RECOVER magazine n. 30

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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 8 n. 30 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

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Eco si rinnova e nasce

Un nome nuovo che consolida l’identità della rivista di riferimento dei settori

RICICLAGGIO BONIFICHE

DEMOLIZIONI FORMATO COMPATTO GRAFICA MODERNA STILE DINAMICO

Ma le novità non niscono qui! Per la tua visibilità sui mercati esteri da quest’anno c’è

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EDITORIALE ECO si RINNOVA e nasce RECOVER Le auto fanno il restyling, i programmi informatici le nuove versioni, gli edifici la ristruttuazione... tutte le cose dopo un po’ di tempo hanno bisogno di cambiamenti e miglioramenti e dopo 7 anni è arrivato anche il nostro momento. In redazione abbiamo sempre creduto nella necessità di una crescita costante ed è per questo che dalla nascita di Eco nel 2008 abbiamo intrapreso un processo miglioramento consolidando la presenza della rivista in fiere e manifestazioni, organizzando convegni e affiancando alla carta stampata nuovi strumenti di visibilità in mobilità come il portale ecoera.it, la app ecoera e le pagine sui social network. Il processo costante di rinnovamento e crescita nella divulgazione dell’informazione in un settore tecnico e specialistico come quello del riciclaggio, delle bonifiche e del decommissioning non poteva non toccare la rivista ed è per questo che abbiamo deciso di perseguire una scelta più ambiziosa, quella cambiare il nome, di rendere più moderna la grafica, senza però rinunciare alla qualità dell’informazione e dei contenuti. Eco da questo numero cambia veste grafica e diventa RECOVER, mantenendo la radice storica del nome che ci rappresenta, ma riempiendola di significato e facendola divenire il cuore pulsante della rivista: recover come recupero di materiali, di aree dismesse, di siti da bonificare. Un nuovo nome per consolidare l’identità della rivista nei settori che più rappresentiamo e che più ci rappresentano: il riciclaggio, le bonifiche e il decommissioning. RECOVER non vuole essere un nuovo punto di partenza ma una tappa di un percorso di crescita che è stato possibile grazie alla professionalità di tutta la nostra redazione che non smette mai di mettersi in gioco, grazie al comitato scientifico e agli autori che negli anni ci hanno consentito di dare autorevolezza alla rivista e a tutte le aziende che continuano a credere nei nostri strumenti di informazione e visibilità scegliendoci come partner. I cambiamenti però non finiscono qui… RECOVER da quest’anno parla anche inglese, una risposta concreta all’esigenza di molte aziende italiane che sempre più ricercano uno sbocco nei mercati esteri. alle quattro uscite di RECOVER da quest’anno si affiancheranno quindi due numeri di RECOVER international, un supplemento in lingua inglese destinato alla distribuzione nelle principali fiere di settore in tutto il mondo. Winston Churchill diceva “Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare” noi abbiamo avuto il coraggio di cambiare, di rinnovare, per essere sempre il punto di riferimento nel panorama editoriale del settore, per distinguerci da chi crede nell’immobilismo e nel consolidamento. Non vogliamo essere presuntuosi perciò lasciamo a voi il giudizio sul nostro miglioramento anche se siamo sicuri che in RECOVER troverete tanti motivi per pensarla come noi. Buona lettura!

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S O M M A R I O S O M M ARIO

Rubriche

News 6 Reconnet 74 Vetrina 77 Libri 78 Appuntamenti 79

PRIMO PIANO

L’Italia del riciclo che resiste di Massimo Viarenghi

Attualità

Di ampio respiro di Laura Veneri

Quali novità attendono il mondo dei rifiuti di Rosa Bertuzzi

Panorama aziende

Trattamento rifiuti liquidi: una realtà solida e affermata

work in progress Demolito tutto in una notte di Andrea Terziano

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Demolizione top down a impatto zero

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di Bruno Vanzi

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di Andrea Terziano

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Rigenerare le città e il territorio, a partire dalle periferie urbane

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Analisi e ricognizioni su aree contaminate mediante droni

Fabbrica delle idee

Il futuro del riciclaggio del vetro è in Belgio di Laura Veneri

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THE BIG EYE

Gestione rifiuti: Roma a confronto con altre capitali europee di Maeva Brunero Bronzin

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Speciale

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L’energia dei rifiuti

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di Maria Beatrice Celino

di Laura Veneri

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di Chiara Arcella et al.

di Paolo Plescia et al.

normativa

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Le novità in materia di AIA

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L’abbandono di rifiuti si scontra con concordato preventivo e fallimento

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Le principali norme del D.L. competitività che intervengono sul testo unico ambientale

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di Gian Luigi Soldi

di Daniele Carissimi

di Rosa Bertuzzi e Nicola Carboni

Si avvicina l’appuntamento dell’anno dedicato al movimento terra

Progetti e tecnologie

La formazione nel settore delle demolizioni

di Bruno Vanzi

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Il distretto della green economy della Bassa Romagna

Analisi di rischio sito specifica con monitoraggio dei soil gas

di Ivan Poroli

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di Maria Beatrice Celino


Il quadro aggiornato di un’Italia del riciclo che resiste e conquista posizioni strategiche nonostante le difficoltà dello scenario economico e normativo

10 Raccolta rifiuti, soluzioni impiantistiche e tariffe: la gestione dei rifiuti a confronto tra Roma e altre capitali europee

26 Si avvicina l’appuntamento dell’anno dedicato al movimento terra: a Parigi dal 20 aprile torna Intermat, per farci scoprire tutte le innovazioni e le novità del settore

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sistri, rifiuti militari, materiali da dragaggio, bonifiche e procedure semplificate: le principali norme del d.l. competitività che intervengono sul testo unico ambientale

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RUBRICHE

NEWS

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TERRA DEI FUOCHI: A CHE PUNTO SIAMO?

Da Nord a Sud regna la green economy

Nel 2014, dopo anni di denunce da parte dei cittadini delle zone limitrofe al napoletano e casertano, e di associazioni pubbliche per la difesa del territorio, arriva l’approvazione della legge “Terra dei Fuochi”, che viene adottata per la salvaguardia ambientale e la salute di chi popola le terre invase dall’inquinamento. Nonostante ciò poche cose sembrano cambiate, dopo un anno dall’approvazione della legge Legambiente nel dossier “Terra dei Fuochi: a che punto siamo”, denuncia come molti siti e Comuni interessati dallo smaltimento abusivo dei rifiuti tossici risultino ancora altamente a rischio e altre zone non siano state ancora oggetto di analisi dettagliate. Un territorio di 57 Comuni che presenta oltre 1000 siti inquinati. Non solo le analisi e gli smaltimenti risultano fermi al punto di partenza, anche le bonifiche seguono lo stesso percorso: su oltre 2.000 siti contaminati nell’area dell’ex sito “Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano”, solo per lo 0,2% sono stati eseguiti o sono in corso le attività di bonifica, mentre il 21,5% è stato caratterizzato e analizzato, infine, per circa il 74% non è stata ancora svolta nessuna attività. Questi ritardi sono principalmente dovuti alla presenza delle permanenti infiltrazioni ecomafiose che continuano ad operare nel territorio partenopeo. Nel periodo del 2014 il fenomeno dei roghi, 2.531 solo nell’ultimo anno, rimane uno dei problemi maggiori da controllare, anche se in diminuzione. “Sulla Terra dei Fuochi serve un’azione rivoluzionaria che restituisca chiarezza e trasparenza sullo stato di contaminazione di questo territorio, dei suoli e delle falde, che predisponga le adeguate misure di bonifica e di contrasto alle illegalità e che dia tutte le informazioni necessarie ai cittadini” commenta Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania. Dunque, per continuare a combattere l’illegalità ambientale e a promuovere la tutela delle terre presenti in suolo campano non bastano le denunce dei cittadini o l’attivismo di associazioni come Legambiente, c’è il bisogno, e il dovere, di attuare leggi efficaci che difendano in modo pratico il territorio italiano dalle deturpazioni mafiose.

Una green economy che supera le classiche distinzioni tra il nord e il sud Italia, questa la fotografia che emerge dalla quinta edizione dell’Indice di Green Economy uno studio elaborato da Fondazione Impresa grazie al quale è possibile definire una classifica delle Regioni italiane basata sull’incrocio di 21 indicatori di performance afferenti a settori quali energia, imprese/edilizia/prodotti, agricoltura, turismo, trasporti/mobilità e rifiuti. L’indice vede nei primi 10 posti 4 regioni del Nord, 3 del Centro e 3 del Sud, un’equa distribuzione quindi per un’economia verde che si conferma come patrimonio di tutti. La più green d’Italia è il Trentino Alto Adige che mostra un rendimento efficiente per la maggioranza degli indicatori posizionandosi sempre sul podio per 8 indicatori su 21 e decretando una leadership indiscussa per le detrazioni fiscali nella riqualificazione energetica e per la qualità ambientale dei prodotti.

Al secondo posto troviamo le Marche con il primato italiano per la potenza solare-fotovoltaica installata e per il più elevato numero di punti vendita di prodotti biologici e con un posizionamento di tutto rispetto per quanto riguarda la raccolta differenziata (4° posto, nel 2013 ha superato il 55%). La medaglia di bronzo va alla Valle d’Aosta, con il primo posto assoluto per 4 indicatori e 7 posizioni sul podio. Da migliorare in questo caso la ricettività agrituristica, le licenze ecolabel e i consumi elettrici da fonti rinnovabili, escludendo l’idroelettrico. Le Regioni rivelazione del 2014 sono l’Abruzzo, la Basilicata e la Calabria, rispettivamente al quarto, sesto e ottavo posto, mentre la Toscana (quinta) e l’Umbria (settima) tengono alto l’onore del Centro


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RUBRICHE

NEWS Italia con 3 regioni nella top 10. Si salvano il Veneto, l’Emilia Romagna e il Piemonte che, seppur sopra la media nazionale, si posizionano nella parte bassa della classifica per numerosi indicatori, e la Lombardia che, grazie al primo posto per quantità di rifiuti smaltiti in discarica e piste ciclabili, riesce ad arrivare al 15° posto, il primo sotto la media nazionale. Fanalino di coda sono invece Lazio e Sicilia per i quali la maggioranza degli indicatori danno risultati da fondo classifica. Andando a dare un’occhiata al settore rifiuti troviamo la nota area virtuosa del Triveneto contrapposta ad un Mezzogiorno in crisi, sia per quanto riguarda la percentuali di rifiuti raccolti in maniera differenziata sia per quanto concerne le modalità di gestione e quindi il quantitativo di rifiuti ancora conferito in discarica.

Oltre 5.000 GWh dalla termovalorizzazione dei rifiuti

45 impianti di incenerimento, 7,3 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, 3.045 MW di capacità termica e 848 MW di potenza termica installata. Questi i numeri del Rapporto ISPRA-Federambiente sul “Recupero energetico dai rifiuti urbani in Italia”, un’indagine dalla quale emerge lo scenario del sistema industriale di valorizzazione energetica da RU sull’intero territorio nazionale. Nel 2013 in Italia si sono ottenuti oltre 5000 GWh di energia dai rifiuti (4.193 GWh di elettricità e 1.508 GWh di energia termica) sufficienti a soddisfare il fabbisogno di città come Torino o Napoli, e, dato non meno importante, dal 2013 non vi sono più sul nostro territorio impianti di incenerimento senza recupero energetico. Per quanto riguarda tecnologie impiantistiche e prestazioni ambientali possiamo ritenerci al passo con le realtà europee più avanzate sebbene in questi Paesi le percentuali per le forme di gestione dei rifiuti differiscano sostanzialmente dalle nostre. Certamente i dati raccolti dimostrano come l’incenerimento non vada visto come trattamento da contrapporre al rici-

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claggio infatti realtà come la Germania o i Paesi Bassi dove l’incenerimento arriva rispettivamente al 35% e 49% hanno allo stesso tempo percentuali del 65% e 50% per i rifiuti destinati al riciclaggio. Dal punto di vista impiantistico dal Rapporto emerge come gli impianti italiani abbiano mediamente una capacità di trattamento piuttosto ridotta corrispondente a circa 490 t/g, riconducibile per il 49% alle frazioni derivate dal trattamento dei rifiuti urbani (CSS, FS), seguite dai RU indifferenziati che incidono per il 44%, mentre i rifiuti speciali, comprensivi dei sanitari, costituiscono il restante 7,0% circa.

AMIANTO: 135 MILIONI PER LE BONIFICHE 135 milioni di euro, questo è quanto è stato previsto nella Legge di Stabilità per accelerare le bonifiche da amianto nei sette siti più problematici d’Italia, fondi che verranno stanziati negli anni 2015-2017 e che rappresentano “un segnale di solidarietà concreta per le comunità che vivono il dramma amianto e la conferma dell’assunzione di responsabilità dello stato per le bonifiche. Il lavoro per eliminare tutto il veleno amianto dall’Italia sarà lungo e inevitabilmente minuzioso data la diffusione di questo materiale. Ma abbiamo cominciato e intendiamo andare avanti seriamente” ha commentato il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. Si partirà dunque dal Nord con Casale Monferrato a cui sono destinati complessivamente 65 milioni di euro, 25 milioni nel 2015 e quasi 20 per i due anni successivi. Al Sud invece la Legge di Stabilità ha destinato per il sito di Bagnoli oltre 10 milioni di euro, circa cinque milioni e 250 mila euro per il 2016 e altrettanti per il 2017. I restanti 70 milioni saranno destinati, nei tre anni, a interventi di bonifica di particolare urgenza, così ripartiti: 19,2 milioni alla Lom-


bardia per il SIN di Broni, 14 milioni e 600 mila euro al Piemonte per Balangero, 13 milioni e 600 mila per Emarese (Val d’Aosta), 12 milioni per il sito di Biancavilla in Sicilia e 568 mila euro al SIN di Bari Fibronit.

PER L’EXPO via alla DEMOLIZIONE DI OLTRE 200 CASE FANTASMA Oltre 200 stabili e circa 325 abitazioni verranno demolite prima dell’inizio dell’EXPO di Milano, una “pulizia” dell’area attorno all’aeroporto di Malpensa decisa un anno fa dalla giunta regionale che ha messo a disposizione 4 milioni di euro per l’intervento che era atteso da almeno dieci anni dai sindaci dei tre Comuni di Somma Lombardo, Ferno e Lonate Pozzolo. Gli immobili abbandonati nel tempo sono stati spogliati di tutto (infissi, canaline di rame e sanitari) e murati alle porte e alle finestre, divenendo in molti casi la dimora di senza tetto.

E’ stata necessaria l’acquisizione di circa 250 immobili da 540 famiglie per una spesa di circa 250 milioni di euro per permettere l’avvio delle demolizioni e chiudere così una vicenda rimasta in sospeso per molti anni e iniziata dopo l’inaugurazione della “grande Malpensa”, nel 1998. Ora gli escavatori della Varian di Perugia sono già all’opera nella frazione Case Nuove di Somma Lombardo, a due passi dalle piste di decollo di Malpensa e a Ferno, mentre a Lonate Pozzolo interessata, invece, dagli atterraggi sono all’opera i mezzi della DAF. I lavori si concluderanno a breve per cui “adesso bisogna pensare al futuro – ha commentato l’assessore Beccalossi - immaginiamo di indire un concorso di idee a livello europeo, che, tenendo conto delle esigenze dei Comuni, riesca a individuare la soluzione migliore per questa zona, direttamente coinvolta dal rilancio dello scalo di Malpensa”.

La Società Furia trova le sue origini negli anni trenta nel settore delle costruzioni. Dopo la seconda Guerra Mondiale ha sviluppato una sostanziale crescita quale costruttore industriale applicato al settore dello sfruttamento delle fonti energetiche. Negli anni ‘90 é stata costituita la “Divisione Ecologia”, divenuta poi il propulsore delle molteplici e diversificate attività della Società. Oggi Furia é un solido gruppo industriale che opera in Italia e all’estero nei settori Costruzioni, Energia, Ambiente, Ecologia e Decommissioning di siti industriali.

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L’Italia del riciclo che resiste Un quadro aggiornato di una green economy che conquista una posizione strategica nonostante le difficoltà dello scenario economico e normativo di Massimo Viarenghi

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o scorso dicembre è stata presentata la quinta edizione del Rapporto “Italia del Riciclo”, il documento realizzato dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile e da Fise Unire che ci fornisce un quadro aggiornato della situazione di un settore che ha acquisito ormai una posizione strategica per l’economia italiana. Seppur tra numerose difficoltà l’industria del riciclo resiste e ricerca nello scenario economico e normativo italiano le condizioni per poter consolidare i risultati contribuendo non solo al miglioramento dell’ambiente ma anche allo sviluppo di un tessuto imprenditoriale formato per lo più da piccole e medie imprese. Per comprendere meglio la situazione del settore e avere un commento qualificato sui dati raccolti abbiamo inter-

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vistato la Dott.ssa Maria Letizia Nepi, Segretario Generale di FISE Unire. Nel ringraziare la Dott.ssa Nepi, che ancora una volta ci dedica il suo prezioso tempo, prendiamo spunto dall’ultimo rapporto Fise Unire e Fondazione Sviluppo Sostenibile, “Italia del Riciclo”, per avere un quadro dell’industria italiana della green economy. Le aziende italiane dedicate alla gestione dei rifiuti e del recupero sono in salute? Negli ultimi 5 anni l’industria della green economy è cresciuta: sono aumentati il numero di addetti (+13%) e di aziende (+10%) impegnati nel settore della gestione rifiuti, il 94% delle quali svolge attività di recupero. Volendo fornire alcuni dati sul comparto, possiamo stimare che il volume d’affari del settore sfiora i 34 miliardi di euro.

Resta preponderante il numero delle piccole imprese, aumentano le società di capitali e cala il peso delle ditte individuali. Nonostante l’impatto della crisi dei mercati internazionali e dei consumi, l’incertezza del quadro normativo e l’inadeguatezza dei mercati di sbocco delle materie riciclate, continua a crescere il riciclo degli imballaggi (nel 2013 +1% vs 2012 nel tasso di riciclo imballaggi) che sostiene settori industriali (siderurgia, mobili, carta, vetro) strategici per il nostro Paese. Quali sono le filiere che stanno risentendo ancora della congiuntura economica e quali quelle che, invece, avvertono la ripresa? In generale, lo scorso anno, nonostante la riduzione dei consumi delle famiglie e della produzione industriale, il riciclo degli imballaggi ha registrato una cre-


scita complessiva (+1% in termini assoluti) che attesta la capacità di tenuta del settore, sia pure tra le mille difficoltà dell’attuale congiuntura: 7,633 milioni di tonnellate contro le 7,562 del 2012 e le 7,511 del 2011. L’incremento appare evidente in tutte le filiere con punte d’eccellenza nel tasso di riciclo come carta (86%), acciaio (74%) e vetro (65%). Risultati altalenanti registrano altre filiere; in particolare sono in calo i quantitativi di materiali ottenuti dalla bonifica e dalla demolizione di veicoli fuori uso avviati a reimpiego, riciclo e recupero di energia e la raccolta pro-capite media nazionale di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche: per questi ultimi il dato (3,8 kg/ab), sebbene solo leggermente inferiore all’obiettivo attuale di 4 kg/ ab, è ancora lontano dai target ben più ambiziosi fissati dalla nuova direttiva appena recepita in Italia. Per il recupero dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione (39,8 milioni di tonnellate, pari a un tasso di recupero del 69%), l’incompletezza dei dati disponibili sulla produzione reale degli stessi non consente di valutare il concreto raggiungimento dell’obiettivo (70%), mentre per la raccolta dei tessili (110.900 tonnellate nel 2013, pari a una media nazionale di 1,8 kg/ab) c’è ancora molto spazio per ulteriori incrementi. L’Italia è ancora stretta dalla morsa della disoccupazione, ma l’industria del riciclo è in controtendenza. E’ troppo azzardato parlare di un processo di trasformazione dell’economia italiana verso la green economy? In Italia la gestione dei rifiuti rappresenta oggi un comparto che ha assunto un ruolo rilevante, sia a livello sociale che produttivo: infatti, essa non costituisce solo un servizio pubblico essenziale, in virtù delle immediate ricadute sul tema dell’ambiente e della salubrità dei contesti urbani, ma anche un vero e proprio comparto della filiera produttiva industriale, avendo privilegiato lo sviluppo, nell’ambito della gestione del rifiuto, delle attività di riciclo e recupero, che forniscono materie ed energia ai diversi comparti manifatturieri. Le imprese che in Italia svolgono un’attività di recupero dei rifiuti sono in totale oltre 9.000: si tratta principal-

mente di micro-imprese con meno di 10 addetti, e il loro numero è aumentato di oltre il 10% in 5 anni. Gli addetti occupati nelle imprese che effettuano recupero come attività principale dal 2008 al 2012 sono aumentati del 13%. Il fatturato delle imprese che svolgono attività di recupero dei rifiuti oggi ha raggiunto i 34 mld €. Il valore aggiunto generato in totale ammonta a circa 8 miliardi di euro ed è quindi valutabile in oltre mezzo punto percentuale del PIL nel suo complesso. Questa crescita, a fronte di un andamento generale per il manifatturiero, che registra un tasso netto di natalità di aziende negativo (-11%), si può considerare una manifestazione concreta del processo di transizione in atto verso una green economy. Quali sono le carenze che affliggono il settore? Normativa e burocrazia limitano lo sviluppo delle vostre imprese associate? Le profonde carenze ed inefficienze che affliggono il settore, a livello soprattutto normativo ed amministrativo, sono difficili da sopportare, specie in una fase di recessione come quella attuale. Troppi sono i decreti e i regolamenti attesi da tempo: tra questi il decreto sui criteri di assimilazione, i criteri End of Waste, le linee guida per il rilascio delle autorizzazioni, gli standard per il trattamento di alcune tipologie di rifiuti, la disciplina della preparazione per il riutilizzo. Prendere atto di tale contesto rende ancora più evidente la necessità di disporre di una solida e moderna politica ambientale, basata su un’adeguata e stabile normativa di

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settore che preveda condizioni di certezza per gli investimenti necessari alla realizzazione di iniziative di sviluppo industriale, in particolare nelle aree critiche del territorio. La gestione efficiente delle risorse - e quindi anche dei rifiuti - è un pilastro sempre più importante per la qualità e la competitività dell’economia e per lo sviluppo di una green economy in grado di assicurare una crescita durevole, migliore benessere e tutela dell’ambiente. Quali sono le richieste e le istanze che state portando avanti come Associazione per promuovere le vostre imprese? Per rafforzare il riciclo e recuperare i ritardi in alcune zone, specie al Sud, ancora con livelli inadeguati di raccolte differenziate è indispensabile scoraggiare il ricorso allo smaltimento in discarica, passare da un metodo di tariffazione presuntiva ad un calcolo della tariffa sulla base dei rifiuti effettivamente conferiti, distinguendo e incentivando quelli differenziati rispetto al tal quale e promuovendo al contempo la diffusione dei prodotti ottenuti con materiali riciclati. Inoltre, una richiesta che stiamo portando avanti, a tutti i livelli istituzionali, per fare un po’ di ordine nel settore è la definizione di Linee guida nazionali sui criteri di riferimento per il rilascio, in modo univoco e omogeneo, dei titoli autorizzativi agli operatori, al fine di assicurare equità di condizioni operative, ambientali e di mercato alle imprese e procedere al completamento ed aggiornamento del data-base delle autorizzazioni correlandolo alla realtà presente.

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P RI MO

P I A N O

La filiera dei Raee, Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche Rispetto all’immesso al consumo di AEE (Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) è il Centro di Coordinamento RAEE che ogni anno richiede ai Sistemi collettivi di fornire i dati di immesso sul mercato dell’anno precedente per poter provvedere alla ripartizione delle nuove quote di raccolta e procedere alla successiva assegnazione dei centri di raccolta. Nel corso del 2013 le nuove AEE immesse sono pari a 741.000 t con un calo dell’1% rispetto al 2012. Questi dati evidenziano la crisi economica mondiale, che sta incidendo in maniera considerevole sui consumi dei cittadini italiani: si manifesta in maniera evidente, ad esempio, un notevole decremento degli acquisti di TV e monitor (R3) che calano di 23 punti percentuali dal 2012 al 2013 (in cui va considerata la riduzione del peso dei nuovi apparecchi, a parità di pezzi, dovuta all’aggiornamento tecnologico), mentre il comparto che evidenzia la minore diminuzione (-2%) è quello dei grandi bianchi (R2). Nel corso del 2013 sono state raccolte complessivamente 225.931 t di RAEE. Tale dato risulta inferiore rispetto ai quantitativi raccolti nell’ultimo triennio, ma mostra un significativo incremento rispetto al primo biennio di piena attività del sistema RAEE. Inoltre, nel 2010 si è raggiunto, per il primo anno, l’obiettivo di raccolta definito dalla comunità europea di 4 kg/ab, mentre per il 2013 il dato di raccolta pro capite è appena inferiore ai 4 kg/ab. La percentuale di RAEE raccolti rispetto all’immesso al consumo è stata del 31%. Tale raccolta è così ripartita tra i cinque raggruppamenti: il 42% di R1 (frigoriferi e congelatori), il 20% di R2 (lavatrici, lavastoviglie, forni), il 210% di R3 (televisori e monitor), il 14% di R4 (piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo) e l’11% di R5 (lampade e altre sorgenti luminose). Le percentuali sopra esposte sono da considerarsi come indicative, poiché a determinare il rapporto tra RAEE raccolti e AEE vendute intervengono numerose variabili, quali la vita media dell’apparecchiatura, il tasso di sostituzione (alcune apparecchiature vengono acquistate non in sostituzione di quelle vecchie) o la differenza di peso tra apparecchiature nuove e vecchie (emblematico il caso dei televisori a schermo piatto rispetto a quelli a tubo catodico). Il numero di ritiri effettuati dai sistemi collettivi presso i centri di raccolta ha risentito della minore quantità di rifiuti prodotti. I ritiri nel corso dell’anno sono stati circa 130.000, un numero minore rispetto ai circa 133.000 del 2012 e ai circa 146.000 del 2011. Il recupero dei RAEE deve avvenire in conformità a quanto prescritto nel D.Lgs. 49/2014 che stabilisce i nuovi obiettivi minimi nell’Allegato V, recependo le indicazioni della Direttiva europea, e definisce soglie diverse e crescenti con il tempo: sono distinti gli obiettivi sino al 14 agosto 2015, sino al 14 agosto 2018 e dal 15 agosto 2018. È stato sottoscritto a Febbraio 2015, il nuovo Accordo di programma per la definizione delle condizioni generali di raccolta e gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) tra l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), il Centro di coordinamento RAEE (CdC RAEE), i Produttori di AEE e le Associazioni delle Aziende di raccolta dei rifiuti. Il nuovo Accordo, previsto dall’articolo 15 del D.Lgs. 14 marzo 2014 n. 49, in attuazione della Direttiva 2012/19/CE, ha una validità triennale con decorrenza dal 1 gennaio 2015 e prevede importanti conferme e novità rilevanti per la gestione dei RAEE nel nostro Paese. Il documento sottoscritto sostituisce quello in vigore dal 2011 e declina le fondamentali caratteristiche di istituzionalità, gratuità e universalità del servizio di ritiro offrendo certezze e garanzie sotto il profilo ambientale della fase di trattamento, mediante regole operative certe e semplici. La principale conferma presente nell’accordo è rappresentata dai cosiddetti “premi di efficienza”, cioè i corrispettivi messi a disposizione dai sistemi collettivi per favorire scelte organizzative e operative dei centri di raccolta, volti ad assicurare una elevata efficienza complessiva del sistema di gestione dei RAEE, che risultano maggiorati rispetto ai precedenti. A ciò si aggiunge poi un premio incrementale che sarà erogato ai centri di raccolta per le tonnellate raccolte in più rispetto alla media degli anni 2013 e 2014, e un ulteriore importo (13 euro per ogni tonnellata premiata) che sarà inserito in un fondo finalizzato all’infrastrutturazione, allo sviluppo e all’adeguamento dei centri di raccolta finanziato dai sistemi collettivi con un contributo, notevolmente superiore a quanto finora dedicato. Tale fondo è costituito per il triennio 2015-2017 con un contributo annuo minimo garantito di 1,3 milioni euro fino a un tetto massimo di 2,5 milioni di euro annui. La novità importante è rappresentata dal fatto che il 50% del fondo sarà destinato alla realizzazione di nuovi centri di raccolta. Verranno quindi attivati dei bandi annuali per selezionare i progetti meritevoli di finanziamento. Completano il quadro delle risorse che prevedono strumenti per sostenere l’implementazione del sistema RAEE il “fondo monitoraggio di sistema”, il “fondo comunicazione sui RAEE e servizi ai Comuni” e il “fondo avviamento di sistema”, questi ultimi destinati ad interventi di informazione, formazione e comunicazione per i Comuni.

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ATTUALITÀ

Di ampio respiro Si avvicina l’Expo 2015 di Milano, l’esposizione universale che vuole celebrare il Pianeta promuovendo abitudini più sostenibili di Laura Veneri

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utrire il Pianeta - Energia per la vita. Questo il motto dell’Expo che si aprirà il 1° Maggio 2015 a Milano e che per sei mesi vedrà protagonista l’Italia nel mondo. Nutrire non significa solo mangiare, e in senso trasversale non si può percepire la vita senza i quattro elementi base che sono l’Acqua, l’Aria, il Fuoco e la Terra. In questo ambito vogliamo occuparci dell’Aria come fonte primaria di sostentamento.

Aria a Expo

Spetta all’Austria offrire il suo contri-

buto all’Aria in occasione di Expo con un padiglione insolito, perché sarà una fitta foresta naturale. Il respiro diventa per breathe.austria esperienza sensoriale, un modo per rendere l’aria, mezzo di sostentamento primario, qualcosa di realmente percepibile. La purezza dell’aria, così come le foreste naturali sono due peculiarità dell’Austria che evidenziano la validità del concetto. Il padiglione sarà principalmente un luogo dove soffermarsi e rapportarsi. L’allestimento del Padiglione Austria è il risultato di un concorso dell’Unione Europea che ha

portato alla vittoria il progetto breathe.austria (respira.austria) del prof. Klaus K. Loenhart. Il concetto breathe. austria, energeticamente autosufficiente, si focalizza sul mezzo primario di sostentamento: l’aria. L’intera area espositiva di 560 mq sarà fittamente piantumata con alberi autoctoni. “Utilizziamo il potenziale d’identificazione dell’alta qualità dell’aria e della vita in Austria per dare ampio risalto alle competenze tecniche ed ecologiche del nostro Paese. Secondo lo slogan ‘Energia per la vita’ realizziamo un padiglione di ampio respiro, con l’atmosfera di una fitta foresta” afferma Klaus K. Loenhart, autore del progetto vincitore.

