RECOVER magazine n. 34

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Salvaguardare la vita e la salute di tutti coloro che lavorano in cantiere e che vivono nelle aree circostanti, in fase di progettazione, di realizzazione degli interventi e a lavoro concluso, è per Longhi S.r.l una priorità. Alla base della filosofia aziendale c’è, infatti, la sicurezza di ambiente e persone, attestata dai più qualificati standard nazionali e internazionali, ma anche la qualità e l’efficienza del servizio proposto e la continua ricerca di soluzioni innovative.

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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 9 n. 34 - ISSN 2421-2938 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

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M A R Z O 2016

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L’ESTETICA DELLA DISTRUZIONE ESPERIENZE DI FOTOGRAFIA NEI CANTIERI DI DEMOLIZIONE LA REGINA DELLE FIERE SI PREPARA PER L’ENNESIMO GRANDE SUCCESSO... È TEMPO DI BAUMA COSTA DIADEMA, IL “PAESE GALLEGGIANTE” DOVE LA RACCOLTA DIFFERENZIATA È AL 100% EXPO2015 ORA è TEMPO DI SMONTAGGI E DEMOLIZIONI POI RESTERANNO SOLO I RICORDI

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E DI TO R I A L E

EDITORIALE TRIVELLE SI... TRIVELLE NO... Sì o no, ecco la semplice risposta che viene chiesta agli italiani chiamati alle urne per il referendum del prossimo 17 aprile ad esprimersi su un quesito non altrettanto semplice. Dal primo referendum in cui ci fu chiesto di scegliere tra Monarchia e Repubblica sono state circa 20 le occasioni in cui siamo stati chiamati a scegliere su argomenti di varia natura. Se inizialmente le questioni sui cui siamo stati interpellati riguardavano tematiche molto vicine ai cittadini col passare dei decenni i quesiti sono diventati sempre più “tecnici”, con maggior o minor peso politico e molto spesso di difficile comprensione. Forse il fatto che dal 1997 in poi, fatto salvo l’ultimo referendum del 2011, non sia mai più stato raggiunto il quorum potrebbe anche essere un segnale di questo disagio dei cittadini ad esprimersi su questioni complesse e lontane dalla vita quotidiana. Il referendum questa volta riguarda l’attività estrattiva in mare e conseguentemente la scelta assume una connotazione fortemente ambientalista oltre che politica. Lungi da me voler dare indicazioni di voto, incitare i lettori a recarsi alle urne o invitare gli indecisi a boicottare il referendum… piuttosto mi interessa evidenziare come in questi giorni di campagna referendaria sia molto difficile districarsi tra le ragioni dei due schieramenti arrivando ad una comprensione reale e oggettiva della questione che ci porti verso un voto consapevole. Le questioni relative all’ambiente o che sull’ambiente si ripercuotono in maniera diretta o indiretta non sono state spesso affrontate nei referendum ma è anche vero che in quelle poche occasioni i cittadini si sono sempre espressi portando al raggiungimento del quorum. Allora forse è vero che l’ambiente ci sta a cuore… o forse è solo più facile mettersi a posto la coscienza con un voto referendario piuttosto che con buone pratiche quotidiane? Difficile dare una risposta anche in questo caso. Di sicuro il referendum sulle trivelle, che vincano i sì o che vincano i no, non risolverà i problemi ambientali del nostro Paese, non azzererà il consumo di suolo, non ridurrà gli impatti dell’agricoltura, non porterà alla bonifica di centinaia di migliaia di ettari di suoli e falde inquinate e non interromperà gli interramenti incontrollati di rifiuti nelle varie Terre dei Fuochi distribuite dal Nord al Sud Italia. Ma qualcuno potrebbe obiettare che da qualcosa dobbiamo pur iniziare e che l’esito del referendum non si ferma alle trivelle ma è un messaggio di ampia portata. Il problema di questi messaggi è solo uno, non si sa mai se e quando vengono letti…

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S O M M A R I O S OM M A R I O

Rubriche

News 6 Reconnet 69 Vetrina 73 Libri 78 Appuntamenti 79

di Massimo Viarenghi

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Attualità

Il “paese galleggiante” dove la raccolta differenziata è al 100% di Laura Veneri

La concorrenza nel mercato della gestione dei rifiuti urbani di Maeva Brunero Bronzin

Confronti (im)possibili tra capitali di Laura Veneri

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THe big eye

Chernobyl 30 anni dopo di Bruno Vanzi

Quel che resta di Expo...

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di Maeva Brunero Bronzin

Revamping dell’impianto di compostaggio di Massa Finalese

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Un futuro pieno di energia

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Il nuovo impianto di biostabilizzazione di Scapigliato

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di Laura Veneri

di Laura Veneri

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Innovazione e ricerca nella triturazione dei pfu 51 di Maria Beatrice Celino

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di Maeva Brunero Bronzin

di Maria Beatrice Celino

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di Laura Veneri

di Luisa Verolino

Amianto, un problema (purtroppo) sempre attuale 22 Novità ai vertici di Cantiermacchine

È tempo di bauma

work in progress

PRIMO PIANO

Click… si demolisce. Quando l’immagine è tutto

Speciale

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Progetti e tecnologie

L’ingegneria strutturale nelle demolizioni

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In situ chemical reduction (iscr) alla Solvay di Spinetta Marengo

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di Marco Martinetto e Marco Costabello

di Aldo Trezzi et al.

normativa 26

Fresato d’asfalto sulla strada tra rifiuto e sottoprodotto

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Il ravvedimento operoso

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di Daniele Carissimi

di Rosa Bertuzzi e Nicola Carboni

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ROMA, PARIGI, BERLINO, VIENNA E VARSAVIA. CAPITALI A CONFRONTO SULLA GESTIONE TECNICO-ECONOMICA DEI RIFIUTI URBANI

20 CHERNOBYL: 30 ANNI DOPO STA PER ESSERE COMPLETATA LA MASTODONTICA OPERA CHE CONFINERÀ FINALMENTE LA CENTRALE NUCLEARE

26 UN FUTURO PIENO DI ENERGIA PER L’IMPIANTO DI POMEZIA CHE RECUPERA RIFIUTI INDIFFERENZIATI PER LA PRODUZIONE di CDR/CSS

46 CRITERI DI ANALISI, APPROCCIO PROGETTUALE E VERIFICHE: L’INGEGNERIA STRUTTURALE AL SERVIZIO DELLE DEMOLIZIONI

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NEWS IL NUOVO CODICE DEGLI APPALTI E LE NOVITA’ PER L’AMBIENTE Due anni dopo l’arrivo delle direttive Ue in materia, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo di attuazione del “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” che ora dovrà passare all’esame delle Camere per giungere poi all’approvazione definitiva entro il 18 aprile. Entusiasta il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti secondo il quale “nel nuovo codice degli appalti l’ambiente assume una centralità senza precedenti: sono previste procedure più semplici per le emergenze e si riconosce alle prerogative ambientali un ruolo strategico e di garanzia per lo sviluppo sostenibile del Paese. La progettazione degli interventi in materia ambientale - continua Galletti - sarà disciplinata da specifiche linee guida individuate anche con il concerto del ministero dell’Ambiente: questa novità vale sia nei casi in cui l’ambiente costituisca l’oggetto diretto dell’appalto, come ad esempio le bonifiche e la messa in sicurezza, ma anche per le attività in cui il legame con l’ambiente sia indiretto, come la costruzione di edifici, strade o le forniture per gli uffici. Altra novità riguarda i cosiddetti criteri ambientali minimi, già rafforzati con le misure del Collegato Ambientale per gli appalti negli edifici pubblici, che diventano comuni a tutte le stazioni appaltanti. Il testo consente inoltre una procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando, per aggiudicare lavori urgenti di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati, ai sensi della normativa ambientale”.

Una buona notizia quindi per gli appalti e anche per l’ambiente, in attesa dell’approvazione del Parlamento e di verificare nel concreto come il nuovo Codice verrà applicato.

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LA PLASTICA NON È TUTTA UGUALE Avviato dal CONAI il progetto di diversificazione contributiva degli imballaggi in plastica finalizzato ad incentivare l’uso di imballaggi maggiormente riciclabili, un passaggio fondamentale, a 18 anni dalla costituzione del Consorzio, che vede il superamento della regola del Contributo Ambientale unico per le varie categorie di imballaggio dello stesso materiale, premiando l’impegno delle imprese per imballaggi meglio concepiti ai fini della sostenibilità ambientale e dell’economia circolare.

Verrà quindi modulato un contributo ambientale diversificato sulla base di tre parametri fondamentali: la facilità di selezione degli imballaggi dopo il conferimento per il riciclo, l’effettiva riciclabilità - valutate sulla base delle tecnologie disponibili industrialmente note - e il circuito di destinazione (domestico o commercio/industria). Per arrivare a questo importante traguardo sono state analizzate circa 60 tipologie di imballaggi in plastica, e classificate quindi in tre categorie alle quali corrisponderanno altrettanti valori del contributo ambientale: godranno dei valori più bassi gli imballaggi maggiormente selezionabili e riciclabili, pagheranno maggiori oneri gli imballaggi più “difficili”. La decisione è maturata dopo un complesso, ma necessario, approfondimento con le Associazioni delle aziende produttrici e utilizzatrici di imballaggi ed una campagna di analisi delle aziende produttrici che dichiarano tipologie e quantità dei loro imballaggi. L’implementazione del progetto maturerà presumibilmente entro 12 mesi, dopo il necessario adeguamento dei sistemi informativi e un periodo di test per le imprese.


Milleproroghe e ambiente

LA RACCOLTA DIFFERENZIATA ATTRACCA AL PORTO DI GENOVA

Dal 27 febbraio è in vigore la Legge 25 febbraio 2016, n. 21, di conversione del D.L. n. 210/2015 (c.d. Decreto Milleproroghe), che contiene disposizioni in materia di pubblica amministrazione, trasporti, energia e appalti, ma aggiunge anche alcune specifiche previsioni in materia ambientale. Partendo dal SISTRI viene confermata la proroga al 31 dicembre 2016 per l’adeguamento al Sistema di Tracciabilità dei Rifiuti mentre vengono dimezzate le sanzioni, uniche già in vigore, relative alla mancata iscrizione o al tardivo versamento del contributo annuale di iscrizione al sistema di tracciabilità. Inoltre, fino a fine anno resta stabilito il termine di efficacia del contratto fra il Ministero Ambiente e Consip per la gestione del Sistema. In materia di rifiuti e discariche viene confermata la proroga al divieto di immissione in discarica dei rifiuti con PCI (Potere calorifico inferiore) >13.000 kJ/kg fino al 29 febbraio 2016. Ultima proroga per questa disposizione, già prorogata ben sei volte in precedenza, poiché con l’entrata in vigore del Collegato ambientale alla legge di stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n. 221 pubblicata in Gazzetta Ufficiale 18 gennaio 2016, n. 13, in vigore dal 2 febbraio 2016) è stato abrogato l’art. 6, comma 1, lettera p) del D.Lgs. 36/2003, il quale prevedeva proprio il divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti con potere calorifico inferiore superiore a 13.000 kJ/kg. Proroga anche per l’area di Bagnoli-Coroglio per la quale vengono concessi altri 60 giorni per l’adozione del programma di rigenerazione urbana del sito cui saranno assegnati, entro 30 giorni dall’approvazione del programma, le risorse residue dei fondi già istituiti dal Ministero dell’Ambiente e utilizzati dal Comune di Napoli. La gestione commissariale per la bonifica delle aree è stata prorogata al 31 luglio 2016.

Un’iniziativa ambientale di notevole importanza non solo a livello nazionale ma anche europeo. Con la sigla del Protocollo di Intesa, a cura dell’Autorità Portuale di Genova, di Ge.Am. spa e di CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi), si gettano infatti le basi per il primo progetto nazionale di differenziazione dei rifiuti all’interno di un’area portuale.

Il Protocollo di Intesa per lo studio e l’implementazione di un servizio di raccolta differenziata all’interno dell’area portuale ha l’obiettivo di arrivare alla separazione e all’avvio a riciclo di oltre il 60% delle 4.000 tonnellate di rifiuti prodotti all’interno dell’area concretizzando la volontà dell’Autorità Portuale e del gestore del servizio rifiuti, Ge.Am. Spa - Gruppo Amiu, di realizzare il primo sistema di differenziazione dei rifiuti in ambito portuale a livello nazionale che riesca ad ottimizzarne la gestione, puntando a risultati di recupero e riciclo dei materiali raccolti. L’accordo prevede una prima fase di campionatura dei rifiuti presenti nell’area portuale in modo da stabilirne le caratteristiche merceologiche, le quantità e le potenzialità di avvio a riciclo al fine di avere la fotografia quali-quantitativa dei materiali di imballaggio - acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro - e di individuare quali metodologie operative di raccolta siano più funzionali al loro recupero. Conai, grazie all’esperienza sino ad oggi maturata, assicurerà a Ge.Am. le competenze necessarie per la progettazione e lo sviluppo del piano di gestione dei rifiuti finalizzato alla raccolta e all’avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggio. Inoltre, il Consorzio Nazionale Imballaggi contribuirà all’acquisto delle attrezzature necessarie per il conferimento dei rifiuti differenziati dagli utenti portuali ed alla realizzazione di una campagna informativa e di sensibilizzazione necessaria a fornire informazioni per una corretta differenziazione dei rifiuti, indispensabile per garantire il successivo avvio a riciclo.

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NEWS ANCORA TROPPO AFFOLLATA LA ROTTA DELLE NAVI VERSO IL BANGLADESH Nonostante i regolamenti internazionali, sebbene siano noti i problemi ambientali e malgrado tali scelte siano senza dubbio lesive dei diritti umani, gli armatori continuano a preferire lo spiaggiamento per la demolizione delle proprie navi, una pratica più economica, pericolosa e inquinante.

Nel 2015 sono 469 su 768 le grandi navi oceaniche che per essere demolite sono state spiaggiate sulle coste di India, Pakistan e Bangladesh. L’India è la destinazione preferita dove, negli ultimi 10 anni, sono state demolite il 36% delle navi, il 25% è stato destinato in Bangladesh, il 14% in Cina e il 13% in Pakistan. Gli armatori greci sono risultati quelli che spediscono più navi di tutti nelle spiagge del sudest asiatico, tenendo conto però che si tratta di uno dei Paesi con il più alto numero di navi mercantili e compagnie marittime. La compagnia che ha spiaggiato più navi nel 2015 non è però greca ma israeliana. È la Quantum Pacific Group che ha mandato in Bangladesh sei delle 9 navi demolite quest’anno. “Nonostante tutta l’attenzione internazionale sulla demolizione navale nelle spiagge dell’Asia meridionale, le statistiche del 2015 mostrano che la stragrande maggioranza degli armatori non ha cambiato abitudini. Al contrario ha preferito uno dei peggiori posti al mondo, il Bangladesh, dove vengono utilizzati anche i bambini per fare a pezzi le navi su bagnasciuga fangosi e putridi” ha detto Patrizia Heidegger, direttore di Shipbreaking Platform. La buona notizia è che recentemente Shipbreaking Platform ha aperto una lista di compagnie marittime con una trasparente politica delle demolizioni. Attualmente sono tredici, tra cui figurano Maersk, Hapag Lloyd e Wallenius. Entro la fine dell’anno l’Unione europea pubblicherà un elenco di impianti di riciclaggio approvati, andando incontro alle richieste di investitori quali Abn-Amro, a distributori come H&M, Stora Enso e

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Phillips che hanno esplicitamente dichiarato di non voler essere più associati agli spiaggiamenti.

DISCARICHE E SANZIONI UE: A CHE PUNTO SIAMO? “L’Italia ha ulteriormente migliorato il record positivo degli ultimi 20 anni, passando complessivamente da 89 procedure di infrazione”, registrate tra fine 2014 e fine 2015, “a 83 procedure” così si è espresso il ministro Gian Luca Galletti in audizione in commissione Ambiente alla Camera. Le procedure di infrazione in materia ambientale sono attualmente 18 spiega il Ministro “abbiamo chiuso molte procedure in corso e abbiamo evitato che se ne aprissero altre di nuove. Ma abbiamo ancora molta strada da fare sulla depurazione delle acque e sui rifiuti in discarica”. Sono infatti 155 le discariche in Italia oggetto di procedura d’infrazione Ue, di queste per 151 gli enti competenti sono stati destinatari di diffida ma non per tutti i termini imposti sono scaduti ed il ministero monitora in modo costante la situazione. Nei casi di inadempienza, ha precisato Galletti, sarà possibile l’esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato ed il conseguente commissariamento. Sul punto è venuta in aiuto anche la Legge di Stabilità che velocizza questa possibilità dapprima con una nuova diffida per la realizzazione di un cronoprogramma fino a un’integrale sostituzione. A dicembre del 2014 la Corte di Giustizia dell’Ue ha condannato l’Italia al pagamento di 40 milioni e una penalità semestrale di 42,8 milioni fino alla chiusura delle bonifiche e della loro messa in sicurezza. La sentenza prevede la riduzione di 400 mila euro per la messa a norma di ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi e di 200 mila euro per la messa a norma di ciascuna discarica contenente rifiuti non pericolosi. Ma per il pagamento delle ingenti sanzioni, sempre grazie alla Legge di Stabilità lo Stato potrà rivalersi sulle Regioni con un meccanismo di compensazione dei trasferimenti’ che lo Stato effettua alle amministrazioni.


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Click… si demolisce. Quando l’immagine e’ tutto Racconti ed esperienze di ANdrea Botto, fotografo professionista specializzato in cantieri di demolizione di Massimo Viarenghi

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n questo numero abbiamo voluto offrire ai nostri lettori un punto di vista differente sull’approccio ai cantieri e in particolare ai cantieri di demolizione, grazie all’esperienza maturata in questo campo da Andrea Botto, fotografo professionista e docente di fotografia che si occupa di corporate aziendale. Prepariamo-

ci quindi ad esplorare il mondo della fotografia nei cantieri di demolizione attraverso l’estetica della distruzione. Andrea, com’è nata la tua passione per la fotografia e, in particolare, per quella legata alla cantieristica? Sono fotografo professionista dal 1998 e, dopo alcune esperienze in

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campo pubblicitario, ho iniziato subito a lavorare a progetti di ricerca sul paesaggio e corporate d’autore, in collaborazione con enti pubblici, aziende, architetti e geologi. Proprio in occasione di una committenza pubblica per l’analisi dei cambiamenti indotti sul territorio dalla costruzione della nuova linea ferro-

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viaria ad Alta Velocità, nel 2003 ebbi l’incarico di fotografare l’abbattimento notturno di un cavalcavia sull’autostrada A1, tra Reggio Emilia e Modena. Un cantiere temporaneo, che ho interpretato liberamente come una grande rappresentazione teatrale, senza prove generali né repliche, i cui attori protagonisti erano uomini e mezzi, illuminati dai riflettori e osservati con attenzione da un pubblico curioso, accorso per l’evento. Il mio lavoro era quindi nato come un progetto d’autore e non come una semplice documentazione, ma quando lo mostrai a Claudio Baraldi, amministratore della ditta che aveva effettuato la demolizione, ne fu talmente colpito, che mi propose di diventare il loro fotografo. Da allora ho seguito moltissimi cantieri di demolizione, alcuni tra i più interessanti in Italia - come l’ex ILVA di Cornigliano, lo Stadio Delle Alpi a Torino, il Casinò di Campione d’Italia e la Stoppani di Cogoleto - continuando ad applicare il mio modo di vedere

e contribuendo a costruire una nuova immagine aziendale. Perché hai deciso di specializzarti nel settore delle demolizioni? La demolizione è qualcosa che ci appartiene fin dall’infanzia, ogni bambino ama distruggere ciò che ha costruito, ma è anche qualcosa che secondo me rappresenta il mondo contemporaneo e il momento di profonda trasformazione che stiamo vivendo: demolire può forse apparire un’azione violenta, ma è assolutamente necessaria per ricostruire, creando qualcosa di nuovo e migliore. In oltre dieci anni ho maturato una grande esperienza nel settore, ma ho anche avuto la grande opportunità di creare un interessante archivio sulla memoria di alcuni luoghi simbolo della storia sociale e produttiva italiana. Molte delle mie immagini sono entrate nel circuito dell’Arte: esposte in importanti musei internazionali, sono state pubblicate in diversi libri e fanno parte di collezioni pubbliche e private. In particolare, con alcune fotografie

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della serie “Tutto in una notte” sui cantieri notturni, sono stato premiato nel 2005 allo European Prize for Architectural Photography in Germania. Il mio lavoro d’artista ha fatto sì che le demolizioni uscissero dal loro solito ambito di diffusione e arrivassero a un pubblico diverso e più ampio. Anche questo, oltre a professionalità ed esperienza, è un valore aggiunto per le aziende con cui collaboro. Nel tempo ho imparato che il lavoro di demolizione richiede la stessa perizia e precisione di quello di costruzione. Occupandomi di corporate aziendale, ho avuto diverse esperienze anche in questo settore e spesso i miei progetti fotografici seguono tutte le fasi di avanzamento di un’opera, per diversi mesi. La fotografia deve esprime passione… quali accorgimenti utilizzi per scattare una bella foto in un cantiere che a prima vista non ha nulla di bello? Hai mai incontrato difficoltà? Ciò che mi affascina del cantiere in generale è il suo essere in continua tra-

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sformazione e mai uguale a se stesso. Ho imparato a prevedere il lavoro degli escavatori, a scegliere il punto di vista migliore in base alle situazioni, a seguire la vita del cantiere lasciandomi sorprendere dal suo ritmo, assecondandone il flusso. Mi piace molto, ad esempio, dopo una sessione mattutina intensa e frenetica di lavoro, usare la pausa in cui tutte le maestranze sono a pranzo per fotografare il cantiere vuoto e silenzioso, oppure ritrarre le macchine e gli operai a fine lavoro, leggendo sui loro volti e nei loro occhi i segni della giornata appena conclusa, la soddisfazione della fatica e la gioia per il meritato riposo. Amo i cantieri perché nella loro frenesia e confusione, ricomposte ordinatamente nel riquadro della fotografia, mi sembra di trovare un po’ di verità della vita. Essendo una realtà in trasformazione, mi sono trovato spesso, soprattutto all’inizio, a dover superare diversi problemi tecnici e operativi durante il lavoro. Ricordo in particolare la difficoltà (data la scarsità di luce) di scattare con tempi di esposizione piuttosto lunghi durante la demolizione nottur-

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na dei ponti autostradali, in cui anche a parecchi metri di distanza si percepivano le vibrazioni dei colpi possenti dei martelli pneumatici trasmesse dal terreno, oppure il mio impaccio nei movimenti quando dovevo indossare i necessari dispositivi supplementari di protezione per accedere in sicurezza a siti particolari. Un altro ricordo è legato ad alcuni lavori in sotterranea effettuati nell’area ex ILVA di Cornigliano a Genova. Non immaginavo che sotto la fabbrica esistesse una rete di gallerie di servizio così estesa; è stata davvero un’esperienza affascinante poter fare foto là sotto. Ecco, molto spesso mi sento un privilegiato, perché ho accesso a luoghi normalmente off limits per la gente comune, ma che suscitano molta curiosità. Mi riferisco ad esempio all’attenzione con cui era seguito da fuori il cantiere di demolizione dello Stadio delle Alpi di Torino, cui erano dedicati alcuni forum su internet ed erano state anche collegate un paio di webcam attraverso le quali si poteva seguirne (seppur da lontano) l’avanzamento. Del mio lavoro su questo cantiere è stata realizzata anche una pubblica-

zione, purtroppo però solo a uso interno all’azienda. Hai avuto la possibilità di seguire anche cantieri all’estero? Grazie all’esperienza maturata in questi ultimi anni, ho avuto l’opportunità di fotografare diversi progetti all’estero, sia di costruzione, sia di demolizione, tra cui, ad esempio, la realizzazione di una nuova linea della metropolitana a Singapore da parte della CMC di Ravenna, la nuova Galleria di Base del Brennero in Austria e l’abbattimento di tre torri di raffreddamento di una centrale elettrica in Inghilterra. La tua esperienza inglese fa parte di un progetto artistico sull’uso degli esplosivi in ambito civile. Ce ne puoi parlare? Certamente. L’abbattimento delle tre torri di raffreddamento della centrale elettrica di Didcot è stato realizzato con esplosivo dall’azienda inglese Coleman & Co. di Birmingham Ho fotografato per la prima volta un intervento di questo genere nel 2008, per l’abbattimento di un forno calce in un ex zuccherificio e l’ho trovato un sog-


getto molto interessante e potente. Ho iniziato così a prendere contatto con gli esperti di esplosivi in Italia (in particolare Beppe Zandonella di Tecnomine e Danilo Coppe di SIAG) ed ho seguito molti dei loro interventi, ciminiere, palazzi, dighe, viadotti autostradali, allargando man mano il mio interesse verso altri campi, come il disgaggio su roccia, i lavori di scavo (soprattutto con Giacomo Nardin di GeoLogico), il distacco artificiale di valanghe, fino alla pirotecnica. Sono stato in Germania, al BAM di Berlino, dove si effettuano i test per le certificazioni dei materiali esplosivi, ho fotografato le attività di coltivazione nelle Cave di Campiglia in Toscana e ho seguito l’abbattimento simultaneo di sei grattacieli nel quartiere Red Road a Glasgow. Alcuni di questi interventi sono anche diventati occasione di lavoro professionale, l’ultimo dei quali è stato un documentario video e fotografico sull’abbattimento di un grosso viadotto sulla Salerno-Reggio

Calabria, che ho realizzato per General Smontaggi alla fine del 2015. Ora tutta questa ricerca sugli esplosivi sarà pubblicata in un libro, che uscirà a Novembre 2016 con un editore francese e diventerà una mostra itinerante. Di questi tempi l’immagine è tutto. Per un’azienda quanto conta una bella fotografia? Un cantiere è sì un posto denso di suggestioni visive, ma è anche un luogo in cui bisogna fare sempre la massima attenzione, non solo quando vengono impiegati gli esplosivi, soprattutto perché di solito non è prevista la presenza di un fotografo che va in giro con cavalletto e macchina fotografica. A questo proposito devo dire che ho avuto la fortuna di lavorare sempre con persone attente e professionali, che mi hanno insegnato molto e che mi hanno sempre seguito e messo nelle condizioni migliori per fare il mio lavoro in sicurezza, ben sa-

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pendo che attraverso il mio “occhio” veniva comunicato il loro lavoro e che la fotografia era alla fine l’unica cosa che ne sarebbe rimasta. Quando si costruisce qualcosa, l’opera finita è la testimonianza del lavoro fatto e lì rimane per molto tempo, ma quando si demolisce e si cancella per sempre un edificio, l’unica prova è l’immagine. E non un’immagine qualsiasi, ma un progetto professionale coerente e di qualità, fotografico o video, che sappia valorizzare il lavoro dell’impresa, cogliendone le peculiarità, che potrà poi essere usato su web, per una pubblicazione editoriale, una fiera o una mostra. Al di là della facilità con cui oggi chiunque può fare una fotografia, in un mondo in cui l’immagine è sempre più mezzo di relazione e condivisione, penso che ogni azienda dovrebbe sapere quanto questa sia fondamentale per costruire il proprio pubblico, raccontando agli altri la propria storia e la propria identità.

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Il “paese galleggiante” dove la raccolta differenziata è al 100% A bordo di Costa Diadema per la presentazione del modello di eccellenza per la raccolta e il riciclo delle lattine in alluminio di Laura Veneri

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e grandi navi da crociera sono veri e propri paesi che necessitano di un’organizzazione impeccabile affinché tutto funzioni. In occasione della presentazione della nuova campagna di sensibilizzazione per la raccolta dell’alluminio a Savona, promossa dal Consorzio Cial, abbiamo avuto il piacere di visitare Costa Diadema, nave ammiraglia di Costa Crociere, in grado di accogliere 5000 ospiti più 1250 membri dell’equipaggio. Oltre 6000 persone (pari ai cittadini di un piccolo Comune italiano) che mangiano, bevono, si divertono e producono rifiuti che saranno recuperati e riciclati al 100%.

