pari al 68%; è dotata di controllo elettronico a inverter delle velocità di rotazione del tamburo e della coclea per adattare in continuo, e con un minimo intervento dell’operatore, le

condizioni di separazione alle variazioni di composizione dell’alimentato. Baioni costruisce ogni singolo sistema di centrifugazione in base alle specifiche richieste di ciascun cliente, ossia in base alla tipologia e densità di fango da trattare, e ai campi di applicazione come il trattamento acque reflue da impianti di depurazione, trattamento fanghi da processi minerali, processi dell’industria petrolchimica, trattamento reflui da processi produttivi industriali, impianti di trasformazione agroalimentare, trattamento fanghi da perforazione o impianti di soil washing. Il vantaggio fondamentale delle nuove unità BaiPod e BaiPod Container sta nel concetto di trasportabilità che può essere un ‘plus’ per una determinata categoria di clientela, consentendo la massima flessibilità in cantiere: impianti completi di trattamento acqua-fango montati su skid o su container, facilmente montabili a loro volta su un pianale del cliente o su un rimorchio con ruote per il trasporto da un luogo all’altro. *Baioni Crushing Plants Spa


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

49


50


SPE C I AL E

IL NUOVO DPR 120/2017 IN MATERIA DI GESTIONE DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO ANALISI CRITICA DEL NUOVO DECRETO CHE RISCRIVE E RIUNISCE IN UN UNICO TESTO TUTTA LA DISCIPLINA SULLE TERRE E ROCCE DA SCAVO di Gian Luigi Soldi*

D

opo una gestazione iniziata nel 2014, comprensiva anche di una fase di consultazione pubblica, il 7 agosto 2017 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 183 il DPR n. 120/17, varato in versione definitiva dal Consiglio dei Ministri il 19 maggio 2017 e successivamente firmato dal Presidente della Repubblica il 14 giugno 2017. Il Decreto, in vigore dal 22 agosto 2017, con 31 articoli e 10 allegati, riscrive la disciplina sulla gestione delle terre e rocce da scavo, riunendo in un unico testo l’intera disciplina, secondo quanto era stato previsto dall’art. 8, del D.L. n. 133/14, convertito nella legge n. 164/14 “Sblocca Italia”, che aveva fatto esplicito rinvio ad un decreto concernente l’adozione di nuove disposizioni di riordino e semplificazione della materia. Con l’entrata in vigore del nuovo DPR 120/2017 sono stati abrogati il DM 161/12 sulla gestione dei materiali da scavo come sottoprodotti nei “grandi cantieri”, l’articolo 184-bis, comma 2-bis, D.lgs 152/06 che ne chiariva il campo di applicazione nonché gli articoli 41, comma 2 e 41-bis del D.L. 69/13 (Decreto del “Fare”, convertito con Legge n. 98/13), che riguardavano la successiva semplificazione introdotta per i “piccoli cantieri”. Un regime transitorio (art. 27) prevede la possibilità di mantenere l’applicazione della previgente disciplina per le procedure già approvate o in corso di approvazione, comprensive delle eventuali modifiche e aggiornamenti, oppure di avvalersi delle nuove disposizioni, presentando la documentazione progettuale o le comunicazioni

richieste, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del nuovo DPR, cioè fino al 18 febbraio 2018. Sulla base delle previsioni del D.L. n. 133/14, il nuovo DPR non si limita a fissare disposizioni per la gestione dei materiali da scavo nel regime dei “sottoprodotti”, ma riguarda anche altri aspetti della medesima materia, quali il deposito temporaneo delle terre e rocce da scavo qualificate rifiuti, l’utilizzo nel sito di produzione, ai sensi dell’art. 185 del D.lgs 152/06 e la gestione nei siti oggetto di bonifica.

DISPOSIZIONI COMUNI PER TUTTE LE PROCEDURE

In generale il nuovo DPR costituisce una riscrittura dell’abrogato DM 161/12, nel quale sono state integrate le procedure “semplificate” precedentemente contemplate agli artt. 41, comma 2 e 41-bis del D.L. 69/13 nonché le altre disposizioni in materia di gestione delle terre e rocce da scavo come rifiuti e nei siti oggetto di bonifica. All’art. 2 del Decreto sono contenute una serie di definizioni, che riprendono quelle che già erano state contemplate dal D.M. 161/2012, con alcune modificazioni. Una delle modifiche più significative riguarda la definizione di terre e rocce da scavo, che riprende l’elenco di materiali da scavo già definito dal DM suddetto, non citando più tuttavia i materiali riconducibili a “sedimenti” lacustri, fluviali, marini o provenienti in generale da escavazioni dai corpi idrici superficiali e dal “reticolo idrografico scolante, al momento già parzialmente oggetto di altre normative specifiche (D.M. 172/16, relativo alle opera-

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

zioni di dragaggio nei SIN e il D.M. 173/16, relativo all’immersione in mare dei materiali di scavo dei fondali marini). Nell’elenco suddetto non sono inoltre più compresi i “residui della lavorazione dei materiali lapidei”, già precedentemente eliminati con Legge 28 dicembre 2015, n. 221, la cui trattazione sarebbe demandata alla normativa in materia di gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (D.lgs. 117/08). Vi sono poi le definizioni di cantiere di piccole dimensioni e di cantiere di grandi dimensioni (in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a 6000 m3), che differenziano due diverse procedure di gestione come sottoprodotto, in obbedienza al principio di proporzionalità della disciplina all’entità degli interventi da realizzare. Altre definizioni di interesse, anche se non completamente chiarite, sono quelle di proponente, che rappresenta il soggetto che presenta il Piano di Utilizzo e di esecutore, che lo attua, relativamente alle procedure per i cantieri di grandi dimensioni. Nel caso dei cantieri di piccole dimensioni, o di grandi dimensioni non soggetti a VIA/AIA, il soggetto che presenta le comunicazioni e produce il materiale da scavo è definito come produttore.

GESTIONE DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO QUALIFICATE COME SOTTOPRODOTTI DISPOSIZIONI COMUNI PER TUTTI I TIPI DI PROCEDURA

I requisiti per la gestione delle terre rocce

51


S PE CI A L E

come sottoprodotti riprendono quelli già definiti dall’art. 184 bis, comma 1 del D.lgs 152/06, ed in particolare: a. sono generate durante la realizzazione di un’opera, di cui costituiscono parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale; b. il loro utilizzo è conforme alle disposizioni del piano di utilizzo di cui all’articolo 9 o della dichiarazione di cui all’articolo 21, e si realizza: 1) nel corso dell’esecuzione della stessa opera nella quale è stato generato o di un’opera diversa, per la realizzazione di reinterri, riempimenti, rimodellazioni, rilevati, miglioramenti fondiari o viari, recuperi ambientali oppure altre forme di ripristini e miglioramenti ambientali; 2) in processi produttivi, in sostituzione di materiali di cava; c. sono idonee ad essere utilizzate direttamente, ossia senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d. soddisfano i requisiti di qualità ambientale. Nelle terre e rocce da scavo contemplate dal nuovo DPR, per la gestione come sottoprodotti, sono esclusi i rifiuti provenienti direttamente dalla demolizione degli edifici, ma sono contemplati i materiali di riporto, già assimilati alla matrice “suolo” dal D.L. n. 2/12, convertito con L. 28/12. Per questi ultimi, nei quali è ammessa la presenza di materiali di origine antropica non superiore al 20% in peso, oltre alla verifica dei requisiti di qualità ambientale necessari per la gestione di tutte le terre e rocce da scavo, cioè rispetto delle CSC previste dalla normativa in materia di bonifiche in funzione della destinazione d’uso del sito (Tabella 1, Allegato 5 al Titolo 5 della parte IV del D.lgs 152/06), è richiesta una valutazione analitica mediante test di cessione, ai sensi del D.M. 05/02/98 in materia di procedure semplificate di recupero dei rifiuti, escludendo il parametro amianto. A differenza dei rifiuti, i risultati del test di cessione sui materiali di riporto devono essere verificati rispetto alle CSC previste per le acque sot-

52

terrane dalla normativa vigente in materia di bonifiche (Tabella 2, Allegato 5 al Titolo 5 della parte IV del D.lgs 152/06) o dei valori di fondo naturale stabiliti per il sito. Sono inoltre stabilite specifiche disposizioni per le terre e rocce da scavo contenenti amianto, anche qui facendo specifico riferimento alla CSC prevista dalla normativa in materia di bonifiche (attualmente corrispondente a 1000 mg/kg). All’art. 24 è inoltre prevista una procedura dedicata per l’utilizzo, esclusivamente nel sito di produzione, ai sensi dell’art. 185, comma 1 lettera c, del D.lgs 152/06, di terre e rocce contenenti amianto naturale, anche in misura superiore alla suddetta CSC. Le tipologie di “cantieri” a cui si applica la gestione delle terre e rocce come sottoprodotti sono 3, per i quali si delineano 2 diversi iter procedimentali, che riprendono quelli già definiti dalla normativa previgente, a seguito delle modifiche introdotte dal Decreto del “Fare”, convertito con Legge n. 98/13: 1. cantieri di grandi dimensioni, in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a 6000 m3, sottoposti a VIA o AIA: è prevista la predisposizione di un documento progettuale denominato Piano di Utilizzo, corredato da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, nonché una dichiarazione finale di Avvenuto Utilizzo (DAU) al termine delle opere di riutilizzo, in analogia con la procedura precedentemente definita dal DM 161/12; 2. cantieri di piccole dimensioni (inferiori a 6000 m3) e cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA: è prevista solo la trasmissione di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio (Dichiarazione di Utilizzo) e una dichiarazione finale di Avvenuto Utilizzo (DAU), al termine delle opere di riutilizzo, senza la necessità di trasmissione del Piano di utilizzo, in analogia con la procedura “semplificata” introdotta dal Decreto del “Fare” nel 2013 (art. 41 bis). In entrambe le procedure non è mai prevista un’autorizzazione espressa da parte

dell’Autorità Competente che, nel caso della procedura “semplificata” è rappresentata dall’autorità che autorizza l’opera che genera le terre e rocce da scavo e nel caso della procedura del Piano di Utilizzo dall’autorità competente per la VIA e/o per il rilascio dell’AIA, prevedendo solo lo svolgimento di attività di verifica documentale e controllo e la possibilità di imporre il divieto di inizio o di prosecuzione dei lavori. Preliminarmente alla presentazione dei documenti relativi al Piano di Utilizzo ed alla Dichiarazione di Utilizzo, qualora il sito di produzione interessi un’area caratterizzata da superamento delle CSC per fondo naturale o interessi un’area inquinata oggetto di bonifica ai sensi del D.lgs 152/06, già caratterizzata, è prevista la possibilità da parte del proponente/produttore di avviare una specifica procedura di validazione in contraddittorio con ARPA (artt. 11 e 12) della durata massima di 60 giorni, finalizzata a definire la possibilità di presentare il successivo Piano. In caso di procedura per il fondo naturale, il nuovo DPR richiede tuttavia anche la comunicazione ai sensi dell’art. 242 del D.lgs 152/06, che corrisponde a tutti gli effetti ad una “autodenuncia” che di norma avvia il procedimento di bonifica da parte del responsabile dell’inquinamento e che non si adotta mai in caso di superamento delle CSC attribuito a fondo naturale. Per tutti i tipi di procedure è prevista la possibilità di un deposito intermedio (art.5) delle terre e rocce da scavo, con alcune limitazioni circa la destinazione d’uso prevista dagli strumenti urbanistici. E’ inoltre prevista la compilazione di apposita modulistica di trasporto (allegato 7) ed una dichiarazione di avvenuto utilizzo o DAU (allegato 8), da trasmettere obbligatoriamente al termine delle opere di utilizzo, entro i termini inizialmente previsti dal proponente/ produttore, all’Autorità Competente, all’ARPA e ai Comuni di destinazione e produzione. Tutti gli oneri derivanti dalle attività di controllo e validazione svolte dall’ARPA sono posti a carico del Proponente tuttavia, qualora l’ARPA non esegua entro i termini le attività preliminari di verifica richieste dal Proponente stesso, è previsto (art. 13) che


queste possano essere svolte da altri organi o enti pubblici dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, che saranno definiti da apposito Decreto Ministeriale.

PROCEDURE PER I CANTIERI DI GRANDI DIMENSIONI

Nella procedura del Piano di Utilizzo (art. 9), dedicata alle opere sottoposte a VIA e AIA in cui sono prodotte terre e rocce da scavo in quantità superiori a 6000 m3, il documento, redatto conformemente all’allegato 5, deve essere trasmesso dal Proponente all’Autorità Competente, almeno 90 giorni prima dell’inizio dei lavori di scavo e prima della conclusione del procedimento, nel caso di VIA. L’autorità competente dispone di 30 giorni per richiedere eventuali integrazioni, in un’unica soluzione e di chiedere all’ARPA eventuali verifiche motivate. L’ARPA a sua volta ha la possibilità di chiedere al proponente lo svolgimento di indagini in contraddittorio e, entro 60 giorni, comunicare gli esiti all’Autorità Competente. A sua volta l’Autorità stessa può stabilire, nel provvedimento conclusivo della procedura di VIA (non viene citata l’AIA), prescrizioni e integrazioni al Piano di Utilizzo, fatta salva comunque la possibilità di imporre il divieto di inizio o di prosecuzione dei lavori. Preliminarmente alla presentazione del Piano di Utilizzo il proponente può richiedere all’ARPA una validazione preliminare delle indagini finalizzate alla sua predisposizione. Tale validazione preliminare consente di ridurre le tempistiche per l’avvio dei lavori a 45 giorni. Sempre con procedura di comunicazione e senza la necessità di autorizzazione esplicita da parte dell’Autorità Competente, sono comunicate dal Proponente le modifiche sostanziali e le richieste di proroga del Piano (artt. 15 e 16), che possono essere adottate entro 60 giorni dalla comunicazione degli aggiornamenti. Salvo deroghe motivate, la destinazione delle terre e rocce da scavo può essere modificata per un massimo di due volte e la proroga può essere concessa per una sola volta e per durata massima di due anni.

PROCEDURE “SEMPLIFICATE” PER I CANTIERI DI PICCOLE DIMENSIONI

Per tutti gli altri cantieri piccoli e grandi non sottoposti a VIA/AIA, si applica la procedura descritta agli artt. 20, 21 e 22, analoga alla previgente procedura “semplificata” che era stata introdotta dal Decreto del “Fare” nel 2013 (art. 41 bis). Fatta salva la possibilità di svolgere preliminarmente le attività di validazione in contraddittorio con ARPA o con gli enti “equipollenti” per la verifica del fondo naturale e per i siti sottoposti a bonifica (artt. 11 e 12), l’avvio delle opere di gestione delle terre e rocce da scavo è effettuato dal “produttore” con la trasmissione, 15 giorni prima dell’inizio dei lavori di scavo, di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà definita Dichiarazione di Utilizzo. Tale dichiarazione, redatta secondo la modulistica contenuta nell’allegato 6, è trasmessa al Comune di produzione e all’ARPA. Anche in questo caso la Dichiarazione può essere aggiornata, ma per un massimo di due volte, e prorogata una sola volta per al massimo 6 mesi, salvo circostanze impreviste. E’ necessario evidenziare che, per le suddette procedure “semplificate”, il DPR richiede i requisiti di qualità ambientale delle terre e rocce, cioè il rispetto delle CSC riferite alla destinazione d’uso, solo per utilizzi sul suolo, mentre non cita la necessità di requisiti ambientali nel caso che le stesse siano avviate a impianti produttivi in sostituzione del materiale di cava.

GESTIONE DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO QUALIFICATE RIFIUTI E PER L’UTILIZZO NEL SITO DI PRODUZIONE (ART. 185 D.LGS. 152/06)

Il DPR 120/2017 non si limita a definire le procedure per la gestione delle terre e rocce da scavo nel regime dei sottoprodotti ma detta anche disposizioni per le altre modalità di gestione comunemente adottate nell’ambito dei cantieri; in particolare nel caso della gestione nel regime dei rifiuti o della loro esclusione dal regime medesimo ai sensi dell’art. 185 del D.lgs. 152/06 per

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

l’utilizzo nel sito di produzione. All’art. 23, nel caso di gestione delle terre e rocce come rifiuti (codici CER 17.05.04 e 17.05.03*) i limiti per il deposito temporaneo delle stesse, per la durata non superiore ad un anno, definiti all’art. 183, comma 1, lettera bb del D.lgs 152/06 (30 m3 di cui al massimo 10 m3 di rifiuti classificati come pericolosi) sono elevati a 4000 m3 di cui al massimo 800 m3 di rifiuti classificati come pericolosi. Sono inoltre previste una serie di prescrizioni gestionali per il deposito, ma comunque questa deroga, unica nel suo genere, rappresenta una indubbia facilitazione nella gestione di cantieri. Meno semplificativa è la modifica introdotta all’art. 24 per la gestione delle terre e rocce da scavo nel sito di produzione ai sensi dell’art. 185 del D.lgs. 152/06, dove il nuovo DPR richiede esplicitamente una verifica di “non contaminazione” svolta ai sensi delle procedure analitiche previste per i sottoprodotti (allegato 4) e precedentemente mai prevista dalla normativa, se non per i materiali di riporto. Facendo salva la procedura di validazione in contraddittorio già definita per i sottoprodotti per la valutazione del fondo naturale (art. 11), in caso di superamento delle CSC per il parametro amianto di origine naturale è consentita comunque la gestione nel sito di produzione, previo parere di ARPA e ASL. Ulteriori novità sono state introdotte per la gestione delle terre e rocce da scavo nel sito di produzione nell’ambito di opere sottoposte a VIA, ove la sussistenza dei requisiti deve essere effettuata in via preliminare da un apposito documento progettuale definito “Piano Preliminare di utilizzo in sito delle terre e rocce da scavo escluse dalla disciplina dei rifiuti”, da presentare nell’ambito dello Studio di Impatto Ambientale (SIA) e pertanto oggetto di autorizzazione esplicita da parte dell’Autorità Competente. A tale Piano il proponente o l’esecutore deve fare seguire una caratterizzazione per accertare la non contaminazione del materiale, i cui esiti sono trasmessi all’interno di un progetto all’Autorità Competente e all’ARPA, prima dell’avvio dei lavori.

53


S PE CI A L E

LA GESTIONE NEI SITI OGGETTO DI BONIFICA

Il nuovo DPR, agli art. 25 e 26, estende a tutte le tipologie di cantieri le possibilità di gestione delle terre e rocce da scavo, già previste all’art. 34, comma 7 del D.L. n. 133/2014, convertito con L. 164/2014, nell’ambito della realizzazione di opere all’interno dei siti sottoposti a bonifica già caratterizzati, prevedendo specifiche indicazioni procedurali. Le attività di scavo devono essere precedute dalla trasmissione da parte del Proponente di un Piano di dettaglio, concordato con l’ARPA, che si pronuncia entro il termine di 30 giorni, e da un successivo Piano Operativo, da trasmettere agli Enti, 30 giorni prima dell’inizio dei lavori. Le successive attività di scavo svolte non devono comunque compromettere la successiva esecuzione di interventi di bonifica o aggravare l’inquinamento, provvedendo inoltre ad eliminare le eventuali fonti attive incontrate. Il successivo utilizzo in sito delle terre e rocce provenienti dagli scavi è consentito nel rispetto delle CSC o dei valori di fondo naturale. In caso di superamento delle CSC, ma entro i valori di CSR approvati nell’ambito di una procedura di bonifica ex artt. 242 o 252, le terre e rocce del sito in bonifica possono essere riutilizzate nella medesima area assoggettata all’analisi di rischio e nel rispetto del relativo modello concettuale, ma non è consentito il loro impiego in sub-aree ove è stato accertato il rispetto delle CSC.

CONCLUSIONI: LUCI ED OMBRE DEL NUOVO DPR

A parte alcuni refusi e imprecisioni, il nuovo DPR presenta l’indubbio vantaggio di riunire in un unico testo tutte le procedure per la gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti, comprensive della relativa modulistica e riducendo il rischio di derive interpretative “locali”. Definisce inoltre in modo definitivo le modalità di verifica analitica della qualità ambientale dei materiali di riporto e delle terre e rocce contenenti amianto, nonché di verifica preliminare dei valori di fondo naturale e presso i siti sottoposti alle procedure di bonifica, fissando tempi certi, per l’espletamento delle procedure da parte dell’Autorità Competente e dell’ARPA. Le facilitazioni apportate per le procedure del Piano di Utilizzo previste per i cantieri di

54

grandi dimensioni sottoposti a VIA/AIA, rispetto a quanto precedentemente previsto dal D.M. 161/2012, appaiono invece quasi ingiustificate, in quanto trattasi comunque di opere soggette al rilascio di autorizzazioni specifiche, nelle quali talvolta la gestione dei materiali da scavo costituisce uno degli elementi più rilevanti dal punto di vista dell’ambiente e dei rapporti con il territorio e le cui scelte progettuali necessitano pertanto di amplia condivisione e pubblicità. Pertanto la sottrazione del Piano di Utilizzo da procedure di autorizzazione espressa da parte dell’Autorità Competente, limitando il tutto a un regime di “autocertificazione” del proponente, non sembra apportare alcun evidente vantaggio nei confronti dell’interesse sia pubblico che privato sotteso, oltre a coordinarsi con estrema difficoltà alle procedure già previste in campo VIA/AIA. Al contrario, per i cantieri di piccole dimensioni e di grandi dimensioni non sottoposti a VIA/AIA, le procedure “semplificate” della Dichiarazione di Utilizzo prevedono alcuni aggravamenti rispetto al quadro normativo previgente, come ad esempio la necessità di una validazione preliminare in contraddittorio con ARPA dei valori di fondo naturale. Non sono inoltre completamente chiari alcuni aspetti, come ad esempio se per dette procedure “semplificate” siano anche applicati i criteri di campionamento e caratterizzazione previsti agli Allegati 2 e 4, previsti invece per il Piano di Utilizzo, determinando la nuova possibilità di derive interpretative “locali”. Analoghi appesantimenti sono stabiliti nel caso di riutilizzo nel sito di produzione ai sensi dell’art. 185 del D.lgs 152/06, per l’esclusione dal regime dei rifiuti, ove è richiesta una valutazione analitica delle terre e rocce da scavo e la validazione preliminare, svolta in contraddittorio con ARPA, per il fondo naturale. Il riutilizzo nel sito di produzione nel caso di opere sottoposte a VIA prevede la presentazione di documentazione progettuale soggetta ad approvazione espressa nonché la trasmissione di successivi elaborati, rendendo paradossalmente tali procedure più gravose rispetto a quelle previste per la gestione delle terre e rocce come sottoprodotti presso un sito esterno. Si citano inoltre alcune esclusioni, rispetto a quanto contemplato dalla normativa previgente, come l’eliminazione dalla definizione di terre e rocce da scavo dei materiali di escavazione provenienti dai corpi idrici

superficiali e dal reticolo idrografico scolante, nonché della stabilizzazione a calce o cemento nell’ambito delle operazioni di normale pratica industriale. Tali esclusioni riguardano operazioni largamente diffuse e scarsamente impattanti dal punto di vista ambientale. In ultimo, si evidenzia l’assenza di deroghe per i cosiddetti “microcantieri” (es. inferiori a 300 m3 di volume di scavo), presso i quali il produttore, spesso costituito da piccole imprese edili, a fronte degli obblighi previsti dalla attuale norma di presentare agli Enti le dichiarazioni documentali e di effettuare le verifiche analitiche anche per modestissimi quantitativi di materiali da scavo movimentati, potrebbe optare per una gestione nel regime dei rifiuti, con conseguente aggravio dei costi, ovvero affrontare i rischi di una sua violazione. *Città Metropolitana di Torino, Ufficio Discariche e Bonifiche

ALLEGATI AL NUOVO DPR I 10 allegati riprendono, quasi identicamente, il contenuto dei 9 allegati del DM 161/2012, con l’aggiunta di un allegato relativo alla modulistica inerente la Dichiarazione di Utilizzo per le procedure “semplificate” dell’art. 21 (allegato 6) e con poche altre modifiche: ALLEGATO 1: Caratterizzazione ambientale delle terre e rocce da scavo (invariato) ALLEGATO 2: Procedure di campionamento in fase di progettazione (eliminati riferimenti a sedimenti, dragaggi, ecc.) ALLEGATO 3: Normale pratica industriale (eliminata la stabilizzazione a calce o cemento) ALLEGATO 4: Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali (prevede la “porfirizzazione” in caso di scavi in roccia massiva; aggiunti gli additivi, con preventiva valutazione di ISPRA/ISS per le sostanze non tabellate; eliminata la necessità di verificare la conformità a colonna A in caso di falda affiorante) ALLEGATO 5: Piano di Utilizzo (invariato) ALLEGATO 6: Dichiarazione di utilizzo di cui all’art. 21 (novità, ex documento di trasporto) ALLEGATO 7: Documento di trasporto (ex D.A.U.) ALLEGATO 8: Dichiarazione di avvenuto utilizzo (D.A.U.) (ex procedura di campionamento) ALLEGATO 9: Procedure di campionamento in corso d’opera per i controlli e le ispezioni (Invariato, con la previsione che l’ARPA esegue le verifiche sia sul sito di produzione che di destinazione) ALLEGATO 10: Metodologia per la quantificazione del materiale di origine antropica di cui all’art. 4 (ex materiale di origine antropica, aggiunta la formula per il calcolo della quantificazione del 20% e che esclude dal calcolo i materiali litoidi di origine naturale >2 cm anche se alloctoni).