Aria e inquinamento atmosferico

La qualità dell’aria e dell’ambiente urbano in Italia e in Europa purtroppo è molto lontana dalle foreste incontaminate che ispirano il padiglione Austria. Circa il 90% delle persone che vivono nelle città dell’Unione europea è esposto a livelli di inquinanti atmosferici ritenuti nocivi per la salute

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dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il trasporto su strada, l’industria, l’agricoltura e il settore residenziale contribuiscono massicciamente all’inquinamento atmosferico. Nonostante la riduzione delle emissioni e delle concentrazioni di alcuni inquinanti in atmosfera, osservata negli ultimi decenni, il problema dell’inquinamento atmosferico in Europa è lungi dall’essere risolto. In particolare, due sostanze inquinanti, il particolato e l’ozono troposferico, continuano a causare problemi respiratori, malattie cardio-

vascolari e una minore aspettativa di vita. L’Italia vanta il triste primato europeo delle morti premature dovute ad inquinamento da ozono; secondo il “Rapporto sulla Qualità dell’aria 2014” redatto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente ogni anno sono circa 3.400 le vittime (dato relativo al 2011), mentre per quanto riguarda le morti premature dovute alle polveri sottili (Pm2,5), nello stesso anno ci siamo attestati al secondo posto con circa 64.000 vittime, davanti a noi solo la Germania. Secondo le ultime stime dell’Organiz-

zazione Mondiale della Sanità e della Commissione Europea l’inquinamento atmosferico in Europa ha causato oltre 400 mila morti premature con costi ingentissimi per i vari sistemi sanitari che oscillano tra i 330 e i 940 miliardi di euro all’anno. Ad ulteriore conferma dell’impatto sanitario arriva anche la decisione dello IARC (Agenzia internazionale di ricerca sul cancro) di inserire l’esposizione all’inquinamento dell’aria, e in particolare ad elevati livelli di particolato atmosferico, come cancerogeno di gruppo 1.

Mal’aria 2015 In Italia anche il 2015 si è aperto con diverse città italiane alle prese con alti livelli di PM10 nell’aria, lo dice il rapporto Mal’aria 2015 di Legambiente. In particolare sono oltre 32 i capoluoghi che hanno registrato, nel solo mese di gennaio, più di un superamento della soglia massima giornaliera consentita ogni tre giorni e 14 in cui si è registrato un superamento un giorno su due. Tra queste troviamo tutti i principali centri urbani dell’area padana e alcune grandi città del centro sud, come Roma (12 giorni di superamento) e Napoli (11). A guidare la classifica del 2015 ci sono Frosinone e Parma con 20 giorni di superamento del limite. Un dato in linea con l’anno appena concluso, come dimostrano i dati relativi al 2014 sull’inquinamento atmosferico derivante dalle polveri sottili, dall’Ozono troposferico e dagli Ossidi di azoto nelle nostre città. Dal monitoraggio fatto dalla campagna di Legambiente, PM10 ti tengo d’occhio, nel 2014 sono risultati ben 33 su 88 (il 37% di quelli monitorati) i capoluoghi in cui almeno una centralina di monitoraggio urbana ha superato il limite di 35 giorni oltre la soglia massima ammissibile per il PM10. Al primo posto Frosinone con 110 giorni di superamento, seguito da Alessandria (85) e al terzo posto a pari merito Torino, Vicenza e Benevento (77). Per gli altri inquinanti il bilancio è relativo al 2013, ultimo anno per cui è stato possibile reperire i dati a livello nazionale. Sono 11 su 63 le città in cui sono stati superati i limiti previsti per il PM2,5 (26 μg/m3 come media annuale); situazione critica anche per il biossido di azoto per il quale il 18% dei capoluoghi è risultato fuori dal limite medio annuo e ancor più critica risulta essere la situazione relativa all’ozono troposferico (O3) con il 59% delle città monitorate (50 su 86) che vanno oltre la soglia dei 25 giorni di superamento previsti dalla legge.

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ATTUALITÀ

Quali novità attendono il mondo dei rifiuti Classificazione, caratteristiche di pericolo, MUD, Sistri e CER. Tutti i principali cambiamenti per il 2015 di Rosa Bertuzzi*

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ell’anno 2015 entreranno o sono già entrate in vigore diverse norme in materia ambientale, alcune di difficile interpretazione e altre di difficile applicazione. Le novità riguardano nello specifico il mondo dei rifiuti, dalla classificazione alla gestione, senza tralasciare ovviamente il Sistri. Di seguito si riportano in sintesi i principali cambiamenti.

Nuova classificazione dei rifiuti

Le novità apportate dalla Legge 116/2014 riguardano, in particolare, bonifiche, rifiuti dei porti, attività di dragaggio, le premesse inserite nell’Allegato D, al fine della classificazione dei rifiuti, operazioni di recupero e di trattamento, oli usati, pneumatici, imballaggi in polietilene e combustione illecita di rifiuti. Le novità in materia

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di applicazione corretta delle norme sanzionatorie sono contenute nell’indicazione aggiunta nelle premesse di cui all’allegato D, in materia di classificazione dei rifiuti. La norma apporta le seguenti e significative novità: all’allegato D (elenco dei rifiuti) della Parte IV del “Codice ambientale”, vengono premesse nuove istruzioni per la classificazione dei rifiuti, che integrano quelle già contenute nell’introduzione dell’allegato D e si applicano a partire dal 18 febbraio 2015 (180 giorni dall’entrata in vigore dalla legge 116/2014). Questi i punti della norma: 1. la classificazione deve avvenire “in ogni caso prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione”; 2. se un rifiuto è classificato con codice CER pericoloso “assoluto”, esso è pericoloso senza alcuna ulteriore specificazione. In tale

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caso le caratteristiche di pericolo del rifiuto, definite da H1 ad H15, devono essere determinate al fine di procedere alla sua gestione; Se un rifiuto è classificato con codice CER non pericoloso “assoluto”, esso è non pericoloso senza ulteriore specificazione; Se un rifiuto è classificato con codici CER speculari (uno pericoloso e uno non pericoloso), per stabilire se lo stesso è pericoloso o meno vanno determinate le caratteristiche di pericolo che lo stesso possiede. Le indagini da svolgere sono: a) individuare i composti presenti nel rifiuto (attraverso scheda informativa, conoscenza del processo chimico, campionamento e analisi); b) determinare i pericoli connessi (attraverso normativa, fonti informative e sche-


da di sicurezza dei prodotti); c) stabilire se le concentrazioni dei composti comportano che il rifiuto presenti delle caratteristiche di pericolo (mediante comparazione delle concentrazioni rilevate dall’analisi chimica con il limite soglia per le frasi di rischio specifiche dei componenti, ovvero effettuazione di test per verificare se il rifiuto ha determinate caratteristiche di pericolo).

PROROGA SISTRI

Con il Decreto Legge 31/12/2014 n. 192 (Decreto Milleproroghe 2015) è stato posticipato al 31/12/2015 il termine, originariamente previsto per il 31/12/2014, di entrata in vigore del SISTRI, pertanto per tutto il 2015 è consentito il sistema a doppio binario, cartaceo ed informatico. E’ rimasta confermata la data del 31/01/2015 per effettuare il pagamento del contributo 2014, dovuto dai soggetti obbligati, e a decorrere dal 1° febbraio

2015 vengono applicate le relative sanzioni a carico di chi non avesse adempiuto.

M.U.D. 2015

Con il D.P.C.M. 17/12/2014, pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 299 del 27/12/2014, Suppl. Ordinario n. 97, è stato approvato il nuovo Modello Unico di dichiarazione ambientale per l’anno 2015. Tale modello sostituisce il vecchio modulo del 2013, introducendo alcune novità tra cui la dichiarazione della quantità dei rifiuti in giacenza dal 31/12 destinati al recupero e/o allo smaltimento.

NUOVI CODICI CER

Con la Decisione 2014/955/UE del 18/12/2014 della Commissione Europea, è stato pubblicato il nuovo elenco dei codici CER dei rifiuti. Tale Decisione modifica parzialmente il precedente elenco dei codici rifiuti CER ed entrerà in vigore dall’01/06/2015.

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Pertanto, alla luce di quanto sopra, si precisa altresì che i rifiuti prodotti (e/o smaltiti) entro il 31/05/2015 dovranno essere registrati sul registro di carico/scarico con il vecchio codice CER mentre quelli prodotti (e/o smaltiti) dall’01/06/2015 dovranno essere registrati con il nuovo codice.

LE NUOVE CARATTERISTICHE DI PERICOLO

Sulla Gazzetta Ufficiale Europea L. 365 del 19 dicembre 2014 è stato pubblicato il Regolamento (UE) n. 1357/2014 del 18 dicembre 2014 che sostituisce l’allegato III della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive. Con questo Regolamento sono modificati i codici H (i nuovi codici saranno identificati con le lettere HP) che definiscono le caratteristiche di pericolo dei rifiuti. Il Regolamento 1375/2014 è entrato in vigore l’8 gennaio 2015 e si applica a decorrere dal 1° giugno 2015. *Ambienterosa, Consulenze Legali Ambientali

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Milano

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Nel 2015 l’evento verticale di riferimento si fa in tre! Il 16 aprile 2015 torna MCM Milano, mostra convegno verticale di una giornata dedicata ai prodotti e alle soluzioni per ingegneria di manutenzione, diagnostica, monitoraggio, affidabilità ecc. Da quest’anno le opportunità per aziende e operatori triplicano, grazie alla concomitanza con SAVE Milano e, per la prima volta, mcT Alimentare / Visione e Tracciabilità, per coinvolgere un mondo importante anche per i risvolti manutentivi – tecnici, operatori e responsabili dal mondo del food & bev e della logistica. MCM tornerà anche con il consueto appuntamento autunnale in programma a Verona con il grande evento del 27-28 ottobre 2015.

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A TT U AL I T À

La formazione nel settore delle demolizioni Il ruolo di NAD come punto di riferimento per la formazione specifica degli operatori si traduce in maggior sicurezza e competitività per le aziende di Ivan Poroli*

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l tema della formazione soprattutto nell’ambito della sicurezza sul lavoro è attualmente molto dibattuto anche nell’ambito della nostra associazione. Il D.Lgs. 81/08 e ancora prima il D.Lgs. 626/94 hanno posto come cardine fondante per il miglioramento della sicurezza dei luoghi di lavoro la formazione dei lavoratori. La normativa, soprattutto in Italia, si è spinta molto nel dettaglio andando a definire nell’inquadramento di legge i soggetti autorizzati a somministrare la formazione, il monte ore minimo e soprattutto i contenuti dell’attività di formazione. Se questo nella maggioranza delle applicazioni industriali o dei servizi può essere interpretato come un elemento positivo e di “attenzione” del nostro legislatore al tema della for-

mazione per la sicurezza, in altri casi particolari, come nel settore delle demolizioni, in cui, ad esempio, l’uso di alcune macchine e attrezzature non rientra nelle applicazioni “convenzionali”, questo può portare a impiegare tempo e risorse della formazione prevista per legge verso i contenuti “standard” che hanno spesso scarsa applicabilità o efficacia lasciando poi alle aziende l’ulteriore onere di completare e integrare adeguatamente il livello formativo dei propri addetti in maniera specifica per la propria attività. La demolizione intesa come comparto produttivo (o forse sarebbe meglio definirlo come servizio), in buona sostanza pone la sicurezza non solo come elemento etico fondante ma anche come elemento qualificante. Le azien-

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de di demolizione infatti non costruiscono nulla, semplicemente rimuovono ciò che esiste già, e come può essere misurata la qualità o la “performance” del loro lavoro? Sicuramente in forma primaria dal livello di sicurezza con cui viene svolto, poi ovviamente contano anche i tempi esecutivi e tutti i parametri che i committenti reputano strategici ai loro fini. La formazione applicata al nostro comparto è quindi indissolubilmente legata alla sicurezza; NAD ha già avviato da qualche anno un protocollo di formazione specifico per escavatoristi che parte dall’assolvimento degli obblighi di legge relativi alla formazione obbligatoria (D.Lgs. 81/08 con l’art. 73 e accordo della Conferenza Stato-Regioni del 22 febbraio 2012) per sfociare in un più ar-

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ticolato percorso formativo finalizzato a trasferire competenze e capacità agli operatori addetti a macchine a braccio alto. Abbiamo accompagnato le nostre iniziative con pubblicazioni specifiche di supporto, proprio al fine di rendere sempre più specialistica la formazione che intendiamo somministrare. Stiamo portando avanti un ambizioso progetto indirizzato a creare un protocollo formativo e di qualificazione standard per gli operatori di macchine a braccio alto i cui punti cardine sono già in parte delineati nella nostra pubblicazione intitolata “Demolizioni civili e industriali linee guida - Bracci alti” e che speriamo di completare nel prossimo triennio. Come associazione, NAD ha sempre partecipato attivamente anche alle occasioni di incontro a livello europeo e a convegni a cui sono stati invitati i players mondali del comparto della demolizione offrendo sicuramente il proprio apporto qualificato ma anche osservando e apprendendo le scelte strategiche e operative delle altre associazioni che possono trovare proficua applicazione nel territorio italiano. Notiamo infatti, ad esempio, che il concetto di formazione portato avanti anche dalle altre associazioni prende in esame molti altri aspetti della demolizione, cercando di evidenziare e di focalizzare caratteristiche ed elementi di pericolo propri della nostra attività. È quindi fondamentale partire dal presupposto che la formazione nell’ambito della demolizione non può essere solo legata all’uso degli escavatori, essa deve abbracciare a trecentosessanta gradi il mondo della demolizione

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perché i pericoli si annidano ovunque nel nostro mestiere. Basti pensare alle sostanze pericolose che possono essere presenti nei manufatti o negli impianti da demolire, o agli “effetti collaterali” generati dal processo di demolizione quali possono essere polvere, rumore e vibrazioni. Le demolizioni non si realizzano solo con gli escavatori; molto spesso ci si avvale di altre macchine e attrezzature magari innovative e appositamente costruite, per cui sono necessarie specifiche conoscenze e competenze. E’ capitato, ad esempio, in alcuni convegni o conferenze, di analizzare l’efficacia dei dispositivi di sicurezza installati nelle gru durante le fasi di demolizione/decostruzione di un manufatto. È così emerso che molte fasi di lavoro della macchina, che nelle costruzioni e nei montaggi possono essere controllate facilmente dal punto di vista della sicurezza dai dispositivi installati nelle gru (mi riferisco ad esempio ai limitatori di carico e ai sistemi di controllo dello sbraccio), in fase di demolizione risultano scarsamente

efficaci o addirittura, in alcuni casi limite, controproducenti. Anche i recenti principi di costruzione delle gru e delle macchine in generale, basati sulla riduzione di peso compensata dalla flessibilità e dalla resistenza a fatica delle strutture, se applicati a macchine e attrezzature di sollevamento utilizzate nell’ambito della demolizione, possono risultare controproducenti, in quanto le strutture elastiche si comportano come immagazzinatori di energia (meccanica) che si può liberare improvvisamente durante la fase di stacco di conci o componenti della struttura da demolire se non sezionati a regola d’arte e con i dovuti accorgimenti. Diventa quindi essenziale saper trasferire tutte queste informazioni e le buone prassi operative agli operatori che lavorano sul campo e soprattutto anche alle nuove generazioni di addetti che saranno l’asse portante del nostro settore e che dovranno essere, giocoforza, sempre più qualificati nelle proprie mansioni. Nell’ambito del nostro ruolo di associazione di categoria ci siamo posti l’obiettivo per i prossimi anni di essere il punto di riferimento per la formazione specifica nell’ambito delle demolizioni proponendo offerte formative e materiale didattico ad-hoc per le nostre imprese. La nostra funzione sarà quella di rendere “l’obbligo” di legge della formazione una vera “opportunità” per gli imprenditori del nostro settore al fine di dare un concreto valore aggiunto alla professionalità dei propri dipendenti che si traduce in maggiore sicurezza e competitività per l’azienda. *NAD, Associazione Nazionale Demolitori Italiani


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Rigenerare le città e il territorio, a partire dalle periferie urbane La “rigenerazione urbana”, dalla demolizione di fabbricati ormai non più sostenibili alla loro sostituzione con edifici realizzati con nuovi materiali e tecnologie di Bruno Vanzi

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ammendo e rigenerazione urbana, per un nuovo Rinascimento. È partita dal manifesto di Renzo Piano la riflessione promossa dall’annuale convegno di Fondazione Italcementi, che ha visto protagonista il tema del recupero delle aree urbane dismesse e che si è tenuto a fine gennaio a Bergamo. Le periferie come concetto centrale per recuperare spazi e suolo nel rispetto in primis dell’ambiente: le periferie che spesso sono occupate da aree industriali, ferroviarie o militari dismesse e che necessitano di essere riqualificate per rendere più sostenibili gli spazi e per limitare il consumo di suolo. Personaggi illustri hanno partecipato al convegno di Italcementi promuovendo la propria visione di rigenerazione. Il primo a prendere la parola e a fare gli onori di casa è stato Giampiero Pesenti, presidente Italcementi. “Le nostre città e il nostro territorio - ha detto - hanno bisogno di grandi interventi di riqualificazione. Una rinascita che cambi in meglio le realtà urbane, le periferie in particolare, e la vita stessa

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delle persone che le vivono. Oggi abbiamo bisogno di un insieme di coraggiose operazioni di recupero di vaste aree inutilizzate, o male utilizzate, che consentano di innescare un circolo virtuoso di sostituzione di quegli edifici che non garantiscono più standard accettabili di sicurezza strutturale, di efficienza energetica e anche di vivibilità dal punto di vista architettonico, urbanistico e sociale. Abbiamo bisogno - ha continuato Giampiero Pesenti - di trasformare zone vecchie e degradate dei centri abitati in quartieri più sostenibili, più belli, più vivibili, contribuendo alla rinascita economica e sociale di intere città. Oggi l’innovazione nel campo dei materiali e delle tecnologie ci mette a disposizione soluzioni impensabili in passato ed è nostro dovere far sì che queste conquiste siano a disposizione di tutti anche, e forse soprattutto, di chi vive nelle aree più marginali”. A prendere la parola è stato poi Carlo Pesenti, Consigliere delegato di Italcementi che ha parlato della necessità di sviluppare idee per innescare un nuovo Rinascimento capace di ridefinire il

tessuto delle città e di includere quelle classi sociali che attualmente vivono in modo conflittuale il processo di urbanizzazione. “È un tema profondamente innervato nel sociale - ha detto Carlo Pesenti - parliamo della qualità della vita delle persone, della salvaguardia del territorio e dello sviluppo economico. Lo diciamo apertamente: la creazione di valore è la precondizione necessaria per poter condividere il benessere generato dall’Impresa. Un’operazione dove gli interessi collettivi si intrecciano con gli interessi dell’Impresa, verso un Rinascimento sociale ed economico. Questa operazione, però, può essere declinata solo attraverso una grande visione politicoistituzionale che incoraggi l’innovazione sostenibile di prodotti e processi”. In questo quadro, l’architetto Renzo Piano, senatore a vita per meriti architettonici, ha realizzato un video manifesto - presentato in anteprima nel convegno - focalizzato sul concetto di rammendo e rigenerazione urbana, ovvero un intervento nelle periferie che sappia essere inclusivo, coinvolgendo


la popolazione dei quartieri interessati. Questo manifesto si pone in continuità con la decisione dell’architetto Piano di devolvere il suo emolumento come senatore a favore di gruppi di lavoro incaricati di studiare alcune periferie italiane. Ogni studio è guidato da un “tutor”, allievo o collaboratore dell’architetto Piano, in un gruppo di lavoro complessivo chiamato G124, che prende il nome dal numero dell’ufficio del senatore a Palazzo Giustiniani, trasformato in un laboratorio per progettare la riqualificazione delle periferie delle città italiane. L’intervento dell’architetto Renzo Piano si è concentrato sulla necessità di ridar vita alle periferie, ovvero permettere una crescita sostenibile costruendo sul costruito, senza rubare altri spazi e suolo alla campagna. Smettere di cementificare ancora ma recuperare e dar bellezza ai luoghi “compromessi”, ai brownfield, le aree industriali dismesse, che Piano definisce “come dei buchi neri all’interno delle città”. Dar vigore alle città, recuperando le periferie e trasformandole “in luoghi dove la vita si svolge 24 ore al giorno. Trasformare delle zone monofunzionali in zone plurifunzionali, dove non ci sono soltanto residenze o supermercati per fare acquisti, ma ci sono anche altre attività, quelle di lavoro, quelle creative, quelle culturali e quelle dei servizi. Uno dei sistemi più importanti per fertilizzare le periferie è proprio quello di portarci delle attività pubbliche, che siano ospedali, siano tribunali, ecc”. Il tema posto dal “manifesto sul rammendo e sulla rigenerazione” è quello che sta alla base anche del progetto Rifo promosso da Italcementi e realizzato da Emanuela Casti, professoressa di Geografia all’Università di Bergamo che in un video ha spiegato il percorso di ricerca che ha portato a individuare in diverse città lombarde gli spazi inutilizzati che potrebbero essere recuperati in un’ottica di “rigenerazione urbana”. Una strategia che prevede la demolizione di caseggiati ormai non più sostenibili dal punto di vista della sicurezza e delle qualità ambientali, architettoniche e urbanistiche e la loro sostituzione con edifici realizzati con nuovi materiali e tecnologie. Uno

degli obiettivi del progetto è concepire e prospettare, da un lato, il contrasto del “consumo di suolo”, dall’altro, una politica edilizia basata sul vincolo e, infine, un investimento sulle nuove tecnologie per le smart cities. Il progetto Rifo punta a intervenire sulle costruzioni obsolete in modo radicale tramite un recupero smart (nuovi materiali, nuovi metodi costruttivi, nuovi impianti ecologici) dell’edificato, all’interno del quale l’Università degli Studi di Bergamo svolge un doppio ruolo scientifico e operativo. Il primo volto a supportare teoricamente e metodologicamente il progetto; il secondo idoneo a fornire strumenti comunicativi per le fasi di realizzazione e promozione. “Con il progetto Rifo - ha sottolineato la dottoressa Casti - abbiamo creato una banca dati in cui sono state mappate nelle province lombarde le aree dismesse o abbandonate (in prevalenza fabbriche, capannoni, magazzini) ed edifici in cattive condizioni di edilizia popolare che non hanno le caratteristiche né di confort né igienico sanitarie richieste dai cittadini e che le leggi oggi prevedono”. L’architetto Mario Cucinella, da sempre attento ai temi della sostenibilità e del recupero urbano in ottica di place for people e fondatore dell’organizzazione no profit “Building Green Future”, ha raccontato la sua esperienza “sul campo” nel rammendo delle periferie. Cucinella è infatti tra i “tutor” del progetto G124 e il suo gruppo di lavoro si è concentrato sull’area urbana di Catania, in particolare il quartiere di Librino. “A volte – ha detto – per migliorare la vita di un quartiere può bastare una nuova biblioteca, un giardino curato, un percorso pedonale tra una scuola

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e una palestra. Non interventi dall’alto, da archistar, ma soluzioni che migliorano la vita quotidiana e favoriscono l’incontro tra le persone”. Il confronto si è poi concentrato sulla creazione di valore economico associata a iniziative di rammendo e rigenerazione urbana, con il contributo di Francesco Daveri, economista ed editorialista del Corriere della Sera. Daveri ha portato l’analisi di due casi. Il primo, un’esperienza: Harlem, il quartiere di New York dove il passaggio da una situazione di immobili in affitto per categorie tradizionalmente in transizione (come studenti o immigrati) ad una politica a favore delle case di proprietà ha segnato anche la crescita del senso di appartenenza, permettendo la rigenerazione. Il secondo, un auspicio: un sistema d’incentivi per spingere i migliori professori a lasciare i quartieri centrali per quelli periferici. Nel ricordare come l’evoluzione del concetto di riuso, iniziata negli anni ottanta con il recupero dei centri storici e giunta finalmente alla rigenerazione e ricucitura dei tessuti urbani periferici, richieda la diffusione di nuovi strumenti operativi e gestionali, sia finanziari che urbanistici, Aldo Mazzocco (CEO di Beni Stabili Siiq spa e Presidente di Assoimmobiliare) ha illustrato due esempi concreti di tale evoluzione: la rigenerazione sostenibile del complesso Torri Garibaldi in area Porta Nuova a Milano, recentemente ultimata, e il progetto Symbiosis, che andrà a ricucire il territorio urbano in area Porta Romana, sempre a Milano, in adiacenza con il nuovo Museo della Fondazione Prada e con l’area dismessa dell’ex scalo ferroviario.

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FA BB R I C A

D EL L E

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Il futuro del riciclaggio del vetro è in Belgio Nel cuore del porto di Anversa lavora l’unico impianto per il riciclaggio del vetro in Europa che separa il materiale in quattro differenti colori di Laura Veneri

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l porto di Anversa è il secondo porto più grande in Europa e ospita l’impianto per la separazione e il trattamento del vetro più innovativo del vecchio continente. High5 può riciclare 250.000 tonnellate di vetro all’anno, ed è il primo impianto in grado di separare i flussi in entrata in 4 gradazioni di colore diverse. Le dimensioni di questa struttura, così come il fatto che sia accessibile dal mare e, soprattutto, la qualità dei prodotti che produce, si combinano per rendere questo impianto unico in Europa. High5 è il risultato di una alleanza industriale tra Sita, società del gruppo SUEZ Environnement, leader europeo nel settore del recupero dei rifiuti e Sibelco, leader mondiale nella fornitura di minerali per l’industria del vetro. Il fiore all’occhiello dell’impianto sono l’insieme di tecnologie all’avanguardia nel campo della selezione ottica per il riciclaggio

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derno, pioniere nel riciclaggio del vetro in Europa. Questo centro di smistamento illustra una delle principali sfide dell’economia circolare, il recupero dei rifiuti e la creazione di materie prime secondarie”. Proprio la qualità unica del rottame di vetro prodotta da High5 permette agli acquirenti dei materiali commercializzati dall’impianto di aumentare notevolmente la percentuale di vetro riciclato usato nelle proprie produzioni, preservando in tal modo risorse minerali naturali. Questa scelta consente anche di risparmiare energia e limitare le emissioni di gas a effetto serra. del vetro. Christophe Cros, Vice Direttore Generale di Suez Environnement, responsabile Europa business rifiuti, ha dichiarato: “Siamo orgogliosi di presentare questo impianto ultramo-

Le fasi del trattamento

Il vetro recuperato attraverso la raccolta differenziata raggiunge l’impianto via terra su camion o via mare su imbarca-


zioni. In quest’ultimo caso, viene scaricato su una banchina vicino al centro di trattamento. Una selezione manuale iniziale, che separa il vetro dagli altri rifiuti (ad esempio lamine metalliche, plastica, ecc), è seguita dalle fasi più tradizionali di estrazione e rimozione dei metalli ferrosi e non ferrosi dal vetro grezzo grazie a “lavaggi ad aria” e aspirazione. Il vetro viene quindi frantumato in pezzature omogenee e successivamente asciugato. In questa fase, i frammenti di vetro sono ancora misti. L’essiccazione è la fase finale di pre-trattamento che è orientata all’elaborazione ottica ottimizzata. L’innovazione tecnologica viene alla luce nella fase di elaborazione finale: il vetro grezzo colorato viene fatto passare attraverso una serie di selezionatrici ottiche di ultima generazione. Il flusso è ordinato in quattro colori: bianco, verde, ambra e ruggine. Le macchine possono anche decontaminare ed estrarre residui di cristallo, porcellana e ceramica, che sono dannosi e non permettono di poter riutilizzare il vetro come materia prima, perché possono contaminare intere partite di materiale.