È però importante sottolineare che l’esperienza di Costa è un’eccellenza, purtroppo molto lontana dalla realtà media, che raggiunge appena il 2% di recupero dei rifiuti prodotti sulle navi. È un progetto replicabile e una best practice di sostenibilità socio ambientale. La raccolta e il riciclo dell’alluminio proveniente dalle navi Costa a Savona (progetto “Message in a can”) sono iniziate nel 2007, e rappresentano un modello di pregevolezza nel settore marittimo. Dal 2007 al 2015 state riciclate un totale di circa 334 tonnellate di alluminio. Utilizzando come unità di misura una lattina

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per bevande da 33 cl, 334 tonnellate equivalgono a 27 milioni di lattine, che posizionate in fila una accanto all’altra sarebbero sufficienti a coprire una distanza pari a 3.915 Km, ovvero il percorso di quasi due crociere di sette giorni di Costa Diadema nel Mediterraneo. Sempre usando lo stesso parametro, grazie alle 334 tonnellate di alluminio è possibile realizzare ad esempio 33.400 biciclette, 722.000 moka per il caffè, 221.000 lampade da scrivania, oppure 37 carrozze per treni ad alta velocità. Dall’inizio del progetto, la quantità di alluminio recuperata dalle navi Costa è più

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che raddoppiata: si è passati da 23,2 tonnellate nel 2007 a 48,6 nel 2015.

La sostenibilità è un principio guida

La gestione dei rifiuti sulle navi Costa Crociere

Stefania Lallai, Sustainability and External Relations Director di Costa Crociere

Su tutte le navi di Costa Crociere esiste di fatto un servizio di raccolta differenziata che permette l’avvio a riciclo e la valorizzazione del 100% dei rifiuti (tutti i tipi) prodotti. Esistono punti di raccolta rifiuti, sia per i passeggeri che per l’equipaggio, ben distribuiti nelle aree svago, nei bar e nei ristoranti, sui ponti esterni e anche nelle aree dove il personale di bordo lavora e si riposa. Oltre ai raccoglitori dedicati generalmente ai metalli, sono stati posizionati diversi raccoglitori specifici per le lattine di alluminio le quali, prima di essere scaricate nel porto di Savona, vengono compattate in ballette, direttamente a bordo, grazie ad un compattatore che ogni nave della flotta ha in dotazione. I milioni di lattine, differenziate e raccolte da Costa Crociere, sulle navi che fanno scalo a Savona, vengono convogliate nel Porto di Savona dove la SV Port Service provvede allo stoccaggio fino al ritiro da parte del Cial. Soltanto nel 2015, nel Porto di Savona, hanno transitato 11 navi di Costa Crociere, per un totale di 233 scali, con la movimentazione di circa 1 milione di passeggeri.

Il valore del progetto

Il progetto di raccolta delle lattine in alluminio a bordo delle navi e il successivo avvio a riciclo a cura di Cial assume un rilievo particolare non solo per le ingenti quantità di materiale conferito ma anche per le molteplici caratteristiche e benefici che ciò comporta. Innanzitutto si tratta del primo progetto di raccolta differenziata finalizzata al riciclo nel settore marittimo che promuove attivamente i principi della raccolta differenziata ad un numero rilevante di passeggeri ogni anno (nazionali e non). Inoltre garantisce il recupero di materia e di energia grazie al riciclo di materiale che viene immesso nuovamente nei processi produttivi per molteplici impieghi. Il riutilizzo degli imballaggi in alluminio usati, infatti, limita l’impiego di alluminio primario, salvaguarda quindi le risorse naturali e riduce di ben il 95% l’emissione di

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“Costa Diadema è stata progettata per accogliere 5000 ospiti, più 1250 membri dell’equipaggio: è come se fosse una piccola cittadina. Sostanzialmente si parla di una piattaforma di 6000 persone che hanno le stesse necessità di un paese e le stesse dinamiche, con una variante in più che è quella dello spostamento. Costa Crociere opera su 15 navi in cui è possibile riproporre le stesse dinamiche di Costa Diadema. Costa Crociere ha introdotto da anni un approccio volto a non gravare sull’ambiente e per questo motivo per Costa Crociere il concetto di sostenibilità è fondamentale. Ad esempio se parliamo di consumo d’acqua, possiamo dire con soddisfazione che il 68% dell’acqua è prodotta a bordo e la restante è approvvigionata nei porti di scalo dove l’acqua non è un bene scarso. La sostenibilità è pienamente integrata nel nostro modello di business. Cerchiamo di sviluppare soluzioni e accorgimenti che ci permettano di agire nell’ottica di efficientamento. Ma tutte le aziende sanno che non possono lavorare da sole e bisogna fare sistema perché l’impegno deve essere condiviso. Il progetto “Message in a can” è proprio la sintesi di questo approccio che si rivela assolutamente premiante perché i dati che abbiamo lo dimostrano sulla carta. Grazie a questo progetto riusciamo a educare un pubblico multietnico e soprattutto i membri del nostro equipaggio”.

Il concetto di economia circolare si applica perfettamente all’alluminio Gino Schiona, Direttore Generale Cial

“In crociera c’è una propensione al consumo leggermente più alta di quella domestica. Pensiamo che a livello italiano si usano mediamente 33 lattine pro capite all’anno, mentre a bordo delle navi se ne consumano mediamente 100. Da quando è iniziato il progetto di recupero dell’alluminio sulle navi Costa Crociere sono state recuperate quasi 50 t di alluminio. Poiché una lattina pesa 12,5 g, dal 2007 sono state recuperate 4 milioni di lattine all’anno: numeri molto alti. Perché è importante il riciclo dell’alluminio? Perché con il riciclo si risparmia il 95% di energia rispetto alla produzione da minerale. Inoltre con il riciclo non si producono gas serra, perché rifondendo il materiale si produce solo il 5% di CO2. Cial è un consorzio nazionale cui sono state trasferite le responsabilità delle imprese che producono materia prima in alluminio e imballaggi in alluminio. L’attività principale del consorzio è supportare i Comuni italiani nello sviluppo delle raccolte differenziate. Naturalmente non parliamo solo della lattina, anche se è uno degli imballaggi più diffusi. Non dimentichiamoci delle vaschette, degli imballaggi per il cibo, del tubetto, del tappo o del foglio sottile. È su queste basi che abbiamo poi sviluppato dei progetti di raccolta integrativa come questo progetto con Costa che è nato nel 2007 ed è molto importante perché le grandi imprese danno un’impronta al futuro, indicano dei comportamenti virtuosi che poi vengono emulati. Per l’alluminio si applica bene il concetto di energia verde o di economia circolare perché significa chiudere un circuito e rendere autonomo il nostro continente sulle risorse”. CO2. Infine il corrispettivo economico riconosciuto da Cial per il materiale conferito viene erogato direttamente da Costa al personale che, a bordo delle navi, si adopera per le operazioni di recupero dell’allu-

minio dopo la raccolta, di eventuale pulizia del materiale e per la compattazione in formati utili all’ottimizzazione dello stoccaggio sulle navi e presso la piattaforma di conferimento nel porto di destinazione.


La salute del nostro pianeta Luca Mercalli, Presidente Società Meteorologica Italiana

“Sono 100 anni circa che abbiamo cambiato approccio all’uso delle risorse del pianeta. Abbiamo grandi tecnologie e abbiamo inventato prodotti che ci hanno cambiato la vita in meglio. È aumentata l’aspettativa di vita, è calata la povertà, è calata la mortalità infantile e siamo oltre 7 miliardi sul pianeta. Però per raggiungere questo risultato abbiamo sfruttato il nostro pianeta, lo abbiamo spremuto come una spugna. Sempre più evidenti sono le conseguenze di questo sfruttamento: abbiamo aumentato le emissioni di gas a effetto serra come mai prima nella storia geologica degli ultimi 3 milioni di anni; abbiamo fatto aumentare l’acidità degli oceani perché parte della CO2 che produciamo si scioglie nelle acque dei mari e ne abbassa il pH mettendo a rischio l’intera catena alimentare degli organismi. Non abbiamo mai consumato così tanta energia in tutta la nostra storia sul pianeta. Abbiamo abbattuto gran parte delle foreste primarie. Non abbiamo mai utilizzato così tanta acqua dolce. Tutti questi indicatori non sono visibili ad occhio nudo ma non possiamo continuare a sfruttare con questo ritmo il nostro pianeta. Se estendiamo la nostra visione ad uno scenario futuro ci accorgiamo che la popolazione continua a crescere e saremo 9 miliardi e mezzo al 2050. Tutto questo porta gravi danni al pianeta, quali il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la disparità sociale nella nostra specie (come ad esempio la fame del mondo), il consumo dei suoli che in parte se ne va con la cementificazione e in parte con l’erosione, ecc. Se vogliamo salvaguardare la nostra salute dobbiamo salvaguardare anche la salute del pianeta su cui viviamo. Non può esserci salute umana su un pianeta compromesso dal punto di vista ambientale. Dobbiamo diventare consapevoli di tutto questo. Dobbiamo ridurre lo spreco di cibo, migliorare l’uso dell’acqua, smettere con la deforestazione, progettare le nostre città e le nostre strutture in modo più sostenibile. Non abbiamo un pianeta di riserva”.

La situazione dei Porti italiani Paolo Baldoni, Ansep Unitam, associazione nazionale imprese per i servizi ecologici portuali e la tutela dell’ambiente marino

“La nostra associazione nasce negli anni ’90 e rappresenta tutti i concessionari che lavorano nei porti. Abbiamo circa 1000 addetti e raccogliamo milioni di tonnellate di rifiuti in tutti i porti nazionali 24 ore su 24. Vorrei proporre un po’ di numeri al fine di comprendere meglio la situazione delle navi che viaggiano nel Mediterraneo: • la Comunità Europea oggi stima 200 milioni di turisti nel Mediterraneo che arriveranno a 300 milioni nel 2020; • il 30% del naviglio mondiale solca il Mediterraneo; • il 50% delle merci che si fabbricano al mondo passa per il canale di Suez; • il Mediterraneo rappresenta solo lo 0,8% dell’acqua mondiale. Quindi in un fazzoletto di mare succede di tutto. L’Italia si è organizzata a suo tempo a livello legislativo e a livello ministeriale perché è stato creato il Ministero del mare quando ancora nelle altre parti del mondo la tutela del mare era un tema acerbo. Ma i dati che abbiamo ci dicono che c’è ancora molto da fare. In tutto il comparto marittimo si raccoglie solo il 2% dei rifiuti in modo differenziato. Il 98% dove finisce? Purtroppo non abbiamo la possibilità di saperlo. La nostra Associazione si adopera per promuovere uno sviluppo della raccolta differenziata a bordo delle navi che conferiscono nei nostri porti. A tal fine abbiamo cercato di lanciare anche il catasto dei rifiuti perché oggi non siamo in grado di avere dati sulla produzione dei rifiuti a bordo della maggior parte delle navi. Per questo motivo Costa Crociere diventa un esempio da seguire. Tra gli altri progetti che abbiamo sviluppato vorrei ricordare la barca antinquinamento in alluminio (progetto nato e sviluppato con il Consorzio Cial) che opera pulendo gli specchi delle acque portuali dai rifiuti galleggianti semisommersi o oleosi. A Savona, inoltre, abbiamo promosso il progetto Porto Verde per prevenire e ridurre l’impatto delle attività portuali”. Accanto quindi agli importanti benefici ambientali ed economici si aggiungono quelli di carattere sociale e di riconoscimento dei servizi resi da tutti gli addetti coinvolti.

A Savona tutti a raccolta!

Obiettivo dell’evento “Message in a Can” non è solo quello di affermare l’impegno congiunto di Cial e Costa Crociere rispetto alle tematiche ambientali e sociali che

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I rifiuti in porto ora trovano nuova vita Mariano Rosasco, Amministratore Delegato S.V Port Service

“Tanti anni fa nel porto di Savona i rifiuti che provenivano dalle navi venivano portati tutti in un capannone senza essere divisi per tipologia. Oggi per fortuna non è più così e questo sistema si è notevolmente evoluto permettendo che tutti i materiali vengano valorizzati. Il nostro obiettivo è stato quello di creare e organizzare un sistema che permettesse di valorizzare al massimo il rifiuto. Oggi siamo organizzati con uno stoccaggio provvisorio che permette di accumulare i rifiuti per tipologia e garantire un trasporto economico verso la destinazione di recupero corretta per ogni rifiuto. Abbiamo cercato di rendere il recupero dei rifiuti sostenibile sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista economico”. caratterizzano il progetto ma anche quello di cogliere l’occasione per promuovere ulteriormente presso il grande pubblico, e in tutti i contesti, l’importanza della raccolta differenziata degli imballaggi di alluminio e i suoi benefici per generare un sempre più ampio coinvolgimento e diffusione della cultura della sostenibilità socio-ambientale. “Savona, Message in a can” è una campagna di sensibilizzazione rivolta a tutto il territorio della città di Savona, che ha l’obiettivo di migliorare ulteriormente la raccolta differenziata dell’alluminio. Se nel periodo compreso tra il 1° marzo e il 30 giugno, la raccolta migliorerà almeno del 25% rispetto allo stesso periodo del 2015, Cial e Costa Crociere doneranno a Savona tre panchine prodotte proprio con alluminio riciclato per arredare uno dei parchi urbani della città. Inoltre la collaborazione tra Costa Crociere e Cial supererà i confini locali per diffondersi ulteriormente presso il grande pubblico. A partire dal 1° marzo e fino al 6 giugno, “Message in a can” arriverà sui canali social. Agli utenti di Instagram e Twitter verrà richiesto di condividere uno scatto fotografico con l’hashtag #messageinacan, che risponda al tema “affida ad una lattina il tuo messaggio per salvare il pianeta”. Chi realizzerà lo scatto migliore vincerà una crociera Costa per due persone nel Mediterraneo, mentre ad ognuna delle tre menzioni speciali andrà una Ricicletta, la City Bike in alluminio riciclato di Cial.

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La concorrenza nel mercato della gestione dei rifiuti urbani L’Antitrust ha effettuato un’indagine conoscitiva sul mercato della gestione dei rifiuti urbani in seguito a diverse segnalazioni sulle criticità del settore di Maeva Brunero Bronzin

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ell’agosto del 2014, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un’indagine nel settore della gestione dei rifiuti urbani, a seguito di numerose segnalazioni che suggerivano la presenza di diverse criticità concorrenziali nel settore. In particolare, sembrava emergere un quadro critico modellato dallo storico localismo delle amministrazioni comunali che ha definito una struttura di mercato frantumata, con un gran numero di operatori di piccole dimensioni, il frequente ricorso all’affidamento del servizio in via diretta e senza gara (cd. in-house providing) e una durata degli affidamenti eccessivamente lunga, fattori che non hanno consentito alcun dinamismo nell’offerta del servizio. Il contesto problematico da cui è partita l’analisi dell’Antitrust include anche uno smisurato ampliamento della privativa comunale, dovuto alla prassi di

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comprendere nel perimetro di attività riservate al gestore della raccolta di rifiuti urbani anche la raccolta di una parte consistente di rifiuti speciali (attraverso la cosiddetta “assimilazione” dei rifiuti speciali agli urbani), nonché la gestione delle fasi a valle della raccolta (attraverso la cosiddetta “gestione integrata” dell’intero ciclo dei rifiuti), le quali, invece, si prestano a una gestione più concorrenziale e comunque esterna alla privativa comunale. Il quadro presenta poi una regolazione molto limitativa dell’accesso ai mercati del trattamento meccanico-biologico (TMB) e della termovalorizzazione dei rifiuti indifferenziati, che ha determinato una significativa sotto-capacità impiantistica in tali settori. Emerge, invece, l’eccessivo ricorso allo smaltimento in discarica: in Italia circa un terzo dei rifiuti urbani viene smaltito in discarica, mentre in Germania, Belgio, Paesi Bassi e Svezia si registrano

percentuali di smaltimento inferiori all’1,5% del totale dei rifiuti urbani. Secondo le stime elaborate nell’indagine, se non dovesse aumentare la raccolta differenziata, servirà un incremento di almeno il 50% della attuale capacità di termovalorizzazione per far fronte al fabbisogno nazionale. Tali tendenze di fondo si inserivano in un quadro disciplinare caratterizzato dalla forte eterogeneità dei diversi contesti locali, a livello non solo regionale ma addirittura comunale.

Le proposte

Per quanto riguarda le modalità di affidamento del servizio, l’Antitrust ritiene che, al fine di garantirne l’efficienza, gli Enti Locali debbano privilegiare il ricorso alle gare e procedere all’affidamento diretto senza gara solo se sono rigorosamente rispettati i requisiti formali imposti dall’ordinamento europeo per l’in-house providing, ma anche,


e soprattutto, se l’affidatario diretto raggiunge il livello medio di efficienza riscontrabile nel settore (cosiddetto benchmarking di efficienza). Gli affidamenti, inoltre, non dovrebbero superare la durata massima di cinque anni stabilita per via normativa ed eccezionalmente derogabile da parte degli Enti Locali solo dietro adeguata motivazione, come per esempio nel caso del recupero degli investimenti effettuati. Ciò al fine di rendere più frequente, per quanto possibile, il confronto concorrenziale simulato dalla gara. Con riferimento poi alle dimensioni dei bacini per l’affidamento del servizio di raccolta e dei cosiddetti Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), all’interno dei quali deve avvenire l’intera gestione dei rifiuti urbani, l’Antitrust ritiene che queste debbano essere funzionali alla realizzazione di un servizio efficiente e alla concorrenzialità delle gare. I bacini per l’affidamento della raccolta, dunque, possono essere più o meno ampi a seconda delle caratteristiche del ter-

ritorio e della presenza di economie di scala. In ogni caso, laddove essi siano di dimensioni eccessivamente ridotte, come nel caso di servizi resi individualmente a piccoli Comuni, i relativi territori dovrebbero essere aggregati in un unico lotto da mettere a gara, mentre nel caso dei Comuni molto grandi i bacini dovrebbero essere frazionati in più lotti. Viceversa, gli ATO dovrebbero essere di dimensione quantomeno pari al territorio regionale, al fine di garantire che, in un mercato liberalizzato, gli affidatari del servizio di raccolta possano fare riferimento a un numero adeguato di impianti di TMB, di termovalorizzazione e di discariche e non siano dipendenti da pochi soggetti dotati di potere di mercato. Sotto il profilo della governance degli affidamenti, inoltre, al fine di ridurre le ingiustificate restrizioni derivanti dall’integrazione verticale delle imprese, l’Antitrust auspica che si mantenga separata la gestione dei due segmenti della filiera (raccolta e fasi a valle), isti-

tuendo due livelli istituzionali differenti per le due fasi, come già succede in alcune Regioni. Da ultimo e più in generale, ai fini dell’introduzione di una buona regolazione di settore uniforme e incentivante l’Antitrust indica come necessario procedere a una sostituzione dell’attuale modello di regolazione diffuso e a multi-decisionalità politica con un modello a decisione centralizzata e tecnica, nel quale vengano attribuite all’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico competenze su alcune specifiche questioni quali: la definizione degli indicatori e dei parametri di efficienza per il benchmarking, il controllo dell’effettiva applicazione delle verifiche di efficienza da parte dei Comuni, la redazione di contratti e documenti tipo in modo da superare le asimmetrie informative, la definizione delle metodologie tariffarie per gli impianti a valle, la vigilanza e controllo sulle attività degli Enti locali competenti (soft regulation).


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Confronti (im)possibili tra capitali Roma, Parigi, Berlino, Vienna e Varsavia in comparazione sulla gestione tecnico-economica dei rifiuti urbani di Laura Veneri

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er il secondo anno Atia-Iswa, in collaborazione con Ama Roma, ha promosso il meeting tra le capitali europee per promuovere una discussione sui diversi scenari emersi. L’indagine, pubblicata alla fine dello scorso anno, ha coinvolto i rappresentanti delle capitali, individuati secondo specifici ruoli e competenze tecniche al fine di valutare il sistema di prevenzione e gestione dei rifiuti. Gli strumenti d’indagine utilizzati hanno consentito di ottenere analogie di comparazione.

Dal confronto con i dati 2014 emerge un leggero aumento della produzione di rifiuti urbani e la conferma del recupero energetico come opzione prevalente nel trattamento dei rifiuti (70%). Si registra un aumento del 5% della raccolta dif-

km quadrati. A Parigi in un anno si sono raccolte complessivamente 2.891.017 tonnellate di rifiuti, con una media procapite di 430 kg, in linea con la media europea. Solo il 12% dei rifiuti prodotti è stato smaltito in discarica. Il sistema di raccolta è misto: “porta a porta” per indifferenziata, vetro, carta, residui vegetali e ingombranti e cassonetti stradali riservati a vetro, imballaggi e carta. In città sono

ferenziata che passa quindi dal 13% al 18%, in parte dovuto al recupero dei rifiuti da demolizione. Il bacino di utenza è di 6.707.612 abitanti (periferia compresa), distribuiti su una superficie di 762

anche presenti 45 centri di smistamento. Il servizio di raccolta e trattamento rifiuti è esternalizzato dal Comune di Parigi ad aziende private all’85% e costa in media 90 euro ad abitante. La tassa sul servizio

Parigi

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rifiuti che finanzia l’intero servizio (incluso lo spazzamento), è pari, in media, a 121 euro l’anno per abitante. Il Comune di Parigi ha un ruolo attivo e diretto nel rivendere sul mercato le materie prime seconde derivanti dalla raccolta differenziata. Parigi, che spera di applicare la tariffa puntuale entro il 2025, si sta inoltre concentrando sulla prevenzione dei rifiuti alimentari e il recupero dell’organico.

Berlino

Berlino spicca come esempio virtuoso di affidamento del servizio di raccolta e gestione dei rifiuti alla propria azienda 100% pubblica. Rispetto al 2014 i dati di produzione rifiuti si mantengono costanti mentre si registra un lieve calo della

raccolta differenziata che passa dal 42% (2014) al 39% (2015). Berlino è una della poche Capitali a poter vantare una capacità di trattamento del 100% in impianti presenti nel proprio bacino di riferimento, soddisfacendo pienamente il principio di prossimità. Lo smaltimento in discarica è pari a zero mentre è al 39% il recupero termico dei rifiuti. Il bacino di utenza è di 3.469.849 abitanti, distribuiti su un’area di 891 km quadrati. La produzione annua di rifiuti ammonta a 1.348.000 tonnellate con un’incidenza pro-capite di 388 kg. I costi del servizio sono completamente coperti dalla tariffa puntuale, che viene calcolata da una quota fissa e sulle frequenze degli svuotamenti stabilite dall’utente. I costi di raccolta e trattamento degli imballaggi non gravano sull’azienda pubblica del Comune di Berlino, ma tale servizio è svolto da aziende private selezionate con procedure di appalto pubblico competitivo. Questo sistema consente di contenere i costi medi del servizio di raccolta e trattamento rifiuti che si attesta a circa 74€ per abitante (spazzamento strade escluso).


Vienna

La città austriaca registra una significativa inversione di marcia rispetto al 2014. Pur mantenendosi costanti i dati di produzione si evidenzia un aumento della percentuale dei rifiuti destinati al recupero di materia (+15% rispetto al 2014) a discapito del recupero energetico che passa quindi dal 75% del 2014 al 60% del 2015. La raccolta differenziata si attesta al 32% mentre solo il 18% dei rifiuti, per lo più scorie da incenerimento e inerti, vengono smaltiti in discarica. L’estensione cittadina è di 415 km quadrati per una popolazione servita di 1.731.236 abitanti. La città produce annualmente 1.078.934 tonnellate di rifiuti (601 kg pro-capite). Il sistema di raccolta è misto con raccolta domiciliare e cassonetti stradali, a cui si affiancano strutture fisse dedicate ai rifiuti ingombranti e speciali. Il sistema di tariffazione puntuale è efficacemente attuato e calcolato sulla base del volume dei contenitori e la frequenza di svuotamento (si passa da 4,41€ per contenitore da 120 litri a 176,40€ per il cassonetto da 4.400 litri). La raccolta degli imballaggi e dei rifiuti elettronici è interamente a carico dei recuperatori che ne sostengono gli oneri economici garantendo quindi la sostenibilità dell’intero ciclo di raccolta. L’affidamento del servizio è 100% pubblico, Vienna è ampiamente autosufficiente dal punto di vista della capacità impiantistica rispettando quindi il “principio di prossimità”.

duzione rifiuti si mantengono costanti, ma si registra un sostanziale incremento della raccolta differenziata che passa dal 38% del 2014 al 43% del 2015 e che posiziona la Capitale tra le città che più si impegnano nel recupero di materia da rifiuti nel panorama europeo. Il sistema di raccolta è in via di estensione e prevede due modelli: il “porta a porta” offerto al 30% della popolazione e la raccolta stradale con cassonetti per il restante 70%. In entrambi i casi, comunque, la raccolta

Roma

Ama serve quotidianamente un bacino di utenza di 2.880.000 abitanti, su un’area di 1.285 km quadrati, a fronte di una produzione annua di rifiuti di 1.738.000 tonnellate (603 kg pro capite a fronte dei 487 kg di media nazionale; incremento dovuto al particolare flusso turistico). I dati di pro-

differenziata viene effettuata separando le 5 frazioni di rifiuto: organico, vetro, carta e cartone, multi-materiale “leggero” (plastica e metallo), materiali non riciclabili. L’estensione del porta a porta a 5 nuovi Municipi consentirà di aumentare ancor di più la percentuale dei rifiuti da avviare alla filiera del recupero che Ama intende valorizzare attraverso la realizzazione dell’Ecodistretto: un impianto tecnologico all’avanguardia per il trattamento e recupero delle frazioni diffe-

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renziate dei rifiuti dell’intera Capitale. La realizzazione dell’Ecodistretto è il primo passo che permetterà alla città di Roma di rendersi autonoma dal punto di vista impiantistico evitando quindi inutili costi di trasferimento e trattamento rifiuti in altre Regioni che incidono pesantemente sul calcolo della tariffa che si aggira sui 162 € per abitante/anno.

Varsavia

La gestione dei rifiuti nei nuovi Stati membri dell’UE è in fase di rapido sviluppo al fine di rispettare la legislazione europea. La Polonia sconta una arretratezza impiantistica e un ricorso massivo alla discarica in cui vengono smaltiti ancora il 63% dei rifiuti prodotti. A Varsavia l’attuazione di una strategia per la gestione dei rifiuti è recente: è solo dal 2013, infatti, che il Comune ha adottato il “Regolamento per il mantenimento della pulizia e l’ordine nella Capitale di Varsavia”. La città è il più grande agglomerato urbano della Polonia, con un’estensione di 517 km quadrati per una popolazione servita di quasi 2 milioni di abitanti. Annualmente vengono prodotte 517.690 tonnellate di rifiuti, un dato decisamente contenuto rispetto alla media europea. La raccolta differenziata si attesta attorno al 20%, i restanti rifiuti vengono prevalentemente trattati in impianti di selezione meccanica o di recupero biogas. L’aspetto energetico è infatti di cruciale importanza, il Comune Varsavia sta infatti promuovendo e sostenendo l’ampliamento dell’impianto di incenerimento cittadino per il recupero dell’energia elettrica e del calore, l’impianto passerà da 90.000 tonnellate a 350.000 tonnellate trattate. L’affidamento del servizio di raccolta e trattamento avviene tramite gara pubblica ogni tre anni e per il triennio 2014-2017 è stato affidato a tre aziende diverse.