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

55


S PE CI A L E

56


-3, -2, -1, 0! L’APPUNTAMENTO CON LA FIERA LEADER DELLA GREEN E CIRCULAR ECONOMY NELL’AREA EURO-MEDITERRANEA È SERVITO di Laura Veneri

P

er chi lavora nel settore dell’ambiente, i giorni dell’anno lavorativo si potrebbero iniziare a contare dal termine dell’edizione annuale della fiera Ecomondo di Rimini. Come quando da bambini si contavano i giorni che mancano al Natale, per noi si potrebbero contare i giorni che mancano a Ecomondo e questo per almeno tre buone ragioni. La prima perché bisogna arrivarci pronti (stand, macchine, attrezzature, brochure, ecc.) e sembra che i giorni per la preparazione non siano mai abbastanza. La seconda perché in fiera ci aspettano sempre tante novità da scoprire. La terza perché Ecomondo è un grande salotto in cui si incontrano clienti, curiosi, concorrenti, ecc. Noi saremo presenti come ogni anno e vogliamo raccontarvi le novità che vi accoglieranno attraverso un’intervista a Alessandra Astolfi, Group Brand Manager Italian Exhibition Group. Ecomondo è una fiera longeva che lo scorso anno ha compiuto 20 anni. Ma Ecomondo è soprattutto una fiera che anno dopo anno si arricchisce e attrae molte aziende e pubblico. Quali ritiene siano le carte vincenti della manifestazione? Credo che il successo di Ecomondo sia nella sua capacità di innovare la proposta, sia sotto il profilo espositivo che dei contenuti culturali, accompagnando tempestivamente un mondo che in questi anni ha mostrato un

dinamismo eccezionale. A questo successo contribuiscono tanti soggetti e tanti professionisti: un’altra carta vincente è la capacità di riunire tutti riconducendo il loro contributo ad un obiettivo comune. Oggi Ecomondo rappresenta un settore industriale forte, protagonista anche sui mercati internazionali e in questo percorso siamo sempre al fianco del sistema della green economy. Lei è alla guida organizzativa della manifestazione sin dalla prima edizione, quando il nome era Ricicla. Quali sono i campi di miglioramento che vede per la manifestazione? L’obiettivo che perseguiamo ogni giorno è quello di rendere protagonista la manifestazione a livello internazionale. Per questo lavoriamo affinché crescano in quantità e in qualità le delegazioni di buyers esteri, oggi provenienti da 60 Paesi di tutto il mondo, in particolare da quelle aree in cui, dopo un periodo di intenso sfruttamento delle risorse naturali, si sta maturando una sensibilità nel rispetto dell’ambiente. In particolare abbiamo puntato, oltre che sull’Est Europa, sui Paesi Baltici, sul Nord Africa e su alcuni Paesi dell’Africa subsahariana, sulla Turchia, Iran e Cina. Il know how e la tecnologia italiana sono competitivi per questo compito. La fiera è uno strumento strategico per veicolare nel mondo una proposta di business competitiva.

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

Alessandra Astolfi, Group Brand Manager Italian Exhibition Group

Quali saranno le novità che troveranno quest’anno i visitatori di Ecomondo? Oltre ai settori storici consolidati, nel 2017 proseguiranno il percorso e le iniziative sull’economia circolare e la bioeconomia presentando contenuti innovativi e tutta la filiera produttiva. È stato creato un percorso della Bioeconomia nel padiglione D3 e D5 che si propone di valorizzare e ottimizzare il business di tutte le realtà industriali impegnate nella produzione di risorse biologiche rinnovabili e la loro conversione, tramite tecnologie innovative ed efficienti di biotecnologia industriale, in prodotti a base biologica e da bioenergia, compresi alimenti

57


S PE CI A L E

e mangimi, denominati ‘chemicals’. Un focus verrà riservato ai nuovi materiali provenienti da recupero e da ricerca e sviluppo con applicazioni nei vari comparti industriali. Inoltre insieme alla Piattaforma Nazionale del Biometano, già lanciata nell’edizione 2016, l’obiettivo è di potenziare l’alleanza strategica con l’industria del gas naturale, in considerazione del biometano come punto di transizione fra energie rinnovabili ed energie tradizionali, illustrandone crescita e opportunità di mercato. Tra le novità della prossima edizione, stiamo lavorando alla creazione del nuovo settore espositivo-tematico ‘Hydrogeological risk and disasters prevention and management’, dedicato ai sistemi e alle soluzioni di prevenzione per il rischio idrogeologico e per i principali disastri indotti dai mutamenti climatici, quali inondazioni, frane ed erosione delle coste, disagi che contribuiscono a rendere sempre più fragile il nostro territorio. Sul comparto energia, si avranno due nuove sezioni Key Storage e Key Solar che andranno ad aggiungersi aree Key Wind e Key Efficiency. Key Storage sarà dedicata all’immagazzinamento dell’energia da fonti rinnovabili per valorizzare una tecnologia chiave: gli Energy Storage Systems. Si tratta della possibilità di utilizzare l’energia raccolta dalle fonti rinnovabili nel momento in cui l’utente ne ha più bisogno. Key Solar è invece un nuovo settore espositivo e di contenuti qualificati dedicato al fotovoltaico che risponde a una prospettiva di mercato e colma un vuoto fieristico per offrire alla filiera un

momento di aggregazione e un solido riferimento utile ad analizzare gli scenari, ipotizzare traiettorie di sviluppo e presentare le novità dei prodotti. Le installazioni fotovoltaiche del 2017 dovrebbero sfiorare i100 GW a livello mondiale, un valore pari a tutta la potenza solare collegata alla rete solo cinque anni fa. Anche in Italia ci sono segnali di risveglio, con un +14% nei primi otto mesi dell’anno. È l’inizio di una riscossa che dovrebbe portare le installazioni fotovoltaiche nel nostro Paese su valori 5-7 volte superiori a quelli attuali. E noi vogliamo poter rappresentare questo mercato. Aggiungo Città Sostenibile, il progetto speciale di Ecomondo, che in questa edizione si concentra soprattutto sui modelli di urbanizzazione, soluzioni tecnologiche, piani di mobilità volti a migliorare la qualità di vita dei cittadini e favorire lo sviluppo dei territori in chiave sostenibile. Si parlerà di Rigenerazione Urbana di edifici dismessi, aree sottoutilizzate, quartieri degradati: il futuro e la qualità delle città dipende dalla connessione fra centro e periferie, qualità delle abitazioni e nuove infrastrutture tra loro interconnesse. Da segnalare la mostra di materiali sostenibili in edilizia in collaborazione con Legambiente. Protagonisti della città saranno le grandi aziende ICT IOT e i rappresentanti della città di Portland e San Leandro con il progetto Climate Action Plan. Nel cuore della Città Sostenibile, troveranno spazio anche la mobilità e il trasporto sostenibile attraverso H2R, l’appuntamento di riferimento su elettrificazione dei vettori, tpl, car sharing, intermodalità e digi-

4SERVICE E HAMMEL, WE SHRED FOR YOU

talizzazione con le principali associazioni Anfia, UNRAE, Cobat, Asstra, ANAV, ANCI, e molte imprese prima fra tutte il gruppo Ferrovie dello Stato. Obiettivo del 2017 sarà l’integrazione del settore ‘automotive’ in un più ampio contesto dedicato alla mobilità sostenibile e ad una transizione verso sistemi di trasporto efficienti dal punto di vista energetico e ad emissioni zero, in cui coinvolgere tutti gli attori della filiera (dai produttori di veicoli, tecnologie ed infrastrutture, ai passeggeri e alle merci, logistica), evidenziando modelli di consumo e stili di vita nuovi. Ecomondo non si esaurisce a novembre, ma offre visibilità alle aziende espositrici anche in campo internazionale attraverso altre iniziative… È un’attività che rientra nel percorso di internazionalizzazione di cui parlavamo. La fiera, non solo Ecomondo, per adempiere pienamente al suo compito, deve poter essere referente dell’impresa nel corso dell’anno. Noi programmiamo una cinquantina di tappe di presentazione della manifestazione, intervenendo agli appuntamenti internazionali, accompagnando le imprese, veicolando il sapere e la tecnologia italiana. Subito dopo l’estate siamo stati protagonisti ad Astana, in Kazakistan dove EXPO 2017 ha avuto proprio il filo conduttore della sostenibilità. Anche in quel caso si trattava di un’area del mondo nella quale si stanno affacciando corposi investimenti per la tutela ambientale.

PAD A3 - STAND 052

4Service punta tutto su 2 fattori: il capitale umano e la tecnologia. Oltre 10 anni di esperienza nel settore Recycling hanno formato un personale qualificato che vanta oggi un know how tecnico di alto livello. Disponibilità, competenza, impegno, serietà e responsabilità sono valori che quotidianamente vengono messi in campo con un lavoro che parte dall’ascoltare il cliente e finisce con il costruirgli intorno una soluzione su misura. Per massimizzare il suo know how 4Service ha cercato la miglior tecnologia sul mercato: solido, robusto, potente, indistruttibile. Hammel, l’originale. L’incontro tra 4Service e Hammel ha generato una partnership che consente loro di proporsi sul mercato in termini competitivi, propositivi e sostenibili nei confronti delle esigenze dei clienti e dell’ambiente. In termini operativi 4Service offre un servizio di assistenza e ricambistica su tutto il territorio nazionale. L’officina principale ha sede a Mozzate (CO), centro nevralgico di tutta l’attività, dove in particolare ha sede la progettazione e realizzazione dei nuovi kit di triturazione (rotori e pareti), revisione e revamping totale di macchinari usati, nonché un ben assortito magazzino ricambi. Officine autorizzate si trovano a Roma, Bari e Palermo e tutte le sedi sono dotate di officine mobili per eseguire i lavori direttamente presso i clienti. Diamo nuovo valore al rifiuto, un presente insieme per un futuro migliore.

58


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

59


S PE CI A L E

ARJES: NOI SIAMO RECYCLING!

PAD C5 - STAND 009

A partire dal 2017 Scai è il nuovo distributore del marchio Arjes sul territorio italiano. Il brand leader nel settore del riciclaggio per la fornitura di trituratori e frantumatori per diversi tipi di materiale, punta su Scai per conquistare terreno. Sotto la guida di Norbert e Tetyana Hammel, Arjes è stata fondata nel 2007 in Turingia. All’inizio uno staff di appena 19 persone ha lavorato con grande impegno per trasformare la loro visione in concetti innovativi ed economici per il settore del riciclaggio. Sulla base di oltre 30 anni di esperienza nella costruzione di macchine per il riciclaggio Arjes sviluppa trituratori industriali e soluzioni di screening per la lavorazione del legno di scarto, rifiuti verdi, biomassa, plastica, carta, rifiuti domestici e industriali, rottami metallici, pneumatici usati ed altri materiali. Tra i trituratori puntiamo l’attenzione sul VZ850D con un motore da 565 kW e dalle dimensioni compatte che permettono un’ottima mobilità in cantiere. Grazie al pannello di controllo centrale con multi-display i dati della macchina sono chiari e sempre ben visibili. Il nastro di scarico realizzato con una struttura zincata inossidabile arriva ad un’altezza di scarico fino a 4.800 mm. Dotando il trituratore dell’unità deferizzatrice con magnete (optional) si ottiene un’efficace separazione del ferro dagli altri residui. Il trituratore bialbero VZ 850 incorpora tecnologie innovative e decenni di esperienza nel settore del riciclaggio in un’unica potente macchina. Grazie alla trasmissione idraulica e a soluzioni uniche e specifiche, questo trituratore è l’ideale per una vasta gamma di applicazioni con cui Arjes stabilisce nuovi confini di economicità e triturabilità. Diverse possibilità di configurazione (versioni fisse, semi-mobili e mobili) completano l’ampia gamma di soluzioni.

SOC. COOPERATIVA BILANCIAI: PROFESSIONISTI PER LA PESATURA NEL RECUPERO E NEL RICICLO

PAD A2 - STAND 001

Il terminale di pesatura DIADE DD2050 è un modello innovativo che coniuga la potenza e la flessibilità di programmazione di un computer con le caratteristiche metrologiche di uno strumento di pesatura, consentendo inoltre all’utente di effettuare autonomamente le operazioni di pesatura senza la presenza di un operatore. Il sistema di pesatura è completamente omologato. Caratteristiche e vantaggi principali del terminale di pesatura DIADE DD2050 sono: • robustezza e adattabilità a qualsiasi ambiente; • immediatezza e semplicità di utilizzo con possibilità di inserimento “guida vocale”; • massima flessibilità di applicazione (è possibile il collegamento fino a 4 bilance); • programmabilità totale; • comunicazione di Rete; • gestione dati attraverso PC; • assenza di presidio con personale addetto durante le operazioni di accesso, identificazione e pesatura; • velocizzazione delle operazioni con conseguente miglioramento della logistica nell’area interessata; • facilità di acquisizione e gestione di informazioni e dati. Il software Ecodiade è stato progettato e realizzato con l’intento di agevolare il più possibile le diverse operazioni che riguardano le tre figure Amministratore, Operatore e Utente che interagiscono all’interno dei centri di raccolta. Altamente personalizzabile, risponde pienamente alle esigenze di ogni specifica gestione territoriale. L’interfaccia grafica accattivante e intuitiva a guida vocale e schermo tattile ne facilita l’uso, l’opzione per la gestione della raccolta punti premio aiuta a motivare ulteriormente l’utenza nel recupero dei materiali destinati al riciclo.

60


BROKK: SOLUZIONI PER LE DEMOLIZIONI AD ALTO LIVELLO

PAD C4 - STAND 037

Chi opera nel settore delle demolizioni, avrà sicuramente sentito parlare dei robot demolitori Brokk. L’azienda Svedese è stata la prima a inventare questo tipo di macchina nel 1976 da un’idea di due società attive nelle demolizioni: PE Holmgren e Rivteknik. Tutto nasce dalla necessità di una fonderia di piombo, la Boliden Rönnskärsverken, di demolire i mattoni refrattari dai forni, attività complessa e pericolosa. Spesso queste attività erano eseguite con utensili manuali o con mezzi grandi, ma con scarsa produttività e complessità. I due ideatori, ipotizzarono una macchina piccola nelle dimensioni (per accedere e lavorare internamente ai forni), alimentata elettricamente (per ottenere sempre la massima coppia del motore senza esalazioni di scarico), radiocomandata (ai tempi filo-comandata per una migliore sicurezza) e con un martello pesante e potente superiore agli escavatori tradizionali. Presto l’idea si concretizzò nel primo prototipo nel 1976 con ottimi risultati, tanto da convincere i due visionari a fondare un’azienda dedicata allo sviluppo e costruzione di queste macchine, la Holmhed Systems AB che successivamente cambiò nome in Brokk AB. Dal prototipo venne sviluppata una macchina primordiale nominata Mini-Max e successivamente PH250 che divenne, dal 1981 in poi, la mitica BM250, macchina di cui, ancora oggi a distanza di oltre trent’anni, esistono esemplari funzionanti e operativi in tutto il mondo. Oggi la Brokk AB è controllata dal gruppo Lifco, una multinazionale svedese quotata in borsa a Stoccolma. Brokk a sua volta controlla la tedesca Darda Gmbh, leader per gli utensili da frantumazione e taglio inclusi i famosi rock Splitter, e da poco anche la società Aquajet, anch’essa leader nei robot per idrodemolizione. Quindi il gruppo Brokk con i propri marchi copre a 360 gradi ogni aspetto meccanizzato nelle demolizioni controllate. La gamma Brokk oggi consiste in 8 modelli, ognuno di peso e categoria diversa, ogni macchina è pensata e sviluppata per sopportare il peso dell’utensile necessario e più pesante rispetto a quanto porta un escavatore tradizionale. Con una gamma così vasta e variegata per ogni attività, non c’è dubbio sulla dedizione che l’azienda ha per questo genere di macchinari, fanno una cosa sola e bene. Con oltre 6.000 macchine presenti nel mondo e una crescita annuale a due cifre sicuramente si posizionano come leader del settore dei robot da demolizione.

PAD D2 - STAND 046

EUROVIX: LA DEODORIZZAZIONE BIOTECNOLOGICA

Masse organiche sia liquide che solide gestite in condizioni non ottimali, impiantistiche a disposizione non sempre adeguate al processo da realizzare, presenza di contesti urbani critici: ecco servito il cocktail ideale per generare disagi diffusi e inevitabili contestazioni. Impianti di selezione, trattamento, smaltimento di rifiuti, impianti di depurazione di acque reflue (civili e/o industriali) sono tutte realtà potenzialmente a rischio di generare emissioni maleodoranti. Se da una parte la normativa ambientale langue sul tema odori (ma qualcosa sembra lentamente muoversi…), dall’altra la volontà del gestore di contenere in maniera significativa dette problematiche incontra nelle biotecnologie un formidabile alleato. Si tratta di formulati a principio attivo enzimatico-microbico, spiega Gabriele Gagliardi, Senior Expert di Eurovix S.p.A., in grado di metabolizzare un ampio spettro di sostanze maleodoranti, dando origine a sottoprodotti non più problematici dal punto di vista odorigeno. La vera rivoluzione biotecnologica consiste nell’intervenire in seno al processo di trattamento (all’interno delle masse solide o dei reflui liquidi da stabilizzare), indirizzando il processo verso condizioni ideali per una fermentazione controllata. Non si tratta di “coprire” il cattivo odore con una piacevole essenza (profumo per ambienti), ma di svolgere una vera e propria azione di degradazione (bioattivazione). Prevenire la formazione degli odori: tale è l’obiettivo primario delle specifiche biotecnologie Eurovix.

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

61


S PE CI A L E

ECOSTAR PRONTA A SVELARE LA NUOVA “HEXTRA”

PAD A3 - STAND 114

Ormai alle porte Ecomondo, la fiera di riferimento per l’intero settore della green economy, che anche quest’anno avrà tra i suoi protagonisti Ecostar, azienda vicentina specializzata nella separazione meccanica dei rifiuti e dei materiali di scarto. In questa edizione della kermesse, Ecostar sarà presente con uno stand a due piani per presentare al pubblico le principali novità per il 2018. Tra di esse, spicca la macchina vagliatrice Hextra, che per l’occasione sarà “vestita” della sua nuova ed accattivante livrea, disegnata con i colori classici del brand Ecostar e capace di mettere in risalto le caratteristiche qualitative e prestazionali del prodotto. La nuova Hextra sarà dotata della collaudata tecnologia Dynamic Disc Screen, il sistema brevettato da Ecostar che ha rivoluzionato il sistema di vagliatura a dischi e che tutt’ora rappresenta una tecnologia ineguagliata nella sua categoria per affidabilità, precisione e portata. Hextra porterà con sé anche innovazioni importanti come la tramoggia traslante “Smart Hopper” che permette di dosare il materiale di carico, escludere la terza frazione nella versione a 3 frazioni e di creare una formazione a loop con qualsiasi trituratore. Quattro le opzioni di vaglio, da 4.000 a 7.000, ma sempre mantenendo lo stesso telaio, che sarà identico sia nella versione cingolata che nella versione scarrabile, soluzione studiata dal dipartimento R&D di Ecostar per ottimizzare i processi produttivi e ridurre i tempi di consegna. Sono state introdotte, inoltre, numerose altre migliorie che riguardano i cingoli, i nastri trasportatori ed il software della macchina. Un pacchetto di soluzioni tecnologiche in grado di rendere Hextra ancora più performante e già oggetto del desiderio di clienti nazionali ed internazionali.

LA TECNOLOGIA DI FORREC NEL TRATTAMENTO DEI RAEE

PAD A3 - STAND 164

Forrec progetta, produce e installa macchinari e impianti completi conformi alla normativa europea in ambito di rispetto ambientale e dei processi di trattamento di materiali pericolosi. Da sempre Forrec progetta impianti per ottimizzare la valorizzazione dei materiali utilizzando una tecnologia di lavorazione in vari step, con macchinari veloci o lenti che si adattano perfettamente ai diversi materiali da trattare per evitare di disperderne il valore. Forrec fornisce anche sistemi per il trattamento delle singole componenti derivanti dal RAEE come i motori elettrici, cavi e schede elettroniche; a tale proposito l’azienda rivolge particolare attenzione al recupero dei materiali preziosi da schede elettroniche, trattando questi elementi in frazioni tali da acconsentire la massima valorizzazione alle fonderie che si occupano della raffinazione finale. Forrec realizza i propri progetti considerando l’importanza di materiali come la plastica, elemento fondamentale e di valore, operando sul trattamento limitando al massimo la dispersione durante la macinazione e fornendo sistemi per separare la plastica contaminata dai ritardanti di fiamma dalla plastica recuperabile. Il trattamento del rifiuto elettrico ed elettronico studiato e progettato da Forrec prevede sempre una ricerca di riduzione dei costi di processo che viene concretizzata grazie alla copertura di tutte le lavorazioni. Gli impianti che vengono proposti non sono mai “standardizzati”, ma sempre funzionali alle esigenze specifiche del cliente, personalizzati e “customised” per favorire un risparmio per l’acquirente, soluzioni su misura, senza adattare versioni di impianti già esistenti. La ricerca continua ci permette di migliorare sempre l’efficacia e l’affidabilità dei nostri impianti, studiamo e forniamo accessori che consentono l’automatizzazione del processo e l’eliminazione delle inefficienze dovute alla gestione manuale.