Il vetro e l’economia circolare

Tra il 1990 e il 2012 il consumo in Europa di prodotti confezionati in vetro è aumentato del 39%, mentre il riciclo del vetro è cresciuto al ritmo, ancora più rapido, del 131%. Il risultato di tutto questo è una riduzione dell’uso di materie prime, di CO2 e di energia necessarie per produrre nuove bottiglie. Riciclare vuol dire, infatti, consumare meno materie

prime a vantaggio del mercato. I dati mostrano anche che la crescita del settore è proporzionata non solo alla riduzione del consumo di risorse ma anche ad una riduzione dell’impatto ambientale: grazie al riciclo sono stati infatti risparmiati 189 milioni di tonnellate di materia prima e 138 milioni di tonnellate di rifiuti che non sono finiti nelle discariche. “Il riciclo rimane la strada da percorrere - ha dichiarato Stefan Jaenecke, presidente di FEVE, l’associazione che raggruppa i produttori europei di contenitori in vetro - ecco perché già 40

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anni fa abbiamo contribuito a mettere in campo il sistema di riciclo del vetro, a informare il pubblico e a gestire contenitori e bottiglie in vetro come risorse preziose per la nostra industria. All’epoca, non l’abbiamo chiamata economia circolare, ma si tratta proprio di questo!”. L’industria del vetro progetta e produce contenitori che vengono efficacemente riciclati all’interno di un cerchio virtuoso che si chiude e tutti coloro che fanno parte del sistema del vetro contribuiscono al raggiungimento di questi traguardi. Fotografie © Wim Van Eesbeek

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Gestione rifiuti: Roma a confronto con altre capitali europee Modalità organizzative della raccolta rifiuti, soluzioni impiantistiche privilegiate e tariffe a Berlino, Parigi, Londra, Vienna e Madrid di Maeva Brunero Bronzin

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fine 2014, Roma è stata il luogo di incontro tra le principali capitali europee sul tema della gestione tecnico – economica dei rifiuti urbani organizzato da ATIAISWA in collaborazione con Ama. La nostra capitale sta vivendo un periodo di cambiamenti con il difficile lascito della chiusura della discarica di Malagrotta, la più grande discarica d’Europa che ha chiuso nel 2013, e la necessità di trovare soluzioni virtuose per la corretta gestione dei rifiuti. Il meeting è stato un momento importante di confronto per evidenziare le criticità del sistema di gestione rifiuti di Roma, ma anche e soprattutto uno scambio di informazioni per attingere idee e sviluppare nuove opportunità per una nuovo modo di differenziare e

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smaltire i rifiuti romani. Il Presidente di Ama Daniele Fortini ha parlato di “due giorni di impegno che hanno consentito di illuminare sia le criticità che le opportunità. Grazie, infatti, alle preziose informazioni che questi autorevoli relatori hanno messo a disposizione è stato possibile analizzare e comparare tutte le specificità delle città europee partecipanti. Con la chiusura della discarica di Malagrotta - prosegue Fortini - Roma ha avviato un percorso virtuoso, assicurando un contributo estremamente considerevole all’abbassamento della soglia complessiva di rifiuti avviati in discarica in tutto il Paese. I risultati che stiamo ottenendo sono ulteriormente avvalorati dal fatto che a Roma il servizio complessivamente fornito da Ama ha un costo di

circa 30 centesimi al giorno per abitante, a fronte degli 80-90 centesimi di altre realtà europee. Roma ha deciso di non avvalersi di nuovi impianti di trattamento termico e di discariche, avviandosi con decisione sulla strada del recupero di materia. È infatti necessario investire in azioni e tecnologie che permettano di uscire dalle vecchie logiche, ed è proprio in questo ambito che rientra il progetto degli ecodistretti, intesi come vere e proprie «cittadelle» del recupero”. Dal punto di vista tecnico è emerso come in realtà le altre capitali non sempre hanno una sola società di gestione del ciclo dei rifiuti e l’igiene urbana, ma spesso sono organizzate, data la grandezza del territorio, per settori o per quartieri. Ad esempio, l’azienda di Berlino non raccoglie tutte le frazioni ma delega la raccolta del vetro ad una consociata o a Londra i quartieri sono organizzati in modo autonomo o raggruppati a seconda delle zone. Le

scelte sulle modalità di raccolta sono inoltre determinate dalla tipologia impiantistica a valle, a Vienna ad esempio, dove ci sono quattro impianti di incenerimento, la raccolta differenziata della plastica si limita agli imballaggi per liquidi mentre quella della frazione organica (8%) è mirata alla frazione verde e vegetale con una chiara scelta di puntare verso la qualità dei prodotti e l’avvio al riciclo effettivo dei materiali raccolti in modo differenziato. Anche dal punto di vista dei costi vi sono differenze importanti sui sistemi di finanziamento dei servizi. Berlino ha scelto la tariffa puntuale sulla base del numero degli svuotamenti, mentre Roma, Parigi e Madrid hanno ancora un sistema più simile alla tassa in cui i cittadini pagano sulla base dei metri quadri


dell’abitazione e di altri parametri meno puntuali (ad esempio il numero di abitanti per nucleo familiare per Roma). Queste differenze hanno fatto emergere una non immediata facilità nella comparazione dei dati anche legata alle differenti modalità di assimilazione dei rifiuti e di conteggio delle percentuali di raccolta differenziata. Parigi ad esempio considera solo i rifiuti urbani e la media di produzione pro capite è quasi la metà rispetto a quella di Londra. Anche le percentuali di raccolta differenziata sono calcolate con modalità leggermente differenti a seconda del contesto. Emerge in ogni caso come in questo campo la performance di Roma, anche grazie al passaggio al nuovo servizio che sta toccando in progressione tutti i Municipi della capitale, sia paragonabile alle altre capitali invitate all’incontro (Roma è arrivata nel 2014 al 38% di raccolta differenziata). La percentuale di raccolta differenziata raggiunta da Roma, seconda solo al 42% di Berlino tra le città prese in esame, rappresenta un importante risultato anche a fronte di una produzione pro-capite di rifiuti di circa 610 kg annui per abitante, dato inferiore solamente ai 970 kg di Londra, e di molto superiore ai 442 kg pro-capite di Berlino. L’auspicio conclusivo è di perseverare nelle scelte definite dalle Direttive Europee che stabiliscono le priorità di gestione dei rifiuti e così come è successo a Vienna, alla fine degli anni ’80, con la chiusura delle discariche, anche a Roma Capitale possa partire una seria progettazione degli impianti necessari per chiudere in loco il ciclo

ed evitare che ogni giorno quasi 200 camion partano per altre regioni italiane, portando via opportunità e materia che potrebbe essere valorizzata sul territorio. Solo in questo modo la raccolta differenziata è sostenibile da parte dei cittadini. Di seguito sono riportati, nello specifico, i dati relativi a tutte le città analizzate.

stema di raccolta e trattamento viene finanziato attraverso una tassa applicata ad ogni cittadino proprietario di un immobile, oltre che con la vendita dei materiali recuperati con la raccolta differenziata, dell’energia prodotta attraverso la termovalorizzazione e del biometano derivante dal processo di digestione anaerobica dei rifiuti.

Madrid

Parigi

Il sistema applicato nella capitale spagnola è quello maggiormente sbilanciato sul conferimento in discarica (39% circa). La percentuale di differenziata è al 17%, mentre il 26,2% è la quota di materiali destinati all’incenerimento. La raccolta differenziata è attiva per i rifiuti domestici (vetro, carta, imballaggi, indifferenziato) mentre i rifiuti ingombranti, RAEE e speciali vengono raccolti attraverso 17 strutture fisse e 5 veicoli. La città si estende su una superficie di 604 km quadrati per un bacino di utenza costituito da 4.717.424 tra cittadini, turisti e pendolari. La produzione annua ammonta a circa 1.000.000 tonnellate (377 kg pro-capite). Il si-

Nella capitale francese lo smaltimento dei rifiuti è basato, in buona parte, sul trattamento termico per una quota pari al 67%. La raccolta differenziata arriva al 13% e il 12,7% dei materiali viene conferito in discarica. Il bacino di utenza è di 6.695.233 abitanti (compresa la periferia), distribuiti su una superficie di 762 km quadrati. A Parigi in un anno si raccolgono complessivamente 2.548.107 tonnellate di rifiuti, con una media pro-capite di 440 kg. Il “porta a porta” è previsto per indifferenziati, vetro, carta, residui vegetali e materiali ingombranti, mentre i cassonetti stradali sono riservati a vetro, imballaggi e carta. In città sono poi presenti 45 centri di smistamento. Il servizio costa in media 94 euro ad abitante per la raccolta e il trattamento della differenziata e 180/200 euro a tonnellata per la raccolta e il trattamento dei materiali indifferenziati. La tassa rifiuti, che finanzia il servizio, è pari, in media, a 121 euro l’anno per abitante.

LONDRA

Nel caso di Londra i dati disponibili riguardano 12 aree amministrative (“boroughs”) su 33, pari a 3.280.000 sugli 8.200.000 totali per una superficie di 1.583 km quadrati. In questo segmento

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la produzione annua di rifiuti urbani è di 2.954.000 tonnellate, con una media pro-capite di 970 kg. La raccolta differenziata è al 34%, il 41% viene avviato in impianti di termovalorizzazione e il restante 25% in discarica. La raccolta viene gestita con un sistema misto che prevede sia la raccolta domiciliare sia quella con cassonetti stradali nelle zone maggiormente popolate. Il costo per il servizio in città è di 25 euro a tonnellata e nell’hinterland di 72 euro a tonnellata. Gli oneri per lo smaltimento variano dagli 11 euro/tonnellata per il recupero di materia ai 118 euro/tonnellata per il conferimento in discarica.

3.375.222 abitanti, distribuiti su un’area di 891 km quadrati. La produzione annua di rifiuti ammonta a 1.492.000 tonnellate, con un’incidenza pro-capite di 442 kg. I costi del servizio sono completamente coperti dalla tassa rifiuti, che viene calcolata sul volume/formato del cassonetto, e sulle frequenze di raccolta che stabilisce l’utente.

Vienna

La città austriaca è nota per l’impianto di trattamento termico dei rifiuti, che

dell’organico. L’estensione cittadina è di 415 km quadrati per una popolazione servita di 1.731.236 abitanti. La città produce annualmente 1.037.000 tonnellate di rifiuti (599 kg pro-capite). Anche in questo caso viene attuato un sistema misto con raccolta domiciliare e cassonetti stradali, a cui si affiancano strutture fisse dedicate ai rifiuti ingombranti e speciali. Il costo di raccolta e trasporto è in media di 100 euro a tonnellata. Per quanto riguarda i costi di smaltimento, l’incenerimento ammonta a 120 euro/tonnellata, mentre il recupero di materia da raccolta differenziata ha un costo di 60 euro/ tonnellata.

Roma

Ama S.p.A. serve quotidianamente un bacino di utenza di 2.880.000 abitanti, su di un’area di 1.285 km quadrati,

Berlino

Tra le realtà prese in esame la città di Berlino, con una percentuale del 42%, è al primo posto in Europa per rifiuti raccolti in modo differenziato ed avviati a recupero. Dal 2005 la legge tedesca proibisce lo smaltimento in discarica di rifiuti indifferenziati e ne consente l’utilizzo solo per una quota residuale di scarti. Circa il 33% dei rifiuti viene poi trattato in impianti di termovalorizzazione. Il bacino di utenza è di

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tratta il 75% dei rifiuti indifferenziati prodotti (pari al 67% del totale) mentre il 5% di essi va a recupero di materia, il 14,5% diventa compost e il resto è formato da scorie dell’incenerimento che finisce in discarica. La raccolta differenziata, invece, si attesta al 33% di cui 8% dedicata alla raccolta

a fronte di una produzione annua di rifiuti di 1.775.000 tonnellate (610 kg pro capite). La raccolta differenziata è pari al 38%, di cui l’11% è rifiuto organico trasformato in compost e il 27% è recupero di materia (vetro, carta, cartone e imballaggi in plastica e metalli). Il sistema in via di estensione prevede due modelli: il “porta a porta” e la raccolta stradale. In entrambi i casi, comunque, la raccolta differenziata viene effettuata separando le 5 frazioni di rifiuto: organico; contenitori in vetro; carta e cartone; multi-materiale “leggero” (contenitori in plastica e metallo); materiali non riciclabili. Nel 2015 il servizio raggiungerà tutta la città. Il costo per la raccolta e il trattamento della raccolta differenziata è pari a 130 milioni. I rifiuti indifferenziati, pari al 62% del totale, invece, vengono trattati ed avviati in parte a recupero energetico e smaltiti in discariche fuori Regione.


sardinia_2015 15° SIMPOSIO INTERNAZIONALE SULLA GESTIONE DEI RIFIUTI E SULLO SCARICO CONTROLLATO

Forte Village _ S. Margherita di Pula (Cagliari) 5 _ 9 ottobre 2015

CALL FOR WORKSHOP

organizzare un workshop al Sardinia 2015 offre l’opportunità di essere protagonista di un evento scientifico internazionale, un’incomparabile occasione per discutere il proprio progetto e le proprie opinioni davanti a un pubblico di professionisti di altissimo livello. Le proposte dei workshop saranno focalizzate su temi attuali e in continua evoluzione riguardanti la gestione dei rifiuti, progetti di ricerca in corso, innovazione scientifica e tecnologica del settore. Le proposte dei workshop devono essere inviate in formato PDF a papers@sardiniasymposium.it entro il 15 marzo 2015 e dovranno includere le seguenti informazioni: organizzatore/i / titolo del workshop / Breve descrizione/ obiettivo / una pagina del discorso introduttivo / una lista di speaker disposti a prendere parte al workshop con un breve intervento / Numero massimo di partecipanti. Per ulteriori informazioni si prega di contattare la Segreteria organizzativa all’indirizzo info@sardiniasymposium.it

organizzato da:

IWWG . International Waste Working Group

con il supporto scientifico di:

università di Padova (It) • tongji university (CN) • technical university of Denmark (DK) Fukuoka university (JP) • university of Central Florida (uS) • Hamburg university of technology (DE)

PRESENTAZIONE

Sulla base della felice esperienza della 14esima edizione che si è tenuta nel 2013 e ha visto la partecipazione di oltre 700 delegati provenienti da tutto il mondo, il Sardinia 2015 si preannuncia come l’evento più importante dell’anno nel campo della gestione sostenibile dei rifiuti e dello scarico controllato. Il programma si articolerà in otto sessioni parallele dedicate alla presentazione contributi orali, svariati workshop e una sessione poster. Prima dell’inizio del Simposio si svolgeranno alcuni corsi di aggiornamento organizzati dall’IWWG.

LATE ABSTRACT

Il termine per l’invio degli abstract per il Simposio Sardinia 2015 è ufficialmente scaduto il 31/01/2015. Gli autori che non avessero inviato il proprio abstract entro la data preposta, ma fossero interessati a farlo ora, possono ancora inviare il proprio contributo utilizzando l’apposito form online e faremo del nostro meglio affinché venga incluso nel processo di revisione e selezione attualmente in corso. Tutti i lavori che verranno presentati durante il Sardinia 2015 saranno inclusi nel volume e nel cd degli Atti del Simposio (con un ISSN e ISBN dedicato). Un considerevole numero di lavori inoltre sarà selezionato dal Comitato Scientifico del Simposio, sulla base della qualità scientifica e dell’innovatività dei contenuti presentati, per la procedura di peer-review e pubblicazione su Waste Management, la rivista scientifica con il più alto IF (3,157) nel settore, pubblicata da Elsevier.

CALL FOR COMPANIES

ll Comitato Scientifico del Sardinia promuove l’invio di abstract per organizzare una serie di sessioni, dedicate principalmente alle aziende, da inserire all’interno del Programma del Simposio. L’abstract deve essere presentato in formato PDF (1-2 pagine) e spedito via e-mail a papers@sardiniasymposium.it entro e non oltre il 31 marzo 2015. Per ulteriori dettagli sulle Industrial Session e per conoscere tutte le opportunità riservate alle aziende si prega di inviare una mail a info@sardiniasymposium.it o di visitare il sito www.sardiniasymposium.it

SEGRETERIA ORGANIZZATIVA

EurowaStE srl • via Beato Pellegrino, 23 • 35137 Padova (It) t +39.049.8726986 • f +39.049.8726987 • info@eurowaste.it • www.eurowaste.it

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M A R Z O ° Informazioni sempre aggiornate sono disponibili sul sito: www.sardiniasymposium.it

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Si avvicina l’appuntamento dell’anno dedicato al movimento terra Dal 20 al 25 Aprile a Parigi torna Intermat, l’Esposizione Internazionale delle Attrezzature e Tecnologie per le Industrie dell’Edilizia e dei Materiali di Maria Beatrice Celino

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isitare una fiera è sempre un'esperienza. Si torna bambini e girando padiglione per padiglione si cerca la magia della novità. Ancor di più è così per le fiere che ospitano il settore del movimento terra, in cui è possibile vedere in pochi metri quadrati, una panoramica di macchine che nella vita quotidiana non è possibile altrimenti osservare. Quest'anno l'esposizione per eccellenza per vedere l'escavatore più potente, la benna più grande, la tecnologia più innovativa e le macchine più performanti è Intermat a Parigi. Intermat sarà anche l'occasione per toccare con mano il settore edile e iniziare a sperare di vedere la fine della crisi che ci ha investiti negli ultimi anni e provare a respirare un'aria nuova, l'aria della ripresa. Per la prima volta dopo un lungo e difficile periodo, infatti, la vendita di macchine per le costruzioni nei paesi dell'Europa meridionale come Italia, Spagna e Portogallo è migliorata. La CECE (Comitato europeo dei costruttori di macchine movimento terra e da cantiere) segnala che il settore delle costruzioni in Europa si sta stabilizzando dopo aver toccato il fondo - con effetti positivi sul mercato del movimento terra. Il fuoriclasse tra i mercati europei continua ad essere il Regno Unito. Qui, le vendite di macchine movimento terra sono cresciute del 44% nel primo semestre del 2014 rispetto

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allo stesso periodo del 2013. Anche gli altri paesi dell'Europa settentrionale e occidentale hanno registrato una energica crescita, mentre i paesi dell'Europa centrale e orientale si sono sviluppati in modo non uniforme. Il mercato russo ha continuato la sua flessione pesante a causa della situazione politica, ma anche a causa di un rallentamento congiunturale nel settore delle macchine movimento terra. Non possiamo tuttavia evidenziare solo la lieve ripresa e, a riportarci con i "piedi per terra" è Paolo Venturi, presidente di Unacea che dichiara: "I risul-

tati conclusivi del 2014 danno ragione a chi come Unacea aveva espresso cautela rispetto agli avventati entusiasmi emersi all'inizio dell'anno scorso. Il +20% del primo trimestre, infatti, si è praticamente dimezzato. Quello che rimane è la perdita di oltre l'80% sui livelli di vendita del 2007 in un orizzonte generale in cui si esita ancora a mettere in campo misure necessarie per il paese, per l'occupazione e per l'industria: in primo luogo, un grande piano per contrastare il dissesto idrogeologico del paese, per salvare vite umane e creare nuovi lavori utili alla colletti-


vità; in secondo luogo, un programma pluriannuale di sostituzione del parco obsoleto con prodotti e accessori di nuova generazione". Nei primi dieci mesi dell’anno, secondo gli ultimi dati Istat elaborati da Unacea, l’export di macchine per costruzioni ha registrato vendite per 1.522 milioni di euro, con un calo del 4% rispetto allo stesso periodo del 2013. La contrazione più significativa riguarda le macchine per la perforazione (-33%); in calo anche l’export di macchinari per la preparazione degli inerti (-19%), delle gru a torre (-14%), delle macchine per il calcestruzzo (-4%), stradali (-4%) e movimento terra (-1%). Le importazioni, con un valore di oltre 432 milioni di euro, crescono invece del 23%. La

bilancia commerciale si mantiene positiva di oltre 1.522 milioni di euro, registrando tuttavia una contrazione del 9% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Secondo le prestime di Off-Highway Research, il mercato mondiale delle macchine per costruzioni nel 2014 è stato di 81 miliardi di euro con un calo del 2% rispetto all'anno precedente. Secondo le previsioni della società di ricerche economiche nel 2015 le vendite cresceranno fino a quota 86 miliardi di euro. Nel 2014 sono state vendute sul mercato italiano 6.786 macchine per costruzioni, con una crescita dell'11% rispetto a quanto rilevato nel 2013 e nel dettaglio le vendite hanno riguar-

dato 6.670 macchine movimento terra (+11%) e 116 macchine stradali (+12%).

Le novità presentate al Salone

L’ambizione di Intermat 2015 è quella di riunire tutti gli attori mondiali del settore. Grazie alla presenza di circa 1.500 espositori, di cui il 70% internazionali, Intermat presenterà un’offerta globale, proponendo un nuovo layout espositivo e una nuova segmentazione settoriale, per favorire incontri ancora più efficaci e la conquista di nuovi mercati rivolti all’export. I 200.000 visitatori attesi, di cui il 30% internazionali, scopriranno la totalità delle innovazioni e le novità di tutti i settori.

Trevi Benne: attrezzature per ogni settore Innovazione, design e qualità sono le caratteristiche che si potranno riconoscere nelle oltre 15 attrezzature da demolizione, riciclaggio, mining e forestale che verranno esposte dall’azienda vicentina nel Padiglione 6 - Stand L 100. Due le attrezzature in primo piano: il Multi Kit MK 28P dotato di valvola Impact Booster moltiplicatrice di potenza e il nuovo aggancio rapido idraulico universale B-LOCK progettato e sviluppato al fine di rispettare appieno la Normativa Europea EN474. Come da tradizione un ampio spazio living sarà dedicato all’accoglienza di visitatori e di distributori, a testimonianza di quello che è lo spirito di ospitalità che da oltre vent’anni contraddistingue Trevi Benne, un'azienda certificata TÜV per la qualità, che è inoltre sponsor attivo delle maggiori associazioni dei demolitori nazionali ed europei

Case lancia la nuova generazione di escavatori cingolati Serie D Case Construction Equipment lancia la nuova generazione di escavatori cingolati Serie D. I primi quattro nuovi modelli saranno quelli dalle 25 alle 40 tonnellate di peso operativo, con motore common rail con SCR Tier 4 Final (Stage IV) e caratteristiche che migliorano notevolmente le prestazioni globali: controllabilità, efficienza nei consumi, comfort e affidabilità. Caratteristiche che da sempre fanno degli escavatori CX Case un punto di riferimento. La nuova serie D in particolare abbina l’elevata produttività, il comfort e la sicurezza ai costi di gestione contenuti che le imprese edili ricercano. La nuova Serie D è equipaggiata con il collaudato sistema idraulico Case Intelligent Hydraulic System che posiziona gli escavatori CX di Case tra i migliori sul mercato per la grande controllabilità e le eccezionali prestazioni. Le nuove pompe idrauliche a controllo elettronico e la valvola principale di maggiori dimensioni aumentano ulteriormente la produttività consentendo una miglior risposta della macchina: rispetto all’attuale serie C i cicli sono più rapidi del 12%, le forze di strappo superiori del 6% con una maggiore forza di sollevamento. Inoltre, l’escavatore CX370D è dotato di 2 pompe più grandi rispetto all’analogo modello C, con una portata massima di 2x300 litri/minuto.

L’aquila di Mantovanibenne plana a Parigi Anche quest’anno l’aquila Mantovanibenne farà la sua comparsa in terra francese: la cesoia da rottame serie SH Eagle II è solo una delle tante attrezzature che rappresenteranno il brand italiano a Intermat 2015. Durante i 6 giorni di show la filiale francese del gruppo, MBI France, esporrà una varietà di macchine per demolizione e riciclaggio quale solo Mantovanibenne può offrire: a fianco di una elegante cesoia da 47 quintali, la SH410R, si potranno ammirare una pinza e una mini-pinza da cemento, due grapple demolitori-selezionatori, un frantumatore rotante RP e uno fisso MCP, e per concludere uno scapitozzatore per pali PB. Non manca davvero nulla per chi, professionista della demolizione o del riciclaggio, cerca la soluzione più efficiente e un marchio sinonimo di qualità. Mantovanibenne, che negli anni non ha mai mancato di partecipare alla fiera parigina, grazie alla sua filiale MBI France è un marchio conosciuto e stimato anche nel territorio francese.

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Nuovo Volvo EC220E L'escavatore cingolato EC220E di Volvo Construction Equipment deriva dal precedente modello della Serie D, conosciuto per le sue emissioni e il consumo di carburante ridotti, nonché per la sua grande potenza e per la produttività. Il nuovo escavatore cingolato da 22 tonnellate di Volvo CE, l'EC220E, è dotato di un motore Volvo D6 Tier 4 Final/ Stage IV top di gamma, che è conforme alle rigorose normative sulle emissioni del Nord America e dei mercati europei regolamentati, ma senza rinunciare alla potenza. L'impianto idraulico ottimizzato e la modalità ECO erogano la potenza richiesta esattamente per eseguire il lavoro in corso, mentre la funzione di spegnimento automatico del motore contribuisce a ridurre il consumo di carburante e le emissioni effettuando lo spegnimento automatico quando l'escavatore rimane inattivo per un periodo di tempo preimpostato. La potenza di ingresso aumentata della pompa dell'EC220E consente un funzionamento preciso per una maggiore produttività e tempi ciclo ottimali. Con la funzione flottante del braccio, è possibile risparmiare la potenza della pompa per abbassare il braccio o utilizzarla per altre funzioni, riducendo così i tempi ciclo. Allo stand Volvo CE sarà possibile ammirare anche le nuove pale gommate L60H, L70H e L90H, che sono state ottimizzate per offrire un'eccezionale efficienza dei consumi senza rinunciare alle prestazioni, e gli ultimi escavatori gommati, i modelli EW160E ed EW180E, macchine multi-tasking, nate per rispondere a tutte le esigenze degli operatori in cantiere.

Generac Mobile Products presenterà i prodotti delle divisioni Tower Light e DF Ecology Tower Light e DF Ecology esporranno all'Intermat di Parigi i sistemi mobili per l'illuminazione e l'abbattimento delle polveri. DF Ecology produce la più vasta gamma di unità di abbattimento delle polveri disponibile sul mercato. I sistemi di abbattimento polvere possono essere utilizzati in molti campi applicativi e in qualunque area di lavoro dove ci sia bisogno di abbattere odori o particolato, rendendo la zona libera da agenti insalubri o contaminanti. Cantieri di demolizione e bonifiche, impianti di riciclaggio e compostaggio, rimozione di amianto ma anche discariche e depositi temporanei di rifiuti sono alcune delle possibili applicazioni del sistema Dust Fighter. I sistemi tradizionali di abbattimento delle polveri, ossia il classico getto d'acqua, non riescono a catturare le più piccole particelle di polvere e di odore e inoltre sporcano l'ambiente di lavoro creando pozze d'acqua e fango. Grazie al sistema Dust Fighter, invece, l'acqua nebulizzata riesce a catturare anche le più piccole particelle di polvere, lasciando l'ambiente di lavoro asciutto. Presso lo stand Tower Light/Generac sarà possibile ammirare il DF7500 di DF Ecology e tre modelli di torri faro Tower Light: la VT1-L 4x300W LED (evoluzione della prima rivoluzionaria torre faro con palo verticale integrato, nella nuova variante a 4 fari LED da 300W), la soluzione ibrida Hydro Power Cube Hybrid (che utilizza lampade a LED e un sistema ibrido motore diesel/batteria ricaricabile a zero emissioni di CO2) e la nuova MT1, torre faro estremamente compatta e facile da maneggiare. Generac Mobile Products è il nuovo nome della società Tower Light s.r.l. a partire da marzo 2015, dopo la sua acquisizione da parte di Generac Power Systems, Inc. nel 2013. Dal 2015 Generac Mobile Products, oltre alle torri di illuminazione e ai cannoni per l'abbattimento della polvere, distribuirà anche altri prodotti quali riscaldatori, motopompe, generatori e idropulitrici.

Doppia novità in casa MB Sono nati due nuovissimi modelli di benne frantoio, due gioielli che completano la gamma dei prodotti MB, la più vasta a livello mondiale. Adatta ad escavatori che superano le 18,5 tonnellate di peso, la nuova benna frantoio BF 80.3 è compatta, versatile e indicata per le operazioni di frantumazione e riciclaggio di materiali inerti o risultanti da demolizioni (lavori stradali – scavi – tubazioni – canalizzazioni). Nonostante le dimensioni e un peso ridotto rispetto ai modelli più grandi, raggiunge una produttività di ben 34 m3/ora. Adatta ad escavatori di peso superiore alle 43 tonnellate, la benna frantoio BF 135.8 invece nasce per soddisfare esigenze specifiche di frantumazione nelle cave, nelle discariche per le operazioni di riciclaggio di materiali inerti, e nei cantieri di grandi dimensioni, per la riduzione volumetrica di materiali risultanti da lavori di demolizione, o per scavi, canalizzazioni e preparazione di aggregati. Con una produttività di ben 75 m3/ora, una capacità di circa 1,60 m3 e un peso complessivo di 7,50 tonnellate, la benna frantoio BF 135.8 è estremamente versatile e prestante. Due nuovi prodotti, quindi, che ancora una volta testimoniano il costante lavoro di MB per innovare e innovarsi, creando strumenti di lavoro sempre più all’avanguardia, duttili e di utilizzo essenziale, applicabili a qualsiasi macchina operatrice, per frantumare e vagliare il materiale e riutilizzarlo direttamente in loco o per altri scopi. Come per tutti gli altri modelli di benne frantoio, anche le nuove nate sono le uniche titolari del brevetto a mascella a movimenti multipli. Ogni singola parte della benna, inoltre, è progettata per semplificare qualsiasi intervento e ridurre al minimo le operazioni in cantiere.

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Manitou, con YES (Your Environment Solution), più soluzioni per l’ambiente Manitou è in grado di offrire una gamma di prodotti e di opzioni uniche, tutte dedicate ai bisogni specifici delle attività legate alla movimentazione ed al sollevamento nel settore ambiente. Centri di recupero e smistamento carta, plastica, vetro, pneumatici, rottami metallici, rifiuti organici, rifiuti pericolosi, apparecchiature elettriche ed elettroniche; demolizioni speciali, compostaggi, impianti di biogas. Dal più piccolo, l’MLT 625-75 H fino all’ultimo nato l’MLT 960, i telescopici della gamma MLT sono l’ideale per le attività di movimentazione. Dotati di una grande agilità e nello stesso tempo di elevate prestazioni idrauliche e prestazionali, i sollevatori telescopici MLT da 6 fino a 10 metri e con portate da 2,5 a 6 tonnellate, si rivelano indispensabili per l’ottimale funzionamento del centro ambientale. Caratterizzati da elevati standard di ergonomia e da funzionali caratteristiche per facilitarne la manutenzione (cofani a doppia apertura, griglie rimovibili per la pulizia rapida dei radiatori, pannelli apribili per lo svuotamento dei depositi interni al vano motore), gli MLT rappresentano la migliore soluzione per le esigenze di praticità e produttività. Quando le richieste di potenza e capacità diventano maggiori, entra in campo la gamma dei sollevatori telescopici MHT con capacità dalle 8 alle 23 tonnellate. La gamma Heavy Duty trova impiego nelle movimentazioni intensive di rifiuti legnosi, metallici e materiali vari senza rinunciare alle caratteristiche di polivalenza legate alle svariate attrezzature che si possono montare. Laddove invece serve intervenire in quota per operazioni di bonifica o per lavori di manutenzione, i sollevatori telescopici MRT, costituiscono la miglior risposta in termini di prestazioni e sicurezza operativa. Con altezze di lavoro dai 14 fino agli oltre 40 metri e con una molteplice gamma di attrezzature per la movimentazione e di cestelli per i lavori in quota, gli MRT rappresentano la soluzione ottimale.

Sennebogen 735 E-Series: una nuova generazione nella movimentazione del legno Con la nuova 735 della serie E-Series, Sennebogen presenta l'ultima generazione di macchine per la movimentazione del legname. La macchina pick & carry vanta dimensioni compatte, un design robusto, e valori ottimali di consumo. L'attuale serie E è l'evoluzione del Sennebogen 735, che è stato presentato al mercato nel 2005 e da allora riscuote successi. Equipaggiato con un motore diesel conforme alla norma Tier 4f emissioni, un robusto sottocarro di nuova concezione, e valori particolarmente bassi per i consumi, il 735 impressiona in modo uniforme gli operatori e i responsabili del parco macchine nelle aziende del settore.