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AMIANTO, UN PROBLEMA (PURTROPPO) SEMPRE ATTUALE CARATTERISTICHE, PERICOLOSITà E, SOPRATTUTTO, INCENTIVI PER RIMUOVERE UN MATERIALE ANCORA TROPPO DIFFUSO SUL NOSTRO TERRITORIO di Maeva Brunero Bronzin

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onostante sia stato messo al bando nell’ormai lontano 1992 l’amianto ha provocato e continua a provocare danni nel nostro Paese. Un utilizzo diffusissimo e le svariate applicazioni a cui si prestava ci hanno lasciato in eredità una presenza

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capillare e talvolta anche occulta difficile da estirpare. Sia che si tratti di edifici residenziali o produttivi gli interventi per la bonifica dell’amianto comportano spesso investimenti che privati o imprese fanno fatica a sostenere. Proprio per questo motivo, e vista la pericolosità di questa sostanza, negli anni sono numerose le politiche di incentivazione proposte a livello nazionale o locale. In questo articolo, grazie all’esperienza di Ivano Bosi, Responsabile Sicurezza e Ambiente del Gruppo Marazzato Soluzioni Ambientali, vogliamo proprio parlare di amianto e degli incentivi attivati per l’anno 2016.

e della risoluzione di problemi legati agli impatti ambientali, a queste tematiche si è poi aggiunta la sicurezza del personale quindi ho dovuto interessarmi anche di tossicologia, di salute e sicurezza degli addetti. Nel mio percorso mi sono chiaramente imbattuto nella tematica dell’amianto in quanto presente in molti degli insediamenti industriali che ho frequentato in questi anni e poi soprattutto il fatto di essere in Piemonte dove l’ex Eternit di Casale Monferrato ha rappresentato un po’ il punto di riferimento per tutti gli studi sulla tossicologia dell’amianto mi ha un po’ “costretto” ad occuparmi di questi aspetti.

Ci può spiegare qual è il suo ruolo e perché si occupa di amianto? Io sono il Responsabile Sicurezza e Ambiente del Gruppo Marazzato Soluzioni Ambientali e mi interesso di questioni riguardanti la sicurezza del personale e di aspetti ambientali da circa 30 anni. Mi sono sempre occupato di ambiente

Quali sono le caratteristiche di questo materiale? L’amianto, come molti sanno, esprime la sua pericolosità per via respiratoria in quanto è una fibra con una particolare struttura dotata di estremi uncinati. Quando la fibra ha delle dimensioni inalabili, cioè nell’ordine dei 5 μm, entra


nell’albero respiratorio arrivando fino agli alveoli, e a causa proprio della sua forma non viene più rilasciata come altre particelle delle medesime dimensioni ma si ancora nell’alveolo. Da qui derivano tutte le patologie e complicazioni di tipo neoplastico ben note a tutti. Per tale ragione la maggior criticità di questo materiale è causata dal rilascio delle sue fibre nell’aria. Quali sono quindi le situazioni maggiormente critiche in materia di esposizione ad amianto? Fino a una trentina di anni fa l’amianto era considerata una soluzione estremamente importante per risolvere tutti quegli aspetti che riguardavano la protezione di beni materiali dal rischio di incendio infatti l’amianto è entrato in maniera massiva nella costruzione edile e nella realizzazione impiantistica proprio per garantire la separazione tra gli utenti e i corpi caldi o comunque la protezione di tutti quei manufatti che potevano essere esposti al rischio di incendio. Un esempio, tra l’altro di recente attualità, è rappresentato dalla presenza di amianto a Palazzo Nuovo, sede dell’Università degli Studi di Torino, dove le fibre si trovano nelle pavimentazioni in linoleum. Le manifatture dell’Est infatti, negli anni ’80, realizzavano questi linoleum all’interno dei quali venivano inserite le fibre di amianto; una grande soluzione dal punto di vista della protezione incendio, impiegata in numerose tipologie di edifici. Anche l’Ospedale di Pinerolo presentava una si-

tuazione analoga infatti di recente ci siamo occupati della bonifica del linoleum da tre piani della struttura. Il problema è che negli anni, con lo strofinamento, l’abrasione e a causa del continuo passaggio delle persone, la matrice legante si sfalda e comincia a rilasciare le fibre. E’ un processo molto simile a quello che riguarda le coperture in eternit, infatti i manufatti contenenti amianto in matrice cementizia, se esposti alle intemperie, col tempo subiscono un processo di carbonatazione che parte dopo un periodo di circa vent’anni e poi progressivamente accelera. Ci si accorge di questo fenomeno quando sulle lastre compaiono delle macchie verdi che sono tipici licheni che si instaurano sul materiale quando la superficie diviene sufficientemente porosa da favorirne l’attecchimento. Anche in questi casi il materiale inizia a sfaldarsi e a rilasciare fibre accrescendo di fatto la sua pericolosità. Questo per dire che le situazioni critiche sono tante poiché l’amianto è stato ed è ancora molto presente nelle strutture sia residenziali che industriali sotto svariate forme. Io sono rimasto molto impressionato alcuni anni fa, quando per motivi professionali mi interessai di due diligence ambientale, e in quell’occasione recuperai dei cataloghi dei prodotti commercializzati dalla Eternit. Se non ricordo male un catalogo standard dell’Eternit utilizzato in edilizia negli anni ‘70 aveva fino a 180 prodotti o componenti che spaziavano dal contenimento dei liquidi, le classiche vasche per l’acqua piovana ad esempio, alle

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canalizzazioni fino alle canne fumarie, tuttora presenti nella maggior parte dei condomini del nord e del centro Italia. E per quanto riguarda gli interventi di bonifica e rimozione cosa può dirci? Le aziende autorizzate ad intervenire eseguendo lavori sui materiali contenenti amianto sono solo quelle iscritte all’Albo Gestori Ambientali nella categoria 10 A o B a seconda che siano autorizzate a trattare solo l’amianto compatto o anche il friabile. Questo garantisce che a manipolare, rimuovere e trattare un materiale così pericoloso siano solo aziende che dispongono di una certa preparazione tecnica nonché di una dotazione minima di strumentazione e attrezzature. Sebbene le metodologie di rimozione dell’amianto siano ormai consolidate è necessario comunque ottemperare ad una serie di passaggi amministrativi che portano la società che effettua l’intervento a relazionarsi direttamente con il Servizio Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (SpreSAL) che funge da garante sul fatto che tutte le attività vengano eseguite senza che vi sia dispersione di fibre di amianto. La nostra società ha iniziato anni fa ad occuparsi dell’amianto curando solo l’aspetto dello smaltimento e quindi nello specifico il conferimento dell’amianto compatto presso le discariche, per lo più estere, dove l’amianto è collocato all’interno di miniere dismesse dove viene confinato impedendo così il rilascio di fibre in atmosfera. Per quanto riguarda gli interventi il Gruppo Marazzato si è poi specializzato maggiormente nelle ri-

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mozioni che comportano un certo grado di complessità e quindi in interventi che richiedano un maggior grado di preparazione e specializzazione, attività per le quali riusciamo ad essere più competitivi sia dal punto di vista economico che dei tempi di realizzazione. Interveniamo quindi più frequentemente su tubazioni, su rischi di dispersione di amianto in ambienti particolari o comunque su manufatti in posizioni complicate e che richiedono soluzioni alternative alla realizzazione di aree confinate e per le quali in genere adottiamo la tecnica dei glove bags. Dal 2016 abbiamo a disposizione nuovi di strumenti che incentivano la rimozione dell’amianto. Ci spiega di cosa si tratta? Da quest’anno sono state attivate una serie di possibilità di finanziamento ulteriori e diverse rispetto a quelle proposte in passato. In particolare il 2016 prevede due nuovi strumenti incentivanti: il primo è il contributo del Bando ISI Inail 2015 e il secondo è un credito di’imposta derivante dal Collegato ambientale alla Legge di stabilità (legge n. 221/2015). ISI Inail è uno strumento divenuto ormai molto importante per le società che vogliono aumentare il livello di sicurezza all’interno della propria azienda e, per la prima volta, prevede la possibilità di finanziare progetti dedicati alla rimozione e bonifica di materiali contenenti amianto. Il Collegato ambientale prevede invece delle agevolazioni, sotto forma di credito d’imposta, per i titolari di impresa che decidano di effettuare tali interventi su beni e strutture produttive. Inoltre è sempre utile ricordare che esistono degli strumenti che, nonostante non siano stati concepiti con questo preciso scopo, sono comunque utili alla causa. Parlo in primis dello strumento legato alla legge di stabilità e comunemente noto come Ecobonus del 65% che interessa anche gli interventi di bonifica dell’amianto nel momento in cui la rimozione di protezioni termiche preveda l’impiego di materiali sostitutivi che garantiscano almeno la stesso grado di isolamento se non migliore. Infine per i soli privati è possibile far rientrare gli interventi di bonifica amianto in più articolate ristrutturazioni che be-

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neficiano di una detrazione pari al 50% delle spese sostenute. Queste tipologie di finanziamento si distinguono secondo due possibilità differenti: la prima è rappresentata dalle detrazioni e dal credito d’imposta che diminuiscono quindi il carico fiscale delle imprese negli anni successivi a quello di esecuzione dei lavori; differente è invece il contributo del Bando ISI Inail, derivante da fondi euro-

pei, che prevede un contributo in conto capitale per una quota parte dell’importo totale dell’intervento. Ulteriore distinzione va fatta inoltre sui destinatari di queste misure infatti a usufruire dell’Ecobonus sono tutti i contribuenti, sia IRES che IRPEF, il credito d’imposta del Collegato ambientale e i fondi ISI Inail sono invece destinati ai soli contribuenti IRES.

Bando ISI Inail 2015 Accessibile a tutte le imprese iscritte alla CCIAA Contributo in conto capitale pari al 65% delle spese Interventi di bonifica su unità produttiva (limite min 5.000 € limite max 130.000 €)

Collegato Ambientale alla Legge di Stabilità (n. 221/2015) Accessibile ai soli contribuenti IRES Credito d’imposta pari al 50% delle spese sostenute in 3 anni Interventi di bonifica su beni e strutture produttive (limite di spesa minimo 20.000 €)

Legge di Stabilità 2016 (n. 208/2015) Ecobonus Accessibile a tutti i contribuenti IRPEF e IRES Consente una detrazione del 65% delle spese totali in 10 periodi d’imposta Interventi di riqualificazione energetica per la diminuzione del fabbisogno (max 100.000 €) Interventi di sostituzione di coperture o pavimenti con pari o migliore trasmittanza (max 60.000 €)

Legge di Stabilità 2016 (n. 208/2015) Ristrutturazioni Accessibile ai soli contribuenti IRPEF Consente una detrazione del 50% delle spese totali in 10 periodi d’imposta Interventi di ristrutturazione immobili ad uso abitativo (limite di spesa 96.000 €)


Novità ai vertici DI Cantiermacchine di Maria Beatrice Celino

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gennaio 2016 si sono svolte le nuove elezioni di Ascomac ed è stato nominato presidente dell’unione Cantiermacchine l’ing. Matteo Artioli, CEO di Vimatek srl. Laureato in ingegneria gestionale al Politecnico di Milano, Artioli opera nel settore delle attrezzature per demolizioni e riciclaggio da ormai 20 anni e lo abbiamo intervistato per farci spiegare cosa pensa di questa nomina e dell’attuale situazione del mercato delle macchine da cantiere. Ing. Artioli cosa significa per lei la presidenza dell’unione Cantiermacchine dell’Ascomac? Questa presidenza rappresenta per me una nuova sfida nel settore che meglio conosco, quello delle macchine ed attrezzature da cantiere. Ascomac nasce 44 anni fa come associazione di categoria nel settore delle macchine agricole, e oggi raggruppa 6 unioni le cui aziende associate producono un fatturato di circa 3 miliardi di euro. Cantiermacchine rappresenta l’unione storica, lo zoccolo duro in cui i grandi importatori di macchine movimento terra e stradali si riflettono e l’essere diventato presidente di questa unione rappresenta una complementarietà al mio lavoro quotidiano. La mia attività di imprenditore è parallela a quella associativa: non vendo quei macchinari, ma solo attrezzature che si integrano perfettamente con le stesse. E questo mi ha permesso di conoscere il mercato e i players più importanti. Ascomac significa incontrarsi, ma soprattutto confrontarsi, vedere tutti i concorrenti seduti allo stesso tavolo parlarsi amichevolmente, riflette la necessità di un interesse comune: la crescita del mercato delle macchine per le costruzioni nel rispetto di regole tecniche, commerciali e di sicurezza. Il suo mandato quadriennale inizia proprio nell’anno del Bauma, vetrina d’eccellenza di innovazioni e tecnologie. Quanto sono importanti questi aspetti nel setto-

re rappresentato da Cantiermacchine? Il tema ricorrente è quello dell’efficienza, e il nostro settore sta seguendo l’evoluzione di quello automobilistico, sia per la riduzione delle emissioni dei motori che per il recupero dell’energia motrice. Il mio compito sarà trasferire queste novità tecniche europee in un mercato italiano che proviene da un periodo di forte contrazione di vendite. Quello tedesco è oggi il mercato europeo di riferimento, sia come numero di unità che come dimensioni di macchine, il nostro mercato italiano ha perso alcune realtà produttive e ha vissuto il ridimensionamento di altre, ma i grossi gruppi internazionali sono rimasti. L’osservatorio Cresme ha rilevato 9138 macchine per le costruzioni vendute nel 2015 in Italia. Forse questo numero non è stato sufficiente per attirare l’attenzione di grosse aziende cinesi che sono già sbarcate in altri mercati europei, ma questa edizione del Bauma ci presenterà la reale potenzialità di questi nuovi produttori con numeri di vendita a diversi zeri. La diminuzione di vendite iniziata nell’anno 2009 sembra finalmente arrestata, e gli ultimi anni hanno rappresentato per il nostro settore un consolidamento delle organizzazioni di vendita forti che hanno finalmente portato alla crescita a due cifre; ma è ancora presto per cantare vittoria. E dal punto di visto normativo cosa può dirci? Ci sono proposte o istanze che portate avanti come Associazione? Oggi la vendita di macchinari nuovi non porta ancora all’ampliamento delle flotte aziendali, ma sempre più spesso a una sostituzione di mezzi obsoleti e con diverse ore di servizio all’attivo. Per i prossimi anni puntiamo ad un ringiovanimento del parco macchine spinto dalle novità tecniche. Consumare meno significa per i nostri clienti essere più competitivi sul mercato con costi inferiori. Ascomac propone da anni una riforma “green” per le macchine da cantiere e vorrei dare continuità a questa proposta. Se autovetture “inquinanti”

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non possono entrare nei centri storici delle nostre città, perché ancora non ci sono limitazioni nell’uso di macchinari vecchi o meccanismi premianti per aziende con mezzi nuovi e dalle emissioni ridotte? L’acquisto di un mezzo nuovo non può e non deve essere un mero costo aziendale, ma rappresentare una variazione tecnica che porti a un’ottimizzazione dei costi ed un miglioramento di efficienza e sicurezza. In aiuto di questo verrà probabilmente la riforma degli appalti. Il 13 gennaio 2016 in Italia è stata finalmente approvata la riforma degli appalti pubblici con l’attuazione di tre direttive europee e le prossime settimane saranno importanti per studiare la riforma. Uno dei punti centrali prevede la sostituzione del criterio di massimo ribasso con quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa in base al criterio del ciclo vita. Viene finalmente superato il meccanismo premiante del prezzo inferiore che, grazie alle varianti in corso d’opera, poteva veder aumentare il costo finale della costruzione. Ascomac ha sempre portato avanti una campagna di sensibilizzazione contro il massimo ribasso e questo risultato ne premia l’operato. Anch’io naturalmente continuerò il mandato dei miei predecessori per proseguire in questo processo al fine di raggiungere lo stesso obiettivo: macchine nuove sempre più ecologiche e sicure che non rappresentino un costo per l’imprenditore ma un miglioramento.

Ing. Matteo Artioli, Presidente di Cantiermacchine

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Chernobyl 30 anni dopo La costruzione del New Safe Confinement, la mastodontica opera per coprire la centrale nucleare sta per essere completata di Bruno Vanzi

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ono trascorsi 30 anni da quando uno scoppio ha scosso la notte del 26 aprile 1986, un boato di cui ancora sentiamo l’eco. Non si sapranno mai le cifre esatte degli uomini e delle donne che sono morti in seguito all’incidente della centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina, né le reali conseguenze sull’ambiente. Ma non è questa la sede per discuterne. Qui vogliamo fare il punto sulla costruzione nel nuovo sarcofago che sta per essere completato e che limiterà l’emissione delle radiazioni per i prossimi cento anni.

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L’incidente

La notte tra il 25 e il 26 aprile 1986 i tecnici della Centrale di Chernobyl stavano effettuando delle operazioni di manutenzione e contemporaneamente dei test al reattore 4 per verificare quanto tempo, in caso di interruzione di potenza per un incidente, le turbine avrebbero retto il sistema di raffreddamento d’emergenza. A causa di un errore umano, il test fu portato a livelli estremi non più controllabili, che provocarono la fusione del nocciolo, l’esplosione del reattore 4 e il collasso della struttura. Si sprigionò una

nube carica di particelle radioattive cinquecento volte più mortale di quella prodotta delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki nella seconda guerra mondiale. L’incidente nucleare di Chernobyl è stato classificato come catastrofico con il livello 7 (il livello più alto) della scala INES dell’IAEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Per cercare di contenere le radiazioni, fu costruito in fretta un primo sarcofago. Molti uomini pagarono con la vita l’aver partecipato alla costruzione di quel primo involucro, pensato come soluzione provvisoria


di emergenza. Indebolito dalle radiazioni e dalle intemperie e a causa del materiale con cui fu costruito, il primo sarcofago si sgretolò e non riuscì più a garantire una protezione adeguata dalle radiazioni. Per questo motivo nel 1997 fu costituito un comitato internazionale, i cui membri provengono dall’Unione Europea, Stati Uniti d’America, Giappone e Ucraina, con lo scopo di progettare, finanziare e costruire un nuovo sarcofago, in grado di limitare la diffusione delle radiazioni. Il G7, l’Unione Europea e altri donatori hanno chiesto alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo di istituire il “Fondo per la struttura di protezione di Chernobyl” per la realizzazione del “Programma di realizzazione della struttura di protezione” (SIP). Nel 2007, 10 anni dopo l’accordo sul SIP, sono state completate una serie di tappe fondamentali che hanno spianato la strada per l’avvio della costruzione del nuovo contenimento sicuro (New Safe Confinement). La nuova struttura di contenimento sicuro, che ha una durata di vita di almeno 100 anni, consentirà di ripristinare le condizioni di sicurezza sul piano ambientale.

e 50% Bouygues Travaux Publics), ed è in una fase avanzata di realizzazione. La struttura dovrebbe essere fatta scivolare sul reattore entro la metà del 2017 con un costo totale di circa 1,5 miliardi di euro. La priorità è stata data alle misure di protezione individuali per i lavoratori nelle aree di lavoro, infatti il sito e il personale sono costantemente monitorati per il livello di radiazioni e inquinamento dell’aria. L’area ad ovest della centrale nucleare di Chernobyl è stata suddivisa in tre parti per la costruzione del New Safe Confinement:

un’area di montaggio, un’area di attesa e l’area radioattiva del sarcofago. Le operazioni sono iniziate ripulendo la zona dedicata all’erezione della struttura (Erection Area) demolendo le costruzioni presenti. Le opere di escavazione nella zona di montaggio e innalzamento sono state fatte cercando in primis di evitare la produzione di rifiuti. È stato necessario costruire delle strade dedicate per raggiungere l’area della costruzione dell’arco. La posizione dell’area di assemblaggio è stata scelta al fine di evitare al

Il nuovo sarcofago, ovvero il New Safe Confinement

La progettazione e la costruzione del nuovo sarcofago a forma di arco che coprirà il vecchio sarcofago costruito nel 1986 rappresentano un progetto senza precedenti. La nuova struttura è realizzata con lo scopo di contenere la fuoriuscita dei materiali radioattivi e di proteggere il vecchio sarcofago dai danni metereologici. Inoltre consentirà anche l’inizio dei lavori della decostruzione del reattore 4 della centrale di Chernobyl. L’arco è composto da una struttura metallica di 25.000 tonnellate. Con i suoi 108 metri di altezza (pari a un palazzo di 30 piani), 162 metri di lunghezza e 257 metri luce, l’arco è grande abbastanza per racchiudere la Statua della Libertà. La costruzione del New Safe Confinement è iniziata nel 2010 ad opera di NOVARKA, un consorzio guidato da due aziende francesi (50% VINCI Construction Grands Projets,

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massimo il rischio di radiazioni, queste infatti iniziano a perdere di intensità a 60 m dal reattore danneggiato. L’area di assemblaggio è posizionata a 300 m dal reattore quindi lontano dal pericolo di radiazioni. Due trincee sono state scavate su ogni lato del reattore fino all’area di assemblaggio al fine di preparare due corridoi longitudinali che servono per le fondazioni dell’arco. Nell’area dedicata al montaggio del grande arco, sono stati costruiti solidi blocchi di cemento per supportare le gru da sollevamento impiegate per innalzare la struttura. Le fondazioni nell’area di assemblaggio sono pali metallici di 1 m di diametro spinti ad una profondità di circa 25 m. Tutta l’area di assemblaggio che copre circa 90.000 m² è stata ricoperta con una gettata di calcestruzzo di 1 m di altezza al fine di fornire protezione da qualsiasi radiazione provenisse dal terreno. Completate tutte queste opere

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per la sicurezza sono iniziate le opere di assemblaggio degli archi. I primi segmenti della struttura fatta ad arco sono stati preassemblati in una zona fuori dall’area di elevazione e successivamente trasportati da un sistema di trasporto multiplo. Ogni segmento pesa all’incirca 300 t ed è alto 25 m. La scelta di effettuare il maggior numero di operazioni possibile lontano dalla zona radioattiva è stata fatta naturalmente per ragioni di sicurezza. Nell’area di assemblaggio la costruzione dell’arco è iniziata con la sezione superiore. I successivi segmenti sono stati assemblati gli uni agli altri con un sistema di cerniere e rivestimenti. Una volta terminato l’assemblaggio della parte superiore dell’arco sono intervenute le gru per innalzarlo e permettere l’assemblaggio delle parti inferiori che poco alla volta avrebbero composto l’intero arco. La struttura viene così poco alla volta montata

con tutte le parti che la compongono. Terminato il primo arco questo è stato fatto scivolare verso il reattore e posto nell’area di attesa. Con lo stesso procedimento è stato assemblato un arco di uguali misure e pochi mesi fa i due archi sono stati uniti. Contemporaneamente all’assemblaggio degli archi sono continuate le opere di ingegneria civile per le fondazioni e la costruzione dei pali in calcestruzzo. Le fondazioni in calcestruzzo sono state costruite con il metodo in continuo: la trivella perfora il terreno, il calcestruzzo viene immediatamente pompato e viene inserita la gabbia di rinforzo. È stata utilizzata questa tecnica per cercare di evitare vibrazioni vicino al sarcofago. Nel frattempo sono iniziati i lavori di costruzione di un edificio ai piedi del sarcofago che servirà come futuro centro di controllo per lo smantellamento e il confinamento dei mate-


riali del vecchio sarcofago e del reattore 4. L’arco è equipaggiato con carri ponte disegnati per la demolizione del sarcofago esistente e del reattore danneggiato. È stato predisposto anche un complesso sistema di ventilazione per controllare l’aria all’interno dell’arco e per regolare la temperatura e l’umidità nella zona di confinamento al fine di limitare i rischi di rilascio in atmosfera. Terminate le operazioni di assemblaggio dei due archi ed effettuati i test preliminari l’arco, grazie a dei martinetti idraulici, è stato fatto scivolare a 300 m dal sarcofago. Una volta in posizione, l’arco e i muri di confinamento potranno essere connessi alla struttura esistente. Il reattore danneggiato sarà così completamente isolato dall’ambiente esterno. Presumibilmente i lavori finiranno nel 2017. Fotografie © EBRD, Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo

I NUMERI DELL’INTERVENTO Manodopera • • •

In totale lavorano al sito 2000 lavoratori ucraini che si alternano in due squadre da 1000 ciascuna, con periodi di picco di 1200 lavoratori presenti in sito 200 dipendenti non ucraini di 21 nazionalità diverse per supervisionare il progetto 50 persone dedicate alla protezione dalle radiazioni sul sito

Risorse tecniche • • • • • • • • • • • • • •

Ampiezza dell’arco: 257 metri Altezza dell’arco: 108 metri Lunghezza coperta dall’arco: 162 metri (quasi due campi da calcio) Struttura in metallo: 25.000 tonnellate (quasi 3 volte il peso della Torre Eiffel) Peso totale della struttura attrezzata: 31.000 tonnellate Durata del ricovero: 100 anni Rivestimento esterno: 86.000 m² Carriponte: 2 x 750 tonnellate Travi gru carroponte: 100 metri (equivalente di un campo di calcio) Carichi supportati dai carriponte: 50 tonnellate verticali, 1,5 tonnellate orizzontali Fondazioni: 20.000 m³ di calcestruzzo Ingegneria: 2,2 milioni di ore Costruzione: 9 milioni di ore Il confinamento deve resistere: -- a temperature comprese fra -43°C e + 45°C -- a un tornado classe 3 -- a un terremoto di sesto grado della scala Mercalli

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È tempo di bauma La fiera per eccellenza si avvicina e in occasione degli incontri con la stampa, gli espositori hanno anticipato le novità che esporranno presso gli stand. Vi sveliamo le principali. di Laura Veneri

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anca poco all’appuntamento dell’anno. Dall’11 al 17 aprile 2016, Monaco di Baviera ospiterà la regina delle fiere in Europa. Se non avete prenotato per tempo una sistemazione, non vi sarà facile visitare la fiera. Il quartiere fieristico si sta preparando al bauma da mesi: alcuni stand sono in allestimento dalla fine dello scorso anno. Nulla può essere lasciato al caso in occasione di questa importante vetrina che, nella scorsa edizione, ha visto oltre mezzo milione di visitatori e che, è bene ricordarlo, è la fiera più grande del mondo, con oltre 3.000 espositori da oltre 200 nazioni. Gli espositori italiani sono tanti e tantissime le novità che le case produttrici decidono di presentare al grande pubblico proprio in occasione della manifestazione bauma.

