RECOVER magazine n. 37

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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 9 n. 37 - ISSN 2421-2938 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

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DICEMBRE 2 0 1 6

www.recoverweb.it

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E DI TO R I A L E

EDITORIALE ITALIA che vince nel GREEN

È stato pubblicato da poche settimane il settimo rapporto GreenItaly, la ricerca di fondazione Symbola e Unioncamere, che fa il punto sullo stato dell’economia verde in Italia, sulle rinnovabili sulla riconversione dei cicli produttivi, sui green building e sul riciclaggio. I risultati sono molto interessanti e confermano che la green economy dal 2010 si è dimostrata una delle più significative ed importanti risposte alla crisi. Gli argomenti trattati nelle oltre 200 pagine forniscono un quadro completo sulla presa di forza e sviluppo delle economie verdi; al settore del recupero e riciclaggio dei rifiuti sono dedicate 40 pagine che cercheremo di sintetizzare in poche righe in questo editoriale. Iniziamo con un po’ di orgoglio nazionale dicendo che, sia sotto il profilo della quantità di materia avviata a riciclo che sotto il profilo del valore economico generato dall’intera filiera, dalla raccolta alla produzione industriale di nuovi manufatti, l’Italia nel panorama europeo è un caso di eccellenza insieme alla Germania. Nel nostro Paese sono state recuperate per essere avviate a riciclo 47 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi, il valore assoluto più elevato tra tutti i Paesi europei (in Germania sono 43, in Francia 29); siamo anche i migliori tra i grandi d’Europa per minor creazione di rifiuti in rapporto alla produzione: ne produciamo 42 tonnellate ogni milione di euro, meglio di Spagna (49), Regno Unito (59), Germania (64) e Francia (84). Finalmente ci vediamo assegnato non solo il podio ma un primo posto nelle classifiche europee che sovente ci vedono ricoprire sempre gli ultimi posti. E’ pur vero che il rapporto lo abbiamo fatto noi ma è altrettanto vero che lo studio è più che autorevole. Accanto a queste tendenze positive, vi sono alcune criticità che ostacolano un più forte decollo del settore. In primis va potenziato il mercato dedicato al riutilizzo delle materie prime seconde nei cicli manifatturieri ed edili; il riciclo degli inerti ad esempio ha ampie possibilità poco sfruttate perché non integrate con l’industria del cemento e del calcestruzzo. C’è poi la dipendenza tecnologica: nei settori tecnologicamente più esigenti della preparazione al riciclo, l’Italia è sostanzialmente priva di produttori di tecnologie dedicate. Come anche in altri settori ambientali, benché l’Italia sia il primo o il secondo produttore da riciclo in Europa, la tecnologia è pressoché totalmente di importazione (da operatori tedeschi, americani, francesi, norvegesi). Scommettere nel green quindi paga, crea sviluppo, posti di lavoro, export. Le imprese italiane sono traino di questa tendenza e per Ecomondo che compie 20 anni questa notizia rappresenta un bellissimo regalo confermato ancor di più dalla citazione nel rapporto di numerose aziende che sono espositori storici della fiera.

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S O M M A R I O S OM M A R I O

Ecomondo compie 20 anni!

Rubriche

News 8 Reconnet 95 Vetrina 96 Libri 102 Appuntamenti 103

PRIMO PIANO

Il mercato delle demolizioni di Massimo Viarenghi

Attualità

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WORK IN PROGRESS

Il nuovo che si integra nell’esistente di Laura Veneri

di Maeva Brunero Bronzin

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Quando sostenibilità e business convivono

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Lione si tinge di verde

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di Laura Veneri

FABBRICA DELLE IDEE

La frazione organica non è un rifiuto di Paolo Silingardi

PANORAMA AZIENDE

Il massimo del recupero di Laura Veneri

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di Marco Costabello

Dal nastro all’impianto completo

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Un illuminante progetto di selezione e riciclo

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Energia rinnovabile e compost dal rifiuto organico

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di Valeria Nosiglia

La speciazione chimica dei metalli nella determinazione della pericolosità dei rifiuti

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La presenza naturale di amianto nelle rocce e nei suoli ofiolitici

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di Pietro Marescotti et al.

Precisione tedesca, creatività italiana

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L’automazione applicata all’ambiente

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di Maria Beatrice Celino

di Serena Sgarioto

di Paolo Plescia et al.

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di Maria Beatrice Celino

Normativa

End of waste: la cessazione della qualifica di rifiuto

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Il trasporto illecito di rifiuti e la confisca del mezzo

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di Mara Chilosi

di Rosa Bertuzzi e Nicola Carboni

SPECIALE

Biorisanamento, rivegetazione e recupero ambientale nell’ex Carbochimica di Ilaria Re

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PROGETTI E TECNOLOGIE

Dal Giappone all’Italia il blu acquamarina si fa strada di Maria Beatrice Celino

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Quando una macchina nel suo piccolo, fa la differenza 64

di Bruno Vanzi

Cosa c’è di “speciale”?

di Bruno Vanzi

di Bruno Vanzi

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L’EDIZIONE DEL VENTENNALE DI ECOMONDO MANTIENE VIVO L’ENTUSIASMO E LA PARTECIPAZIONE PER IL SALONE CHE PIÙ DI OGNI ALTRO HA CONTRIBUITO IN ITALIA ALLA FORMAZIONE DI UNA CULTURA GREEN

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POTENZA, VERSATILITÀ OPERATIVA E SICUREZZA DEL BROKK 400, IL MEZZO RADIOCOMANDATO CHE HA SAPUTO FARE LA DIFFERENZA NELLA DEMOLIZIONE DI UN AUTOSILOS NEL CENTRO DI MILANO

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GRAZIE AL PROGETTO ILLUMINATE SI FA UN GRANDE PASSO AVANTI NELLA CORRETTA GESTIONE DELLA SELEZIONE E DEL RICICLO DELLE LAMPADE

72 PROBLEMATICHE E POSSIBILI SOLUZIONI NELLA SPECIAZIONE CHIMICA DEI METALLI NELLA DETERMINAZIONE DELLA PERICOLOSITÀ DEI RIFIUTI TAL QUALI E TRATTATI

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RUBR I C H E

NEWS ADDIO ALLE VELE DI SCAMPIA

Ad agosto il Comune di Napoli ha approvato la proposta della Giunta, presentata dagli Assessori all’Urbanistica Carmine Piscopo, alle Nuove centralità urbane Daniela Villani e alla Gestione del Patrimonio Ciro Borriello, che prevede un intervento sull’area delle Vele di Scampia (lotto M) con l’obiettivo di riqualificare l’area urbana. In sostanza l’intervento approvato prevede la demolizione delle vele A, C e D e la trasformazione della vela B, temporaneamente utilizzata per ospitare alcuni nuclei familiari ma che successivamente ospiterà funzioni pubbliche. Il progetto intende dare un ruolo di centralità al quartiere Scampia nel quadro della Città Metropolitana di Napoli. Inoltre si prevede una riqualificazione ambientale e funzionale di alcune scuole del quartiere e una serie di interventi per migliorare le vie di accesso che collegano Scampia con il resto della città. Il finanziamento di tale progetto proviene da un fondo di 500 milioni stanziato dal governo per l’anno 2016 denominato “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia”. Le modalità di finanziamento, riportate nell’articolo 8 del bando del programma, prevedono “un ammontare massimo di 40 milioni di euro per il territorio di ciascuna città metropolitana e di 18 milioni di euro per i comuni capoluogo di provincia e per i comuni con il maggior numero di abitanti di ciascuna città metropolitana”. Nel bando, inoltre, è previsto un meccanismo premiale per i progetti cofinanziati con programmi europei, nazionali e/o regionali. Di tale premialità potrà godere anche il progetto di riqualificazione delle vele di Scampia, già interessato da una quota di cofinanziamento di circa 9 milioni di euro nell’ambito del “Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane 2014 – 2020”.

Ma come verranno demolite le vele? Come ormai noto da anni quest’area urbana è piena di amianto, bisognerà quindi capire come si procederà alla bonifica prima di demolire gli edifici, a differenza di come avvenne quando furono abbattute tra il 1997 e il 2003 tre delle sette vele. Costruite negli anni ’60 e ’70 le vele erano nate dall’idea di

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dare nuova linfa vitale a un’area periferica di Napoli, il disegno dell’opera fu affidato all’architetto palermitano Francesco Di Salvo che, ovviamente, aveva intenzioni ben diverse rispetto al degrado urbano che oggi rappresentano.

PARTE LA BONIFICA DELLA EX FIBRONIT DI BARI Lo scorso 18 ottobre sono finalmente iniziati i lavori di bonifica dell’ex fabbrica Fibronit sita nel quartiere Japigia di Bari. Ci vorranno quasi due anni per bonificare l’intera area grande circa 100 mila metri quadrati, di cui 39 mila sono coperti da edifici industriali e magazzini.

La Fibronit fondata nel 1935 e attiva fino al 1985 era un’azienda produttrice di elementi per l’edilizia in amianto e fra i suoi prodotti figurava soprattutto l’eternit. L’inaugurazione del cantiere per la bonifica, preceduta da un minuto di silenzio in memoria delle 400 vittime di amianto, è stata presieduta dal sindaco di Bari Decaro, il quale si è inginocchiato sui terreni dell’ex fabbrica dicendo “lo faccio a nome di tutta la città per rispetto di tutte le vittime, consapevole che il picco delle morti per asbestosi arriverà nel 2025”. A Bari la lotta all’amianto dura da molti anni: nel 2004 fu fatto il primo provvedimento dal sindaco dell’epoca Michele Emiliano, il quale manifestò alla Direzione generale del ministero dell’Ambiente la volontà di procedere alla bonifica della Fibronit rendendo l’area definitivamente inedificabile. L’anno seguente, il consiglio comunale di Bari approvò la variazione di destinazione urbanistica del suolo ex Fibronit, ovvero da zona per attività terziarie ad area verde pubblica. Intanto il sito inquinato dopo la chiusura della fabbrica era diventato una discarica di amianto a cielo aperto e sebbene nel 2006 fosse iniziata la rimozione



RUBR I C H E

NEWS delle tonnellate di amianto presenti, nel 2011 l’intervento non era ancora finito. Ad ogni modo, lo scorso luglio, dopo diversi contenziosi, la ditta Teorema si è aggiudicata l’appalto dei lavori di bonifica. Il progetto è stato finanziato dalla Regione Puglia con 10 milioni di euro, dal commissario delegato per l’emergenza ambientale in Puglia con 1 milione e dal Comitato interministeriale per la programmazione economica con 3 milioni. L’area è stata suddivisa in cinque blocchi da smantellare uno alla volta, i capannoni saranno coperti da strutture con una tettoia e da due strati di telo protettivo ancorati a barriere New Jersey alte tre metri. Il materiale verrà mischiato a cemento e quindi confinato in lastre da posizionare nell’area più inquinata del sito, sulla quale sorgerà una collinetta, allocazione definitiva delle macerie. Al termine dei lavori sull’ex area inquinata sorgerà un parco in memoria delle vittime, lo stesso percorso attuato a Casale Monferrato, dove, dopo un lungo processo di bonifica, è stato inaugurato lo scorso settembre il Parco Eternot sorto proprio dove prima c’era la fabbrica dell’Eternit.

RIENTRATO IL PERICOLO PER IL NAUFRAGIO DELLA MUSTAFA KAN

idrocarburi. Nei giorni successivi la notizia ha creato molta apprensione soprattutto da parte delle associazioni ambientaliste. La preoccupazione maggiore era di non riuscire a evitare la fuoriuscita del fosfato visto che la nave era girata su sé stessa e stava lentamente affondando in un punto dove la profondità dell’acqua è di 2 mila metri. Tuttavia il Ministero dell’Ambiente ha garantito che non c’è stato lo sversamento della sostanza temuta e una settimana più tardi ha pubblicato una nota annunciando che la nave è stata agganciata da un rimorchiatore battente bandiera greca e trainata in direzione sud-est al di fuori delle acque territoriali italiane, sotto la vigilanza delle unità navali della Capitaneria di Porto. Il rimorchiatore è stato noleggiato dalla compagnia assicurativa degli armatori “P&I Club” che si è assunto la responsabilità di trasportare altrove la “Mustafa Kan”. La nota infine ha anche rassicurato che “dalle attività di monitoraggio delle acque fin qui svolte non risultano fuoriuscite di prodotti inquinanti, ma continue verifiche saranno effettuate attraverso il sorvolo delle aree interessate dal tragitto della motonave nonché dalle ricognizioni satellitari già attivate”. Il timore che si possa verificare nuovamente un evento del genere rimane e a riguardo il Comandante della Capitaneria di Porto Sciarronne ha dichiarato che “occorre rendere chiara e stringente la normativa internazionale sull’assicurazione nei confronti dei danni provocati dalla nave e dal suo carico e dunque intervenire sull’assunzione di responsabilità degli armatori”.

Bonifica amianto: 17 milioni per le imprese che intervengono entro fine 2016 Il naufragio del 23 settembre della nave cargo “Mustafa Kan” battente bandiera panamense, avvenuto vicino alla costa siracusana, ha rischiato di causare notevoli danni ambientali alle acque del Mediterraneo. Infatti il mercantile lungo 136 metri trasportava circa 8 mila tonnellate di fosfato di ammonio, un fertilizzante molto prezioso ma potenzialmente pericoloso. Questo tipo di fosfato in quantità eccessive dà luogo ad un inquinamento acquatico che causa l’eutrofizzazione delle alghe ovvero una sovrabbondante crescita degli organismi vegetali dovuta a una presenza eccessiva di sostanze nutritive come il fosforo, contenuto appunto nel fosfato di ammonio. Semplificando, tale proliferazione delle alghe genera una carenza di ossigeno nell’ecosistema marino portando di conseguenza alla morte dei pesci. L’equipaggio del mercantile diretto in Marocco ha lanciato l’SOS quando si trovava a circa 24 miglia di distanza dalla costa di Avola. Data la pericolosità dell’evento, l’operato della Capitaneria di Siracusa è stato immediatamente coadiuvato da tre mezzi di una flotta specializzata che si occupa di antinquinamento da

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Il decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, pubblicato il 17 ottobre sulla Gazzetta Ufficiale, ha stabilito un finanziamento di 17 milioni per le imprese che hanno effettuato o effettueranno interventi di bonifica amianto nel 2016. Il contributo verrà attribuito alle imprese sotto forma di credito d’imposta ed equivarrà al 50 per cento delle spese per l’opera di bonifica, a condizione che il costo complessivo del progetto sia almeno pari a 20 mila euro e non superiore ai 400 mila.


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R UB R ICHE

NEWS Secondo quanto riportato nella “guida per l’accesso ai contribuiti” disponibile on line sul sito del ministero “Detto credito può dunque essere utilizzato per compensare eventuali debiti e per il pagamento delle imposte dovute ma non se ne può richiedere il rimborso nella dichiarazione dei redditi. Per il beneficiario, il credito d’imposta va ripartito nonché utilizzato in tre quote annuali di pari importo […] La prima quota annuale è dunque utilizzabile a decorrere dal 1° gennaio 2017, per i redditi accertati per il 2016”. Le imprese che inoltreranno la domanda per fruire dell’agevolazione dovranno presentare un lavoro di bonifica dall’amianto che sia già terminato e che riguardi la rimozione e lo smaltimento di lastre di amianto piane o ondulate, coperture in eternit, tubi, canalizzazioni e contenitori per il trasporto e lo stoccaggio di fluidi, ad uso civile e industriale in amianto, sistemi di coibentazione industriale in amianto, ecc. Inoltre saranno anche ammesse le spese di “consulenze professionali e perizie tecniche entro il limite del 10% delle spese complessive sostenute e comunque non oltre l’ammontare di 10.000,00 euro per ciascun progetto di bonifica unitariamente considerato”. Nella compilazione della domanda dovrà essere specificato il costo complessivo degli interventi realizzati, l’ammontare delle spese eligibili a contributo, l’ammontare del credito d’imposta richiesto e bisognerà dichiarare di “non usufruire né aver usufruito di altre agevolazioni a valere sulle medesime voci di spesa”. La redazione della domanda potrà essere presentata a partire dal 16 novembre 2016 attraverso l’accesso ad area privata dalla piattaforma accessibile dall’home page del Ministero dell’Ambiente. Al termine della compilazione verrà generato il documento della domanda, che viene preso in carico in modo automatico dal sistema. Il ministero comunicherà l’eventuale accettazione della richiesta del credito d’imposta entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza.