Hyundai espone sei nuovi escavatori Hyundai Heavy Industries Europe (HHIE) presenterà i primi sei modelli della nuova gamma di escavatori. Gli ingegneri di Hyundai hanno sfruttato il momento legato all'introduzione della normativa Tier 4/Stage IV per riprogettare completamente le pale gommate. Hyundai dichiara che molti miglioramenti derivanti dai suggerimenti degli operatori sono stati implementati per creare una macchina decisamente migliore, più robusta e resistente per i clienti in tutto il mondo. A Intermat 2015 verranno presentate per la prima volta le seguenti macchine: HX220 L, HX260 L, HX300 L, HX330 L, HX380 L e HX520 L. I nuovi motori garantiscono la conformità delle macchine alle normative più recenti (Tier 4 finale ed EU Stage IV finale) per la riduzione delle emissioni Nox e delle particelle. Hyundai ha optato per una soluzione combinata di tecnologie EGR e SCR. Contemporaneamente, è stato possibile ridurre il consumo di carburante dal 3% al 6%, a seconda della natura dell'attività della macchina. Hyundai ha selezionato diversi fornitori di motori per le nuove macchine. I modelli da HX220 a HX380 sono dotati dei nuovi motori Cummins e il modello HX520 è dotato di un nuovo motore Scania.

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Kleemann presenta il suo nuovo frantoio a cono semovente MCO 9 EVO Come in altri frantoi Kleemann della linea EVO, il MCO 9 è stato appositamente sviluppato per le esigenze dei clienti del mercato Contractor. Il sistema di trasmissione con azionamento diretto del frantoio e azionamenti elettrici dei nastri trasportatori assicura un funzionamento estremamente economico, come in tutti gli altri modelli EVO Kleemann. Il nuovo impianto non difetta neppure di potenza, anzi: grazie a un design ottimizzato della carcassa, il gruppo di trazione sviluppa in modo ottimale i suoi 248 kW. Così il frantoio fornisce una potenza costante di 160 kW. Insieme al notevole sollevamento il frantoio a cono permette non solo potenze di frantumazione fino a 260 t/h, ma anche un più elevato rapporto di riduzione granulometrica e produce un prodotto finale con una percentuale fine maggiore rispetto agli altri frantoi a cono. Inoltre il frantoio può essere dotato a richiesta di un sistema anti-spin, che impedisce l'auto-rotazione del cono, riducendo così notevolmente l'usura in quest'area. Sempre su richiesta sono disponibili un magnete e un cercametalli, che aumenta notevolmente la sicurezza di funzionamento.

Hitachi ZX350LC-5 super long front Hitachi Construction Machinery esporrà il nuovo escavatore medio versione super long front. Con un lungo raggio d'azione, il modello ZX350LC-5 è stato sviluppato con una varietà di funzioni per soddisfare le esigenze dei clienti e degli operatori europei, con particolare attenzione alla produttività, durata, comfort, sicurezza e alla facilità di manutenzione. Prodotto in conformità con le più recenti normative comunitarie in materia di norme di emissione, il ZX350LC-5 ha un potente motore Isuzu, che offre una maggiore produttività con un migliore rendimento. Le funzioni di spegnimento automatico prevengono lo spreco di carburante e consentono di mantenere ridotti i livelli di rumore e le emissioni di gas di scarico e di CO2. Il nuovo sistema idraulico TRIAS ha contribuito a incrementare la produttività del ZX350LC-5 perché permette manovre più veloci con meno carburante rispetto al modello precedente Zaxis-3.

Intermat Innovation Awards 2015

La valorizzazione delle innovazioni è uno dei punti di forza della manifestazione. Una giuria di esperti europei ha selezionato le migliori novità dei settori dell'industria e le ha suddivise in 5

categorie che riflettono il ciclo di vita della costruzione di un cantiere: • estrazione delle materie prime e riciclaggio; • macchine e attrezzature edili, componenti e accessori; • servizi;

Merlo Transversal Stability System Il Sistema Merlo Transversal Stability System è stato premiato con la medaglia d’oro all’Intermat Innovation Award 2015 nella categoria “Engineering & Systems”. Questa nuova tecnologia Merlo rappresenta un nuovo pilastro nel campo della sicurezza e consente di monitorare e garantire la stabilità laterale del mezzo innalzando di fatto il livello di sicurezza dei telescopici Merlo e segnando così un altro passo avanti in questo campo rispetto ai principali costruttori. Tutti gli altri sistemi di sicurezza sul mercato dei telescopici, infatti, sono progettati per garantire unicamente la stabilità anteriore del veicolo. Grazie al nuovo sistema MTSS, il Gruppo Merlo intende fornire una sicurezza a 360 gradi, integrando la gestione della stabilità longitudinale con quella di laterale. A seconda della posizione geometrica del braccio, il carico sollevato e l’attrezzatura utilizzata, il sistema informa l’operatore del limite di sicurezza di funzionamento. Sulla base di queste informazioni, il sistema può calcolare - in modo dinamico - le condizioni operative longitudinali e trasversali in cui il sollevatore telescopico può funzionare senza che la sua stabilità sia compromessa. Quando si raggiunge tale soglia, gli indicatori in cabina (semaforo e display) ed il cicalino informano l’operatore che il veicolo non può più funzionare in condizioni di sicurezza. Si tratta di un feedback continuo non solo sulla stabilità del mezzo ma che fornisce anche informazioni supplementari come appunto la pesatura.

Liebherr Demolition Control System Medaglia d'argento per il sistema LDC sviluppato da Liebherr per gli escavatori da demolizione. Il nuovo dispositivo di sicurezza attiva "LCD" (Demolition Control System) è un indicatore collocato in posizione ergonomica al centro del campo visivo dell’operatore, che visualizza il grado d’inclinazione del mezzo e, superato un certo valore, aziona automaticamente la limitazione elettronica dello sbraccio. Il nuovo LDC fornisce all'operatore in qualsiasi momento la posizione esatta dell'attrezzatura da demolizione, garantendo la stabilità dell'escavatore.

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applicazioni digitali per i diversi cicli della costruzione. In occasione del Pre Intermat, sono stati assegnati i premi per tutte le categorie. Tra quelle che ci interessano maggiormente troviamo Merlo e Liebherr.


ORE 9,30

Registrazione dei partecipanti

ORE 10,00

Saluti

Mario Panizza

Magnifico Rettore dell’Università degli Studi Roma Tre

Elisabetta Pallottino

Direttore del Dipartimento di Architettura

Adolfo F. L. Baratta

Dipartimento di Architettura, Università degli Studi Roma Tre

Agostino Catalano

Dipartimento di Scienze Umanistiche, Sociali e della Formazione Università degli Studi del Molise

I° Giornata di Studi “Riduci, Riusa, Ricicla”

IL RICICLAGGIO COME PRATICA VIRTUOSA PER IL PROGETTO SOSTENIBILE

ORE 10,30

SESSIONE I Il riciclaggio come processo virtuoso Chairman: Adolfo F. L. Baratta Università degli Studi Roma Tre

RICICLAB: didattica del riuso

Rossana Raiteri, Fausto Novi e Andrea Giachetta, Università degli Studi di Genova

Venerdì 27 marzo 2015 Largo G. B. Marzi 10 Roma, Aula Magna

Dalla demolizione selettiva al reimpiego dei riciclati: ottimizzare la gestione dei flussi di rifiuti C&D Ernesto Antonini, Alma Mater Studiorum Università di Bologna

I materiali di rifiuto possono ancora servire? Nel restauro, certamente Luigi Marino, Università degli Studi di Firenze

Materiali ri-pensati: prospettive di ricerca sull’uso dei biocompositi nel settore costruttivo Francesca Giglio e Giulia Savoja, Università Mediterranea di Reggio Calabria

Costruire edifici straordinari con materiali di recupero: esperienze tra didattica e professione Alessandro Rogora, Politecnico di Milano

Building components from recycled materials

Marco Sala e Fernando Recalde Leon, Università degli Studi di Firenze

ORE 13,00

Pausa pranzo

ORE 15,00

SESSIONE II Il riciclaggio nel settore del calcestruzzo Chairman: Agostino Catalano Università degli Studi del Molise

Aspetti tecnici relativi all’uso di aggregati riciclati nel calcestruzzo strutturale

Partner istituzionali

Giacomo Moriconi, Università Politecnica delle Marche

Zero Waste. Come sta cambiando la progettazione? Quali prodotti verranno usati nell’edilizia? Esiste un'estetica del riciclo? Alberto Raimondi e Simona Tannino, Università degli Studi Roma Tre

Processi tecnologici per il reinserimento dei materiali da demolizione nel ciclo di produzione edilizia Camilla Sansone, Università degli Studi del Molise

Aggregati plastici da riciclo per calcestruzzi strutturali: dalla sperimentazione alla produzione

Sponsor evento

Ornella Fiandaca e Raffaella Lione, Università degli Studi di Messina

Waste glass from scrap to building material

Luigi Mollo e Rosa Agliata, Seconda Università degli Studi di Napoli

Principali adempimenti normativi per la corretta gestione dei rifiuti inerti da C&D e vantaggi dal recupero

Media partner

Francesco Montefinese, Responsabile Programma RECinert

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S P ECIALE

L’energia dei rifiuti Gli impianti di digestione anaerobica daI rifiuti, la produzione di biogas e gli sviluppi del biometano di Laura Veneri

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’è una forma di energia dai rifiuti che non necessita di combustione per essere prodotta. È la digestione anaerobica di biomasse residuali da compostaggio o discarica che produce gas ricco di metano (biogas), che opportunamente trattato può essere impiegato come sostitutivo del metano proveniente da fonti energetiche fossili. In Italia si produce biogas e biometano? La risposta è affermativa e gli scenari di sviluppo sono ampi. Cerchiamo di fare il punto della situazione con i dati di Ispra, del Consorzio Italiano Compostatori e del Consorzio Italiano Biogas per analizzare le prospettive di crescita di questo settore in espansione. Il punto di partenza è sempre lo stesso: una corretta ed efficace raccolta differenziata. Nel nostro Paese lo scarto organico si consolida come la componente principale dei rifiuti urbani raccolti attestandosi al 42% nel 2013 (era il 37% nel 2012), secondo il Rapporto Rifiuti Organici 2014 del CIC. Su un totale di 12,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani differenziati nel Paese, la raccolta

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della frazione organica (umido e scarto verde) è stata di 5,2 milioni, seguita dalla carta con 3 milioni di tonnellate e dal vetro con 1,6 milioni. La crescita delle raccolte differenziate del rifiuto organico è strettamente correlata allo sviluppo dell’impiantistica di recupero. Nel giro di 20 anni (i primi circuiti di raccolta del rifiuto organico sono datati 1993) si è sviluppato e consolidato un sistema industriale dedicato alla trasformazione dello scarto organico che, nel 2013, conta 240 impianti di compostaggio, 130 dei quali di rilevanza industriale. Continua anche la crescita del numero di impianti di digestione anaerobica, che nel triennio 2011/2013 aumenta di quasi il 60% con un totale di 43 impianti operativi.

Impianti di digestione anaerobica da Forsu in Italia

Dei 43 impianti di digestione anaerobica da frazione organica dei rifiuti in funzione al 2013 l’86% è localizzato nelle regioni del Nord, il 2,3% al Centro e l’11,6% nel Sud.

Secondo i dati del Rapporto Ispra 2014 sulla Gestione dei Rifiuti Urbani, la dotazione impiantistica del settore è tale da consentire ulteriori incrementi delle quantità da trattare. Nel Nord gli impianti operano, mediamente, per il 51,9% della capacità autorizzata (circa 1,8 milioni di tonnellate). Grazie all’entrata in esercizio di alcuni nuovi impianti, tale area è caratterizzata, tra il 2011 ed il 2012, da incrementi nei quantitativi complessivamente trattati e della frazione organica da raccolta differenziata, rispettivamente, pari al 40,5% e al 28%. In Piemonte, dove il numero di impianti operativi passa da 2 a 4 unità, i rifiuti complessivamente trattati passano da circa 65 mila tonnellate a circa 170 mila tonnellate e la frazione organica passa da circa 55 mila tonnellate a circa 127 mila tonnellate. Incrementi significativi nel trattamento dei rifiuti organici si segnalano anche in Lombardia (+9,2%) e nel Veneto (+24,7%). L’analisi dei dati relativi al 2013 denota una riduzione dei flussi di rifiuti trattati in alcune regioni che determina, nel confronto con l’anno


precedente, una contrazione dell’1% nel quantitativo totale, e dell’11,3% nella frazione organica selezionata. Fa eccezione il Trentino dove, grazie all’entrata a regime di un impianto nella provincia di Trento, il quantitativo complessivamente trattato passa da circa 16 mila tonnellate a circa 33 mila tonnellate, mentre la frazione organica da raccolta differenziata passa da circa 12 mila tonnellate ad oltre 29 mila tonnellate. Nelle regioni del Sud, il settore della digestione anaerobica da Forsu appare in progressivo incremento e il quantitativo dei rifiuti avviati a trattamento rappresenta circa il 60% della capacità autorizzata (oltre 223 mila tonnellate). I quantitativi complessivamente avviati a digestione anaerobica mostrano, tra il 2011 (84 mila tonnellate) e il 2012 (circa 115 mila tonnellate), una crescita del 36,4% e tra il 2012 e il 2013 (circa 134 mila tonnellate), un ulteriore aumento pari al 16,6%. Risulta in costante incremento anche il trattamento dei rifiuti organici che passano da poco più di 42 mila tonnellate nel 2011,

a oltre 52 mila tonnellate nel 2012 (+24,7%) superando le 66 mila tonnellate nel 2013 (+26,6%). Tale situazione si registra in tutte le regioni e, in particolare, in Molise, dove l’unico impianto operativo, entrato a regime nel 2013, ha trattato oltre 15 mila tonnellate di rifiuti organici, mentre nel 2012, in fase di collaudo, aveva gestito poco più di 450 tonnellate. Fa eccezione la Sardegna, interessata, nell’ultimo anno, da una riduzione media dei quantitativi trattati, pari all’8,8%. Gli impianti di digestione anerobica prevedono il recupero energetico o termico attraverso l’impiego del biogas prodotto mentre il digestato può essere sottoposto ad ulteriore fase di compostaggio. Un’elaborazione dei dati Ispra, per gli anni precedenti al 2013 mostra che ogni tonnellata di rifiuto organico trattato produce in media 125 Nm³ di Biogas oltre a 0,27 t di digestato. Il settore della digestione anaerobica è quindi in costante evoluzione con enormi potenzialità di crescita e opportunità di sviluppo, quali il biometano.

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Lo sviluppo del mercato del biometano

Il termine biometano si riferisce a un biogas che ha subito un processo di raffinazione per arrivare ad una concentrazione di metano del 95% e può essere utilizzato come biocombustibile per veicoli a motore al pari del gas naturale. Il biogas è prodotto attraverso la decomposizione biologica della sostanza organica in assenza di ossigeno in un processo conosciuto come digestione anaerobica. La digestione anaerobica può avvenire in ambiente controllato (digestore) con una produzione di biogas con percentuale di metano pari al 55-65%, o anche nelle discariche in seguito alla decomposizione dei rifiuti: in questo caso il biogas o gas da discarica contiene una percentuale di metano pari al 45%. Il biogas grezzo può essere bruciato per produrre calore o elettricità dopo aver subito minimi trattamenti di filtrazione e depurazione. Le principali materie prime utilizzabili nel processo di digestione anaerobica sono i reflui fognari, i reflui zootecnici, i

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S PE CI A L E

rifiuti alimentari di origine commerciale o domestica (Forsu), i rifiuti composti da sfalci e ramaglie da giardinaggio e gestione del verde e le produzioni agricole dedicate. Il mercato del biometano è in forte crescita come dimostra l’ultimo rapporto sulla produzione europea relativa all’anno 2013 dell’European Biogas Association. Il rapporto contiene i dati relativi alla produzione industriale di biogas e biometano in Europa, tra cui il numero di impianti di biogas, la produzione annuale, così come una panoramica dettagliata delle politiche e delle opportunità future in Europa. La quantità combinata di energia elettrica e termica prodotta oggi da biogas in Europa corrisponde al consumo annuo delle famiglie in Belgio e Slovenia messe insieme. Secondo il report, gli impianti di biogas in Europa sono più di 14.500, con numeri in continua crescita, soprattutto nei paesi del centro Europa: Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia. In Inghilterra, Svezia e Francia l’aumento degli impianti procede ormai da anni ad un tasso quasi costante. Situazione differente in Germania e Italia dove si osserva invece una relativa stagnazione del numero di impianti. Il biometano segue il trend di crescita del settore biogas: sono 282 gli impianti in Europa, per un totale di 1.303 miliardi di m³ di biometano prodotto, di cui quasi il 10% è destinato all’autotrazione. Gli esempi virtuosi ci sono ma ne vorremmo di più. Già nel lontano 1997, l’Ama di Roma aveva presentato 16 compattatori alimentati a biogas estratto dalla discarica. Purtroppo, dobbiamo però rivolgere l’attenzione al nord Europa se vogliamo vedere esempi di grande portata. A Berlino, la Berliner Stadtreinigung (BSR), l’azienda municipalizzata che si occupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nella città, ha aperto il suo primo impianto a biogas nei pressi di Spandau-Ruhleben nell’estate del 2013. La struttura è stata costruita come parte integrante di un più ampio progetto di riduzione dell’impatto ambientale attraverso l’incremento dell’utilizzo di combustibili prodotti da fonti rinnovabili per alimentare la flotta

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di veicoli destinati alla raccolta rifiuti. Il biogas prodotto nell’impianto viene trasformato in biometano e distribuito nelle tre stazioni di servizio che BSR possiede a Marzahn, Prenzlauer Berg e Wilmersdorf per rifornire la propria flotta di veicoli per la raccolta rifiuti. Con l’apertura di questo importante impianto, BSR gestisce circa 150 camion destinati alla raccolta rifiuti e alimentati da biometano autoprodotto da fonti rinnovabili, preferito così al gas naturale generato da fonti non rinnovabili.

In Italia il biogas spinge l’occupazione in agricoltura

Il biogas non deriva solo dalla digestione anaerobica di rifiuti ma anche dalla digestione dei reflui zootecnici o dai sottoprodotti dell’attività zootecnica. Alla fiera di Rimini si è da poco conclusa la prima edizione di Biogas Italy, il primo evento dedicato alla digestione anaerobica promosso dal CIB, Consorzio Italiano Biogas. Il CIB rappresenta la filiera del biogas in agricoltura con 450 aziende agricole associate, poco meno del 50% dei 1200 impianti installati in Italia. Un comparto giovane che negli ultimi 5 anni ha mobilitato investimenti per 4,5 miliardi di euro creando 12 mila nuovi addetti stabili e che oggi rappresenta una produzione di circa 2 miliardi di metri cubi (Nmc) di gas metano equivalente, un quinto della produzione nazionale di gas naturale. Nel corso degli Stati generali, il presidente del CIB, Piero Gattoni, ha deli-

neato le principali prospettive al 2020 del comparto italiano, che si posiziona già al terzo posto nel mondo dopo Germania e Cina. Secondo il CIB, il settore raddoppierà gli occupati stabili fino a toccare quota 25 mila. Quello del biogas sarà uno dei maggiori contributi, tra le rinnovabili, alla creazione di nuovi green jobs, secondo le previsioni del Consorzio. La potenza installata passerà dagli attuali 900 Mwe a circa 1700 Mwe, compresa la quota equivalente legata alla produzione di biometano. Da qui al 2020 il settore avrà raggiunto il 40% (3,2 miliardi di metri cubi) del potenziale italiano, creando 13 mila nuovi occupati, che andranno ad aggiungersi agli attuali 12 mila addetti, e 15 mila occupati temporanei. “Il biogas – ha ricordato Piero Gattoni, presidente del CIB – ha consentito alle aziende italiane di tenere aperte le stalle, rafforzandone la posizione economica e contribuendo a mantenere invariate l’occupazione e la produzione alimentare tradizionale in un periodo di crisi generale”. L’evento Biogas Italy è stato anche l’occasione per l’AEEG (Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico) di annunciare la pubblicazione delle tanto attese Direttive per le connessioni degli impianti di biometano alle reti del gas naturale e disposizioni in materia di determinazione delle quantità di biometano ammissibili agli incentivi, colmando così il vuoto che non consentiva di dare attuazione al Decreto Biometano del dicembre 2013.


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TRATTAMENTO RIFIUTI LIQUIDI: UNA REALTÀ SOLIDA E AFFERMATA Tecnologie innovative, trattamenti mirati e tante analisi. Queste le parole d’ordine per l’impianto di General Fusti di Maria Beatrice Celino

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ll’inizio degli anni ‘70 General Fusti ha iniziato ad operare nel settore ambientale svolgendo attività di recupero di fusti e contenitori industriali. Oggi, dopo oltre 40 anni General Fusti è ancora un’azienda a conduzione familiare ma che nel tempo ha implementato e fatto crescere il proprio impianto nel trattamento dei rifiuti liquidi industriali, con un occhio attento alle innovazioni e al perfezionamento dei propri processi. Abbiamo visitato la sede di Torino, alle porte di Borgaro, dove abbiamo incontrato Giuseppe Marinelli e Maurizio Anlero, entrambi consulenti di Gene-

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ral Fusti, i quali ci hanno spiegato il funzionamento dell’impianto e le sue principali caratteristiche tecniche. General Fusti nel territorio piemontese, e non solo, è una realtà conosciuta ed affermata nel settore del trattamento dei rifiuti liquidi. Ci può fare una breve panoramica dell’azienda? General Fusti, ci spiega Giuseppe Marinelli, nasce come attività di recupero di fusti e contenitori industriali per poi svilupparsi, grazie alla volontà di Fabio Sbrissa, come impianto di trattamento di rifiuti liquidi. Oggi è una realtà che conta 14 dipendenti e alcuni consulenti tutti impegnati nel far funzionare al meglio un impianto che, per sua natura, non dorme mai, poiché i processi di trattamento, come è normale che sia, non si arrestano né di notte né durante le feste. La società offre servizi di depurazione di rifiuti industriali pericolosi e non

pericolosi, ma anche smaltimento di rifiuti solidi industriali oltre all’intermediazione, al trasporto rifiuti e alla rigenerazione e smaltimento di imballaggi in metallo e in plastica. Ing. Anlero, entrando un po’ più nel tecnico, ci spiega come funziona l’impianto e qual è il flusso che seguono i rifiuti liquidi in ingresso? L’impianto di General Fusti è dotato di tre sezioni principali: la sezione di stoccaggio, che nel nostro caso è molto ampia e diversificata, fattore che ci consente di lavorare al meglio nelle fasi successive; la sezione chimico-fisica e la sezione biologica. Questa è la linea di trattamento attraverso cui passano i reflui dall’ingresso dell’impianto fino allo scarico. A margine di queste sezioni principali vi sono poi delle sezioni più specifiche, come l’impianto di evaporazione a triplo stadio ad esempio, dove le sostanze non trattabili o che lo sono in minima parte, subiscono un processo di concentrazione; oppure l’impianto “batch” per il trattamento spinto di liquidi che richiedono un trattamento fortemente ossidante o riducente; o ancora l’impianto dedicato al trattamento dei cianuri che è in fase di avviamento proprio in questi giorni. Questa è in sintesi la linea dedicata al trattamento dei reflui ma un’importante parte impiantistica è quella dedicata al trattamento delle emissioni aeriformi, che sono sostanzialmente tutte le emissioni derivanti dalle nostre lavorazioni che avvengono in aree coperte e captate proprio per evitare che vi siano rilasci in atmosfera non trattati.


A seconda della provenienza le emissioni subiscono un trattamento diverso che parte in tutti i casi da un lavaggio mediante scrubber a tre stadi in cui si ha un primo trattamento con acqua additivata con acido solforico, poi acqua additivata con soda caustica ed infine acqua con ipoclorito di sodio. Le linee di trattamento con scrubber sono tre, una delle quali è completata da un ulteriore stadio a ozono, una tecnologia innovativa che abbiamo di recente introdotto nell’impianto. Mi sembra di capire che la filosofia di General Fusti sia piuttosto attenta alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative? Da sempre l’azienda ha rivolto un’attenzione particolare all’implementazione di tecnologie e sistemi che consentissero di ottimizzare i processi di trattamento – ci spiega l’Ing. Anlero – ed è grazie soprattutto a Renzo Sbrissa che negli ultimi anni sono state introdotte alcune migliorie che ci hanno consentito di rendere più efficiente l’impianto. Tra queste vorrei citare il UASB, un sistema di trattamento dei rifiuti liquidi a matrice organica che permette la produzione di biogas e il relativo recupero di energia termica ed elettrica. Si tratta in sostanza di una sezione di trattamento anaerobico che consente di trattare dei flussi a concentrazioni molto elevate senza caricare l’intero impianto di trattamento biologico che dispone già, come prima miglioria, di un sistema che rende possibile il dosaggio di ossigeno liquido incrementando di conseguenza il metabolismo batterico.

Un’altra tecnologia recentemente implementata è quella di abbattimento delle emissioni mediante ozono che è stata scelta poiché ci consente di avere la migliore efficacia di trattamento in risposta alle notevoli variazioni quali-quantitative delle nostre emissioni. Questa tecnologia permette, infatti, la regolazione automatizzata della produzione di ozono in base alle effettive esigenze con un ulteriore vantaggio poiché esso è un fortissimo ossidante anche verso le sostanze organiche. L’impianto è stato collaudato da pochi mesi e i miglioramenti sono stati immediatamente percepibili soprattutto per quanto riguarda l’abbassamento drastico dell’emissione di odori. Un impianto tecnologicamente avanzato è senza dubbio un vantaggio importante ma quali sono gli altri punti di forza per un impianto di trattamento di rifiuti liquidi? La scelta delle tecnologie è importante - continua Anlero - però è altrettanto importante il lavoro che sta a monte, a par-

tire dalla selezione dei rifiuti in ingresso: i flussi vanno ottimizzati in modo da gestire bene le tipologie di inquinanti anche se il fatto di avere degli impianti batch aumenta molto la nostra flessibilità. Un altro aspetto importante e che va curato con attenzione è la fase analitica. General Fusti dispone di un laboratorio attrezzato all’interno dello stabilimento il cui ruolo è molto importante sin dalla fase commerciale, durante la quale viene fatta quella che è comunemente chiamata omologa. L’omologa è un’analisi chimica iniziale in base alla quale si definisce la possibilità e

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quindi la modalità di trattamento del rifiuto determinando di conseguenza il costo di smaltimento. In questa fase il laboratorio esegue inoltre una prova di trattamento, in scala di laboratorio, di ciò che sarà poi il trattamento su scala reale. Il ruolo del laboratorio non si ferma qui, ma esegue un’attività molto articolata sul controllo dei prodotti in ingresso e in uscita: ogni rifiuto in ingresso viene campionato ed analizzato su specifici paramenti stabiliti in funzione dell’omologa. Viene quindi scaricato in un determinato serbatoio ed in funzione dei risultati delle analisi viene definito l’iter di trattamento che il rifiuto deve subire. Il lavoro del laboratorio è quindi finalizzato in prima battuta all’analisi di ciò che entra, mentre in seconda battuta l’analisi chimica viene effettuata su delle vasche “chiave” del trattamento in modo che si possa controllare lo sviluppo delle reazioni verificando quindi la correttezza del processo. Infine il laboratorio esegue le analisi necessarie per il controllo dello scarico, fase che viene ulteriormente garantita grazie ad un campionatore in continuo che verifica costantemente una serie di parametri. Quali sono le prospettive per l’anno in corso e quali progetti avete ancora in mente? Il nostro settore ha risentito del calo dell’industria manifatturiera – ci spiega Marinelli - che ha portato ad una stagnazione dei conferimenti. Dobbiamo però ammettere che l’impressione per questi primi mesi dell’anno è che vi sia una maggiore effervescenza nell’aria, un movimento che non si vedeva da un po’ di tempo e che ci fa ben sperare per l’anno in corso. Al momento il nostro obiettivo è portare a regime il revamping impiantistico realizzato lo scorso anno perché solo dopo potremo cominciare a pensare ai nuovi progetti. C’è sempre spazio per le nuove idee ma prima è necessario consolidare e rendere produttivo l’investimento fatto.

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DEMOLITO TUTTO IN UNA NOTTE un cavalcavia autostradale fatto sparire in una manciata di ore, un esempio di forza operativa e organizzazione di Andrea Terziano

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na spettacolare demolizione nella notte tra sabato 13 e domenica 14 dicembre 2014, nell’ambito della costruzione della TeemA58 (tangenziale est esterna di Milano), del cavalcavia autostradale fra Omate e Caponago dove la provinciale 125 scavalca l’autostrada A4. I lavori sono stati svolti da Vitali S.p.a., impresa che è impegnata sulla medesima tratta anche nella costruzione di un tratto della Teem, la nuova A58. Questa tipologia di intervento di demolizione è sempre una sfida per gli operatori del settore, una sfida non tanto tecnica ma operativa contro il tempo; in questo caso si trattava di realizzare in una manciata di ore sia un intervento di demolizione meccanica tradizionale, sia uno smontaggio vero e proprio; il cavalcavia era infatti realizzato con solette in cemento armato e travatura portante in metallo pertanto è

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stata scelta una duplice metodologia di demolizione. Non c’era veramente un minuto da perdere, il lavoro necessitava di un’organizzazione precisa e puntuale delle attrezzature e delle maestranze coinvolte per garantire la riapertura dell’autostrada A4 nei tempi previsti. Per questo motivo Vitali, prima dell’intervento, ha progettato nel dettaglio la tempistica di ogni fase di lavoro che veniva definita nel rispetto delle norme di sicurezza e nell’ottica di riduzione dei rischi. Dall’analisi delle attività è emerso che serviva una forza operativa imponente: 8 macchine da demolizione (n. 2 da 500 q.li e n. 6 da 400 q.li) e una gru gommata da 400 ton, oltre ovviamente a piattaforme telescopiche, spazzatrici e mezzi per il carico delle macerie. Una volta chiusa l’autostrada al traffico veicolare è stato realizzato un man-

to di protezione provvisionale della sede stradale della A4, realizzato con posa in opera di teli in tnt e sabbia in modo da fornire un piano di lavoro per i cingoli dei mezzi senza lesionare l’asfalto sottostante. A questo punto i lavori sono entrati nel vivo e le 8 macchine da demolizione hanno cominciato ad aggredire il calcestruzzo della soletta del cavalcavia così disposti: 4 al di sopra di essa e 4 operanti sullo strato di protezione posto sulla carreggiata autostradale. Lo spettacolo era veramente suggestivo: il giallo acceso delle macchine illuminato dalla luce artificiale si stagliava sul nero della notte, otto mezzi da demolizione azionati da esperti operatori davano vita a una danza sinuosa di bracci idraulici mentre l’aria era riempita dal suono rude della demolizione del calcestruzzo che nulla poteva contro la forza delle pinze e dei frantumatori.