Il risveglio dell’economia

Che il peggio sia passato ne sono convinti ora tutti: associazioni, imprese, esperti e responsabili di studi di settore e ricerche. L’economia si sta risvegliando. Tra la fine dello scorso anno e l’inizio di questo, i dati che ci vengono proposti sono positivi e ci fanno ben sperare: Cresme, Istat e Prometeia ci rassicurano, fornendoci dati di vendite in continua crescita. Per quanto riguarda l’Italia, dopo una continua accelerazione negli ultimi cinque trimestri, Prometeia valuta un consuntivo 2015 pari a 8.500 nuove macchine vendute (+27%) che saliranno a oltre 12mila nel 2017, +44,8% rispetto al 2015 (fonte: Outlook SaMoTer-Veronafiere – Prometeia). I dati sul commercio estero della rilevazione ISTAT confermano il momento positivo che sta attraversando il mer-

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cato delle macchine per le costruzioni: la bilancia commerciale del settore cresce nel 1° semestre 2015 del +5,0% su base annua, con le importazioni che crescono del +24,1% rispetto al 1°semestre 2014 e le esportazioni del +9,0% sempre rispetto al corrispondente periodo del 2014. Il settore delle macchine movimento terra tradizionali che aveva chiuso il 2014 con un incremento del +25,1% rispetto al 2013, nei primi nove mesi del 2015 ha ampliato il venduto/noleggiato in maniera sostanziale: nel 1° trimestre si annota il +27,4%, nel 2° trimestre il +38,3% e nel 3° trimestre il +41,8% rispetto al corrispettivo periodo del 2014. Tra le tipologie di macchine movimento terra sono gli escavatori cingolati a registrare l’aumento più alto: le macchine vendute o noleggiate superano quelle del 3° trimestre 2014 del +68,9%. Gli escavatori gommati risultano in calo del -34,4% su base annua: occorre però sottolineare che la flessione del terzo trimestre 2015 segue il +156,3% registrato nel 2° trimestre 2015. Per quanto riguarda le pale gommate l’incremento è stato del +23,1%. I sollevatori telescopici registrano nel 3° trimestre 2015 il +30,7% su base annua (fonte Cresme: Osservatorio Macchine e Impianti per le Costruzioni - Dati vendite III trimestre 2015). “Dopo gli anni più bui della crisi, finalmente l’Italia sembra aver imboccato la via di una graduale ripresa – dichiara Paolo Venturi, presidente di Unacea - Chiudere due anni consecutivi in

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crescita non può che essere un buon risultato per l’industria; tuttavia, per comprendere a fondo il trend, bisogna tener presente che si tratta di una crescita più che moderata in termini assoluti, giunta dopo ben sei anni consecutivi di gravi perdite che hanno ridotto il mercato interno dell’80%. Per questo continuiamo a credere che la ripresa vada incoraggiata e sostenuta, specie in un periodo di forte instabilità finanziaria come quello che attraversiamo. A questo proposito, accogliamo con favore il protocollo d’intesa tra Ministero dell’ambiente, Conferenza delle Regioni e Anci sull’abbattimento delle emissioni tramite interventi diretti al rinnovo del parco circolante obsoleto che più volte abbiamo sollecitato; adesso occorrerà stabilire le migliori modalità pratiche di applicazione tenendo conto di tutti i veicoli circolanti e operanti nelle nostre città”.

Le novità offerte dal salone: la parola d’ordine è innovazione

La fiera di Monaco propone un nuovo servizio per il settore, già sperimentato con successo nel corso di un’altra importante manifestazione: “bauma Open Innovation”, una piattaforma online che offre agli espositori e agli operatori del settore l’opportunità di accedere alla rete di contatti della fiera e di sfruttarne le capacità interdisciplinari per trovare risposte alla loro necessità di innovazione. Grazie a questo servizio le imprese possono trovare nuovi settori industriali, campi di applicazione e utilizzi per prodotti e servizi già esistenti oppure possono cercare soluzioni e nuove tecnologie in grado di risolvere le sfide di un’impresa. Anche in questa edizione torna THINK BIG! organizzato dall’associazione dei costruttori tedeschi di macchine e impianti (VDMA). Su un’area di 3.000 metri quadrati verrà proposto un ricco programma interattivo di formazione tecnica, studio e opportunità di lavoro nel settore delle macchine per edilizia e materiali da costruzione. Il fulcro dell’iniziativa sarà un grande palco sul quale si svolgeranno presentazioni di 20 minuti ogni giorno dalle 10 alle 16. Gli allievi potranno lavorare sulle

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macchine rispondendo nel frattempo a domande dei moderatori sulla loro formazione. A questo scopo le aziende del settore metteranno a disposizione una piattaforma di trasporto, una piccola fresa, una pala gommata, una pompa peristaltica, un assale di pala gommata, una piastra vibrante, un rullo compressore e un escavatore mobile. Il tutto ripreso e proiettato in diretta su megaschermi. Ad oggi sono iscritti oltre 12.000 studenti di 230 scuole tedesche. La vigilia del bauma verranno premiati i vincitori del Premio per l’Innovazione bauma 2016. Il Premio è

suddiviso in cinque categorie: macchine, componenti, opere/processi di costruzione, ricerca e design. Complessivamente sono giunte 118 candidature dalla Germania e dall’estero. La giuria ha selezionato tre candidati per ogni categoria. Fra tutte le nomination verranno premiate le novità più attente al futuro e all’efficienza dei costi, con una forte utilità pratica, che contribuiscono all’efficienza energetica e delle risorse e/o all’umanizzazione dell’ambiente del lavoro.

Le novità degli espositori

Trevi Benne Trevi Benne presenterà al pubblico una vasta gamma della propria produzione. Innovazione, design, qualità sono le caratteristiche che si potranno riconoscere nelle oltre 15 attrezzature da demolizione, riciclaggio, scavo e forestale che verranno esposte dall’azienda vicentina nel Padiglione B3 - Stand 414. Tre le attrezzature in primo piano: • il frantumatore Multi Kit MK 38P dotato di valvola moltiplicatrice di potenza Impact Booster. Questa valvola moltiplica la pressione dell’escavatore in entrata per ben tre volte, aumentando la potenza di serraggio, lo rende più veloce nel ciclo apri/chiudi e di conseguenza riduce i consumi di carburante e lo stress dell’escavatore. Il modello MK 38P è un’attrezzatura di 4,2 t polivalente e versatile per ogni condizione lavorativa costituita da un corpo universale a cui vengono agganciati diversi kit di demolizione. Il Multi Kit MK è lo strumento perfetto per ogni intervento di demolizione, riciclaggio, bonifica ambientale e recupero raccomandato all’utilizzatore professionale; • la cesoia per metallo Marilyn CS 55RS è destinata ai moderni cantieri di demolizione industriale che necessitano di forze di taglio rilevanti e ai professionisti del riciclaggio dei rottami e materiali di natura ferrosa. Diverse le modifiche e migliorie tecniche apportate alla versione più recente: un profilo maggiormente aggressivo, l’aggiunta di lavorazioni e piastre anti-usura per proteggere le lame e garantirne una maggiore penetrazione ed efficacia nella fase di taglio; • una benna Heavy Duty Classe T.100 modello HDVX per escavatore KOMATSU PC 2000 indicata per impieghi gravosi, adatta a enormi sforzi ed estreme sollecitazioni in lavori di cava, demolizione, scavo e carico materiale ad alto tasso abrasivo nel settore minerario. È realizzata con spessori, rinforzi e protezioni per aumentare la durata utilizzando i migliori materiali anti-usura.


Doppstadt Doppstadt presenterà un nuovo vaglio con capacità di carico di 7 metri cubi. Il vaglio SM 620 SA è dotato di una tramoggia di carico molto ampia che permette un ingente rifornimento di materiale ed evita perdite di tempo. Può essere caricato anche da pale gommate con benne particolarmente capienti. La grande tramoggia è un vantaggio soprattutto per materiali leggeri quali compost e biomasse che, dato il loro grande volume di massa, comportano di solito lunghi tempi di attesa per il carico. Con questa soluzione il carico può essere effettuato senza interruzioni. Nonostante sia dotata di una grande tramoggia di alimentazione e nastri trasportatori lunghi 5.5 m, la macchina risulta ugualmente compatta e manovrabile.

Sennebogen Sennebogen esporrà nuovi modelli in varie linee di prodotto. Tra le applicazioni più specifiche, vogliamo segnalare il SLC 4000, l’escavatore per demolizione per la rimozione di scorie nelle acciaierie. Il dispositivo di trasporto funge da telaio di base delle macchine per la movimentazione del legname 830 SENNEBOGEN, ed è disponibile con tre varianti di sottocarro. A ciò si aggiunge l’attrezzatura speciale da lavoro telescopica particolarmente adatta per l’utilizzo in ambienti complessi con temperature che possono raggiungere i 1000 C. Nonostante i suoi 3,10 m o 4,0 m di larghezza con rotismo a passo ampio, la macchina sorprende per la sua compattezza e semplicità di manovra. L’attrezzatura da lavoro telescopica è disponibile in due varianti. La soluzione standard consente l’esecuzione di lavori da 9,3 m di altezza fino a 5,3 m di profondità; in tali casi l’attrezzatura telescopica viene fissata al braccio e viene montata sulla torretta. La variante offre un ulteriore raggio di azione. Il braccio telescopico è inseribile ed estraibile fino a 4,0 m e può essere regolato in altezza e angolarmente, in modo tale da raggiungere distanze di 12,6 m e profondità di 6,3 m. L’intera concezione della macchina è basata sull’utilizzo massiccio dell’acciaio ed è in grado di soddisfare i requisiti più elevati. Persino nell’utilizzo a caldo nella siviera di acciaio ancora incandescente, la macchina è in grado di lavorare ininterrottamente per un intervallo massimo di 15 min.

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Indeco La gamma delle cesoie Indeco si arricchisce con l’introduzione di alcune importanti novità destinate a migliorare la compatibilità macchina/ attrezzo e ad accrescere la produttività dell’investimento per chi opera nei settori della rottamazione e del riciclaggio. Due nuovi modelli, la ISS 30/50 e la ISS 35/60 vanno infatti a sostituire e integrare il precedente modello ISS 30/60, modificando leggermente la geometria e l’apertura massima delle ganasce e soprattutto ottimizzando i pesi in funzione di un migliore accoppiamento con l’escavatore, a tutto vantaggio di una maggiore efficienza di lavoro. A ciascun modello di cesoie ISS rotanti, utilizzabili sia nella configurazione II membro (posto braccio) sia in quella III membro (posto benna), si aggiunge la versione ISS fissa, da montare direttamente sul braccio dell’escavatore, che avendo peso e ingombro inferiore, consente di massimizzare le dimensioni dell’attrezzo rispetto alla macchina e di accrescerne la produttività soprattutto nei lavori di rottamazione e riciclaggio. Le cesoie ISS rotanti rappresentano invece la scelta ideale per tutti i tipi di demolizione di strutture metalliche. Possono infatti essere ruotate continuamente per agevolarne il posizionamento, mentre grazie alla grande apertura delle ganasce, ai cicli rapidi e all’incredibile potenza, assicurano velocità ed efficacia in ogni taglio.

Doosan Presso lo stand Doosan, sarà possibile vedere il nuovo escavatore Doosan DX140LCR-5, Stage IV da 15 tonnellate con raggio di rotazione ridotto. L’escavatore DX140LCR-5 è azionato dal motore Perkins 1204F, che unisce minori consumi di carburante e, pur con una cilindrata inferiore, livelli di coppia e potenza propri dei motori più grandi. Il nuovo motore Perkins 1204F eroga il 6% di potenza in più, raggiungendo 85,9 kW (115,3 CV) a 2.000 giri al minuto, e una coppia superiore del 3%. La coppia di rotazione è inoltre stata incrementata del 28%. Il nuovo motore garantisce un funzionamento esente da problemi nel rispetto delle normative Stage IV in materia di emissioni senza la necessità di un filtro antiparticolato (DPF) grazie all’adozione di tecnologie di post-trattamento quali il ricircolo dei gas di scarico (EGR) e il catalizzatore di ossidazione diesel (DOC). Il consumo di carburante è stato ridotto anche del 10% rispetto alla macchina della generazione precedente.

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Jcb In occasione del bauma, JCB lancerà a livello internazionale nuovi modelli di macchine, tra cui l’innovativa terna 3CX Compact e le nuove pale gommate 437, 427, 417 e 411. Tutte le macchine sono conformi alla normativa Tier 4 Final/Stage IV senza DPF (filtro antiparticolato). JCB sta aggiornando la propria gamma di pale gommate di medie dimensioni introducendo il “dna” comprovato del modello top di gamma, la 457, nei modelli 427 e 437, unitamente alle pale gommate più piccole 411 e 417. I nuovi modelli 411 e 417 di pale gommate JCB sono alimentati da motori diesel EcoMax conformi alla normativa Tier 4 Final/Stage IV, che offrono una potenza di 81 kW (108 CV) al modello 411 e di 108 kW (125 CV) al modello 417. I modelli di pale più grandi, 427 e 437, sono azionati da un motore diesel Cummins Tier 4 Final/Stage IV rispettivamente da 133 kW (179 CV) e 136 kW (183 CV). In linea con la politica globale di JCB sulle emissioni, entrambi i motori soddisfano le normative più recenti in materia senza l’uso di un costoso filtro antiparticolato (DPF), riducendo i costi di gestione e la complessità per il cliente. Tutte le pale JCB Tier 4 Final ora dispongono di un cofano motore monoblocco che può essere sollevato elettricamente o manualmente per migliorare l’accesso al motore e al gruppo di raffreddamento durante gli interventi di manutenzione e assistenza. La trazione delle macchine utilizza una trasmissione con cambio automatico powershift, per garantire la massima produttività ed efficienza.

WLP WLP si affaccia al Bauma esponendo tutta la gamma a disposizione per l’abbattimento polvere. Dal modello Demolitor10 di soli 1,5 kW fino al modello WLP1200 di 90 kW WLP garantisce “la giusta macchina per il giusto utilizzo”. In WLP l’abbattimento delle polveri è una cosa seria e le macchine installate nel corso del 2015 in ogni condizione ambientale, dai -25°C in Russia ai +50°C in Egitto, dimostrano l’affidabilità dei prodotti, così come la loro efficienza. Sempre più clienti nel mondo scelgono WLP come sistema di abbattimento polvere: cave, miniere, parchi carbone, acciaierie, aziende di demolizioni hanno scelto WLP come partner per dare al proprio lavoro una marcia in più.

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Magni Telescopic Handlers Magni TH esporrà al bauma numerosi modelli e tra questi il 39 metri sarà indubbiamente il più interessante. Presso lo stand sarà possibile vedere un RTH 5.23 Smart, con telaio compatto e stabilizzatori pivotanti, un RTH 5.25 Smart S, con telaio compatto e stabilizzatori a forbice, un RTH 5.26S, un RTH 5.30S, un RTH 5.35S e un RTH 5.39S, con telaio medio e stabilizzatori a forbice. In rappresentanza dei sollevatori telescopici per l’industria pesante sarà esposto un HTH 30.12. I visitatori inoltre potranno anche provare una cabina funzionante al suolo. L’RTH 5.39S è attualmente il sollevatore telescopico con la più elevata altezza di lavoro al mondo. Questo nuovissimo modello, che sarà presentato per la prima volta al Bauma 2016, presenta alcune caratteristiche molto peculiari, tra cui il telaio, che è lo stesso dell’RTH 5.30S, ma rinforzato per resistere alle forti sollecitazioni cui la macchina è esposta lavorando a un’altezza così elevata; infatti questo modello, a 38,7 m, ha una capacità di sollevamento massima di 2 tonnellate e consente di effettuare lavori su edifici fino al 13° piano.

VTN Europe “Polivalente” è l’aggettivo a cui VTN Europe si è ispirata per lo sviluppo e la realizzazione della nuova gamma di attrezzature da demolizione CK Combi Kit. Grazie alle sue innovative caratteristiche, risponde sempre con efficacia alle più svariate e complesse necessità del cantiere e degli utilizzatori. Progettato per eseguire qualsiasi tipo di demolizione è particolarmente indicato per le imprese specializzate ed esigenti, le società di noleggio, l’utilizzatore che cerca in un’unica attrezzatura la “sintesi” delle proprie attività. Il nuovo Combi Kit è polivalente perché consente di eseguire qualsiasi tipo di demolizione: • primaria, per abbattere una costruzione e rimuoverne i materiali, siano essi in calcestruzzo, in acciaio o entrambi; • secondaria, per separare e ridurre in frammenti più piccoli quanto già precedentemente demolito facilitandone la movimentazione ed il trasporto; • selettiva, laddove sia necessario estrarre e recuperare elementi o componenti ”preziosi” (es. rame, alluminio, ferro, inox, legno, ecc.) o per la bonifica di aree a forte impatto ambientale nelle quali la presenza di agenti tossici, infiammabili e inquinanti è elevata. Combi Kit è versatile perché con un’unica attrezzatura è possibile ottenere cinque configurazioni di chele. Inoltre Combi Kit è veloce e sicuro perché bastano solo pochi minuti per la sostituzione delle chele, “ruotando” solo 2 perni in assoluta sicurezza. La gamma è composta da tre modelli: CK14 per escavatori dalle 13 alle 21 ton; CK21 per escavatori dalle 18 alle 27 ton; CK28 per escavatori dalle 26 alle 35 ton.

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Brokk Brokk celebra 40 anni di attività: la prima macchina per la demolizione in remoto risale al 1976 e ha rivoluzionato l’industria della demolizione. Nel corso di questi anni Brokk ha venduto oltre 6.000 robot da demolizione in più di 100 paesi in tutto il mondo. Per festeggiare i quarant’anni di attività, l’azienda ha lanciato sul mercato il nuovo Brokk 120 Diesel, il modello diesel più piccolo del mondo. Gli elementi di design di base rimangono gli stessi: una macchina compatta, flessibile, produttiva e stabile, con un innovativo sistema a tre bracci per la massima precisione. Le sue dimensioni compatte (solo 780 millimetri di larghezza) gli permettono di entrare attraverso qualsiasi apertura standard e lo rendono facile da manovrare in spazi ristretti. Inoltre il suo basso peso di soli 1.200 kg circa permette l’impiego su pavimenti deboli e lo rende facile da trasportare. Con i robot da demolizione, il lavoro può essere fatto in modo sicuro ed efficiente, consentendo all’operatore di stare alla larga da situazioni di pericolo.

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Quel che resta di Expo… Ancora pochi giorni e dell’esposizione universale non rimarrà altro che un ricordo di Maeva Brunero Bronzin

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iniziata la fase “dismantling” Expo ed entro la fine di Giugno i padiglioni dell’Esposizione Universale saranno demoliti o smontati. Solo poche attrattive rimarranno e saranno Palazzo Italia, l’Albero della Vita, Cascina Triulza, il Padiglione Zero, Città del Vaticano ed Unione Europea. La maggior parte dei padiglioni sarà demolita, mentre alcuni Paesi hanno scelto il recupero parziale o totale optando quindi per lo smontaggio e la rinascita in altri contesti. CocaCola, ad esempio, aveva progettato il padiglione fin dal principio con dei materiali eco-compatibili quali legno e vetro, con l’idea di donargli una seconda vita. Il Padiglione CocaCola è stato donato alla città di Milano e diventerà un Palazzetto per lo sport della pallacanestro.

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Altri Paesi hanno deciso di donare arredi alla città: è il caso della Germania, che ha regalato 5 panchine di design che sono state istallate nel Giardino delle Culture di Milano. È in corso inoltre l’opera di recupero del patrimonio arboreo di Expo. Il verde dei padiglioni del sito espositivo, che rischiava di andare distrutto, è stato trasportato in diversi plessi scolastici della città. La fase di dismantling, iniziata subito dopo la chiusura dell’esposizione il 30 Ottobre, è progettata in base a un attento programma di monitoraggio ambientale al fine di tutelare la flora e la fauna del sito. La sicurezza dei cantieri e la tutela dei lavoratori è stata garantita dalla società Expo Spa in concreto attraverso la sottoscrizione di una serie di accordi con

le Istituzioni e le Parti Sociali finalizzati a mettere in campo soluzioni innovative per presidiare e rimuovere le situazioni di rischio legate a fenomeni di interferenze e per garantire il rispetto della legalità. In questo contesto, sono stati sviluppati alcuni progetti diretti ad “alzare l’asticella” della sicurezza, al fine di elevare il livello qualitativo delle prestazioni e stimolare la partecipazione di tutti i soggetti, in primo luogo dei lavoratori, nella definizione delle misure di prevenzione. “I risultati di tutto questo lavoro - dichiara Alessandro Molaioni, Direttore della Divisione Tecnica Dismantling di Expo 2015 Spa - sono sotto gli occhi di tutti: Expo si pone come Cantiere laboratorio per l’applicazione di protocolli volti a migliorare la sicurezza sul lavoro, in un quadro particolarmente complesso con elevatissimi rischi di interferenze, accompagnati da programmazioni molto strette in termini di tempo su un’area di appena 110 ettari dove hanno lavorato anche 10.000 lavoratori su più turni. Vogliamo quindi proseguire con questa gestione virtuosa anche nella fase Dismantling”. Lavorano in contemporanea diverse aziende private per la demolizione selettiva dei padiglioni. Si stima che siano 1500 i lavoratori operativi simultaneamente nella fase della dismissione. Di seguito riportiamo alcuni brevi focus delle principali imprese impegnate nel cantiere.


Armofer: un viaggio attraverso 7 stati Armofer è intervenuta sul sito espositivo già dai primi di novembre 2015. La prima fase del lavoro presso i padiglioni Expo chiusi è consistita nella rimozione e riutilizzo di apparecchiature, arredi, piante con l’obiettivo di massimizzare il recupero. In seguito Armofer ha proceduto nelle operazioni di strip-out e smontaggio selettivo di tamponamenti, tramezzi, materiali isolanti, impianti tecnici e in seguito delle strutture in carpenteria metallica destinate al successivo riutilizzo. In una seconda fase l’azienda è intervenuta con le operazioni di demolizione strutturale dei manufatti in carpenteria metallica e in cemento armato. Gli edifici, tutti cosiddetti “Self Build”, ovvero i padiglioni maggiori costruiti da parte dei Paesi partecipanti, insistevano su lotti fra i 2.000 e i 3.000 mq e presentavano forme irregolari con altezze comprese fra i 12 e i 17 m. Le strutture portanti erano costituite principalmente in carpenteria metallica, carpenteria pesante con tamponamenti in cartongesso e/o legno, ma vi erano anche vetrate strutturali, solette in c.a. e predalles, strutture in legno e platee di fondazione in c.a. Per tutti gli interventi l’obiettivo finale era la demolizione completa dei volumi fuori terra, dei pavimenti e delle solette a livello del piano campagna, in alcuni casi delle fondazioni interrate e infine il reinterro degli scavi, la pulizia e lo spianamento finale dei lotti di intervento. Come richiesto dalle Linee Guida per le opere si smantellamento del sito espositivo, Armofer ha posto particolare attenzione al tema del massimo recupero possibile dei materiali e delle strutture. In particolare la bellissima struttura metallica e la relativa tensostruttura del padiglione del Kuwait, le cosiddette “vele”, è stata interamente ed accuratamente smontata per essere trasferita e riallestita altrove dove troverà una nuova destinazione d’uso e una seconda vita. L’azienda si è occupata della demolizione contemporanea di 7 grossi padiglioni per altrettanti committenti, gestendo una flotta imponente in cantiere (oltre 10 escavatori cingolati da demolizione) e organizzando direttamente e con risorse tutte interne (con oltre 10 camion in campo) un piano coordinato di gestione dei rifiuti e dei materiali di risulta. Il picco del lavoro si è verificato a gennaio 2016 quando l’azienda ha visto propri mezzi e personale contemporaneamente operativi presso 5 padiglioni fra i maggiori per dimensione e consistenza dei manufatti presenti a Expo e precisamente: Iran, Kuwait, Corea, Thailandia e Giappone. A seguire, Armofer è intervenuta anche nei Padiglioni Brasile e Francia. Per quanto riguarda il recupero e il riciclaggio dei materiali, Armofer ha impostato un piano coordinato di gestione dei rifiuti e dei materiali di risulta provenienti dai diversi cantieri di dismissione. Presso i diversi lotti, l’azienda ha allestito le opportune aree di stoccaggio dei materiali di risulta per l’accurata differenziazione merceologica, la separazione secondo i codici CER e il successivo trattamento secondo norme di legge.

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Austria, Svizzera e Alto Adige, i cantieri di Erdbau “Triste ma vero! Solo qualche mese fa l’Expo a Milano ha entusiasmato e appassionato milioni di visitatori. Oggi l’intera area è tornata ad essere un grande cantiere. Per ora non si tratta di costruire ma di demolire! Persino la maggior parte dei padiglioni più spettacolari non sarà più utilizzata. Durante la demolizione ogni materiale di risulta deve essere separato: calcestruzzo, legno, metallo, plastica, ecc. sono avviati separatamente al recupero” queste le parole di Andreas Auer di Erdbau che sottolinea poi “questo è un compito perfetto per Erdbau, anche se fa persino male al cuore, specialmente quando, da visitatore, si è ammirata la presentazione perfetta delle singole nazioni e adesso ci si trova di fronte agli scheletri nudi dei padiglioni da demolire”. Se è vero che almeno il sistema di facciata dell’edificio austriaco troverà una nuova funzione nell’areale fieristico di Riva, molti altri padiglioni saranno invece completamente smantellati. Nell’incarico di Erdbau è compresa anche la demolizione e l’avvio a recupero delle strutture in legno di Austria e Svizzera, a suo tempo eseguite da imprese specializzate dell’Alto Adige. La gran parte della struttura in legno dell’Austria sarà smontata e riutilizzata in Trentino. “Tutto ciò è un esempio caratteristico del nostro modello sociale”, riflette Albrecht Auer. “con enorme impegno si costruisce un’esposizione mondiale, uno show imponente, che ha coinvolto 24 milioni di spettatori superando ogni previsione. Tutto ciò senza porsi grandi pensieri sul riutilizzo delle installazioni. Una società dello spreco al livello più elevato”. Eppure oggigiorno vivono di ciò diverse imprese specializzate, che hanno fatto del recupero e del riciclaggio la propria missione… proprio come Erdbau di Sinigo, presso Merano.

AT Toptaglio interviene in Spagna Il Padiglione Spagna è una serra a doppia navata di circa 2500 metri quadrati con sviluppo in altezza di circa 25 m al colmo. La struttura portante, i solai e le pareti sono costituite da elementi in legno con spessori variabili dai 20 ai 60 cm. La fase di Dismantling del padiglione ha previsto dapprima uno strip-out selettivo di tutte le componenti non strutturali, la separazione dei materiali, il recupero e/o l’avvio a smaltimento dei materiali rimossi. Le operazioni sono state condotte sia manualmente, sia meccanicamente con attrezzature di dimensioni adeguate comprendenti minirobot (Brokk) miniescavatori ed escavatori cingolati, autogru e piattaforme aeree con un impiego di mezzi e personale sempre adeguato al contesto in cui si è operato. Particolare riguardo è stato riservato agli aspetti di ecosostenibilità che hanno visto gli operatori e lo staff tecnico di AT TOPTAGLIO impegnati nell’unico obiettivo di recuperare i materiali da costruzione utilizzati dalla Committente. Durante l’intervento sono stati recuperati per avvio a riciclo circa 760 t di legname, 200 t di ferro e acciaio, 1300 t di CLS, oltre a cartongesso, pvc, impianti tecnici e rivestimenti vari. AT TOPTAGLIO ha eseguito lo smontaggio del fabbricato utilizzando, in esclusiva nel panorama di EXPO, un’attrezzatura idraulica montata sul braccio dell’escavatore che permettesse il recupero degli elementi strutturali in legno senza frantumarli o renderli non immediatamente riutilizzabili.

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Vitali in Ecuador Chi ha visitato Expo non potrà che confermarlo, era impossibile non notarlo. Coloratissimo e decorato con quarantamila catenine luccicanti che ricordavano i tessuti tradizionali della artigiane andine, il Padiglione dell’Ecuador trasmetteva un’immediata allegria, la stessa che comunica la filosofia ecuadoriana del “Buen Vivir” o “Sumak Kawsay” (in lingua Quechua). E nonostante ciò la fase di dismantling ha fatto sparire sia il Padiglione che le sensazioni che è stato in grado di trasmettere ai visitatori. Le tende erano formate da innumerevoli catene di alluminio anodizzato che hanno permesso la colorazione con un’ampia scelta di tinte. Grazie all’estrema leggerezza del materiale è stato possibile rivestire le quattro pareti del padiglione coprendo una superficie di oltre 750 mq creando uno spettacolare effetto visivo e consentendo, in fase di dismantling il totale recupero del materiale. Alle fasi di demolizione ha partecipato anche l’impresa Vitali che è intervenuta sul sito con due mezzi da demolizione attrezzati con martelli da demolizione, frantumatore idraulico e benna caricatrice. L’intervento ha portato alla demolizione completa della platea di fondazione, della pavimentazione in calcestruzzo e di tutte le reti di sottoservizi, per riportare a green field l’area in cui sorgeva il padiglione.

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Il risultato di 40 anni per innovazione nelle demolizioni. Immaginate cosa possiamo fare nei prossimi 40.