ITALIA SEMPRE PIU’ GREEN Sono freschi di stampa i dati del settimo rapporto GreenItaly, pubblicato da Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, e ci presentano una fotografia delle imprese italiane in cui 385 mila aziende dal 2010 hanno investito in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Si tratta di una percentuale del 26,5% del totale dell’industria e dei servizi che sale al 33% se si considera solo il manifatturiero dove il green fa coppia con il made in Italy e genera un incremento di esportazioni e maggiore competitività. La green economy come risposta alla crisi si traduce in

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2milioni 964mila green jobs, una cifra che corrisponde al 13,2% dell’occupazione nazionale e che è destinata ancora a salire entro la fine dell’anno. Nel 2016 sono infatti 249 mila le assunzioni fra green jobs in senso stretto e figure ibride con competenze green, il 44,5% della domanda di lavoro non occasionale. In rapporto al PIL il contributo dei green jobs è stimato in 190, 5 miliardi di Euro, pari al 13% del totale complessivo. Grazie anche alle realtà che puntano sull’efficienza l’Italia vanta importanti primati sul fronte dell’ambiente a livello europeo. L’Italia, infatti, con 14,3 tonnellate di petrolio equivalente per milione di euro prodotto, è il secondo Paese tra le cinque grandi economie comunitarie per minori input energetici a parità di prodotto, e con 312 tonnellate per milione di euro prodotto siamo secondi, sempre dietro la Gran Bretagna (260), per minore impiego di materia.

Siamo invece primi per contenimento dei rifiuti prodotti: ne produciamo appena 42 tonnellate ogni milione di euro, meglio di Spagna (49), Regno Unito (59), Germania (64) e Francia (84). Primato che ci pone all’avanguardia nell’economia circolare e ci permette di essere già oggi leader europeo nel riciclo industriale: nel nostro Paese sono stati recuperati per essere avviati a riciclo 47 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi europei (in Germania sono 43, in Francia 29). Il riciclaggio nei cicli produttivi industriali ci ha permesso di risparmiare energia primaria per oltre 17 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio ed emissioni per circa 60 milioni di tonnellate di CO2. Nel settore degli imballaggi, dove il tasso di riciclo (2015) è ormai pari al 66,9%, le quantità continuano a crescere: stando agli ultimi dati Eurostat, l’Italia è il Paese europeo che dal 1998 al 2013 ha visto il maggior incremento di imballaggi avviati a riciclo (+4,2 milioni di tonnellate).


Come migliorare la raccolta differenziata al sud La Regione Campania e Comieco (Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli imballaggi a base Cellulosica) hanno organizzato a Napoli la prima edizione degli “Stati Generali del Sud per la raccolta differenziata di carta e cartone” per esaminare lo stato attuale della raccolta differenziata nell’Italia meridionale. Durante l’evento, durato due giorni (21 e 22 ottobre), sono stati analizzati i casi di successo dei comuni del Sud che hanno saputo investire sulla raccolta differenziata e sono state presentate azioni concrete per migliorare la situazione laddove persistono gravi inefficienze nella gestione dei rifiuti urbani. I risultati del 2015 sulla raccolta differenziata di carta e cartone dimostrano come la situazione al Sud sia largamente arretrata rispetto al resto d’Italia, infatti la media nazionale pro capite è di 51,5 kg mentre al Sud si è registrata una media di soli 31,5 kg. Dunque affinché si migliori la raccolta differenziata è stato stilato un decalogo per produrre quel cambio di passo necessario per poter rispettare gli obiettivi del nuovo pacchetto di direttive europee sui rifiuti e la circular economy. Secondo tali direttive bisogna raggiungere entro il 2025 un tasso di riciclo dei rifiuti urbani pari al 60% e per alcuni rifiuti da imballaggio fino all’80%. Dalle indicazioni riportate nel decalogo si evince la volontà di creare una maggiore collaborazione fra le parti chiamate in causa, oltre a un maggior impegno economico da parte degli enti governativi attraverso campagne informative e formative con fondi derivanti sia dal Governo che dalle singole Regioni. Inoltre bisognerà promuovere investimenti nella ricerca nelle Università del Mezzogiorno allo scopo di ideare progetti per lo sviluppo della circular economy. Infine per quanto riguarda le gare per l’assegnazione della gestione dei rifiuti si dovranno “prevedere dei criteri di aggiudicazione stringenti e obbligatori per realizzare livelli avanzati di raccolta differenziata”, oltre a “prevedere commissari ad acta che predispongano programmi operativi da imporre ai soggetti gestori delle raccolte”.


P RI MO

P I A N O

IL MERCATO DELLE DEMOLIZIONI Riflessioni e punti di vista delle associazioni di settore NAD e AIDECO di Massimo Viarenghi

E

milio Omini e Massimo Bisello sono rispettivamente i presidenti di NAD, Associazione Nazionale Demolitori Italiani, e AIDECO, Associazione Italiana Demolizione Controllata, che insieme rappresentano le due realtĂ associative piĂš importanti in Italia sulle demolizioni. Abbiamo fatto loro alcune domande sui bilanci associativi e sulla situazione del mercato in Italia e su cosa occorre migliorare per far crescere questi mercati.

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Emilio omini

Presidente quali traguardi ha raggiunto la vostra Associazione e cosa vorrebbe cambiare in NAD durante il suo mandato?

Il traguardo più importante di questi tempi è essere ancora presenti e uniti. Abbiamo aumentato di qualche unità sia gli associati sia gli sponsor, però sicuramente il fatto di essere ancora presenti, determinati e con entusiasmo, in un periodo di forte crisi, è la cosa più importante. Tra le cose che vorrei concretizzare, durante la mia presidenza, c’è innanzitutto l’allargamento della base associativa a qualche impresa del Sud, poiché ad oggi i soci sono tutte aziende del Centro-Nord Italia. Sarebbe di stimolo e maggiormente rappresentativo, a livello di Associazione Nazionale, se anche aziende del Sud e delle Isole entrassero a far parte della nostra Associazione, portando nuove idee e nuove esigenze per allargare il confronto.

Quali sono le prospettive del mercato delle demolizioni in Italia?

In Italia il settore delle demolizioni, a mio avviso, avrebbe tutte le caratteristiche per essere un settore in grande evoluzione; spesso, però, intervengono fattori che penalizzano la competitività. Tra questi vedo nei costi di bonifica/smaltimento, sempre più spesso, un forte deterrente all’inizio di nuovi progetti. Se, infatti, i costi di demolizione sono costi noti, quelli dei metalli prevedono una variabilità “gestibile” (essendo parametrati alle quotazioni dei prezzi della Camera di Commercio), i costi di bonifica/smaltimento, invece, includono un rischio elevatissimo, poiché nessuno può quantificarli prima dell’effettivo avvio dei lavori.

Emilio Omini, Presidente NAD Associazione Nazionale Demolitori Italiani

Questa situazione genera quindi un rallentamento nel mercato?

Più che rallentamento direi che la parola giusta sia “sospensione” e, in alcuni casi, “paralisi”. L’incertezza dei costi in un intervento di demolizione (che comporta l’obbligo di bonifica), sovente ricompreso in interventi di riqualificazione, sviluppo o riconversione industriale, allontana gli investitori che, nella maggioranza dei casi, preferiscono rimandare l’intervento. Nel concreto, si capisce perché il Committente si trovi sempre più spesso in grande difficoltà nella valutazione dei costi complessivi di un progetto e, di conseguenza, perché grandi progetti di demolizione restino in stand by in attesa di maggior “visibilità” sulla convenienza economica.

La gestione della sicurezza e dell’ambiente assume di anno in anno un ruolo sempre più di rilievo nei lavori di decommissioning; ma in un mercato così aggressivo le risorse economiche sono sempre più limitate, cosa vorreste proporre ai grossi stakeholder per ovviare a questo problema?

Diciamo che con questa domanda tocchiamo un tasto che per molte aziende rappresenta un punto dolente, ma che, se correttamente gestito, può rappresentare una grande opportunità di miglioramento aziendale e sociale. Oggi i costi relativi alla sicurezza e alla tutela dell’ambiente vengono riconosciuti dai grandi Committenti e allocati come importo non soggetto a ribasso nelle gare d’appalto. Sicuramente questa soluzione ha costituito un primo passo in termini d’addestramento del settore relativamente alle tematiche relative alla sicurezza. Oggi, a mio avviso, il settore è pronto per compiere il passo successivo; come presidente di NAD posso, infatti, assicurare che le aziende di demolizione sono cresciute enormemente in termini di cultura di prevenzione e gestione degli infortuni, sia grazie all’inserimento in organico di personale specializzato, che grazie a continui training interni ed esterni. Molto spesso però l’appaltatore è cresciuto a proprie spese, poiché la quantificazione fatta dai grandi Committenti per le spese di sicurezza non è allineata ai costi reali che le aziende sostengono nel quotidiano per mettere in atto tutte le misure di prevenzione individuate e proposte dalle normative. Questo comporta un innalzamento dei costi, che in momenti di grandi difficoltà dell’economia, pesa enormemente sulla singola realtà aziendale e rischia di far prevalere le strategie commerciali più aggressive di aziende, magari estranee al settore, che desiderano entrare in un’ottica “mordi e fuggi”, da sempre lesiva della crescita settoriale e sociale. La nostra proposta, come NAD, è sicuramente quella di aprire un tavolo di confronto con tutti gli attori coinvolti, per favorire il dialogo e l’individuazione dei costi reali della sicurezza e della tutela ambientale, in modo che questi, una volta riconosciuti, non pesino sul singolo ma diventino costi “neutri”, non preda di speculazioni individuali.

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P RI MO

P I A N O

Massimo Bisello

Aideco compie 15 anni, se dovesse fare un bilancio dell’attività svolta, quali sono stati i traguardi raggiunti e cosa vorrebbe cambiare?

Nei nostri primi quindici anni abbiamo passato momenti belli e altri più complessi, di riflesso all’andamento economico dell’edilizia, ma certamente abbiamo capito qual è l’indirizzo del mercato e soprattutto ciò che un’Associazione come la nostra deve saper proporre per essere coerente con l’attività dei nostri aderenti. L’obiettivo di Aideco è quindi diffondere la cultura della qualità del servizio erogato, che significa dedicare un grande impegno verso la sicurezza, il rispetto delle regole, la formazione continua, nonché la valutazione della gestione dei rifiuti prodotti, che devono essere recuperati, riciclati o smaltiti, in osservanza delle nuove linee guida europee. Non c’è nulla che vorrei direttamente cambiare. Abbiamo fatto errori, ma anche tante iniziative efficaci che ci hanno aiutato a trasformare la negatività in positività. Ciò che mi piacerebbe è una maggiore condivisione degli obiettivi di Aideco con tutti i nostri associati: una maggiore sinergia non solo associativa, ma anche operativa, anziché lavorare sempre in modo individualista, peculiarità questa prettamente italiana.

Quali sono le prospettive del mercato delle demolizioni controllate in Italia dove sovente i committenti propendono per tecniche più economiche e a volte meno sicure?

Massimo Bisello, Presidente AIDECO Associazione Italiana Demolizione Controllata

L’attività della demolizione controllata è molto specialistica e va fatta conoscere, per questo recentemente abbiamo ancor più orientato il nostro impegno nella comunicazione. Sono tecniche che hanno una vastissima gamma di applicazioni e risultano utilizzabili in qualsiasi tipologia di intervento edile. Ecco perché è importante la figura aggregativa di Aideco, perché non dobbiamo mai stancarci di sensibilizzare i responsabili dei lavori, i progettisti, le imprese verso questo modo di intervenire, soprattutto quando si deve preservare l’integrità delle strutture e non si vogliono generare polveri e/o pericolose vibrazioni. Il futuro dell’edilizia vede nei lavori di ristrutturazione un possibile rilancio e la demolizione controllata offre soluzioni esecutive che si sposano perfettamente con la necessità di interventi parziali, delicati, minimamente invasivi. Le nostre tecniche di esecuzione offrono alla progettazione anche fantasia, elasticità di visione. Per quanto concerne le tecniche “più economiche” il discorso sarebbe ampissimo e dovrebbe coinvolgere anche la qualità della manodopera utilizzata, il giusto principio secondo cui il lavoro faticoso dovrebbe essere sempre più delegato alle macchine, e così via. In questo caso, è solo la “sensibilità” del committente che determina la scelta tra la totale “economicità” e il necessario approccio tecnico-etico- esecutivo alle lavorazioni.

NAD e AIDECO… quali sono le sinergie in essere e le prospettive future?

Innanzitutto vorrei dire che sono molto contento di aver finalmente intrecciato rapporti con NAD. Siamo due Associazioni che si completano e quindi in grado di presentare un fronte unico, ognuno per la propria zona di competenza e specializzazione. In fondo i problemi sono gli stessi e insieme possiamo raggiungere importanti obiettivi sinergici, adoperarci anche in ambito normativo per offrire un contributo di esperienza e di competenza. Tutti progetti che da soli è difficile realizzare. Tuttavia siamo nell’epoca della “rete delle esperienze” e con i colleghi di NAD sono certo che perseguiremo con meno difficoltà i risultati che tutti auspichiamo.

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A TT U AL I T À

Cosa c’è di “speciale”? I rifiuti speciali sono quattro volte superiori a quelli urbani. Importiamo più rifiuti speciali di quanti ne esportiamo, soprattutto rottami ferrosi di Maeva Brunero Bronzin

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’Ispra nella consueta analisi annuale delinea il mercato dei rifiuti speciali in Italia e in Europa. Nel Rapporto Rifiuti Speciali 2016, i cui dati sono relativi al 2014, i rifiuti speciali sono aumentati del 5% rispetto all’anno precedente ma l’Italia si distingue in quanto è tra le prime in UE per il riciclo degli speciali (oltre 75%). I rifiuti speciali sono tutti i rifiuti non urbani, prodotti da industrie e aziende e si differenziano in ‘non pericolosi’ e ‘pericolosi’. I rifiuti speciali non pericolosi provengono in prevalenza dal settore manifatturiero, dalle costruzioni e demolizioni e da alcune tipologie di trattamento dei rifiuti. I rifiuti speciali pericolosi contengono al loro interno sostanze pericolose in concentrazioni tali da rappresentare un pericolo per le persone e per l’ambiente e la provenienza va dalla raffinazione del petrolio ai processi chimici, dall’industria fotografica a quella metallurgica, dalla produzione conciaria e tessile agli impianti di trattamento dei rifiuti. In Italia nel 2014 sono stati prodotti circa 130,6 milioni di tonnellate di speciali a fronte di 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. La crescita è imputabile prevalen-

temente ai rifiuti speciali non pericolosi da operazioni di costruzione e demolizione e da quelli derivanti dal trattamento dei rifiuti e delle acque reflue. I rifiuti speciali pericolosi, invece, si mantengono sostanzialmente stabili (+0,3%). Tra le imprese che producono in generale più rifiuti speciali troviamo quelle del settore costruzioni e demolizioni (39,7%), a cui seguono le attività legate al trattamento dei rifiuti e al risanamento ambientale (27,4%), il settore manifatturiero (20,5%), quello dei servizi, commercio e trasporti (5%), il settore dell’acqua e reti fognarie (3,5%), quello dell’energia, gas, vapore e aria (2,5%). Altre attività partecipano per l’1,4% circa alla produzione di rifiuti speciali. Esaminando i soli pericolosi, questi sono soprattutto generati dal settore manifatturiero (39%), seguito dal trattamento dei rifiuti e attività di risanamento ambientale (29,9%) e dal settore dei servizi, del commercio e del trasporto (20,7%). Nel settore del comparto manifatturiero, il 27% circa (935 mila tonnellate) proviene dal settore della metallurgia, seguito della fabbricazione di prodotti chimici (18,4%), di prodotti farmaceutici di base e preparati (12,5%) e dalla fab-

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bricazione di coke e dei prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio (11,5%).

Importazioni ed esportazioni

La quantità totale di rifiuti speciali esportata diminuisce del 4,7% tra 2013 e 2014, passando da 3,4 a 3,2 milioni di tonnellate. I rifiuti speciali importati in Italia nel 2014, circa 6,2 milioni di tonnellate, corrispondono ad un aumento del 7,6% rispetto al 2013. L’Italia esporta prevalentemente in Germania, Cina e Grecia. Il 27,7% del totale raggiunge la Germania e sono prevalentemente pericolosi: vengono dagli impianti di trattamento dei rifiuti, delle acque reflue, della potabilizzazione dell’acqua, dalle operazioni di costruzione e demolizione. Destinazione sono le miniere di sale e in particolare quella di Stetten in Baviera, nella quale i rifiuti vengono utilizzati per la messa in sicurezza delle cavità a seguito dell’attività estrattiva. Per quanto attiene la Cina, invece, nel 2014, come per gli anni precedenti, l’importazione dall’Italia, pari a 278 mila tonnellate, è costituita dai soli rifiuti non pericolosi. Si registra, rispetto all’anno

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A T T U A L I TÀ

Ripartizione percentuale della produzione totale dei rifiuti speciali per attività economica, anno 2014 (fonte ISPRA)

Gestione dei rifiuti speciali, anno 2014 (fonte ISPRA)

2013, una diminuzione dell’11% (35 mila tonnellate). I rifiuti maggiormente esportati in Cina sono rifiuti di carta e cartone prodotti dal trattamento meccanico di rifiuti (79 mila tonnellate). Significativa è anche l’esportazione dei rifiuti verso la Grecia, oltre 242 mila tonnellate, costituite per il 98% da “ceneri leggere di carbone” destinate ai cementifici; detti rifiuti vengono utilizzati, al posto della sabbia, per creare materiali edili cementizi.