62


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

63


S PE CI A L E

INCOFIN: DAL 1981 LA FILTRAZIONE IN OGNI AMBITO

PAD C4 - STAND 001

Da tempo ormai Incofin ha aperto la sua competenza alla salute e sicurezza dei lavoratori, cercando nuove soluzioni che salvaguardino le persone impegnate in lavori come compostaggi, bonifiche, demolizioni, trattamento rifiuti e in tutti quegli ambienti dove l’ammontare di polveri dannose o tossiche, gas o vapori pericolosi rendono disagevole la permanenza sul mezzo di lavoro. A tale scopo Incofin, propone i sistemi di filtrazione e pressurizzazione BMAir: i benefici per le aziende che investono nella tecnologia BMAir sono molteplici, alcuni diretti altri indiretti. Immediato riscontro lo sia ha in merito all’indisponibilità per malattia dei lavoratori: attraverso i sistemi citati viene meno il contatto e l’inalazione di sostanze che, nel migliore dei casi, creano disturbi superficiali (tosse, lacrimazione, bruciore o prurito sulla pelle) pertanto la presenza della forza lavoro diventa più costante, grazie alla riduzione di sintomi patologici. I benefici indiretti saranno prevalentemente visibili e riscontrabili sui dipendenti: azioni sindacali ridotte ma soprattutto umore e contesto più sereno, grazie alla tangibile percezione di un ambiente di lavoro più sano e aria migliore. Inoltre, da non sottovalutare un aspetto più pratico per i datori di lavoro: anche il mezzo e i componenti interni alla cabina (molto onerosi) beneficeranno della presenza di BMAir, infatti l’aria inquinata da sostanze aggressive per l’essere umano è spesso dannosa anche per le parti meccaniche ed elettriche presenti sul mezzo. Avete mai visto gli effetti dei vapori di ammoniaca sugli scambiatori di calore del condizionatore (ad esempio su un mezzo che opera in un impianto di compostaggio)? Ebbene, nel corso del tempo questo componente viene danneggiato irreparabilmente causando il blocco del condizionatore e nuovamente riducendo sensibilmente il confort dell’operatore. Ogni guasto corrisponde a fermi macchina e il fermo macchina è un costo molto importante nell’economia delle aziende che operano con mezzi di lavoro. Incofin è un’azienda giovane e dinamica, sempre alla ricerca di soluzioni innovative e utili nel mondo del lavoro. La costante ricerca di nuovi prodotti o soluzioni sono nel dna dell’azienda di Origgio.

INTERGEN: NUOVO IMPIANTO DI COGENERAZIONE A GAS METANO PER MADEL

PAD B5/D5 - STAND 033

Intergen, azienda italiana che opera nel settore dell’energia da oltre 70 anni, specializzata nella progettazione e installazione di impianti di cogenerazione ad alto rendimento, ha attivato un nuovo impianto presso Madel Spa, leader nella produzione di prodotti per la pulizia della casa e la cura della persona. Madel, gruppo italiano fondato nel 1977, è proprietario di importanti brand commerciali come Winni’s, Deox e Pulirapid. Lo stabilimento dell’azienda si estende per 86.000 m2 e vanta 12 linee di produzione in grado di produrre fino a 300 pezzi al minuto. Il ciclo di lavorazione richiede grandi quantità di energia elettrica e termica, condizione ottimale per sfruttare tutte le potenzialità di un cogeneratore. L’efficientamento attraverso un’unità cogenerativa Intergen si inserisce nella “Filosofia Verde” di Madel che prevede il massimo impegno per la salvaguardia dell’ambiente. La generazione combinata di energia elettrica e termica consentirà, in base a stime preliminari, di ridurre di circa 1000 t/anno le emissioni di CO2. L’ottimizzazione delle risorse energetiche inoltre diminuirà i costi di produzione, rendendo l’azienda maggiormente competitiva. Intergen ha gestito tutte le fasi del processo, dallo studio di fattibilità alla progettazione, fino all’installazione e manutenzione dell’impianto. A seguito di un’attenta analisi dei consumi dell’azienda è stato installato un impianto equipaggiato di un motore endotermico MWM (Motoren Werke Mannheim) alimentato a gas metano, che eroga una potenza elettrica di 600 kWe (250 NOx). L’energia elettrica generata e l’energia termica recuperata dal motore saranno interamente assorbite dalle utenze di stabilimento di Madel e utilizzate nella fase di produzione e di riscaldamento dell’edificio. Il cogeneratore installato presso Madel rappresenta un eccellente esempio di impianto tailor made che, oltre a soddisfare il fabbisogno energetico impiegato nella creazione dei prodotti finiti, soddisfa i requisiti estetici dello stabilimento. La cofanatura da esterno dell’impianto, che garantisce il contenimento delle emissioni acustiche sotto i 55 dB(A) a 10 metri, è stata verniciata di colore rosso, per uniformare l’impianto agli altri edifici circostanti, minimizzando così l’impatto visivo. Intergen garantirà un servizio di Full Service per le operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria. In questo modo Madel ottimizzerà le performance dei motori, massimizzerà la generazione di energia e ridurrà i tempi di payback dell’investimento.

64


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

65


S PE CI A L E

TRENTA ANNI DI MOLINARI

PAD A3 - STAND 041

PAD D5 - STAND 003

Nel 2017 si celebrano i 30 anni di attività di Molinari, azienda bergamasca fondata da Luigino Molinari e Faustino Fratus come officina meccanica conto terzi. Pochi anni dopo l’apertura, l’attività primaria passava dalla lavorazione di pezzi meccanici alla produzione di macchinari industriali, grazie al brevetto ottenuto con la progettazione di quello che oggi viene comunemente chiamato il ‘Granulatore Molinari’. L’innovativo rotore cavo a lame sfalsate ottenne un grande successo nel settore della valorizzazione dei rifiuti e degli scarti di produzione, ed in particolare nella raffinazione del granulo di gomma proveniente dagli pneumatici fuori uso. Nel 2010 il testimone è passato all’attuale proprietario, Giovanni Gervasoni, proprietario anche di Meccanica Gervasoni, che appena salito alla guida dell’azienda, in totale controtendenza rispetto al generale stallo economico, ha premuto il pedale dell’acceleratore facendo importanti investimenti sia in termini di prodotti offerti, che di presenza commerciale. Uno dei punti di forza di Molinari è proprio quello di fare granulatori e trituratori molto robusti, rispetto agli standard presenti sul mercato. Una scelta forse azzardata, se pensiamo che la tendenza del momento è proprio quella di contenere i costi di produzione, ma che si è rivelata essere una carta vincente per farsi notare tra tanti produttori già referenziati. Negli ultimi sette anni sono stati progettati e presentati al pubblico la nuova gamma di trituratori della serie TP, il granulatore Helyos e il miscelatore Tynos. Durante la fiera Ecomondo di Rimini, quest’anno verranno esposti i due nuovi modelli della serie TPm. Si tratta di due trituratori dotati di spintore che vanno a completare la gamma dei monoalbero: il primo è il più piccolo della serie, con rotore di 1250 mm, il secondo è il più grande, con rotore da 3000 mm. Entrambi saranno disponibili con motorizzazione idraulica o elettrica.

GEOMEMBRANA SOTRAFA TIPO ALVATECH FIX

PAD C1 - STAND 003

La SOTRAFA S.A., azienda del Gruppo Armando Alvarez è la prima società di trasformazione del polietilene in Spagna e dal 2010 ha iniziato la produzione su larga scala della geomembrana ALVATECH FIX, una geomembrana in polietilene ad alta densità ad aderenza migliorata. Una geomembrana strutturata, su un lato o su entrambi, attraverso una fitta distribuzione omogenea di punte (57.000/m2 per ogni lato) con un’altezza di circa un millimetro, in grado di assicurare una perfetta aderenza all’interfaccia sia agli strati naturali che ad altri geosintetici. La geomembrana SOTRAFA è stata utilizzata per l’adeguamento tecnico del 1° lotto della discarica per rifiuti non pericolosi di Pontey, località Valloille (Aosta) della Valeco spa, su progetto dello studio Zimatec di Torino. Si tratta di un intervento effettuato dopo l’abrogazione del D.M. 03/08/05 e nel rispetto del D.M. Ambiente 27/09/10 che ha introdotto nuovi criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica che hanno stabilito dei vincoli per gli interventi di adeguamento della discarica in oggetto. Un adeguamento tecnico finalizzato alla riclassificazione della discarica che prevedeva il potenziamento del sistema barriera già autorizzato in precedenza e conseguentemente del grado di sicurezza della discarica; in dettaglio è stato previsto l’inserimento di una terza geomembrana sintetica omogenea in HDPE oltre ad altri accorgimenti, tra cui la realizzazione di un nuovo sistema di raccolta del percolato per consentire l’ampliamento della volumetria disponibile e di un canale di guardia a monte della discarica in grado di contenere possibili tracimazioni. Il progetto è stato redatto in conformità ai criteri di costruzione degli impianti di smaltimento per rifiuti pericolosi, (allegato 1 del D.Lgs. 13 gennaio 2003 n. 36, attuazione direttiva 1991/31/CE relativa alle discariche per rifiuti), nel completo rispetto dei termini di equivalenza di difesa delle matrici ambientali. Nel progetto citato sono stati posati oltre 100.000 metri quadri di questa geomembrana. ALVATECH serie FIX è l’unica geomembrana strutturata in HDPE di larghezza non inferiore a 7,5 metri attualmente in commercio, con evidenti vantaggi quali minori saldature e minore controllo delle stesse; si sottolinea che ALVATECH FIX è in grado di assicurare la perfetta corrispondenza alle prescrizioni europee CPR (EN 13492 ed EN 13493) e alla più recente UNI 11498, “Geosintetici con funzione barriera, Geosintetici Polimerici ad aderenza migliorata a base di polietilene a media e alta densità”, norma nazionale pubblicata il 18 luglio 2013 dall’organo di unificazione nazionale UNI.

66


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

67


S PE CI A L E

TOMRA SORTING RECYCLING LANCIA AUTOSORT LASER

PAD B1 - STAND 150

TOMRA Sorting Recycling presenta Autosort Laser una selezionatrice a sensori basata sulla tecnologia laser, che consente la separazione di vetro, pietre, metalli e plastica dai rifiuti urbani e industriali. Le sue funzionalità permettono di recuperare il materiale per frazionarlo ulteriormente, riducendo il peso totale dei rifiuti conferiti a discarica e i relativi costi. Non è tutto: Autosort Laser contribuisce anche a creare nuovi flussi di ricavi recuperando altri prodotti rivendibili. La tecnologia di selezione laser è basata sulla serie più venduta di TOMRA, la versatile Autosort a vicino infrarosso (nir), uno dei prodotti di maggior successo nel settore, con oltre 4.000 unità installate nel mondo. Autosort Laser di TOMRA offre una potente combinazione di sensori capaci di individuare simultaneamente diverse caratteristiche dei materiali in un solo punto, per selezionare frazioni in modo più efficiente. A differenza dei concorrenti, Autosort Laser eccelle nella separazione di vetro sottile, spesso o opaco dagli RSU. Autosort Laser ha un sistema di fondo indipendente che assicura stabilità di selezione e rende possibile separare il vetro sottile, spesso o opaco dai polimeri trasparenti che vengono utilizzati sempre di più in oggetti come siringhe, accendini, biberon e contenitori cosmetici. Autosort dispone, di serie, delle tecnologie brevettate flying beam e fourline per una velocità elevata e una grande precisione. Grazie a una semplice interfaccia utente, gli operatori possono facilmente selezionare da una varietà di programmi di classificazione sullo schermo touch, mentre la funzionalità di calibrazione continua consente di monitorare e ottimizzare i risultati dei processi in tempo reale. Inoltre, Autosort Laser può essere facilmente integrata negli impianti grazie al suo design compatto e ingombro ridotto. La nuova selezionatrice di TOMRA ha una progettazione meccanica esclusiva, che rispetta i più elevati standard di sicurezza e semplifica la manutenzione.

VTN EUROPE A ECOMONDO CON LE NUOVE PINZE E LA CESOIA “REVOLUTION” VTN Europe consolida la sua posizione di riferimento nel settore demolizione e riciclaggio e si presenta a Rimini con due grandi novità: l’ampliamento della gamma delle pinze per demolizione primaria (la serie HP) e un nuovo gioiello, la serie di cesoie CI-R. Alla vigilia del 45° anniversario dalla fondazione, che vedrà l’azienda fondata da Nerio Vaccaro e la moglie Doris Lunardi attuale presidente e ora guidata dai figli Antonio, Matteo ed Elisa celebrare nel migliore dei modi, Ecomondo è quindi l’occasione per introdurre sul mercato ben 12 nuovi modelli. Sono 7 i nuovi modelli per le pinze demolitrici della serie HP che verranno presentati a Rimini, con l’introduzione della HP01, la più compatta della serie, e dei modelli HP12, HP16 e HP21 in affiancamento ai già presenti HP02, HP04 e HP07 dotati di Power Booster. Il nuovo movimento a cilindro singolo, unitamente al nuovo design, consentono una curva di potenza ottimale e un incremento delle forze emesse. L’affidabilità è sempre stata una delle key-word fondanti dell’azienda e questa scelta va di pari passo con la ricerca di performance ottimali. La ralla di grande diametro, da sempre caratteristica degli accessori di VTN EUROPE, consente un’elevata resistenza ai carichi, unitamente alle nuove chele a corpo unico che, grazie alla riduzione delle superfici saldate, conferiscono solidità e mantenimento delle caratteristiche della materia prima, Hardox e HITUF. Massima affidabilità, quindi, anche in situazioni di stress continuo e prolungato. Ecomondo sarà anche l’occasione per dare il via ad una piccola rivoluzione nella gamma delle cesoie dell’azienda vicentina, con la presentazione della nuova gamma CI-R, dove la R sta proprio per Revolution. 4 modelli già in produzione (CI3200R, CI4000R, CI5000R e CI6500R), e altri 4 in arrivo (CI8000R fino alla CI20000R pensati per escavatori superiori a 100 ton), ripensati nell’architettura e nell’utilizzo di acciai speciali, i nuovi telai sono in grado di assorbire tutte le combinazioni di carico. Un altro punto di forza è il cilindro montato in posizione rovesciata, ben protetto dagli urti e dai danneggiamenti mentre il puntale di penetrazione prevede uno speciale sistema di fissaggio che ne aumenta la resistenza.

68

PAD C3 - STAND 059


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

69


ALTE, DELICATE E COMPLESSE TRE AGGETTIVI CHE CALZANO A PENNELLO PER RACCONTARE LA DECOSTRUZIONE DI DUE TORCE DI UN IMPORTANTE SITO INDUSTRIALE ESEGUITA DALL’IMPRESA MONTALBETTI SPA di Antonio Lombardo

A

lte… molto alte, non ci sono tanti altri modi per definire strutture da demolire che superano abbondantemente i 100 m di sviluppo verticale, ma in realtà per la demolizione delle due torce all’interno di un sito industriale del Nord Italia, di proprietà di un’importante compagnia petrolifera internazionale, si potrebbero usare altri due aggettivi: delicate e complesse. Delicate perché una delle due torce era una struttura di 120 m a traliccio non autoportante ma tirantata su 3 livelli, complesse perché la demolizione, o meglio decostruzione, ha previsto operazioni di taglio e imbragaggio a quote elevate in prossimità di un parco serbatoi attivo. Viste le premesse dell’intervento, sicuramente non comuni, è evidente che i lavori potevano essere svolti solamente da un’impresa più che specializzata in demolizioni di impianti industriali chimici e petrolchimici come la Montalbetti SpA. “In Montabetti siamo abituati ad operare su grosse strutture ed impianti complessi - spiega Marco Romanelli direttore tecnico dell’impresa e responsabile del cantiere - le demolizioni di torce e fiaccole non sono una novità per la nostra impresa; quando ho fatto il sopralluogo per l’acquisizione della commessa ne avevamo appena conclusa una a Porto Marghera con un’altezza di circa 96 m, questo, però, non significava che il lavoro fosse da sottovalutare, anzi, l’intervento andava affrontato con serietà e professionalità. Forti del bagaglio di esperienze che abbiamo maturato in decenni di lavori

70


WOR K

IN

PR O GRE SS

coltà maggiori dovute all’altezza erano indubbiamente le due torce, la prima realizzata da struttura centrale metallica tralicciata a base triangolare di altezza pari a 120 m alla quale erano collegate 3 canne esterne con diametri e spessori differenti. L’intera struttura risultava tirantata su 3 livelli con cavi di diametro 32 mm collegati al traliccio centrale e fissati su basamenti in cemento armato. La seconda torcia era una struttura metallica di altezza pari a 60 m costituita da una canna centrale di diametro 600 mm e spessore 20 mm tirantata su 2 livelli. L’area oggetto della dismissione si trovava in prossimità di un canale che limitava di molto gli spazi operativi e a poche decine di metri da un parco serbatoi per lo stoccaggio di carburanti in servizio attivo.

UN LAVORO NON PER TUTTI

e grazie a un approccio rigoroso e ingegneristico siamo riusciti a trovare una soluzione tecnica per la demolizione delle due torce che coniugasse sicurezza, velocità di intervento e ottimizzazione dei costi”. La soluzione di Montalbetti SpA ha convinto il cliente che ha proceduto alla stipula dell’ordine e all’immediato avvio delle operazioni. Il team di lavoro creato ad hoc per l’intervento era composto da un RTI tra l’impresa varesina e CFM Company Futura Marghera Srl (impresa incari-

cata delle attività di bonifica delle coibentazioni delle linee, dei monitoraggi ambientali e della gestione dei rifiuti) e da Vernazza Autogru Srl (impresa specializzata nella fornitura di mezzi di sollevamento).

GLI IMPIANTI DA DEMOLIRE

Oggetto dell’intervento erano due torce, una da 120 m e una 60 m, e gli impianti sottostanti costituenti il “sistema blow-down”, comprese le linee di servizio e le strutture di sostegno. Gli impianti che presentavano le diffi-

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

“Per impianti e strutture snelle e di notevole altezza realizzati in ferro spiega Romanelli - sostanzialmente ci sono due tecniche di demolizione, quella per crollo controllato eseguendo un indebolimento alla base delle strutture e poi provocandone il crollo mediante trazione o spinta con escavatori di potenza opportuna oppure mediante smontaggio. In questo caso la prima tecnica è stata da subito scartata perché attorno alle torce non c’erano corridoi di caduta adatti e per evitare qualsiasi tipologia di danno sui vicini serbatoi e linee attive a causa delle vibrazioni dovute all’impatto a terra delle strutture. Abbiamo scelto di procedere dunque mediante smontaggio o meglio con una decostruzione, un termine che noi demolitori preferiamo”. La decostruzione è una tecnica di demolizione che ripercorre in senso inverso il processo costruttivo di un impianto o di una struttura e consiste nello smontaggio, per mezzo di taglio a caldo ossipropanico, in elementi calati a terra utilizzando un mezzo di sollevamento. Ciascun elemento calato a terra viene poi ridotto in pezzatura idonea al trasporto utilizzando escavatori con cesoia e taglio a caldo ossipropanico.

71


WOR K

I N

P R O G RES S

“L’ottimizzazione del processo consisteva nel ridurre al minimo il numero elementi da rimuovere in quota e per fare questo occorreva avere un mezzo in grado di sostenere pesi oltre le 13 ton a 120 m di altezza, e una procedura di demolizione che ottimizzasse i sollevamenti e i piazzamenti garantendo sempre la sicurezza in tutte le fasi di lavoro. Per questo motivo per lo sviluppo del progetto ingegneristico ci siamo affidati alla DEAM Ingegneria, specialisti del settore, e per i mezzi di sollevamento alla Vernazza Autogru Srl, una delle poche realtà italiane ad avere mezzi di sollevamento in grado eseguire questo tipo di intervento”.

UN PARCO MEZZI DI TUTTO RISPETTO

Per i sollevamenti di entrambe le torce è stata allestita in cantiere una gru Terex Demag AC800 con capacità nomi-

Marco Romanelli, Direttore tecnico di Montalbetti e responsabile del cantiere

LE IMPRESE

Montalbetti SpA - demolizioni CFM Company Futura Marghera Srl – scoibentazioni, monitoraggi ambientali e gestione rifiuti Vernazza Autogru Srl – sollevamenti

LE PERSONE

Marco Romanelli – Montalbetti SpA - direttore tecnico dell’impresa e responsabile cantiere Nalio Mauro – Montalbetti SpA - capo cantiere Lai Graziano – Montalbetti SpA - responsabile operativo squadre di taglio Massimo Viarenghi – DEAM Ingegneria Srl progettista decostruzione Zunino Giulio – Vernazza Autogru Srl - responsabile sollevamenti Nicola Nicolini – libero professionista - direttore lavori, CSP e CSE

72

nale di 800 ton con braccio principale telescopico da 46 m e jib variabile da 90 m. La gru, posizionata su apposite piastre stabilizzanti, si trovava ad una distanza di 40 m dalla torcia da 120 m e a 64 m da quella da 60 m; con questa configurazione il mezzo garantiva una capacità di sollevamento rispettivamente di 13 ton e di 10 ton per lo sbraccio maggiore. Gli operatori venivano portati in quota da una autogru Terex Demag AC 250 dotata di cesta omologata. Le operazioni a terra erano garantite dalle macchine Montalbetti SpA: un escavatore PMI 930 Demolition allestito con martello INDECO HP 5000, un frantumatore NPK G-21 R per la demolizione e frantumazione dei basamenti e con cesoia LaBounty MSD 1500 R per il taglio del ferro, un caricatore gommato Euromec EH 290-9 DT LS e un sollevatore telescopico Manitou MT 1637 SL.

LA SQUADRA

Un’impresa è fatta prima di tutto di persone e le attrezzature, per quanto tecnicamente all’avanguardia, richiedono operatori esperti e qualificati. Tagliare, imbragare e movimentare strutture a 120 m di altezza sospesi nel vuoto non è di certo un gioco da ragazzi, in Mon-

talbetti SpA questo lo sanno bene ed è proprio per questo motivo che l’impresa investe costantemente in formazione e sicurezza del personale.

RAPIDI E VELOCI

Le 2 torce sono state rimosse subito dopo la metà di agosto in soli 3,5 giorni di lavoro durante i quali sono stati eseguiti 26 sollevamenti. Complessivamente l’intervento, includendo le demolizioni a terra, i basamenti in c.a. e le scoibentazioni è stato concluso in 25 gg con la piena soddisfazione del cliente e di tutti gli organi di controllo. Sui tempi di intervento Marco Romanelli ha tenuto precisare che “per essere rapidi e veloci in un lavoro come questo bisogna essere prima di tutto organizzati, pianificare il lavoro nei minimi dettagli e non improvvisare mai nulla. Voglio ricordare che le demolizioni sono lavori difficili e pericolosi e un errore, anche banale, avrebbe potuto comportare gravi conseguenze non solo per i tempi ma soprattutto per la sicurezza. Questo fa la differenza tra un lavoro ben riuscito e un lavoro dove si ha avuto fortuna, in Montalbetti non crediamo nella fortuna ma nelle nostre capacità ed esperienze ed in questo lavoro pensiamo di averlo dimostrato”.


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

73


WOR K

I N

P R O G RES S

DALLA FORSU AL BIOMETANO: IL PASSO È BREVE L’IMPIANTO DI TRATTAMENTO RIFIUTI DI BIOENERGIA TRENTINO PERMETTERÀ DI CEDERE BIOMETANO AL SERVIZIO DI TRASPORTO PUBBLICO di Laura Veneri

N

on è un impianto nuovo ma è talmente performante che ora è in atto un ampliamento per un nuovo progetto industriale per la purificazione del biogas che, grazie ad opportuni trattamenti, diverrà biometano e sarà immesso nella rete Snam. Il Trentino Alto Adige è una delle regioni italiane in cui la percentuale della raccolta differenziata raggiunge cifre molto alte. Gli ultimi dati nella provincia di Trento (fonte Rapporto Rifiuti Ispra 2016) riportano percentuali del 72%. Proprio grazie a questo risultato, ormai omogeneo per tutto il territorio, si è potuta avviare un’esperienza industriale come quella di BioEnergia Trentino. Nel biodigestore di Cadino oggi vengono trattati i 2/3 dell’umido trentino, quasi 34.000 tonnellate all’anno dai quali si ottengono circa 8.500.000 kWh elettrici.