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VI PRESENTIAMO:

Stand number: F6.613

Innovazione continua dal 1976. Nel 1976 abbiamo promesso di costruire la macchina da demolizione più potente che esista sul pianeta, per eseguire lavori più difficili esistenti. Dopo 40 anni di macchine da demolizione, abbiamo mantenuto questa promessa. Illuminati costantemente dai nostri utilizzatori da tutto il mondo e rispondendo sempre con soluzioni innovative, riusciamo a progredire con lo stato dell’arte, anno dopo anno. Presentiamo oggi la nostra nuova matricola: Il Brokk 120 Diesel – l’unica macchina Diesel da demolizione da una tonnellata compatta e potente, radio-comandata completamente “Wireless” che può andare dove nient’altro riesce. Scopri un futuro più potente su www.brokk.com/it

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Brokk Italia srl Como, Italia +39 031-273-691, info@brokk.it

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Revamping dell’impianto di compostaggio di Massa Finalese Terminati i lavori di potenziamento dell’impianto utilizzando le BAT per ridurre gli impatti ambientali e migliorare le performances produttive di Laura Veneri

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a molti anni Aimag si occupa del trattamento della frazione organica avvalendosi delle linee di qualità di 2 impianti di compostaggio che si trovano rispettivamente a Fossoli di Carpi e a Massa Finalese. Grazie a questi impianti Aimag ha raggiunto una potenzialità di trattamento della frazione organica di 110.000 tonnellate all’anno. Nel corso degli anni l’azienda ha investito molte risorse per lo sviluppo delle attività di raccolta e trattamento della frazione organica dei rifiuti perché ha ritenuto e ritiene prioritario l’avvio a recupero di quella che è la parte principale dei rifiuti prodotti nelle nostre case e che costituisce un’importante risorsa da restituire all’ambiente.

L’impianto di Massa Finalese

L’impianto di compostaggio di Massa Finalese inizia la sua attività ad ottobre 2008, gestito dalla società Campo

Il processo di compostaggio

Il prodotto in uscita dall’impianto è ammendante compostato misto (ACM), detto anche compost, un ottimo fertilizzante organico che viene utilizzato nel settore agricolo e florovivaistico e reso disponibile anche ai cittadini presso i centri di raccolta e altri punti di distribuzione.

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s.r.l. (partecipata Icsta Reggiani s.r.l. e Aimag S.p.A.). L’impianto nasce per trattare gli scarti agroindustriali di lavorazione degli zuccherifici, ma già durante la realizzazione dell’impianto gli zuccherifici di zona vengono chiusi perciò l’impianto viene quindi autorizzato e modificato per il trattamento dei rifiuti urbani e speciali (FORSU, rifiuti agroalimentari, fanghi di depurazione, sfalci e potature). L’impianto è inizialmente costituito da 4.750 mq di capannone coperto (sezione ricezione e miscelazione; sezione biossidazione accelerata e sezione maturazione intermedia), oltre che 20.000 mq di piazzali in battuto di cemento, sui quali sono autorizzate le attività di maturazione finale, vagliatura del compost grezzo, stoccaggio dei rifiuti lignocellulosici e dell’ammendante compostato misto, oltre che del sovvallo di ricircolo. I 2.000 mq della sezione di biossidazione presentano una platea insufflata. Tutte le arie captate dalle zone confinate vengono trattate attraverso due torri di umidificazione e successivamente con due biofiltri. Nel 2012 Aimag diviene unico proprietario e gestore dell’impianto. In questa configurazione impiantistica, come da autorizzazione della Provincia di Modena (Determina 244 del 29/07/2013), l’impianto ritira 30.000 ton/anno di rifiuti. Nell’anno 2013 l’azienda attiva un percorso di screening presso la Regione Emilia Romagna per l’adeguamento dell’impianto alle migliori tecnologie disponibili (BAT), con l’intento di migliorare i processi e contestualmente aumentare il quantitativo di rifiuto in ingresso a 40.000 ton/anno. Nel febbraio 2015, iniziano i lavori autorizzati che vengono progettati e svolti utilizzando le best available technologies (BAT), ovvero, le migliori tecniche disponibili. I principali interventi realizzati sono: • 6.500 mq di nuovi spazi confinati; • raddoppio delle platee insufflate in funzione; • predisposizione di una nuova platea di insufflazione da attivare (per l’anno 2016); • collegamento al capannone esistente al coperto;

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trattamento delle arie derivanti dalla vagliatura del compost grezzo con filtro a maniche da 40.000 mc/h; • aspirazione della sezione di maturazione finale; • implementazione dei sistemi di rilevazione incendi e di spegnimento. Grazie a questi lavori, sono attesi benefici su diversi aspetti che riguardano sia la riduzione degli impatti ambientali sia le performances produttive: • riduzione delle emissioni odorigene e polverulente in ambiente grazie al confinamento di tutte le attività produttive e al trattamento delle arie di tutte le aree interessate alla produzione. Nei nuovi ambienti realizzati, infatti, vengono effettuate le attività di maturazione finale, vagliatura e stoccaggio del sovvallo di ricircolo, che precedentemente erano autorizzate sui piazzali cementati. Le arie della sezione vagliatura vengono trattate da un filtro a maniche da 40.000 mc/h, atto all’abbattimento delle polveri prodotte; • riduzione della produzione di acque di dilavamento dei piazzali con conseguente riduzione delle acque da avviare a trattamento, grazie alla copertura di tutte le aree di lavorazione e dei principali collegamenti; • riduzione della dispersione eolica di plastiche e altre polveri legate

alla vagliatura e allo stoccaggio di materiali all’esterno; • miglioramento delle performances di processo grazie all’attivazione della seconda platea di insufflazione e al confinamento di tutte le attività di biossidazione e maturazione; • riduzione dei tempi di processo da 90 a 80 giorni; • aumento della potenzialità di trattamento dell’impianto da 30.000 a 40.000 tonnellate all’anno. Con questo investimento Aimag, per un valore di 2,7 milioni di euro, realizza dunque un impianto moderno e flessibile. In questo sito impiantistico sono previste importanti novità per il prossimo futuro, l’azienda ha infatti indicato fra i principali progetti di sviluppo industriale del prossimo triennio la realizzazione di un digestore anaerobico della frazione organica per la produzione di biometano, con una potenzialità di trattamento da 50.000 tonnellate all’anno di rifiuti organici per una produzione annua di biometano di 3,2 milioni di metri cubi. Il progetto prevede un investimento di circa 13 milioni di euro.

La filosofia sui rifiuti di Aimag Raccolta

Una politica aziendale da sempre attenta al territorio e alle tematiche ambientali ha fatto sì che, negli anni,


venisse investito molto nella gestione del servizio della raccolta rifiuti e nell’informazione, sensibilizzazione ed educazione ambientale dei cittadini, consentendo di superare, come media del territorio servito, il 60% di raccolta differenziata. La raccolta del rifiuto urbano è un servizio gestito nei Comuni di Camposanto, Carpi, Cavezzo, Concordia, Medolla, Mirandola, Novi di Modena, San Felice

sentendo di raggiungere percentuali di raccolta differenziata oltre l’85%. Per tutto il 2015 è stata attiva una fase di sperimentazione di raccolta domiciliare con tariffa puntuale anche a Carpi, diventando effettiva, nella parte economica, da gennaio 2016. Questo sistema verrà esteso nel corso dei prossimi due anni anche a tutti gli altri Comuni serviti da Aimag. Per il futuro l’obiettivo è di raggiungere

s/P, San Possidonio s/S, San Prospero, Soliera. Aimag svolge l’attività di raccolta secondo 3 modelli distinti: quella tradizionale a cassonetto, quindi una raccolta stradale che prevede la sistemazione in un’unica area - isole stradali di base - delle principali tipologie di cassonetti per la raccolta differenziata; il porta a porta, che prevede la raccolta domiciliare di alcune tipologie di rifiuto domestico differenziato e dell’indifferenziato, ritirate presso le abitazioni secondo un calendario prestabilito e attraverso l’utilizzo di appositi contenitori forniti dall’azienda; il porta a porta a tariffa puntuale: la più innovativa tipologia di raccolta per il bacino Aimag che prevede, in aggiunta a quanto contemplato per il porta a porta, la dotazione di bidoni individuali per l’indifferenziato, il cui svuotamento viene contabilizzato ai fini di determinare la parte variabile della tariffa rifiuti. Questo modello è stato applicato nei Comuni di Novi e Soliera nel 2015, con-

l’80% della raccolta differenziata entro il 2018 e scendere sotto i 100 kg procapite di rifiuti a smaltimento.

Trattamento, recupero e smaltimento

Grazie ai buoni risultati ottenuti con la raccolta differenziata, sia per la quantità che per la qualità dei materiali, si favorisce la valorizzazione del rifiuto destinato agli impianti di recupero e la contestuale riduzione degli scarti destinati a smaltimento. Aimag si è dotata, nel tempo, di un importante parco impiantistico finalizzato principalmente al recupero di materia. Una consistente quota del differenziato viene trattato e recuperato direttamente negli impianti del Gruppo: • la frazione organica viene trattata presso gli impianti di compostaggio Aimag; • carta e cartone, plastica, imballaggi misti, abiti usati e ingombranti recuperabili vengono trattati e valorizzati da Ca.Re, per poi essere

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trasportati presso le aziende della filiera del riciclo. La società - costituita da Tred Carpi società controllata da Aimag e partecipata da Refri S.r.l. del gruppo Unieco, e da Garc - gestisce un centro di selezione e trattamento dei rifiuti da imballaggio provenienti dalla raccolta differenziata domestica e dei rifiuti speciali non pericolosi e recuperabili provenienti da attività produttive (carta e cartone, plastiche, metalli, legno, inerti, ecc.); • i RAEE (Rifiuti da apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) vengono trattati presso Tred Carpi, società mista costituita da Aimag e da Refri, società del Gruppo Unieco. Per ogni tipologia di rifiuto le operazioni ecologiche sono finalizzate all’intercettazione e alla bonifica delle eventuali componenti nocive e alla valorizzazione dei materiali recuperati. Aimag opera inoltre su una rete di discariche nel territorio: Medolla, Mirandola e la discarica di appoggio all’impianto di compostaggio di Fossoli, presso le quali, nell’ottica del recupero e del risparmio di energia, progetta e gestisce impianti di sfruttamento del biogas, convertendolo in energia elettrica in parte utilizzata direttamente e in parte ceduta in rete.

IL GRUPPO AIMAG IN NUMERI TERRITORIO E ATTIVITA’ • •

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28 Comuni serviti, di cui 21 Soci 1.235 km2 di area interessata, dove vivono 285.300 cittadini* 62% dei fornitori locali, pari a 93,9 milioni di euro 505 dipendenti lavorano nel Gruppo, 81% di provenienza locale Servizio Idrico Integrato per 213.000 cittadini in 21 Comuni Servizi Ambientali per 166.000 cittadini in 11 Comuni Gas distribuito a 120.000 utenze in 24 Comuni, per 273.200 cittadini

RISULTATI ECONOMICI

Valore della produzione: 228,4 milioni Utile netto: 8,6 milioni Posizione finanziaria netta: 77,8 milioni EBITDA: 45,6 milioni ROE: 5,22% ROS: 7,77 *Dato ISTAT al 1° novembre 2014

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Un futuro pieno di energia La parola chiave è recupero per l’impianto di produzione CDR/CSS Ecosystem di Pomezia di Luisa Verolino*

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l 2016 rappresenta un anno molto importante per la Ecosystem di Pomezia, che ha da poco inaugurato e messo in esercizio il nuovo impianto di recupero di frazioni e sovvalli indifferenziati con produzione di Combustibile Derivato da Rifiuti (CDR), evolutosi poi come Combustibile Solido Secondario (CSS). La Ecosystem S.p.A., con sede legale ed operativa nel Comune di Pomezia, in Provincia di Roma, nella propria piattaforma ecologica polifunzionale che si estende su una superficie di oltre 70.000 mq, è autorizzata al recupero, al trattamento e allo stoccaggio di rifiuti urbani e speciali, sia pericolosi che non pericolosi. Fin dalla sua costituzione, nel 1980, l’attività prevalente è sempre stata quella di selezionare e recuperare frazioni di materiali riutilizzabili dai rifiuti. In 35 anni di attività nel settore dei servizi ambientali, la società ha sempre posto particolare attenzione

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al trattamento e al recupero, ed è proprio in questa ottica che si inserisce il progetto di recupero energetico da sovvalli indifferenziati. Accanto alle tradizionali linee di lavorazione predisposte per il recupero di matrici solide, con il nuovo impianto l’azienda si pone come obiettivo primario il trattamento del sovvallo indifferenziato generato proprio da tali lavorazioni. I sovvalli infatti, fino ad oggi, erano interamente destinati o ad impianti terzi o nella maggior parte dei casi allo smaltimento finale in discarica. In pratica, rifiuti che fino ad oggi non potevano essere recuperati ora lo saranno e ciò consentirà all’azienda di adottare un approccio ancora più sostenibile e tecnologicamente avanzato, funzionale al raggiungimento dell’obiettivo “Zero Waste to Landfill” (Rifiuti Zero) e un conseguente minor ricorso alla “soluzione” discarica. Il progetto, presentato alla Regione

Lazio già da Giugno 2013, ha ottenuto formale autorizzazione ad esercitare a Febbraio 2016, ed oggi si inserisce in uno scenario regionale che è caratterizzato da una notevole carenza di impianti in grado di gestire sovvalli indifferenziati siano essi destinati a recupero che a smaltimento finale in discarica. Così, questa forte ed attuale esigenza espressa a livello regionale da un lato, e le normative pressanti per gli operatori di rifiuti dall’altro, hanno spinto la società Ecosystem a realizzare questo importante investimento portandola oggi a chiudere il proprio ciclo produttivo di recupero. La Ecosystem S.p.A. è fiera di aver presentato un progetto di tale portata, fiore all’occhiello per l’economia della zona, e in grado di rappresentare certamente un vantaggio competitivo, ma allo stesso tempo di rilevanza strategica per i piani Regionali di gestione Rifiuti, in quanto gli impianti per CDR/CSS, già operanti nella Regione Lazio, anche in seguito alla chiusura della discarica di Malagrotta, sono saturi dai rifiuti urbani indifferenziati di Roma e Provincia. “Questo importante traguardo rappresenta il futuro per la nostra azienda e per i clienti che decideranno di affidare a noi la gestione dei loro rifiuti” commenta Luca Dante Ortolani, Direttore Commerciale di Ecosystem S.p.A., con la consapevolezza che tutti gli operatori che producono sovvalli indifferenziati o sfridi industriali hanno finalmente la possibilità di ottimizzare il proprio bilancio ambientale, scegliendo la soluzione del recupero


piuttosto che quella sempre più obsoleta dell’avvio in discarica.

L’impianto

Il trattamento a cui vengono sottoposti i rifiuti in ingresso, è di tipo meccanico (TM) poiché l’impianto utilizza esclusivamente un processo a freddo per il recupero di frazioni secche. L’impianto è stato installato all’interno di un capannone industriale su una superficie di circa 2500 mq. La struttura è chiusa e in costante depressione al fine di evitare emissioni verso l’esterno. L’impianto è autorizzato al trattamento in ingresso di 67.500 ton/anno di rifiuti che, stimando 300 giorni lavorativi, equivalgono a 225 ton/giorno. La sua particolare caratteristica è data dalla capacità di gestire differenti programmi e configurazioni attraverso i quali modulare il processo in funzione del materiale che in quel momento si sta trattando. La garanzia di un’alta flessibilità nel modus operandi è necessaria poiché l’azienda opera sia nel campo dei rifiuti industriali, notoriamente disomogenei per natura e composizione, che in quello dei rifiuti urbani. La linea di lavorazione, complessa e articolata, è costituita da apparecchiature in grado di separare le differenti frazioni in base al peso, alla composizione e alle dimensioni dei rifiuti. Come è consuetudine per questo tipo di impianti, la lavorazione prevede una triturazione primaria, seguita da diversi step di vagliatura, fino ad arrivare a un raffinatore finale, il tutto monitorato e automatizzato da

un software appositamente progettato per l’impianto. I rifiuti in ingresso vengono introdotti nel trituratore primario che ha una potenzialità di produzione, in funzione dei materiali, fino a 30 ton/h e che genera una pezzatura massima da 60 mm a 104 mm in funzione della configurazione impostata. Il rifiuto segue il suo percorso fino a raggiungere un vaglio rotante tra i più grandi disponibili sul mercato, con un diametro di ben 3,2 metri. Nel vaglio rotante, la selezione del materiale avviene attraverso la rotazione di un cilindro forato che lascia passare materiali di piccola dimensione ovvero con pezzatura inferiore ai 50 mm.

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Tali materiali, costituiti prevalentemente da inerti o rifiuti organici, passano al di sotto del vaglio e per tale motivo sono definiti “sottovaglio” e vengono opportunamente convogliati in una specifica area di stoccaggio, mentre il resto del rifiuto continua il suo percorso di trattamento verso un separatore magnetico, che consente di separare il ferro destinato ad una delle linee di lavorazione dell’azienda. Quarto step dell’impianto è il vaglio aeraulico, la cui funzione è quella di separare le frazioni pesanti (quali scorie di metallo come ad esempio alluminio, acciaio, ottone o inerti con pezzatura >50 mm) da quelle leggere, che continuano il loro percorso nella

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cabina di selezione. All’interno di quest’ultima, attraverso l’operato di un minimo di 6 ed un massimo di 12 persone, avviene la cernita e il recupero manuale di frazioni recuperabili, quali principalmente carta, plastica e legno. A questo punto, il rifiuto, sempre in funzione della configurazione impostata dall’operatore al controllo, può subire un ulteriore processo di lavorazione all’interno del raffinatore finale, con potenzialità massima produttiva fino a 9 ton/h con una pezzatura di 30 mm, oppure può raggiungere direttamente una pressa filmatrice per essere imballato, o ancora può essere depositato in una baia di stoccaggio, caricato e compattato su di un automezzo e consegnato a destinazione in forma sfusa. Come già detto, l’impianto è stato concepito per essere molto dinamico, grazie all’inserimento di diversi nastri reversibili che fungono da switch e che, opportunamente impostati a livello software, permettono configurazioni diverse al fine di avere in uscita prodotti con diversa pezzatura. Inoltre, una particolarità dell’impianto è quella di essere alimentato prevalentemente da sovvalli e scarti industriali e non quindi da rifiuti urbani, portandolo a produrre CDR/ CSS di alta qualità e con eccellente potere calorifico. I soggetti interessati al “prodotto” dell’impianto sono principalmente i cementifici e i termovalorizzatori. *Ecosystem S.p.A.

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Il nuovo impianto di biostabilizzazione di Scapigliato Nel polo impiantistico di Rea Impianti si aggiunge un altro tassello per il corretto recupero dei rifiuti di Laura Veneri

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temi della salvaguardia e del rispetto dell’ambiente richiedono oggi un impegno notevole per riuscire a raggiungere un determinato livello di sviluppo che si possa considerare sostenibile sia a livello locale che generale. I principi di efficienza, efficacia ed economicità, che caratterizzano la normativa sui rifiuti, rappresentano i presupposti fondamentali dell’attività di REA Impianti s.r.l. L’azienda si occupa della gestione sostenibile del ciclo integrato dei rifiuti, attraverso: • la gestione di un polo impiantistico per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti urbani e speciali non pericolosi; • la produzione di energia elettrica da biogas di discarica, da fotovoltaico e da altre fonti alternative; • la gestione di un impianto di valorizzazione delle frazioni recuperabili presenti nei rifiuti urbani e speciali; • le attività di trasporto ed intermediazione; • i servizi di manutenzione del verde pubblico e igiene ambientale.

La professionalità tecnica e gestionale, l’uso di tecnologie avanzate per la gestione degli impianti nel rispetto del territorio e dell’ambiente e l’adozione di un sistema di gestione integrata Qualità, Ambiente e Sicurezza, sono espressione di un impegno dell’azienda in costante crescita rivolto al miglioramento continuo.

L’impianto di biostabilizzazione

Da pochi mesi è in funzione presso il Polo Impiantistico di Scapigliato il nuovo impianto di biostabilizzazione della frazione organica, ultimo e importante anello della catena del trattamento dei rifiuti solidi urbani (RSU), che permette di ottenere frazione organica stabilizzata (FOS) a partire dalla frazione umida derivante dalla selezione meccanica dei rifiuti stessi. Ormai dal 1996, è attivo presso il sito di Scapigliato l’impianto di selezione meccanica dove gli RSU sono selezionati con tritovagliatura. Da questa attività si generano due flussi di materiale, entrambi sottoposti a deferrizzazione: il primo, secco e denominato soprava-

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glio, è composto da materiali cellulosici e plastici e prioritariamente viene avviato all’impianto di termovalorizzazione di Livorno; il secondo, umido e denominato sottovaglio, è composto prevalentemente da rifiuti organici e, prima dell’attivazione dell’impianto di biostabilizzazione, veniva in parte conferito tal quale in discarica e, in parte, avviato ad un impianto esterno. A partire dal mese di Novembre 2015, il trattamento del rifiuto solido urbano inizia e si conclude nel sito di Scapigliato. Grazie al nuovo impianto, la frazione organica viene ossidata e il rifiuto in ingresso si trasforma in una matrice biologicamente più stabile. Dopo un ciclo di stabilizzazione, la cui durata è di circa 21 giorni, il rifiuto è gestibile più facilmente in quanto, rispetto al rifiuto organico di partenza, il materiale stabilizzato ha perso umidità e putrescibilità, oltre ad aver conseguito riduzioni volumetriche e ponderali (riduzione in peso valutabile nell’ordine del 20% del materiale trattato). Una volta terminato il ciclo di trattamento, la FOS (frazione organica

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stabilizzata) è caricata su camion e trasportata in discarica, dove viene utilizzata come materiale di copertura giornaliera del fronte. La fase di stabilizzazione avviene all’interno di un edificio chiuso, dotato di un impianto di aspirazione e depurazione delle arie esauste, attraverso un biofiltro. Il rifiuto, disposto su una

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platea areata con una sequenza di spostamenti studiati per ottimizzare il processo di stabilizzazione, permane in condizioni controllate di ossigenazione, temperatura e umidità grazie ad un sistema di ventilazione forzata ed ai rivoltamenti periodici effettuati attraverso l’ausilio di mezzi meccanici. Il nuovo impianto chiude il ciclo com-

pleto di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati nel pieno rispetto della normativa vigente. Questo adeguamento impiantistico permetterà inoltre all’impianto di selezione già esistente, di rappresentare una valida opportunità per il trattamento di una parte degli stessi rifiuti prodotti anche sul territorio dell’Ato Costa.


INNOVAZIONE E RICERCA NELLA TRITURAZIONE DEI PFU Da una partnership tutta italiana tra Molinari e Corgom, nasce il nuovo trituratore primario TP2000; un altro passo avanti per la valorizzazione degli pneumatici fuori uso di Maria Beatrice Celino

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a necessità può essere considerata la madre delle invenzioni o meglio delle innovazioni. Così, dall’incontro tra una realtà industriale produttiva e un costruttore di macchine per il recycling, è nato un nuovo trituratore primario capace di un output omogeneo a ridotto consumo energetico. L’esigenza è stata avvertita dalla Corgom Retreading & Recycling di Corato in provincia di Bari. Nel panorama italiano Corgom rappresenta un’eccellenza nella raccolta, nel trattamento e nel recupero degli pneumatici fuori uso (PFU). L’azienda ha alle spalle trent’anni di storia che rappresentano un vero

esempio di attuazione dell’economia circolare: da punto vendita e centro assistenza per gli pneumatici nuovi, a ricostruttore di quelli usati, a recuperatore di quelli fuori uso e infine a produttore di materia prima secondaria. “Il nostro è stato un vero e proprio percorso verso l’efficienza produttiva a 360 gradi – afferma il titolare, Vito Scaringella – che ci ha portato anche sui mercati internazionali. Per quanto riguarda la valorizzazione, oggi la nostra offerta è concentrata sui granuli da 0 a 4 mm molto richiesti dai mercati esteri che stiamo incontrando e che incrementano di molto i volumi che gestiamo attualmente. Non volendo

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rinunciare ai clienti già acquisiti, abbiamo deciso di ampliare la nostra capacità produttiva per soddisfare tutte le richieste”. Corgom oggi è in grado di trattare 20.000 tonnellate di gomme ogni anno. Il progetto di espansione prevede di passare a 30.000 tonnellate all’anno e richiede inevitabilmente un ampliamento dell’impianto produttivo, soprattutto per la prima fase che permette di arrivare al ciabattato e al chip. Da questa necessità di trasformare la propria tecnologia produttiva nasce la partnership con Molinari, azienda bergamasca conosciuta nel settore della valorizzazione dei PFU, in quanto già

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produttrice dei mulini raffinatori utilizzati in molti impianti italiani per l’ultima fase di macinazione della gomma. “La volontà di costruire un trituratore primario per completare la gamma di macchine offerte c’era già da tempo - afferma Giovanni Gervasoni, titolare dell’azienda - Quando il signor Scaringella, durante una fiera, mi ha parlato del suo progetto di espansione, ho pensato che fosse arrivato il momento giusto per sviluppare l’idea e proporgliela come soluzione alla sua necessità di incrementare la produzione”. Il progetto embrionale del nuovo trituratore nel giro di pochi mesi è stato terminato e la macchina è stata costruita. Rispetto all’offerta già presente sul mercato, il nuovo trituratore primario Molinari ha delle caratteristiche tecniche che lo rendono molto interessante anche in termini di costi operativi. “Le nostre macchine si collocano nel set-

tore del recycling e del waste-to-energy, ovvero nella trasformazione del rifiuto in materia prima secondaria o in energia. Quando in Molinari progettiamo qualcosa ci chiediamo sempre: Perché per produrre energia bisogna consumare energia? Tutte le nostre scelte tecniche quindi hanno come primo obiettivo il risparmio. Cerchiamo soluzioni nuove, che permettano a parità di risultato, un minor consumo energetico”. Durante il mese di settembre Molinari ha organizzato degli open-day dedicati agli operatori del settore per presentare in anteprima il trituratore. Tutti hanno apprezzato il design innovativo del rotore, la bassa velocità di rotazione degli alberi e l’elevata coppia di taglio, che permettono di trattare anche pneumatici OTR. Le preziose osservazioni venute dagli addetti ai lavori hanno permesso di perfezionare il progetto, perché solo chi lavora quotidia-

TRITURATORE PRIMARIO TP2000 Il trituratore “TP” è una macchina innovativa nel settore della triturazione: grazie a opportuni angoli di taglio e a una ridotta velocità di rotazione degli alberi, garantisce ottime performance in termini di produzione a bassi consumi energetici e interventi di manutenzione. Composta da un robusto telaio che garantisce rigidità strutturale e alberi a rotazione indipendenti che lavorano su di una banchina fissa ospitante le controlame, risulta essere la macchina perfetta per molte lavorazioni tra cui gli pneumatici. Con l’arrivo della serie “TP”, la gamma dei trituratori Molinari è completa e copre tutte le fasce del mercato del recycling e del waste-to-energy offrendo ampie soluzioni personalizzate.