Gestione e trattamento

Nel 2014 sono stati gestiti più rifiuti di

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quelli prodotti. Sono 133,8 milioni di tonnellate a fronte di una produzione di 130,5. Il recupero di materia da rifiuti speciali (ad esempio, il riciclo dei metalli, il recupero dei materiali da demolizione per opere stradali, ecc.) si conferma la forma di gestione più utilizzata (62,4%). Nonostante la diminuzione nel 2014 (-737 mila tonnellate, attribuibile per lo più a “spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia”), il dato conferma le buone performance dell’Italia in UE quanto a riciclo dei rifiuti speciali (oltre il 75%), se si considera che la media UE 28 è del 45,7%. Migliore dell’Italia è la Slovenia

(80,3%) e subito dopo Belgio (oltre 73%) e Germania (70% circa).

Recupero di energia e incenerimento

Entrando nel dettaglio del recupero di materia, è soprattutto l’operazione di “riciclo/ recupero di altre sostanze inorganiche” a incidere sul totale (47,1%): tali rifiuti sono, perlopiù, derivanti da attività di costruzione e demolizione. Si registra una lieve diminuzione nell’utilizzo dei rifiuti speciali per produrre energia (-4,7% rispetto al 2013). Sono 2,1 milioni di tonnellate quelli avviati a recupero energetico. Tra le risorse più utilizzate il biogas (36,3%), a segui-


re i rifiuti della lavorazione del legno, carta ed affini (33,5%), dal trattamento meccanico di rifiuti (11,1%) e i rifiuti combustibili (6,4%). Sono soprattutto 7 le regioni italiane a trasformare in energia i rifiuti speciali (insieme arrivano al 78,5%): Lombardia (23,3% del totale), Emilia Romagna (15,7%), Piemonte (10,7%), Veneto (8,0%), Umbria (7,2%), Puglia (7,1%) e Friuli Venezia Giulia (6,5%). Nel complesso non vi sono significative variazioni in quasi tutte le regioni. Sono pressoché tutti non pericolosi (96,3% del totale degli speciali) i rifiuti utilizzati per il recupero energetico. Gli impianti di incenerimento in esercizio nel 2014, che hanno trattato rifiuti speciali, sono stati 85, di cui 43 destinati principalmente al trattamento di rifiuti urbani. La gran parte degli inceneritori è localizzata al Nord (51), al Centro sono presenti 11 impianti e al Sud 23. L’incenerimento dei rifiuti speciali interessa complessivamente, considerando anche quelli trattati in impianti per rifiuti urbani, circa 1,4 milioni di tonnellate.

Nel 2014 si è registrato un significativo incremento di circa 540 mila tonnellate da attribuirsi prevalentemente a due tipologie di rifiuti: quelli prodotti dal trattamento dei rifiuti stessi e i rifiuti combustibili. Coerentemente con il numero di impianti presenti nelle regioni, i dati mostrano che nel 2014 in Lombardia sono stati inceneriti il 56,2% del totale dei rifiuti speciali trattati in Italia e il 39,4% dei rifiuti pericolosi; in Emilia Romagna sono inceneriti il 17,1% dei rifiuti speciali totali e il 18,1% di quelli pericolosi; in Veneto il 4,7% dei rifiuti totali e il 9,1% di quelli pericolosi; in Calabria il 3,2% dei rifiuti totali. Ad essere inceneriti sono soprattutto i rifiuti non pericolosi (70,8%).

Discariche

È diminuito il numero delle discariche che hanno smaltito rifiuti speciali, passando da 404 del 2013 a 392 del 2014. I 12 impianti in meno sono localizzati soprattutto al Sud (8), 3 al Nord e uno al Centro. La maggior parte delle discariche è localizzata al Nord con 228 impianti, 58 al Cen-

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tro e 106 al Sud. Nonostante diminuisca il numero di discariche, cresce la quantità smaltita a livello nazionale: 11,4 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, con un aumento di 460 mila tonnellate rispetto al 2013, pari a +4,2%. La crescita è maggiore a Nord (+6,1%) e al Centro (+4,8%), mentre scende al Sud (-1,1%). L’88,9% dei rifiuti totali sono non pericolosi (10,1 milioni di tonnellate) e il restante 11,1% sono rifiuti pericolosi (1,3 milioni di tonnellate). Le regioni che più hanno aumentato l’utilizzo della discarica sono la Basilicata con +40,3% (+17 mila tonnellate), il Lazio con +34,2% (+185 mila tonnellate), la Liguria con +27,6% (+90 mila tonnellate). Quelle che hanno diminuito maggiormente sono il Molise (-56,4%, -10 mila tonnellate), l’Umbria (-27,3%, -162 mila tonnellate) e il Trentino Alto Adige (-19,3%, -21 mila tonnellate). La Campania, nell’anno 2014, non ha smaltito rifiuti speciali in discarica a causa dell’assenza sul territorio di discariche autorizzate allo smaltimento di tale tipologia di rifiuti che vengono, quindi, trattati fuori regione o all’estero.

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A TT U AL I T À

Quando sostenibilità e business convivono Una visione che mira a creare condizioni migliori per il pianeta, le persone, le comunità locali e il business di Laura Veneri

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l marchio non ha bisogno di presentazioni perché è uno dei più popolari a livello internazionale. Essere così conosciuti, però, comporta un alto grado di responsabilità. In IKEA lo sanno bene e per questo hanno deciso di adottare un comportamento che abbia un impatto ambientale ridotto. La strategia si chiama “People & Planet Positive” e ce la descrive Stefano Brown, Sustainability manager IKEA Italia Retail. “Abbiamo iniziato a parlare di sostenibilità in modo strategico sicuramente dagli inizi degli anni ‘90. People & Planet Positive è la strategia internazionale del gruppo che ogni nazione ha il compito di declinare secondo le opportunità, le sfide e i temi propri di ogni Paese. Ma la linea comu-

ne è che le azioni devono generare un impatto positivo sia sulle persone che sul pianeta. Attraverso la sostenibilità guidiamo l’innovazione, trasformiamo il nostro business, orientiamo i nostri investimenti e troviamo nuove opportunità di business. Grazie alle politiche di sostenibilità la competitività del Gruppo sarà rafforzata e avremo un ridotto impatto sull’ambiente in termini di sfruttamento delle materie prime e del consumo di energia”. A proposito di energia, l’obiettivo del Gruppo IKEA entro il 2020 è produrre tanta energia rinnovabile quanta ne consumano le sue sedi nel mondo. Dal 2009 il Gruppo ha investito 1,5 miliardi di euro nel settore eolico e fotovoltaico e nel 2015 la percentuale di ener-

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Stefano Brown, Sustainability manager IKEA Italia Retail

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A T T U A L I TÀ

gia elettrica proveniente da fonti rinnovabili ha raggiunto il 52%. Dal 2015 IKEA vende solo lampade e lampadine a LED, che consumano fino all’85% di energia in meno rispetto alle lampadine a incandescenza e durano fino a 20 anni. In IKEA hanno stimato che entro il 2020 dovrebbero vendere oltre 500 milioni di lampadine a LED nel mondo. Se questi 500 milioni di lampadine a LED sostituissero altrettante lampadine a incandescenza, ogni anno si risparmierebbe tanta energia quanta ne consumano annualmente tutte le utenze domestiche delle città di Parigi e Londra. Inoltre, nel ciclo di vita delle lampadine si eviterebbe l’immissione in atmosfera di 80 milioni di tonnellate di CO2. I consumatori sono sempre più attenti ai loro acquisti e, preoccupati per i cambiamenti climatici o la produzione di rifiuti o il consumo idrico, scelgono sempre più prodotti sostenibili. E qui entrano in gioco le grandi aziende come IKEA che aiutano le persone a vivere in modo più sostenibile. “La sostenibilità è una delle chiavi del successo del business dell’azienda” continua Brown-. “Da qualche anno è stata infatti aggiunta come quinta dimensione al principio di design democratico che negli anni è stato alla base del successo di IKEA. Un buon design deve combinare forma, funzione, qualità, sostenibilità e prezzo basso. Il principio fondamentale nella creazione dei nostri prodotti è tenere insieme questi cinque concetti in un equilibrio perfetto. Si cerca di far sì che nessuna dimensione prevarichi sulle altre in nessun prodotto. Ovviamente ci sono dei prodotti che parlano più di prezzo, altri che sono icone di qualità e altri ancora che sono simbolo di sostenibilità, però non c’è mai una di queste cinque dimensioni che vince nettamente sulle altre. Ogni prodotto viene ideato, progettato e realizzato sui principi di queste cinque dimensioni. Quindi il prodotto che il cliente porta a casa contiene già il principio di sostenibilità come elemento di business”. IKEA è da sempre molto attenta anche alla gestione delle risorse. La cultura svedese della tutela della natura è insita nel DNA aziendale. Ma la sola attenzione non basta e bisogna rego-

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lare con principi chiave l’utilizzo delle materie prime. Per questo motivo i due materiali che sono maggiormente utilizzati (il legno e il cotone) sono rigorosamente controllati. “IKEA è impegnata nel promuovere temi di gestione forestale responsabile e sistemi di coltivazione del cotone con un ridotto impatto sull’ambiente, sull’uso dell’acqua e sulla riduzione dell’uso di pesticidi e fertilizzanti. Questo perché vogliamo assicurare una catena di approvvigionamento delle materie prime che sia soprattutto sicura e a basso impatto ambientale. A lungo termine stiamo cercando di avere un controllo sulle materie prime per diventare un attore del mercato e non solo un acquirente” ci spiega Stefano Brown. In tema di rifiuti, nel 2015 IKEA Italia ha raggiunto quota 88% di raccolta differenziata a livello nazionale. “Nel 2016 la raccolta differenziata a livello di media nazionale è migliorata ancora di un paio di punti e questo ci ha permesso di avere un piccolo reddito dalla gestione dei rifiuti” ci anticipa Brown. Ci sono anche progetti per il recupero spinto dei rifiuti, come quello del recupero dei film plastici: questi in alcuni punti vendita, vengono raccolti, pressati in balle e portati nello stabilimento

dell’azienda Aliplast dove vengono trasformati in granuli destinati alla produzione di nuovi manufatti in plastica. I granuli sono poi lavorati per produrre il sottomano da scrivania Skrutt, che viene rivenduto dalla stessa IKEA, chiudendo così il ciclo del prodottorifiuto. “Questo progetto è nato in Svezia nella casa madre - ci spiega Brown -. Un gruppo di lavoro specializzato nel cercare nuove soluzioni di sostenibilità, ha selezionato l’azienda Aliplast e ci ha chiesto di partecipare come IKEA Italia per ovvie ragioni di vicinanza geografica. Ad oggi sono circa una decina di negozi sui 21 totali che conferiscono il film plastico all’azienda che lo lavora e lo rimanda presso un fornitore IKEA dove viene trasformato nel sottomano da scrivania. Fondamentalmente in due passaggi diventa ancora un prodotto IKEA. Il progetto fa parte di test-studio che l’azienda sta affrontando per capire come creare dei loop sfruttando materie prime che abbiamo all’interno del nostro mondo. La logica è quella di chiudere il più possibile il ciclo dei materiali in modo da conoscerne la provenienza, le caratteristiche e, saltando dei passaggi, ottenere condizioni economiche vantaggiose”.


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A TTU A LITÀ

LIone si tinge di verde Appuntamento al Pollutec per scoprire innovazioni ed evoluzioni dello scenario fieristico dedicato al settore ambientale di Bruno Vanzi

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ione si prepara ad essere, dal 29 novembre al 2 dicembre, la capitale dell’innovazione nel settore ambientale con il consueto appuntamento con Pollutec. Vasti spazi espositivi ed un ricco programma di convegni per scoprire soluzioni ed innovazioni nelle filiere dell’ambiente e dell’energia. Per scoprire cosa aspettarci da questa 27° edizione, Stéphanie Gay-Torrente, Direttore di Pollutec, World Efficiency e the Galerie of solutions Trade Shows a Reed Expositions France, ha risposto alle nostre curiosità sull’imminente salone. Quali saranno le principali novità dell’edizione 2016 di Pollutec? Le principali novità di Pollutec sono i programmi Mare, litorale e ambienti acquatici, Agricoltura e Gestione dei rifiuti di cantiere. Il programma Mare, litorale e ambienti acquatici, ha come asse la limitazione dell’arrivo in mare dei rifiuti di terra e presenterà come gli industriali del mercato dell’ambiente accompagnano le collettività coinvolte nel ripristino degli ambienti acquatici degradati e la loro preservazione. Il programma Agricoltura consiste nel favorire la relazione tra gli operatori dei settori agricoli e gli eco-industriali, con un duplice obiettivo. Il primo è di far conoscere agli agricoltori le innovazioni e le best practices che permettono loro di avere un’attività competitiva che sia rispettosa dell’ambiente. Il secondo è permettere a questi operatori di sviluppare le sinergie tra i due settori, in particolare in materia di valorizzazione energetica e di energie rinnovabili. Infine, il programma Gestione dei rifiuti di cantiere tratterà la questione della rigenerazione dei rifiuti di cantiere dal punto di vista dell’economia circolare, in presenza degli attori dell’industria delle attrezzature e dell’edilizia che per l’occasione partecipano a Pollutec per la prima volta quest’anno. Da segnalare inoltre come le soluzioni d’infrastrutture, i processi e i servizi sviluppati dagli eco-industriali sono strumenti che possono permettere alle industrie e alle collettività di ridurre il loro impatto sul clima in

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seguito dell’Accordo di Parigi firmato l’anno scorso dopo la COP21. Nelle passate edizioni l’innovazione è sempre stata un importante cardine della manifestazione. Sarà così anche per l’edizione 2016? Vera e propria ragion d’essere del salone fin dalla sua creazione, l’innovazione presentata a Pollutec riguarda l’insieme dei progressi che caratterizzano i mercati dell’ambiente, dalle soluzioni tecnologiche presentate in anteprima alle tematiche emergenti o nuovi approcci che faranno l’attualità di domani, passando per le filiere in corso di creazione. Nel 2016, sarà ancora arricchito il programma di valorizzazione dell’innovazione. Desideriamo rendere questo programma facilmente identificabile dai visitatori, con nuove animazioni e nuovi spazi. In particolare proponiamo per la prima volta quest’anno gli ‘Spots inno’, spazi interamente dedicati all’innovazione in ogni settore, e una ‘Vetrina dell’innovazione’, operazione inedita di supporto all’integrazione delle innovazioni nelle attività. Il salone conferma così più che mai il proprio ruolo di capitale mondiale dell’innovazione ambientale. Il Paese d’onore è il Vietnam, quali caratteristiche ha questo paese da renderlo interessante all’interno di una manifestazione come il Pollutec? Pollutec accoglie ad ogni edizione un Paese che possa offrire nuove opportunità di export agli espositori del salone. Ricerchiamo così, ogni anno, un Paese che possa rispondere a dei criteri ben precisi. Innanzitutto, un quadro politico e regolamentare che integri l’ambiente e lo sviluppo sostenibile come priorità per la crescita economica. Guardiamo inoltre l’interesse degli investitori pubblici e privati. Infine, identifichiamo sul posto competenze per presentare i progetti concreti del Paese nell’ambito delle collettività e delle industrie, e delle aziende propense ad allacciare partnership con i nostri espositori. Tutto questo per scoprire delle opportunità per tutti i tipi di azien-