74

L’obiettivo è però di riuscire a trattare il 100% del rifiuto umido trentino (in sinergia con l’impianto provinciale di Rovereto) e di supportare l’accordo sui rifiuti stipulato dalla Provincia di Trento e da quella di Bolzano motivo per cui è stato previsto l’ampliamento dello stabilimento. Attraverso questo incremento delle quantità trattate e la chiusura della filiera dell’umido trentino, BioEnergia riesce a produrre energia elettrica rinnovabile e compost di qualità e, grazie alla collaborazione avviata con Snam e Trentino Trasporti (partner del progetto), ha avviato anche una innovativa filiera industriale: la produzione del biometano per autotrazione in favore della flotta degli autobus cittadini che, a progetto ultimato, passeranno da 42 (già alimentati a metano) a 64 (alimentati a biometano). Il biogas generato dalla fermentazione sarà purifica-

to e, in accordo con Snam, inserito nella rete di trasporto del metano che passa a 100 metri dall’impianto di Cadino in direzione nord. Il metanodotto Snam con pressione a 70 bar consentirà di gestire tutta la produzione attuale e futura portando il metano biologico fino all’autorimessa di Trentino Trasporti di Gardolo a soli 10 km dall’impianto di produzione. A Trentino Trasporti sarà fornito da BioEnergia (con il metanodotto Snam) il 100% del fabbisogno per l’alimentazione della flotta degli autobus cittadini. Le aziende prevedono di completare l’intero progetto per alimentare la mobilità alternativa entro il 2018.

L’IMPIANTO BIOENERGIA

L’impianto di Cadino riceve frazione organica dei rifiuti solidi urbani e sfalci di potatura e produce biogas e compost di


qualità per l’utilizzo in agricoltura. È un impianto combinato in cui i rifiuti subiscono un primo processo di trattamento anaerobico e successivamente vengono “trasformati” in compost di qualità per l’utilizzo in agricoltura. La prima parte dell’impianto prevede la ricezione dei rifiuti che vengono introdotti nell’impianto dopo essere stati opportunamente pesati. I rifiuti successivamente sono stoccati in fosse, ognuna adibita ad una particolare tipologia di rifiuti. Per accedere all’impianto sono previsti rigorosi passaggi che garantiscono che l’intero impianto sia mantenuto in depressurizzazione. Tale sistema è fondamentale perché consente la netta separazione tra l’ambiente interno e l’ambiente esterno evitando così la liberazione di emissioni odorigene. I rifiuti stoccati nelle fosse sono prelevati in modo automatico da una benna a polipo governata da un carroponte. Il rifiuto prelevato viene trattato in un trituratore Doppstadt DW 3060 a rotazione lenta che a sua volta trasferisce il rifiuto ad un vaglio stellare che effettua una prima vagliatura intorno ai 60 - 70 mm. Questa prima vagliatura grossolana consente che il rifiuto venga ripulito dai pezzi di plastica che sono presenti dal conferimento. La miscela di prelievo dei rifiuti dalla fossa viene creata in base alle specifiche dettate dalle analisi dei successivi processi di degradazione ad opera dei batteri anaerobici. Terminata la fase di pretrattamento, il materiale viene convogliato attraverso nastri trasportatori a tenuta stagna a due digestori. Nei digestori avviene un processo biologico definito “a secco” di decomposizione microbica in assenza di ossigeno e viene prodotto un gas con livelli del 58 - 60% di metano. La massa che deve essere “digerita” ha un contenuto di umidità attorno al 75%. Il materiale all’interno del digestore è continuamente movimentato per far sì che il biogas risalga. Conclusa la digestione il materiale viene estratto dal digestore attraverso una pompa a pistoni e inviato ad un miscelatore. Una parte del digestato sarà nuovamente riprocessata nel digestore in modo da inoculare la carica batterica che permetterà la perpetuazione del ciclo. L’altra parte, invece, sarà lavorata per

ottenere compost da poter utilizzare in agricoltura. Il digestato proveniente dal digestore viene caricato nei miscelatori Doppstadt DM215 a cui vengono aggiunti gli scarti vegetali e gli scarti di vagliatura per poter creare un materiale ben strutturato e poter essere trattato aerobicamente. Il prodotto opportunamente miscelato viene inserito in biocelle chiuse dotate di pavimento aerato da cui viene insufflata aria. La tecnologia utilizzata è un marchio registrato Il Girasole. Il rifiuto rimane nelle biocelle per dieci giorni, terminati i quali viene prelevato e inviato ad un vaglio stellare. Il vaglio produce due frazioni: il sopravaglio e il sottovaglio. Il sottovaglio viene inviato tramite pala meccanica all’area di maturazione in cui giacerà per altre due settimane circa, al termine delle quali sarà ancora vagliato e raffinato per ottenere un prodotto finale inferiore ai 10 mm. Il prodotto finale è

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

un ammendante compostato misto molto richiesto in agricoltura che viene costantemente controllato tramite analisi chimiche. Il biogas prodotto dal digestore viene captato in tubazioni e inviato ad una unità di raffreddamento e filtrato per eliminare le impurità. Il gas pulito è convogliato in un motore a combustione di biogas connesso in testa a un generatore di corrente elettrica per la produzione di energia che viene poi immessa in rete. Tutti i processi sono monitorati in continuo da un sistema computerizzato. L’impianto è dotato di un complesso sistema di depurazione delle arie esauste che non permettono dispersione di odori. L’aria interna all’impianto, grazie all’azione di due potenti ventilatori, è aspirata e convogliata a due scrubbers (torri di lavaggio) e poi introdotta dal basso all’interno del biofiltro che consente un abbattimento totale degli odori.

75


WOR K

I N

P R O G RES S

MICHELE ZORZI, RESPONSABILE IMPIANTO

Per conoscere meglio la tecnologia dell’impianto che ha permesso di realizzare il progetto dell’utilizzo del biometano per autotrazione abbiamo interpellato l’ing. Michele Zorzi, responsabile dell’impianto, che ha risposto ad alcune nostre domande sul processo e sul nuovo progetto industriale.

Ing. Zorzi, ci può raccontare quando nasce l’impianto e di che tecnologie è fornito?

L’impianto nasce circa 5 anni fa. Il 22 novembre 2012 è stato effettuato il primo conferimento. Attualmente è autorizzato al ritiro e trattamento di 33.000 t di forsu e 11.000 t di verde e ramaglie. L’impianto serve il bacino della provincia di Trento e attualmente copre circa il 70% del fabbisogno provinciale. L’impianto si compone di una prima sezione di digestione anaerobica con tecnologia a secco (HZI Kompogas), nella quale il rifiuto viene degradato in assenza di ossigeno. I microorganismi responsabili della degradazione producono contemporaneamente un gas, definito biogas, ricco al 60% in metano, che viene captato e avviato a un motore di cogenerazione dalla cui combustione viene prodotta energia elettrica (immessa in rete con incentivo) ed energia termica (riutilizzata in impianto). Dopo 21 giorni di fermentazione anaerobica il materiale digerito, definito digestato, viene avviato alla sezione di stabilizzazione aerobica. Il digestato viene mescolato con il verde, preventivamente triturato, e messo in cumulo, costantemente insufflato di aria per favorire la degradazione aerobica della sostanza organica ancora contenuta nel materiale. Al termine di questa sezione, circa 24 giorni, il materiale viene vagliato, con un vaglio a maglia fine (10 mm): il sottovaglio è compost, per la precisione ammendante compostato misto, utilizzato direttamente in agricoltura (10.000 t/anno) su frutteto e vigneto, il sopravaglio è legno non degradato che viene ricircolato e riprocessato.

State attualmente lavorando a un ampliamento dello stabilimento. Da cosa deriva questa esigenza?

L’ampliamento dell’impianto è in fase di realizzazione sia per l’iter autorizzativo che per la parte costruttiva. Il tutto nasce da una esigenza ben precisa: la forsu italiana è molto performante dal punto di vista della produzione energetica, più di quanto previsto progettualmente, pertanto abbiamo una produzione di biogas al di sopra delle attese e al di sopra della taglia del motore di cogenerazione installato (1 MW/h). Da qui l’esigenza di trovare uno sbocco per l’impiego del biogas in esubero. Non potendo intervenire sulla parte energetica potenziando il motore o installandone un altro, per questioni legate all’incentivo, abbiamo pensato di installare un impianto di purificazione del biogas per la produzione di biometano. Complice il buon andamento dell’impianto nel suo complesso abbiamo chiesto un aumento di potenzialità, così da poter saturare da un lato la richiesta del bacino provinciale, e aumentare la sovrapproduzione attuale di biogas così da poter installare un impianto di purificazione di taglia intermedia. Non saranno richieste e previste modifiche sostanziali all’impianto che era di fatto già leggermente sovradimensionato.

Il nuovo progetto industriale è molto innovativo e interpella vari partner che si occupano di business differenti. Ce ne può parlare?

Il nuovo progetto prevede l’installazione di una sezione di purificazione del biogas, per allontanare le impurità contenute (CO2) e portare il contenuto di metano al di sopra del 97%. Il biometano così prodotto, verrà poi ceduto alla rete di distribuzione SNAM che passa poco distante, per essere poi acquistato dal gruppo Trentino Trasporti, gestore del trasporto pubblico della città di Trento, per rifornire gli autobus a metano della città. Così facendo, oltre a produrre un combustibile biologico, l’utente, che quotidianamente produce gli scarti di cucina, potrà virtualmente muoversi nella città di Trento con mezzi alimentati indirettamente dal rifiuto da lui generato. Così chiudiamo il cerchio.

Lo scorso anno avete ricevuto il premio Bandiera Verde. Quali sono state le motivazioni di questo riconoscimento?

Il premio di Legambiente è arrivato dopo che il circolo provinciale ha segnalato il nostro nominativo al comitato nazionale, il quale lo ha scelto tra tanti altri candidati nazionali. La motivazione che è stata fornita sottolinea la capacità della nostra società che, citando le parole riportate, “ha dimostrato che anche impianti potenzialmente problematici come questo, se realizzati con tecnologie adeguate e gestiti con attenzione, riescono a contenere e mitigare il problema degli odori. Inoltre sono state apprezzate la disponibilità e la professionalità dimostrate nel ruolo di punto di formazione e divulgazione per quanto attiene alla corretta gestione del ciclo dell’organico”.

76


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

77


78


WOR K

IN

PR O GRE SS

DEMOLIZIONE DELL’EX CASERMA DI MONTELUNGO VITALI SPA HA PORTATO A TERMINE LA DEMOLIZIONE IN TEMPI BREVISSIMI PER PERMETTERE L’INIZIO DELL’OPERA DI RIQUALIFICAZIONE di Laura Veneri

S

ono trascorsi più di 25 anni dal momento in cui la caserma di Montelungo, situata nel cuore di Bergamo, è stata abbandonata e col passare degli anni è andata lentamente e inevitabilmente deteriorandosi. Questo è purtroppo il percorso che molte caserme, spesso di interesse storico come questa, intraprendono nelle nostre città. Luoghi che sono stati ricchi di storia e di storie e ai quali si riesce finalmente a ridare una nuova prospettiva di vita e speranza per tornare ad essere il centro di nuove storie grazie ad un’opera di riqualificazione. La Cassa Depositi e Prestiti ha asse-

gnato all’azienda di demolizione Vitali Spa il compito di demolire una parte degli edifici. Vitali è un’impresa di costruzioni che opera da tre generazioni e dal 1989 opera anche come general contractor. Ad oggi conta quattro divisioni tra cui quella dedicata alle Demolizioni Speciali conosciuta a livello nazionale ed internazionale grazie agli importanti cantieri effettuati nel corso degli ultimi anni. Nell’ex caserma di Montelungo (BG), Vitali ha eseguito le opere di demolizione relative a cinque edifici, quelli di minor pregio architettonico, dei venti che compongono il complesso. I cin-

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

que edifici demoliti avevano un’altezza massima di circa 15 metri per cui non è stato necessario intervenire con escavatori a braccio lungo, di cui l’azienda dispone. Per i restanti edifici che costituiscono il complesso delle ex caserme Montelungo e Colleoni inizieranno subito, dopo questa prima fase, i lavori di restauro conservativo. La Vitali, forte della sua esperienza, ha portato a termine in sicurezza una demolizione che all’apparenza non sembrava estremamente complessa ma che in realtà ha richiesto estrema precisione in quanto le palazzine da demolire erano collegate a quelle da mantene-

79


WOR K

I N

P R O G RES S

re e gli edifici erano contigui a trafficate strade cittadine. Per non disturbare la popolazione residente nelle vicinanze, sono state attuate misure per la minima dispersione delle polveri. È stato infatti utilizzato un impianto di abbattimento polveri costituito da autobotte munita di cannone nebulizzatore che ha permesso di contenere le polveri nell’area del cantiere e di farle cadere rapidamente a terra. Inoltre è stato utilizzato uno schermo di protezione a bordo strada sostenuto da un’autogru per evitare che macerie e polveri potessero cadere lungo le carreggiate. Per la demolizione degli edifici sono state utilizzate macchine da demolizio-

ne da 500, 300 e 200 qli attrezzati con frantumatore idraulico e pinza idraulica. Nell’ottica di un corretto riutilizzo dei rifiuti del cantiere, Vitali ha attuato tecniche di demolizione selettiva che consentono la differenziazione dei rifiuti all’origine. Gli edifici sono stati “aggrediti” da attrezzature che hanno inizialmente smembrato le strutture e successivamente a terra frantumato le macerie per ottenere pezzature di materiale appropriate al trasporto. Attraverso la selezione delle macerie e l’eliminazione dei rifiuti non recuperabili, eseguite in loco grazie all’impiego di moderni ed efficienti sistemi di cernita, i rifiuti sono stati avviati all’impianto di

riciclaggio. Nello specifico, le macerie derivanti dal cantiere sono state trasportate mediante autocarri alla cava di proprietà dell’azienda a Caponago, in provincia di Milano. Nel centro di riciclaggio, le macerie sono trattate in impianti che trasformano il materiale derivante dalle demolizioni in materiale idoneo per sottofondi o riempimenti o in materia prima secondaria. La demolizione è stata accuratamente progettata e realizzata nel rispetto delle più severe norme di sicurezza. Grazie all’efficienza messa in campo dall’azienda, le attività di demolizione per l’ex caserma di Montelungo sono durate poco più di un mese.

IL PROGETTO MONTELUNGO COLLEONI Barozzi/Veiga è risultato vincitore del Concorso internazionale per la riqualificazione e riconversione funzionale delle ex caserme Montelungo e Colleoni nel 2015. Ha conseguentemente redatto la proposta progettuale assunta dall’Accordo di Programma tra Comune di Bergamo, Università degli Studi di Bergamo e CDP Investimenti SGR sottoscritto nel 2016, ed è attualmente incaricata da CDP dello sviluppo del comparto privato delle ex caserme. L’ex compendio militare, il cui assetto ha subito numerose trasformazioni nel corso dei secoli, dopo lo scioglimento dell’ultimo presidio militare nel 1998, risultava in disuso. Il progetto affronta da un lato il riuso delle ex caserme per le funzioni assegnatele, dall’altro la valorizzazione del nesso tra il compendio architettonico storico e la città. L’impianto ad anello delle caserme Montelungo e Colleoni, che si è costituito per successive addizioni di parti nelle diverse fasi di costruzione, è l’elemento identitario principale della forma urbana di quest’area. È anche l’elemento che conferisce all’esistente la sua specificità ed unicità all’interno della città: la singolarità Credits: studio Barozzi-Veiga di un grande spazio urbano recintato. Il progetto conserva la peculiarità di questo impianto urbano e lo trasforma in un nuovo spazio pubblico attraverso l’accentuazione del suo carattere di recinto e contemporaneamente modifica e trasforma il limite costruito, con l’obiettivo di renderlo permeabile e adattarlo alle nuove funzioni pubbliche e private che ospiterà quest’area. L’intervento, tramite una chiara disposizione planimetrica, genera connessioni dirette con i parchi Suardi e Marenzi, rispettivamente a nord e a sud dell’area di progetto. Il progetto si appella alla memoria dell’evoluzione del fabbricato definendo la nuova architettura come elemento dialettico ma garante di continuità con la preesistenza. In quest’ottica, dopo un’attenta valutazione di ogni corpo di fabbrica, presa visione dei documenti relativi ai vincoli di tutela, e valutata la compatibilità della scelta progettuale con Soprintendenza si è proceduto ad una demolizione di alcuni corpi di fabbrica tra quelli esistenti. L’intervento negli edifici esistenti rimasti prevede un’attenzione conservativa che media quelle scelte progettuali maggiormente ristrutturative, tramite nuove modifiche organiche che si integrano per scelte materiche, per linguaggio e tipologie architettoniche, per rapporti tra pieni e vuoti, con gli elementi storici. Gli edifici nuovi che verranno inseriti, dal canto loro, si inseriranno in modo armonioso con il contesto storico, con un’altezza armonizzata alle altezze esistenti e un trattamento coerente della facciata. Grazie agli usi previsti il progetto genererà la creazione di un nuovo polo sociale per la città, una piccola città dei servizi, dove lavoro, commercio, sport e tempo libero conviveranno in uno spazio privilegiato a disposizione della comunità.

80


Dalle divise in perfetto ordine e dalla disciplina di un tempo passeremo a spazi, altrettanto rigorosi, come quelli dell’Università che diventerà protagonista principale dei nuovi luoghi una volta terminato il progetto di riqualificazione dell’intero complesso. Come detto, la Montelungo riprenderà vita ospitando uno studentato dal respiro europeo, oltre a strutture sportive, spazi pubblici, residenze e aree commerciali. Per il taglio del nastro sarà necessario avere pazienza fino al 2020, anno entro il quale è previsto il termine dei lavori di riqualificazione. L’Uni-

versità di Bergamo investirà 25 milioni per trasformare in realtà il progetto di riconversione, scelto a dicembre 2015 dalla giuria dello speciale concorso di architettura indetto; cassa depositi e prestiti, proprietaria della adiacente ex Colleoni, destinerà l’area a funzioni prevalentemente di tipo residenziale e commerciale, con negozi e appartamenti. Il progetto prevede, oltre al nuovo Campus universitario, oltre 300 residenze studentesche, alloggi per i docenti e spazi di aggregazione (oltre ad un centro universitario sportivo totalmente interrato, al centro dell’attuale

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

cortile, sviluppato su circa 3.500 metri quadrati). Verrà realizzato un sottopasso ciclopedonale che collegherà il campus ai vicini parco Suardi, da una parte, e parco Marenzi dall’altra. Finalmente i ciclisti, e non solo loro, avranno un percorso continuativo senza particolari interferenze viarie. L’obiettivo è quello di generare connessioni dirette con le aree circostanti, creando in sostanza un continuous unitario di piazze, percorsi e corridoi fruibili dai cittadini in modo da valorizzare i rapporti tra verde privato, spazi destinati a servizi culturali e parco pubblico.

81


WOR K

I N

P R O G RES S

BONIFICA DEI SUOLI DELLE AREE EX FALCK DI SESTO SAN GIOVANNI IL PRIMO STRALCIO DELLA RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA CHE PORTERÀ ALLA REALIZZAZIONE DELLA CITTÀ DELLA SALUTE E DELLA RICERCA di Michele Gorgati*

L

a contaminazione dei terreni presso le aree ex Falck è rappresentata prevalentemente da metalli pesanti (si riscontrano principalmente zinco, piombo, cadmio, rame, cromo totale), idrocarburi pesanti (C>12) e idrocarburi policiclici aromatici. Si ritrovano in subordine anche altri contaminanti quali ulteriori metalli, solventi clorurati, PCB, BTEX. I contaminanti sono concentrati prevalentemente entro i primi 2-3 metri da piano campagna, anche se in alcuni casi la contaminazione viene rilevata in profondità. Le zone con concentrazioni più profonde (si riscontrano superamenti anche ad oltre 20 metri da piano campagna) sono ubicate prevalentemente nei comparti Unione, Concordia ed ex cava Melzi. Per i primi due comparti appena citati tale circostanza è determinata dalla presenza, in alcune zone, dI fondazioni o strutture interrate che raggiungono anche i 15 metri di profondità da piano campagna. Presso la ex cava Melzi, invece, le contaminazioni profonde sono determinate dalla natura stessa dell’area (si tratta di una ex cava per inerti, presso la quale permane ancora una profonda depressione).

IL COMPARTO UNIONE E LA CITTÀ DELLA SALUTE

Il primo intervento pianificato per la riqualificazione del sito ex Falck comparto Unione è la realizzazione della città della salute e della ricerca (CDSR), che sarà un grande polo di ricerca clinica pubblico, realizzerà importanti sinergie con la rete ospedaliera esistente nel quadrante nord-est dell’area milanese e coniugherà un insieme di servizi integrati che porranno al centro la persona e la capacità di favorire innovazione nella ricerca clinica avanzata. L’integrazione tra i due istituti (istituto

82

Besta e CDSR) consentirà, infatti, di implementare sperimentazioni tecnologiche specifiche: la piastra di diagnosi e cura (che sarà tra le più grandi nel nostro Paese), i laboratori di ricerca traslazionale, i blocchi interventistici. L’appalto per la bonifica del sito è stato affidato nel 2012 da Sesto Immobiliare spa, proprietaria dell’area, all’associazione di imprese Unirecuperi, Germani Trasporti e Ambienthesis.

MISURE DI PREVENZIONE/ PROTEZIONE DELLA FALDA

Prima di eseguire la bonifica del comparto Unione è stato necessario, in ottemperanza alle prescrizioni degli enti, predisporre una barriera idraulica a salvaguardia delle acque sotterranee. In particolare, secondo la prescrizione formulata dal Ministero dell’Ambiente in sede di CdS decisoria di approvazione del progetto di bonifica in data 19 novembre 2012, si evidenzia come “gli interventi previsti nel PDB non possano essere avviati se non dopo […] l’adozione da parte di Sesto Immobiliare S.p.A di idonei interventi di messa in sicurezza delle acque sotterranee”. Unirecuperi ha quindi realizzato cinque pozzi spinti fino alla profondità di 40 metri con portata fino a 50 m3/h e un impianto di trattamento delle acque emunte con filtri a carboni attivi. La bonifica dell’area Falck Comparto Unione, è iniziata il 2 febbraio 2015 dopo l’avvio dell’impianto di captazione e trattamento della falda. I pozzi di emungimento sono entrati in funzione in sequenza a seconda delle celle interessate dalle attività di scavo: nello specifico, in funzione dell’ubicazione di ogni cella di scavo e dell’area di richiamo generata dalle configurazioni di emungimento previste nel

progetto esecutivo della MISE (“Progetto Barriera Idraulica a presidio della falda durante di scavi di bonifica”, predisposto da Ambiente s.c. - giugno 2014).