Le quattro macchine adibite alla demolizione della soletta a predalles erano organizzate in modo da partire dal centro del cavalcavia e spostarsi verso le spalle, la squadra a terra contemporaneamente procedeva alla demolizione delle parti a sbalzo laterali di soletta e dei cordoli, il tutto per limitare al massimo le interferenze tra le due squadre. Una volta liberata la soletta bisognava rimuovere la travatura portante del ponte, due grosse coppie di travi in carpenteria collegate da nervature e traversi di irrigidimento. La demolizione in questa fase ha lasciato il posto alla decostruzione mediante utilizzo di un’autogrù gommata avente portata nominale di 400 ton e stabilizzata su 4 piastre di ripartizione. Il mezzo posizionato in prossimità del viadotto è stato utilizzato per la rimozione in sequenza delle due travate. Ogni coppia di travi è stata imbragata con funi e catene in 4 punti, successivamente una squadra di esperti tagliatori ha provveduto a tagliare gli appoggi delle travi mediante cannello ossipropanico, in modo da svicolare l’impalcato metallico dalle spalle. Ciascuna trave è stata poi sollevata in completa sicurezza dall’autogrù che grazie alla sua portata riusciva a garantire un adeguato fattore di sicurezza al sollevamento. Le travi rimosse dal viadotto venivano collocate dal braccio della gru in pros-

simità del viadotto in un’area al di fuori della sede autostradale appositamente attrezzata in modo da consentirne la loro riduzione in una fase successiva senza creare limitazioni al traffico. Tutto il calcestruzzo caduto al di sotto del cavalcavia e lo stesso materiale posto a protezione dell’asfalto è stato prontamente rimosso e caricato su camion a 3-4 assi e bilici. Al termine delle operazioni di demolizione le motospazzatrici hanno ripulito tutta la carreggiata fino al più

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piccolo granello di sporco lasciando a testimonianza dell’intervento la sola memoria di un cavalcavia rimosso in una sola notte. Ora il viadotto demolito verrà sostituito con una nuova infrastruttura resasi necessaria per la riqualificazione in corso della strada provinciale 125. I tecnici Vitali hanno coordinato al meglio tutte le operazioni ed una squadra di oltre 15 persone ha portato a compimento il lavoro in perfetta efficienza e sicurezza.

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el sito di Voltana di Lugo, realizzato da Herambiente, l’impianto di biodigestione, che produce energia elettrica e compost dalla fermentazione della frazione organica della raccolta differenziata, è l’ultimo tassello di uno dei processi di riconversione industriale più interessanti avvenuti in Italia negli ultimi anni. In quest’area in provincia di Ravenna, un tempo adibita solo a discarica, si è sviluppato nel tempo un vero e proprio distretto della green economy, capace di indirizzare a riciclo 150.000 ton/anno di materiale e produrre complessivamente 7,5 milioni di kWh all’anno di energia elettrica rinnovabile, pari al fabbisogno di 2.700 famiglie. Tutto questo, nel massimo controllo ambientale e in condivisione con la comunità presente sul territorio. Il “Centro Integrato Rifiuti”, comprende un impianto di selezione della frazione secca dei rifiuti (gestito da Akron, società controllata da Herambiente), un’area per attività di trasbordo, una discarica per rifiuti urbani e speciali assimilabili e un impianto di compostaggio di qualità.

I pilastri del comparto green

La vocazione verde del comparto si è alimentata nel 2005 con la realizzazione dell’impianto di compostaggio, autorizzato a trattare fino a 60.000

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Il distretto della green economy della Bassa Romagna Un’area industriale interamente dedicata alla valorizzazione dei rifiuti con impianti di digestione anaerobica, compostaggio e una piattaforma di selezione della raccolta differenziata di Bruno Vanzi tonnellate annue di rifiuti organici domestici e sfalci trasformati in compost. Accanto, nel 2006, è stata potenziata la preesistente struttura di Akron per la selezione del rifiuto secco (carta, vetro, legno, plastica e alluminio) proveniente dalla raccolta differenziata, portandone la capacità di rifiuti trattati da 50.000 a 90.000 tonnellate. L’anno

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successivo nello stesso impianto è stata attivata una nuova linea dotata di lettori ottici e finalizzata a migliorare qualitativamente e quantitativamente i materiali da avviare a riciclo. I benefici dell’innovativa linea di selezione, che utilizza una delle tecnologie più avanzate presenti attualmente sul mercato, sono diversi e impattano in

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particolare sull’incremento del recupero di materiali provenienti dalla raccolta differenziata in qualità e quantità, migliorando al contempo le condizioni di lavoro degli addetti alla selezione dei rifiuti. La lettura ottica della plastica in entrata consente, infatti, una selezione molto più puntuale e veloce (fino a 3 volte), assicurando percentuali più alte di materiale effettivamente destinato a recupero. Al termine di questo processo, i materiali recuperati e confezionati vengono spediti agli utilizzatori o a centri d’ulteriore lavorazione per il recupero e/o riutilizzo mentre gli scarti sono destinati agli impianti di smaltimento e/o di termovalorizzazione con recupero energetico. Gli impianti Akron trattano ogni ora 5/6 ton di rifiuti in plastica 10/12 tonnellate di rifiuti cartacei, oltre ad altre matrici recuperabili quali per esempio vetro, metalli, legno per un totale di circa 85.000 ton/anno. Sulla copertura dell’impianto nel 2010 sono stati installati pannelli fotovoltaici per una potenza di 331 kW, in grado di rendere autosufficiente l’attività di selezione e di cedere l’energia in eccesso alla rete nazionale. La produzione di energia dal sole è proseguita nel 2014 con l’installazione anche sull’impianto di compostaggio di oltre 1.400 pannelli fotovoltaici della potenza complessiva di 337,92 kW e una capacità produttiva annua di oltre 370.000 kWh equivalenti al fabbisogno di circa 140 famiglie. Attraverso successivi interventi di adeguamento e miglioramento dei processi esistenti, e con un investimento complessivo di oltre 12 milioni di euro, sono state quindi progressivamente potenziate le attività di riciclo e recupero di materia dai rifiuti nonché la produzione di energia rinnovabile nel comparto che occupa stabilmente una sessantina di addetti.

Il biodigestore: dall’organico all’energia elettrica

Lo sviluppo green del sito di Voltana si è completato con il biodigestore realizzato da Herambiente, un impianto all’avanguardia in Europa e uno dei pochi presenti in Italia, che consente la massima valorizzazione della raccolta

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differenziata della frazione organica per la produzione di energia elettrica dai rifiuti destinati al compostaggio. Cuore dell’impianto, che ha comportato un investimento di circa 9 milioni di euro, sono le 10 nuove stanze di biodigestione, in cui i rifiuti fermentano in assenza di aria, grazie alla presenza di batteri metanigeni, gli stessi presenti nello stomaco delle mucche. Da questo processo, che simula proprio la digestione dei bovini, si produce biogas e digestato da cui si ricava il compost. Il biogas a base di metano alimenta i motori per la produzione di energia elettrica rinnovabile che è immessa poi in rete. Altro vantaggio del processo è la completa assenza di odori, poiché i batteri anaerobici agendo in totale assenza di ossigeno, sono capaci di demolire tutte le sostanze che causano cattivi odori per trasformarle in biogas. Inoltre il processo di compostaggio migliora, poiché si dimezzano i tempi di produzione del compost - da 90 a 45 giorni. In più, mentre il solo processo di compostaggio comportava importanti consumi energetici, la digestione anaerobica consente di produrre energia utile per il funzionamento dell’impianto mentre la parte eccedente, quantitati-

vamente maggiore, viene utilizzata per soddisfare il fabbisogno di cittadini ed imprese. La tecnologia utilizzata dall’impianto, di provenienza tedesca e già utilizzata da AWM, azienda pubblica di igiene urbana di Monaco di Baviera, è tecnicamente denominata di fermentazione a secco (batch dry fermentation). Gli impianti di tipo batch vengono fatti funzionare tramite un processo discontinuo in cui si ha ciclicamente il caricamento di substrato inoculato, l’avanzamento del processo per il tempo stabilito e lo svuotamento del fermentatore. La miscela da trattare è caricata nel digestore tramite una pala gommata. Nel processo di digestione anaerobica a secco le condizioni di umidità costante del substrato, necessarie per condurre il processo di digestione, sono garantite dall’utilizzo del percolato generato dal processo stesso, accumulato in un serbatoio dedicato, e spruzzato al di sopra della massa in fermentazione e l’idonea temperatura è garantita utilizzando il calore prodotto dalla sezione di recupero energetico. In questo modo si favoriscono le condizioni ottimali per lo sviluppo e la


crescita dei ceppi batterici necessari al processo di digestione. Ogni singolo digestore è costituito da un biotunnel in calcestruzzo di opportune dimensioni che viene chiuso da un portellone a perfetta tenuta di gas. La miscela è sottoposta al processo di digestione in ambiente a tenuta stagna in condizioni anaerobiche, senza che sia necessaria alcuna ulteriore miscelazione.

In Bassa Romagna la raccolta differenziata sfiora il 62%

Nella Bassa Romagna ogni giorno Hera mette a disposizione di circa 45.500 famiglie e oltre 7.200 attività produttive i propri servizi: raccolte stradali, raccolte dedicate, raccolte domiciliari (porta a porta), ritiri gratuiti a domicilio di ingombranti e amianto e stazioni ecologiche. Grazie alla sinergia tra servizi offerti e attenzione dei cittadini alle buone pratiche ambientali, nella Bassa Romagna negli ultimi anni la raccolta differenziata è cresciuta di un punto percentuale all’anno, raggiungendo il 61,9% nel 2013 contro

una media nazionale ferma al 43,3%. Infatti delle circa 70.000 tonnellate di rifiuti raccolti, oltre 41.000 corrispondono a rifiuti differenziati. Si ricorda che gli sforzi dei cittadini nel fare la raccolta differenziata hanno permesso, nel 2013, di recuperare il 93,8% di verde, organico, carta, plastica, vetro,

legno, metallo e ferro. È inoltre molto positivo l’andamento del servizio offerto dalle stazioni ecologiche utilizzate, nel 2013, da circa 16.300 clienti. I centri di raccolta hanno registrato oltre 13.500.000 Kg di rifiuti differenziati conferiti a fronte di oltre 118.000 conferimenti.

LE FASI DEL TRATTAMENTO 1. Triturazione

Il rifiuto, una volta entrato, viene triturato in preparazione delle fasi di lavorazione successive, un po’ come nell’uomo e negli animali la masticazione è propedeutica alla digestione vera e propria.

2. Digestione

Inizia a questo punto la fase di digestione dei rifiuti triturati. Questi vengono chiusi per 30 giorni in celle di cemento armato a tenuta stagna, al buio e al caldo (circa 37°). In queste condizioni si sviluppano dei batteri, del tutto simili a quelli presenti nello stomaco delle mucche, che avviano un processo di digestione anaerobica, cioè in assenza di ossigeno. Tale processo produce un biogas (contenente il 60% di metano) che, opportunamente convogliato, alimenta i motori deputati alla produzione di energia elettrica rinnovabile. Contemporaneamente, parte del calore prodotto viene utilizzato per il riscaldamento delle stesse celle anaerobiche in un circolo virtuoso di cogenerazione che consente un sensibile risparmio di energia.

3. Produzione di energia elettrica rinnovabile

Il biogas che si produce dal processo di digestione anaerobica viene convogliato verso 2 gruppi di cogenerazione da 499 kWe cadauno per la produzione combinata di energia elettrica e calore. Il processo, pur essendo discontinuo, sfrutta più digestori in batteria caricati e svuotati a precisi intervalli di tempo, e garantisce la continuità del trattamento di digestione e la produzione costante di biogas e quindi di energia sia termica che elettrica. L’energia elettrica prodotta viene ceduta alla rete elettrica nazionale grazie a una cabina posta all’interno dell’impianto. La potenzialità di trattamento dell’impianto consente la produzione di 6.500 MWh all’anno di energia elettrica completamente rinnovabile. In termini pratici significa riuscire a soddisfare il fabbisogno di circa 2.400 famiglie.

4. Stabilizzazione

Al termine dei 30 giorni il materiale viene estratto dalle celle e per circa 21 giorni, viene spostato sulle cosiddette corsie aerate, vale a dire dotate di pavimento forato che consente, appunto, il passaggio di aria per l’aerazione del materiale stesso. Inizia qui la fase di stabilizzazione aerobica, dove grazie all’aria che passa dai fori, il materiale viene asciugato e ulteriormente deodorizzato, agevolandone la trasformazione in compost.

5. Vagliatura

Successivamente il materiale è sottoposto a un trattamento di vagliatura meccanica per eliminare eventuali materiali indesiderati, come plastica o inerti, e ottenere così un compost di qualità, certificato dal Consorzio Italiano Compostatori.

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Trade Fair for Environmental Technologies

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DEMOLIZIONE TOP DOWN A IMPATTO ZERO di Andrea Terziano

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Demolizioni s.r.l. facente parte del Gruppo Donzelli, storica azienda del milanese operante nel settore stradale, delle bonifiche e delle demolizioni. Del cantiere iniziato il 4 novembre ora non resta più nulla, sia il fabbricato che i materiali di risulta sono stati completamente rimossi e le aree sono state riconsegnate ad Aler nei primi giorni di febbraio. “Un bel lavoro svolto in 3 mesi, spiega il Geom. Massimiliano Donzelli direttore Tecnico della DAF demolizioni, che gra-

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zie ad un’attenta pianificazione, ad alcuni importanti accorgimenti progettuali e all’impiego del nostro Komatsu PC450 è stato eseguito in piena sicurezza”. La struttura da demolire era realizzata in cemento armato con travi e pilastri portanti su cui erano poi stati montati dei pannelli perimetrali prefabbricati tipici dell’edilizia popolare di fine anni ‘70. Le criticità di questo intervento erano principalmente due: la prima consisteva nel fatto di dover eseguire l’intervento in un’area densamente popolata e addirittura in prossimità di una scuola, la seconda era quella di dover intervenire non su una struttura isolata dalle altre ma su una porzione

I lavori di demolizione di un fabbricato di sette piani in un’area densamente popolata eseguiti secondo il principio di massima riduzione dei disturbi

a demolizione delle periferie degradate e delle strutture non più economicamente ed energeticamente sostenibili è diventata uno strumento sempre più utilizzato per la riqualificazione urbana da parte delle Aziende Territoriali per la casa; è così che Aler dopo aver trovato una sistemazione più adatta per i suoi inquilini ha deciso di demolire una porzione di un fabbricato popolare di sette piani fuori terra a Lissone. I lavori sono stati aggiudicati alla DAF

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di un complesso edilizio più grande fino ad arrivare con la demolizione a contatto di parti di edifici facenti parte della stessa struttura ma che dovevano essere preservati. “Prima di tutto, continua Massimiliano, abbiamo studiato attentamente la struttura da demolire e gli spazi operativi per i mezzi da demolizione che intendevamo impiegare, quest’analisi ci ha consentito di definire il piano delle demolizioni del fabbricato costituito dalle sequenze operative e dalle misure

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di sicurezza da predisporre per rendere la demolizione un intervento preciso sicuro e chirurgico come richiesto da Aler”. Il fabbricato da demolire aveva due parti in aderenza con porzioni dello stesso complesso edilizio che non solo andavano preservate ma dovevano rimanere abitate per tutta la durata dell’intervento. Il problema non era di facile soluzione: conciliare i tempi di una demolizione meccanica top down con la precisione di uno smontaggio, senza creare disturbo agli abitanti delle case vicine che dovevano vivere a pochi metri da un fabbricato in demolizione. La presenza di un giunto di costruzione in uno dei due punti di aderenza consentiva di fatto di operare su due strutture vicine ma staticamente scollegate tra loro, nel secondo punto invece la situazione era più complicata perché il giunto non c’era e la struttura da demolire era un continuo con quella da preservare. “Quando una cosa ti serve…. te la crei” è secondo questo principio che la DAF ha creato ex novo un giunto di separazione in corrispondenza del limite di batteria operando dei tagli nelle solette e nelle pareti con dischi e fili diamantati. In pratica è stato eseguito un sezionamento artificiale a tutta altezza del fabbricato procedendo per piani e puntellando dall’alto verso il basso le porzioni di solaio prima di eseguire il taglio. A questo punto si poteva operare su una struttura staticamente separata dalle altre e non restava che risolvere il problema dei detriti e delle polveri prodotti dalla demolizione meccanica del fabbricato. Era di primaria importanza limitare al massimo i disagi e i disturbi dell’intervento. “Un cantiere è spesso associato a problemi e fastidi, ci racconta il Geom. Alberto De Dionigi capo cantiere, ancor di più se si tratta della demolizione di un edificio di 25 m di altezza. I timori delle persone per l’intervento che dovevamo eseguire erano molti e anche la paura per la vicina scuola elementare. Noi abbiamo dimostrato a tutto il quartiere che ogni lavoro di demolizione, se affidato a dei professionisti e adottando le giuste misure di sicurezza può essere eseguito ovunque

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limitando al minimo i disturbi e i disagi e annullando ogni rischio”. I detriti che potenzialmente potevano raggiungere aree esterne al cantiere sono stati schermati grazie ad un telo protettivo sostenuto da un’autogrù che ha seguito l’escavatore nell’avanzamento dell’intervento; le polveri sono state contenute con i fog cannon di proprietà della DAF e con getti d’acqua nebulizzata direzionati nelle zone in demolizione. “Queste misure protettive abbinate ad un’organizzazione scrupolosa delle fasi di lavoro ci hanno regalato non solo la soddisfazione del cliente ma anche la fiducia di tutto il quartiere che ha visto giorno dopo giorno sparire un pezzo di passato per affacciarsi ad un nuovo futuro”. La demolizione è stata eseguita con il Komatsu PC 450 attrezzato con braccio da demolizione e pinza NPK22, una macchina da demolizione che si è comportata egregiamente per tutte le demolizioni in quota. La demolizio-

ne è avanzata per settori successivi fino al completamento delle operazioni, l’escavatore da demolizione era coadiuvato da due Volvo EC235 e un EC300, che si occupavano dei completamenti e della deferrizzazione delle macerie. Nelle zone in aderenza è stata impartita

all’operatore una sequenza rigorosa di rimozione dei vari elementi strutturali in modo da annullare ogni rischio di crollo e ridurre al minimo le vibrazioni che sono state monitorate da Aler per tutta la durata dell’intervento registrando sempre valori al di sotto dei limiti di soglia.

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Analisi di Rischio sito specifica con monitoraggio dei soil gas riqualificazione di un’ex cabina elettrica contaminata mediante definizione delle concentrazioni soglia di rischio di Chiara Arcella*, Maurizio Nespoli**, Alberto Cicognani* e Roberto Gerla*

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’area in esame è costituita da un edificio, che ospitava una cabina di trasformazione elettrica oggi dismessa, e dal suo cortile interno per una estensione complessiva di circa 600 mq. L’area è attualmente inutilizzata a seguito della dismissione degli impianti di trasformazione dell’energia elettrica e dei serbatoi di gasolio fuori terra un tempo presenti nel piano

seminterrato dell’edificio. L’analisi di tutte le risultanze analitiche acquisite nell’ambito delle attività di indagine preliminare e caratterizzazione ambientale ha evidenziato, per alcuni composti ricercati nel terreno insaturo, la non conformità alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) di cui alle Tabelle 1 e 2 dell’Allegato 5 alla Parte Quarta - Titolo V del D.Lgs. 152/06. Si è dunque proceduto alla predisposizione di un’analisi di rischio sito specifica finalizzata alla definizione delle Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR). Tali concentrazioni costituiscono i livelli di accettabilità sito specifici sulla base dei quali sono eseguiti i controlli integrativi e valutati eventuali interventi necessari alla mitigazione del rischio potenziale.

DESCRIZIONE DEL SITO

Figura 1. Foto zona di alloggio trasformatore

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L’area in oggetto occupa uno stabile localizzato in adiacenza ad altri edifici a uso residenziale. Gli impianti della centrale di trasformazione (trasformatori e serbatoi) che un tempo occupavano l’edificio sono stati dismessi e asportati. In ragione del passato utilizzo le CSC di riferimento dell’area sono quelle stabilite dalla colonna B della Tabella 1

dell’Allegato 5 alla Parte Quarta - Titolo V del D.Lgs. 152/06 (limiti per aree a uso commerciale/industriale). In merito allo scenario di sviluppo futuro è attualmente previsto un utilizzo commerciale dell’area e pertanto il mantenimento delle CSC di riferimento attuali. L’edificio è contraddistinto dalle seguenti caratteristiche: • sul lato esterno l’edificio presenta un’altezza di 10,4 m; • l’altezza totale interna risulta di circa 12,5 m in quanto la pavimentazione interna è ribassata di circa 2,10-2,15 m rispetto al piano stradale; • l’edificio è a due piani di cui un piano seminterrato dell’altezza di 6,3 m e un primo piano dell’altezza di 6,2 m; entrambe queste porzioni non sono accessibili ai mezzi di perforazione e in ogni caso sono di scarso interesse in quanto in esse non sono mai stati presenti potenziali centri di pericolo (serbatoi e trasformatori), ma solo quadri elettrici; • il settore centrale dell’edificio è suddiviso in due porzioni: una prima, avente un’altezza di circa 6,3 m, in cui erano alloggiati i serbatoi (fig. 1) e una seconda, in continuità con la precedente, avente un’altezza complessiva di 12,5 m (fig. 2); • nelle due suddette porzioni, al di sotto della soletta del piano interrato sono presenti spazi vuoti (sostenuti da pareti verticali in cemento), con altezza di circa 1,4 m, aventi la finalità di vasche di contenimento di eventuali perdite dai serbatoi e di cunicoli di posa delle tubazioni; • nel settore restrostante, verso Ovest, è presente un cortile interno, con pavimentazione in cemento, anch’esso ribassato di circa 2,12,15 m rispetto al piano stradale.

PIANO DI CARATTERIZZAZIONE

Dall’esame dei risultati delle indagini preliminari e delle indagini di caratterizzazione del sito è stata riscontrata la presenza, nel terreno, di contaminazione da idrocarburi pesanti (C>12). Nella fig. 3, tratta dalla planimetria, si riporta la mappa riassuntiva dei risultati delle 2 fasi di sondaggi preliminari e caratterizzazione.


Figura 2. Foto da piano campagna del locale interno

specificità dei modelli matematici che descrivono il processo di diffusione dei contaminanti dal suolo/falda all’atmosfera (outdoor e indoor), con conseguente notevole sovrastima delle concentrazioni al punto di esposizione e quindi del rischio legato alla volatilizzazione dei contaminanti, si è scelto di procedere con un campionamento dei gas interstiziali al fine di poter valutare i livelli di concentrazione effettivi dei contaminati e utilizzare tali valori direttamente come sorgente della contaminazione.

Campagne di monitoraggio dei soil gas

Nel gennaio e nell’aprile 2014 sono state effettuate le prime 2 campagne di rilevamento sui n. 4 nesty probe installati per la misura delle concentrazioni Figura 3. Planimetria illustrativa dei risultati delle indagini svolte sul sito di idrocarburi nei gas interstiziali presenti nella porzione insaSono indicate le concentrazioni di tura del terreno. C>12 alle relative profondità (indicate L’ultima delle 3 campagne stagionarispetto al piano pavimento) in modo li, effettuata nel luglio 2014, ha fatto tale da dare un’idea dell’estensione riscontrare concentrazioni della fratridimensionale della contaminazione. zione alifatici C5-C8 superiori a quelle Il colore verde indica la conformità registrate nelle precedenti sessioni di alla CSC per uso residenziale, il colore controllo eseguite nel gennaio 2014 e giallo la conformità all’uso industrianell’aprile 2014. le/commerciale, il colore rosso la non Dall’analisi dei risultati ottenuti nelconformità alla CSC per l’uso industriale/commerciale.

le tre campagne di monitoraggio si evidenzia che le uniche frazioni con concentrazioni superiori al limite di rilevabilità, sono risultate gli idrocarburi aromatici C13-C22 nel monitoraggio del gennaio 2014 e gli idrocarburi alifatici C5-C8 in quella del luglio 2014.

Metodologia e assunzioni dell’AdR

Per la scelta della concentrazione rappresentativa della sorgente si sono utilizzate le concentrazioni massime riscontrate (punto SG2 nella campagna del gennaio 2014 e punto SG4 nel luglio 2014). La speciazione eseguita per gli idrocarburi nei gas prelevati dai nesty probe è risultata alquanto differente rispetto a quella effettuata precedentemente sui terreni in ragione del fatto che gli idrocarburi alifatici C19-C36 (che risultano essere in percentuale maggioritaria nel terreno) non presentano volatilità e quindi non possono essere rilevati nei soil gas. Le condizioni di rischio sanitario/ambientale connesse al sito e al suo futuro utilizzo sono state verificate per entrambi gli scenari (commerciale e residenziale) in due successive fasi: 1. nella prima fase, come richiesto da ARPA, il software è stato utilizzato per la valutazione dei rischi sulla base dei valori di concentrazione riscontrati nel terreno. In questa ipotesi i risultati restituiti dal software hanno fornito, come era prevedibile, rischi molto elevati e non accettabili, soprattutto per lo scenario residenziale. In questa fase infatti i valori del rischio sono stati macroscopicamente sovradimensionati in ragione dell’ecces-

ANALISI DI RISCHIO (ADR)

Le modalità di applicazione dell’analisi di rischio sanitario e ambientale, sono quelle previste dal D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii., mentre le assunzioni utilizzate sono basate sulle indicazioni riportate nel manuale ISPRA-ARPA/ APPA-ENEA-ISS-ISPESL rev. 2. Per i parametri chimico-fisici e tossicologici delle sostanze sono stati utilizzati i valori riportati nella banca-dati ISS-INAIL nel suo ultimo aggiornamento. In considerazione della ridotta sito-

Figura 4.Planimetria con ubicazione sonde soil gas SG1-SG4

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Inalazione Vapori Outdoor

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Alifatici C19-C36

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Alifatici C9-C18

3,07E-06

1,11E-04

Aromatici C11-C22

2,84E-05

1,03E-03

Alifatici C5-C8

1,46E-05

5,66E-04

Aromatici C9-C10

6,14E-06

2,23E-04

Inalazione Vapori Outdoor

Inalazione Vapori Indoor

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Alifatici C19-C36

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Alifatici C9-C18

1,69E-05

3,14E-03

Aromatici C11-C22

1,56E-04

2,90E-02

Alifatici C5-C8

8,01E-05

1,60E-02

Aromatici C9-C10

3,37E-05

6,28E-03

On site Contaminanti

Tabella 1. Rischio sanitario (uso commerciale)

On site Figura 5. Particolare costruttivo sonda fissa soil gas

2.

siva conservatività degli algoritmi matematici nel simulare i processi di diffusione di una contaminazione dal suolo all’atmosfera; nella seconda fase si è utilizzata l’opzione prevista dal software Risk-NET di utilizzare la concentrazione dei contaminanti realmente rilevata nei soil-gas per il calcolo dei rischi da volatilizzazione in ambienti indoor e outdoor.