de, grandi gruppi ma anche PMI. Il Vietnam risponde a tutti questi criteri. Sono appena rientrata da un secondo viaggio di preparazione in Vietnam e i temi che questo Paese Stéphanie Gay-Torrente, Direttore di Pollutec, World Efficiency e the vuole condi- Galerie of solutions Trade Shows a videre con gli Reed Expositions France espositori e i visitatori del salone sono appassionanti e dovrebbero trovare in questa occasione, soluzioni concrete e adatte al contesto economico e ambientale di questa nazione: rifornimenti di acqua potabile per gli abitanti, gestione delle acque reflue, infiltrazione delle acque salate, rischi climatici, qualità dell’aria, progetti di città sostenibile, agricoltura e biomassa, gestione della mangrovia... Per presentare questi progetti il Vietnam animerà due padiglioni, uno organizzato dal Ministero dell’Ambiente Vietnamita e il secondo dalla città di Ho Chi Minh. Una delegazione di cento persone tra le quali ministeri (Ambiente, Edilizia, Affari Esteri, Agricoltura, Industria, Scienze e Tecnologia), collettività e aziende private verranno in fiera per incontrare gli operatori del salone. Può parlarci brevemente dei 5 focus di questa edizione? I focus di questa edizione sono proposti con l’obiettivo di poter ampliare le opportunità di messa in relazione tra i 2500 espositori dei settori ambiente – Acqua, Aria, Rifiuti, gestione dei rischi, Energie rinnovabili, Siti e suolo… - e i compratori con potere decisionale della città, dell’industria e di campi specifici come ospedali, agricoltura o mare e litorale. Il focus Città sostenibile affronta così le tematiche legate alla gestione dei servizi (ac-


qua, rifiuti, energia…), le smart city e le reti intelligenti, gli eco-quartieri, la riqualificazione del centro città o ancora la digitalizzazione nella ristrutturazione. Ricordiamo che il mercato della città sostenibile è stimato intorno a 250 miliardi di dollari nel mondo. Il focus Industria sostenibile integra quest’anno l’Industria del Futuro. L’obiettivo è presentare i più recenti progressi tecnologici che permettono di rilevare la sfida di modernizzazione dell’industria per renderla più competitiva e rispettosa dell’ambiente. Lo sviluppo dell’offerta di tecnologie, il supporto alla modernizzazione degli strumenti di produzione e lo sviluppo delle competenze per far fronte a queste trasformazioni saranno così particolarmente valorizzate a fianco di tematiche più specificatamente legate alla realizzazione di una strategia ambientale in una attività industriale (eco-progettazione, intensificazione dei processi, valorizzazione dei rifiuti, gestione dei rischi…). Come accennato poco fa, il nuovo focus Oceano, ambienti acquatici e litorale presenta come le eco-industrie possono accompagnare gli operatori coinvolti nel ripristino degli ambienti acquatici degradati e nella loro preservazione. In effetti, le differenti problematiche legate al mare e al litorale (biodiversità/risorse, energia, trasporti, erosione delle coste, gestione dei rischi…) sono raramente affrontate insieme, da qui la decisione di proporre questo nuovo focus. Ricordiamo che l’oceano è un importante regolatore del clima mondiale e, nello stesso tempo, subisce vari tipi di inquinamento e perdite della biodiversità. Attraverso il focus Agricoltura, Pollutec 2016 valorizza le innovazioni e le best practice che permettono di favorire un’agricoltura competitiva e rispettosa dell’ambiente. Tra i vari approcci figurano in particolare la gestione responsabile delle risorse naturali, l’utilizzo limitato di input (cfr. plan EcoPhyto2), il bio-controllo come metodo alternativo di protezione delle culture o ancora il controllo della qualità dei suoli e dell’aria. Infine, lo sviluppo sostenibile fa ormai parte della gestione della quasi totalità delle strutture e dei servizi sanitari, sociali e medico-sociali. Secondo il Barometro Sanità Sostenibile 2015, è l’85% delle strutture in media a integrarlo nei propri progetti strategici (99% per i soli ospedali e cliniche). Al primo posto delle priorità compaiono: riduzione dell’impatto ambientale dell’attività (consumo d’acqua e d’energia, gestione dei rifiuti…), acquisti sostenibili e benessere e qualità di vita al lavoro dei dipendenti. Queste le tematiche al centro del 3° focus Ospedale & Sviluppo sostenibile. Per quanto riguarda la partecipazione degli espositori potete darci qualche anticipazione? Oltre ai leader dell’ambiente, si amplia la presenza di aziende francesi ed internazionali di ogni dimensione e settore dell’ambiente e dell’energia, in particolare con lo sviluppo di nuovi modelli economici come l’economia circolare che comporta la partecipazione di industriali. Notiamo in particolare quest’anno lo sviluppo del settore energia, efficacia energetica, rifiuti di cantiere, dell’amianto ma anche la partecipazione di fornitori del settore rifiuti come la fabbricazione di veicoli e materiali di raccolta. Il settore dell’acqua in seguito alle inondazioni avvenute in primavera in Francia vede l’arrivo di nuove aziende europee nel settore delle canalizzazioni ma la grande tendenza in questo settore resta la cartografia e il monitoring più efficiente delle reti. Il trattamento sempre più avanzato dell’acqua e le attrezzature dedicate alle fabbriche di trattamento è sempre molto dinamico. Infine Pollutec 2016 accoglie numerose Start up in tutti i settori, dai Rifiuti all’Energia, che apportano soluzioni di rottura delle attività dell’ambiente che daranno un’immagine molto “Tech” delle nostre attività.


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FAB B R ICA

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La frazione organica non è un rifiuto Vantaggi e opportunità del compostaggio a km zero di Paolo Silingardi*

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l compostaggio di comunità è stato recentemente definito dall’art.38 del Collegato Ambientale alla Legge di Stabilità (Legge 28 dicembre 2015, n. 221) come “compostaggio effettuato collettivamente da più utenze domestiche e non domestiche della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle medesime, al fine dell’utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti”. Il compostaggio di comunità utilizza compostiere elettromeccaniche, nate in Svezia ormai venti anni fa. Achab Group distribuisce in Italia da 5 anni i prodotti Big Hanna, leader di mercato, con oltre 800 installazioni nel nord Europa e 35 installazioni in Italia. Big Hanna è una compostiera particolarmente adatta a trattare lo scarto organico proveniente da raccolte porta a porta. È realizzata in 5 modelli, da 6 a 120 t anno, ha una camera unica con un processo in continuo, utilizza pochissima energia elettrica e non ha riscaldatori. In particolare l’assenza di trituratori o parti interne in movimento evita criticità e fermi macchina dovuti all’inevitabile presenza di impurità, che vengono eliminate alla fine del processo con un semplice vaglio a maglia larga. La compostiere Big Hanna sono controllate da un sistema elettronico che dialoga via web con un centro di monitoraggio ed assistenza, le temperature

del processo di compostaggio sono monitorate costantemente e i parametri di funzionamento come velocità di rotazione, velocità della ventola e periodicità di estrazione del compost finale sono regolabili da remoto e permettono di gestire il processo di compostaggio aerobico in funzione della quantità e dell’umidità del materiale organico introdotto. Le compostiere permettono di accelerare il processo biologico di compostaggio aerobico integrando al materiale organico ossigeno, che sostiene la fase iniziale termofila e permette di raggiungere temperature oltre 55°C, e di integrare carbonio con l’aggiunta di pellets o segatura in una percentuale che può andare dal 5 al 15% del rifiuto organico. Non servono additivi chimici o riscaldamento esterno, il processo, completamente naturale, permette di produrre un compost di qualità utilizzabile in ortofloricoltura e sui terreni dopo un periodo di 90 giorni, suddiviso generalmente in 45-60 giorni in macchina e 30 giorni di maturazione in cumulo. Il processo riduce moltissimo l’acqua contenuta nel rifiuto organico e CO2 che viene prodotta dai processi di ossidazione, il materiale in uscita può essere tra il 70 e l’80% del materiale in ingresso, con una fortissima riduzione in peso. Le impurità, principalmente errori di conferimento o prodotti dif-

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ficilmente compostabili (grandi ossa, gusci, conchiglie) sono mediamente in una percentuale del 5% e possono essere a fine processo eliminati da un vaglio manuale e conferiti come indifferenziato al normale sistema di raccolta. Gli art. 37 e 38 del Collegato Ambientale hanno normato e definito le modalità di utilizzo e installazione e gli aspetti autorizzativi per gli impianti di compostaggio, semplificando le procedure e indicando un quadro normativo chiaro. Ad oggi gli impianti installati sono stati autorizzati con procedura ordinaria o semplificata come un normale impianto per il trattamento dei rifiuti, mentre con il Collegato Ambientale sarà sufficiente una comunicazione all’Amministrazione Comunale. Le dimensioni delle macchine sono molto ridotte, da uno a due posti auto, possono essere posizionate all’aperto, sotto una tettoia o al chiuso. Non hanno scarichi liquidi, ed emettono in atmosfera aria satura di carbonio e con una piccola percentuale di ammoniaca. Trattando piccole quantità prodotte localmente non generano impatti significativi legati alla movimentazione. L’unico impatto possibile può essere l’odore dell’ammoniaca, che può essere gestito facilmente. Le macchine lavorano in depressione, con una ventola che estrae l’aria e che la convoglia o verso uno scarico fo-

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FA BB R I C A

D EL L E

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gnario, sfruttando la normale depressione della fogna per allontanare l’aria o verso un biofiltro a batteri attivi che elimina completamente la presenza di odori. La tecnologia Big Hanna è stata recentemente testata da Enea, che ne ha verificato le prestazioni, come la riduzione in peso dell’80%, il funzionamento del biofiltro, l’assenza di agenti patogeni sterilizzati dalle temperature elevate del processo, la qualità del compost finale. I costi di gestione sono limitati e ben definiti: poche centinaia di euro annue di corrente elettrica, indicativamente l’acquisto pari ad un 10% del peso trattato di pellets o segatura, il costo di un operatore per un paio di ore al giorno per caricare la macchina, estrarre il compost, verificare i parametri di funzionamento e fare semplici operazioni periodiche di manutenzione (pulizia filtro aria, gestione biofiltro, immissione pellets, vagliatura compost estratto). L’unica parte in movimento nei sistemi Big Hanna è l’intero cilindro di compostaggio, che gira lentamente non più di 2 minuti ogni ora appoggiato su cilindri di sostegno. Essendo le macchine interamente realizzate in acciaio inox di qualità non sono soggette ad erosione o ad usura ed hanno una vita che supera i venti anni, garantendo un lungo utilizzo e ri-

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chiedendo pochissima manutenzione. I sistemi Big Hanna sono convenienti e competitivi economicamente quando si presentano alcune condizioni d’utilizzo, in Italia molto frequenti: 1. assenza di impianti di compostaggio industriale nelle vicinanze; 2. situazioni orografiche complesse (montagna, collina, isole); 3. produzioni di organico contenute (fino a 250 t/anno, o 6.000 abitanti). La frazione organica del rifiuto urbano è composta per l’80% da acqua e non può essere stoccata più di 72 ore. Questo comporta, per un piccolo Comune, che la raccolta realizzata deve essere spesso portata ad impianti molto distanti con mezzi praticamente scarichi, sostenendo costi di trasporto che superano ampiamente i costi di trattamento dell’impianto. L’utilizzo di un sistema Big Hanna permette a piccoli Comuni di attivare la raccolta porta a porta gestendo in loco a km zero la frazione più delicata e complessa, creando quindi le condizioni per separare tutte le matrici dei materiali presenti nel rifiuto urbano raggiungendo percentuali elevate di raccolta differenziata e contenendo i costi. Ci sono altri due aspetti significativi che rendono i sistemi Big Hanna competitivi: creano occupazione e lavoro

sul posto per le attività ad alta intensità di manodopera connesse con la gestione ottimale del rifiuto urbano, diffondono una cultura attenta alla gestione degli scarti diffondendo la pratica del compostaggio domestico. Un altro aspetto non secondario è che un sistema industriale punta inevitabilmente alla saturazione dei servizi e degli impianti, cercando di intercettare più materiale possibile, ad esempio sfalci e potature, per ridurre i costi a tonnellata del servizio, ma facendo crescere i costi ad abitante. Esempi significativi ci sono in tutta Italia, con servizi di raccolta dedicati solo al verde, i cui costi ricadono in bolletta per tutti gli utenti. L’utilizzo invece delle compostiere Big Hanna spinge ad integrare il compostaggio collettivo con il compostaggio domestico, una pratica semplice e sana, un tempo ampiamente diffusa, che riduce sia i costi di raccolta che i costi di gestione, responsabilizza gli utenti, riduce in generale l’impatto ambientale del servizio di igiene urbana. Nei progetti con Big Hanna si punta, compatibilmente con l’assetto urbanistico del territorio comunale, ad avere un terzo della popolazione che fa compostaggio domestico e a cui non viene effettuata la raccolta porta a porta dello scarto organico. Un esempio concreto è il Comune di Villa San Giovanni in Tuscia, provincia di Viterbo, 1300 abitanti, in cui abbiamo installato una Big Hanna nel 2013. I soli costi di trasporto incidevano per 8.000,00 € all’anno, in 4 anni l’investimento si è completamente ripagato, con un vantaggio economico visto l’ammortamento in 10 anni del valore di acquisto. Inoltre il compostaggio a km zero ha permesso di attivare un ciclo integrato di raccolta porta a porta, affidando il servizio ad una piccola cooperativa locale che occupa 3 persone. Tutte le famiglie con giardino e le case sparse sono state dotate di una compostiera domestica, abbattendo i costi di raccolta e gestione del servizio. Esistono quattro modalità specifiche di utilizzo delle compostiere elettromeccaniche. 1. Presso mense, centri pasti, ospedali, case di riposo, mercati: l’uti-


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lizzo in questo caso è molto semplice, le macchine hanno ingombri ridotti, possono essere posizionate sia all’interno che all’esterno sotto una tettoia, il conferimento avviene man mano che lo scarto organico viene prodotto, il compost estratto, molto ridotto in volume, può essere utilizzato negli spazi verdi solitamente a servizio di queste strutture. Un caso di applicazione interessante è il carcere di Rieti, dove la Big Hanna è inserita all’interno di un progetto di produzione di ortaggi gestito dagli stessi carcerati. In questo caso si superano anche le problematiche specifiche legate ai lunghi tempi di accesso dei mezzi ad una struttura carceraria. A seguito della raccolta porta a porta dello scarto organico: questo utilizzo, in fase di forte diffusione in Italia, è stato recentemente promosso dalla Regione Puglia con uno specifico bando che ad inizio 2016 ha messo a disposizione degli enti locali sotto i 4.000 abitanti risorse europee per finanziare integralmente l’acquisto e l’installazione di sistemi di compostaggio collettivo. Tra lu-

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glio 2016 e dicembre 2016 Achab Group ha vinto 7 gare, riuscendo in soli 6 mesi a completare un iter che ha visto installare tutte le 7 macchine entro dicembre. Con conferimento diretto da parte di più utenze: questa soluzione, particolarmente interessante per piccoli Comuni molto concentrati, prevede il posizionamento in un’area centrale facilmente accessibile di una macchina presso cui gli utenti si possano recare per conferire direttamente la frazione organica. Vengono quindi eliminati tutti i costi diretti della raccolta, oltre a quelli del trasporto e conferimento ad un impianto distante. Il quadro economico è molto vantaggioso e permette di sostenere anche i costi di un operatore dedicato al presidio della struttura per controllare i conferimenti e promuovere il compostaggio domestico delle utenze distribuite e distanti. Presso condomini: è la soluzione più diffusa all’estero e che, grazie al recente collegato ambiente, potrà diffondersi anche in Italia, grazie alla semplificazione normativa. Permette ad un condo-

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minio di dotarsi di una macchina, posizionarla in un’area comune in giardino o all’interno, conferire direttamente l’organico e produrre compost da utilizzare nei propri spazi. La sostenibilità economica deriva dall’obbligo per l’Ente Locale di prevedere uno sconto sulla tariffa per le utenze che praticano l’autocompostaggio. In conclusione le soluzioni che permettono di compostare la frazione organica del rifiuto presso i luoghi di produzione hanno molti vantaggi economici e sociali, ed un evidente vantaggio ambientale, riducendo le emissioni di CO2 legate al trasporto di un materiale deperibile e ad alto contenuto d’acqua. Le caratteristiche orografiche dell’Italia, l’elevata presenza di piccoli Comuni molto distribuiti, la carenza di impianti industriali e la relativa insostenibilità dei costi di trasporto in molte aree del paese rendono gli impianti di compostaggio elettromeccanici una soluzione interessante e sostenibile, il cui utilizzo è stato semplificato e promosso dal Collegato Ambientale. Non a caso l’Italia negli ultimi 3 anni ha visto crescere gli impianti installati. *Achab Group

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Il massimo del recupero La notizia è di poche settimane fa ma se ne sente ancora il clamore: nuovi accordi commerciali in casa Cesaro Mac Import per offrire più soluzioni neL trattamento dei rifiuti di Laura Veneri