ATTIVITÀ DI BONIFICA

Le attività di bonifica sono consistite prevalentemente nello scavo di terreni e demolizioni di strutture, per la maggior parte interrate, che hanno generato due flussi principali (vedi Schema di flusso dei volumi progettuali): 1. materiali da scavo (terreni contaminati, rifiuti) - il materiale è stato sottoposto a vagliatura, se idoneo, oppure avviato direttamente a lavaggio (soil washing) o a smaltimento; 2. materiali da demolizione (calcestruzzo, laterizi) – il materiale è stato smaltito direttamente se contaminato ad esempio da amianto o idrocarburi o metalli pesanti, oppure inviato a frantumazione per il recupero ‘on site’ cioè riutilizzato per riempimenti. Durante le demolizioni dei manufatti in calcestruzzo (pavimenti e basamenti), sono stati ritrovati, inaspettatame nte, tubi in amianto utilizzati come casseri per fissare con calcestruzzo i tirafondi necessari all’ancoraggio di macchinari (foto 4 e 5). Ciò ha comportato la necessità di usare tecniche speciali di demolizione per evitare di interferire con l’amianto e provocare la dispersione delle relative fibre cancerogene. In particolare a seguito dei confronti con l’ATS competente, sono state utilizzate attrezzature quali lame diamantate e filo diamantato per tagliare gli elementi in calcestruzzo che racchiudevano grossi casseri in amianto e successivamente si è standardizzata la tecnica di utilizzo di carotatori verticali che hanno permesso di estrarre direttamente


cilindri di calcestruzzo che inglobavano il cassero in MCA. Questi particolari, incapsulati e confezionati secondo la normativa, sono stati avviati ad impianto di smaltimento per rifiuti pericolosi.

TRACCIABILITÀ

La necessità di dover codificare l’enorme numero di flussi di materiali all’interno del cantiere e verso l’esterno, ci ha indotto ad implementare uno specifico sistema di tracciabilità con i seguenti obiettivi: • rappresentazione globale: un quadro sinottico identifica tutti i possibili flussi interni e verso l’esterno; • leggibilità: uno schema dei flussi permette di leggere i documenti di tracciabilità con verifica immediata di provenienza e destino dei materiali; • versatilità: un data base permette di ordinare i dati secondo le esigenze del tipo di controllo che si vuole effettuare; • flessibilità: il sistema può essere implementato nel caso di nuovi flussi (rifiuti

imprevisti), di realizzazione di nuove baie di stoccaggio; • semplicità: si è optato per documenti interni di trasporto (DIR) riepilogativi dei diversi viaggi di uno stesso mezzo per ridurre il numero di documenti cartacei. Come già evidenziato, tutti i flussi di materiali sono generati dalle due attività principali di scavo e demolizione. Le possibili destinazioni sono: • impianti esterni, • impianto mobile di vagliatura, • impianto mobile di frantumazione • impianto di lavaggio (figura 6) • Tali impianti sono tutti situati all’interno del cantiere. Gli impianti generano sostanzialmente tre tipi di flussi: al recupero on site, ad impianti offsite (smaltimento o recupero) e a nuovi cicli di trattamento nell’impianto di Soil Washing. La rintracciabilità dei materiali è quindi verificabile attraverso due percorsi: • esame della documentazione relativa al sistema di tracciabilità globale interno

Figura 4

che consente di verificare tutti gli spostamenti da scavo (e demolizione) a cumuli di stoccaggio e da essi ad impianti interni ed esterni, nonché da impianti interni ad altri impianti o cumuli di stoccaggio; esame della documentazione amministrativa costituita da registri di carico e scarico e formulari (FIR) che garantiscono la testimonianza di tutti i movimenti in ingresso ed uscita dagli impianti interni e verso impianti di smaltimento/trattamento/recupero esterni. La gestione dei

INQUADRAMENTO TERRITORIALE E STORICO DELLE INDUSTRIE SIDERURGICHE FALCK Le attività delle industrie siderurgiche Falck nel comune di Sesto San Giovanni iniziarono nel 1906. In seguito ci fu un grande sviluppo di questa attività industriale con l’espansione degli stabilimenti e la diversificazione dell’attività siderurgica. Il sito produttivo ha una estensione complessiva pari a circa 1.300.000 m2, occupa il 20% dell’intero territorio comunale (figura 1) ed è articolato nei seguenti comparti: • Vittoria A di superficie pari a circa 33.500 m2; • Vittoria B di superficie pari a circa 94.300 m2; • Transider di superficie pari a circa 94.500 m2; • Unione Nord e Sud di superficie pari a circa 492.000 m2; • Area 22 di superficie pari a circa 6.200 m2; • Concordia di superficie pari a circa 388.100 m2; • Area 13 di superficie pari a circa 17.250 m2; • TRAI di superficie pari a circa 42.300 m2; • Triangolo di superficie pari a circa 23.500 m2; A partire dal 1975 il settore siderurgico ha attraversato una profonda crisi e gli investimenti nel settore della produzione industriale sono calati progressivamente. Nel 1995 la Falck ha presentato al Ministero dell’Industria le domande di smantellamento degli impianti Falck Nastri, Falck Lamiere e Falck Vittoria. L’anno seguente tutti gli impianti siderurgici di Sesto San Giovanni vennero

Figura 1

smantellati.Le ex aree industriali sono state oggetto nel corso degli anni 2005-2007 di un intervento di demolizione che ha abbattuto quasi completamente gli edifici industriali fino ad allora esistenti. Non sono stati oggetto di demolizione gli edifici di interesse storico previsti nel P.G.T., che verranno mantenuti e rifunzionalizzati nell’ambito del progetto di riqualificazione in progetto (figura 2 edificio ‘Treno laminatoio’). Nel 1906, nasce la “Società anonima acciaierie e ferriere lombarde” di proprietà della famiglia Falck, che realizza a Sesto San Giovanni (MI) la prima unità produttiva, lo stabilimento Unione, dove nel 1908 inizia a funzionare il primo forno. Prima dello sviluppo industriale l’area era in parte agricola e in parte ricoperta da boschi. Negli stabilimenti si svolgono le attività e i cicli produttivi tipici dell’industria metallurgica, per la produzione di acciaio da rottame e da ghisa solida tramite fusione. Tra il 1917 e il 1924 sorgono altri tre stabilimenti: il Concordia per la produzione di lamiere e tubi saldati, il Vittoria A per la produzione del filo d’acciaio ed il Vittoria B specializzato nella trafilatura a freddo. Nel 1930 la società prende il nome di “Acciaierie e ferriere lombarde Falck”. Fino al 1943 la società ha uno sviluppo costante, ma da quell’anno si manifestano alcuni sintomi di crisi causati dall’arretratezza degli impianti e dalla difficoltà di reperire materie prime. Nel 1945

Figura 2

inizia l’allestimento dei primi due forni elettrici nello stabilimento Unione e la realizzazione del grande treno laminatore Mesta e dell’impianto di produzione di tubi saldati a grande diametro nello stabilimento Concordia. Alla fine degli anni Quaranta negli stabilimenti del Gruppo Falck (nove, di cui quattro a Sesto San Giovanni) lavorano 15.000 persone, di cui 9.000 a Sesto. La crisi si risolve a partire dai primi anni Cinquanta con l’ammodernamento degli impianti e la razionalizzazione delle attività produttive. All’inizio degli anni ‘60 viene installata nello stabilimento Concordia la nuova acciaieria, dotata di due forni elettrici con impianti per la captazione e la depurazione dei fumi (figura 3). Nello stesso periodo entrano in funzione gli impianti per la chiarificazione ed il recupero delle acque industriali (TRAI). Fino all’inizio degli anni Settanta la società continua a produrre principalmente ghise normali e speciali, acciaio, tubi saldati e non, bulloneria. Le crisi della siderurgia mondiale nel 1971 e quella petrolifera nel 1974 creano serie difficoltà alla Falck che, nel 1976, smantella l’acciaieria dello stabilimento Unione e la sostituisce con una moderna acciaieria elettrica. Da allora la crisi investe lentamente tutto il gruppo: nel 1980 gli occupati sono ancora 11.400, ma nel 1986 si sono già ridotti a 4.800 unità. I forni della Falck si spengono definitivamente nel 1995.

Figura 3

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

83


WOR K

I N

P R O G RES S

Figura 6

CONCLUSIONI Figura 5

documenti avviene attraverso l’utilizzo di programmi elettronici. Più nel dettaglio, la gestione delle operazioni e dei flussi dei rifiuti è avvenuta come elencato di seguito: • Attività di scavo, con invio a: • Vagliatura • Sopravaglio: se conforme, recupero in sito • Sottovaglio: se conforme invio a Soil-washing • Soil-washing • Materiale Lavato: se con forme, recupero in sito • Rifiuti (fini e Fanghi SW): smaltito • Baie per smaltimento diretto presso impianti autorizzati • Baie per caratterizzazione dei “terreni verdi”: se conforme recupero in sito • Attività di demolizione, con invio a: • Frantumazione • Materiale lavorato: se conforme, recupero in sito Tutte le operazioni (vagliatura, soil-washing, demolizioni e smaltimento diretto presso impianti autorizzati) sono precedute da baie di stoccaggio temporaneo del materiale in ingresso ad ogni impianto, per la verifica della loro conformità. La tracciabilità interna è gestita attraverso l’utilizzo di software Microsoft Access che permette, attraverso un sistema basato sul modello “tabella relazionale”, di creare facilmente e rapidamente applicazioni di database. Il modello “tabella relazionale” su cui si basa Access permette di immagazzinare i dati da gestire in tabelle composte da un numero elevato di record (righe) ed ogni record contiene i dati distinti per campi (colonne).

84

La bonifica del comparto Unione, necessaria per la realizzazione della Città della Salute e della Ricerca, è stata una delle più importanti a livello nazionale, in particolare per i volumi di materiali movimentati: la necessità di contenere al massimo i tempi per la restituzione dell’area ha generato la definizione di una serie di procedure per massimizzare l’efficienza di ogni singola operazione effettuata in cantiere, dal campionamento allo scavo e fino alle operazioni di programmazione dei trasporti,

Schema di flusso dei volumi progettuali

di pesatura e di compilazione dei documenti: tale ottimizzazione ha portato al risultato di movimentare fino a 200 autotreni al giorno in partenza dal cantiere senza che ciò abbia provocato disagi per la città di Sesto San Giovanni. Gli scavi sono terminati e l’area è in corso di certificazione da parte degli Enti di controllo. *Unirecuperi s.r.l.

FONTI

Progetto definitivo di bonifica - Studio Tedesi 2012 Piano Operativo - Grandi Bonifiche 2014


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

85


P ROG ETTI

E

TE CNO LO G IE

DEGRADAZIONE DELLE BIOPLASTICHE IN PLA STUDIO DI DEGRADAZIONE DEL PLA PER EFFETTO DI TIO2 E ZNO, IN VARI MEZZI di Antonella Marra* Lo studio della degradazione dei compositi a matrice polimerica è un’area estremamente importante dal punto di vista sia scientifico che industriale. La degradazione chimica dei polimeri è un cambiamento irreversibile ed è un fenomeno molto importante che influenza la prestazione di tutti i materiali plastici nella vita quotidiana e conduce infine alla perdita di funzionalità. L’utilità di un materiale polimerico dipende dalla sua durata in un particolare ambiente in cui viene utilizzato; quindi l’indagine della sua interazione con i fattori ambientali risulta estremamente importante. Lo studio della durata e della degradabilità dei sistemi polimerici compositi in condizioni ambientali darà un’idea dei vantaggi nelle loro applicazioni e/o delle limitazioni. Oggi richiama particolare attenzione la degradazione dei compositi a matrice di Acido Polilattico (PLA). Finora, la maggior parte del lavoro di ricerca riguardante i materiali biocompositi si è concentrata principalmente sui metodi di preparazione e sulle relazioni tra struttura e proprietà, in particolare l’effetto dispersionale sulle proprietà funzionali. È importante notare che a seconda del campo di applicazione ci sono casi in cui l’accelerazione della degradazione è auspicabile, mentre in altri casi è necessario estendere la durata di vita del PLA. Sicuramente risulta essere molto interessante la capacità dei polimeri biodegradabili di

86

controllare l’insorgenza e il tempo necessario per la degradazione. Pertanto, non solo, la sfida è che le proprietà del PLA dovrebbero essere mantenute costanti durante il periodo di utilizzo specifico del materiale, ma che esso dovrebbe degradarsi in modo rapido e controllato quando esso deve essere smaltito. La degradazione dei compositi a base di PLA può essere di diversa natura: fotoossidativa, termica, idrolitica, enzimatica, a seconda del mezzo utilizzato e per di più può essere accelerata o rallentata dalla presenza di alcuni ossidi metallici, in questo lavoro: biossido di titanio, TiO2 , tal quale e con rivestimento superficiale di perfluorocarboni, e ossido di zinco, ZnO. La degradazione foto-ossidativa è il processo di decomposizione del materiale mediante l’azione della luce, considerata come una delle fonti primarie di danno dei substrati polimerici in condizioni ambientali. D’altra parte, è generalmente ipotizzato che l’idrolisi di PLA in presenza di filler sia un fenomeno complesso a seconda della loro specifica morfologia, dispersione, idrofilia relativa, o in alcuni casi, idrofobicità, attività catalitica, ecc. Tuttavia, considerando l’effetto complesso dei filler, è stato riferito che possono favorire o ritardare la degradazione idrolitica del PLA. La stabilità idrolitica dei materiali basati su PLA può essere adattata per ottenere profili di degradazione predeterminati. Come

sopra menzionato, il PLA è noto per la maggior parte dei casi di degradarsi attraverso la rottura della catena idrolitica che si verifica al livello delle funzioni di estere alifatiche e che produce residui a basso peso molecolare, cioè acido lattico e oligomeri correlati, in grado di biodegradare e, in ultima analisi, essere bioassimilati. La degradazione microbica ed enzimatica del PLA è stata recentemente molto studiata perché questi tipi di degradazione di solito non hanno bisogno delle alte temperature per realizzarle. La degradazione del PLLA è partito dalla proteina K da Tritirachium.album, successivamente si sono realizzati altri studi su diversi enzimi che consentono di degradare il PLA essi includono: proteasi alcalina, proteasi della sierina come subtilisin, tripsina, elastasi e α-chymotrypsin, enzima Cutinase-like. La lipasi potrebbe idrolizzare PLLA a basso peso molecolare e alcuni copolimeri come PDLLA (poli D, acido L-lattico) e poli (D-lattido-coglicolide), ma non PDLA (acido polidico D-lattico) e PLLA ad alto peso molecolare. Inoltre è stato trovato un enzima da Amycolatopsis sp. Culture e lo chiamano PLLA depolymerasi. Il pH ottimale per questo enzima era di 6,0 e la temperatura era da 37 a 45°C. La depolimerasi PLLA può anche idrolizzare la caseina, la fibroina di seta, il succinil-p-nitroanilide, ma non il polihydroxybutyrate (PHB) e il policaprolattone (PCL). La degradazione enzimatica dei poliesteri alifatici per idrolisi è un processo in due fasi. Il primo stadio è l’adsorbimento dell’enzima sulla superficie del


Figura 1. Perdita di peso/tempo di esposizione UV per i film PLA, PLA/2% TiO2, PLA/2% m TiO2, PLA/5% TiO2 e PLA/5% mTiO2

Figura 2. Perdita di peso/tempo di esposizione UV per i film PLA, PLA/1% ZnO, PLA/3% ZnO e PLA/5% ZnO

Figura 3. Perdita di peso/tempo di esposizione in soluzione idrolitica (in 1M NaOH) per i film PLA, PLA/2% TiO2, PLA/2% m TiO2, PLA5% TiO2 e PLA/5% m TiO2

substrato attraverso il legame di superficie mentre il secondo passo è l’idrolisi del legame estere. Inoltre è stato anche isolato un microrganismo che degrada il PLA di ceppo Amycolatopsis dall’ambiente del suolo, che è stato in grado di degradare il 60% del film di PLA dopo 14 giorni. Bisogna però notare che i microrganismi che degradano il PLA non sono ampiamente distribuiti nell’ambiente naturale e che il PLA è meno suscettibile all’attacco microbico nell’ambiente naturale di altri poliesteri alifatici sintetici come PHB, PCL e poli (butilene succinato) (PBS). Dopo lo smaltimento in ambiente il PLA viene idrolizzato in oligomeri a basso peso molecolare e poi mineralizzato in CO2 e H2O dai microrganismi presenti nell’ambiente. La degradazione microbica di PLA dovrebbe essere studiata per l’imballaggio di alimenti contenenti microrganismi, compresi i batteri lattici e funghi per le loro probabili capacità di degradazione del PLA. Si è anche valutata la capacità di assimilazione di acido lattico e prodotti oligomerici racemici di PLA per 2 ceppi di Fusarium moniliforme (ampiamente distribuiti nel suolo) e sul ceppo di Penicillium roqueforti (il principale fungo in formaggio blu e possono essere isolati dal suolo). In particolare gli studi di seguito riportati hanno dimostrato che l’incorporazione di particelle è uno strumento efficace per controllare il processo di degradazione in vari mezzi (degradazione UV, idrolitica, enzimatica e termica) del PLA con l’aggiunta di due differenti filler, nanoparticelle di TiO2 (con rivestimento superficiale di perfluorocarboni e non) e particelle di ZnO.

DEGRADAZIONE UV

La Figura 1 riporta la perdita di peso (%) in funzione del tempo (giorni) di esposizione UV (40°C a 25% HR) dei film di PLA e PLA /TiO2%. Si può vedere che la perdita di peso è significativamente più veloce nel PLA rispetto ai nanocompositi, il PLA degrada in circa 17 giorni. Ciò significa che le nanoparticelle TiO2 riducono la degradazione UV del PLA, grazie alla loro azione UV schermante. Dopo il 40° giorno di esposizione i film nanocompositi di PLA/2% TiO2 e PLA /2% mTiO2 mostrano un forte aumento del trend di degradazione e il valore percentuale di perdita di peso è molto più elevato rispetto a quelli del nanocomposito con 5% di TiO2, in particolare quando le particelle sono modificate in superficie. I composti PLA/ZnO hanno comportamenti simili ai precedenti nanocompositi, come mostrato in Figura 2. Il PLA degrada più velocemente del PLA caricato con ZnO, la degradazione è quasi completata in 21 giorni. La perdita di peso in funzione del tempo è minore aumentando la quantità di particelle ZnO nei compositi. Confrontando i due sistemi (Figura 1 e 2) è possibile osservare che la degradazione UV è più veloce per PLA/ ZnO rispetto a PLA/TiO2. Inoltre, il processo di degradazione UV diminuisce, in tutti i sistemi, con la percentuale di filler.

DEGRADAZIONE IDROLITICA

Figura 4. Perdita di peso/tempo di esposizione in soluzione idrolitica (in 1M NaOH) per i film PLA, PLA/1% ZnO, PLA/3% ZnO e PLA/5% ZnO

Le Figure 3 e 4 mostrano la perdita di peso dei film di PLA e PLA/TiO2 e PLA e PLA/ZnO, rispettivamente, in funzione del tempo di contatto con la soluzione idrolitica 1M di NaOH a 37°C. Innanzitutto si può notare che il PLA in Figura 4 è prodotto per calandratura per questo ha una diversa degradazione

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

87


P ROG ETTI

E

TE CNO LO G IE

Figura 5. Perdita di peso dei film PLA, PLA/2% TiO2, PLA/2% mTiO2, PLA5% TiO2 e PLA/5% mTiO2 durante degradazione enzimatica a 37°C

rispetto al PLA prodotto per compression moulding, Figura 3. Questa diversità di preparazione dei film influisce sulle loro caratteristiche fisiche oltre che sullo spessore, inferiore per il PLA prodotto per calandra. In particolare il PLA prodotto per calandra ha una degradazione idrolitica più veloce del PLA prodotto per compression moulding. I nanocompositi PLA/TiO2 mostrano una maggiore perdita di peso in funzione del tempo rispetto al PLA. Si può osservare che il nanocomposito contenente il 5% di mTiO2 si degrada più velocemente di tutti i nanocompositi ed è completamente degradato già dopo 300 min; si potrebbe concludere che il tempo di degradazione idrolitica di tali film è controllato dal contenuto TiO2. Per quanto riguarda invece la degradazione idrolitica dei compositi PLA/ZnO, si può notare che degradano più velocemente del PLA. Il tempo di degradazione è ampiamente controllato dal contenuto di ZnO ed è molto lento nei primi 10 minuti, successivamente si velocizza. Confrontando i due sistemi si può notare che le particelle di ZnO velocizzano la degradazione del PLA rispetto alle nanoparticelle di TiO2.

DEGRADAZIONE ENZIMATICA

Figura 6. Perdita di peso dei film PLA, PLA/1% ZnO, PLA/3% ZnO e PLA5% ZnO durante degradazione enzimatica a 37°C

La Figura 5 mostra la perdita di peso dei film di PLA e PLA/ TiO2 dopo il contatto in soluzione di proteinasi K a 37°C per 12 ore. Le perdite di peso nelle prime 4 h sono simili per PLA e per PLA/TiO2. La perdita di peso è più veloce aumentando la quantità di TiO2 nei compositi e risulta indipendente dalla presenza di TiO2 modificato. La Figura 6 mostra la perdita di peso dopo il contatto di PLA e PLA/ZnO in soluzione di proteinasi K a 37°C. Il PLA è completamente degradato dopo 12 ore. I tre composti PLA/ZnO mostrano un trend simile a quello del PLA, anche se il PLA/1% ZnO presenta valori di perdita di peso leggermente più bassi. Confrontando i due sistemi si può dire che la degradazione enzimatica è più veloce per i nanocompositi PLA/TiO2 rispetto al PLA, mentre per PLA/ZnO è più lenta. In ogni caso la perdita di peso è funzione della quantità di filler.