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namente con gli pneumatici è in grado di fornire ai progettisti utili consigli per la realizzazione di una macchina davvero performante. Mentre l’ufficio tecnico Molinari progettava la nuova macchina, Corgom valutava attentamente le modifiche impiantistiche da attuare e la logistica legata ai nuovi volumi di pneumatici da lavorare. La riduzione dimensionale si è rivelata un punto chiave per una migliore gestione degli spazi e soprattutto per aumentare la capacità produttiva dei granulatori attualmente in uso. Nel garantire maggiori volumi di gomma trattata, l’upgrading dell’impianto attuale può aprire a Corgom nuovi scenari per il futuro: non solo granuli da 0 a 4 mm, in varie granulometrie, chip e ciabattato che possono rappresentare, per il futuro dell’azienda, nuovi mercati da valutare. La partnership tra Corgom e Molinari rappresenta un bellissimo esempio di imprenditorialità italiana. Entrambe sono aziende fortemente legate al proprio territorio, ma con una forte propensione verso i mercati esteri. Entrambe sono guidate da imprenditori appassionati e consapevoli che per competere non bisogna prescindere dalla qualità e che occorre sempre uno sguardo al futuro, sapendo cogliere e interpretare le richieste provenienti dai nuovi mercati.


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L’INGEGNERIA STRUTTURALE NELLE DEMOLIZIONI Criteri di analisi, approccio progettuale e verifiche strutturali complesse che devono essere adottate nei lavori di demolizione di Marco Martinetto e Marco Costabello*

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e diverse tecniche di demolizione attualmente applicabili alle strutture, l’aumento progressivo delle difficoltà tecniche e i rigidi standard di sicurezza, hanno fatto sì che la progettazione assumesse un ruolo fondamentale negli interventi di demolizione, uno step importante che precede l’esecuzione dei lavori. La demolizione di una struttura dovrebbe seguire in linea di principio il processo inverso rispetto alla costruzione… nulla di più facile. Nella realtà però le cose sono molto più complesse: il processo di demolizione, a seconda della tecnica utilizzata e della struttura interessata, comporta l’esecuzione di operazioni che modificano pesantemente lo schema statico nelle diverse fasi di lavoro, fino ad operare volutamente sui vincoli strutturali per produrre il crollo secondo modalità e cinematismi prestabiliti. La necessità di dover prevedere il comportamento statico e dinamico di una struttura durante il processo di demolizione, è imprescindibile per eseguire anche i lavori più difficili in piena sicurezza: questa è l’ingegneria delle demolizioni, una disciplina specialistica che utilizzando i principi della scienza delle costruzioni consente di pianificare e prevedere con certezza matematica la demolizione di edifici, ponti, ciminiere, torri o impianti industriali.

GLI OBIETTIVI DELLA PROGETTAZIONE

Lo studio e la progettazione di un intervento di demolizione si basano su

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un modello operativo che consenta di individuare e pianificare le fasi di lavoro in funzione della tipologia di struttura da demolire, delle tecnologie di demolizione disponibili, del contesto ambientale nel quale la struttura si inserisce e delle interferenze con altre attività in corso. In generale, il processo di demolizione determina modifiche sia ai carichi locali sia allo schema statico globale dell’intera struttura in demolizione: da questi aspetti nasce l’esigenza di procedere alla verifica delle condizioni di stabilità delle varie porzioni di struttura durante le fasi di demolizione (fasi transitorie). Lo svolgimento di accurate analisi e delle verifiche strutturali associate alla redazione di elaborati grafici di progetto, dovrà permettere lo svolgimento delle attività in piena sicurezza per gli operatori senza lesionare in alcun

modo le strutture adiacenti ed evitando il verificarsi di crolli improvvisi.

CONTENUTI DELLA PROGETTAZIONE STRUTTURALE

Preliminarmente alla progettazione vera e propria di un intervento di demolizione, si dovrà tassativamente eseguire una ricerca storica sulla documentazione tecnica disponibile; l’analisi del suddetto materiale consente di definire le geometrie della struttura portante, le masse dei manufatti, la tipologia costruttiva, i materiali impiegati nella costruzione e gli elementi portanti. Tutto il materiale viene confrontato con lo stato di fatto delle strutture rilevato in campo da personale tecnico mediante misurazioni, saggi sui materiali o grazie a tecniche più innovative come quella del laserscan al fine di


identificare eventuali difformità o modifiche intervenute nel tempo rispetto a quanto riportato negli elaborati storici. Nelle demolizioni complesse non può essere omessa una campagna di indagini approfondite in sito per integrare e verificare quanto riportato nella documentazione reperita, con lo scopo di definire le caratteristiche di resistenza dei materiali soggetti al degrado del tempo. Dal punto di vista strutturale le tecniche di demolizione possono essere distinte in due grandi categorie, quelle che producono una rimozione progressiva di parti di una struttura dall’alto verso il basso (demolizioni e decostruzioni) e quelle che producono il crollo globale della struttura (demolizione con microcariche esplosive o per crollo indotto con mezzi meccanici).

SCELTA DEI METODI DI CALCOLO

La scelta dei metodi di analisi e di verifica strutturale dipende direttamente dalla completezza e dall’affidabilità delle informazioni disponibili in funzione del livello di conoscenza relativo a: geometria dello stato di fatto, dettagli costruttivi e caratteristiche di resistenza dei materiali. A differenza dei progetti di costruzione dove spetta al progettista definire lo scheletro portante di una struttura e progettare/verificare le sezioni, nei

progetti di demolizione lo schema statico è in continua variazione a causa della rimozione progressiva di elementi strutturali o dell’indebolimento di porzioni di struttura. La metodologia di analisi strutturale e la formulazione delle ipotesi di base, variano in funzione della tecnica di demolizione adottata, del grado di complessità che questa prevede e del livello di conoscenza di tutti i parametri geometrici e strutturali. Spesso, a causa della mancanza di dati di input certi o dell’impossibilità di eseguire indagini approfondite sulla struttura, il progettista si trova nella condizione di stimare le caratteristiche

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di resistenza dei materiali o i carichi applicati alla struttura: tutto questo comporta delle assunzioni di base che influenzano notevolmente l’analisi strutturale e il comportamento delle strutture durante le fasi di demolizione. La principale difficoltà consiste nella formulazione dei legami costitutivi dei materiali, soprattutto nel caso del cemento armato soggetto a fenomeni di degrado legati all’invecchiamento che contribuiscono alla riduzione delle caratteristiche di resistenza del materiale. In casi così complessi è necessario ricorrere a modelli di calcolo sofisticati con l’ausilio di potenti programmi basati sul calcolo agli elementi finiti FEM che consentano di analizzare le strutture tenendo in conto l’influenza delle fasi di demolizione comprendenti il cambiamento delle condizioni di vincolo, delle proprietà delle sezioni, l’aggiunta e la rimozione di sistemi di puntellazione. Possono essere inoltre eseguite analisi di tipo statico o dinamico in campo non lineare seguendo percorsi di carico prestabiliti, analizzando gli effetti del secondo ordine per grandi spostamenti, gli effetti dovuti al raggiungimento del limite di snervamento dell’acciaio e, nel caso di strutture in cemento armato, gli effetti dipendenti dal tempo dovuti allo stato di conservazione oppure una sovraresistenza dovuta alla presenza di un buon quan-

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titativo di armatura di confinamento, esplorando così il materiale anche in campo plastico. Lo studio della demolizione di una struttura in cemento armato demolita per crollo si basa sostanzialmente sulla progressiva rimozione degli elementi resistenti e nella formazione localizzata di cerniere plastiche alla base della struttura che permettano all’intero manufatto di collassare sotto il proprio peso nella direzione di caduta voluta. I modelli di calcolo devono simulare la formazione delle cerniere plastiche, sia che queste si materializzino per mezzo del brillamento di cariche esplosive sia per mezzo della frantumazione di parti di calcestruzzo ad opera di escavatori dotati di pinze idrauliche, consistono nel raggiungimento di elevati tensionali localizzati in punti della struttura, che superano il limite plastico del materiale producendone il crollo. In altri casi meno sofisticati di tecniche di demolizione di strutture in cemento armato, vengono condotte essenzialmente verifiche strutturali locali andando a ricercare la variazione dello schema statico che garantisca il crollo della struttura in sicurezza senza mettere a rischio la stabilità della parte restante di struttura. Ben diverso è il caso di strutture in carpenteria metallica, la cui demolizione si traduce nello smontaggio progressivo di tutti gli elementi portanti. L’analisi strutturale, seppur all’apparenza meno sofisticata rispetto allo studio delle strutture in cemento ar-

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mato, si basa essenzialmente sull’analisi della stabilità globale dell’intero complesso considerato come corpo rigido e sull’esecuzione di verifiche puntuali dei nodi maggiormente sollecitati a causa della variazione dello schema statico durante le differenti fasi di demolizione. Nella maggior parte dei casi si ricorre all’impiego dei principi fondamentali della scienza delle costruzioni ed al confronto delle tensioni in esercizio con i limiti di snervamento e di rottura del materiale considerato.

STATI LIMITE O TENSIONI AMMISSIBILI?

In precedenza abbiamo evidenziato come la tipologia di struttura, il livello di conoscenza delle caratteristiche dei materiali e la tecnica di demolizione adottata, influenzino fondamentalmente l’analisi strutturale e i modelli di calcolo da adottare. A questo punto non resta che focalizzarsi su come interpretare i risultati ottenuti e quali verifiche strutturali è doveroso affrontare per definire il processo di demoli-

ANALISI FEM PER LE DEMOLIZIONI L’impiego di programmi di calcolo basati sul metodo degli elementi finiti FEM aiutano il progettista nell’affrontare complesse analisi strutturali per l’ingegneria delle demolizioni. La caratteristica principale è la discretizzazione dell’intera struttura attraverso la creazione di una griglia mesh formata da elementi finiti di forma codificata e nella risoluzione di problemi in termini di sforzi-deformazioni poggianti su leggi costitutive definite. La definizione della geometria del modello che idealizza la struttura reale viene effettuata inserendo una nuvola di nodi in corrispondenza di punti caratteristici della struttura e collegandoli fra loro con elementi monodimensionali frame, bidimensionali shell o tridimensionali brick. Su ciascun elemento caratterizzato da questa forma elementare la soluzione del problema è espressa da una combinazione di funzioni contenenti tutte le informazioni legate al grado di vincolo, al legame costitutivo del materiale assegnato e all’applicazione di carichi. Tutti i programmi che impiegano il metodo degli elementi finiti per l’analisi strutturale sono dotati di potenti e raffinati solutori che consentono di esplorare il comportamento dei materiali anche in campo fortemente non lineare, ipotizzando comportamenti di tipo plastico o visco-plastico. I vantaggi di un’analisi agli elementi finiti consistono nella possibilità di trattare situazioni definite su geometrie complesse, relative ad una larga varietà di problemi ingegneristici spaziando dallo smontaggio di strutture con tecniche convenzionali fino all’adozione di interventi di demolizione con cariche esplosive. Il compito del progettista si articola nella scelta del tipo di analisi da effettuare, lineare o non, e del tipo di elementi finiti, nella costruzione della discretizzazione ad elementi finiti applicando le corrette condizioni di vincolo e di carico, e nella definizione dei legami che caratterizzano il comportamento costitutivo dei materiali. L’attività di post-processing risulta la fase più delicata dell’intero iter progettuale in quanto, a differenza del campo delle costruzioni, nelle demolizioni è compito del progettista estrapolare i dati di output fondamentali rappresentati direttamente in forma discreta dal solutore FEM in termini di tensioni e spostamenti per le successive verifiche strutturali da affrontare in termini di resistenza per garantire la fattibilità dell’attività di demolizione in totale sicurezza.


zione corretto e poter redigere i piani di demolizione e di dettaglio. Nel caso generale della progettazione di un’opera, una volta noti tutti i valori di sollecitazione agenti sui vari elementi che compongono la struttura, si procede con la verifica delle sezioni ricorrendo, in passato, al metodo delle tensioni ammissibili mentre oggi agli stati limite che si basano su metodi semiprobabilistici. Di fondamentale importanza è la definizione dello stato limite come condizione superata la quale l’opera non soddisfa più i requisiti prestabiliti in termini di sicurezza e prestazioni attesi. I criteri di valutazione con il metodo semiprobabilistico agli stati limite sono stati normati e sono basati sull’impiego di coefficienti parziali di sicurezza applicabili sia ai carichi agenti sulla struttura, sia ai parametri meccanici di resistenza dei materiali. Quando si demolisce un’opera ci si trova nella condizione di essere di fronte ad una struttura esistente la cui conoscenza è spesso limitata e soprattutto,

nonostante le possibili indagini in sito, si hanno grandi incertezze riguardo la conoscenza dei materiali con cui è stata realizzata. A tal proposito, in particolare quando si analizza il comportamento di strutture in cemento armato, non è corretto affidarsi sempre al metodo degli stati limite e all’applicazione dei fattori parziali di sicurezza ma è preferibile ricorrere al confronto delle tensioni agenti in esercizio con i valori limite dei differenti materiali. Al contrario l’acciaio da carpenteria metallica è un materiale con legami costitutivi e parametri di resistenza ben noti, pertanto è possibile ricorrere ai metodi degli stati limite ed eseguire le verifiche strutturali in accordo alla normativa vigente sulle costruzioni. In generale si adottano combinazioni di calcolo che prevedono l’adozione di fattori di sicurezza (non necessariamente quelli definiti da normativa) per l’amplificazione dei carichi agenti, mentre contestualmente si applica-

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no fattori di confidenza che tengano conto dei limiti conoscitivi delle caratteristiche di resistenza dei materiali e di eventuali cadute prestazionali dei materiali da costruzione avvenute negli anni. Alla luce di quanto detto risulta evidente che nella progettazione di un lavoro di demolizione gli aspetti più importanti siano le fasi transitorie delle attività, la conoscenza dello schema statico dell’ossatura portante e la sua variazione durante il processo demolitivo, lo studio dei materiali coinvolti e la definizione dei legami costitutivi. I metodi di analisi adottati e tutte le verifiche strutturali delle sezioni dovranno essere pertanto tarate sulla base dei carichi agenti e delle condizioni al contorno che influenzano ogni fase specifica. In tutto questo occorre porre la massima attenzione al comportamento generale della struttura senza mai sottrarre importanza alla sicurezza che deve essere garantita in ogni singola fase dell’intervento. *DEAM ingegneria s.r.l.

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IN SITU CHEMICAL REDUCTION (ISCR) ALLA SOLVAY DI SPINETTA MARENGO LA BONIFICA DEL CROMO ESAVALENTE NEI TERRENI INSATURI MEDIANTE INIEZIONE DI SOLUZIONI RIDUCENTI di A. Trezzi*, S. Ceccon*, M. Pedrotti*, R. Pisterna*, A. Botti*, C. Di Carlo** ed E. Vecchione**

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a In Situ Chemical Reduction (ISCR) è una tecnica utilizzata per trasformare il Cr(VI), altamente tossico e solubile, in Cr(III) molto meno tossico e mobile. Le esperienze di bonifica sino ad oggi applicate a livello internazionale sono principalmente relative alla ISCR del Cr(VI) nelle acque di falda, mentre l’applicazione nei terreni insaturi non è ancora consolidata. Lo stabilimento chimico di Spinetta Marengo (Alessandria) è un polo industriale attivo di proprietà Solvay Specialty Polymers (Solvay) dal 2002. Le attività di caratterizzazione eseguite hanno indicato la presenza di una contaminazione da Cr(VI) dovuta alle vecchie produzioni di Cromati e Bicromati, interrotte a fine anni ‘60 e dismesse negli anni ‘70. I dati di caratterizzazione delle matrici ambientali terreno e acqua di falda indicano chiaramente che la fonte di contaminazione delle acque sotterranee è il Cr(VI) presente nei terreni insaturi in alcune zone del sito. Ramboll Environ, in collaborazione con Solvay Specialty Polymers, ha quindi proposto l’applicazione della ISCR per ridurre il Cr(VI) a Cr(III) direttamente nei terreni insaturi, costituiti principalmente da sabbie e ghiaie, con locali lenti limose-argillose. La selezione di una tecnica in situ è stata guidata dall’esigenza di ridurre l’interferenza delle attività di bonifica con l’operatività del sito e con le strut-

ture esistenti, testando nel contempo una tecnologia che garantisse la sostenibilità ambientale ed economica. Lo sviluppo della tecnica ha seguito un rigoroso approccio scientifico, di tipo “scale-up”, che ha previsto, a partire dal 2012, l’esecuzione di test a scala di laboratorio, finalizzati alla selezione del composto riducente più efficace, e successivamente Pilot Test in situ.

Il team di lavoro ha incluso l’Università del Piemonte Orientale, che ha svolto i test di laboratorio e il CNR IDPA, che ha eseguito le misure geofisiche volte a valutare l’efficacia dell’intervento in situ. Le prove di laboratorio hanno permesso di selezionare il Ditionito di Sodio quale composto riducente più efficace. Conseguentemente, i test in situ sono stati condotti utilizzando una

Monitoraggio geofisico durante il test pilota

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soluzione riducente preparata a partire dall’Albite, prodotto in polvere costituito da Ditionito di Sodio, in percentuali variabili dal 70 al 92%, e Carbonato di Sodio. Il primo test pilota in situ è stato realizzato in corrispondenza di un’area di dimensioni pari a 5x10 m. L’area del test era caratterizzata da elevate concentrazioni di Cr(VI) nei terreni insaturi (concentrazioni di Cr(VI) fino a 1050 mg/kg). In tale area sono stati testati diversi metodi di iniezione e la tecnica di “Direct Push” in avanzamento, con iniezione della soluzione procedendo dall’alto verso il basso (top-down horizontal injection method), è quella che ha permesso di ottenere una migliore propagazione orizzontale della soluzione riducente. Al fine di valutare quale fosse la metodologia di iniezione più efficace, sono stati eseguiti anche monitoraggi geo-

Dosatore/miscelatore meccanico

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fisici quali la tomografia elettrica (ERT) da superficie. Tale metodo di indagine indiretto ha consentito di identificare il volume di terreno raggiunto dalla soluzione riducente durante e dopo il completamento delle attività di iniezione, consentendo quindi di definire il raggio di influenza (ROI) sito specifico della tecnica (circa 1,2 m). La riduzione di Cr(VI) a Cr(III) è stata confermata sia a breve che a lungo termine mediante campionamenti di terreno condotti dopo una settimana, un mese e cinque mesi dal completamento delle iniezioni della soluzione riducente. I risultati analitici hanno confermato che la riduzione del Cr(VI) a Cr(III) è praticamente completa alla profondità di iniezione. Le elevate portate di immissione, possibili grazie all’elevata permeabilità dei terreni sabbioso ghiaiosi, sono tali da garantire una procedura di iniezione

rapida, permettendo quindi un’applicazione efficace in un sito industriale attivo. Sulla base dei risultati ottenuti, nel 2013 è stato predisposto, e sottoposto alla valutazione degli Enti preposti (ARPA, Regione Piemonte e Provincia di Alessandria), un progetto per fasi per la bonifica “Full Scale” del Cr(VI) per l’intero sito industriale. Il piano di bonifica proposto consiste nell’applicazione della tecnologia di ISCR che, come sopra descritto, è stata sviluppata a scala di laboratorio e di test pilota in campo. Il progetto prevede n. 6 fasi operative, in corrispondenza di n. 6 aree, caratterizzate da elevate concentrazioni di Cr(VI) nei terreni insaturi, che possono costituire sorgenti secondarie per le acque sotterranee. La prima fase del progetto di bonifica è stata autorizzata nel 2014 ed ha quindi portato all’esecuzione del cosiddetto “test pilota esteso” che ha interessato un’area di dimensioni pari a 15x17 m. Prima di iniziare il trattamento, sui terreni insaturi sono state condotte indagini di dettaglio finalizzate a meglio definire, in termini di punti di intervento e volumi di soluzione riducente necessaria, il piano delle attività di iniezione. In corrispondenza di tale area è stato anche implementato un sistema di contenimento idraulico nonché un dettagliato piano di monitoraggio per le acque sotterranee e per i gas interstiziali, che ha previsto campionamenti prima, durante e dopo le attività di iniezione della soluzione riducente. Nel corso del mese di Ottobre 2014 sono state quindi effettuate n. 70 iniezioni di soluzione riducente che hanno interessato l’intera verticale dei terreni insaturi contaminati, sino a raggiungere la frangia capillare (circa 8 m da piano campagna). In questa fase operativa, la preparazione manuale della soluzione riducente è stata sostituita da un sistema meccanico, gestito da software PLC, che consente di dosare l’Albite e miscelare la polvere con l’acqua in sicurezza e con maggiore rapidità. I risultati di collaudo ottenuti, sia a breve termine (dopo 2 mesi) che a medio-lungo termine (dopo 8 mesi), confermano l’efficacia della metodologia sviluppata per la riduzione del Cr(VI) a Cr(III) sia nei terreni insaturi costituiti


Test di iniezione della soluzione riducente

da sabbia e ghiaia (litologie prevalenti), sia, con efficacia leggermente minore (come previsto), nei terreni limosi (media complessiva riduzione pari al 79%, mediana 92%) L’ottima efficacia dell’intervento di bonifica è stata confermata anche dall’esecuzione di un ulteriore test, cosiddetto di ”flussaggio”, finalizzato a verificare se le eventuali concentrazioni residue di Cr(VI) potevano essere mobilizzate dall’acqua: dopo 4 mesi dal completamento delle attività di iniezione della soluzione riducente sono state eseguite, sull’area di interesse, iniezioni di sola acqua in pressione che non hanno portato ad incrementi di Cr(VI) nelle acque sotterranee immediatamente sottostanti. Per quanto riguarda le attività di monitoraggio eseguite sulle altre matrici ambientali prima, durante e dopo le iniezioni di soluzione riducente, i risultati analitici indicano che: • i gas interstiziali non hanno subito modifiche sostanziali in seguito all’iniezione della soluzione riducente; • le acque di falda immediatamente al di sotto dell’area di intervento evidenziano un netto decremento delle concentrazioni di Cr(VI) durante la fase di iniezione; le concentrazioni di Cr(VI) tendono poi

nel tempo, in seguito all’esaurimento dell’azione riducente dalla soluzione iniettata, a riallinearsi con quelle di monte idrogeologico, rimanendo comunque inferiori a quelle registrate nell’area prima dell’intervento e confermando quindi (come indicato anche dalla prova di flussaggio con acqua) che non vi è più apporto di Cr(VI) dai terreni insaturi sovrastanti. I monitoraggi sulle acque di falda indicano anche che, come previsto, in seguito all’iniezione della soluzione riducente si assiste ad un incremento dei Solfati e dei composti redox sensibili (principalmente Fe e Mn) che tendono poi a ritornare ai valori di background con l’esaurimento dell’azione riducente ed il ristabilimento di valori di redox pre-iniezioni. In conclusione, le prove fino ad oggi effettuate, ed i relativi risultati, indicano che l’ISCR mediante iniezione in pressione di una soluzione di Ditionito di Sodio è efficace nel ridurre Cr(VI) a Cr(III) nei terreni insaturi. La reazione è molto veloce ed è stabile anche a lungo termine. Inoltre, una parte della soluzione riducente iniettata nei terreni insaturi li attraversa e raggiunge la falda ove forma una zona reattiva che riduce

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direttamente il Cr(VI), presente in fase disciolta, a Cr(III). Tale effetto è di “breve termine” e si conclude quando la soluzione riducente si esaurisce e quindi non è più in grado di ridurre il Cr(VI) trasportato nella falda acquifera da monte idrogeologico. L’intervento di bonifica determina inoltre un effetto positivo di lungo termine sulla falda acquifera in quanto l’area insatura trattata non è più sorgente secondaria di contaminazione, cioè, a seguito di eventi pluviometrici e/o oscillazioni della falda acquifera, non rilascia più Cr(VI) verso la falda sottostante. Nel complesso la tecnica applicata appare efficace ed efficiente senza richiedere la movimentazione dei terreni, con costi unitari inferiori allo scavo e smaltimento, e con la prospettiva di riduzione dei costi complessivi di intervento ottimizzando il piano di monitoraggio e controllo, una volta superata la fase di testing. Sulla base dei risultati ottenuti, nel Gennaio 2016, la Conferenza dei Servizi ha confermato l’efficacia della tecnologia sviluppata da Solvay e ha autorizzato la prosecuzione dell’intervento di ISCR. *Ramboll Environ Italy S.r.l. **Solvay Specialty Polymers Italy S.p.A.

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FRESATO D’ASFALTO SULLA STRADA TRA RIFIUTO E SOTTOPRODOTTO Un excursus tra normativa e giurisprudenza per comprendere come il conglomerato bituminoso di recupero possa essere inquadrato come sottoprodotto di Daniele Carissimi*

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ulla strada accidentata ed impervia del diritto ambientale, dibattuta e controversa da anni si colloca, oscillante tra rifiuto e sottoprodotto, l’annosa questione dell’inquadramento giuridico del conglomerato bituminoso di recupero [1], più comunemente noto come fresato d’asfalto. La norma UNI-EN 13108-8 precisamente così lo definisce: “Conglomerato bituminoso recuperato mediante fresatura degli strati del rivestimento stradale che può essere utilizzato come materiale costituente per miscele bituminose prodotte in impianto a caldo”. Occorre ricordare che il fresato d’asfalto è un prodotto di grande valore economico, disponibile in notevole quantità, ottimo sotto il profilo tecnico e il cui recupero non richiede alcuna particolare lavorazione accessoria [2]. La gestione giuridica di tale materiale può essere duplice: • come rifiuto è assoggettato ai complessi adempimenti previsti dalla normativa vigente in materia

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e che implicano costi non indifferenti; • la gestione come sottoprodotto semplificata e provvida di riscontri economici positivi. Da qui le motivazioni di un fervido interesse dottrinale e giurisprudenziale sul tema volto a ricondurre il fresato nella nozione di sottoprodotto. Va tenuto a mente che la nozione comunitaria di sottoprodotto contenuto nella Direttiva 98/2008/CE sui rifiuti, è stata recepita poi in Italia nel D.Lgs. 152 del 2006 (di seguito anche Codice dell’Ambiente, Testo Unico Ambientale o TUA), per opera del D.Lgs. 205 del 2010, all’art. 184 – bis [3], il quale conferma i quattro requisiti introdotti a livello comunitario, consistenti sinteticamente in: • origine da un processo di produzione; • riutilizzazione in un altro processo produttivo; • riutilizzabilità senza alcun trattamento diverso dalla normale pratica industriale; • legalità dell’ulteriore utilizzo.