Risultati ottenuti

Le condizioni di rischio sanitario connesse al sito e al suo futuro utilizzo sono state verificate per gli scenari commerciale (scenario A) e residenziale (scenario B), utilizzando la sola opzione del software Risk-NET che considera la concentrazione dei contaminanti realmente rilevata nei soilgas per il calcolo dei rischi da volatilizzazione in ambienti indoor ed outdoor (fase 2). Il calcolo diretto del rischio a partire dalla massima concentrazione di soil-gas misurata nelle campagne di gennaio, aprile e luglio 2014, ha fornito, per gli scenari commerciale e residenziale, i risultati descritti di seguito. Scenario A (Commerciale) Nella tabella 1 sono riportati i dati di output del programma Risk-NET, ovvero sono riassunti i rischi derivanti dalla presenza di idrocarburi nel suolo profondo, nell’ipotesi di considerare i bersagli propri di un utilizzo commerciale dell’ex-centrale di trasformazione elettrica. Lo scenario conferma l’assenza di rischi per i percorsi di inalazione vapori indoor e outdoor. Per quanto attiene gli

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Contaminanti

Tabella 2. Rischio sanitario (uso residenziale)

effetti cumulativi tra tutte le sostanze si hanno i seguenti valori: • indice di pericolo cumulativo outdoor per sostanze non canc. – HItot = 5.22E-05 • indice di pericolo cumulativo indoor per sostanze non canc. – HItot = 1.93E-03 Scenario B Residenziale Nella tabella 2 sono riportati i rischi derivanti dalla presenza di idrocarburi nel suolo profondo, nell’ipotesi di considerare quali bersagli i residenti delle abitazioni adiacenti all’ex-centrale di trasformazione elettrica. Lo scenario conferma l’assenza di rischi per i percorsi di inalazione vapori indoor e outdoor. Per quanto attiene gli effetti cumulativi tra tutte le sostanze si hanno i seguenti valori: • indice di pericolo cumulativo outdoor per sostanze non canc. – HItot = 2.86E-04 • indice di pericolo cumulativo indoor per sostanze non canc. – HItot = 5.44E-02

CONCLUSIONI

In ragione dell’assenza di rischi connessi all’inalazione vapori indoor e outdoor, è stato individuato il valore della CSR per il sito in esame pari a

18.601 mg/kg di Idrocarburi pesanti. L’implementazione dell’analisi di rischio sito specifica ha consentito di ricavare i valori della CSR da utilizzare quale obiettivo di bonifica per il sito. Poiché tale concentrazione è stata considerata pari alla massima concentrazione riscontrata in sito non risulta necessaria l’attivazione di interventi di bonifica/messa in sicurezza. *A2A Ambiente S.p.A **Studio EG Engineering Geology

bibliografia

[1] D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. – Norme in materia ambientale (Titolo V della Parte IV e allegati) [2] DGR n. 2838/2006 - Modalità applicative del Titolo V della Parte IV del D.Lgs.152/06 [3] DGR 11348/2010 – Linee Guida in materia di bonifica dei siti contaminati [4] APAT - Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati - rev.2 (marzo 2008) [5] APAT - Manuale per le indagini ambientali nei siti contaminati – 2006 [6] Istruzione operativa di ARPA Lombardia “Modalità di campionamento dei soil gas in ambito di bonifica e relativi controlli” [7] Protocollo tecnico-analitico ARPA Lombardia “Indicazioni tecniche per il campionamento attivo e analisi dei soil gas”


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utilizzando l’interpolazione tra il dato termico, quello nello spettro visibile e il posizionamento GPS del mezzo.

in posizione che in assetto, in quanto i rilevamenti spettrofotometrici delle superfici sono estremamente sensibili

Analisi e ricognizioni su aree contaminate mediante droni

L’accoppiamento tra piccoli mezzi volanti e spettrometria ottica per ottenere mappature efficaci e di grande utilità nelle attività di caratterizzazione e bonifica di terreni contaminati di Paolo Plescia, Emanuela Tempesta* e Agata Di Stefano**

L

’uso dei droni nelle riprese fotografiche sia amatoriali che professionali è ormai una prassi ben consolidata e sempre più aziende propongono mezzi volanti senza pilota per eseguire ricognizioni fotografiche in molti settori tecnici e commerciali. Nel campo ambientale, i droni, o meglio gli UAV (Unmanned Aerial Vehicle), sono utilizzati nel rilevamento di principi di incendio nei boschi (Watts et al, 2009 ) e nel monitoraggio dello stato di salute delle coperture vegetali e delle colture agricole (Kaestner et al, 2006). Nel campo della protezione civile sono note le esperienze sul reattore di Fukushima, dove UAV sono stati utilizzati per rilevare i livelli di contaminazione e lo stato di degrado (figura 1). Un recente e bell’esempio di impiego scientifico dei droni ha riguardato la ricognizione archeologica, eseguita mediante fotocamere termiche (IR termico) (Casana et al, 2014). Gli Autori hanno rilevato una notevole serie di insediamenti degli antichi Puebloan nel Nuovo Messico (IX secolo), attraverso la ricognizione termica del terreno,

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Nel settore delle bonifiche non esistono ancora esempi di impiego di mezzi UAV per ricognizioni chimiche su aree contaminate. Realizzare una ricognizione chimica in volo significa dotare il mezzo volante di sistemi analitici fotografici (camere iperspettrali) o spettrometrici (spettrometri UV-VIS-NIR-IR) che sono in grado di osservare il suolo in determinate bande dello spettro elettromagnetico dove i composti di interesse assorbono la luce in modo peculiare. Affinché sia possibile eseguire rilevamenti chimici di un suolo da drone è poi necessario che il mezzo di trasporto possegga i seguenti requisiti: • una capacità di carico (payload) adeguata al peso e all’ingombro delle strumentazioni da impiegare; • un sistema di trasmissione e ricezione dati che consenta un’ampia estensione del range di azione e scevro, se possibile, da interferenze; • un’autonomia sufficiente ad una ripresa di almeno 30 minuti da quote diverse, da pochi metri a qualche centinaio di metri. Inoltre il drone deve essere stabile, sia

alle variazioni di angolo di osservazione. Deve anche possedere un buon sistema di georeferenziazione ed essere in grado di tornare sui suoi passi se perde il segnale di controllo. La scelta della strumentazione dipende sostanzialmente da quello che vogliamo leggere sul suolo. Il caso riportato in questo articolo, riguarda l’analisi della presenza di metalli pesanti (Pb, Cr, Ni) e idrocarburi in terreni contaminati. I metalli di transizione e molti metalli pesanti generano sali con caratteristiche cromofore e caratterizzano profondamente lo spettro della luce che viene riflessa, a parità di granulometria e condizioni fisiche e geometriche del terreno. Quindi, per questi inquinanti, è possibile sfruttare il “colore” dato dalle caratteristiche chimiche cromoforiche dei composti e anche dai colori di fluorescenza. Si ricorda che in queste misure la fonte di radiazione primaria è il Sole e che della sua radiazione sfruttiamo praticamente tutto: la porzione UV per eccitare le fluorescenze degli IPA, la porzione visibile per osservare i colori dei cromofori e


la porzione infrarossa vicina, media e lontana per osservare la presenza di composti particolari, quali ad esempio l’amianto. L’infrarosso termico, poi, è utile anche per l’individuazione di corpi sepolti, di oggetti nascosti o semplicemente per comprendere il drenaggio del suolo. La ripresa ottica effettuata punto per punto viene sottoposta ad un post processing, dove viene sottratto il complesso dei contributi dell’atmosfera e del suolo non contaminato (background). Tenendo conto che lo spettro di riflettanza è particolarmente sensibile alla granulometria del materiale da esaminare, questa operazione risulta particolarmente delicata e difficile; il Lettore può fare riferimento ai dati e alla mole di lavori pubblicati dall’USGS (United States Geological Survey), nel remote sensing sia in attività terrestri che extraterrestri e al rilevamento delle polveri sollevatesi l’11 settembre 2001 con il disastro delle Torri Gemelle (USGS, 2001). In particolare, sia nella preparazione delle ricognizioni che nelle interpretazioni degli spettri di riflettanza ci si riferisce alla banca dati dell’USGS messa a punto da Clark (Clark et al, 2007), attraverso l’utilizzo di quattro spettrometri in riflettanza assoluta per analizzare le bande comprese tra 0.2 micron e 20 micron (50,000 – 500 cm-1), cioè tra UV-visibile e l’infrarosso medio. Come è noto, nell’intervallo compreso tra 3 e 25 micron (400 e 3300 cm-1) sono ben visibili le vibrazioni di reticolo, quindi le vibrazioni dei legami molecolari e dei legami tra atomo e atomo. In questo range vibrano quasi tutti i reticoli minerali e quasi tutte le sostanze organiche; tra i 3 e gli 1,5 micron vi trovano posto le vibrazioni overtone dell’H²O e dell’OH, quindi particolarmente interessanti per la qualificazione, ad esempio, dell’amianto; nel range del visibile (300 – 700 nm) si osservano le bande di fluorescenza degli idrocarburi policiclici, delle bande di assorbimento dei metalli nei vari stati di ossidazione e di gran parte dei composti organici (Clark et al, op. cit.). Accoppiando l’immagine ottica ripresa con fotocamera a media-alta risoluzione, lo spettro ottico in riflettanza e la posizione del mezzo tramite GPS, è

Figura 1. Drone utilizzato nel campionamento ed analisi fotografica dell’area di Fukushima dopo l’incidente nucleare (AAVV, 2011)

spettrale, cioè uno spettrometro che possibile realizzare mappe dettagliate “scansiona” linea per linea l’immagine su aree estese, come è stato realizzato (Scholtz et al, 2011). In questo modo, dalla USGS in molti casi studio. ad ogni pixel dell’immagine è assoDa alcuni anni, diverse aziende di otciato uno spettro di riflettanza. Sistetica professionale stanno proponendo mi di questo genere sono però molto spettrometri nel campo del visibile e pesanti, sia in termini di peso fisico del NIR di peso piuma, adatti cioè ad che di volume di dati da trasmettere essere parte di un payload di poche o memorizzare e sono più adatti a sicentinaia di grammi. Ad esempio, uno stemi montati su elicotteri o su velivoli degli strumenti testati in questo lavoro classici. Per ridurre i costi e i pesi delle ha un peso di soli 68 g e ha un’ottica apparecchiature è possibile utilizzacomposta da una fibra ottica adeguare una buona immagine ottica ripresa ta al passaggio di bande nel visibile e con fotocamere ad alta risoluzione nel NIR (tra 350 e 1100 nm), connessa filtrate nelle componenti spettrali che ad un obiettivo correttore di coseno. interessano. Ad esempio, è possibile Lo spettrometro è realizzato con una fotografare un’area contaminata da tecnologia Czerny-Turner ed una risoeternit, discriminando i frammenti di luzione di 1 nm con le slitte più strette cemento amianto dal resto del suo(10 micron) e di 16 nm con le slitte più lo utilizzando le bande ad 1,4 micron larghe (200 micron) (http://oceanop(infrarosso vicino, NIR) con un filtro tics.com/product/sts-developers-kit/). passa banda ed una fotocamera (PleQuesto tipo di osservazione non ha scia et al, 2015). Questo sistema coun’elevata risoluzione spaziale: la dista relativamente poco ma fornisce mensione dello spot ripreso dipende poche informazioni per quanto attiene dall’ampiezza del cono di osservazioalle componenti minerali e organiche ne dello spettrometro e dall’altezza del inquinanti per via della scarsa risolumezzo rispetto alla terra. Ad esempio, zione spettrale, a meno di non inserire ad un’altezza di 20 metri, con un cono dei filtri interferenziali con passa bandi osservazione di apertura pari a 10°, l’area osservata e Range spettrali di osservazione remota analizzata per ogni spettro riBanda Range preso (il piW1 0.2 - 3 µm (50,000 - 3,333 cm-1) xel) ha un diametro di W2 1.5 - 6 µm (6,666 - 1,666 cm-1) 3,4 metri. Un miglioW3 6 - 25 µm (1,666 - 400 cm-1) ramento si può otteneW4 20 - 150 µm (500 - 66.7 cm-1) re usando un sisteTabella 1. Range spettrali usati nel remote sensing di sostanze inorganiche ed organiche (da Clark et al, 2002, modificato) ma iper-

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Figura 3. Drone Ar2.0 modificato con la fotocamera GoPro

Figura 2. Layout delle misure di riflettanza su suoli contaminati

da esattamente legata all’inquinante da cercare. Per ovviare a tutti questi inconvenienti è possibile adottare una soluzione di compromesso che riduca la bassa risoluzione spaziale tramite l’interpolazione dei dati. In qualunque caso, per ottenere informazioni di tipo chimico da osservazione remota, sia essa da satellite, velivolo o drone, si deve realizzare un sistema di osservazione spettrometrica associata ad una buona immagine fotografica e sfruttare l’analisi dello spettro di riflessione nei range dove vibrano gli analiti principali.

Prove sperimentali

La prima fase nella preparazione del sistema di analisi chimica da drone è la preparazione degli standard di taratura. Per questo motivo è stata scelta una terra naturale, con una curva granulometrica spostata verso la frazione sabbiosa, composta sostanzialmente da quarzo, muscovite e calcite. La terra è stata setacciata, quartata ed essiccata in quantità di alcuni kg. Da questo batch sono state prelevate una decina di aliquote, ciascuna delle quali è stata inquinata artificialmente con composti noti. In particolare sono state prese in considerazione due tipologie di sostanze: • idrocarburi, tramite le emissioni di fluorescenza indotta da UV, com-

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luce riflessa ad un angolo noto e analogo a quello di ripresa dello standard. Lo spettro di riflettanza dei materiali standard è stato ripreso mediante un banco ottico sul quale era connessa la fibra ottica dello spettrometro, ad un angolo di osservazione di 90°, un’illuminazione solare inclinata alle 12:30 a 40° e assenza di nuvole. Nel rilevamento degli spettri di fluorescenza abbiamo usato uno spettrometro modello STS VIS-L100-400 SMA della Ocean Optics, dotato di una tecnologia spettrometrica Czerny Turner e un set di fenditure da 100 fino a 500 micron e fibra ottica da 400 micron. Per tarare lo spettrometro è stata usata una radiazione laser a 750 nm. L’illuminazione del terreno di prova è data dalla radiazione solare con inclinazione a 37° (gennaio, Siracusa, ore 12.30). Il Drone utilizzato è il modello AR-Drone 2.0 della Parrot, modificato. Il modello è poco più di un giocattolo, ma possiede un ottimo registratore di volo e un

prese tra 200 e 600 nm; metalli di transizione cromofori (Cr, Pb, Cu, Ni, Fe) e, in particolare: minio, PbO⁴, 200 ppm di minerale (circa 170 ppm di Pb), nichel cloruro, NiCl²*4H²O (250 ppm di Ni), ossidi metallici misti (polvere abbattimento fumi da acciaieria), contenenti PbO, NiO, Fe2O3, ZnFe2O4, complessivamente 600 ppm di metalli pesanti. Gli spettri di idrocarburi policiclici standard sono stati ripresi usando standard solidi di 10 IPA (Sigma Aldrich), disciolti in alcool metilico e mescolati in quantità nota al terreno naturale. In questo modo sono stati preparati standard a titolo noto estremamente stabili e utilizzabili per riprese ottiche. L’analisi spettrofotometrica è stata realizzata con la metodica della 2 “riflessione totale”, sfruttando una geometria molto sempli3 ce, visibile in figura 2. La riflessione totale prevede una riflessio4 1 ne della luce incidente (solare) sul materiaFigura 4. Il drone DiJ Phantom equipaggiato con spettrometro VIS-NIR e una le ad un determinato fotocamera (1 - spettrometro, con obiettivo in fibra ottica e correttore di coseno; 2 angolo di inclinazione antenna SHF per estensore di raggio d’azione; 3 - elettronica di controllo e batterie e l’osservazione della per la sezione spettrometrica; 4 - videocamera GoPro)


Figura 5. Spettro della radiazione primaria rilevato con spettrometro montato su UAV. Sono indicate le bande di assorbimento dell’ossigeno e dell’acqua

GPS con precisione di circa due metri e un software di volo che consente di programmare quota, velocità e movimenti del velivolo intorno a punti definiti di una mappa. Il drone è stato alleggerito di gran parte della carenatura originale, dotato di un rinforzo per l’atterraggio e di una carenatura per ospitare o lo spettrometro o una macchina fotografica HD GoPro (figura 3), con un carico massimo di circa 200 g. Il software consente di programmare il percorso di volo in un raggio massimo di 100 metri dal punto di partenza. Per ovviare allo scarso raggio di azione disponibile abbiamo esteso il range di comunicazione del drone mediante un WiFi extender. In figura 4 si osserva la configurazione di un modello DIJ Phantom 2 equipaggiato con lo spettrometro in nostra dotazione.

Risultati

Nella figura 5 si osserva lo spettro elettromagnetico della radiazione riflessa

Figura 7. Elaborazione dell’immagine fotografica, ripresa su terra contaminata da minio (PbO)

Figura 6. Spettro radiazione riflessa da terreno contaminato (blu - terra contaminata con NiCl²; rosso - terra contaminata da “Minio”, PbO; marrone - terra contaminata da polverini acciaieria)

andamento spettrale conforme alla presenza dei due idrocarburi. I dati ottenuti confortano nella scelta dello spettrometro e consentono di fare alcune ipotesi applicative circa l’utilizzo del sistema Drone+Spettrometro VIS-NIR. In particolare, nel lavoro futuro si tradurrà lo spettro di riflettanza in costanti dielettriche dei suoli, al fine di evidenziare ancora meglio particolari caratteristiche chimiche e fisiche di fasi minerali e inquinanti presenti nei suoli contaminati.

dal terreno, con elevazione del sole alle Conclusioni 12.30 di circa 37°, nell’intervallo 190In questo articolo abbiamo voluto evi900 nm ripreso con lo spettrometro a denziare come sia oggi possibile rebordo UAV. Nella figura 6 vengono rializzare un sistema di analisi remota presi gli spettri dei tre terreni contamiutilizzando le nuove risorse tecnolonati, realizzati usando il terreno pulito giche nel campo della spettrometria come riferimento. Come si può osserottica e i nuovi mezzi volanti senza vare le bande di colore sono chiarapilota di piccole dimensioni (droni). mente visibili e discriminabili tra loro. L’interesse verso queste macchine sta Nella figura 7 si osserva una porzione crescendo, considerato che si tratta di di terreno a cavallo tra l’area contamistrumenti poco costosi e particolarnata dal piombo e l’area non contamimente interessanti dal punto di vista nata. Nella foto si osserva l’immagine delle applicazioni. Già dalla semplice a bassa risoluzione del suolo dove è osservazione del terreno, mediante stata effettuata la ripresa spettromefotocamera ad alta risoluzione, è postrica. La seconda immagine in B/N è sibile ottenere informazioni di grande stata realizzata utilizzando un sofutilità. Accoppiando a queste un’anatware di analisi d’immagine (Malvern lisi spettrometrica, eseguita nel range Morphology, ver. 8.0) dove si evidenzia del visibile e possibilmente del NIR, si la presenza di una diversa colorazione. possono rilevare le singole componenNella figura 8 si osserva l’analisi spetti minerali e organiche e ottenere una trometrica di una terra contaminata da mappatura efficace, che potrà essere idrocarburi policiclici aromatici (PAH) di grande utilità nel corso delle attivied in particolare da pyrene e naphtaletà di caratterizzazione e sorveglianza ne, in quantità totale di 80 ppm. Nella delle bonifiche di terreni contaminati. stessa figura si possono osservare per *CNR IGAG – Laboratori RECAT, CNR – CISMA SpA comparazione gli spettri di fluorescen**CISMA Ambiente SpA za del pyrene e del naphtalene, ottenuti da eccitazione con lampada a UV (radiazione di eccitazione 180 nm). Risulta interessante notare che, malgrado la bassa concentrazione dell’inquinante, si riesce comunque a viFigura 8. Spettri di riflettanza di terra contaminata da Pyrene e Naphtalene, sualizzare un complessivamente 80 ppm di PAH; sono rappresentati anche i due standard dei policiclici puri

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Le novità in materia di AIA La Relazione di Riferimento ai sensi del Decreto Ministeriale 13 novembre 2014, n. 272 di Gian Luigi Soldi*

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on la comunicazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio 2015 entra in vigore il Decreto Ministeriale 13 novembre 2014, n. 272 che contiene, in attuazione all’articolo 29-sexies, comma 9-sexies del D.Lgs. 152/06, le istruzioni per i gestori degli impianti soggetti ad AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), per la redazione della Relazione di Riferimento. La Relazione costituisce una delle novità introdotte dal D.Lgs. 46/14, vigente dall’11 aprile 2014, con il quale l’Italia ha recepito la Direttiva 2010/75/Ue relativa alle emissioni industriali o Direttiva IED (Industrial Emissions Directive), rinnovando la disciplina dell’AIA nel D.Lgs. 152/06, nella quale era stata introdotta, la necessità di presentare una Relazione di Riferimento. La Relazione di Riferimento (Baseline

Report) rappresenta uno strumento chiave previsto dalla suddetta Direttiva IED (art. 22) per prevenire ed affrontare la potenziale contaminazione del suolo e delle acque sotterranee che potrebbe essere cagionata dalle attività che producono, utilizzano o scaricano determinate sostanze pericolose, tenendo conto della possibilità di contaminazione. La relazione fungerà da documento di base per effettuare un confronto con lo stato di contaminazione che sarà verificato al momento della cessazione definitiva delle attività e valutare gli eventuali obblighi di ripristino. All’interno del D.Lgs. 152/06, modificato dal D.Lgs. 46/14, il contenuto della Relazione di Riferimento non è definito e all’art 29-sexies, comma 9-sexies, era infatti previsto che, con uno o più decreti ministeriali, fossero stabilite le modalità per la sua redazione, con particolare

riferimento alle metodologie di indagine e alle sostanze pericolose da ricercare. Il D.M. 272/2014, pubblicato a tale scopo, fa seguito alla Comunicazione della Commissione Europea del 6 maggio 2014, n. 2014/C 136/01, con la quale sono già state formulate delle Linee Guida che, malgrado non rappresentino un’interpretazione vincolante dal punto di vista giuridico, definiscono i casi in cui la Relazione di Riferimento deve essere predisposta e illustrano le modalità di elaborazione del documento, con particolare riferimento ai criteri di indagine e di campionamento. In attesa della pubblicazione del Decreto, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), con la circolare n. 0022295 GAB del 27 ottobre 2014, aveva già comunicato alcune linee di indirizzo in materia di AIA, riguardanti, tra l’altro, anche il tema della Relazione di Riferimento. In particolare veniva suggerito alle Autorità Competenti di richiedere la Relazione o il suo adeguamento a seguito della pubblicazione del previsto decreto ministeriale, sulla base delle tempistiche da questo indicate. Il Ministero precisava inoltre che la validazione della Relazione non costituisce parte integrante dell’AIA, né elemento necessario alla chiusura dei procedimenti di rilascio dell’AIA, poiché essa può essere effettuata dall’Autorità Competente con tempi indipendenti da quelli necessari alla definizione delle condizioni di esercizio dell’impianto, anche prima del primo aggiornamento dell’AIA effettuato in attuazione delle disposizioni recate dal D.Lgs. 46/14. In ogni caso la circolare raccomandava ai gestori, successivamente all’emanazione del citato decreto ministeriale, di attivarsi prontamente per la predisposizione della relazione di riferimento, tenendo conto che la mancanza di tale elemento, qualora dovuto, può determinare l’irricevibilità delle istanze.

Soggetti obbligati e tempistiche

Il DM 272/2014 è costituito da 5 articoli e 3 allegati e definisce le modalità per la redazione della Relazione di Riferimento che il gestore deve presentare in sede di nuova istanza o aggiorna-

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Diagramma di flusso per la verifica della sussistenza dell’obbligo di elaborazione e presentazione della relazione di riferimento (Allegato 1 del DM 13 novembre 2014, n. 272)

mento dell’AIA, se l’attività comporta l’utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose. Dopo gli artt. 1 e 2 ,che contengono l’introduzione alla tematica ed alcune definizioni tecniche di valenza marginale, agli artt. 3 e 4 sono definiti i soggetti obbligati ad attivare la procedura inerente la relazione di riferimento, ed in particolare il Decreto identifica i soggetti obbligati alla presentazione della Relazione di riferimento, quali: a. i gestori degli impianti elencati in Allegato XII alla parte seconda del D.Lgs 152/06, ovvero i gestori di impianti soggetti ad AIA statale, con esclusione di quelli costituiti esclusivamente da centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW alimentati esclusivamente a gas naturale (articolo 3, comma 1 del nuovo DM); b. i gestori degli impianti elencati in Allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs. 152/06 soggetti ad AIA regionale/provinciale, qualora la procedura di valutazione cui all’Allegato 1 del nuovo Decreto riveli un’effettiva possibilità di contaminazione del suolo o delle acque sotterranee connessa a uso, produzione o rilascio di una o più sostanze pericolose da parte dell’in-

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stallazione stessa, tali da poter essere considerate “pertinenti”. Per quanto riguarda le tempistiche di presentazione (art. 4) il nuovo Decreto stabilisce l’obbligo per i gestori degli impianti soggetti ad AIA di competenza statale, di presentare la Relazione di Riferimento all’Autorità Competente entro 12 mesi dall’entrata in vigore del Decreto medesimo, cioè entro il 7 gennaio 2016. L’unica eccezione, nell’ambito delle tipologie d’installazione sottoposte ad AIA in sede statale, è rappresentata dagli impianti costituiti esclusivamente da centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW alimentati esclusivamente a gas naturale. Per questa tipologia di installazione è prevista la verifica preliminare della sussistenza dell’obbligo di presentazione della Relazione di Riferimento, da eseguirsi secondo la procedura descritta nell’Allegato 1 del Decreto medesimo, che dovrà essere completata entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto, cioè entro il 7 aprile 2015. Nel caso, di installazioni non ancora in possesso di AIA alla data entrata in vigore del Decreto, è previsto che la Relazione di riferimento o gli esiti negativi della procedura di verifica di assoggettabilità, debbano essere parte integrante della domanda di autorizzazio-

ne ex art. 29-ter del D.Lgs. 152/06 (articolo 4, comma 3), così come dovrà essere condotto un aggiornamento, nel caso di istanze prospettanti modifiche rilevanti ai fini degli obblighi connessi alla Relazione di Riferimento (articolo 4, comma 4). Il nuovo Decreto pertanto non definisce tempistiche per la presentazione della fase di verifica e per l’eventuale successiva Relazione di Riferimento, nel caso di impianti assoggettati ad AIA regionale/provinciale, demandando quindi tale decisione alle Autorità Competenti, che eventualmente potranno valutare l’opportunità di fissare diverse scadenze rispetto alle disposizioni formulate per le attività soggette ad AIA statale (3 mesi per la fase di valutazione e 12 mesi per la presentazione della Relazione, qualora dovuta). All’art. 4 comma 5 sono inoltre stabilite disposizioni onerose inerenti il versamento delle tariffe istruttorie all’atto della presentazione o dell’aggiornamento della Relazione di Riferimento.

La verifica della sussistenza dell’obbligo di presentazione

All’Allegato 1 del nuovo Decreto è indicata la procedura per verificare la sussistenza dell’obbligo di presentazione della Relazione di Riferimento. Se al termine della valutazione emerge che vi è l’effettiva possibilità di contaminazione del suolo o delle acque sotterranee connessa ad uso, produzione o rilascio di sostanze pericolose, queste sono considerate “pertinenti” ed il gestore è conseguentemente tenuto ad elaborare la Relazione. E’ importante sottolineare che l’obbligo di presentare la Relazione non sussiste pertanto sistematicamente per tutte le attività assoggettate ad AIA Statale o regionale/provinciale che utilizzano, producono o rilasciano sostanze pericolose, ma la verifica della presenza di tale obbligo è effettuata sulla base di una procedura preliminare appositamente definita, che tiene in considerazione, oltre alle caratteristiche chimico-fisiche delle sostanze e alle loro modalità di gestione, anche la “vulnerabilità” geologica ed idrogeolo-


stessa classe di pericolosità ai sensi del suddetto regolamento CLP, da confrontare con valori soglia definiti nella seguente tabella. Sulla base di recenti orientamenti emersi nel tavolo di coordinamento in materia tra il Ministero e le amministrazioni Regionali, nell’ambito della valutazione della quantità di sostanze pericolose utilizzate, prodotte o rilasciate non dovrebbero essere considerati i rifiuti in ingresso agli impianti di trattamento/smaltimento, in quanto non propriamente riconducibili alla definizione di “sostanze” ai sensi del suddetto regolamento CLP ed in quanto già oggetto di norme specifiche che garantiscono sia adeguati presidi di protezione delle matrici ambientali, che di monitoraggio delle stesse. Pertanto, nell’ambito delle installazioni di trattamento/smaltimento rifiuti soggette ad AIA, la procedura inerente la Relazione di Riferimento dovrà essere valutata in funzione dell’eventuale utilizzo o produzione di altre sostanze pericolose, diverse da quelle eventualmente contenute nei rifiuti in ingresso, come ad esempio quelle connesse all’impiego di macchinari ed alla loro manutenzione.

dovranno pertanto essere utilizzate in “combinato disposto” con quelle del nuovo Decreto. E’ fatta inoltre salva la possibilità di utilizzare le informazioni a disposizione sullo stato della qualità del suolo e delle acque sotterranee disponibili in applicazione di altra normativa, come ad esempio quella in materia di bonifica dei siti inquinati. Nel caso delle discariche di rifiuti (attività di cui alla categoria 5.4 dell’allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs. 152/06), qualora sia dovuta la presentazione della Relazione, dovranno essere utilizzati gli elementi già indicati nell’ambito delle attività di Sorveglianza e Controllo stabilite dalla normativa di settore, di cui al D.Lgs. 36/03 e pertanto non dovranno essere seguiti i criteri di indagine previsti per le altre attività assoggettate. All’Allegato 2 del Decreto sono specificati i contenuti minimi della Relazione, che riguardano gli usi passati, presenti e futuri del sito, le sue caratteristiche geologiche ed idrogeologiche, l’individuazione dei “centri di pericolo”, le informazioni già disponibili sulla qualità del suolo e delle acque sotterranee in relazione alla presenza delle sostanze pericolose pertinenti, le risultanze di Il contenuto minimo della eventuali nuove “misurazioni” effettuate appositamente allo scopo. Relazione di Riferimento All’Allegato 3 sono invece definiti i criAll’art. 5 del nuovo Decreto si specifiteri per l’acquisizione di nuove inforca il contenuto minimo della Relazione mazioni sullo stato di qualità del suolo demandando al contenuto dell’Allegae delle acque sotterranee. to 2 e comunque facendo salvo quanto In generale si evidenza una certa anagià proposto nelle Linee Guida di cui logia con i criteri previsti per la caratComunicazione della Commissione terizzazione dei siti sottoposti alle proEuropea del 6 maggio 2014, n. 2014/C cedure di bonifica di cui alla Parte IV, 136/01, già citate, le cui indicazioni Titolo 5, del D.Lgs. 152/06, con alcune Soglie definite dall’Allegato 1 del DM 13 novembre 2014, n. 272 per le sostanze pericolose utilizzate, prodotte o rilasciate dall’installazione, alla massima capacità produttiva modificazioni. Anche in questo Indicazione di pericolo Soglia kg/anno caso è prevista una Classe* (regolamento (CE) n. 1272/2008) o dm³/anno strategia di campionamento ”sisteH350, H350(i), H351, H340, H341 ≥ 10 1 matica”, sulla base di campioni comH300, H304, H310, H330, H360(d), H360(f), H361(de), ≥ 100 positi prelevati con 2 H361(f), H361(fd), H400, H410, H411 R54, R55, R56, R57 una maglia del lato massimo di 100 meH301,H311, H331, H370, H371, H372 ≥ 1000 3 tri, ottenuti prevedenH302, H312, H332, H412, H413, R58 ≥ 10,000 4 do almeno 10 “incrementi” per ciascuna * 1. Sostanze cancerogene e/o mutagene (accertate o sospette) - 2. Sostanze letali, sostanze pericolose per la fertilità o per il feto, sostanze tossiche per l’ambiente - 3. Sostanze tossiche per l’uomo maglia.

gica del sito che ospita l’installazione. In particolare il nuovo Decreto riporta un diagramma di flusso che identifica un percorso di valutazione preliminare basato su 4 fasi: 1. valutare la presenza di sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate dall’installazione determinandone la classe di pericolosità; 2. valutare la rilevanza delle quantità di sostanze pericolose usate, prodotte o rilasciate dall’installazione attraverso il confronto con specifiche soglie di rilevanza; 3. se le soglie sono superate, valutare la possibilità di contaminazione in base a proprietà chimico-fisiche delle sostanze, caratteristiche idrogeologiche del sito ed (eventualmente) sicurezza dell’impianto; 4. se esiste la possibilità di contaminazione, procedere alla redazione della relazione di riferimento. La Direttiva IED definisce sostanze pericolose le sostanze o miscele pericolose come definite all’articolo 2, punti 7 e 8 del regolamento (Ce) n. 1272/2008, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele (il cosiddetto CLP). Tale riferimento è riportato anche all’art. 5 del D.Lgs. 152/06, comma 1. lettera v-octies. Per la verifica della quantità di sostanze pericolose, il nuovo Decreto prevede il confronto del quantitativo di sostanze pericolose utilizzate, prodotte o rilasciate dall’installazione, alla massima capacità produttiva, sommando le quantità di sostanze appartenenti alla

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Non è comunque esclusa la possibilità di prelevare campioni puntuali, cioè sulla base di un criterio “ragionato”, in corrispondenza dei centri di pericolo. Difformemente dalle procedure di bonifica, il campionamento del terreno insaturo riguarderebbe solo il suolo superficiale, prevedendo il campionamento degli spessori 0-0,2 e 0,2-1 metri dalla superficie del suolo. Tale criterio potrebbe essere indirizzato a rilevare eventuali situazioni di inquinamento legate alla ricaduta al suolo di eventuali sostanze pericolose emesse in atmosfera oppure alla gestione delle stesse in assenza di adeguate pavimentazioni. In ogni caso la difformità dei criteri obbligherebbe all’integrazione dei dati analitici eventualmente ricavati da precedenti attività di caratterizzazione effettuate secondo la normativa in materia di bonifica dei siti inquinati. Il set analitico richiesto, oltre alle sostanze pericolose pertinenti ed ai loro prodotti di degradazione, comprende anche le caratteristiche chimico-fisiche del suolo come il Carbonio Organico, il pH e la granulometria. Tale richiesta potrebbe essere indirizzata a fornire valutazioni sulla mobilità nel suolo delle suddette sostanze. Sempre all’allegato 3 sono forniti criteri generali per le nuove installazione in “aree verdi” ed in siti già oggetto di attività potenzialmente inquinanti, denominati ”brownfields”.Anche le acque sotterranee dovranno essere oggetto di eventuale caratterizzazione specifica nell’ambito della Relazione di Riferimento, prevedendo la realizzazione di almeno tre “piezometri” che interesseranno l’acquifero superficiale ed eventualmente anche la “falda profonda”, in caso di sua sospetta contaminazione, interconnessione tra le falde o emungimento di acque profonde nell’ambito delle attività dell’installazione. I dati già disponibili sulla qualità delle acque sotterranee potranno essere utilizzati solo se riferiti ad un periodo inferiore all’anno precedente la data di presentazione della Relazione di Riferimento, fatte salve diverse disposizioni da parte dell’Autorità Competente.