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osa mancava alla già completa gamma delle macchine e delle soluzioni proposte dalla Cesaro Mac Import? Niente diremmo noi: le macchine speciali per il trattamento dei rifiuti sono presenti con i marchi Doppstadt e Sennebogen; gli impianti per le biomasse, la digestione anaerobica e il compostaggio sono coperti dai marchi Kompogas by Hitachi Zosen Inova e Il Girasole; la separazione delle confezioni dalla FORSU dagli alimenti è prerogativa della Tiger. Eppure, a scrutare bene, nella ricerca dell’eccellenza la famiglia Cesaro ha voluto introdurre un nuovo marchio per il settore del riciclaggio dei rifiuti. Il filo conduttore è sempre lo stesso: proporre prodotti superiori per soddisfare le esigenze della clientela. Cesaro Mac Import commercializzerà i sistemi di selezione della Steinert per il settore del recycling. Grazie a questi pro-

dotti, applicabili anche negli impianti già operativi, sarà possibile ottenere il massimo del recupero dei rifiuti. Steinert è un’azienda tedesca che vanta una storia centenaria in quanto è nata nel 1889. Oggi è tra le principali aziende che producono macchine per la selezione ottica e la separazione magnetica nei campi dell’industria del riciclaggio e del settore minerario. È presente in oltre 50 Paesi attraverso partnership e joint venture e ha proprie filiali in Austria, USA, Brasile, Giappone e Sud Africa. Cesaro Mac Import è il nuovo dealer ufficiale italiano nel mercato del recycling. Vediamo le principali novità dei selettori Steinert per scoprire quali sono le possibili applicazioni nel settore dell’ambiente a seconda del campo di impiego. L’ultima macchina immessa sul mercato da Steinert è UniSort BlackEye, la

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versione perfezionata di UniSort Black che in occasione di Ifat 2016 è stata presentata al grande pubblico e che “ha attratto i visitatori della fiera come un magnete” - ha dichiarato Peter Funke, CEO di Steinert a fiera conclusa. UniSort BlackEye è in grado di selezionare efficacemente le plastiche nere, grazie alla tecnologia HSI, il software di analisi che distingue l’impronta digitale della materia plastica. Con il nuovo sistema di separazione ottica UniSort BlackEye le aziende di recupero e riciclaggio possono ottenere granulati con un alto grado di purezza che garantisce meno sprechi e maggiori guadagni. La tecnologia Hyper Spectral Imaging (HSI) combina la spettrometria alla visione tradizionale per una selezione perfetta: una fonte di luce illumina la plastica che passa sul nastro, mentre una telecamera analizza la luce riflessa e grazie ad un software di analisi è in grado di definire il tipo di plastica. Il software inoltre è in grado di capire che genere di rifiuto è stato analizzato e di categorizzarlo: plastica, legno, carta, vetro, ecc. La particolare affidabilità di tale analisi si spiega anche con il fatto che la telecamera non scansiona il nastro punto per punto, bensì simultaneamente su 320 punti d’immagine sull’intera larghezza del nastro. In tal modo è possibile rilevare anche le minime nuance nello spettro NIR. La macchina è in grado di scansionare fino a 5.000 oggetti al secondo. Questa soluzione per individuare e separare i componenti scuri e neri nei flussi dei rifiuti, pone fine al problema di non riuscire a recuperare e valorizzare le plastiche scure e ga-

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rantisce ulteriori guadagni dal recupero dei rifiuti perché riduce quelli destinati a smaltimento. La macchina è quindi un utile e profittevole elemento da aggiungere alle linee già operative delle aziende attive nel settore degli imballaggi leggeri, nel trattamento del multimateriale, nella selezione dei rifiuti domestici e ingombranti nonché negli impianti di produzione del compost per avere un compost certificato di qualità. Unisort BlackEye è l’ultima nata delle

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macchine Unisort, tutte dotate di tecnologia HSI. I componenti hardware di ultima generazione e con elevate performance rendono possibile l‘elaborazione analitica dell’ampia quantità di dati rilevati dalle misurazioni spettroscopiche. Non ci si limita a paragonare semplicemente le misurazioni con campioni conosciuti. Gli algoritmi appositamente sviluppati classificano non solo le materie plastiche standard, ma vengono adattati anche a materiali più complessi. Tutti i dati spettroscopi-

ci registrati vengono misurati contemporaneamente ed elaborati nella telecamera ad alta velocità. La tecnologia HSI funziona secondo il principio di una telecamera lineare ad alta risoluzione, con 320 pixel disposti trasversalmente rispetto alla direzione del nastro. Un ulteriore vantaggio del sistema è costituito dall’impiego ottimale della luce irradiata, in quanto la scansione è continua e non si limita al rilevamento di un singolo punto. Questo significa che la tecnologia HSI richiede un livello di luminosità inferiore e quindi un minor consumo di energia. La tecnologia UniSort PR è ideale nel trattamento dei veicoli fuori uso per recuperare e dividere le parti in plastica da quelle in legno. Nel riciclaggio dei veicoli fuori uso, per ottenere un prodotto plastico tale da poter essere in seguito processato e raffinato, occorre rimuovere il contenuto di legno con un’efficienza superiore al 95%. La tecnologia UniSort è in grado di rilevare anche le parti di legno scure e bagnate nella parte flottante, composta da plastica, legno, polistirolo e schiume. Grazie alla sua alta percentuale di rilevamento, superiore a 27 milioni di scansioni al secondo, e all’elevata risoluzione spettrale di 256 pixel il sistema UniSort PR raggiunge percentuali culmine superiori al 97%. Con i sistemi Steinert è possibile eseguire anche il controllo della qualità dei combustibili solidi secondari tramite l’analisi online UniSort. Nella produzione di combustibili solidi secondari (CSS) per l’utilizzo in impianti industriali quali inceneritori o cementifici, in sostituzione dei tradizionali combustibili fossili, diventa sempre più urgente la necessità di una loro analisi continua e simultanea. Spesso i metodi comunemente adottati per il prelievo di campioni e le successive analisi di laboratorio sono legati a un elevato impegno economico. I cam-


pioni analizzati rispecchiano di norma soltanto la conformazione del campione stesso, peraltro i dati non sono richiamabili e utilizzabili subito dopo il prelievo del campione. L’indagine in tempo reale di UniSortAnalyser offre la soluzione ideale per un controllo qualità che, grazie alla tecnologia HSI, soddisfa entrambi i requisiti di continuità e immediatezza. Il sistema di analisi si avvale della spettroscopia ad infrarosso per identificare le materie, e di un database materiali per gli algoritmi statistici. I parametri del CSS, quali potere calorifico, contenuto di PVC e tenore d’acqua, vengono calcolati all’istante in base ai dati statistici, e trasmessi come tendenza ad un sistema di controllo. Un altro metodo per la selezione è la separazione a raggi X: Steinert XSS T, il sistema di separazione a raggi X è ideale nella separazione automatica dei materiali misti. Il sistema identifica la densità del materiale secondo il metodo Dual Energy, e lavora pertanto a prescindere da forma e spessore. “Vede” attraverso le parti, riconoscendo le diverse densità dei metalli, i diversi metalli, i componenti alogeni e quelli organici. È in grado di riconoscere anche i materiali compositi e i componenti incorporati (viti, chiodi). Tale analisi a raggi X consente di separare i metalli leggeri da quelli pesanti, come pure il PVC da altre materie plastiche o pietre da pezzi di legno. Il grado di assorbimento dei raggi X dipende sia dalla densità della sostanza che dallo spessore delle parti. Tanto maggiore è la massa atomica e tanto più spessa la parte, tanto maggiore sarà l’assorbimento. A fronte di ciò, il materiale da separare viene misurato a due diversi livelli di energia (cosiddetto metodo Dual Energy). In tal modo il software può accertare l’assorbimento specifico e di conseguenza individuare il materiale. Vi è poi la separazione ad induzio-

ne ISS, che è il logico completamento della separazione magnetica e della separazione metalli non-ferrosi, che si propone se con le altre tecniche non è possibile, separare i componenti metallici come l’acciaio inox e altri residui metallici, nel materiale frantumato, nei rifiuti domestici, nelle scorie, nei rifiuti da RAEE, nel vetro e nella sabbia da fonderia. Steinert ISS sostituisce lo smistamento manuale, che oltre ad essere costoso, è anche meno efficiente. Tra le tante applicazioni si annovera il recupero di preziosissimi acciai inox dal materiale sfuso proveniente dalla separazione dei metalli non-ferrosi e dalle scorie d’acciaio, o la separazione di circuiti stampati dai metalli non-ferrosi del separatore a corrente indotta. Un ulteriore impiego è la separazione dei metalli per garantire la qualità di altri materiali sfusi. Il principio su cui fonda il sistema di separazione ad induzione ISS è una geniale combinazione tra la tecnologia a sensori per la selezione dei metalli e la separazione dei metalli tramite ugelli di soffiaggio a comando computerizzato. Il risultato è un notevole aumento della redditività. Non dobbiamo poi dimenticare i separatori a magnete permanente a sospensione applicabili in impianti mobili per i rifiuti da costruzione e demolizione o fissi per la separazione di carta o vetro ad esempio. Da decenni i separatori a magnete permanente sopranastro UMP di Steinert sono utilizzati con successo in vari impianti in tutto il mondo. La nuova generazione UMP evidenzia fin da subito la sua notevole efficienza, grazie al rivestimento esterno in acciaio inossidabile e la percepibile facilità di manutenzione. Oggi è ancor più semplice sostituire il nastro, senza la necessità di smontare l’intero separatore. La particolare struttura e il metodo speciale di costruzione del magnete vero e proprio installato sull’UMP, lo

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rendono oltremodo performante. Le versioni multipolo agevolano l’estrazione nel caso di corpi ferrosi leggeri e garantiscono un’affidabile separazione del ferro. Le parti lunghe aderiscono al nastro, e anche parti ferrose più ingombranti vengono recuperate a grande distanza. L’ultima generazione consente l’impiego in situazioni che fino a poco tempo fa si avvalevano di un elettromagnete con larghezze operative da 40 a 110 cm e lunghezze operative fino a 180 cm.

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Dal Giappone all’Italia il blu acquamarina si fa strada Marco Ferroni, business manager Kobelco, racconta come si sta muovendo l’azienda per consolidare la presenza sul mercato italiano di Maria Beatrice Celino

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fine 2012 la global alleance con CNHi è terminata e nel 2013 è stata costituita Kobelco Construction Machinery Europe, con quartier generale ad Almere (Olanda). Kobelco inizia la produzione di escavatori nel 1932 in Giappone, dove ha sede la casa madre. Oggi è presente con i suoi prodotti in tutto il mondo attraverso oltre venti aziende sussidiarie. In Olanda si effettuano le operazioni di vendita, assistenza e marketing per escavatori cingolati dalle 11 alle 50 t per l’Europa, la Russia-CIS e Maghreb, il tutto affiancato da un centro di smistamento ricambi. Incontriamo Marco Ferroni, business manager dell’azienda, al quale poniamo qualche domanda per conoscere come Kobelco sta consolidando la sua presenza in Italia e non solo. Qual è la percezione del mercato di Kobelco e quale l’approccio di questo ritorno sul mercato? L’Italia, nonostante l’indebolimento causato dalla crisi degli ultimi anni, rimane un importante mercato per il settore delle macchine per costruzioni europeo. I dati di mercato rilevati da Unacea, di cui siamo entrati a fare parte come socio aggregato, dimostrano dal 2015 che la ripresa è iniziata, seppur moderatamente. Abbiamo quindi aderito all’associazione per iniziare a collaborare con il network di riferimento delle aziende del settore in Italia. Ad oggi stiamo sviluppando la rete commerciale in un’area che comprende Italia, Spagna, Porto-

gallo e Israele nella quale Kobelco vuole soprattutto aumentare e migliorare la presenza sul territorio italiano, sviluppando una rete commerciale più ramificata. Per la nostra azienda l’Italia rappresenta un nuovo mercato strategico. Come è cambiata la richiesta di macchine? Negli ultimi 12 mesi la domanda di miniescavatori e macchine movimento terra pesanti è in crescita, quindi vogliamo strutturare una rete di vendita che affianchi i nostri clienti sul territorio nazionale e garantisca assistenza e interventi di manutenzione tempestivi ed efficaci. Tutte le nostre macchine sono conformi ai più recenti standard di emissione e garantiscono una riduzione dei consumi senza precedenti. In particolare, i nostri escavatori SR - Short Radius - si adattano perfettamente ai lavori in cantieri urbani con limitati spazi di manovra e sono ideali per gli interventi di costruzione, riqualificazione e mantenimento infrastrutturale in Italia, dove la prevenzione del dissesto idrogeologico rappresenta oggi più che mai una priorità. Ci può parlare della gamma che proponete? La gamma delle macchine Kobelco è molto ampia. Per tutta la gamma dei miniescavatori fino ai 28 quintali abbiamo un accordo con Yanmar che produce per noi 7 modelli di cui 4 in Francia e 3 in Giappone. Dalla produzione giapponese di Yanmar passiamo ai 28, 30,

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35, 40, 45, 55 tonnellate di produzione Kobelco. Salendo nella gamma, abbiamo poi la classe midi che comprende il 75 e l’85 nuova serie. Dall’85 saliamo al 140 e al 160 Bladerunner e infine arriviamo al 180 che è in fase di lancio. Stiamo studiando anche il 210 e il 260 t che, assieme all’SK 300, SK 350 e SK 500, saranno presenti al Samoter. La nostra gamma è molto ampia, considerando che siamo single liner (la produzione è dedicata a escavatori con cingoli). Un settore nel quale siete sempre stati presenti è quello della demolizione, quali saranno le prossime novità? Per il settore delle macchine da demolizione il prossimo anno l’azienda lancerà 3 modelli: SK 350, SK 400 e SK 550. Hanno una base macchina da 30, 35 e 50 t e sono macchine specifiche per la demolizione. La caratteristica fondamentale è che vengono prodotte con due bracci, uno per la demolizione primaria ed uno per la secondaria con la possibilità di utilizzo per lo scavo. Nascendo già con una dotazione completa, forniscono una funzionalità ed un’affidabilità estrema, oltre al servizio di assistenza del costruttore e quindi senza doversi rivolgere ad altri Marco Ferroni, business manager Kobelco costruttori.

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E’ sempre più attuale il tema del risparmio energetico e quindi di carburante. Quali proposte troviamo nella gamma Kobelco? Tra le novità della gamma non si può non parlare della serie 10, la serie ibrida che uscirà il prossimo anno. Siamo riusciti ad intrappolare l’energia cinetica che usiamo nella traslazione della macchina e riutilizzarla nei momenti in cui il motore richiede un picco di energia maggiore. Questo permette un risparmio importante di circa il 40% rispetto a pari macchina a gasolio. Si tratta di macchine molto competitive dal punto di vista del risparmio, così come anche nella sicurezza. L’anno sta giungendo al termine. Possiamo parlare di un anno positivo in termini di obiettivi raggiunti? Il mercato italiano presenta una crescita stabile negli ultimi mesi, così come quello iberico, anche se con numeri molto più piccoli. Secondo le stime attuali per l’Italia dovremmo chiudere il

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2016 intono alle 6.000 unità. Inoltre, nella definizione della nuova rete commerciale, Kobelco ha già scelto aziende molto conosciute sul territorio ed affidabili, come la Brescia Macchine (per la zona Lombardia ad est di Milano con Sondrio, Mantova, Lodi, Cremona, Brescia e Bergamo), Chianti Macchine (per l’area Toscana, Umbria e Sardegna), Bassan (nell’area Veneto e Friuli Venezia Giulia), e Arnus (per Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta). Prossimi passi verranno fatti per il Trentino Alto Adige e l’Emilia Romagna, per non dimenticare il Lazio che costituisce una grossa fetta di mercato. Nel settore ambiente Kobelco è presente con un prodotto specifico per il riciclaggio delle auto, ce ne può parlare? Si tratta di una macchina molto interessante prodotta da Kobelco, la Car dismantling per il riciclo delle autovetture. È una macchina che in Europa ha un mercato ristretto, fatta eccezione per

il Regno Unito che è molto ricettivo per quella tipologia di macchine. Si tratta di una macchina da 20 t alla quale è stata applicata una pinza che tiene ferma l’automobile. Sul braccio è stata montata una pinza selettrice che apre l’auto dal tettuccio e riesce a selezionare le varie parti di cui è composta per poi dividerle. È una soluzione specifica che è in grado di differenziare i componenti di cui è composta l’automobile al 100%. La macchina sarà presente sul mercato italiano probabilmente dal prossimo anno. Quale sarà il primo appuntamento in Italia per Kobelco? Sarà il Samoter di Verona al quale saremo presenti con una vasta gamma. Makoto Kato, managing director di Kobelco Construction Machinery Europe, ha voluto che fosse una fiera internazionale la prima occasione assoluta per esporre in Italia. Quindi vi aspettiamo a febbraio 2017 con tutte le nostre novità.