Le predette condizioni sono da considerarsi esaustive e cumulative, tali per cui, solo la compresenza contestuale delle stesse è idonea a far sorgere la qualifica di sottoprodotto. La verifica della loro sussistenza in relazione al fresato d’asfalto, trattandosi di questione squisitamente interpretativa, transita attraverso lo scenario giurisprudenziale e dottrinale delineatosi progressivamente sul tema. La stessa nozione di sottoprodotto di origine comunitaria è stata introdotta in ripetute sentenze [4] dalla Corte Europea di Giustizia che ne ha tracciato un quadro definitorio. Quanto alla giurisprudenza italiana, il Consiglio di Stato nella sentenza 4978 del 6 ottobre 2014, confermando la sua precedente sentenza n. 4151 del 21 maggio – 6 agosto 2013, ha chiarito in modo univoco che tale materiale, originato dai lavori di manutenzione/ricostruzione della pavimentazione stradale, al pari di qualsiasi altro residuo produttivo, può essere qualificato come “sottoprodotto” in presenza delle “con-


dizioni” di cui all’art. 184 bis, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. 1. Il primo requisito attiene al momento genetico del sottoprodotto. Esso, infatti, deve essere generato incidentalmente nel processo tecnologico di realizzazione del diverso prodotto principale (scopo primario della produzione) non deve essere il fresato ma di detto processo deve costituire parte integrante. Il sottoprodotto si caratterizza, e consiste, propriamente, in quella diversa sostanza che si genera di fatto - naturalmente e/o necessariamente, dallo stesso processo produttivo – organizzato, però, per un obiettivo “primario” distinto dalla produzione dello stesso sottoprodotto. In altre parole, per decidere se un materiale è un sottoprodotto sarà necessario indagare se un soggetto ha scelto deliberatamente di produrlo. In caso di risposta negativa si riterrà sussistente la prima condizione in analisi ai fini della qualificazione del sottoprodotto come tale e non anche come ulteriore prodotto risultato dalla linea di produzione. Sul punto il TAR Lombardia, Milano, Sez. II, sentenza n. 2182/2012 (sentenza, peraltro, oggetto di impugnazione e confermata dal Consiglio di Stato di cui sopra), ha espressamente affermato, nella motivazione, che l’attività di scarifica, da cui proviene il fresato, può essere qualificata come “processo

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produttivo”. Invero, è stato specificatamente affermato che “lo scopo per cui si fresa l’asfalto è il rifacimento stradale e non la produzione del fresato in quanto tale”. La seconda condizione della nozione di sottoprodotto richiede invece che l’uso e la commercializzazione della sostanza o dell’oggetto in quanto sottoprodotto deve essere certo. In altre parole, il sottoprodotto, secondo la normativa ambientale, deve essere effettivamente riutilizzato. Sul punto la Corte di Cassazione penale (sentenze n. 11007 del 1999 e n. 8050 del 2007) ha chiarito che per il legittimo riutilizzo di tali materiali la prova della destinazione al riuso deve essere obiettiva, univoca e completa. E nella già citata sentenza sul caso Palin Granit oy c-9/00 la Corte di Giustizia conclude che “A tal fine il vantaggio economico costituisce un indizio per cui il bene non costituisce più “un peso” per il detentore che intende disfarsene”. Sulla base della terza condizione richiesta ai fini dell’inquadrabilità nella nozione di sottoprodotto, il residuo di produzione deve essere poi riutilizzato senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla c.d. “normale pratica industriale”. Ebbene, riguardo alla definizione di tale condizione è proprio la Commissione Europea, nella Comunicazione del 2007 al punto 3.3.2. a confessare che la stessa è “difficile

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da valutare”. Nella dottrina italiana si assiste a diverse e variegate interpretazioni che non aiutano all’oggettività e univocità di prospettiva. Da un lato si afferma che nella nozione di normale pratica non rileva la classificazione dei trattamenti, bensì se gli stessi vengono o meno “normalmente posti in essere nello stabilimento che produce il sottoprodotto” [5]. Tale impostazione è stata accolta nella sentenza della Cassazione Penale, Sez III n. 17453 del 10 maggio 2012, che ha stabilito che, ai fini della qualifica come sottoprodotto, la condizione, prevista dalla lett. c) dell’art. 184–bis, è limitata agli interventi manipolativi del residuo ordinariamente effettuati nel processo produttivo nel quale esso viene utilizzato, con esclusione degli interventi diversi, anche se consistenti in operazioni quali la cernita, la vagliatura, la frantumazione o la macinazione, comunque rientranti nella nozione di trattamento ricavabile dall’art. 2, comma 1, lettera h) del D.Lgs. 36 del 2003, con la conseguenza che essi possono farsi rientrare nella normale pratica industriale solo se rientrino tra le operazioni che l’impresa normalmente effettua sulla materia prima che il sottoprodotto va a sostituire [6]. Altri autori, invece, hanno interpretato tale condizione nel senso che detti trattamenti sono quelli che si risolvono in trattamenti che non incidono sulle caratteristiche merceologiche e di qualità ambientale che il sottoprodotto già possiede all’origine [7]. In ogni caso, fermo restando i recenti arresti giurisprudenziali e/o dottrinali [8] relativi alla qualificazione di trattamenti del fresato d’asfalto come rientranti o meno nella “normale pratica industriale” – deve evidenziarsi che sia che si aderisca all’una o all’altra interpretazione, la condizione di cui alla lettera c) dell’art. 184-bis co. 1 è in ogni caso rispettata laddove il fresato d’asfalto verrà poi utilizzato tal quale, ovvero senza più subire alcun ulteriore trattamento né modificazione.

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4. Passando infine al quarto ed ultimo requisito, ossia quello della “legalità”, alla luce dello stesso l’immissione nel mercato e lo scambio dei sottoprodotti, non possono essere compiuti contra jus, cioè in spregio alle normative interne, anche tecniche, di natura civile, amministrativa e penale che ne regolano la fabbricazione e circolazione. Il legislatore comunitario impone, in conclusione, una condizione di generale legalità al fine di far rispettare tutti i requisiti e le prescrizioni relative ai prodotti e alla protezione della salute NOTE

e dell’ambiente in relazione all’utilizzo specifico del sottoprodotto. Nella prassi corrente tale requisito si presenta come una “condizione” espressamente contemplata in normative tecniche di settore che tengono conto dell’utilizzo specifico cui è destinato il fresato, della sua composizione chimico-fisica e delle sue caratteristiche e qualità, come evinte da eventuali norme tecniche (es. norme UNI) [9]. In conclusione, l’excursus appena svolto, mostra come, posto sulla strada accidentata ed impervia del diritto ambientale, il fresato d’asfalto sembra aver imboccato lo svincolo verso il sottoprodotto anche attraverso una spinta decisa della giurisprudenza dominante e l’egida della dottrina prevalente, con tutte le conseguenti implicazioni in termini di vantaggi economici che ne derivano per gli operatori del settore. *Ambiente Legale s.r.l.

[1] Il fresato d’asfalto o “conglomerato bituminoso di recupero” è così definito dalla norma UNI EN 13108 (Miscele bituminose - Specifiche del materiale. Parte 8: conglomerato bituminoso di recupero). [2] Ravaioli S., Fresato d’asfalto: rifiuto o sottoprodotto? Reclaimed asphalt: waste or by-product?, in Rassegna del bitume, link http://www.siteb.it/new%20siteb/ documenti/RASSEGNA/6911_2.pdf [3] Articolo 184 bis “È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: - la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; - la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; - l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. […]” [4] Corte di Giustizia, inter alia, C-418/97 e C-419/97, Arco Chemie Nederland Ltd, C-9/00, Palin Granit Oy, C-475/02, Niselli, C-263/05 Commissione c. Repubblica Italiana. [5] Anile, Rifiuti, sottoprodotti ed m.p.s.: commento ai nuovi articoli 184 – bis e 184 – ter, in Rifiuti, 2011, I/II, 38. [6] P. Fimiani, “Normale pratica industriale: l’intervento è tale solo se rientra tra le operazioni che l’impresa normalmente effettua sulla materia prima sostituita dal sottoprodotto”, in Rifiuti bollettino di informazione normativa, luglio 2012 n. 197 (07/12), p. 23. [7] Giampietro P., “Per individuare i sottoprodotti non c’è spazio di discrezionalità”, ne Il Sole24Ore, 23 novembre 2010. [8] Come sostenuto da GIAMPIETRO P. e SCIALO’ A., in “Sottoprodotto e fresato d’asfalto: il Consiglio di Stato ne chiarisce la natura. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 06/08/2013 n° 4151”, il fresato d’asfalto - laddove ad esempio destinato ad impianti di betonaggio - viene sottoposto a semplici interventi di riselezione e riduzione granulometrica prima di essere inserito nel successivo processo produttivo (ove si effettua, fra l’altro, la miscelazione di aggregati lapidei, leganti bituminosi ed eventuali attivanti chimici, con cui viene formato il nuovo prodotto: sempre conglomerato bituminoso). Tali operazioni vengono svolte senza l’aggiunta di additivi o sostanze chimiche, ma solo mediante strumenti (come il frantoio) che lasciano sostanzialmente inalterate le caratteristiche e proprietà originarie del fresato (che vede mutata solo la sua dimensione fisica o taglia (in inglese “size”). In altri termini, le operazioni cui è sottoposto il fresato, prima di essere inserito nel nuovo processo produttivo (dove viene “miscelato”) con altri aggregati, per la produzione di nuovo conglomerato bituminoso, non sono idonee a modificarne la relativa identità chimico-merceologica – anche secondo i precedenti criteri di classificazione - ma individuano interventi che, riducendo la granulometria del fresato, lo rendono più facilmente trasportabile e utilizzabile nell’impasto occorrente al ciclo produttivo di destinazione. Il fresato, quindi, (come altri residui produttivi di legno, metallo, plastica, carta, ecc.) resta lo stesso nella sua identità, anche se, per le ragioni funzionali ricordate, subisce delle trasformazioni: per es. fisiche. In definitiva, quindi, alla luce sia dell’attuale parametro dell’utilizzo “diretto” ex art. 184-bis, comma 1, lett. b) del T.U.A., che dei rassegnati precedenti giurisprudenziali (in linea con un orientamento conforme della Corte di Giustizia, recepito dalla stessa Commissione U.E.,), può correttamente ammettersi - così come implicitamente riconosciuto dalla sentenza del TAR Lombardia n. 2182/2012 e dal Consiglio di Stato, nella sentenza n. 4151/2013, - che gli interventi operati sul residuo produttivo, derivante dalla fresatura d’asfalto sia da parte del produttore che dell’utilizzatore, rientrano nella “normale pratica industriale”. [9] GIAMPIETRO P. e SCIALO’ A., op. cit.

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IL RAVVEDIMENTO OPEROSO L’estinzione di alcuni reati contravvenzionali introdotta dalla Legge 68/2015 di Rosa Bertuzzi* e Nicola Carboni**

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a Legge n. 68 del 22 maggio 2015 “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, con il nono comma dell’art. 1 ha introdotto nel corpo del Testo Unico Ambientale la Parte sesta-bis, che reca norme sulla “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale”.

La nuova parte sesta si compone di sette articoli, dal 318-bis al 318-octies ed introduce nell’ordinamento un meccanismo estintivo dei reati contravvenzionali previsti dal Codice Ambiente. A differenza di quanto riportato nel titolo della parte sesta bis, la novella non si riferisce agli illeciti amministrativi. Come si legge nell’art. 318-bis “ambito

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di applicazione” le nuove disposizioni si “applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette”. Pertanto non interessano gli illeciti amministrativi.

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Il meccanismo delineato dal legislatore nelle norme che si commentano ha un suo precedente nel nel Capo II del D.Lgs. 758/1994 “Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro”. Il legislatore del 2015 ha “copiato ed incollato” le sette norme del Capo II dall’art. 19 all’art. 25, adattandole poi alla disciplina ambientale contenuta nel TUA. Tuttavia l’opera di adattamento avrebbe dovuto essere più accurata. Il nuovo istituto importato nella materia ambientale ha subito rivelato diverse e significative difficoltà interpretative, che hanno determinato opposte soluzioni applicative. A mente dell’art. 318 bis la disciplina della parte sesta bis si applica esclusivamente alle contravvenzioni previste dal TUA. Sono pertanto pacificamente escluse tutte le diverse ipotesi di contravvenzioni in materia ambientale previste da norme differenti. Queste ultime non potranno avvantaggiarsi di questo particolare meccanismo estintivo e seguiranno pertanto le normali procedure di contestazione, anche nel caso in cui concorrano con l’accertamento di ipotesi contravvenzionali previste dal TUA. In sostanza tali norme non subiranno il potere di attrazione delle norme del TUA per quanto attiene all’applicazione di questa particolare forma di estinzione delle contravvenzioni. Preliminarmente occorre verificare per quale tipologia di reati contravvenzionali, previsti dal TUA, sia applicabile il procedimento disciplinato dalla parte sesta bis. Nell’ambito della disciplina in materia di lavoro, il legislatore con l’art. 19 comma 1 lett. a) del già citato D.Lgs. 758/1994, esplicitamente ha disposto l’applicazione della disciplina di estinzione alle sole ipotesi di reati puniti con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda. Ciò ha fatto sostenere ad autorevoli autori che, in analogia, anche nel caso in argomento, la disciplina estintiva della parte sesta bis sia applicabile ai soli reati puniti con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda. Questa interpretazione è proposta anche al fine di salvaguardare il principio di legalità delle pene, in quanto la pena dell’arresto congiuntamente

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all’ammenda non verrebbe mai applicata in difetto di una norma espressa che consenta tale operazione [cfr. Linee guida in tema di prescrizione ed estinzione delle contravvenzioni previste dal D.Lgs. 68/2015 a cura del Dott. Vincenzo Paone, Procura di Asti]. Questa soluzione interpretativa sembra essere oggi maggioritaria. Soffermandosi sulle condotte che danno luogo alla previsione di illeciti contravvenzionali, si può constatare che quelle sanzionate con la pena congiunta o hanno già prodotto la concreta lesione del bene giuridico ambiente, oppure ancorché del tutto identiche a quelle condotte sanzionate con contravvenzioni punite con pena alternativa, sono dal legislatore considerate più gravi in quanto interessano rifiuti pericolosi o in generale sostanze pericolose. Si vedano le sanzioni di cui all’art. 29 quattuordecies, dell’art. 137, tutte quelle del capo I del titolo IV della Parte IV in materia di gestione dei rifiuti o quelle relative alle emissioni in atmosfera. Ora l’art. 318-bis stabilisce che le disposizioni di cui alla parte VI bis si applicano solamente alle contravvenzioni che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette. I beni giuridici oggetto della norma sono quindi le risorse ambientali, quelle urbanistiche e quelle paesaggistiche. Le condotte prese in considerazione sono: a. quelle che non hanno cagionato un danno; b. quelle che non hanno cagionato un pericolo concreto e attuale di danno. Ancorché in modo non esaustivo, si può provare a fare una declaratoria delle diverse tipologie di condotte che possono essere poste in essere nella realizzazione di illeciti contravvenzionali. Senza esitazione la procedura in argomento può essere sempre applicata a quelle situazioni in cui non si è prodotto alcun evento materiale. In questo caso la mancanza totale di evento esclude anche che il bene giuridico sia stato esposto ad un pericolo concreto. La mancanza di un’autorizzazione ambientale per un impianto

pur dotato delle autorizzazioni edilizie e paesaggistiche, che non è mai entrato in attività può essere oggetto di “regolarizzazione”, al pari della realizzazione di uno scarico che non abbia avuto alcuna possibilità di entrare in funzione; così come la mancata iscrizione di un mezzo dedicato al trasporto dei rifiuti all’apposito albo gestori ambientali. Ben più complessa è la valutazione richiesta all’operatore quando si è realizzato un evento materiale lesivo del bene giuridico ambiente. In questi casi si è sempre portati ad escludere l’applicazione della parte sesta bis in virtù dell’equazione evento uguale danno ambientale o comunque pericolo concreto di danno. Un evento materiale lesivo del bene giuridico ambiente significa sostanzialmente che si è avuta un’emissione che ha determinato una lesione di una matrice ambientale. Un’emissione in atmosfera, uno scarico in corpo idrico, una dispersione sul suolo di contaminanti solidi o liquidi, tutti eventi che potrebbero con alta probabilità aver determinato sicuramente un danno ambientale o comunque realizzato un pericolo concreto. Affinché lo si possa stabilire con sufficiente certezza occorrono valutazioni approfondite, caratterizzazioni, analisi delle matrici. In tali ipotesi non è possibile definire delle regole generali di comportamento e non tutti gli operatori sono in possesso di una esperienza professionale tale da consentirgli una valutazione ponderata di ogni evento.

La prescrizione di cui all’art. 318 ter

L’art. 318 ter è l’articolo centrale della parte sesta bis, dove è prevista la prescrizione asseverata che viene impartita dall’organo di vigilanza o dalla polizia giudiziaria al contravventore allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata. L’articolo ha necessità di essere analizzato sotto diversi aspetti. Il soggetti attivi individuati dalla norma sono “l’organo di vigilanza nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’art. 55 del C.p.p. ovvero la polizia giudiziaria”. L’individuazione della polizia giudiziaria ovviamente non pone


alcun problema, anche perché, come è noto, i reati in materia ambientale sono di competenza generica di tutta la polizia giudiziaria, senza che vi sia alcuna competenza specialistica. Più insidiosa è l’individuazione degli organi di vigilanza. Questi per poter impartire la prescrizione di cui alla norma in commento devono poter espletare funzioni di polizia giudiziaria di cui all’art. 55 del C.p.p. Quando nel TUA si fa riferimento generico all’Autorità competente per il controllo (Cfr. art. 193; 101, 269) occorre verificare se questi siano in possesso della qualifica di polizia giudiziaria. Per cui non tutti gli organi di vigilanza possono procedere all’applicazione della parte sesta bis del TUA. Questo perché l’art. 318-ter di fatto costituisce un ampliamento dell’area delle funzioni di polizia giudiziaria e quindi un’integrazione al decalogo degli atti di polizia giudiziaria che possono essere posti in essere da chi possiede quella qualifica. La prescrizione di cui all’art. 318-ter è un atto di iniziativa in quanto posto in essere prima che l’autorità giudiziaria venga investita della notizia di reato, atteso che la CNR segue e non precede l’atto con il quale viene impartita la prescrizione. Il contenuto della prescrizione è previsto dal terzo comma dell’art. 318-ter, dove si stabilisce che questa contiene “specifiche misure atte a far cessare la situazione di pericolo ovvero la prosecuzione di attività potenzialmente pericolose”. La “cessazione di attività potenzialmente pericolose”, fa viceversa riferimento a quelle condotte tipiche delle fattispecie di reati di pericolo astratto. In queste ipotesi la condotta posta in essere di per sé non determina alcun pericolo di compromissione del bene giuridico ambiente, tuttavia la sua tutela penale viene tanto anticipata da ricomprendervi condotte che solo potenzialmente potrebbero esporre a pericolo il bene tutelato. Ciò è evidenziato dal fatto che il terzo comma dell’art. 318-ter utilizza il termine “attività potenzialmente pericolose” riferendosi ad attività che non determinano ancora uno stato di pericolo effettivo e immediato del bene giuridico ambiente, ma che potrebbero

per questo essere astrattamente pericolose. In queste ipotesi l’integrità del bene giuridico ambiente non è neanche in pericolo, lo è solo potenzialmente secondo una previsione prognostica operata dalla norma, proprio perché ci si riferisce a condotte tipiche dei reati di pericolo astratto. Le misure contenute nelle prescrizioni devono essere misure tecniche, puntuali e specifiche. La casistica delle attività che possono essere oggetto di prescrizione è naturalmente vastissima. Tuttavia si può provare ad individuarne seppur sinteticamente alcune tipologie, che se non certamente esaustive sono comunque le più frequenti: • Attività esercitata in possesso di una valida autorizzazione ambientale. In tali ipotesi la condotta accertata è presumibilmente sempre conseguenza di una mancata o difforme ottemperanza ad una o più prescrizioni contenute nell’autorizzazione o nella norma che disciplina quella determinata attività. Al contravventore saranno pertanto prescritti una serie di adempimenti diretti a realizzare quanto già disposto nell’autorizzazione. In questo caso siamo di fronte ad un’attività sostanzialmente di conformizzazione a quanto descritto nel quadro prescrittivo dell’autorizzazione. • Attività esercitata in mancanza di una valida autorizzazione ambientale. Si tratta di tutte quelle situazioni in cui un soggetto pone in essere un’attività per la quale è necessaria un’autorizzazione ambientale o comunque un provvedimento di assenso dell’autorità competente. In tali ipotesi il contenuto della prescrizione non può che essere quello di interrompere l’attività espletata sine titulo e presentare la richiesta di autorizzazione all’autorità competente. • Attività che non richiede alcuna autorizzazione ambientale. Si tratta di tutte quelle attività che qualora realizzate in modo inadeguato costituiscono una violazione di norme ambientali. Viceversa qualora realizzate correttamente non sono sottoposte ad alcuna auto-

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rizzazione ambientale. Un esempio classico può essere quello di un’attività industriale/artigianale che effettua uno scarico sul suolo di reflui non pericolosi, ma che per il tempo in cui è rimasto attivo lo scarico e per la qualità del refluo, non abbia potuto arrecare alcun danno ambientale. In questo caso il refluo dovrà essere trattato come rifiuto liquido, quindi condotto in un serbatoio a tenuta e poi correttamente smaltito. Tale attività non è soggetta ad autorizzazioni ambientali. La prescrizione avrà pertanto come contenuto quello di realizzare le opere necessarie a condurre lo scarico verso la cisterna a tenuta. Di seguito si vedrà come questa casistica sia rilevante ai fini della determinazione dell’Ente che dovrà asseverare le prescrizioni impartite dall’organo procedente. Il contenuto delle prescrizioni si lega imprescindibilmente ad altri due argomenti: quello dell’individuazione dell’ente specializzato che deve asseverare le prescrizioni formulate dall’organo accertatore e quello del termine entro il quale le stesse prescrizioni devono essere adempiute dal contravventore. La prima questione ha inizialmente suscitato alcune perplessità interpretative, in particolare per l’utilizzo del termine “asseverazione”. Non sembra utile ai nostri fini richiamare i diversi casi e significati in cui il legislatore ordinario ha utilizzato il termine asseverazione. Certo è che in quest’occasione del termine si è fatto un uso atecnico, non fosse altro perché l’asseverazione è una particolare procedura certificativa ad iniziativa solitamente di un privato. Viceversa nel nostro caso è la stessa norma che stabilisce che l’attività fa capo ad un Ente specializzato nella materia e non può che riferirsi ad un Ente pubblico, non essendo pensabile che ci si possa riferire ad un Ente di natura privata che asseveri le prescrizioni dell’organo accertatore, con oneri a carico di quest’ultimo. *Ambienterosa, Consulenze Legali Ambientali **Vice Comandante Polizia Provinciale di Cagliari

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R E C O N N E T Aggiornamenti dalla rete su attività ed eventi di Renato Baciocchi*

Report, documenti e software di nuova elaborazione Il documento “Determinazione e gestione dei livelli di guardia per il monitoraggio delle discariche”

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a principale novità della rete Reconnet consiste nella pubblicazione sul sito della rete (www. reconnet.net) del documento “Determinazione e gestione dei livelli di guardia per il monitoraggio delle discariche (2016, Rev. 0)”, elaborato dal Gruppo di Lavoro sulla “Interazione tra gestione delle discariche e normativa bonifiche”, coordinato dall’Ing. Andrea Forni (Ordine degli Ingegneri di Bologna) e dal Dott. Igor Villani (Arpae Ferrara). Come già anticipato nel numero di Recover di settembre, il documento riporta un sistema di supporto alle decisioni per la gestione di eventi significativi sicuramente riconducibili a perdite di percolato e di gas dal corpo della discarica. Per le acque di falda, oltre ad essere sensibile e tempestivo nel rilevare anomalie (valore delle soglie di un ordine di grandezza più basse rispetto a quelle normalmente impiegate in circostanze simili), consente un utilizzo razionale di risorse economiche, in quanto basato sul semplice controllo di pochi parametri (di norma pari a tre) selezionati in base alla mobilità degli stessi nel mezzo insaturo/saturo e dalla significativa presenza nel percolato. Questo ultimo aspetto, la “significativa” presenza nel percolato, è di particolare importanza per evitare di associare plume di contaminazione generati da

sorgenti estranee all’impianto di discarica, e di attivare inutilmente eventuali procedimenti di bonifica, onerosi sia per il gestore dell’impianto che per gli enti di controllo. Per la matrice aria vengono fornite utili indicazioni per la determinazione e identificazione di limiti di riferimento, rappresentanti attualmente l’aspetto più cruciale della tematica sia per i soil gas sia per l’aria ambiente.

Il software LEACH8

Sempre dal sito della rete è ora finalmente possibile scaricare il software LEACH8, elaborato dall’ing. Iason Verginelli dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, come per il RISKNET, supportato da un gruppo di sviluppo. LEACH8 è uno strumento che permette di applicare la procedura di Analisi di Rischio alle discariche per la sorgente percolato. In particolare, il software permette di calcolare la concentrazione ammissibile in discarica, per la concessione delle deroghe ai sensi dell’art. 7 (Sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi) o art. 10 (Deroghe) del D.M. 27/09/2010.

Eventi co-organizzati dalla rete Workshop su “Bonifica, recupero ambientale e sviluppo del territorio: esperienze a confronto sul fitorimedio” Roma, 17-18 marzo 2016 Le fitotecnologie applicate al campo della bonifica dei siti contaminati (fitorimedio) incontrano un interesse sempre maggiore fra gli addetti ai lavori, ma anche fra gli amministratori pubblici

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che devono trovare soluzioni economiche, sostenibili e a basso impatto ambientale. A poco più di due anni dall’ultimo appuntamento organizzato sull’argomento, che ha suscitato grande interesse e partecipazione, l’Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale (IBAF) del C.N.R, il Dipartimento per l’Innovazione nei Sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali (DIBAF) dell’Università degli Studi della Tuscia e il GdL “Le fitotecnologie nella bonifica dei siti contaminati” della rete RECONnet, propongono un nuovo incontro formativo/informativo volto ad aggiornare il quadro delle esperienze progettuali e applicative sviluppate nel campo del fitorimedio nel nostro Paese. L’incontro si svilupperà su due giornate, la prima dedicata alla formazione e la seconda all’aggiornamento e si terrà presso la sede centrale dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), i prossimi 17 e 18 marzo 2016. Obiettivi specifici dell’incontro sono: • offrire strumenti di valutazione dell’applicabilità e della qualità degli interventi basati sulle fitotecnologie; • favorire l’aggiornamento tecnico e la condivisione delle informazioni su scala nazionale; • fare un punto sulle strategie di monitoraggio applicate ai siti; • valutare le problematiche amministrative/autorizzative dei procedimenti in materia; • favorire un dibattito fra operatori del settore utile ad individuare nuove strategie di intervento nel territorio basate sulla valorizzazione e conservazione delle risorse naturali.