Conclusioni

I nuovi obblighi derivanti dall’emanazione del DM 272/2014 in materia di

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Relazione di Riferimento hanno suscitato alcune preoccupazioni da parte del mondo industriale, anche in relazione al fatto che la maggior parte delle attività interessate dalle procedure di Autorizzazione Integrata Ambientale riguardano piccole e medie imprese, più sensibili al gravame dei costi richiesti per le eventuali indagini e per le spese tecniche ed istruttorie necessarie per le fasi di valutazione preliminare e per la predisposizione della Relazione. La rigida normativa in materia di bonifica dei siti inquinati, vigente in Italia dalla fine del 1999 ed attualmente contemplata alla parte IV, Titolo 5 del D.Lgs. 152/06, che non trova analogia nella maggior parte degli altri stati membri dell’UE, impone la necessità di attivare complesse procedure tecniche ed amministrative al semplice superamento dei limiti tabellari (CSC), definiti in funzione della destinazione d‘uso dell’area o di valori di fondo naturale. Tale norma nazionale non prevede alcun alleviamento dell’onere nei confronti del proprietario incolpevole di un sito inquinato, che comunque, in caso di sua mancata attivazione, potrebbe ritrovarsi oggetto di azioni di rivalsa da parte della Pubblica Amministrazione, costretta in ultimo ad adottare gli interventi sostitutivi di bonifica a fronte dell’inerzia dei soggetti obbligati. La necessità di dover obbligatoriamente produrre delle informazioni sulla qualità delle matrici ambientali del sito interessato dall’installazione soggetta ad AIA, potrebbe pertanto trasformarsi nel pericolo concreto di vedere riesumate eventuali passività ambientali causate da attività pregresse e quindi nella conseguente necessità immediata di attivazione delle procedure di bonifica. Il nuovo Decreto Ministeriale prevede inoltre la possibilità di utilizzare informazioni ambientali già definite nell’ambito dell’applicazione di altre normative, quali ad esempio le procedure di bonifica già attivate presso il sito interessato oppure presso altri siti presenti nelle vicinanze, consentendo pertanto un evidente risparmio di risorse ed evitando la duplicazione di indagini già eseguite. Nei criteri di indagine indicati dal Decreto tuttavia differiscono le modalità di campiona-

mento del suolo superficiale rispetto ai criteri previsti per la bonifica dei siti inquinati, richiedendo comunque un’integrazione delle indagini già effettuate. Un importante aspetto, non chiaramente definito nel nuovo Decreto, è rappresentato dalla necessità di eseguire indagini in aree esterne al sito che ospita l’installazione oggetto della Relazione, ad esempio per verificare l’eventuale ricaduta sul suolo delle sostanze inquinanti pericolose pertinenti emesse. Tale necessità potrebbe coinvolgere aree esterne anche estese, richiedere valutazioni di tipo modellistico, comportando pertanto elevati costi di elaborazione, nonché la possibilità di rilevare situazioni di inquinamento prodotte da altre attività esterne all’installazione. Allo scopo di contenere gli oneri derivanti dall’applicazione della procedura sulla Relazione di Riferimento ed evitare di penalizzare il settore produttivo nazionale rispetto alle condizioni presenti negli altri Stati Membri dell’UE, ove è in gran parte assente una stringente normativa sulla bonifica dei siti inquinati, si ritiene importante focalizzare l’attenzione all’effettivo scopo della Relazione stessa, rivolto cioè a definire quantitativamente la qualità ambientale di fondo rispetto alle sostanze pericolose pertinenti che effettivamente potrebbero essere rilasciate nel terreno e nelle acque sotterranee dall’installazione oggetto dell’AIA, da confrontare con la situazione che si riscontrerà al termine della sua attività, per l’adozione delle necessarie misure correttive. Sarà quindi indispensabile seguire con attenzione la procedura di verifica “preliminare” indicata all’Allegato 1 del Decreto, finalizzata a valutare la sussistenza dell’obbligo di presentazione della Relazione di Riferimento, evitando la necessità di una sua successiva elaborazione per quelle attività che comportino la gestione di quantitativi modesti di sostanze pericolose e/o presso le quali risultino adottate adeguate modalità di gestione delle stesse, che pertanto potrebbero determinare effetti nulli o comunque trascurabili sulla qualità del terreno e delle acque sotterranee. *Città Metropolitana di Torino,

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L’abbandono di rifiuti si scontra con Concordato preventivo e fallimento Giurisprudenza a confronto per individuare il responsabile dell’inquinamento in caso di procedure concorsuali o fallimentari di Daniele Carissimi*

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’art. 192 del Testo Unico Ambientale prevede che in caso di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti il responsabile dell’inquinamento proceda “alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo”. Nel caso in cui tali soggetti non procedano “Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recu-

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pero delle somme anticipate […]”. In caso di inquinamento derivante da abbandono o deposito incontrollato, vengono pertanto individuati quali soggetti tenuti al ripristino dell’area, tanto il responsabile dell’inquinamento quanto il proprietario del sito ovvero i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, quali obbligati in solido. Tali soggetti – in caso di inerzia – potranno essere i destinatari di un’ordinanza sindacale volta all’effettuazione delle operazioni richieste dalla norma. Tuttavia, ci sono casi in cui non è così pacifico individuare i soggetti responsabili dell’inquinamento e, conseguentemente, gli obbligati al ripristino. Ci si riferisce, nello specifico, con il presente contributo, al caso di un’azienda che venga ammessa al concor-

dato preventivo con cessione dei beni ovvero al successivo fallimento. In questo caso, infatti, l’attivazione della procedura concorsuale o fallimentare determina una cessazione dell’attività con conseguente transizione al mondo dei rifiuti di alcuni beni presenti in azienda che – proprio in virtù della predetta cessazione dell’attività – diventano inservibili con conseguente necessità/volontà di disfarsene. Senza contare poi quei rifiuti che vengono in qualche modo “ereditati” dalla proprietà in bonis e di cui le procedure devono farsi carico in termini di gestione e di costi. In primo luogo, ci si deve chiedere se, in qualche misura, le procedure possano essere identificate come “produttore del rifiuto” e, quindi, eventualmente, responsabili dell’inquinamento.


Vero è, infatti, che sulla base di quanto esposto alcuni beni diventano rifiuti proprio a causa della cessazione dell’attività. Ebbene, quanto al concordato preventivo con cessione di beni si rileva che in termini generali è il debitore a elaborare un piano il cui contenuto è lasciato alla sua libera determinazione. Lo stesso, infatti, può decidere di offrire la cessione totale o parziale dei beni ai creditori, in pagamento dei loro crediti. I soggetti che poi intervengono per l’esecuzione di tale piano (liquidatore, commissari giudiziali, giudice delegato) hanno solo lo scopo di coordinare e vigilare la procedura nell’interesse dei creditori. Sulla base di tale dato se ne evince che il debitore ammesso al concordato preventivo non trasferisce i suoi beni, bensì subisce meramente uno “spossessamento attenuato”, in quanto conserva, come nel fallimento, oltre ovviamente alla proprietà, l’amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale all’esecuzione del concordato [1]. Ciò determina, pertanto, che nel caso di concordato preventivo non potranno essere attribuite delle responsabilità in capo ai soggetti dalla procedura concorsuale, atteso che: • il concordato preventivo è una procedura richiesta dall’impresa [2], la quale, volontariamente decide di procedere contestualmente alla cessione dei beni, di talché, l’azione volitiva che determina il passaggio da prodotto a rifiuto rimane in capo all’amministrazione dell’azienda in bonis che procede alla richiesta di concordato preventivo; • in ogni caso, nessuno dei soggetti coinvolti dalla procedura è nelle condizioni – per legge – di poter disporre liberamente dei beni tale da determinarne la destinazione ovvero la classificazione, dovendo necessariamente sottoporsi al previo nulla osta del giudice delegato. In particolare, nel concordato con cessione dei beni, la legittimazione a disporne viene attribuita dalla legge (art. 167 r.d. n. 267/1942) al commissario liquidatore, che agisce non in nome o per conto dei creditori concordatari,

bensì nel rispetto delle direttive impartite dal tribunale al fine di provvedere alla liquidazione del patrimonio e alla distribuzione dell’attivo ai creditori [3], con ciò confermando quanto sin qui esposto. Medesime conclusioni devono ravvisarsi anche in ordine alla procedura di Fallimento, che, specialmente in alcuni casi, segue, senza soluzione di continuità, il concordato preventivo, dovendo far ritenere le due procedure come un unicum [4]. Alla luce di quanto ricordato, non risulta, quindi, possibile ricostruire delle responsabilità in capo alle procedure concorsuali/fallimentari in quanto le produzioni dei rifiuti non possono essere in alcun modo loro attribuibili e, conseguentemente, non possono essere destinatari di eventuali ordinanze nella misura in cui nei loro confronti manca la responsabilità soggettiva dell’inquinamento determinato dalla cessazione dell’attività. Le conclusioni cui si è giunti risultano confermate da diverse pronunce giurisprudenziali che prevedono che non possano essere addebitate al concordato preventivo, ovvero al fallimento, responsabilità in ordine alla gestione dei rifiuti dell’imprenditore fallito, non potendo essere emesse quindi nei confronti di tali soggetti le ordinanze di cui all’art. 192 del D.Lgs. 152 del 2006: • sul concordato preventivo con cessione dei beni- “…la Liquidazione giudiziale non avendo la proprietà del bene in questione non è legittimata passivamente a ricevere l’ordine impartito con l’ordinanza, se-

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condo quanto stabilito dall’art. 192 del Codice dell’ambiente; dall’altro, che non potendo i commissari liquidatori compiere atti diversi da quelli funzionalmente indirizzati alla liquidazione del patrimonio, neppure per tale profilo potrebbe supporsi una responsabilità nel senso ravvisato dall’Amministrazione” [5]; • sul fallimento: “Il fatto che alla curatela sia affidata l’amministrazione del patrimonio del fallito, per fini conservativi predisposti alla liquidazione dell’attivo ed alla soddisfazione paritetica dei creditori, non comporta affatto che sul curatore incomba l’adempimento di obblighi facenti carico originariamente all’imprenditore, ancorché relativi a rapporti tuttavia pendenti all’inizio della procedura concorsuale. Al curatore competono gli adempimenti che la legge (sia esso il R.D. 16-31942 n. 267, siano esse leggi speciali) gli attribuisce e tra essi non è ravvisabile alcun obbligo generale di subentro nelle situazioni giuridiche passive di cui era onerato il fallito. … Poiché in linea generale, come ricordato, il curatore, nell’espletamento della pubblica funzione, non si pone come successore o sostituto necessario del fallito, su di lui non incombono né gli obblighi dal fallito inadempiuti volontariamente o per colpa, né quelli che lo stesso non sia stato in grado di adempiere a causa dell’inizio della procedura concorsuale, …” [6]. Si deve rilevare tuttavia sul punto una

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tesi – più risalente, ad onor del vero – di ordine contrario, accolta da una parte della giurisprudenza di merito [7] e inizialmente anche dal Consiglio di Stato [8], secondo la quale il curatore fallimentare, assumendo la detenzione ed eventualmente la conduzione dell’impresa dichiarata fallita, è tenuto ad osservare le norme di legge e regolamentari in materia di igiene pubblica e di ambiente, nonché a dare esecuzione ai provvedimenti del sindaco diretti ad evitare pregiudizi sanitari o ambientali. A tal proposito si cita in particolare il Tar Toscana nella sentenza n. 775 del 2002 secondo il quale: “In base all’art. 42 della legge fallimentare la dichiarazione di fallimento priva il fallito della disponibilità dei suoi beni, i quali passano dunque nella massa fallimentare da gestire da parte della sua curatela. È, pertanto, evidente che la disponibilità dei beni, anche di quelli classificati come rifiuti nocivi, entra giuridicamente in titolarità del curatore e conseguentemente con essa anche il dovere di rimuoverli in applicazione delle leggi vigenti. Che poi i beni di cui si tratta non siano stati inventariati è circostanza di fatto che di per sé non esclude che dovessero esserlo (certamente al passivo, dovendo affrontarsi spese per rimuoverli) e tanto meno è idonea a sottrarre il curatore dal dovere di rimozione (come meglio vedremo si tratta di un obbligo al quale sono pur sempre sottese conseguenze patrimoniali). Il fatto che l’Amministrazione

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possa ricorrere in caso, di inosservanza dell’ordine di rimozione, alla procedura di legge per l’esecuzione in danno a spese dell’obbligato, con conseguente insinuazione delle relative spese nel suo fallimento, costituisce una procedura meramente subordinata, rispetto allo strumento primario indicato dalla legge che rimane l’ordinanza che la legge impone di emettere nei confronti dei soggetti obbligati da essa individuati. La natura del rimedio indicato non consente pertanto che l’ordinanza possa risultare illegittima per non averlo attivato. Per quanto riguarda l’insinuabilità nel fallimento delle spese necessarie ad eseguire la rimozione ordinata, è evidente che anche la gestione chiamata a curarlo e, come so-

pra delineato, subentrante nell’obbligo di rimozione, ha il potere di inserirle al passivo fallimentare in quanto diretta conseguenza patrimoniale di comportamenti illeciti posti in essere dal soggetto passivo. La sussistenza di tale dovere rafforza peraltro l’infondatezza della censura, sopra trattata, incentrata sulla mancata iscrizione dei beni in argomento nell’inventario del fallimento. Si lamenta, infine, la violazione della par condicio tra i crediti fallimentari, non avendo l’obbligo di fare in questione un contenuto pecuniario. Anche tale censura non ha pregio. Come già sopra delineato, infatti, la pretesa dell’Amministrazione rientra tra gli obblighi del fallito assunti dalla gestione fallimentare e che, comunque le conseguenze per eventuale inosservanze dell’ordine impartito rivestono natura patrimoniale, traducendosi in spese di esecuzione da inserire nel passivo fallimentare”. A tal proposito si devono rammentare, peraltro, i profili penali connessi alla mancata rimozione dei rifiuti presenti in un sito appartenente ad una azienda fallita. Con sentenza della Corte di Cassazione, III Sezione penale, del 1 ottobre 2008, n. 37282, vertente su un caso punito e perseguito ai sensi dell’art. 256, secondo comma, e quindi di reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, è stato affermato che “la norma incriminatrice di cui all’art. 256 secondo comma, sanziona penalmente


l’abbandono o il deposito incontrollato di rifiuti solo se imputabile ai titolari di impresa o ai responsabili di enti, perché fa carico a questi soggetti di un qualificato ruolo di responsabilità nella gestione dei rifiuti connessi alla loro attività, riservando invece ai soggetti comuni un carico di responsabilità minore presidiato da una semplice sanzione amministrativa ex art. 255, d.lgs. 152 del 2006. Ma quando l’impresa sia dichiarata fallita – ad avviso di questo collegio – la responsabilità del suo titolare si trasferisce sul curatore fallimentare, che da una parte è pubblico ufficiale e dall’altra ha il compito di amministrare il patrimonio dell’impresa in sostituzione del suo titolare (ex art. 30 e 31 legge fallimentare). Si tratta non già di estensione analogica, ma di interpretazione teleologica della norma incriminatrice, secondo la quale, nella soggetta materia, il ruolo del curatore non può ridursi a quello di soggetto “comune”. […] Per queste ragioni … non può negarsi l’astratta ricorribilità del contestato reato di cui all’art. 256, comma 2, D.Lgs. 152/2006.” Chi scrive ritiene che seppur le procedure concorsuali/ fallimentari, succedono, per volontà o cause esterne, all’imprenditore in bonis, e che per tale motivo, non possono rispondere – in assenza di dolo e colpa – per eventuali eventi inquinanti determinati dal fallito, è pur vero, tuttavia, che gli stessi non possono astenersi da qualsivoglia obbligo giuridico in merito allo stato di fatto che viene rilevato in occasione dell’apertura della procedura. È lecito aspettarsi, infatti, che gli stessi, in virtù del ruolo qualificato assunto – come correttamente sottolineato dalla Cassazione riportata – non dovrebbero avere la possibilità di disinteressarsi tout court delle sorti dei rifiuti “ereditati”, facenti, in ogni caso, parte del patrimonio chiamati ad amministrare, avendo obblighi quanto meno di attivazione nei confronti delle autorità competenti, nel rispetto dei più generali, ma pur sempre cogenti, principi di precauzione e prevenzione, che impongono di dover procedere immediatamente all’eliminazione di una situazione di pericolo ambientale.

MILANO • 23-25 SETTEMBRE 2015

La fiera internazionaLe DeDiCata a ChimiCa, strumentazione, ControLLo Di proCesso, sistemi Di automazione e impiantistiCa per L’inDustria e i Laboratori

*Ambiente Legale

NOTE

[1] Cass. civ., sez. trib., 25 febbraio 2008, n. 4728 [2] Art. 160 L.F. “Presupposti per l’ammissione alla procedura”, 1° comma: “L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo” [3] Cass. civ., sez. lav., 10 febbraio 2009, n. 3270 [4] Trib. Mantova 9 aprile 2009 [5] TAR Toscana, Sez.II - 23 dicembre 2010, n. 6862 [6] Cons. Stato, Sez. V, 30 giugno 2014, N. 3274. Nello stesso senso, Tar Sardegna, n. 395 del 2008; Tar Lazio Latina n. 304 del 2005; Tar Abruzzo n. 1393 del 2004; Tar Toscana, n. 1318 del 2001 [7] Tar Toscana, II Sez., Sentenza 28 aprile 2000, n. 780; Tar Liguria, I Sez., sentenza 3 ottobre 2000, n. 1024; tar Toscana, II Sez. sentenza 17 aprile 2002, n. 775; Tar Lombardia, Brescia, I Sez., sentenza 15 marzo 2003, n. 324; Tar Marche, I Sez., ordinanza 22 marzo 2007, n. 149 [8] Consiglio di Stato, V Sez., sentenza 17 maggio 1996, n. 563

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LE PRINCIPALI NORME DEL D.L. COMPETITIVITà CHE INTERVENGONO SUL TESTO UNICO AMBIENTALE SISTRI, RIFIUTI MILITARI, MATERIALI DA DRAGAGGIO, BONIFICHE E PROCEDURE SEMPLIFICATE: ECCO LE ALTRE MODIFICHE INTRODOTTE DAL DECRETO CONVERTITO DALLA LEGGE DELL’11 AGOSTO 2014, N. 116 di Rosa Bertuzzi* e Nicola Carboni**

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el precedente numero della rivista sono state affrontate le norme del Decreto Legge n. 91 del 24 giugno 2014 c.d. Decreto competitività (più avanti citato come Decreto), che a vario titolo intervengono su alcuni aspetti del T.U.A. In particolare ci si è soffermati sugli aggiornamenti in materia di tutela dell’aria, delle acque, di VIA e VAS ed in materia di energia. Tuttavia il coacervo di norme contenute nel provvedimento normativo intervengono in modo più significativo sulla parte IV del D.Lgs. 152/06, che disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati. In questo numero ci concentriamo quindi su queste tematiche.

Tracciabilità dei rifiuti: SISTRI

Come è oramai tradizione consolidata, il legislatore non manca mai di proporre ciclicamente qualche norma sul sistri e anche in questo caso non ci si è lasciati sfuggire l’occasione. Con il comma 12 bis dell’art. 10 del Decreto, è stato aggiunto il comma 6 septies all’art. 1 del D.L. 136/2013, che reca “Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali ed industriali e a favorire lo svilup-

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po delle aree interessate”. Il nuovo comma così recita: “Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, è disciplinata l’interconnessione da parte del Corpo forestale dello Stato al sistri, al fine di intensificarne l’azione di contrasto alle attività illecite di gestione dei rifiuti, con particolare riferimento al territorio campano”. Disposizione quanto mai opportuna, attesa la competenza e l’opera svolta dal C.F.S., la cui interconnessione al sistema di tracciabilità non può, si spera, essere riferita al solo territorio campano. Al comma 2 dell’art. 14 del Decreto si riparla di semplificazione del sistema di tracciabilità. Entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del Decreto il Ministero dell’Ambiente dovrà provvedere alla semplificazione del sistema di tracciabilità dei rifiuti, in via prioritaria con l’applicazione dell’interoperabilità e la sostituzione dei dispositivi token usb, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Occorre sempre ricordare che si tratta di termini ordinatori e non perentori, quindi tranquillamente disattendibili senza alcuna conseguenza, come sempre del resto. Il termine, qualora disatteso, potrà essere prorogato con un successivo intervento legislativo, così come è stato fatto dalla stessa Legge di conversione del Decreto, che all’art. 14 ha aggiunto il comma 2 bis, prorogando al 31 dicembre 2014 l’approvazione del decreto di semplificazione del sistri che era previsto per il 30 giugno 2014 dal primo comma dell’art. 1 del D.L. 1/2013 nonché prorogando al 30 dicembre 2015 l’efficacia dell’attuale contratto di gestione del sistri, per il quale entro il 30 giugno 2015 il Ministero dell’Ambiente dovrà indire il procedimento concorsuale per l’affidamento del nuovo contratto.

Registro di carico e scarico

Gli imprenditori agricoli di cui l’art. 2135 del c.c. che sono produttori iniziali di rifiuti pericolosi, possono adempiere agli obblighi di tenuta del registro di carico e scarico secondo le modalità alternative di cui alle lett. a) e b) del comma 1 ter dell’art. 190 del TUA. Oggi a mente


comma 1 quinques dello stesso articolo 190, introdotto dall’art. 14 comma 8 bis del Decreto, possono scegliere di sostituire il registro di carico e scarico con la conservazione della scheda sistri in formato fotografico digitale inoltrata dal destinatario. L’archivio informatico è accessibile on line sul portale del destinatario, in apposita sezione, con nome dell’utente e password dedicati.

Definizione di gestione rifiuti

Alla definizione di gestione dei rifiuti, contenuta nell’art. 183 primo comma lett. n) del TUA, viene inserita dall’art. 14 comma 8 lett. b-bis) la seguente specificazione “Non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati”. Pertanto escono dal concetto di gestione dei rifiuti quelli prodotti da eventi atmosferici e alluvionali. Attesi i sempre più frequenti eventi calamitosi, in particolare quelli legati al dissesto idrogeologico, la norma risolve opportunamente il pro-

blema della gestione dei rifiuti prodotti da tali eventi, che in passato avevano generato diversi problemi.

Gestione dei rifiuti militari

All’art. 184 del TUA che disciplina la classificazione dei rifiuti, l’art. 13 quinto comma del Decreto introduce il comma 5 bis. Con la norma si rinvia a successivi Decreti del Ministero della Difesa da emanarsi di concerto con quelli dell’Ambiente, della Salute, dell’Economia e delle finanze, delle infrastrutture e trasporti per la definizione della disciplina delle procedure per la gestione, lo stoccaggio, la custodia, nonché per l’autorizzazione e i nulla osta all’esercizio degli impianti di trattamento dei rifiuti prodotti da sistemi d’arma, dai mezzi, dai materiali e dalle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale, così come individuati con decreto del Ministro della difesa. I Decreti Ministeriali dovranno disciplinare anche la gestione dei rifiuti derivanti dal trattamento e lo smaltimento delle acque reflue navali e oleose di sentina delle navi militari da guerra, delle navi militari ausiliarie e del naviglio dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza e del Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera iscritti nel quadro e nei ruoli speciali del naviglio militare dello Stato. La di-

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sciplina speciale dovrà essere emessa nel rispetto delle disposizioni del Codice Ambiente e delle norme dell’Unione Europea. La ratio di tale norma dovrebbe essere quella di garantire una particolare e, si spera, più rigorosa disciplina nelle modalità di gestione di tali rifiuti da parte degli operatori coinvolti nella filiera. In attesa dell’emanazione dei Decreti ministeriali, per questa tipologia di rifiuti trova applicazione il Decreto Ministeriale del 22 ottobre 2009 che disciplina le Procedure per la gestione dei materiali e dei rifiuti e per la bonifica dei siti e delle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale.

Classificazione dei rifiuti

Sempre nell’ambito delle disposizioni generali ed in particolare in materia di classificazione dei rifiuti, occorre dar conto delle modifiche all’allegato D della parte IV del TUA che contiene l’elenco dei rifiuti. La novella interviene inserendo in testa all’allegato una parte rubricata “Classificazione”, nella quale sono dettate diverse norme per procedere alla corretta classificazione dei rifiuti, alcune di esse già applicate nella prassi o comunque già obliterate dalla giurisprudenza nelle vicende inerenti la corretta classificazione di un rifiuto. Le norme di classificazione saranno applicabili a partire da 180 giorni dall’entrata

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NO RMA TI VA

in vigore della legge di conversione del Decreto, quindi dal 18 febbraio 2015. Per brevità si rimanda a quanto riportato nell’articolo a pag. 16.

Divieto di miscelazione dei rifiuti

La norma contenuta nell’art. 14 comma 8 quater in materia di divieto di miscelazione dei rifiuti è una norma di coordinamento quanto mai opportuna soprattutto sotto l’aspetto pratico. La disciplina della miscelazione dei rifiuti, prevista dall’art. 187 del TUA, è stata modificata dal D.Lgs. 205/2010, non rendendo più attuali le autorizzazioni alla gestione dei rifiuti possedute dagli impianti di recupero e smaltimento di rifiuti, le cui prescrizioni autorizzative erano state modulate sulla base della normativa previgente. Con l’introduzione del comma 2 bis all’art. 187 TUA si stabilisce che le modalità di gestione contenute nell’autorizzazione restano in vigore sino alla revisione delle autorizzazioni medesime.

Materiali di dragaggio

La legge di conversione del Decreto con l’art. 14 8 lett. b-ter) ha inserito nel Codice Ambiente il nuovo art. 184 quater che disciplina la gestione dei materiali di dragaggio. A mente di tale norma escono dalla nozione di rifiuto “I materiali dragati sottoposti ad operazioni di recupero in casse di colmata o in altri impianti autorizzati ai sensi della normativa vigente, cessano di essere rifiuti se, all’esito delle operazioni di recupero, che possono consistere anche in operazioni di cernita e selezione, soddisfano e sono utilizzati nel rispetto dei seguenti requisiti e condizioni: a. non superano i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 al titolo V della parte IV, con riferimento alla destinazione urbanistica del sito di utilizzo, o, in caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, rispondono ai requisiti tecnici di cui alla lettera b), secondo periodo; b. è certo il sito di destinazione e sono utilizzati direttamente, anche a fini del riuso o rimodellamento ambientale, senza rischi per le

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matrici ambientali interessate e in particolare senza determinare contaminazione delle acque sotterranee e superficiali. In caso di utilizzo diretto in un ciclo produttivo, devono, invece, rispettare i requisiti tecnici per gli scopi specifici individuati, la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti e alle materie prime, e in particolare non devono determinare emissioni nell’ambiente superiori o diverse qualitativamente da quelle che derivano dall’uso di prodotti e di materie prime per i quali è stata rilasciata l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto”. L’utilizzo dei materiali di dragaggio è sottoposto preliminarmente alla sua caratterizzazione, con l’espletamento del test di cessione a seguito del quale, a mente del terzo comma dello stesso articolo, il produttore o il detentore predispongono una dichiarazione di conformità da cui risultino, oltre ai dati del produttore, o del detentore e dell’utilizzatore, la tipologia e le quantità dei materiali oggetto di utilizzo, le attività di recupero effettuate, il sito di destinazione e le altre modalità di impiego previste e l’attestazione che sono rispettati i criteri di cui al presente articolo. La dichiarazione di conformità è presentata all’autorità competente per il procedimento di recupero e all’ARPA nel cui territorio è localizzato il sito di destinazione o il ciclo produttivo di utilizzo, trenta giorni prima dell’inizio delle operazioni di conferimento. Tutti i soggetti che intervengono nel procedimento di recupero e di utilizzo dei materiali di cui al presente articolo conservano una copia della dichiarazione per almeno un anno dalla data del rilascio, mettendola a disposizione delle autorità competenti che la richiedano.