Precisione tedesca, creatività italiana Nuovi marchi e nuovi progetti per la Ecotec Solution di Maria Beatrice Celino

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‘entusiasmo degli uomini della Ecotec Solution che descrivono la loro azienda e gli obiettivi che vogliono raggiungere è coinvolgente. La voglia di fare di questi “ragazzi” è il carburante della loro impresa accompagnata ai prodotti di prima qualità che commercializzano. Abbiamo incontrato Alex Raich e Martin Mairhofer, rispettivamente direttore commerciale e direttore operativo e marketing di Ecotec Solution, l’azienda nata lo scorso anno e attiva nel settore delle tecnologie ambientali. La loro storia e le loro finalità le lasciamo riportare da loro stessi. Sig. Mairhofer, ci può raccontare come avete iniziato la vostra attività? A gennaio 2015 io e Alex abbiamo deci-

so di rilevare la Ecotec System, azienda con 25 anni di storia alle spalle e di fondare la Ecotec Solution. Volevamo portare in Italia prodotti e tecnologie di qualità tedesca provenienti prevalentemente dai mercati della Germania e dell’Austria. L’idea era quella di sfruttare la nostra posizione in Alto Adige – siamo a Lana in Provincia di Bolzano – per “fare da ponte” tra l’Europa e l’Italia. Siamo madrelingua italiani e tedeschi e questo ci avvantaggia in entrambe le nazioni. Siamo un’azienda commerciale e di servizio, specializzata nei comparti della raccolta, del trattamento e del recycling dei rifiuti. Forniamo prodotti e macchinari di qualità con il massimo del servizio per i nostri clienti. Ad oggi siamo una realtà industriale in

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espansione: in poco meno di due anni, abbiamo dovuto cambiare sede perché stiamo allargando i nostri orizzonti con nuovi accordi commerciali e conseguentemente il numero di persone impiegate in questa sfida. Sig. Raich, può parlarci dei partner con cui lavorate? Il primo marchio con cui abbiamo iniziato l’attività è stata la Eurec Environmental Technology GmbH. Eurec produce trituratori fissi e mobili, vagli a dischi, vagli stellari e sistemi di imballo per compattare le cosiddette “ecoballe”. È un marchio molto affidabile, tant’è che ha all’attivo un centinaio di trituratori sul mercato italiano. Successivamente abbiamo introdotto il marchio Untha. Abbiamo sviluppa-

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to un business plan in tema di marketing e commerciale per delineare le linee guida dello sviluppo del marchio in Italia. Untha è leader di mercato in molti paesi europei e cercava un partner affidabile e organizzato. Siamo distributori esclusivi per l’Italia da marzo 2015. Abbiamo cercato di “aggredire” il mercato da subito partecipando a fiere di settore e organizzando workshop dedicati. L’intento era di mostrare al pubblico italiano le potenzialità del trituratore XR, presentato in anteprima alla fiera IFAT 2014. Come ha reagito il mercato italiano? Abbiamo avuto riscontri decisamente positivi. Questa è una macchina molto innovativa nel suo segmento perché è dotata di una nuova tecnologia di propulsione che si chiama Ecodrive, ha come principale vantaggio un ridotto consumo energetico grazie all’installazione di motori sincroni. Con questa macchina riusciamo ad avere la stessa produttività dei nostri concorrenti abbassando drasticamente il consumo di energia elettrica e garantendo un notevole risparmio economico. Spesso, quando si presentano delle novità il cliente è molto scettico. Ma portando le macchine nei loro impianti o facendogli vedere con i loro occhi le macchine al lavoro, i clienti si sono subito ricreduti e il feedback è stato molto positivo tanto che ad oggi stiamo concludendo diverse trattative in Italia. Quest’anno abbiamo partecipato ad un progetto che Untha ha iniziato a livello europeo. La casa madre ha realizzato due macchine dimostrative che ha fornito ai partner per un tour europeo. Abbiamo pianificato degli incontri tra i clienti italiani e abbiamo portato le macchine in dimostrazione nei loro impianti. Dato il riscontro molto positivo ottenuto con questa dimostrazione in loco, abbiamo deciso di comprare noi stessi una macchina per le dimostrazioni. Abbiamo quindi scelto un trituratore XR mobile ad azionamento elettrico. La particolarità della nostra macchina è proprio l’azionamento elettrico in quanto i nostri concorrenti hanno un azionamento diesel. È una macchina molto flessibile da poter spostare e

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diventa un piccolo impianto che possiamo portare dove ci fa più comodo. Questo ci dà la possibilità di fare delle dimostrazioni o delle prove o dei noleggi presso i nostri clienti. Sig. Mairhofer, dal vostro punto di vista privilegiato di azienda commerciale, voi vedete una ripresa nel mercato italiano? Noi la ripresa di cui si parla la vediamo, anche se lenta: il mercato si sta muovendo e le aziende interessate riescono a trovare i finanziamenti di cui necessitano per portare avanti il loro business. Grazie al superammortamento previsto dalla legge Sabatini, le aziende che vogliono orientarsi al futuro riescono a fare investimenti. Al giorno d’oggi sono più d’ostacolo gli aspetti legislativi e autorizzativi. Abbiamo diversi clienti che vorrebbero fare degli investimenti per cui hanno presentato dei progetti, ma non ricevono le autorizzazioni per partire. Sig. Raich, voi gli investimenti riuscite a farli. Infatti avete da poco allargato ancora la famiglia dei marchi che commercializzate... Abbiamo acquisito il marchio Pronar da Luglio di quest’anno. Come obiettivo aziendale abbiamo quello di completare la nostra gamma con tecnologie che riescono ad offrire una soluzione completa nel trattamento e riciclaggio dei rifiuti. Perciò laddove ci sono tecnologie nuove e interessanti, noi cerchiamo di portarle in esclusiva in Italia. Pronar è un marchio polacco

importante con circa 2000 dipendenti a livello mondiale. Ha sette stabilimenti di costruzione in Polonia che spaziano in vari segmenti di mercato tra i quali anche la linea dedicata al riciclaggio. Ci hanno contattato perché erano alla ricerca di un distributore per l’Italia, così abbiamo studiato un’analisi di mercato e abbiamo predisposto uno studio del lancio del marchio. Pronar dispone di una linea completa di vagli a tamburo mobili con componenti di prima qualità conosciuti a livello mondiale. Ha quattro modelli di vagli di diverse grandezze sia su gomma che su cingolato. Anche sulla gamma Pronar abbiamo un modello dimostrativo che noi di Ecotec Solution stiamo portando in dimostrazione presso i nostri clienti in tutta Italia. Sig. Mairhofer, quali sono i prossimi obiettivi aziendali e le iniziative a cui parteciperete? La prerogativa per noi è proporre macchinari di altissima qualità. Ci viene detto scherzosamente che abbiamo una mentalità da tedeschi, ma è proprio così: noi siamo molto precisi. Quando il cliente ha un problema noi riusciamo ad essere molto tempestivi e veloci a risolverlo. Oggi stiamo investendo per rinforzare la nostra forza tecnica con persone giovani che vengono formate dai nostri fornitori per fare interventi di manutenzione o di servizio. Saremo presenti a Ecomondo con le nostre ultime novità. Invitiamo pertanto tutti i visitatori della fiera a venirci a trovare presso il nostro stand.


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L’automazione applicata all’ambiente È made in Austria la tecnologia DCS che si sta affermando in Italia per l’automazione di processo su infrastrutture, macchine e impianti di Maria Beatrice Celino

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bbiamo incontrato B&R per comprendere meglio come la tecnologia possa aiutare le aziende ad ottimizzare la produzione. Grazie ad un nuovo approccio che prevede una totale integrazione tra tutte le componenti di un sistema di automazione, attraverso la configurazione e lo sviluppo all’interno di un unico ambiente di sviluppo, le aziende migliorano il loro business. Automazione integrata, scalabilità e modularità sono concetti su cui si basa la visione della multinazionale austriaca e permettono ad ogni azienda cliente di realizzare un sistema adeguato alle necessità della produzione, potendo poi implementare quando e quanto è necessario, riutilizzando ciò che è già stato sviluppato. Per far questo, B&R ha presentato la piattaforma DCS APROL. APROL è una soluzione di controllo per tutti gli ambiti industriali e per ogni disciplina: automazione di impianto, di fabbrica, delle infrastrutture e di controllo di processo. All’interno di un unico ambiente di sviluppo integrato, APROL trasmette funzioni estremamente evolute, che spaziano dall’Energy Monitoring, al Condition Monitoring, dal Controllo di processo avanzato, all’acquisizione e analisi dei dati di processo. La scalabilità e la modularità della soluzione B&R permette di iniziare con piccoli impianti - o parti di essi - oppure solo con poche funzioni, come ad esempio l’analisi dei consumi energetici, per poi estendere il sistema di controllo a tutta la fabbrica o l’impianto. Questa estensione avviene sempre in modo organico, riutilizzando la parte già sviluppata, semplicemente aggiungendo nuovi moduli, arrivando a scalare da qualche decina di

variabili fino a 500.000 punti, sempre con lo stesso sistema, con il medesimo ambiente di sviluppo e impiegando sempre l’hardware di controllo standard B&R, già largamente diffuso in Italia e nel mondo, con evidenti vantaggi in termini di reperibilità e prezzo. Per comprendere meglio la portata di questa scalabilità, abbiamo chiesto a Nicoletta Ghironi, Marketing & Communication Manager di B&R Automazione Industriale, quanto sono cinquecentomila punti. “Mezzo milione di punti è un impianto enorme, difficile anche da immaginare - ci risponde -. Ci sono raffinerie intere controllate gestendo “solo” due/trecentomila punti. L’innovazione intelligente sta nel fatto che il software è sempre lo stesso, qualunque sia la taglia dell’applicazione e questo è un aspetto unico, nel senso che altre soluzioni presenti sul mercato prevedono l’uso di strumenti software differenti per le diverse taglie di progetto. Con questo approccio, tutto l’installato viene salvaguardato perché il sistema è aperto ad accogliere tutto quanto già operativo, anche di terze parti, quindi non si perdono gli investimenti fatti. Sul mercato italiano ci sono tante aziende medio-piccole che non possono permettersi di punto in bianco di gettare e cambiare tutto”. Continua l’Ing. Ghironi: “Abbiamo alcuni punti di for-

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za strategici, che ci consentono di proporre una soluzione compatibile con le necessità delle aziende italiane. Usiamo un hardware standard, installato in milioni di macchine in tutto il mondo e facilmente reperibile, dotato ovviamente di caratteristiche di ridondanza, affidabilità e protezione adatte a lavorare sul campo, anche in condizioni sfidanti. Non è dunque necessario avere dispositivi dedicati, più costosi e inevitabilmente più rigidi dal punto di vista tecnologico. Altre soluzioni usano una tipologia di controllore I/O per piccole taglie di impianto, mentre costringono a usare un hardware differente, che costa parecchio di più, per sistemi più grandi. Qualora si presentasse la necessità di cambiare taglia, sarebbe inevitabile sostituire tutto quanto già sviluppato e installato. Noi impieghiamo il medesimo hardware e un unico strumento di sviluppo: il cliente può scegliere la licenza software, il formato di visualizzazione, gli strumenti di controllo e ana-

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lisi e il numero di punti richiesto dall’applicazione iniziale, insieme alla CPU con la potenza occorrente in quel momento. Il bello è che ci sarà sempre la possibilità di aggiungere funzioni e controllare nuove parti di impianto. Basta affiancare un altro controllore o sostituire quello esistente con uno più performante, migrando il software, così com’è, sul nuovo hardware. Questo consente di salvaguardare gli investimenti fatti in azienda dai nostri imprenditori italiani”.

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Il beneficio nell’utilizzo di hardware standard è tanto più evidente se si pensa che l’azienda investe circa il 18% nella ricerca e sviluppo dei suoi prodotti per l’automazione, in un range molto ampio, che ben si adatta ad applicazioni anche sfidanti come il marittimo e la mobile automation, che include movimento terra e trasporto pesante, settori dove affidabilità, robustezza fisica e resistenza hanno una notevole importanza. “Abbiamo una base di installato notevole nel settore degli impianti per la lavorazione stradale - continua l’Ing. Ghironi - così come nel settore della depurazione delle acque: si pensi che il 95% degli impianti per il trattamento delle acque in Austria sono dotati di tecnologia made in B&R”. Nel settore dei rifiuti i sistemi di B&R permettono di controllare i processi negli impianti di trattamento o smaltimento: è possibile effettuare controlli e avere i dati relativi ai trattamenti in corso nello stesso istante in cui si stanno svolgendo.

È possibile controllare i consumi energetici e ottimizzare i processi verificando se e dove si sta sprecando. Diventa quindi semplice intervenire per ottimizzare. Inoltre, grazie alla disponibilità dei dati, è più semplice produrre la documentazione per le certificazioni. Tramite semplici strumenti configurabili, oltre al monitoraggio dei consumi energetici, è possibile tracciare le condizioni delle macchine. “Controllare la salute di macchine e impianti significa prevenire le rotture ottimizzando i fermi macchina - prosegue Nicoletta Ghironi - si può lavorare sui sintomi. Quando i parametri meccanici di una macchina si stanno discostando troppo dalla condizione ottimale, è ora di sostituire un determinato componente ed è in quel momento che conviene pianificare gli interventi di manutenzione. In aggiunta è possibile cambiare oggetti vicini al loro fine vita utile, attuando davvero strategie intelligenti di intervento che non sono solo preventive ma predittive, senza sprechi ed evitando i danni”.


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biorisanamento, rivegetazione e recupero ambientale nell’ex Carbochimica di Fidenza Life Biorest: la strategia per restituire alla città nuovi spazi verdi mediante il trattamento biologico dei suoli contaminati di Ilaria Re*

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ell’Unione europea vi sono 42 siti potenzialmente contaminati e 5,7 siti contaminati ogni 10.000 abitanti, con circa 340.000 siti che richiedono interventi di bonifica. Attualmente solo sul 15% dei terreni contaminati sono stati effettuati degli interventi di disinquinamento. I contaminanti del suolo più frequenti in Europa sono i metalli pesanti, seguiti dagli oli minerali, dagli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e dalle miscele di benzene, toluene, etilbenzene e xilene (BTEX) (Van Liedekerke et al., 2014). La contaminazione di aria, acqua e suolo da parte di tali composti rappresenta una minaccia per la salute delle

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persone e dell’ambiente che deve essere risolta in maniera efficiente. Gli scavi di suolo contaminato e lo smaltimento in discariche (trattamenti ex-situ) rappresentano la tecnica di bonifica più comune in diversi Paesi, raggiungendo valori di oltre il 50% sul totale in Norvegia, Slovacchia, Italia e Lituania e fino a oltre il 90% nel Regno Unito. Al contrario, i trattamenti in situ ammontano a meno del 50% della tecnologia adottata, con i trattamenti biologici che ne rappresentano una parte minore. È inequivocabilmente chiaro che la bonifica biologica in situ, specialmente per quanto riguarda i contaminanti

come IPA e BTEX, presenti vantaggi economici e tecnologici, e occorre pertanto dimostrarne meglio la sua efficacia al fine di promuoverne l’implementazione in tutta l’Unione Europea (Van Liedekerke et al., 2014; Megharaj et al., 2011; Cappuyns and Kessen, 2012). Un aspetto rilevante del processo di decontaminazione riguarda il livello finale di contaminanti residui, che condizionano la destinazione d’uso dei siti trattati. L’Italia è uno dei pochi Paesi dove sono fissati dei livelli massimi di concentrazione di inquinanti nel suolo (allegato 5 del D.Lgs. 152/2006), determinati per la sua destinazione industriale e pubblico/residenziale. Molti Paesi utilizzano un approccio che si basa sulla valutazione del rischio.