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Quarta edizione dell’Alta Scuola di Formazione sulle Bonifiche Ravenna, 18-20 maggio 2016

E’ stato definito il programma della quarta edizione dell’evento ravennate, che si è ormai consolidato come uno dei principali momenti di formazione ed approfondimento in tema di bonifiche a livello nazionale. Anche quest’anno l’alta scuola si tiene nell’ambito di “Fare i conti con l’ambiente”, evento a km zero declinato in tecnica, cinema, musica e arte, che si svolge interamente nel centro storico pedonale di Ravenna all’interno di 12 sale attrezzate e nelle principali vie del centro storico (www.labelab.it/ravenna2016). Il programma della scuola prevede una sessione di apertura dedicata al tema delle esperienze nazionali ed internazionali in tema di bonifiche. La presentazione di apertura sarà svolta dalla Dott.ssa Ana Paya Perez del JRC (Joint Research Center) della commissione europea, che farà una panoramica sulla gestione dei siti contaminati e sulle politiche europee per la protezione del suolo. La mattinata

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proseguirà poi con un intervento della Prof.ssa Aurora Santos Lopez, dell’Università Complutense di Madrid, che illustrerà il programma CARESOIL, un esempio di progetto di ricerca integrato finanziato dalla comunità di Madrid. A seguire, ci si calerà nella situazione italiana con un intervento del Ministero dell’Ambiente (invitata l’Ing. Laura D’Aprile, dirigente della Divisione III Bonifiche e Risanamento) relativo alle iniziative del ministero a supporto della ricerca ambientale. La mattinata sarà chiusa da un intervento dell’Ing. Luciano Zaninetta (Syndial) che parlerà delle principali driving force che spingono ad innovare nelle bonifiche ambientali. Il pomeriggio della prima giornata sarà invece dedicato ad un approfondimento su alcune tecnologie di bonifica. Il primo intervento, da parte del Prof. Petrangeli Papini (Sapienza, Università di Roma) sarà dedicato alle barriere permeabili reattive, mentre quello successivo del Prof. Sethi (Politecnico di Torino) ai trattamenti con ferro zerovalente in micro- o nanoscala. Gli interventi conclusivi della giornata saranno inve-

ce dedicati alla discussione di metodi geostatistici a supporto della progettazione di interventi sulla falda (Dott. ssa Francesca Lotti e Prof. Vincenzo Piscopo dell’Università della Tuscia) e ad approfondimenti tecnico-normativi sull’applicazione del fitorimedio (Ing. Andrea Sconocchia di ARPA Umbria). La seconda giornata sarà dedicata ad approcci innovativi sia per quanto attiene la gestione che la caratterizzazione e monitoraggio dei siti contaminati. La mattina, dedicata alla gestione dei siti contaminati, vedrà un primo intervento del Dott. Igor Villani (Arpae Ferrara), che discuterà i principali aggiornamenti normativi. Successivamente, ci sarà un intervento di INAIL (Ing. Simona Berardi e Ing. Elisabetta Bemporad), dedicato alle problematiche connesse a salute e sicurezza dei lavoratori nei siti contaminati, con particolare riferimento al ruolo dell’analisi di rischio. L’Ing. Fabio Ermolli (ATIA-ISWA) affronterà alcuni aspetti tecnici e legislativi particolarmente controversi nei procedimenti di bonifica. La seconda parte della mattinata


sarà dedicata ai risultati di alcuni gruppi di lavoro della rete Reconnet. Inizieranno l’Ing. Claudio Albano (CH2M) e l’Ing. Paola Di Toppa (ISPRA), coordinatori del gruppo di lavoro SuRF, che discuteranno i criteri per la valutazione della sostenibilità delle bonifiche; successivamente, l’Ing. Jean Pierre Davit (Golder) affronterà il tema della interazione tra bonifiche e riqualificazione di aree dismesse o degradate, mentre concluderà la mattinata l’Ing. Iason Verginelli (Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”) che presenterà la nuova release del software Risknet (versione 2.1), la cui uscita è prevista proprio nel periodo di svolgimento della scuola. Il pomeriggio del secondo giorno vedrà un primo intervento dell’Ing. Marco Falconi (ISPRA), dedicato a tecniche innovative di monitoraggio, seguito da una presentazione del gruppo di ricerca di Tor Vergata su sistemi di campionamento soil gas attivi e passivi. La giornata sarà chiusa da un intervento di Fabian De Weirdt (Direct Sensing Tools Geoprobe Environmental Technologies) e dell’Ing. Mario Sunseri (SGM Ferrara), che daranno evidenza di esperienze di monitoraggio con “direct sensing tool”. La terza e ultima giornata della scuola sarà dedicata a due eventi monotematici. La mattina consisterà in una sessione ARPA, con un intervento di apertura del Dott. Luca Marchesi (ARPA FVG – Presidente ASSOARPA), dedicato al ruolo delle ARPA nella gestione dei siti contaminati, seguito da una serie di interventi di altre ARPA su temi specifici di natura tecnica o gestionale. In particolare, la Dott.ssa Madela Torretta (ARPA Lombardia) affronterà il tema dell’inquinamento diffuso negli acquiferi, l’Ing. Rossana Cintoli (ARPA Lazio) quello della caratterizzazione dei bacini lacustri, il Dott. Marco Roverati (Arpae Ferrara) la definizione e gestione dei valori di fondo, mentre in chiusura la Dott. ssa Daniela Ballardini (Arpae Ravenna) discuterà la nascita della nuova agenzia Arpae e la transizione dalla vecchia Arpa. La scuola di Ravenna sarà chiusa da un’ultima sessione pomeridiana che sarà dedicata ad una esercitazione applicativa su di un caso studio, che sarà affrontato sia da un punto di vista tecnico che procedurale.

Conclusioni e prospettive

Il 2016 rappresenta un anno molto importante per la rete. Un anno di continuità e rafforzamento, con la conferma del suo ruolo rilevante nella disseminazione e nella condivisione dei risultati ottenuti dai diversi gruppi di lavoro. Ma anche un anno nel quale sono previste novità in termini di prodotti e software. Oltre ai software LEACH8 e RISKNET 2.1 (di prossima uscita), nel corso di quest’anno si prevede certamente la pubblicazione di documenti da parte dei gruppi di lavoro sulla sostenibilità delle bonifiche, sul fitorimedio e sull’analisi di rischio ecologico, mentre anche gli altri gruppi hanno in lavorazione documenti che potrebbero vedere la luce sempre entro il 2016. Alla luce di tali risultati, anticipiamo già che nel corso dell’ultimo trimestre 2016 o eventualmente del primo trimestre 2017 si prevede l’organizzazione di un evento RECONnet aperto a tutti nel corso del quale si darà evidenza dei risultati ottenuti. *Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Reconnet


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Bobcat lancia il nuovo accessorio puliscispiaggia Progettato per l’uso su superfici asciutte o bagnate, il puliscispiaggia SC200 è compatibile con le pale compatte cingolate modello Bobcat T590, T650, T770 e T870 in versione con portata standard o alta portata. Il puliscispiaggia va ad affiancarsi alle oltre 70 famiglie di diversi accessori della gamma Bobcat, aggiungendo una serie interamente nuova di applicazioni alle già vaste potenzialità di impiego delle macchine Tool Carrier Bobcat con accessori Bobcat. Con una larghezza di lavoro di 1.900 mm, una profondità di lavoro massima di 200 mm e un contenitore di raccolta integrato da 350 litri di capacità, il puliscispiaggia Bobcat è un accessorio a grandi prestazioni che setaccia rapidamente sabbia e terreno raccogliendo detriti piccoli come i mozziconi di sigarette. Oltre ai mozziconi di sigarette, il puliscispiaggia raccoglie anche detriti come tappi di bottiglia, frammenti di vetro, pezzi di legno, lattine, sassi, buste di plastica, siringhe e alghe. Il puliscispiaggia è quindi l’ideale per la pulizia di spiagge pubbliche e private, villaggi vacanze, per la manutenzione di aree giochi, di campi sportivi, piste da corsa ippiche, aziende agricole e per la raccolta differenziata. In grado di ripulire vaste aree a una velocità di 15.000 m²/h, il puliscispiaggia Bobcat integra la sua elevata produttività con la grande capacità di scarico assicurata dal braccio caricatore della pala e dal sistema di apertura idraulica dell’accessorio che agevola lo scarico dei detriti su autocarri. I tempi di ciclo rapidi e la grande produttività del pacchetto integrato pala compatta Bobcat più puliscispiaggia Bobcat offrono una soluzione efficace a metà del prezzo di una macchina dedicata. Le dimensioni compatte della pala e la sua manovrabilità senza pari consentono all’operatore di lavorare attorno a ostacoli fissi e di arrivare presso aree isolate di difficile accesso, raggiungibili solo attraverso strade anguste.

FR5000 il multilaceratore Forrec conquista gli USA Terminati i severi test a cui ogni macchina viene sottoposta prima di essere immessa sul mercato, Forrec presenta il multilaceratore FR5000, il trituratore primario progettato per offrire prestazioni superiori nel trattamento di rifiuti ingombranti, speciali, urbani, industriali, materiali imballati e sfusi. E’ il più grande tra i quattro modelli della serie e consente produzioni fino a 80 ton/h. La tecnologia innovativa adottata nella progettazione di questa macchina garantisce una riduzione dei costi di manutenzione e semplifica la gestione. Il ciclo di rotazione degli alberi gestito da PLC consente di lavorare con elevate quantità di materiale senza necessità di installare ulteriori optional, inoltre la struttura indeformabile e robusta conferma l’affidabilità di una macchina che può essere impiegata in diversi ambiti con la massima resa. Operatori di tutto il mondo hanno dimostrato subito di apprezzare le caratteristiche di questa macchina che si è aggiudicata un posto di primo piano nella produzione Forrec.

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Veicoli Ecologici Giolito: zero angoli ciechi grazie a Backeye®360 Select di Brigade Elettronica L’astigiana Giolito S.r.l. opera da oltre 25 anni nel settore igiene urbana. Dall’iniziale core business di assistenza e riparazioni, Giolito ha diversificato la propria attività, progettando e costruendo, nel 1998, un minicompattatore, primo di una gamma che nel tempo si è ampliata con lava cassonetti, vasche per la raccolta rifiuti e vasche a caricamento laterale allestite su mezzo con guida a destra. La produzione si è dunque consolidata e sviluppata, fino all’ultimo nato in casa Giolito: il polifunzionale Bi-Smart, che unisce il caricamento posteriore, tramite il minicompattatore Smart da 6 mc, con gestione completamente automatizzata della compattazione da una consolle posta in cabina, al caricamento laterale con vasca “Side” da 2,5 mc, traslante di 500 mm esternamente alla sagoma del mezzo con ribaltamento su lato destro. Un unico innovativo veicolo per un doppio servizio, gestito da un solo operatore, Bi-Smart è idoneo per qualsiasi tipo di rifiuto, pure voluminoso, e riduce notevolmente i tempi di raccolta, assicurando la massima efficienza, grazie anche a due pompe indipendenti che permettono l’uso contemporaneo sia della compattazione sia dei servizi. Accorgimenti che denotano la gran cura riposta dalla Giolito nella messa a punto dei propri mezzi, aumentando il comfort dell’operatore e, ancor prima, la sicurezza. Sicurezza sia per l’operatore che per pedoni e ciclisti che si muovono nei centri abitati. Bi-Smart è, infatti, dotato di Backeye®360 Select di Brigade Elettronica, un sofisticato sistema di telecamere che fornisce all’autista una panoramica completa del veicolo, per manovrare senza alcuna difficoltà, anche in vie strette, aree urbane o affollate. Backeye®360 Select si compone di 4 telecamere ad angolo molto ampio con lenti a 187° che azzerano gli angoli ciechi, riproducendo una vista a 360° tutto intorno al mezzo in una sola immagine. Un software intelligente appositamente studiato da Brigade, appiattisce le immagini grandangolari, elimina istantaneamente le distorsioni fisheye e, in contemporanea, bilancia le differenti luminosità delle varie inquadrature. I veicoli ecologici Giolito si distinguono dunque per innovatività, efficienza e, più di tutto, sicurezza, in particolare grazie a Backeye®360 Select di Brigade Elettronica.

Le nuove gru gamma SC di Soilmec Soilmec presenta due nuovi modelli di gru cingolate a ciclo di lavoro, la SC-120 HD e la SC-50 HD, che saranno in esposizione alla prossima fiera Bauma a Monaco di Baviera. Questi modelli permettono l’esecuzione di prestazioni difficili a parità di una grande semplicità nell’ottenimento di svariate configurazioni di lavoro: benna per muri di diaframmi, rotary idraulica, palificatrice, attrezzatura per dragaggi, benna mordente, compattazione dinamica, morsa giracolonna, ecc. Tutti i modelli della gamma SC sono dotati di una cabina operatore di ultima generazione, la Soilmec H-Cab, che offre notevole comfort ed ergonomia, insieme all’ultima generazione del sistema di controllo DMS, che permette di monitorare lo stato della macchina, offrendo inoltre un pacchetto software specifico per ogni tecnologia. Infine, le gru cingolate SC sono disponibili in entrambe le versioni motore Tier 4 e Tier 3 e offrono tutte le caratteristiche di sicurezza necessarie per garantire un uso sicuro e la manutenzione della macchina.

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Untha XR mobil-e, innovazione dall’Austria nel campo della triturazione mobile dei rifiuti! Dopo un’ampia serie di test in tutta Europa Untha, azienda specializzata nella produzione di trituratori, rinomata a livello mondiale, introduce sul mercato il primo trituratore mobile elettromeccanico. Il nuovo XR3000 mobil-e rappresenta un concetto di macchina rivoluzionario nella triturazione mobile di rifiuti che sfrutta i tanti vantaggi dell‘azionamento elettromeccanico, senza dover rinunciare alla flessibilità di una macchina mobile. Come tutti prodotti XR, anche il XR mobil-e è dotato del sistema Untha Eco Drive ad alta efficienza energetica che garantisce che i costi di gestione siano minimizzati e le potenzialità e la qualità del materiale massimizzati. Al contrario di macchine mobili convenzionali inquinanti, rumorose e con elevati consumi energetici, XR mobil-e è azionato in modo ecosostenibile ed economico. Per muoversi XR mobil-e viene manovrato tramite un telecomando in modo comodo e in piena sicurezza. Attraverso l`ampia selezione di diverse griglie forate e strumenti di taglio, la configurazione della macchina può essere adattata in modo da ottenere una determinata pezzatura del materiale in uscita sulla base delle diverse esigenze dei clienti. XR mobil-e tritura con facilità rifiuti ingombranti, solidi urbani, industriali, da demolizioni edili e rifiuto legnoso di ogni genere per produrre un CDR omogeneo idoneo per inceneritori, cementifici e impianti di gassificazione o biomassa. Sono disponibili due diversi sistemi di taglio in base al materiale e alla pezzatura che si vuole ottenere: il sistema lacerante RIPPER e il sistema tagliante CUTTER con spintore interno. Con entrambi i sistemi di taglio si possono ottenere pezzature da 400 mm fino a 30 mm. La potenzialità, variabile in funzione della qualità del materiale in ingresso e del diametro delle griglie forate, va dalle 10 t/h fino a 70 t/h.

La tecnologia ibrida Merlo: un prezioso alleato per i cantieri urbani e gli spazi chiusi La storia dei sollevatori telescopici Merlo è iniziata negli anni ’80 e l’azienda ha superato i 100.000 modelli venduti. Merlo è diventato nel tempo il sinonimo di sollevatore telescopico. Questo è successo grazie alla continua ricerca tecnologica dell’azienda che ha permesso di avere modelli sempre più performanti e che hanno introdotto nuovi standard in termini di sicurezza e prestazioni. Per chi lavora in galleria, in spazi chiusi o confinati, sotto i capannoni, negli impianti industriali o all’interno dei centri urbani, è fondamentale ridurre l’impatto ambientale sia in termini di emissioni gassose che di impatto acustico. La gamma di sollevatori telescopici ibridi Merlo è oggi all’avanguardia della tecnica in questo specifico settore. TF 38.10 TT HYBRID è il nuovo modello con tecnologia ibrida della Merlo. La macchina deriva direttamente dal modello TF 42.7 Hybrid grazie alla concezione modulare e va a elevare l’altezza massima di sollevamento fino alla classe dei 10 metri. Le caratteristiche sono del tutto simili a quelle del primo sollevatore telescopico ibrido di casa e rappresentano un unicum a livello mondiale. La concezione modulare comporta che tutti i vantaggi insiti nella nuova gamma siano presenti anche su questa macchina.

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EMILIANA SERBATOI LANCIA LA SONDA «EMILPROBE» CHE DIVENTA UN PRESIDIO DI SICUREZZA

Nei giorni scorsi l’azienda modenese, leader in Italia nel campo dei serbatoi, ha lanciato Emilprobe un prodotto che può dare una mano concreta a contrastare l’escalation dei “vampiri di gasolio”, autentico business per la criminalità dal momento che ogni mese, come ha riscontrato la Guardia di finanza, si arriva a sfiorare la cifra di 10mila tonnellate di carburante rubato per un giro d’affari che si riflette sul mercato nero di oltre 100 miliardi di euro all’anno. Un’autentica piaga, insomma, che danneggia principalmente le imprese del settore primario e del manifatturiero che si ritrovano svuotate le proprie cisterne dal carburante essenziale per far funzionare i mezzi aziendali. Lo strumento, realizzato nei laboratori dell’azienda modenese, è una sonda che esegue il monitoraggio in tempo reale del liquido presente nella cisterna, nel serbatoio da deposito o nel sistema di stoccaggio a uso privato e aziendale e che può essere controllato attraverso uno schermo touchscreen come pure a distanza, tramite smartphone. Ma soprattutto Emilprobe è dotato di un innovativo sistema di allarme che quando rileva anomalie nei valori del carburante invia sms ed email a 5 utenze telefoniche e 5 di posta elettronica, in maniera da poter essere aggiornati seduta stante se c’è stata una variazione non attesa che può appunto essere collegata a un furto. Peraltro quando avviene la variazione dei liquidi il sistema di erogazione del serbatoio viene bloccato. Emilprobe diventa quindi un presidio di sicurezza e in quest’ottica il prodotto è stato presentato a Verona a Fieragricola, la manifestazione dedicata alle tecnologie dell’agricoltura, aggiudicandosi il premio innovazione per il contributo al miglioramento delle performance aziendali.

Da Econorma il Controller multicanale FT-200/MP Le normative vigenti per l’accreditamento qualità relative ai laboratori, magazzini di merci deperibili, prevedono il controllo della Temperatura quale parametro critico da tenere sotto serio controllo. Nel settore alimentare con l’H.A.C.C.P., in particolare, questi parametri hanno assunto un’importanza notevole. L’FT-200/MP, prodotto dalla Econorma s.a.s., è un dispositivo compatto e trova applicazione nei settori dell’industria alimentare e farmaceutica: Celle frigorifere, Trasporti refrigerati, Termotecnica, Processi industriali, Agricoltura, Ambiente, ecc. L’FT-200/MP ha la possibilità di registrare i dati e gestire gli allarmi con una uscita a relé per controlli esterni in funzione dei range di minima e di massima impostati, relativi alle varie sonde. Utilizzando una tecnologia con protocollo digitale, permette di posizionare le sonde a notevole distanza dallo strumento. E’ dotato di un display LCD retroilluminato sul quale sono visualizzate le letture in tempo reale ed eventuali allarmi. Ha un relè di allarme generale da 10 A che scatta quando c’è un superamento di soglia o per sonde danneggiate. Le misure sono memorizzate in record con una frequenza impostata dall’utente in un intervallo da 1 a 240 minuti con passi di un minuto. Al dispositivo FT-200/ MP si possono collegare fino a 12 ingressi di sonde digitali di temperatura. Ha un’uscita RS232 9 pin per lo scarico dati in formato Excel. L’alimentazione dell’apparecchiatura è a 12 Vcc. Con il tastierino frontale si possono inserire le soglie di allarme, l’offset di calibrazione e i tempi di memorizzazione. Ogni sonda viene identificata con un codice univoco di 6 caratteri e il relativo valore di temperatura viene aggiornato sul display LCD con l’opzione refresh. Il suono di un buzzer, e un simbolo sul display, avvertirà l’operatore di un eventuale superamento di soglia di allarme. In tale situazione si attiverà il relè, utile per comandare altri dispositivi esterni.

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LIBRI Blue economy 2.0 - 200 progetti implementati 4 miliardi di dollari investiti 3 milioni di nuovi posti di lavoro A cura di Gunter Pauli

Sono passati 5 anni dalla pubblicazione di Blue Economy quando il sottotitolo del libro era 10 anni, 100 innovazioni, 100 milioni di posti di lavoro. Oggi parliamo invece di 200 progetti implementati, 4 miliardi di dollari investiti e 3 milioni di posti di lavoro. Si è passati quindi da una visione, avuta per di più nel pieno di una crisi economica mondiale senza precedenti, ad una realtà diffusa e tangibile. Quella che allora era una speranza di vedere il cambiamento da un modello economico lineare basato su produzione-distribuzione-consumo ad un modello di economia circolare oggi è consapevolezza che questa sia l’unica strada percorribile. Una strada ancora molto lunga e accidentata ma lungo la quale è già possibile apprezzare una casistica fatta di iniziative imprenditoriali lodevoli e lungimiranti. E’ un volume che racchiude i concetti fondamentali della blue economy teorizzata e applicata da Gunter Pauli in una nuova edizione, interamente rivista e aggiornata, in cui vengono delineate prospettive ancor più esaltanti per politici ed imprenditori “illuminati” che avranno il coraggio di metterle in pratica.

Edizioni Ambiente (pagine 348 – € 25,00)

CYCLE & RECYCLE

A cura di Paul Bulteel

I rifiuti non bene e nel male fanno parte della nostra vita. Quando mal gestiti sono in grado di deturpare l’ambiente, distruggere gli ecosistemi, inquinare l’aria e contaminare mari e fiumi con conseguenti e talvolta gravi problemi che si ripercuotono sulla salute umana. Ridurre la produzione di rifiuti e trovare corrette strade per il riciclaggio e il riutilizzo sono quindi scelte cruciali. Ma qual è il reale significato del termine riciclaggio? Anche se si tratta di una parola ormai familiare non tutti riescono a crearsi un’immagine mentale di ciò che il riciclaggio comporta in realtà. Ci viene quindi in soccorso il fotografo belga Paul Bulteel che, affascinato dallo scarto e dal riciclaggio dei beni di consumo ha visitato più di 50 impianti di riciclaggio in Europa per poter creare delle immagini sorprendenti dei processi subiti da tonnellate di materiali. Grazie ad una serie di fotografie altamente illuminanti ci mostra ciò che accade quando la nostra carta, metallo, vetro, plastica, elettrodomestici, abbigliamento e innumerevoli altri sottoprodotti industriali e scarti sono raccolti e trasformati in nuovi materiali. Visivamente affascinante e ben documentato, queste immagini sono forse in grado di fornire spunti di riflessione per migliorare le nostre abitudini nel quotidiano.

Hatje Cantz (pagine 176 – € 45,00)

RIFIUTI Quesiti e risposte A cura di Paola Ficco

Sono circa 400 le risposte contenute all’interno di questo volume che fanno chiarezza su altrettanti quesiti relativi alla gestione dei rifiuti. Si tratta di una selezione delle domande inviate alla rivista Rifiuti – Bollettino di informazione normativa qui raccolte il modo sistematico e suddivise in 13 argomenti, dalla definizione di rifiuto al deposito temporaneo, dalle terre e rocce da scavo ai profili sanzionatori e di responsabilità. Ogni argomento è a sua volta catalogato partendo dai quesiti più recenti del 2015 andando indietro per anno sino a quelli del 2011. I quesiti sono risolti dal Direttore della Rivista, Paola Ficco, e da altri esperti in materia e sono in grado di fornire un aiuto concreto e di rapida consultazione per le imprese e gli enti in tutti i casi in cui ci si scontra con una normativa poco chiara o con situazioni particolari.

Edizioni Ambiente (pagine 406 – € 28,00)

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APPUNTAMENTI BAUMA

Monaco di Baviera, dall’11 al 17 aprile

Si aprirà l’11 aprile a Monaco il Salone Internazionale di Macchine per l’Edilizia, Materiali da Costruzione e Industria Estrattiva con interessanti innovazioni legate agli azionamenti e ai motori verdi per le macchine per l’edilizia. Alla scorsa edizione nel 2013 sono stati registrati numeri da record: 575.000 metri quadrati di esposizione, 3.421 espositori e 535.065 visitatori da oltre 200 Paesi. Tutti i settori industriali, tutti i principali produttori, tutte le maggiori innovazioni saranno in mostra al Bauma, fiera leader nel Mondo e piattaforma d’eccellenza per gli esperti che si occupano di macchine per la costruzione e per la lavorazione dei materiali edili, macchine movimento terra e attrezzature dedicate al settore minerario.

www.bauma.de

Cremona, dal 20 al 22 aprile

BIOENERGY

BioEnergy Italy apre quest’anno la sesta edizione ed è ormai riconosciuta a livello internazionale come punto di riferimento per le più importanti aziende del settore delle energie rinnovabili. Presso la fiera di Cremona, centro della Pianura Padana e luogo d’elezione per la produzione di energia da fonti alternative, si possono incontrare i maggiori investitori: aziende agricole, industrie alimentari e amministrazioni territoriali che credono fortemente nel settore. Uno dei punti di forza della manifestazione è il ricco programma di convegni, seminari e workshop, che, per i temi trattati, coinvolgono in modo trasversale tutti gli operatori delle diverse filiere interessate.

www.bioenergyitaly.com

Milano, 14 aprile

MCM

MCM Milano - Mostra Convegno Manutenzione Industriale è un evento verticale giunto quest’anno all’undicesima edizione che unisce all’interno della stessa manifestazione una parte espositiva a una componente formativa. MCM nella sua edizione milanese si svolge in concomitanza con SAVE Milano, mcT Alimentare e mcT Visione e Tracciabilità. Da anni MCM risulta un appuntamento fisso nell’agenda degli operatori, un momento fondamentale di aggiornamento professionale, oltre che punto d’incontro ideale per sviluppare business.

www.mcmonline.it/milano/

Ravenna, dal 18 al 20 maggio

RAVENNA

La nona edizione dell’evento sui rifiuti, acqua, energia torna con la primavera con una tre giorni di incontri, di formazione e informazione, di approfondimenti e conoscenza sulle nuove tecnologie e sui processi industriali, coniugando cultura e solidarietà ed offrendo eventi d’arte e spettacolo. Fare i conti con l’ambiente conferma la presenza della quarta edizione del Corso Residenziale di Alta Formazione sulla Bonifica dei siti contaminati, mentre, novità del 2016, sarà un altro grande momento formativo, la Scuola di Alta Formazione in Gestione dei Rifiuti, che si sviluppa secondo un elevato livello di approfondimento, con lo scopo di fornire ai partecipanti una preparazione accurata, ma di agile comprensione, relativamente alla gestione dei rifiuti.

www.labelab.it/ravenna2016

SUM

Bergamo, dal 23 al 25 maggio

Dopo lo straordinario successo della seconda edizione, che ha visto la partecipazione di oltre 200 delegati provenienti da 40 paesi diversi, il SUM 2016 – 3° Simposio sull’Urban Mining e sulla Circular Economy, si terrà dal 23 al 25 maggio 2016 nella suggestiva cornice del Monastero di Sant’Agostino. Il Simposio si focalizzerà sul concetto dell’Urban Mining e sulla necessità di guardare oltre la raccolta differenziata e l’attuale approccio basato sulla responsabilità del consumatore, con maggiore recupero di risorse e migliore qualità, con maggiore tutela dell’ambiente, con il coinvolgimento della responsabilità dei produttori, con minori costi per la collettività.

www.urbanmining.it

SPS

Parma, dal 24 al 26 maggio

SPS IPC Drives Italia, sorella della tedesca SPS IPC Drives, rappresenta da oltre 20 anni la manifestazione di riferimento dell’automazione industriale in Germania e in Europa. Dopo il successo ottenuto con la quinta edizione, SPS IPC Drives Italia si prepara a offrire di nuovo una proposta sempre più completa nel panorama dell’automazione industriale, declinata in quattordici categorie merceologiche, rappresentando così una fiera di soluzioni e non solo di prodotti, che si caratterizza per la presenza di tutti i principali fornitori di componenti e sistemi per l’automazione e per l’attenzione posta alle soluzioni tecnologiche e alla divulgazione delle applicazioni realizzate.

www.spsitalia.it

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Foto in copertina © Andrea Botto

Anno 9 - Numero 34 – Marzo 2016 ISSN 2421-2938

Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin Collaboratori: Renato Baciocchi, Rosa Bertuzzi, Alessandro Botti, Nicola Carboni, Daniele Carissimi, Sara Ceccon, Maria Beatrice Celino, Marco Costabello, Caterina Di Carlo, Marco Martinetto, Maria Pedrotti, Roberto Pisterna, Aldo Trezzi, Ettore Vecchione, Laura Veneri, Luisa Verolino

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Comitato Scientifico: Maria Rosaria Boni (Sapienza Università di Roma) Daniele Cazzuffi (CESI spa – RemTech) Laura D’Aprile (MATTM, Roma) Luciano De Propris (Consulente ambientale) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Cuneo) Gian Luigi Soldi (Città Metropolitana di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino) Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7497964 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it Grafica, disegni e impaginazione: Roberto Fatiga - email: grafica.advespa@gmail.com Abbonamenti: Italia annuo € 40,00 - estero annuo € 75,00 copia singola € 12,00 - arretrati € 14,00 Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@deaedizioni.it Stampa: Tipografica Derthona Strada Vicinale Ribrocca 6/5 - 15057 TORTONA (AL)

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L’ESTETICA DELLA DISTRUZIONE ESPERIENZE DI FOTOGRAFIA NEI CANTIERI DI DEMOLIZIONE LA REGINA DELLE FIERE SI PREPARA PER L’ENNESIMO GRANDE SUCCESSO... È TEMPO DI BAUMA COSTA DIADEMA, IL “PAESE GALLEGGIANTE” DOVE LA RACCOLTA DIFFERENZIATA È AL 100% EXPO2015 ORA è TEMPO DI SMONTAGGI E DEMOLIZIONI POI RESTERANNO SOLO I RICORDI

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