DEGRADAZIONE TERMICA

Figura 7. TGA in condizioni isoterme, 240°C, (in aria) dei film PLA, PLA/2% TiO2, PLA/2% mTiO2, PLA5% TiO2 e PLA/5% mTiO2

Le figure 7 e 8 mostrano le misure di TGA eseguite in condizioni isotermiche, per 40 minuti, a 240°C per PLA e PLA/TiO2 e PLA/ZnO, rispettivamente. Dopo il trattamento isotermico questo studio sottolinea che la presenza di ZnO è in grado di accelerare la degradazione isotermica del PLA in un modo che è funzione della quantità ZnO e della temperatura, mentre le particelle di TiO2 non hanno influenza significativa sulla degradazione del PLA, almeno fino al limite di tempo (40min) investigato in questo studio. Si può concludere evidenziando che questo studio di degradazione UV, idrolitica, enzimatica (proteinase K) e termica ha dimostrato che i film nanocompositi di PLA/TiO2 (modificato e non) e i compositi di PLA/ZnO degradano in tempi diversi rispetto ai film di PLA in funzione al tipo di particelle, composizione e mezzo di degradazione. *Istituto per i Polimeri, Compositi e Biomateriali (IPCB) Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)

Figura 8. TGA in condizioni isoterme, 240°C, (in aria) dei film PLA, PLA/1% ZnO, PLA/3% ZnO and PLA/5% ZnO

88


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

89


P ROG ETTI

E

TE CNO LO G IE

TRATTAMENTO SOSTENIBILE E RIUSO DELLE ACQUE INDUSTRIALI L’APPROCCIO OLISTICO COME SCELTA PER LA GESTIONE INTEGRATA DEL CICLO IDRICO DI UN’UTENZA INDUSTRIALE di Federico Rizzo e Carlo Zaffaroni*

P

arlare di acqua come una risorsa da tutelare e conservare e associarla alla sostenibilità e al riuso è oramai una tematica comune che, spesso, viene affrontata con approccio più “emozionale” che tecnico/scientifico. Anche per questo l’industria che, salvo pochissime eccezioni, non può prescindere dall’utilizzo dell’acqua, si trova sempre più spesso nelle condizioni di dover affrontare la tematica del corretto uso, trattamento e riuso dell’acqua sotto la spinta di “driver” differenti e, talora, contrastanti: da quelli di efficientamento e sostenibilità di sito e/o di corporate a quelli di impatto del sito sulle falde e sui corsi idrici. La molteplicità dei driver di partenza, assieme al cambiamento dello scenario (nuovi assetti produttivi, nuove realtà legislative, nuovi standard) possono portare a progettare, realizzare e dover gestire sistemi non coordinati tra loro e – intrinsecamente – non efficienti/efficaci. Ma quale sarebbe, in teoria, l’approccio corretto per la gestione integrata del ciclo idrico per un’utenza industriale? E chi potrebbe essere nelle condizioni ideali per portare il cosiddetto valore aggiunto? L’approccio corretto e sostenibile al problema è quello “olistico” che parte dai bilanci di materia e di energia, in quanto da un lato l’acqua è spesso un vettore di energia e dall’altro tutti i sistemi/processi di trattamento dell’acqua impiegano energia. Tale approccio è lo stesso sia che si progetti un sistema “ex novo” che se si debba intervenire su un sistema esistente; si deve tenere

90

presente che l’industria, di fatto: preleva l’acqua dalle fonti (falde, corsi d’acqua superficiali, acque da riuso, acqua salmastra o di mare), per le quali – a seconda di quanto siano pregiate – vi può essere competizione con altri usi, quali quello potabile e quello agricolo e che, in genere, hanno la precedenza su quello industriale; • tanto più pregiata è la fonte tanto minore è lo “sforzo” per trasformarla in acqua ad utilizzo industriale (es. è chiaro che una sorgente di montagna potrebbe essere utilizzata in modo molto più agevole che l’acqua di mare e/o un fiume limaccioso) ma tanto maggiore sarà la competizione per l’uso della stessa: in vari casi l’industria sceglie di utilizzare anche fonti meno pregiate, accollandosi l’onere di un maggiore sforzo di trattamento per avere una maggiore “resiliency” e/o non avere il rischio che la scarsità idrica impatti il business; • utilizza, sia per esigenze di raffreddamento, che di produzione vapore e/o acqua ultrapura, comuni a tutti i settori industriali (banalmente una torre di raffreddamento è tale e ha le sue esigenze in termini di qualità dell’acqua sia che sia installata in una raffineria che in un’azienda manifatturiera), solamente la parte “H2O” e quindi deve pretrattare la fonte per eliminare/ridurre quello che “non è H2O”, ovvero solidi, sali disciolti, organico; occorre inoltre tener conto che molte aziende hanno degli

standard specifici di settore relativi alla minimizzazione dei volumi d’acqua impiegata per unità di prodotto; trasferisce all’acqua differenti sostanze “non H2O” (organico, sali, metalli, etc.) che sono tipici della lavorazione industriale, quindi ogni acqua di scarico industriale è differente (le acque reflue di un petrolchimico sono diverse da quelle di un’azienda alimentare) e devono essere trattate in modo differente prima di poter essere restituite ai corsi idrici e/o al mare; anche in questo caso ci sono poi dei benchmark utilizzati dalle corporate in termini di quantità di sostanze scaricate per unità di prodotto; dopo i vari trattamenti (sia prima che dopo l’uso dell’acqua in produzione) si generano dei sottoprodotti, che possono essere minimizzati se la scelta di trattamento è appropriata dal punto di vista del processo, ma non azzerati; questi sottoprodotti (fanghi, concentrati, altri rifiuti) comportano un’ulteriore impegno per la gestione e smaltimento nel rispetto delle normative e nell’ottica di minimizzazione dei costi industriali; uno step importante è quello di riutilizzare l’acqua reflua, sia in uscita da un impiego specifico, che al termine del ciclo di depurazione, come fonte alternativa a quelle primarie; anche in questo caso l’approccio corretto del bilancio di materia e di energia è utile nel determinare se/come il riutilizzo sia sostenibile e/o se al contrario per riutilizzare l’acqua si sprecano risorse che potrebbe-


ro essere destinate ad altro utilizzo più sostenibile; • i sistemi/impianti di trattamento devono poi essere gestiti in modo da assicurare la continuità del servizio ed escludere che possano impattare negativamente la produzione (per mancanza delle fonti idriche e/o difficoltà di trattamento dei reflui); si deve quindi avere sia una cura progettuale nella “ridondanza” delle apparecchiature e sezioni critiche che una serie di professionalità adeguate per la gestione, il telecontrollo, etc. Quindi, nello specifico, chi si occupa di trattamento delle acque per l’industria deve conoscere, oltre ai processi/sistemi/tecnologie di trattamento acque, anche i processi industriali che usano l’acqua e parlare “il linguaggio” tipico del settore industriale di riferimento: parlare di gestione e trattamento acque nel settore petrolchimico è differente che nel settore alimentare e, in tutti i casi, è diverso dalla potabilizzazione e depurazione a carico delle municipalizzate. Le professionalità coinvolte in tali progetti sono molteplici:

professionisti nel campo delle autorizzazioni e/o permessistica; • professionisti dei processi unitari di trattamento; • professionisti con competenze gestionali dei sistemi di trattamento e riuso dell’acqua. Ma la professionalità che segue tutta la filiera di trattamento è il “teconologo/processista” che ha l’esperienza necessaria per guidare il cliente nella scelta ottimale e per supportarlo nella realizzazione e gestione. In assenza di tale professionalità il rischio è quello di portare avanti progetti indipendenti e non coordinati che, magari, conseguono un obiettivo parziale; è inoltre importante che il contributo professionale del tecnologo sia indipendente per evitare di “forzare” delle soluzioni (impianti, processi, chemicals) in ambiti di impiego non ottimali. Nello specifico Golder ha un team integrato e multinazionale che: • è ben consapevole della necessità dell’approccio olistico sopra citato ed ha ben chiari i concetti e le priorità sopra esposte;

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

conosce le tecnologie, i processi di trattamento e il campo ottimale di impiego e ha un approccio “indipendente” e “neutrale” derivante dal fatto che non ha/vende né prodotti chimici/additivi (flocculanti, polielettroliti...) per il trattamento acque, nè tipologie di impianto (membrane, evaporatori…) ed è quindi nelle condizioni di individuare e consigliare la filiera più appropriata; conosce, grazie al footprint internazionale, differenti settori industriali in differenti aree geografiche ed è nella condizione ideale per individuare soluzioni che possano essere “trasferite” in modo efficace/efficiente da altri settori e/o altre geografie; ha al proprio interno le competenze e i servizi maggiormente complementari al settore di trattamento acque ovvero quelli di valutazione della compliance ambientale, di valutazione delle risorse naturali, della bonifica e dell’ingegneria, oltre a quelle della consulenza strategica aziendale. *Golder Associates

91


92


PR OGE TTI

E

TE CNO L O GI E

L’EFFICACIA DEI MULINI AD ATTRITO NEL TRATTAMENTO DEGLI RSU LA RIDUZIONE DEI TEMPI DI STABILIZZAZIONE DELLA FRAZIONE ORGANICA DEI RIFIUTI URBANI ATTRAVERSO MULINI AD ATTRITO di Paolo Plescia* e Mario Reale**

N

ei moderni impianti TMB, la frazione organica putrescibile viene consumata dall’attività batterica in “biocelle”, dove sistemi di aerazione forzata e di ricircolazione del percolato prodotto dalla fermentazione irrorano continuamente il mucchio di rifiuti per favorirne la fermentazione e accelerare il degrado della materia organica. Nonostante tutti gli accorgimenti suggeriti dalle BAT [1, 2], tale processo ha una durata estremamente lunga.

discriminante tra un trattamento “efficace” e uno “non efficace” o non sufficiente, è l’abbattimento del valore di IRDP a valori inferiori a 500 mg O2 kgsv-1 h-1 [1, 2]. In genere, tale soglia si raggiunge dopo diverse settimane dall’inizio del trattamento, anche se il numero di giorni necessari dipende dal volume di aria immessa nel rifiuto, dallo scambio con l’esterno, da fattori climatici, dalla quantità di nutrienti nella frazione organica ecc. [5] In ogni caso, raramente gli impianti TMB

Figura 1. Vista interna della camera di macinazione (sinistra) e dell’impianto di micronizzazione a tre giare (destra)

Tale attesa è dovuta alla necessità di ridurre progressivamente la quantità di ossigeno consumato dalla massa, determinata dal valore del parametro IRDP, Indice di respirazione Dinamico Potenziale, espresso in mg di O2 per kg di rifiuto (O2 kgsv-1 h-1 ) [1, 2]. Tale misura, inizialmente usata per descrivere il fabbisogno di ossigeno nella preparazione di compost [3, 4, 5], è adottata anche negli impianti TMB: la

oggi presenti sul territorio nazionale riescono a raggiungere i valori di IRDP inferiori a 500 mg O2 kgsv-1 h-1 prima di tre settimane. I tempi di attesa sono quindi lunghi e incerti e determinano un collo di bottiglia nella capacità di trattamento degli impianti, tale da ridurre fortemente l’efficienza dell’intera filiera. Inoltre, anche la stabilizzazione aerobica nelle biocelle

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

produce una grande quantità di gas e tra questi, notevoli quantità di CO2 e CH4 che rappresentano i due gas serra di maggiore impatto [6]. A questo proposito, studi recenti dimostrano che il TMB produce mediamente 120 – 190 kg CO2/t, da 0,11 a 2 kg di CH4/t, da 0,4 a 1,6 kg di NH3 e da 0,05 a 0,2 kg di N2O per tonnellata di sostanza organica trattata [7]. Questi e altri motivi ci hanno indotto a proporre e sperimentare una tecnologia meccanica innovativa che coadiuvi la stabilizzazione dei TMB. Tale tecnica si basa sull’uso di un sistema meccanico in grado di ridurre la carica batteria iniziale del rifiuto organico e di “estrarre” parte delle sostanze nutrienti della massa organica, riducendo così drasticamente i tempi di fermentazione. La parte innovativa dell’impianto di trattamento dell’organico è costituita da un “mulino micronizzatore”. Obiettivo del mulino micronizzatore è la riduzione sostanziale della frazione organica putrescibile, attraverso l’impiego di pressioni molto elevate sul rifiuto, che determinano la riduzione del contenuto d’acqua, la riduzione del contenuto di sostanze organiche liquide (acidi, grassi, zuccheri, ecc.) e la frantumazione delle fibre organiche. Il micronizzatore deriva dalle ricerche e dalle prime esperienze fatte dal CNR tra il 2004 e il 2008 […] con mulini a planetario, quali il “THOR”, che potevano trattare fino a 1 tonnellata all’ora di rifiuti. In seguito gli autori di questo lavoro, insie-

93


P ROG ETTI

E

TE CNO LO G IE

me ad altre Società private, realizzarono il mulino ATTRITOR MIL, un sistema meccanicamente nuovo, costituito da giare fisse con albero motore interno che accelera sfere di acciaio che impattano ad alta velocità sul materiale da macinare. ATTRITOR MIL è stato poi costruito nelle dimensioni di impianto industriale presso la Società SEP srl, ha operato per due anni come impianto sperimentale e ha trattato sia frazioni secche che umide. I risultati ottenuti dimostrarono che ATTRITOR MIL poteva costituire l’ossatura di impianti di trattamento semplici ed efficienti, dove potevano essere ottenuti due risultati importanti: nel caso della frazione secca si potevano ottenere CSS (combustibili solidi secondari) con potere calorifico maggiore tra i 18- 20 MJ, mentre nel caso della frazione umida, si potevano avere delle sostanziali e definitive riduzioni delle cariche batteriche.

FISICA DEL SISTEMA DI TRATTAMENTO PER MICRONIZZAZIONE

ATTRITOR MIL macina per mezzo di biglie di acciaio cementato da 2-3 cm di diametro (carica macinante), che sono scagliate ad alta velocità da martelli in acciaio, solidali all’asse del motore, che ruota a circa 1000 – 1200 RPM (figura 1). Le biglie di acciaio, lanciate a velocità di alcune decine di metri al secondo verso la corazza delle giare, incontrano i frammenti di materiale da macinare e li schiacciano sulla superficie della coraz-

Figura 2. Immagine interna della giara ripresa dal film della Pressurex (www. sensorproducts.com): i punti in rosa sono i punti dove le sfere hanno trasferito la loro energia cinetica, raggiungendo pressioni di impatto medie di 120 MPa; a destra la scala in toni di grigio da 0 a 200 MPa

za. La pressione di schiacciamento raggiunge molte migliaia di atmosfere, come è stato verificato sperimentalmente. L’impatto delle sfere di acciaio determina la fratturazione dei materiali fragili, mentre i materiali elastici ricchi di acqua subiscono una forte compressione, che spinge l’acqua a essere espulsa velocemente. L’acqua si presenta sotto forma di aerosol, che viene aspirato dal sistema di trattamento dell’aria ed evacuato. Nel mulino si generano due azioni distinte, che si realizzano sulle particelle organiche in due momenti diversi: • nella prima fase, si genera una riduzione di volume (Trasformazioni in condizioni isoterme, a temperatura costante: pV=k) all’impatto delle sfere sulle particelle organiche la pressione aumenta improvvisamente e determina un’espulsione immediata

Figura 3. Aspetto generale dell’impianto di trattamento a quattro giare

94

dell’acqua, gas e liquidi organici in essa contenuti; si determina così una riduzione del volume delle particelle; • nella seconda fase, si genera un innalzamento di temperatura (Trasformazioni in condizioni isocore, a volume costante: p=p0 (1+βΔT) dove p=pressione, p0=pressione alla temperatura iniziale, β=coefficiente di dilatazione del gas a pressione costante, pari a 0.00366°K-1). In questa trasformazione il volume è costante, ogni colpo di pressione corrisponde ad un aumento di temperatura della particella. La prima fase della trasformazione (isoterma) avviene quando il materiale ricco d’acqua entra nella giara di macinazione e viene colpito dalle sfere di macinazione. Fintanto che la quantità di acqua, di gas e di liquidi organici è elevata, in media sopra al 40% in volume della particella, la temperatura della particella non può salire, in quanto l’energia dell’impatto viene utilizzata essenzialmente per espellere i liquidi e i gas. La seconda fase della trasformazione (isocora) avviene non appena la quantità dei fluidi risulta inferiore ad un limite “critico” e la temperatura inizia a salire. Dopo innumerevoli prove sull’azione del mulino di micronizzazione sui materiali organici, l’aumento di temperatura che si ottiene è contenuto nei primi 100°C. Ciò in quanto, nel momento in cui le particelle perdono acqua e liquidi a sufficienza, diventano più piccole e tendono a uscire dalla giara. Nell’attritore le particelle, insieme alle sfere, vengono ad assumere un movimento dal centro verso la periferia della giara di


PROVE SPERIMENTALI SUL MATERIALE ORGANICO

Figura 4. Valori di inerti, acqua e TOC % calcolati e trovati per il materiale micronizzato, a confronto con i valori dell’umido non trattato (tal quale)

Le prove sono state eseguite all’interno di un impianto industriale in opera. L’impianto di micronizzazione, realizzato dalla SEP Srl, è composto da quattro giare da 1 metro di diametro, con motori che sono in grado di raggiungere una velocità di circa 1200 RPM (figura 3). Ogni giara ospita un quantitativo medio di sfere di 25 kg. Il trattamento viene eseguito sul materiale organico, sottovaglio da indifferenziato, con una pezzatura iniziale di 40 mm medi. La misura dei parametri di contenuto d’acqua iniziale e finale sono stati ricavati sulla base del test UNI EN 14346:2007; la misura del TOC è stata eseguita in base alla norma UNI EN 13137:2002 - Met. A, tramite un HiperToc Thermo; i valori di IRDP sono stati misurati secondo la norma UNI TS 11184 da tre laboratori qualificati esterni.

RISULTATI

Figura 5. Andamento del valore di IRDP rispetto alla fase del trattamento nell’impianto TMB con micronizzatore

Figura 6. Andamento del IRDP verso il tempo di maturazione per un impianto TMB classico (dati ISPRA) e per l’impianto dotato di micronizzatore. In giallo sono riportate le equazioni delle correlazioni tra IRDP con il tempo di maturazione

macinazione, e una volta sulla parete vengono trascinate dalle sfere sulla parete interna della giara dove subiscono le due azioni sopra descritte. La pressione raggiunta durante gli urti arriva a valori molto elevati, superiore ai 100 Mpa. La verifica delle pressioni raggiunte dalle masse macinanti nella loro corsa verso le pareti delle giare è stata realizzata, nell’ATTRITOR MIL mediante le pellicole sensibili alla pressione della Pressurex Inc (USA), un particolare tipo di film che cambia colore in modo proporzionale alla pressione di impatto subita (figura 2). Il film viene applicato alle superfici dove vanno misurate le pressioni di impatto. Tramite l’intensità del colore si determina in modo molto preciso la pressione di contatto. Mediante la scala colorimetrica viene calcolata la pressione di impatto media, che sui modelli controllati è di 120 MPa, con punte di 130 MPa (tabella 1).

I dati del materiale in ingresso e in uscita sono indicati nella tabella 2. La frazione umida risultante dopo il trattamento di micronizzazione ha un peso ridotto per effetto dell’estrazione dell’acqua. Verificando i dati, si osserva che l’azione della micronizzazione non si ferma alla semplice essiccazione, ma agisce anche sulla quantità della materia organica residuale, riducendola ad una frazione del valore originale. L’umido tal quale (sottovaglio non micronizzato) possiede il 25% di TOC, il 15% di inerte inorganico e il 45% di acqua (figura 4). La somma di queste componenti è 85%, il resto è costituito da sali solubili. L’umido micronizzato possiede il 10% di TOC, il 60% di inerte inorganico e il 15% di acqua (figura 4). Da questi dati risulta evidente una minore quantità di organico nel trattato, rispetto a quanto era previsto dal calcolo, pari al 34% in meno. Di conseguenza la frazione inerte viene esaltata. In merito ai valori di IRDP, si nota che, partendo da un valore iniziale di circa 2000 mg O2 kgsv-1 h-1 il materiale dopo trattamento mostra un valore di 1440 mg O2 kgsv-1 h-1 e dopo 24 ore di rivoltamento di 730 mg O2 kgsv-1 h-1, che si riducono a 543 mg O2 kgsv-1 h-1 dopo 48 ore di rivoltamento (figura 5). Questo andamento asintotico è perfettamente in linea con quanto avviene negli impianti TMB, ma partendo da una base di tempi differente, in quanto la carica batterica che si ha dopo il trattamento con mulino corrisponde a meno di un millesimo rispetto a quella che si ha sul materiale organico da trattare nei normali TMB (dai dati dell’Università di Camerino, [7, 8]).

DISCUSSIONE DEI DATI

Il dato più significativo è la riduzione dei tempi per raggiungere il fatidico valore di 500 mg O2 kgsv-1 h dopo solo 50 ore di trattamento complessivo. Si tratta di una vera rivoluzione rispetto al classico TMB, dove per raggiungere gli stessi valori abbiamo bisogno, mediamente, di 500 ore, pari a circa tre settimane. Come è stato definito all’inizio del lavoro, l’obiettivo del mulino micronizzatore è potenziare il TMB dotato di biocelle, consentendo tempi di stabilizzazione estremamente ridotti. Nella tabella successiva sono evidenziate le differenze sostanziali tra il TMB classico e il TMB coadiuvato da micronizzatore. In definitiva, mentre nel TMB classico il trattamento nelle biocelle tende a far consumare la materia organica da colonie batteriche con tempi di 20–30 gg di media, nel micronizzatore vengono distrutti in gran parte i batteri e il loro nutrimento; ciò non consente una proliferazione succes-

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

95


P ROG ETTI

E

TE CNO LO G IE

siva dei ceppi batterici, come si dimostra dal basso indice di IRDP. Per concludere, si vuole richiamare l’attenzione del lettore sull’importanza di queste tecnologie che riescono, con poco dispendio energetico, ad aumentare la produttività e l’efficacia dei TMB e nello stesso tempo ridurre le emissioni di gas serra in atmosfera e di percolato da trattare. *CNR Istituto Geologia Ambientale e Geoingegneria, Area Ricerca RM1 **SEP Srl

BIBLIOGRAFIA

[1] AA.VV. “Caratterizzazione chimico-fisica del biostabilizzato proveniente da impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti “, APAT-ARPA-CIC 2005 [2] AA.VV. “Linee guida recanti i criteri per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili ex art. 3, comma 2 del decreto legislativo 372/99: Linee guida relative ad impianti esistenti per le attività rientranti nelle categorie IPPC: 5 - Gestione dei rifiuti (Impianti di trattamento meccanico biologico” 2006, Ministero dell’Ambiente, sito www.dsa.minambiente. it/silosnew/Consultazione/Default.aspx) [3] Adani F., Tambone F. “Evoluzione della componente organica in Compost e Agricoltura” A cura di Pier Luigi Genevini, Fondazione Lombardia per l’ambiente, 1998 [4] Adani F., Tambone F. Genevini P. L. Calcaterra E. “Stabilization of municipal solid waste fraction: a laboratory approach” UTA International, 1/98, 1997, pp 2- 8 [5] Adani F., Lozzi P., Genevini P.L. “Determination of biological stability by oxygen uptake on municipal solid waste and derived products” Compost Science & Utilization, 9, (29), 2001, pp. 163-178 [6] IPCC. 2007. “Changes in Atmospheric Constituents and Radiative Forcing” In: IPCC Fourth Assessment Report: Climate Change. Intergovernmental Panel on Climate Change, Geneva, Switzerland. (www.ipcc.ch/pdf/assessment-report/ar4/wg1/ar4wg1-chapter2.pdf) [7] Florian Amlinger, Stefan Peyr, Carsten Cuhls “Green house gas emissions from composting and mechanical biological treatment”, Waste Management & Research 2008; 26, pp 47-60 [8] P.Plescia, D. Gizzi, M. Reale,S. Benedetti, M. Marchionni e A. Sciaboni, “Trattamento meccanochimico di rifiuti solidi urbani per la produzione di Combustibile Da Rifiuto (CDR).- Progetto THOR: risultati della sperimentazione”, Atti dei Seminari Convegno Internazionale RICICLA 2003 [9] P. Plescia, R. Sottile, M. Tocino, G. Paoloni, A. Bianco, L. De Notaris, “Il Progetto THOR” Recycling n. 59, 2008 [10] Plescia P., Paoloni G., Tocino M., Sottile R. The mechanochemical alternative for the recovery of the municipal solid wastes, Proceedings of ISWA World Congress 2007, Amsterdam

96

Parametro

Valore calcolato Valore riscontrato Unità di misura

Energia cinetica impressa per ogni corpo macinante*

13,4

Numero di colpi al secondo

970

Quantità di moto per ciascuna sfera

0,45

Pressione media al punto di impatto

Joule 835

Hz Ns

1205**

1400

Bar

* supponendo che tutta l’energia cinetica del martello sia trasferita in modo anelastico alla massa ** supponendo una superficie di contatto di ferro, con penetrazione di 0.026 mm, pari a 3.75E-8 cm2 Tabella 1. Parametri misurati nei test

Parametri

Valore

Unità di misura

3395

t

Valore di TOC iniziale del rifiuto organico in ingresso al MM

25

%

Valore di TOC finale del rifiuto organico in uscita al MM

10

%

Valore del contenuto d’acqua (loss at 105°C) iniziale

65

%

Valore del contenuto d’acqua (loss at 105°C) finale

15

%

Residuo a 600°C sv. non trattato

27.8

%

Residuo a 600°C, sv trattato MM

51.3

%

DOC sottovaglio non trattato

2525

mg/l

DOC sottovaglio trattato MM

1463

mg/l

IRDP iniziale ***

1408 ± 271

mg O2/(kgSV*h)

IRDP finale ***

715 ± 159

mg O2/(kgSV*h)

IRDP finale dopo 48 ore in biocella ***

543 ± 271

mg O2/(kgSV*h)