In generale il quadro normativo europeo si presenta molto frammentato, motivo per cui occorre portare avanti un’opera di armonizzazione a supporto della futura direttiva quadro sul suolo. Lo scorso 9 settembre si è tenuto presso il Teatro Comunale Girolamo Magnani della città di Fidenza, il kickoff meeting di Life Biorest, progetto nato dalla partnership tra il Consorzio Italbiotec e i partner Actygea Srl, l’Agenzia regionale per la Prevenzione, l’Ambiente e l’Energia (ARPAE), l’Università degli Studi di Torino, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Agencia Estatal Consjeio Superior de Investigaciones Cientificas (CSIC -Spagna) e SAAT GRAND EST (Francia). Il progetto Life Biorest (LIFE15ENV/000396) finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma LIFE “Environment and Resource Efficiency” ha la finalità di dimostrare l’efficacia di un metodo biologico di riqualificazione di suoli inquinati da oli minerali, da idrocarburi policiclici aromatici e da miscele di BTEX che rappresentano in Europa il 45% del totale dei contaminanti e che sono diffusi in tutti i Paesi dell’UE, soprattutto in Ungheria, Belgio, Lituania, Paesi Bassi, Montenegro e Italia (Van Liedekerke et al., 2014). Nello specifico, Life Biorest mira a dimostrare la sostenibilità di un metodo di biorisanamento fondato sulla selezione e bioaugmentazione di ceppi microbici autoctoni selezionati per la loro alta capacità degradante, con lo scopo ultimo di ripristinare le caratteristiche ecologiche dei suoli e contrastare la perdita di fertilità, biodiversità e resilienza. Life Biorest si propone di bonificare il suolo al livello richiesto dalla normativa italiana per l’uso pubblico/ abitativo e al contempo, di valutare la biodisponibilità degli inquinanti mediante valutazioni microbiologiche ed ecotossicologiche che definiscano in modo innovativo il rischio intrinseco dei siti contaminati. I partner del progetto Life Biorest si attendono che i risultati ottenuti saranno in grado di fornire un modello europeo di biorisanamento replicabile in altri siti inquinati e in grado di restituire alle città nuove aree urbane attrezzate per

La città di Fidenza e il recupero dell’area Per Andrea Massari, Sindaco di Fidenza, “l’esperienza della grande bonifica del Sin Fidenza e segnatamente della ex Cip-Carbochimica rappresenta un fatto straordinario per il territorio e per il messaggio che trasmette: intorno ad una grave emergenza ambientale, il lavoro congiunto delle Istituzioni può realizzare obiettivi straordinari in termini di innovazione e modernizzazione, restituendo alla collettività luoghi davvero aperti ad una nuova stagione di crescita sostenibile”. Si tratta di un obiettivo “supportato da concretezza amministrativa e capacità progettuale cui hanno creduto fino in fondo il Governo, la Regione e la Provincia - osserva il Sindaco -. Un obiettivo su cui oggi scommette anche l’Unione Europea e, a maggior ragione, quello che oggi si applica a Fidenza rappresenta a tutti gli effetti un modello che mettiamo a servizio di tutti, con un respiro internazionale che credo sia motivo di vanto per la nostra provincia”.

Il ruolo della Regione Emilia Romagna Paola Gazzolo, assessore alle Politiche Ambientali della Regione Emilia-Romagna, spiega che “la bonifica del Sin Fidenza non è una buona intenzione ma è un fatto vero e straordinario. Un fatto che parla la lingua dell’innovazione a servizio delle politiche ambientali e dell’innovazione che hanno innescato le Istituzioni che col Comune di Fidenza raccolsero nel 2008 una sfida che pareva impossibile. La Regione Emilia-Romagna è parte importante di questa storia, col lavoro dei suoi amministratori e dei suoi tecnici che non è mai venuto meno - prosegue l’assessora -. Insieme al Comune e al Governo che ha stanziando gli ultimi 5,8 milioni, abbiamo reso la bonifica in corso a Fidenza una punta di diamante per l’intero Paese e soprattutto un modello replicabile. L’avvio di una sperimentazione di rango europeo e dall’Ue sostenuta con risorse ingenti conferma tutto questo e ci vede al lavoro ancora una volta, attraverso Arpae, partner del progetto di bioremediation destinato ad essere replicato in Francia e in Spagna”. usi produttivi e residenziali. L’investimento complessivo di quasi 1,8 milioni di euro sarà sostenuto da un contributo europeo di circa 970 mila euro e consentirà di stendere un protocollo di bonifica e rivegetazione compatibile con l’uso pubblico del suolo. Il protocollo costituirà anche un pilastro di sostegno per le attività della pubblica amministrazione e degli enti locali in tema di tutela del suolo e della salvaguardia delle risorse del territorio.

L’area di sperimentazione, un approccio integrato di biorisanamento

La sperimentazione di Life Biorest si inserisce nelle attività di bonifica in corso presso il Sito di Interesse Na-

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zionale (SIN) “ex Carbochimica” della città di Fidenza, grazie al supporto del Comune che metterà a disposizione infrastrutture e spazi già interessati da altre attività di bonifica. L’area ex Carbochimica è un vasto complesso industriale di circa 80.000 mq interessato per oltre 100 anni dalla fabbricazione di prodotti chimici derivati dalla lavorazione del greggio e pesantemente compromesso da sostanze tossiche come solventi clorurati, fenoli, idrocarburi policiclici aromatici che hanno lasciato nei terreni una pesante eredità. L’amministrazione comunale, che ha acquisito l’area a seguito del fallimento dell’azienda Carbochimica, ha avviato nel 2009 un’intensa opera di bonifica, il cui primo stralcio ha ri-

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le risposte alle imprese locali che necessitano di nuovi spazi per innovare i propri processi produttivi, razionalizzare la logistica, migliorare l’immagine, qualificare le condizioni di lavoro e di sicurezza (dati Comune di Fidenza).

Il cammino verso la rivegetazione

guardato la demolizione di serbatoi, strutture, impianti ed edifici fuori terra. Un’opera imponente che ora si prepara a una seconda fase, concentrata sulla bonifica di suolo, sottosuolo e falda. Tra gli approcci che verranno adottati, è compreso anche il trattamento biologico on site dei terreni tramite la metodologia delle “biopile”.

L’intervento comunale, grazie al supporto finanziario di risorse locali e nazionali, ha l’obiettivo di recuperare e valorizzare il sito quale “Area Produttiva Ecologicamente Attrezzata”, nel rispetto dei parametri indicati dalla regione Emilia Romagna. L’area verrà restituita alla città e al sistema produttivo, e sarà in grado di garantire tutte

L’approccio integrato proposto dal progetto Life Biorest è volto a dimostrare l’efficacia e la sostenibilità ambientale di un metodo biologico di bonifica basato sull’uso di batteri e funghi naturalmente presenti nel suolo contaminato. Il risultato atteso dal progetto è la validazione di un modello applicativo esportabile a livello regionale, nazionale e comunitario. Il progetto Life Biorest si compone di diverse fasi. La prima fase del progetto è finalizzata a selezionare una libreria di batteri e funghi (i ceppi) “con alta capacità di degradazione di inquinanti” tramite un processo di screening incentrato sulla capacità di degradazio-

Dall’innovazione scientifica all’applicazione in campo Actygea Srl con Fabrizio Beltrametti, fondatore e CEO della società, illustra il processo di produzione industriale del progetto Life Biorest. “I microrganismi sono delle formidabili macchine e sono al giorno d’oggi utilizzati per la produzione di innumerevoli “prodotti” (farmaci, integratori, enzimi, proteine) oltre ad essere impiegati direttamente in un crescente numero di processi produttivi industriali (ad esempio nel settore lattiero caseario e nel settore enologico). Nell’ambito delle capacità industriali dei microrganismi si collocano anche le loro capacità di “riciclare” praticamente qualsiasi tipo di sostanza organica. Nella veste di riciclatori, i microrganismi saranno i principali attori del progetto Life Biorest. In una prima fase del progetto sarà selezionata una libreria di batteri e funghi (i ceppi)” con alta capacità di degradazione di inquinanti” tramite un processo di screening incentrato sulla capacità di degradazione di sostanze organiche inquinanti. Singoli ceppi o consorzi microbici selezionati saranno prodotti nei necessari volumi per verifiche sperimentali (microcosmi e mesocosmi) e/o per l’applicazione in campo. Il processo di produzione e preparazione dei microrganismi per l’utilizzo “in campo” (noto anche come bioaugmentazione) sarà messo a punto dal partner di progetto Actygea. Actygea si farà carico di fornire quantità di microrganismi adeguate allo scopo secondo i seguenti principi: • Principio della quantità • Principio della programmazione temporale • Principio della conservabilità • Principio dell’economicità Principio della quantità. Per poter trattare estese zone contaminate (nell’ambito del progetto fino a 400 m3 di suolo), Actygea sarà deputata alla fornitura di quantità di microrganismi adeguate. La produzione delle quantità necessarie avverrà tramite l’utilizzo di bioreattori pilota industriali (200-1000 litri di volume). Principio della programmazione temporale. I microrganismi sono esseri viventi e spesso il loro stato fisiologico influenza il successo dei processi basati su di essi. Actygea sarà disponibile a produrre i microrganismi in modo che siano “pronti all’uso” (o “freschi”) nel momento dell’applicazione in campo. Principio della conservabilità. Il successo di un prodotto industriale è anche legato alla possibilità di conservarlo per tempi più o meno lunghi ed in condizioni più o meno stringenti. Actygea provvederà anche a valutare la possibilità di conservare i microrganismi “pronti all’uso” e di mantenerli “freschi” sulla base di saggi di stabilità utilizzando anche materiali che potranno influenzare positivamente l’effetto dei microrganismi nella loro applicazione industriale (carriers e sostanze biostimolanti). Principio dell’economicità. Per rendere l’intero processo economicamente conveniente ed efficace, il progetto (nella sua parte in carico ad Actygea) prevede l’ottimizzazione delle condizioni colturali in maniera mirata alla riduzione dei costi. Verranno inoltre analizzati tutti i costi diretti ed indiretti associati alla fornitura di microrganismi per il processo di bioremediation. Infatti, il protocollo di intervento che scaturirà dal progetto Life Biorest, si propone come alternativa ai processi attualmente in uso e dovrà competere con essi non solo sul piano dell’efficacia ma anche sul piano dei costi. Il rispetto di questo principio (congiuntamente ad un’assicurazione di qualità del materiale biologico fornito), sarà fondamentale per garantire la diffusione del metodo ad altri soggetti/siti interessati. In conclusione, Actygea dovrà trasferire il progetto da una scala di laboratorio ad una scala di applicazione in campo garantendo le forniture necessarie nel rispetto dei tempi e della qualità richiesti”.

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ne. Singoli ceppi o consorzi microbici selezionati saranno prodotti nei necessari volumi per verifiche sperimentali (microcosmi e mesocosmi) e/o per l’applicazione in campo. Tutti i parametri per l’implementazione in campo saranno ottimizzati in laboratorio. Dove necessario, verranno utilizzate tecniche di immobilizzazione su carriers finalizzate a migliorare l’efficienza del processo di biorisanamento. Per rendere l’intero processo economicamente conveniente ed efficace, è prevista anche l’ottimizzazione delle condizioni colturali e un’analisi dei costi di produzione. La prima fase del progetto si concluderà quindi con la stesura di un protocollo per la produzione di microorganismi su scala industriale (bioaugmentazione) che consentiranno di procedere con la bonifica sperimentale di ca. 400 m3 di suolo. La seconda fase del progetto è finalizzata al trattamento del sito target attraverso biopile, in primo luogo tramite l’applicazione di microrganismi

bioaugmentati (miscela di ceppi selezionata), e quindi con la rivegetazione del suolo quando questo sarà riportato alle sue funzioni ecologiche originarie. La rivegetazione dell’area sarà svolta mediante la selezione di specie vegetali ecologicamente adattate. L’efficacia del metodo e delle attività di progetto saranno accompagnate dal monitoraggio chimico-analitico, microbiologico ed ecotossicologico della degradazione degli inquinanti. La sostenibilità del processo sarà inoltre garantita da una valutazione costante delle emissioni di gas serra e dell’impatto ambientale (Life Cycle Assessment).

Informazione ed educazione ambientale

Life Biorest proporrà una serie di attività di comunicazione e disseminazione dei risultati in stretta collaborazione con la città di Fidenza, attraverso l’organizzazione di workshop tematici, di un International Summer School, di ini-

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ziative di informazione e di educazione con il diretto coinvolgimento dei cittadini. Di rilievo anche la partecipazione degli istituti scolastici locali, interessati da percorsi formativi, dapprima presso i laboratori universitari per approfondire gli aspetti di ricerca e indagine scientifica, poi presso il sito trattato e rivegetato per apprendere le tecniche e i metodi validati dal progetto. L’attività di comunicazione verso le pubbliche amministrazioni include lo sviluppo di strumenti utili all’identificazione di siti contaminati a livello regionale e nazionale, favorendo la diffusione di maggiore consapevolezza pubblica in tema di valutazione del rischio della gestione di siti contaminati, della biodisponibilità e della ecotossicologia degli inquinanti. I risultati di Life Biorest saranno infine presentati nel contesto di una conferenza internazionale presso la delegazione regionale a Bruxelles, con lo scopo di garantire massimo rilievo a livello europeo. *Coordinatore del progetto, Consorzio Italbiotec

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Ecomondo compie 20 anni! Si spengono le candeline ma non si spegne l’entusiasmo e la partecipazione per il salone che più di ogni altro ha contribuito nella formazione di una cultura green di Bruno Vanzi

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l prossimo 8 novembre si celebrerà il successo di Ecomondo, un salone che ha saputo accompagnare la società e le imprese attraverso una cultura basata sulla sostenibilità ed oggi verso il traguardo dell’economia circolare. Una rivoluzione green che coinvolge le aziende italiane in un sistema che promuove il paradigma economico connesso alla rigenerazione, in sostituzione del concetto di fine vita, tramite l’utilizzo di energie rinnovabili. In questo modo si tende all’eliminazione dell’uso di sostanze tossiche nocive, quindi dei rifiuti, a loro volta possibile risorsa. Tra le numerose iniziative di questa edizione ci sarà la mostra ExNovoMaterials in the circular economy che rappresenta la svolta in corso: quella che sta cambiando il modo di utilizzare la materia nel mondo industriale: da una parte alcuni materiali, che fino

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a ieri erano soltanto rifiuti, assumono nuove caratteristiche e prestazioni, offrendo flussi di approvvigionamento affidabili per il mondo della produzione; dall’altra i biomateriali industriali, che dai prodotti agricoli ricavano un repertorio di materie prime in continua evoluzione. Tra le novità segnaliamo inoltre le nuove sezioni Material Handling, Lifting Solutions & Logistics e Monitoring & Control ed un percorso di esperienze diffuse sull’economia circolare. La prima sarà dedicata alle macchine e attrezzature per la movimentazione, il sollevamento di materiali, rifiuti organici e inorganici, merci e persone. La seconda area espositiva riguarderà invece il monitoraggio degli inquinanti nelle matrici ‘Aria e Acqua’. Il progetto è nato dall’esigenza di valorizzare un tassello indispensabile per tutte le attività che ruotano attorno ad Ecomondo, con l’obiettivo di di-

ventare l’appuntamento di riferimento per il Bacino del Mediterraneo in questo settore. La componente internazionale sarà oltremodo valorizzata grazie alla presenza di delegazioni di buyers esteri altamente profilate e qualificate. La volontà è dunque quella di innovare puntando ad alzare ancora l’asticella dal grande successo ottenuto nel 2015, quando furono ben 103.514 (+1,68% sul 2014) i visitatori professionali. Numero che contiene l’innalzamento pianificato della componente straniera, con quasi 11.000 operatori e 500 buyer provenienti da tutto il mondo. Da segnalare la foltissima rappresentanza da Iran e Cina, organizzata insieme al Ministero dell’Ambiente. Vediamo quindi, dal canto loro, cosa hanno preparato gli espositori del salone per questa edizione di Ecomondo che punta verso nuovi record.


BAIONI CRUSHING PLANTS Baioni è un fiore all’occhiello dell’imprenditoria italiana e da sempre si occupa di progettazione e produzione di macchinari e impianti destinati all’industria estrattiva e per la cava, il riciclaggio e il trattamento acque, attraverso una gamma complessa e completa 100% made in Italy. Baioni progetta e produce macchine e impianti per la frantumazione, la selezione e il lavaggio di materiali inerti; una produzione che, negli ultimi anni, si è articolata e completata con l’ideazione di impianti di chiarifica delle acque, di estrattori decanter e filtropresse, di impianti per il trattamento dei rifiuti grazie anche alla collaborazione di istituti di ricerca italiani e consorzi per la valorizzazione delle aree per la bonifica e la riqualificazione dei siti contaminati. La fiera Ecomondo rappresenta per Baioni un evento importante per presentare, ai nuovi visitatori, la capacità progettuale e produttiva delle macchine per gli interventi di bonifica e per illustrare, ai clienti già consolidati, le ultime installazioni avviate con successo. Ma quest’anno la fiera non sarà solo ‘mostra espositiva’, sarà anche ‘giornata di studio’: mercoledì mattina si svolgerà infatti il convegno organizzato da Baioni dal titolo “La modifica dei criteri di accettabilità in discarica, nuovi scenari” che si prefigge di illustrare le modifiche in atto sui criteri di accettabilità in discarica alla luce delle linee guida pubblicate recentemente da ISPRA, nonché i risvolti inerenti alla classificazione dei rifiuti quali pericolosi a seguito dei diversi regolamenti europei e si concluderà con l’illustrazione delle possibili tecnologie per il trattamento e un “case study” specifico.