Materie prime secondarie per l’edilizia

In attesa dell’emanazione dei regolamenti end of waste di cui al comma 2 dell’art. 184 ter del Codice Ambiente, l’art. 13 comma 4 ter del Decreto stabilisce una disciplina transitoria per le opere che riguardano: recuperi ambientali, rilevati e sottofondi stradali, ferroviari e aeroportuali, nonché

piazzali. Per la realizzazione di queste opere è consentito l’utilizzo delle materie prime secondarie per l’edilizia con caratteristiche conformi all’allegato C della Circolare Ministero dell’ambiente del 15.07.2005, prodotte esclusivamente dai rifiuti, acquisite o da acquisire da impianti autorizzati con procedura semplificata, ai sensi degli articoli 214 e 216 del D.Lgs. 152/06.

Procedure semplificate

Sulla disciplina degli impianti autorizzati in procedura semplificata l’art. 13 comma 4 del Decreto interviene al fine di armonizzare la disciplina del trattamento della tipologia di rifiuti end of waste, così come individuata dai regolamenti comunitari, con quella relativa alle procedure semplificate di cui agli art. 214 – 216 del TUA. In particolare l’art. 216 “Operazioni di recupero” è stato integrato con cinque nuovi commi, da 8 quater ad 8 septies. L’art. 6 della Dir. 2008/98/CE disciplina le condizioni, al realizzarsi delle quali, taluni rifiuti specifici cessano di essere tali. Ciò avviene quando gli stessi siano sottoposti a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino i criteri indicati dalla stessa norma. Alla disciplina comunitaria è stata data attuazione con il D.Lgs. 205/2010, che ha introdotto nel TUA dell’art. 184 ter. Oggi, con l’inserimento nell’art. 216 del comma 8 quater, viene stabilito che le attività di trattamento in virtù delle quali specifici tipi di rifiuti cessano di essere considerati rifiuti, sono sottoposte alle procedure semplificate disciplinate dall’articolo 214 del Codice Ambiente a condizione che siano rispettati tutti i requisiti, i criteri e le prescrizioni soggettive e oggettive previsti dai regolamenti da adottarsi a mente dell’art. 184 ter, con particolare riferimento a: a. alla qualità e alle caratteristiche dei rifiuti da trattare; b. alle condizioni specifiche che devono essere rispettate nello svolgimento delle attività; c. alle prescrizioni necessarie per assicurare che i rifiuti siano trattati senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente, con


specifico riferimento agli obblighi minimi di monitoraggio; d. alla destinazione dei rifiuti che cessano di essere considerati rifiuti agli utilizzi individuati. Viene naturalmente confermata la disposizione dell’art. 184 ter secondo cui le operazioni di recupero possono consistere anche nel mero controllo sui materiali di rifiuto, per verificare se soddisfano i criteri stabiliti dalla norma affinché cessino di essere considerati rifiuti. La disciplina sulla gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto.

Bonifiche

Il primo comma dell’art. 13 del Decreto ha integrato il TUA con l’inserimento dell’art. 242 bis. Si tratta di un’importante modifica che introduce nella disciplina delle bonifiche dei siti inquinati una nuova procedura semplificata per l’espletamento delle operazioni di bonifica sul suolo o di messa in sicurezza. Il procedimento è attivato da qualunque operatore interessato ad effettuare, a proprie spese, interventi di bonifica del suolo, con riduzione della

contaminazione ad un livello uguale o inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione. In tale ipotesi l’operatore può presentare all’autorità competente uno specifico progetto, completo degli interventi programmati sulla base dei dati dello stato di contaminazione del sito corredato dal cronoprogramma dei lavori. La norma prevede tempi rapidi per l’espletamento del procedimento e per la realizzazione dei lavori. L’operatore deve presentare alla regione gli elaborati tecnici esecutivi degli impianti e delle attività necessari alla realizzazione del progetto di bonifica. La regione entro trenta giorni procede alla convocazione di una conferenza dei servizi con le Amministrazioni competenti interessate. Entro novanta giorni dalla convocazione della conferenza, la regione adotta la determinazione conclusiva che sostituisce a tutti gli effetti ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato. Nei successivi trenta giorni dalla comunicazione all’operatore interessato delle risultanze della conferenza dei servizi, questi deve

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comunicare all’autorità competente e all’ARPA, la data di avvio dell’esecuzione delle operazioni di bonifica, che si devono concludere nei diciotto mesi successivi, salvo l’eventuale proroga che comunque non può essere superiore ai sei mesi. Una volta ultimati i lavori di bonifica, l’interessato presenta all’autorità competente per la sua approvazione il piano di caratterizzazione al fine di verificare il conseguimento dei valori di contaminazione della matrice suolo per la specifica destinazione d’uso. Le attività di controllo sull’esecuzione del piano di caratterizzazione sono svolte in contraddittorio con ARPA che procede alla validazione dei relativi dati. Eseguiti i lavori di bonifica, la validazione dei risultati del piano di campionamento di collaudo finale è effettuato a cura di ARPA, tale validazione costituisce il certificato di avvenuta bonifica, qualora i dati validati confermino il conseguimento dei valori di concentrazione soglia della matrice suolo per la specifica destinazione d’uso. *Ambienterosa, Consulenze Legali Ambientali **Vice Comandante Polizia Provinciale di Cagliari

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RUBRICHE

R E C O N N E T Aggiornamenti dalla rete su attività ed eventi di Renato Baciocchi*

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mesi trascorsi dall’ultimo aggiornamento sulle attività della rete sono stati caratterizzati da una intensa attività organizzativa e dalla definizione di alcuni momenti di disseminazione. Come già accennato nel precedente numero della rivista, la rete Reconnet, a seguito della stipula del nuovo accordo per la sua strutturazione, ha infatti deciso per una profonda riorganizzazione della propria struttura e delle proprie attività. A tale scopo, è stato emanato il regolamento della rete, che consentirà un maggiore controllo sulla qualità dei prodotti della rete ed una migliore strutturazione ed organizzazione dei gruppi di lavoro. In questo spazio di aggiornamento delle nostre attività, si fornisce in primo luogo una sintesi del nuovo regolamento della rete, per poi descrivere i contenuti degli eventi di disseminazione co-organizzati dalla rete e previsti nel 2015.

Il regolamento della rete

Il regolamento attuativo della rete è stato deliberato dall’Assemblea della rete, costituita dai responsabili designati dalle parti firmatarie dell’Accordo Reconnet, ed affronta diversi aspetti legati all’organizzazione e funzionamento della rete.

Ammissione di nuovi aderenti

L’Assemblea della rete delibera sull’ammissione di nuovi aderenti o sull’esclusione degli stessi. Le richieste di adesione vanno trasmesse al Presidente e al Segretario, che le sot-

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topongono all’approvazione dell’Assemblea della rete e provvedono, in caso di approvazione, a ratificare tale adesione sul verbale dell’Assemblea della rete e a riportare i dati del soggetto aderente nel sito della rete. Per le richieste ricevute da soggetti pubblici, il Presidente e il Segretario possono automaticamente accettare tali richieste e provvedere alla pubblicazione sul sito della rete dei dati del soggetto aderente, rimandando la formalizzazione dell’adesione alla successiva Assemblea della rete.

Organizzazione della rete

Si costituisce una Assemblea Plenaria della rete alla quale partecipano di diritto i designati (responsabili designati dalle parti firmatarie dell’accordo) e gli aderenti (Responsabili designati da soggetti giuridici pubblici o privati, diversi dai soggetti firmatari dell’Accordo), o loro delegati. L’Assemblea Plenaria non ha ruolo deliberativo, ma partecipa alla definizione delle attività della rete, così come definito di seguito.

Strategia generale e programma annuale della rete

La strategia generale della rete ed il Programma annuale delle attività vengono deliberati dall’Assemblea della rete, sulla base delle proposte e dei pareri elaborati dall’Assemblea Plenaria.

Costituzione dei gruppi di lavoro

I gruppi di lavoro (GdL) sono costituiti con delibera dell’Assemblea della rete, su proposta dei designati e/o

degli aderenti, sentito il parere non vincolante dell’Assemblea Plenaria. In tale delibera vengono nominati i Coordinatori del GdL, fino ad un massimo di 2 membri. Ogni membro (designato/aderente) può nominare uno o più rappresentanti della propria struttura a partecipare alle attività di un GdL.

Finalità e organizzazione dei gruppi di lavoro

Ciascun GdL finalizza le proprie attività per l’elaborazione di prodotti, quali ad esempio documenti tecnici, software, position paper, proposte di procedure tecniche. All’avvio delle attività di ciascun GdL, deve essere elaborato un documento di sintesi delle attività previste in cui siano indicate le finalità e la natura del prodotto finale con allegato un crono programma, in cui sia esplicitato un termine per l’elaborazione del prodotto. Tale documento di sintesi deve essere trasmesso dai coordinatori del GdL al Presidente e al Segretario della Rete, che ne verificano la congruità con le finalità dichiarate nella delibera di costituzione del GdL. Al termine delle attività, il Coordinatore del GdL ha il compito di esplicitare il ruolo svolto da ciascun membro del GdL, anche in relazione alla tipologia ed entità del contributo fornito nell’elaborazione del prodotto. Nel caso di un prodotto software, saranno indicati come autori i membri che hanno scritto e programmato il codice di calcolo; come sviluppatori i membri che hanno contribuito alla definizione dell’architettura del software, come validatori i membri che si sono occupati della va-


lidazione dello stesso. Nel caso di documenti tecnici, position paper e proposte di procedure tecniche, saranno indicati come autori, i membri del GdL che hanno scritto parti rilevanti del prodotto; come revisori i membri del GdL che hanno effettivamente contribuito all’elaborazione del documento in termini di revisione/sistemazione dello stesso. I membri del GdL che non rientrano in queste due categorie non saranno citati all’interno del documento. Nel caso in cui due distinti GdL svolgano le proprie attività su tematiche affini o che trattano aspetti anche solo parzialmente sovrapponibili, è responsabilità dei Coordinatori dei GdL concordare come procedere al fine di individuare posizioni e approcci congruenti e coerenti.

Approvazione dei prodotti della rete

Ogni prodotto della rete, elaborato da un GdL, viene trasmesso dal Coordinatore del GdL, sentito il Presidente, a tutti i membri della rete (designati e aderenti) tramite posta elettronica. Ogni membro della rete, entro massimo 30 giorni dal recepimento del prodotto, può comunicare al Coordinatore del GdL eventuali osservazioni, integrazioni e/o richieste di modifica. Queste vengono esaminate e valutate dal GdL; il prodotto, opportunamente modificato ed integrato viene trasmesso al Presidente, che lo sottopone all’approvazione dell’Assemblea della rete. Il Coordinatore del GdL dovrà esplicitare eventuali osservazioni, integrazioni e/o richieste di modifica non recepite, accompagnandole da giustificazione, al Presidente che le girerà all’Assemblea della rete unitamente al prodotto da sottoporre ad approvazione. A questo punto L’Assemblea della rete può: a. approvare il documento e deliberarne la pubblicazione sul sito della rete; b. approvare il documento con modifiche, chiedendo al Coordinatore del GdL di modificare il documento secondo le proprie indicazioni e successivamente condividerne la pubblicazione sul sito della rete; c. non approvare il documento, indicandone le motivazioni ed in-

vitando il Coordinatore del GdL a modificare il documento per una successiva rivalutazione.

Divulgazione dei prodotti della rete

I prodotti della rete, approvati dall’Assemblea della rete, vengono pubblicati sul sito della stessa (www.reconnet. net). La Rete utilizza tutti i mezzi di comunicazione, tradizionali ed innovativi, per divulgare le proprie attività ed i propri prodotti, e stipula accordi specifici con case editrici, siti web o altri organi di informazione, per garantire la massima visibilità del proprio operato. Tali accordi vengono approvati dall’Assemblea della Rete, sentito il parere non vincolante dell’Assemblea Plenaria. La disseminazione delle attività della rete è responsabilità del Presidente della Rete, coadiuvato dal Segretario della Rete, ed eventualmente dai Coordinatori dei Gruppi di Lavoro. La disseminazione delle attività e dei prodotti della rete in occasione di convegni, workshop o corsi non organizzati dalla rete, può essere svolta da parte dei Coordinatori dei Gruppi di lavoro, limitatamente ad attività e/o prodotti elaborati dal Gruppo di Lavoro corrispondente, dandone preventiva comunicazione al Presidente e al Segretario della Rete in modo da mantenere un record delle attività di disseminazione.

Eventi co-organizzati dalla rete Alta Scuola di Formazione sulle Bonifiche Ravenna, 20-22 Maggio 2015 E’ stato definito il programma della terza edizione dell’evento ravennate, che si sta sempre di più consolidando come uno dei principali momenti di formazione e approfondimento in tema di bonifiche a livello nazionale. Il programma prevede una prima giornata completamente dedicata al tema della riqualificazione delle aree dismesse (Brownfields), con interventi di inquadramento delle più recenti iniziative a livello europeo sul tema (progetti Hombre e Timbre), che saranno presentati dai partner italiani

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di questi progetti, seguiti dal punto di vista del Ministero dell’Ambiente, con particolare riferimento al ruolo degli accordi di programma nei SIN, e di un grande gruppo industriale nazionale (syndial), che ha come focus proprio la bonifica e riqualificazione di aree industriali dismesse. Il pomeriggio della prima giornata sarà invece dedicato ad approfondire la relazione tra interventi di bonifica e strumenti urbanistici con un inquadramento da parte di AUDIS (Associazione Aree Urbane Dismesse), seguito da interventi da parte di amministrazioni comunali (Comune di Ferrara e Comune di Terni), e di ARPA Umbria, che si soffermerà sul ruolo delle cosiddette tecnologie soft nella restituzione delle aree dismesse agli usi legittimi. La mattina del secondo giorno della scuola sarà dedicata ad approfondimenti sui monitoraggi ambientali in siti contaminati, con un primo intervento dell’Università di Roma “Tor Vergata”, dedicato all’analisi di rischio, seguito da un intervento di INAIL sul rischio chimico per i lavoratori nei siti contaminati. La mattinata sarà completata da un intervento di ARPA Veneto sui protocolli di misura del soil gas e da uno di Theolab che riporterà esempi applicativi di misure con sonde soil gas e camere di flusso. Il pomeriggio sarà invece completamente dedicato ad un’esercitazione con il software Risk-net, con una novità rispetto alle passate edizioni, in quanto verrà effettuata la simulazione di un caso operativo anche dal punto di vista amministrativo. L’ultima giornata sarà dedicata per quanto riguarda la mattina a casi studio di interventi di gestione di siti contaminati in aree produttive, con specifico riferimento alle esperienze nei siti versalis. Durante la mattinata si susseguiranno pertanto una serie di interventi da parte di rappresentanti e consulenti di eni e versalis, che discuteranno le strategie generali del gruppo, gli aspetti legali alla tutela dell’ambiente, la bonifica delle aree versalis di Ravenna, l’aspetto eco-tossicologico, le problematiche ambientali e le attività di monitoraggio del soil gas nei siti versalis. Il pomeriggio conclusivo sarà invece

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RUBRICHE

Building the future

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dedicato ad un’esercitazione su di un caso studio di applicazione della sostenibilità alla selezione di interventi di bonifica, che sarà organizzata da rappresentanti di syndial, che negli ultimi anni ha sviluppato approcci e strumenti innovativi in questo ambito. Maggiori informazioni sul programma e sulle modalità di iscrizione sono disponibili al sito: www.labelab.it/ravenna2015/bonifiche.

Evento speciale Remtech Ferrara, 23-25 settembre 2015

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Le attività della rete e i principali risultati ottenuti e prodotti elaborati o in corso di elaborazione da parte dei diversi gruppi di lavoro saranno presentati nel corso di un convegno speciale che si svolgerà nell’ambito dell’ormai tradizionale evento Remtech di Ferrara. Il convegno, della durata di mezza giornata con collocazione ancora da definire, vedrà i seguenti interventi: • Sostenibilità delle bonifiche (SuRF) - Claudio Albano (CH2MHill) • Interazione tra bonifiche e discarica - Igor Villani (Provincia di Ferrara), Andrea Forni • Intrusione di vapori - Simona Berardi (INAIL), Iason Verginelli (Università degli Studi di Roma” Tor Vergata”) • La nuova release del software Risk-net: versione 2.0 - Iason Verginelli (Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”) • Analisi di rischio ecologico – Confronto internazionale ed elaborazione di criteri - Guia Agostini, Renato Baciocchi (Università degli Studi di Roma” Tor Vergata”) • Le fitotecnologie nella bonifica dei siti contaminati Andrea Sconocchia (ARPA Umbria) • Siti Contaminati e gestione del Territorio in termini urbanistico-edilizio - Igor Villani (Provincia di Ferrara) • Attività del gruppo di lavoro su Persistent Organic Pollutants- Elisabetta Bemporad (INAIL) *Università degli Studi di Roma” Tor Vergata”

Per ulteriori informazioni :

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Saloni Internazionali Francesi Tel. : 02/43 43 53 27 – Fax: 02/46 99 745 E-mail: adelpriore@salonifrancesi.it


VETRINA

Molinari presenta il nuovo MT3000. L’evoluzione di un rotore nato vincente

Ormai vicini al trentennale di attività, perpetuando il binomio lavoro-professionalità cresciuto nel tempo, Molinari, con sede a Lenna, si distingue ancora una volta per l’elevata innovazione dei prodotti offerti, progettando e portando sul mercato nazionale e internazionale macchinari destinati al settore del recycling e del waste-to-energy. In linea con le caratteristiche di tutti i suoi prodotti (qualità, funzionalità e bassi consumi), anche con il nuovo MT3000, Molinari consente ai suoi clienti di raggiungere alte performance e consumi energetici ridotti. Il trituratore MT3000 nasce come evoluzione del tradizionale rotore cavo a lame sfalsate che già contraddistingue i granulatori Molinari. È stato rivisitato per trattare espressamente CDR e combustibili alternativi come pallet, biomasse di vario genere, balle di paglia e prodotti di plastica di grandi dimensioni, riducendoli ad una dimensione omogenea adatta alla termovalorizzazione o altri processi. Le lame del rotore possono essere utilizzate quattro volte prima dell’affilatura, e sono affilabili fino a 6 volte. Un’altra importante particolarità di questa macchina consta nello speciale dispositivo di alimentazione forzata posto sopra la camera di macinazione. È costituito da due rulli dentati, che hanno la funzione di sfaldare ed aprire le balle o eventuali agglomerati voluminosi di materiale. Lo stesso consente anche di regolare, in base all’assorbimento energetico del rotore della camera di macinazione, l’afflusso del materiale in ingresso, consentendo così di rimanere nei parametri di consumo energetico ottimale e lavorando in continuo. I vantaggi di questa nuova macchina e le sue performance in termini di produzione oraria e consumi sono state apprezzate da un’altra importante realtà bergamasca, che li ha installati in due suoi impianti in India.

TUBI HARDOX 500 DI SSAB: ELEVATA RESISTENZA ALL’USURA PER PRODOTTI PIÙ LEGGERI, CON LUNGA DURATA “I tubi in Hardox 500 completano la gamma esistente di prodotti Hardox. Abbiamo una grande esperienza nella produzione di tubi in acciaio antiusura. Le proprietà finali vengono raggiunte dopo la profilatura e la saldatura dei tubi, il che garantisce omogeneità e durezza, nonché resistenza, proprio come tutti i prodotti Hardox”, afferma Fredrik Mikaelsson, Manager for Tubes & Sections in SSAB. Hardox Tube 500 è adatto per il trasporto di tutti i tipi di materiali abrasivi come cemento fresco, terra, ghiaia e liquami minerali. La sua grande resistenza all’usura consente di ottenere prodotti più leggeri di lunga durata. Utilizzare Hardox Tube 500 può aumentare la competitività di alcuni prodotti, estendendo la loro durata due, cinque, dieci volte o più. Hardox Tube 500 è disponibile con diametro 88,9-133 mm in diversi spessori. È possibile realizzare anche tubi su misura, in materiali più sottili e altre dimensioni.

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LIBRI LE IMPRESE DELLA GREEN ECONOMY LA VIA MAESTRA PER USCIRE DALLA CRISI

A cura di Edo Ronchi, Roberto Morabito, Toni Federico e Grazia Barberio Questo saggio, articolato in quattro capitoli, si rivolge in particolare alla politica e alle classi dirigenti perché facciano della Green Economy la “via maestra per uscire dalla crisi”. Attraverso l’uso di numerosi grafici e dati rappresentati, senza l’utilizzo di una scrittura scientifica, il testo punta a dare una maggiore consapevolezza sulla realtà ambientale e d’impresa, che per ora sembra scarsamente diffusa, e di come la Green Economy, se sviluppata adeguatamente, possa essere un vantaggio per creare nuova occupazione e possa fornire un punto risolutivo per uscire dalla crisi. Attraverso le varie indagini che il testo propone, in particolare la ricerca effettuata dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, a cui è dedicato il terzo capitolo “Le imprese della green economy”, è emersa la necessità di puntare sul protagonismo e le capacità innovative delle imprese, attraverso le nuove idee da parte degli imprenditori. Il testo quindi vuole essere una guida per far riflettere, al fine di creare una nuova strategia per il rilancio del made in Italy e di uno sviluppo durevole e sostenibile.

Edizioni Ambiente (Pagine 196 - € 24,00)

IL RESPONSABILE AMIANTO

A cura di Fulvio Cavariani e Fulvio D’Orsi In questo volume viene analizzata la figura del responsabile amianto e le principali modalità di valutazione e gestione del rischio amianto in impianti ed edifici; dopo aver preso in considerazione, nel primo capitolo, le caratteristiche del materiale ed aver tracciato una breve storia della sua comparsa e utilizzo in Italia, vengono analizzati gli algoritmi di valutazione del rischio, i piani di controllo e manutenzione, le varie possibilità di bonifica, prestando attenzione anche alla formazione dei lavoratori, ai dispositivi di protezione individuale e allo smaltimento dei rifiuti. Il manuale dunque fornisce le conoscenze necessarie e gli strumenti pratici per svolgere questo delicato ruolo: oltre a contenere un CD-Rom con i principali algoritmi di valutazione utilizzabili in Excel e la normativa di riferimento, il testo offre anche schede fotocopiabili, un capitolo con la principale normativa relativa all’amianto, la legislazione correlata e, infine, un sempre utile glossario. Il testo è quindi rivolto a tutti gli specialisti del settore, fra cui tecnici, imprese edili, responsabili della sicurezza, medici del lavoro e imprese di bonifica.

Gruppo Editoriale Simone (Pagine 224 - € 25,00)

LA GESTIONE DEI RIFIUTI DALLA A ALLA Z A cura di Stefano Maglia

Nel 2009 uscì la prima edizione di quest’opera e oggi, grazie all’esperienza dell’autore nella consulenza legale ambientale, siamo giunti alla quarta edizione arrivando a raccogliere 420 casi di gestione dei rifiuti affrontati e risolti. In un momento di grande fermento per la normativa di settore questo volume permette di fare chiarezza con interpretazioni serie e meditate, supportate dalla numerosa giurisprudenza in materia, che consentono al lettore di avere un reale supporto nella valutazione di situazioni più o meno complesse ma sulle quali la normativa non è sufficiente per fornire risposte puntuali. Particolare è l’attenzione prestata dall’autore ai casi trattati nel periodo successivo all’entrata in vigore del Testo Unico Ambientale: dal Sistri, ai RAEE, dalle terre e rocce da scavo alle svariate modifiche introdotte dai decreti del Fare, Sblocca Italia, Competitività, Stabilità, ecc. Strutturato per argomenti in rigoroso ordine “dalla A alla Z”, ogni tematica si sviluppa in domande e risposte, 420 soluzioni supportate da riferimenti normativi e giurisprudenziali che possono essere consultate sia nella classica versione cartacea che in versione e-book.

Irnerio Editore (Pagine 352 - € 32,00)

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Ravenna, dal 25 al 27 marzo

OMC, Offshore Mediterranean Conference, è il forum biennale che si svolge a Ravenna, dedicato a dirigenti, esperti, relatori delle più importanti società petrolifere, ma anche ai rappresentanti di ministeri e di governi provenienti dall’Europa, America, Africa ed Asia. E’ un evento particolarmente importante per l’industria petrolifera e del gas del Mediterraneo perché offre l’opportunità di stabilire nuovi contatti commerciali e rappresenta un importante momento di confronto per analizzare differenti tematiche come esplorazione, produzione, trasporto e commercializzazione del greggio e del gas naturale.

www.omc2015.it

MECSPE

Parma, dal 26 al 28 marzo

Si terrà a Parma a fine marzo il Mecspe Tecnologie per l’innovazione, la fiera di riferimento per l’industria manifatturiera, unica manifestazione business to business che nella scorsa edizione del 2013 ha attirato oltre 27 mila visitatori specializzati e provenienti dai diversi settori industriali. Mecspe è il punto d’incontro tra tecnologie per produrre e filiere industriali, grazie alla sinergia di 9 Saloni tematici che si svolgono in contemporanea e che offrono al visitatore una panoramica completa su materiali, macchine e lavorazioni per implementare una produzione eccellente partendo dal concept di un manufatto sino ad arrivare alla sua realizzazione.

www.esporre-mecspe.com

MCM

Milano, 16 aprile

MCM Milano - Mostra Convegno Manutenzione Industriale è un evento verticale giunto quest’anno alla decima edizione e che unisce all’interno della stessa manifestazione una parte espositiva a una componente formativa. MCM nella sua edizione milanese si svolge in concomitanza con SAVE Milano, mcT Alimentare, mcT Visione e Tracciabilità, Forum Embedded IC & Automation Fortronic e mcT Ecoindustria. Il calendario di mcT Ecoindustria, la Mostra Convegno Efficienza, Trattamento, Riciclo, Recupero Energia e Materia prevede eventi itineranti focalizzati su diverse tematiche verticali con un focus principale per questa edizione di aprile sui RAEE.

www.mcmonline.it/milano

INTERMAT

Parigi, dal 20 al 25 aprile

Intermat 2015 avrà luogo a Parigi, dal 20 al 25 aprile, nella location del Paris Nord Villepinte exhibition centre. INTERMAT si è rinnovato in risposta alla domanda dei visitatori, comprendendo settori più chiaramente definiti, una più efficace esperienza di visita e una maggiore enfasi verso l’innovazione. L’iniziativa mira a realizzare un miglioramento duraturo alla presentazione offerta ai visitatori delle varie linee di business in mostra, esibendo un’offerta globale, pienamente rappresentativa del settore delle costruzioni e che copre ogni fase del ciclo produttivo. La manifestazione parigina radunerà in un unico spazio tutte le figure del settore: i leader mondiali nella costruzione, imprese edili, produttori, distributori e società di noleggio, i produttori e commercianti di materiali, project management, società di servizi e istituzioni finanziarie.

paris-en.intermatconstruction.com

SPS

Parma, dal 12 al 14 maggio

SPS IPC Drives Italia, sorella della tedesca SPS IPC Drives, rappresenta da oltre 20 anni la manifestazione di riferimento dell’automazione industriale in Germania e in Europa, affermandosi come importante punto di riferimento per il panorama italiano. Dopo il successo ottenuto con la quarta edizione, SPS IPC Drives Italia si prepara a offrire di nuovo una proposta sempre più completa nel panorama dell’automazione industriale, declinata in quattordici categorie merceologiche, rappresentando così una fiera di soluzioni e non solo di prodotti, che si caratterizza per la presenza di tutti i principali fornitori di componenti e sistemi per l’automazione e per l’attenzione posta alle soluzioni tecnologiche e alla divulgazione delle applicazioni realizzate nei vari settori industriali.

www.spsitalia.it

Ravenna2015

Ravenna, dal 20 al 22 maggio

Dopo lo spostamento da settembre a maggio avvenuto nel 2014, l’8° edizione dell’evento sui rifiuti, acqua, energia e… non solo, sarà ancora in primavera con la sua tre giorni di incontri, di formazione e informazione, di approfondimenti e conoscenza sulle nuove tecnologie e sui processi industriali, coniugando cultura e solidarietà ed offrendo eventi d’arte e spettacolo. Fare i conti con l’ambiente conferma la presenza della terza edizione del Corso Residenziale di Alta Formazione sulla Bonifica dei siti contaminati, che anno dopo anno si consolida sempre più come uno dei principali momenti di formazione e approfondimento in tema di bonifiche a livello nazionale.

www.labelab.it/ravenna2015

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Anno 8 - Numero 30 – Marzo 2015

Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin Collaboratori: Chiara Arcella, Renato Baciocchi, Rosa Bertuzzi, Nicola Carboni, Daniele Carissimi, Maria Beatrice Celino, Alberto Cicognani, Agata Di Stefano, Roberto Gerla, Maurizio Nespoli, Paolo Plescia, Ivan Poroli, Gian Luigi Soldi, Emanuela Tempesta, Andrea Terziano, Laura Veneri

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Comitato Scientifico: Maria Rosaria Boni (Sapienza Università di Roma) Daniele Cazzuffi (Cesi spa – Remtech) Laura D’Aprile (ISPRA, Roma) Luciano De Propris (Consulente ambientale) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Roma) Gian Luigi Soldi (Città metropolitana di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino) Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7497964 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it Grafica, disegni e impaginazione: PeV media - Via C. Vidua, 7G - 10144 Torino

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4 Inquadra il codice • Abbonamento annuale alla rivista (4 numeri) • Abbonamento biennale alla rivista (8 numeri) • Cd “Atti dei convegni nazionali” RemTech 2014 • Cd “Atti dei convegni nazionali” RemTech 2013 • Cd “Atti dei convegni nazionali” RemTech 2012 • Cd “Atti dei convegni nazionali” RemTech 2011 • Cd “Atti dei convegni nazionali” RemTech 2010

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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 8 n. 30 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

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