Volumi trattati in totale

*** prove UNI/TS 11184 Tabella 2. Risultati delle prove di trattamento. I valori riportati sono ottenuti dalla media dei valori riscontrati sui campioni prelevati giornalmente

TMB (Meccanico biologici) classici

TMB con MM (Mulino Micronizzatore)

Il TMB sfrutta la fermentazione del rifiuto (aerobica o anaerobica) per consumare la frazione organica, riducendola a CO2, acqua, metano, ammoniaca e altri gas e così ridurre la carica batterica

Il MM sfrutta l’elevata pressione di impatto delle masse di macinazione per trasformare la frazione organica, riducendola a frammenti molecolari dissolti in acqua e così ridurre la carica batterica

Nel TMB il materiale viene preriscaldato a temperature superiori a 55°C per tre giorni, come trattamento di “sterilizzazione”, uccidendo una parte dei batteri presenti

Nel MM il materiale viene trattato a pressione elevata: oltre 1000 atmosfere di pressione orientata dagli impatti, che distruggono fisicamente le cellule e le colonie batteriche e nello stesso tempo demoliscono le proteine che costituiscono il cibo dei ceppi batterici

Nel TMB il materiale permane nelle biocelle sotto rivoltamento e irrorazione di aria e acqua fino ad una riduzione dell’IRDP al di sotto di 500 mg O2 kgsv-1 h-1; di norma tale valore si raggiunge dopo 25 gg (600 ore)

Nel MM il materiale, dopo il trattamento di micronizzazione, viene rivoltato e irrorato d’aria e acqua fino ad una riduzione dell’IRDP sotto 500 mg O2 kgsv-1 h-1; di norma tale valore si raggiunge dopo 2–2,5 giorni (48-72 ore)

Emissioni medie [6] (1): CO2 = 150 kg/t CH4 = 0.85 kg/t NH3 = 0.8 kg/t N2O = 0.1 kg/t

Emissioni medie (2): CO2 = 11 kg/t, CH4 = 0.06 kg/t NH3 = 0.06 kg/t N2O = 0.01 kg/t

(1) emissioni da materia organica in lavorazione in TMB classico, per l’intero ciclo di trattamento di 28 gg (2) emissioni da materia organica in lavorazione in TMB assistito, per l’intero ciclo di lavorazione di 50 ore Tabella 3. Differenze tra TMB classici e TMB assistiti da micronizzazione


N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

97


NO RMA TI VA

98


NUOVI STRUMENTI DI ORIENTAMENTO IN MATERIA DI SOTTOPRODOTTI I CAMBIAMENTI NELLA DISCIPLINA DEI SOTTOPRODOTTI CON IL D.M. N. 264/2016 E LA CIRCOLARE MATTM N. 7619/2017 di Rosa Bertuzzi e Andrea Tedaldi*

I

l 2 marzo 2017 è entrato in vigore il D.M. 13 ottobre 2016, n. 264 recante “Criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti”. È seguita l’emanazione della circolare Prot. n. 7619 del 30 maggio 2017, corredata da un Allegato tecnico-giuridico di approfondimento, con cui il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha fornito alcuni chiarimenti interpretativi volti ad un’applicazione più agevole del nuovo regolamento. Il D.M. n. 264/2016, adottato sulla base dell’art. 184-bis, c. 2 del D.lgs. n. 152/2006 (cd. Codice dell’Ambiente), rappresenta un utile strumento a disposizione di tutti i soggetti inte-

ressati per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 184-bis cod. amb. per la qualificazione di un residuo di produzione come sottoprodotto anziché come rifiuto [1]. Un testo, dunque, volto ad incentivare - in presenza delle condizioni di legge - l’utilizzo dei materiali residuali nello stesso o in altro ciclo produttivo, in attuazione del principio di prevenzione della formazione di rifiuti e della promozione dell’applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti. L’art. 184-bis cod. amb. prevede che, al fine di considerare i residui dei processi produttivi come sottoprodotti e non come rifiuti, è necessaria la sussistenza delle seguenti condizioni: “a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui co-

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

stituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana”. Come precisato dall’art. 4 del nuovo regolamento, in ogni fase della gestione del residuo - dal momento della sua

99


NO RMA TI VA

produzione fino al suo impiego da parte del produttore medesimo o, in caso di cessione del residuo, dal soggetto detentore - è necessario fornire la prova che siano soddisfatte siffatte condizioni, pena la perdita della qualifica di sottoprodotto e l’inclusione nel novero dei rifiuti, con i conseguenti oneri di gestione e l’applicazione del relativo trattamento sanzionatorio (in tema di onere della prova della qualifica di sottoprodotto in capo all’utilizzatore, cfr., da ultimo, T.A.R. Umbria, Sez. I, 17 gennaio 2017, n. 94). Il decreto in esame intende quindi predisporre alcuni strumenti probatori in grado di costituire un principio di prova della sussistenza dei requisiti fissati dal Codice dell’Ambiente. In ogni caso, occorre rimarcare - come precisato dalla circolare del 30 maggio scorso - che le modalità di prova delineate dal nuovo regolamento non vanno in alcun modo considerate come esclusive. Sicché, gli operatori potranno dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti con ogni mezzo, continuando ad applicare le procedure aziendali già in vigore. Gli strumenti probatori individuati dall’art. 5, cc. 4 e 5 del D.M. n. 264/2016 sono due: la documentazione contrattuale e la scheda tecnica. Quanto al primo di tali strumenti, la richiamata circolare chiarisce come i documenti contrattuali possano certamente fornire la prova del requisito della “certezza dell’utilizzo”, rappresentando l’esistenza di rapporti o impegni negoziali fra il produttore del residuo, eventuali intermediari e l’uti-

100

lizzatore finale. La possibilità di dimostrare la sussistenza anche degli altri requisiti tramite tale documentazione dipenderà invece dallo specifico contenuto di quest’ultima. Più efficace risulta invece la scheda tecnica, la cui compilazione - che può in concreto avvenire, per alcune sue parti, solo in fasi successive a quella della produzione del residuo - consente di fornire la dimostrazione di tutte le condizioni fissate dall’art. 184-bis cod. amb. Essa richiede infatti di precisare l’anagrafica del produttore, le informazioni tipologiche e qualitative del sottoprodotto, nonché la sua destinazione, i tempi e le modalità di deposito e movimentazione, l’organizzazione e la continuità del sistema di gestione. La scheda tecnica dovrà poi essere vidimata presso la Camera di commercio competente e accompagnata da una dichiarazione di conformità in caso di cessione del sottoprodotto. Venendo all’analisi delle condizioni fissate dal Codice dell’Ambiente, occorre prendere le mosse dal primo requisito richiesto dall’art. 184-bis: l’origine del residuo da un processo di produzione il cui scopo primario è diverso dalla produzione dello stesso. In tal modo il legislatore ha posto una linea di demarcazione fra “sottoprodotto” e “prodotto” chiarendo che, qualora un materiale o una sostanza sia ottenuta deliberatamente nell’ambito di un processo produttivo o come risultato di una precisa scelta tecnica, si ricade nella nozione di “prodotto”. Peraltro, come correttamente rilevato

dalla dottrina, la formulazione al singolare della norma - “scopo primario” - non deve condurre ad affrettate interpretazioni restrittive, essendo sempre necessario domandarsi se un materiale sia stato programmato e voluto dall’impresa, sia esso principale o secondario. Ciò in quanto “in presenza di più beni realizzati” è ben possibile che ve ne sia “uno che spicca come principale (o se si vuole: primario) ma esso rientra, come tutti gli altri, nel significato proprio - giuridicamente rilevante - di articoli voluti dall’imprenditore e dunque espressamente programmati, in funzione dello scopo unitario del processo produttivo” [2]. L’ulteriore requisito della certezza del riutilizzo - nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi - è condizione vagliata con particolare rigore dalla giurisprudenza (al riguardo, da ultimo, Cass. Pen., Sez. III, 6 luglio 2017, n. 41607 secondo cui “la mancanza di certezze iniziali sull’intenzione del produttore/ detentore del rifiuto di disfarsene e l’eventualità di un suo riutilizzo legata a pure contingenze, impedisce in radice che esso possa essere qualificato come sottoprodotto”). Sul punto, particolarmente efficace può risultare la scheda tecnica introdotta dal D.M. n. 264/2016, nonché la presenza di un contratto tra il produttore o il detentore e l’operatore che intende procedere all’impiego del residuo. In ogni caso - ferma la libertà probatoria cui si è fatto cenno - risulterà necessario che, già al momento della


sua formazione, la destinazione del sottoprodotto al successivo riutilizzo sia certa e dimostrabile [3]. Si consideri al riguardo che la circolare n. 7619 ha indicato che, nell’ipotesi in cui all’atto della produzione del residuo non sia immediatamente identificato il destinatario del sottoprodotto, dovranno quantomeno essere precisate le informazioni relative all’attività o al settore di destinazione, considerate le specifiche tecniche del residuo, che lo rendono idoneo a determinati utilizzi. L’ulteriore requisito posto dall’art. 184bis cod. amb., l’utilizzo del residuo senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale, è teso ad evitare che attraverso interventi volti a ridurre la concentrazione di sostanze inquinanti o pericolose, possano essere eluse le disposizioni in materia di gestione dei rifiuti e le necessarie cautele ed autorizzazioni. Se la ratio di tale condizione è dunque chiara, maggiori dubbi sorgono in riferimento al limite temporale entro cui siffatte operazioni possono essere eseguite [4]. Il D.M. n. 264/2016 sembra al riguardo aver optato per una soluzione restrittiva. L’art. 6, c. 2 ammette infatti i processi e le operazioni volti a rendere le caratteristiche ambientali e sanitarie del residuo idonee al suo utilizzo, ma a condizione che tali attività costituiscano “parte integrante del ciclo di produ-

zione del rifiuto”. Sulla base dell’ultima condizione richiesta dall’art. 184-bis cod. amb., la legalità dell’utilizzo del sottoprodotto, è necessario che il residuo soddisfi - per l’utilizzo specifico tutti i requisiti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente, e che non comporti impatti complessivi negativi per l’ambiente e la salute umana. Occorrerà dunque fare riferimento laddove esistente - alla normativa che definisce modalità o requisiti di impiego per un determinato utilizzo. In assenza di specifiche previsioni, dovrà in ogni caso essere garantita la compatibilità dell’utilizzo del sottoprodotto rispetto all’ambiente e alla salute umana. Passate in rassegna le caratteristiche fissate dal Codice dell’Ambiente, occorre ora fare menzione all’art. 8 del D.M. n. 264/2016, il quale detta previsioni in materia di deposito e movimentazione dei residui. Al fine di assicurare la certezza del suo riutilizzo, il sottoprodotto deve essere depositato e movimentato nel rispetto delle specifiche norme tecniche - se previste - e, in ogni caso, in conformità a regole di buona condotta volte ad evitare l’insorgenza di qualsiasi problematica ambientale e a garantire l’integrità dei sottoprodotti evitando la loro commistione con rifiuti. Il deposito e il trasporto possono essere effettuati anche accumulando sotto-

prodotti provenienti da diversi impianti o attività, purché abbiano le medesime caratteristiche e non ne vengano pertanto alterate le caratteristiche che ne garantiscono l’utilizzo. Se dunque il deposito dei sottoprodotti è consentito, non si deve mai dimenticare che il loro reimpiego deve essere certo, sussistendo - inevitabilmente - una presunzione negativa qualora il deposito sia protratto per lungo tempo, denunziando ex se la mancanza della iniziale certezza del loro riutilizzo prima ancora della loro produzione (in tal senso, Cass. Pen., n. 41607/2017 cit.). Nell’ottica succitata di favorire lo scambio e la cessione dei sottoprodotti, l’art. 10 del D.M. 264/2016 prevede che le Camere di Commercio territorialmente istituiscano un apposito elenco in cui i produttori e gli utilizzatori di sottoprodotti possano iscriversi. Una facoltà, dunque, e non un obbligo, in alcun modo incidente sulla qualificazione di un materiale come sottoprodotto. Una menzione conclusiva va infine riservata all’Allegato I del regolamento in esame, il quale detta specifiche disposizioni applicabili alle biomasse residuali destinate all’impiego per la produzione di biogas e di energia mediante combustione. *Ambienterosa, Consulenze Legali Ambientali

NOTE

[1] Come precisato dall’art. 3, il D.M. n. 264/2016 non trova applicazione in riferimento ai prodotti, ai materiali di cui all’art. 185 cod. amb. (ovvero, di quelle sostanze escluse dal regime dei rifiuti), ai residui derivanti da attività di consumo. Rimangono inoltre salve le disposizioni speciali adottate per la gestione di specifiche categorie e tipologie di residui, tra cui il nuovo D.P.R. n. 120/2017 in materia di terre e rocce da scavo. [2] P. Giampietro, Quando un residuo produttivo va qualificato “sottoprodotto” (e non “rifiuto”) secondo l’articolo 5 della direttiva 2008/98/CE, in www.ambientediritto.it [3] Al riguardo, la circolare MATTM chiarisce la necessità che “sin dal momento della produzione, l’attività o l’impianto in cui il residuo deve essere utilizzato sia già individuato, ovvero, quanto meno, che sia individuabile in considerazione delle specifiche caratteristiche possedute del materiale che ne rendono compatibile l’impiego in determinati cicli produttivi”. [4] Sul punto, V. Paone, Sottoprodotti e normale pratica industriale: non c’è proprio pace!, in Ambiente & sviluppo, n. 7/2017

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

101



NOR M AT I VA

INCENERITORI: CONDIZIONI ANOMALE DI FUNZIONAMENTO INTERPRETAZIONI E CONSIDERAZIONI SUL COMMA 3 DELL’ART. 237-OCTIESDECIES D.LGS. 152/2006 CHE DISCIPLINA ANOMALIE E SUPERAMENTI DEI LIMITI DI EMISSIONE di Cinzia Silvestri*

I

l D.lgs. 46/2014 (vigente dal 11.4.2014) ha inserito gli artt. 237bis ss. nel D.lgs. 152/2006 Parte Quarta Titolo III-bis, ovvero la normativa speciale dettata dal D.lgs. 133/2005 sull’incenerimento e coincenerimento dei rifiuti. Tale normativa è dedicata al funzionamento degli impianti d’incenerimento nella loro peculiarità. Il processo d’incenerimento infatti non è equiparabile ad altri processi e si esprime con la specialità di disciplina. Si pensi, ad esempio, che la violazione tabellare delle emissioni d’impianto d’incenerimento troverà per alcuni casi riferimento nella normativa di cui agli art. 237bis ss. D.lgs. 152/2006, per altri casi bisognerà disturbare invece la normativa di cui agli art. 267 ss. D.lgs. 152/2006 [1]. Il rinvio operato dall’art. 267 comma 2 D.lgs. proprio alla normativa di cui agli art. 237bis ss. ribadisce la specialità tra le normative.

CONDIZIONI ANOMALE DI FUNZIONAMENTO E SANZIONE

Recita l’art. 237 – octiesdecies [2] (condizioni anomale di funzionamento) comma 3: “Fatto salvo l’art. 237 octies comma 11 lettera c) per nessun motivo in caso di superamento dei valori limite di emissione, l’impianto d’incenerimento o di coincenerimento o la linea d’incenerimento può continuare ad incenerire rifiuti per più di 4 ore consecutive…”. Tal inciso, che ha subito varie interpretazioni, trova sanzione nell’art. 261bis [3] comma 5 D.lgs. 152/2006 laddove prevede: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato chiunque effettua attività d’incenerimento o di coincenerimento di rifiuti nelle condizioni di cui all’art. 237 octiesdecies comma 3 superando anche uno solo dei

limiti temporali ivi previsti è punito con l’arresto fino a nove mesi e con l’ammenda da € 5000 a € 30.000”. Una contravvenzione che trova spesso applicazione distorta.

“…CONTINUARE AD INCENERIRE”

La condotta punita dall’articolo sopra citato si sostanzia nel “continuare ad incenerire”. La lettura della normativa [4], permette di comprendere che l’inceneritore deve sempre mantenere un’elevata temperatura (min. 850 gradi) in grado di “incenerire” i rifiuti; proprio l’incenerimento, l’elevata temperatura (che deve essere mantenuta a tutti i costi salvo casi eccezionali descritti dallo stesso legislatore) permette di evitare fenomeni d’inquinamento a tutela della salute e dell’ambiente; tutela che si ottiene solo applicando al meglio le tecnologie disponibili. Il legislatore [5] ha compreso il meccanismo peculiare degli impianti d’incenerimento ed ha indicato le condizioni di esercizio degli impianti (art. 237 octies) ovvero “siano portati in modo controllato ed omogeneo anche nelle condizioni più favorevoli ad una temperatura di almeno 850 gradi…” ; il legislatore definisce, descrive cosa significa incenerire che non è esattamente “bruciare”, non è una semplice combustione. La temperatura è talmente importante che il legislatore al comma 11 dell’art. 237 octies [6] impone di “...impedire l’alimentazione di rifiuti in camera combustione...” in una serie di casi indicati alle lett. a), b) c) ovvero quando, ad esempio, non sia raggiunta la “temperatura o quando le misurazioni in continuo [7] degli inquinanti negli effluenti indichino il superamento di uno qualsiasi dei valori limite di emissione, a causa del cattivo funziona-

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

mento o di un guasto dei dispositivi degli scarichi gassosi...”. Ciò che importa rilevare è che la Legge, il sistema, prevede alcuni casi tassativi in cui, laddove la temperatura scenda sotto la misura indicata dalla legge, è d’obbligo bloccare l’alimentazione dei rifiuti nell’impianto. Si badi che il legislatore in questi casi non obbliga all’arresto, fermo dell’impianto, ma solo a bloccare, impedire ulteriore alimentazione dei rifiuti in impianto [8]. Sulla natura dell’incenerimento, cosa significhi e sulla corretta lettura della normativa speciale la giurisprudenza ha proposto interpretazioni frutto della non comprensione proprio del sistema “incenerimento”. A dire il vero manca il dialogo tra diritto (giurisprudenza) e tecnica scientifica. L’uno non comprende l’altro. Il legislatore disciplina inceneritori, non altri impianti; si riferisce ad una peculiare realtà anche tecnica che non ammette generalizzazioni o estensioni interpretative dubbie.

“ANOMALIA”

L’art. 237 octiesdecies disciplina proprio le condizioni anomale di funzionamento dell’impianto. Il legislatore si badi riconosce insito nel sistema “incenerimento”, e alla luce della complessità tecnica, l’accadimento di un’anomalia, di un guasto, di una condizione anomala, quali eventi fisiologici alla vita dell’impianto; non esiste impianto che non registri anomalie che però devono essere lette nel particolare contesto in cui si trovano. L’anomalia è prevedibile nel suo accadimento ma non certo nella sua causa. Il legislatore al comma 1 dell’art. 237 octiesdecies prevede la possibilità, in sede di autorizzazione, di indicare

103


NO RMA TI VA

vedibilità invero richiede la conoscenza di una serie di eventi dello stesso segno che divengono prevedibili e dunque evitabili. Anche in questo punto si registra distanza tra il diritto (giurisprudenza) e la tecnica. *Studio Legale Ambiente

periodi massimi di tempo durante i quali a causa di disfunzionamenti guasti o arresti tecnicamente inevitabili dei dispositivi di depurazione, di misurazione è possibile superare i valori limite di emissione. Il superamento dei limiti di emissione è dunque fisiologico alla vita dell’impianto non è un evento da sanzionare di per sé (come accade invece nella pratica applicativa delle amministrazioni con avvallo purtroppo anche della giurisprudenza). A dire il vero è difficile inserire in sede autorizzativa simile previsione in deroga, rimane però la previsione legislativa importante che ha compreso la particolare complessità del sistema incenerimento laddove il guasto, l’anomalia è fisiologico e che la violazione tabellare di per sè non è sanzionabile sempre e comunque anche se deriva da guasto.

“APPENA POSSIBILE”

Il comma 2 prevede che in caso di guasto, senza violazione tabellare, il gestore riduca o arresti l’attività appena possibile finchè sia ristabilito il normale funzionamento. Giova precisare che il legislatore ammette la condizione anomala, il guasto, che considera fisiologico, ma non impone un tempo di ripristino proprio in forza della complessità che alcuni guasti presentano nell’individuazione della causa. Impone però di ridurre o arrestare l’attività. Il Legislatore è molto cauto nel chiedere l’arresto dell’impianto perché sa che l’impianto assolve la sua funzione, nel rispetto della salute e dell’ambiente, proprio quando è in funzione alla temperatura utile e necessaria per incenerire. Ogni arresto è pericoloso e complesso perché porta alla riduzione della temperatura e all’avviamento successivo foriero di potenziale inquinamento. Dunque in caso di guasto, si badi senza violazione tabellare, è possibile prendersi tutto il tempo per il ripristino a seconda del tipo di anomalia e valutare se sia opportuno ridurre l’attività o arrestarla.

“PER NESSUN MOTIVO”

In questo quadro di riferimento il legisla-

104

tore disciplina al comma 3 dell’art. 237 octiesdecies del Dlgs. 152/2006, diverse ipotesi. Fatte salve le ipotesi in cui è obbligatorio non alimentare l’impianto con i rifiuti (art. 237 octies co. 11) se: 1. si verifica un’anomalia dell’impianto (ad esempio, guasto,) 2. nonché il superamento dei limiti di emissione, “per nessun motivo”, dice il legislatore l’impianto d’incenerimento può continuare ad incenerire rifiuti per più di 4 ore consecutive. Che cosa vuol dire? Significa che in presenza dei due presupposti (anomalia di funzionamento e violazione tabellare -anche solo di qualche semi ora) il gestore dell’impianto non può continuare ad incenerire e dunque, con corretta lettura, non può mantenere la temperatura utile all’incenerimento bensì deve portare lentamente all’arresto l’impianto entro le 4 ore. Pare semplice ma non lo è. Ed invero si sono aperte delle falle interpretative laddove, ad esempio, a fronte dello spegnimento dell’impianto nelle 4 ore, imposte dalla legge, è sorto il problema di sanzionare, disciplinare il caso in cui alcuni rifiuti rimasti sulla griglia dopo la chiusura della tramoggia e con l’impianto fermato [9], continuino a bruciare: quale normativa applicare? La giurisprudenza ha inteso applicare comunque la normativa sugli inceneritori ritenendo che “bruciare” significhi “incenerire” [10]. Non solo. E’ sorto il dubbio anche che il reato si concreti solo quando la violazione tabellare continua “oltre le 4 ore” dimenticando la peculiarità della condotta sanzionata dall’art. 237 octiesdecies citato e la ratio della norma. Anche il concetto di prevedibilità giuridica dell’evento deve trovare giusto temperamento nell’ambito della normativa sugli inceneritori proprio per la peculiare complessità tecnica; l’eventuale colpa e la prevedibilità dell’evento deve essere posta in relazione non tanto con l’accadimento, ritenuto dal legislatore fisiologico alla vita dell’impianto, quanto alla conoscibilità nella causa ex ante, prima dell’evento. La pre-

NOTE

[1] Art. 267 co. 2 Dlgs. 152/2006 (vigente dal 11.4.2014); Per gli impianti d’incenerimento e coincenerimento e gli altri impianti di trattamento termico dei rifiuti i valori limite di emissione e altre prescrizioni sono stabiliti nell’autorizzazione di cui all’articolo 208 o nell’autorizzazione integrata ambientale di cui al Titolo III-bis alla Parte Seconda. I valori limite e le prescrizioni sono stabiliti, per gli impianti d’incenerimento e coincenerimento sulla base del Titolo III-bis della Parte Quarta e dei piani regionali. [2] Articolo che replica il previgente art. 16 comma 3 Dlgs. 133/2005. [3] Articolo che replica senza modifiche il previgente art. 19 comma 5 Dlgs. 133/2005 [4] La comprensione del comma 3 dell’art. sopra riferito, passa attraverso la lettura in combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 237 octiesdecies e del richiamato art. 237 octies comma 11. [5] Del Dlgs. 133/2005 art. 1 ss., come quello dell’odierno 237 bis Dlgs. 152/2006 [6] Art. 237 octies comma 11:” Gli impianti d’ incenerimento e di coincenerimento sono dotati di un sistema automatico per impedire l’alimentazione di rifiuti in camera di combustione nei seguenti casi: a) all’avviamento, finché non sia raggiunta la temperatura minima stabilita ai commi 3, 4 e 5 e la temperatura prescritta ai sensi dell’articolo 237-nonies; b) qualora la temperatura nella camera di combustione scenda al di sotto di quella minima stabilita ai sensi dei commi 3, 4 e 5, oppure della temperatura prescritta ai sensi dell’articolo 237-nonies; c) qualora le misurazioni in continuo degli inquinanti negli effluenti indichino il superamento di uno qualsiasi dei valori limite di emissione, a causa del cattivo funzionamento o di un guasto dei dispositivi di depurazione degli scarichi gassosi…” [7] Il riferimento è al sistema di monitoraggio in continuo (SME ) delle emissioni collocato sul camino stesso dell’impianto che fornisce lettura in tempo reale delle emissioni solo con riferimento ai “microinquinanti”. [8] Per ogni operatore che si rispetti ciò significa non alimentare, non introdurre rifiuti dalla bocca dell’inceneritore, dalla tramoggia, tanto che sono previste delle chiusure automatiche dell’impianto. [9] Non si è compreso ad esempio che l’impianto d’incenerimento si spegne con i bruciatori e con il ventilatore acceso e proprio la complessità dello spegnimento che non può essere assimilato a qualsiasi elettrodomestico o altro impianto [10] Laddove invece è disponibile altra normativa proprio negli articoli 267 ss. Dlgs. 152/2006 che disciplinano il diverso caso dei rifiuti che bruciando producono emissioni



VETRINA

RUBR I C H E

NUOVE CESOIE INDECO ISS 30/50: IL MERCATO DOMANDA, INDECO RISPONDE

Forte dell’esperienza accumulata negli ultimi anni nei settori riciclaggio e demolizione, con il lancio della nuova cesoia ISS 30/50, Indeco ha voluto ripensare e ottimizzare la gamma di prodotti ISS cesoie Idrauliche. Le novità introdotte con la ISS 30/50 saranno gradualmente adottate anche su tutti gli altri modelli. I clienti Indeco sono ormai abituati a prodotti che offrono qualità e performance superiori alla media, in particolar modo per quanto riguarda i martelli demolitori. Per questo, pur apprezzando le cesoie idrauliche della serie ISS, hanno spesso richiesto ulteriori miglioramenti delle loro caratteristiche quali: una maggiore forza in chiusura, allungamento della vita delle parti di usura, un ciclo di apertura-chiusura (già il migliore tra tutti i concorrenti) ancora più rapido ed efficiente, cesoie sempre più robuste e dalle dimensioni sempre più compatte. Il reparto R&D di Indeco ha raccolto la sfida, rispondendo alle richieste con il nuovo modello ISS 30/50. Già dall’aspetto si notano delle importanti differenze: la cesoia è infatti più corta del 25% rispetto ai modelli attuali, pur raggiungendo in proporzione un’apertura massima superiore. Il cilindro idraulico è stato riprogettato e aumentato nelle dimensioni. Questo, da una parte fa sì che la relativa forza massima di taglio risulti maggiorata, dall’altra determina l’incremento di velocità dei cicli di lavorazione a vuoto (apertura-chiusura), anche grazie a una valvola rigenerativa appositamente ridisegnata. Entrambe le ganasce, fissa e mobile, sono state irrobustite fino al 40%. In ultimo, grazie alla quarantennale esperienza di Indeco nei trattamenti termici, sono state apportate delle modifiche al materiale e al trattamento dei principali coltelli al fine di esaltarne la durata e la resistenza all’usura. Con gli stessi criteri innovativi della ISS 30/50 è stato concepito anche il modello ISS 35/60. Le due cesoie vanno così a prendere il posto della vecchia ISS 30/60, accontentando in questo modo sia i clienti che preferiscono contenere il peso dell’attrezzatura mantenendo prestazioni di taglio importanti, sia quelli che richiedono le massime prestazioni e non hanno problemi a utilizzare macchine operatrici leggermente più pesanti.

I.C.A.M. LAVORA DA PIÙ DI 60 ANNI NELLA MECCANICA

I.C.A.M. si distingue sul mercato per l’alta qualità e precisione di componenti di meccanica pesante offrendo progettazione oppure lavorazione oppure entrambe. La sua produzione spazia su numerosi settori di mercato fornendo componenti e semi assemblati e lavorando tutti i tipi di materiali tra cui inox, superduplex, inconel e similari. Partendo da forgiati, I.C.A.M. produce componenti con tolleranze geometriche e dimensionali strettissime, nonché componenti che lavorano a più di 1000 bar. I.C.A.M. è specializzata in prototipi e in lavorazioni di larga scala, realizzati con professionalità e grande attenzione nei minimi dettagli. Tutti i lavori sono considerati strettamente riservati, proteggendo la risorsa intellettuale del cliente. Veloce e flessibile, consegna in tutto il mondo, grazie ad accordi con molte società di trasporto.

106


BACKSENSE® DI BRIGADE ELETTRONICA: IL RADAR PER IL RILEVAMENTO OSTACOLI PRECISO E SICURO

Brigade Elettronica presenta Backsense®, un radar che segnala la presenza di ostacoli in un’area variabile tra 3 e 30 metri di lunghezza e tra 2 e 10 metri di larghezza e che funge da sistema anticollisione. Backsense® è affidabile e preciso, grazie all’utilizzo della tecnologia FMCW (Frequency Modulated Continuous Wave), ed è disponibile anche in un modello completamente programmabile, che permette di escludere oggetti fissi o elementi della carrozzeria. Il sensore è solido, resistente alle vibrazioni e alle alte/basse temperature, nonché impermeabile ad acqua, fumo, sabbia, polvere e fango; si collega a un display alloggiato in cabina di semplice lettura, con cinque LED corrispondenti alle cinque zone intorno al mezzo, che consentono di individuare immediatamente la parte a rischio collisione. Backsense® prevede, inoltre, un avvertimento sonoro, con un cicalino regolabile da 65 a 90 dB, udibile negli ambienti rumorosi. E’ adatto alla cantieristica e all’industria pesante ma anche per applicazioni più leggere. Non solo, le versioni a fascio ristretto sono particolarmente indicate per i mezzi di raccolta rifiuti, perché Backsense® può essere impostato in modo da non rilevare il meccanismo di sollevamento bidoni, impedendo così falsi allarmi. Per una sicurezza totale, può attivare allarmi di retromarcia, luci di sicurezza, telecamere e registratori digitali, confermando la vision di Brigade: rendere le strade e i cantieri più sicuri.

TREVI BENNE: SERIE PREMIUM Insoddisfatti delle performance di un demolitore standard? Ecco la soluzione: attrezzature da demolizione Premium con valvola moltiplicatrice di potenza Booster. Rapide. Potenti. Produttive. Le attrezzature da demolizione Trevi Benne della Serie Premium sono dotate di una valvola moltiplicatrice di potenza Impact Booster che permette all’utilizzatore professionale di disporre di uno strumento perfetto per ogni intervento di demolizione, riciclaggio, bonifica e recupero ambientale. Un vero e proprio concentrato di pura tecnologia e potenza. La valvola Impact Booster consente di moltiplicare la potenza – intesa come pressione di esercizio dell’escavatore – raggiungendo un picco di 750 bar, entrando in azione in modo automatico quando il materiale da demolire offre una grande resistenza. Ecco alcune testimonianze di chi ha scelto la Serie Premium. Sig. Bisognin, ECO – VENETA: “Rispetto al frantumatore precedente, con il nuovo modello F 23P abbiamo operato un vero e proprio salto di qualità sia in termini di velocità che di potenza. Questo consente di diminuire i cicli di apertura e chiusura delle mascelle, si traduce in tempo guadagnato e in un sostanziale incremento di produttività”. Sig. Radicchi, RAD SERVICE: “La preferenza accordata a questa pinza primaria HC 18P è stata valutata sulla base della notevole velocità e potenza necessaria per il collasso delle strutture in calcestruzzo e ferro dell’edificio, perfettamente adatta alle lunghe sessioni di demolizione controllata su un braccio lungo da demolizione”. Sig. Brunner, BRUNNER MATTHIAS & LEITER PAUL “Siamo rimasti molto impressionati dalla velocità di apertura e chiusura delle ganasce di questo frantumatore FR 28P e, in particolare, dalla potenza di schiacciamento della mascella. Il dispositivo Impact Booster si è realmente tradotto in ‘tempo guadagnato’ e in un sostanziale incremento di produttività. Inoltre, il frantumatore è semplice da utilizzare: aggredisce il manufatto da frantumare e… lo frantuma!”.

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

107


VETRINA

RUBR I C H E

CMB, THE NEW RANGE IS GROWING

CMB nasce come officina di carpenteria metallica, da un’idea del suo titolare Enzo Bressanello. Per 20 anni tutte le energie convergono per formare le maestranze nella costruzione, conto terzi, di attrezzature per macchine operatrici, movimento terra, demolizione e riciclaggio. Grazie agli ottimi risultati conseguiti e forte dell’esperienza maturata nel settore, CMB si sente finalmente pronta ad affacciarsi sul mercato come costruttore a tutti gli effetti. La pianificazione di rinnovamento ed espansione è iniziata ufficialmente lo scorso anno, con lo slogan “THE NEW RANGE IS GROWING” lanciato in occasione della rassegna Ecomondo. Da subito il team ha previsto anche l’internazionalizzazione, ponderando e strutturando un’azione di marketing, al fine di affacciarsi anche sui mercati internazionali con idonei strumenti e senza temere la concorrenza. CMB non significa solo produzione di macchine per la demolizione il riciclaggio e il forestale. Il maggiore fattore di successo è quello di saper ascoltare le esigenze del mercato e assistere i clienti crescendo insieme. Ogni linea di prodotto CMB è sviluppata da un team di esperti, sempre in stretta collaborazione con i propri clienti. Lo studio, la progettazione e la produzione avvengono nello stesso stabilimento, garantendo così un alto livello di qualità e la massima affidabilità dei prodotti, merito dell’elevato standard tecnologico dei materiali speciali utilizzati e della cura costruttiva. L’obiettivo è quello di arrivare ad offrire una gamma di prodotti che soddisfi le esigenze dei clienti e sia in grado di ottimizzare e migliorare costantemente le aree di applicazione. Chi sceglie CMB, infatti, sa di poter contare su di un team unito ed efficiente, capace di risolvere in modo rapido ed efficace qualsiasi esigenza e problema di assistenza.

B&R, 30 ANNI DI CRESCITA IN ITALIA Dal giorno in cui una lungimirante società di ingegneria austriaca - specializzata in elettronica di controllo e sistemi per l’automazione industriale - decise di investire nel nostro Paese sono passati 3 decenni. In questi 30 anni, quello che è nato come un dinamico gruppo di 3 persone è cresciuto fino a sfiorarne 100, diventando il secondo paese per importanza nel turnover globale B&R Ha sicuramente giocato un ruolo importante la capacità di assecondare - e nella maggior parte dei casi anticipare - le necessità dell’industria con prodotti all’avanguardia e con una soluzione da sempre totalmente integrata. Determinante è anche la filosofia di interconnessione e integrazione, promossa in modo sistematico da B&R, e divenuta oggi tanto attuale grazie all’avvento dello Smart manufacturing e del piano nazionale Industria 4.0. Questa visione ha sempre animato e guidato lo sviluppo tecnologico in casa B&R, dotando gli OEM e l’industria manifatturiera di vantaggi competitivi sui loro mercati. Oltre alla tecnologia, a portare l’arancione a diffondersi e guadagnare quote di mercato italiano anno dopo anno, sono state la reattività e la competenza profuse in ogni ruolo aziendale. In ogni occasione, dal primo incontro commerciale, alla formazione specialistica, al supporto tecnico, allo sviluppo dell’applicazione, al servizio post vendita, alle attività di marketing e comunicazione congiunte, per le persone B&R c’è sempre l’obiettivo di sostenere e supportare al meglio le esigenze delle aziende per quelle che sono le specifiche necessità. A fare la differenza è una predisposizione personale del team B&R, che ci mette la passione per il proprio lavoro e l’attenzione per il cliente, che va oltre il mero e dovuto rapporto professionale. Questo si traduce in rapporti di partnership duraturi con i clienti, che sanno di avere in ogni situazione qualcuno che può ed è ben disposto ad aiutarli, con competenza e con l’assistenza di una rete globale di persone con esperienza nei diversi settori industriali. Chiaramente B&R non sarebbe diventata quella che è oggi senza poter contare sulle aziende italiane, dinamiche e tuttavia solide, in grado di creare macchine che competono e vincono sul mercato globale, con prestazioni al top di gamma e la capacità di creare soluzioni innovative per ogni nuova esigenza. Sappiamo di dovere a loro i nostri successi. A loro, che accettano e condividono questo spirito di collaborazione, sono rivolti la nostra dedizione e il rispetto che meritano.

108


MELONI: A STORY IN MOTION, UN’EVOLUZIONE CONTINUA A SERVIZIO DEL CLIENTE Meloni opera nel comparto del sollevamento, della movimentazione e dello stoccaggio, offrendo macchinari riconosciuti dal mercato di riferimento per la loro qualità e per la bontà del servizio di post-vendita. Carroponti e nastri trasportatori, accessori sotto gancio, carri trasbordatori, argani, gru a bandiera sono solo alcuni dei prodotti che compongono l’offerta Meloni, destinata a un’ampia gamma di settori produttivi: nucleare, aerospaziale, ferroviario, navale, siderurgico, energetico solo per citarne alcuni. Competenza e flessibilità rendono i prodotti Meloni altamente affidabili e specifici per il campo in cui vengono utilizzati. All’interno di uno stesso settore, tale specificità si differenzia ulteriormente per offrire al cliente finale una reale soluzione su misura. Il capitale umano, il know-how specialistico e la continua innovazione sono i driver principali che hanno consentito all’azienda di affermarsi in maniera consapevole e sostenibile in uno scenario competitivo nazionale e internazionale che evolve rapidamente. “Non de-localizzare ma mantenere salda la produzione nell’indotto locale, valorizzandone la competenza specialistica”, questa è la sfida raccolta dalla direzione Meloni. Nell’ambito dell’Energy from Waste, il marchio Meloni® viene riconosciuto come leader di prodotto per la decennale esperienza maturata attraverso la collaborazione con i major player di settore a livello nazionale e internazionale.

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

109


RUBR I C H E

APPUNTAMENTI MCT PETROLCHIMICO

SAN DONATO MILANESE, 30 NOVEMBRE 2017

mcT Petrolchimico - Mostra Convegno Tecnologie per l’Industria Petrolchimica - è la vera iniziativa verticale di riferimento per i professionisti impegnati nel settore del Petrolchimico e dell’industria di Processo. Giunto quest’anno alla nona edizione l’evento, organizzato da EIOM, oltre alla sessione congressuale, prevede un’importante area espositiva e una serie di workshop tecnico-applicativi pomeridiani di approfondimento, così da consentire agli operatori di esaminare in modo specifico le tecnologie del momento.

www.eiomfiere.it/mctpetrolchimico_milano

KLIMAHOUSE

BOLZANO, DAL 24 AL 37 GENNAIO 2018

Fiera di riferimento a livello nazionale, Klimahouse dimostra come nell’edilizia esistano una serie di tecniche alternative ed economiche in grado di garantire un consistente risparmio energetico. Formula vincente della manifestazione è il calibrato mix tra uno spazio espositivo, dedicato alle novità di prodotto proposte dalle aziende di settore, e gli articolati programmi di eventi formativi e informativi messi a punto con partner di primo piano. La crescente richiesta di partecipazione da parte di aziende del settore a Klimahouse ha portato Fiera Bolzano a individuare una formula innovativa in ambito fieristico rendendola oggi un riconosciuto Polo fieristico Italiano della sostenibilità. Per questa edizione, formula inedita per Klimahouse, la manifestazione inizierà il mercoledì e si chiuderà il sabato.

www.fierabolzano.it/klimahouse

SICON

TAORMINA, 8-10 FEBBRAIO 2018

Il workshop SiCon, Esperienze negli interventi di risanamento, ci attende in questa edizione a Taormina dove verranno analizzati e condivisi casi di studio e interventi su scala reale di risanamento e messa in sicurezza di siti contaminati, con particolare approfondimento degli aspetti procedurali e tecnico-operativi, favorendo altresì il confronto tra Accademia, Enti ed Istituzioni, Associazioni di categoria e comparto Industriale e dei Servizi. Sono inoltre previsti, in un’area dedicata, spazi espositivi a disposizione delle aziende del settore.

www.csisa.it/sicon2018.html

BIE EXPO

MILANO, DAL 13 AL 16 MARZO 2018

Fervono i lavori per BIE – Biomass Innovation Expo 2018, la nuova manifestazione dedicata al riscaldamento da biomasse e alle tecnologie legate alla produzione di energia termica attraverso la combustione delle sostanze legnose. BIE si svolgerà a Milano in concomitanza con la storica manifestazione MCE – Mostra Convegno Expocomfort e si svolgerà nel padiglione 6, adiacente ai padiglioni di MCE dedicati al riscaldamento, così da amplificare le sinergie tra le due manifestazioni. Seppure alla sua prima edizione, BIE avrà il vantaggio di poter godere della forza mediatica di MCE come palcoscenico internazionale dalla grande visibilità e risonanza nell’intera industria che a ogni edizione attira oltre 155.000 visitatori da tutto il mondo.

www.bie-expo.it

MECSPE

PARMA, DAL 22 AL 24 MARZO 2018

Mecpse è la fiera di riferimento per l’industria manifatturiera. Suddivisa in 12 Saloni tematici che offrono al visitatore una panoramica completa su materiali, macchine e tecnologie innovative e su iniziative uniche come Fabbrica Digitale 4.0, la manifestazione rappresenta la via italiana per l’industria 4.0. L’edizione 2018 rafforzerà ulteriormente il posizionamento di Mecspe come fiera internazionale delle tecnologie per l’innovazione, focalizzando l’attenzione su quegli ambiti applicativi che rappresentano le sfide che il comparto manifatturiero dovrà affrontare nel prossimo futuro.

www.mecspe.com

INTERMAT

PARIGI, DAL 23 AL 28 APRILE 2018

Intermat 2018 avrà luogo a Parigi, dal 23 al 28 aprile, nella location del Paris Nord Villepinte Exhibition Centre. Intermat conferma il suo ruolo di fiera leader nel settore della costruzione e delle infrastrutture proponendo ai 1.500 espositori e 183.000 visitatori provenienti da 167 Paesi un programma fatto di innovazioni, convegni, opportunità di networking e analisi di mercato con la possibilità di accedere al potenziale dei grandi cantieri di costruzione. La manifestazione parigina radunerà in un unico spazio tutte le figure del settore: i leader mondiali nella costruzione, imprese edili, produttori, distributori e società di noleggio, i produttori e commercianti di materiali, project management, società di servizi e istituzioni finanziarie.

paris-en.intermatconstruction.com

110


APPUNTAMENTI

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E

111


Anno 10 - Numero 41 – Dicembre 2017 ISSN 2421-2938

Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin Collaboratori: Rosa Bertuzzi, Milena Bianchi, Maria Beatrice Celino, Claudia Ferrari, Michele Gorgati, Antonino Lombardo, Antonella Marra, Dario Panetta, Paolo Plescia, Mario Reale, Federico Rizzo, Cinzia Silvestri, Gian Luigi Soldi, Andrea Tedaldi, Laura Veneri, Carlo Zaffaroni.

ABBONATI

solo 40€ per 1 anno e 75€ per 2 anni 1 2

Telefona allo 011 749 79 64 Manda una mail a info@deaedizioni.it

3 Collegati al sito www.recoverweb.it

Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7497964 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it Grafica, disegni e impaginazione: Roberto Fatiga - email: grafica.advespa@gmail.com Abbonamenti: Italia annuo € 40,00 - estero annuo € 75,00 copia singola € 12,00 - arretrati € 14,00 Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@deaedizioni.it Stampa: Tipografica Derthona Strada Vicinale Ribrocca 6/5 - 15057 Tortona (AL)

4 Inquadra il codice

• Abbonamento annuale alla rivista (4 numeri) • Abbonamento biennale alla rivista (8 numeri) • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2016 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2015 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2014 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2013 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2012 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2011 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2010

Comitato Scientifico: Maria Rosaria Boni (Sapienza Università di Roma) Daniele Cazzuffi (CESI spa) Laura D’Aprile (MATTM, Roma) Luciano De Propris (Consulente ambientale) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Cuneo) Gian Luigi Soldi (Città Metropolitana di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino)

40€ 75€ 15€* 15€* 15€* 10€* 10€* 10€* 10€*

*Aggiungere 5€ per le spese di spedizione

Responsabilità: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista, nonché la loro riproduzione, è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità per il caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. Direzione, Redazione, Abbonamenti: DEA edizioni s.a.s Corso Tassoni 79/4 10143 Torino tel./Fax 011749 79 64 e-mail: info@deaedizioni.it - www.deaedizioni.it L’abbonamento è deducibile al 100%. Per la deducibilità del costo ai fini fiscali vale la ricevuta del versamento a norma (D.P.R. 22/12/86 n. 917 artt. 50 e 75). Conservare il tagliando - ricevuta, esso costituisce documento idoneo e sufficiente ad ogni effetto contabile. Non si rilasciano in ogni caso altre quietanze o fatture per i versamenti in c.c.p. Pubblicazione trimestrale Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. D.L. 353/2003 conv. in L.

MODALITÀ DI PAGAMENTO: Bonifico bancario a favore di DEA Edizioni s.a.s c/o Banca Unicredit - Ag. Torino Carducci - Via Nizza, 148 Torino - IBAN IT 34 U 02008 01 107 000100777828 Tutti i prezzi sono da intendersi IVA Inclusa/assolta

112

46/2004, art. 1, c. 1 - registrata presso il tribunale di Torino il 19 ottobre 2009 al n°56. Ai sensi del D. Lgs. 196/2003, informiamo che i dati personali vengono utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni edite da DEA edizioni s.a.s.. Telefonando o scrivendo alla redazione è possibile esercitare tutti i diritti previsti dall’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.



Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 10 n. 41 - ISSN 2421-2938 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

N°41

DICEMBRE 2 0 1 7

www.recoverweb.it

ALZA IL SIPARIO LA FIERA LEADER DELLA GREEN E CIRCULAR ECONOMY NELL’AREA EURO-MEDITERRANEA

ANALISI CRITICA DEL NUOVO DECRETO CHE RISCRIVE E RIUNISCE IN UN UNICO TESTO TUTTA LA DISCIPLINA SULLE TERRE E ROCCE DA SCAVO

LA COMPLESSA E DELICATA DECOSTRUZIONE DI DUE TORCE IN UN IMPORTANTE SITO INDUSTRIALE DI CREMONA

SINERGIE PUBBLICO/PRIVATO E INTERDISCIPLINARIETÀ COME STRUMENTI DI SUPPORTO PER LA RIGENERAZIONE DEI BROWNFIELD

N°41 2 0 1 7 D I C E M B R E


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.