CMB Con la consapevolezza di aver raggiunto gli obiettivi prefissati durante la fase di ricerca e sviluppo, CMB propone al mercato una nuova gamma di attrezzature. La principale novità sono le nuove cesoie della SERIE CR, strumenti indispensabili nei moderni cantieri di smantellamento e bonifica oltre che nei piazzali dei professionisti dello smaltimento e riciclaggio di materiali ferrosi. Sono caratterizzate da una robusta struttura in WELDOX e HARDOX e da un’innovativa geometria delle leve in gioco, che consente di aumentare notevolmente la forza di taglio. Le lame sono reversibili e intercambiabili. La valvola rigeneratrice accelera il movimento del cilindro incrementando la produttività dell’attrezzatura. Alla gamma di attrezzature forestali si unisce la pinza per deforestazione PW, che ha già riscosso unanimi consensi a seguito del suo impiego intensivo in nord Europa. Dotata di una rotazione a 360°, braccio secondario per tagli multipli e lama intercambiabile la pinza PW è stata apprezzata dagli utilizzatori finali soprattutto per la sua elevata versatilità e produttività. Ampliata anche la gamma demolizione: il frantumatore fisso FF e il girevole FH sono progettati per l’uso professionale e intensivo, frutto di un progetto innovativo che si fonda su alti standard qualitativi. Cilindri dimensionati e completamente protetti, lame, puntali e denti intercambiabili riducono al minimo le operazioni di manutenzione e i fermi macchina.

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FORREC Nel panorama internazionale, e nello specifico nel trattamento dei rifiuti solidi urbani e industriali, Forrec si presenta come un’azienda in grado di trovare una soluzione efficace alle richieste dei propri interlocutori; l’esperienza nel settore e la preparazione tecnica offerta dall’ufficio di ricerca e sviluppo garantiscono una risposta sempre attenta e risolutiva. Il rifiuto solido urbano si è dimostrato un prodotto che richiede una gestione particolare per la successiva selezione o preparazione alla combustione. Forrec ha progettato una linea in grado di ridurre i passaggi nella preparazione del materiale, garantendo un output di qualità con un trituratore primario (multilaceratore FR) e un vaglio, evitando la macinazione secondaria causa di alti costi di gestione e manutenzioni continue date dalle caratteristiche usuranti del prodotto. Oltre al multi-laceratore FR, macchina dalle alte prestazioni, Forrec ha realizzato un vaglio in cui tutti i componenti a contatto con il rifiuto sono in acciaio anti usura e temperati per ridurre al minimo i costi di manutenzione, tutto questo garantendo contemporaneamente una perfetta vagliatura, alte produzioni e la soluzione dei problemi tipici dei vagli a dischi come l’attorcigliamento dei materiali lunghi attorno agli alberi. Il progetto ideato e proposto da Forrec ha incontrato l’interesse del mercato sud-est asiatico dove grandi gruppi ne hanno riconosciuto gli effettivi vantaggi. I riscontri positivi già ricevuti confermano che la tecnologia applicata è in grado di fare la differenza rispetto all’offerta del mercato, la professionalità è la stessa di sempre, l’innovazione continua...

MAGNI TELESCOPIC HANDLERS In occasione della fiera Ecomondo, che inizierà l’8 novembre, verranno presentati i due modelli “più piccoli” della gamma HTH, caratterizzata dalle grandi capacità di portata (da 10 a 45 ton). I modelli HTH 10.10 e 16.10, oltre all’abituale lavoro nei settori cave, miniere, industria ed oil&gas, si adattano benissimo anche al lavoro di movimentazione dei rifiuti e possiedono pertanto il potenziale di essere molto utili all’interno degli impianti di smaltimento e riciclaggio. La praticità ed efficacia di tali modelli in questo tipo di ambiente è possibile grazie alla cabina pressurizzata con disegno registrato, che possiede come equipaggiamento standard la filtrazione dell’aria in entrata al 100% e, con l’utilizzo di appositi filtri, la rende sicura per l’operatore anche in presenza di materiali tossici (come l’amianto) o in condizioni di inquinamento dell’aria. Importanti da sottolineare sono le dimensioni compatte dei due modelli, che si muovono agilmente anche in spazi ristretti e possiedono una buona facilità di manovra anche per gli operatori meno esperti. Verrà anche esposta una macchina rotativa a rappresentanza dell’altra gamma di prodotto, la serie RTH, che è invece principalmente utilizzata nell’edilizia e nella manutenzione degli edifici ed è composta di 12 modelli, con 5 o 6 tonnellate di portata massima e da 18 a 39 metri di altezza di lavoro. La cabina e tutti i suoi standard, descritti sopra, sono comuni anche a questa gamma rotativa.

MANTOVANIBENNE L’arrivo dell’autunno coincide per Mantovanibenne con i preparativi per Ecomondo. La fiera, che è riconosciuta come il più grande evento sulla Green Economy dell’area mediterranea, è ormai tappa obbligata per il gruppo mirandolese che del riciclaggio ha fatto l’essenza della propria produzione. Infatti la gamma Mantovanibenne da decenni perfeziona il concetto di attrezzature per la demolizione e il riciclaggio, coniugando le soluzioni tecniche più all’avanguardia con gli standard produttivi tipici del Made in Italy. Quest’anno, le attrezzature sullo stand stupiranno non solo i nuovi visitatori ma anche quelli che ci conoscono e ci seguono in ogni edizione. Di seguito, una breve rassegna delle macchine in esposizione. RP-IT - Frantumatore rotante: dalla sua nascita ha sempre ricevuto grande apprezzamento dal pubblico per le sue eccellenti prestazioni, l’estrema versatilità e l’ottima manovrabilità grazie alla rotazione idraulica a 360°, utilizzabile sia per la demolizione che per il riciclaggio. SGR, la nuovissima linea di demolitori - selezionatori, presentata in anteprima al Bauma di Monaco, design completamente rinnovato, doppio motore idraulico per una maggiore forza in fase di carico, valvola di blocco per trattenere il materiale caricato durante la movimentazione, rotazione idraulica a 360° per un perfetto posizionamento e controllo completo dei movimenti dell’attrezzatura. Nato per la movimentazione di materiale di risulta, ora il nuovo SGR può essere utilizzato anche per la demolizione di manufatti in laterizio, legno e altri materiali leggeri. MS - Multisystem, attrezzatura che ha un corpo fisso e kit gambe di tipologie che permettono di effettuare diversi lavori con lo stesso corpo macchina. Per Ecomondo, l’azienda modenese espone il kit rotaie dedicato al settore della lavorazione di rottami e metalli. Infine, lo spazio maggiore verrà dedicato alla linea che è ormai simbolo dell’eccellenza Mantovanibenne: le cesoie SH Eagle II. Riconosciute meritatamente fra le migliori cesoie idrauliche per rottame al mondo, ogni loro dettaglio tecnico è concepito per ottimizzare la resistenza della macchina e la produttività con ogni materiale. Per citarne qualcuno: rotazione idraulica 360°, valvola di velocità, cilindro rovesciato con alesaggio aumentato, lame sulle ganasce intercambiabili, etc... Un mix di tecnologia adatta ai chi cerca una soluzione di taglio di alto livello. La gamma di cesoie disponibili fa sì che possa essere soddisfatta ogni possibile esigenza degli acquirenti: dalle mini-cesoie, perfette per mini-escavatori, a veri e propri mostri da decine di tonnellate. Come sempre Mantovanibenne non si ferma ed investe sull’innovazione: ad Ecomondo presenterà una nuova linea di attrezzature dedicata agli autodemolitori. Non vi resta che visitare lo stand C3 114 per scoprire la novità.

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MOLINARI Qualche mese per raggiungere e festeggiare uno storico traguardo, trent’anni di attività per l’italianissima Molinari, con sede a pochi chilometri da San Pellegrino Terme, che porta avanti da sempre il binomio innovazione e professionalità costruendo sui risultati passati e migliorandosi sempre di più: questi sono i motivi dell’accresciuto successo di un’azienda che vuole camminare a fianco dei suoi clienti. Durante la scorsa edizione di Ecomondo è stato presentato al pubblico il primo trituratore Molinari della Serie TP. La caratteristica principale di questo trituratore, che lo differenzia da quelli già presenti sul mercato, è data dai due rotori indipendenti che agiscono sulla stessa lama centrale. I rotori sono dotati di lame di forma trapezoidale che ruotano in modo autonomo l’uno dall’altro, evitando la formazione di ponti di materiale nella camera di macinazione e permettendo, in casi estremi, di non rimanere mai fermi con la produzione. La macchina ha ricevuto molti apprezzamenti in fiera, soprattutto per quanto riguarda la robustezza della struttura. “Provengo dal mondo della meccanica di precisione. La mia azienda storica, la Meccanica Gervasoni, è specializzata nella lavorazione di pezzi di grandi dimensioni - dice il proprietario Giovanni Gervasoni - ed ho voluto trasferire alla progettazione di Molinari la stessa rigidità che ho nelle macchine della mia officina. Quando ho fondato Meccanica Gervasoni, avevo solo 22 anni. L’inesperienza e la mancanza di risorse finanziarie talvolta mi costringevano ad acquistare macchinari di basso costo e quindi bassa qualità. Ho imparato sulla mia pelle cosa vuol dire rimanere fermo con la produzione perché ti si rompe un impianto! Mi piace parlare coi miei clienti e confrontarmi. Il tessuto imprenditoriale italiano di oggi è fatto da tanta gente come me, che è partita con poco ed è cresciuta facendo grandi sacrifici. Ora che mi trovo ad essere io un fornitore di tecnologia produttiva, voglio dare il meglio. Spesso la gente si stupisce del peso dei nostri trituratori. Io rispondo che se vuoi processare 30 tonnellate all’ora di rifiuti, per 24 ore al giorno, non lo puoi fare con un giocattolo. Bisogna avere i piedi ben piantati in terra”. Motivati da questa idea quest’anno Molinari espone in fiera l’ultima evoluzione della famiglia TP. Si tratta di un monoalbero dotato di spintore, per trattare soprattutto prodotti voluminosi. “Abbiamo scelto di costruire una versione adatta a tutti quelli che nel trituratore TP hanno apprezzato le lame trapezoidali, la ridotta velocità di rotazione, e la robustezza, ma che non avevano grandi quantità di materiale da trattare - continua Gervasoni - Abbiamo deciso così di progettare la versione con un solo rotore, per rendere l’investimento più accessibile anche in termini di costo d’acquisto, pur garantendo ottime performance in termini di consumi energetici, produzione e manutenzione”. La versione TPm (dove m sta per monoalbero) è adatta a tutti coloro che hanno bisogno di ridurre il consumo di materie prime recuperando gli scarti di lavorazione e la gestione dei rifiuti complessi tramite il loro trattamento e smaltimento.

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PCA Technologies PCA Technologies e Airsense Analytics sono orgogliosi di aver dato vita a una delle più grandi reti di monitoraggio mai realizzate per la Qualità dell’Aria. 115 Nasi Elettronici “OlfoSense” sono stati installati nell’area industriale di Tianjin (Cina) che ospita svariati tipi di realtà produttive, soprattutto nei settori della chimica, petrolchimica e farmaceutica. Nel corso degli ultimi anni l’interesse per la salvaguardia della salute pubblica da parte del Governo Cinese è cresciuto molto, e in questo contesto politico-sociale le Agenzie locali per la Protezione Ambientale hanno avuto il compito di trovare uno strumento che fornisse una valida risposta all’esigenza di tenere sotto controllo l’inquinamento di alcune aree particolarmente critiche. Con OlfoSense, le autorità preposte hanno ora la possibilità di intervenire tempestivamente in caso di allarme di superamento delle soglie di concentrazione, grazie alle funzionalità di monitoraggio in controllo remoto dei parametri chiave. Decine di moduli Olfosense sono stati installati non solo al perimetro degli impianti ma anche direttamente alle sorgenti principali di emissione; i dati provenienti dagli strumenti vengono visualizzati su una piattaforma internet protetta che riceve anche dati meteorologici realizzando una simulazione di dispersione degli inquinanti, consentendo di gestire l’impatto generato nelle aree sensibili circostanti.

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TOMRA Sorting Recycling Recuperare e selezionare materiali preziosi dalle frazioni riciclabili è indispensabile per la gestione responsabile e sostenibile delle risorse del pianeta. Servono grandi competenze ed aziende altamente specializzate, per operare con successo in un settore estremamente delicato e complesso. Tra le migliori imprese, un posto di indiscussa preminenza spetta alla norvegese TOMRA Sorting Recycling, leader tecnologico nel settore della progettazione, sviluppo e realizzazione di innovative soluzioni di selezione basate su sensori per l’industria del riciclaggio dei rifiuti e dei metalli. Le svariate applicazioni di TOMRA Sorting Recycling comprendono il packaging, la carta, i rifiuti solidi urbani, la plastica, i rifiuti elettronici, l’alluminio e i veicoli a fine vita. I sistemi TOMRA operano fino a 640.000 punti di scansione al secondo: una performance che li rende sia estremamente veloci che accurati, aumentando il flusso dei rifiuti e fornendo un prodotto di qualità costante. Oggi oltre 4.500 macchine TOMRA Sorting Recycling sono al lavoro in più di 50 paesi. Sfruttando l’esperienza sul campo e il know-how tecnologico del Gruppo, TOMRA Sorting Recycling si è dedicata all’industria del riciclaggio e della gestione dei rifiuti, progettando e realizzando sistemi complessi per l’estrazione dal flusso di rifiuti di frazioni di elevata purezza, ottenendo una resa e una redditività davvero elevate. Ideatrice del primo sensore al mondo che utilizza lunghezze d’onda nel “vicino infrarosso” per le applicazioni di riciclaggio rifiuti, TOMRA Sorting Recycling ha accesso a 15 test centers diffusi nei vari continenti, un dipartimento ricerca e sviluppo dedicato e una rete di assistenza capillare che assicura ai clienti i benefici di una continua innovazione e attenzione costante. Negli anni, l’offerta di sensori si è ampliata attraverso importanti acquisizioni di società come RealVisionsort, CommodasUltrasort, Odenberg e Best; attraverso la combinazione di sensori semplici e multipli TOMRA ha poi ampliato la gamma di applicazioni della selezione basata sui sensori. Grazie alla continua innovazione, la tecnologia di cernita automatica ha fatto un salto qualitativo straordinario negli ultimi due decenni, raggiungendo decisivi miglioramenti nella risoluzione dei sensori. Al momento, sofisticate fonti di luce facilitano la selezione dei materiali con un grado di precisione ed efficienza prima inimmaginabili, naturalmente con consumi di energia molto ridotti. Attualmente questi importanti progressi tecnologici permettono l’individuazione di frazioni ultrasottili fino a 0,5 mm di diametro con alcuni materiali e tecnologie, mentre gli oggetti più grandi si possono scansionare con una precisione maggiore. Padiglione B1, Stand 50.

WRS WRS Italia, brand commerciale legato al Gruppo Steel, focalizza la sua attenzione sulla progettazione e realizzazione di trituratori industriali. Si tratta di un dipartimento di R&D, una realtà snella dove coesistono esperienze trentennali nel settore e giovani professionalità. Il Gruppo Steel costituisce una realtà industriale attiva dai primi anni ‘80, specializzata nelle lavorazioni meccaniche e nel trattamento degli acciai. Tale know-how consente di offrire lavorazioni di altissima finitura e precisione. Il progetto WRS rappresenta l’ultimo step di una filiera produttiva, unica nel suo genere, dove l’esperienza del gruppo si trasferisce nella realizzazione del trituratore. Ogni modello è progettato per soddisfare specifiche esigenze; le molteplici configurazioni della camera di taglio li rendono adattabili al materiale da triturare. Gli acciai utilizzati, le lavorazioni meccaniche e il trattamento termico realizzati internamente, insieme al laboratorio certificato, anch’esso interno, che consente di eseguire analisi chimico/fisiche approfondite, chiudono il cerchio di una filiera produttiva che va dalla scelta del materiale, al prodotto finito. I primissimi risultati di questo innovativo approccio, sono già visibili ad Ecomondo 2016 (Pad 3, Stand 168), dove WRS Italia, insieme ad un restyling grafico e cromatico, propone in anteprima un monorotore da 45 kw ed un trituratore bi-albero da 7,5 kw, il più piccolo della gamma, destinato a soddisfare il segmento di “entry-level price”.

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Il nuovo che si integra nell’esistente NUOVE TECNOLOGIE, FIRMATE ECOSTAR, PER IL MANTENIMENTO IN EFFICIENZA DEI PROCESSI PRODUTTIVI di Laura Veneri

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uanta poesia nel paesaggio nelle Crete Senesi! Morbide colline si inseguono a perdita d’occhio e comparendo e scomparendo dietro ad altre coprono la vista dell’impianto Le Cortine. Ma quando lo scorgiamo ritroviamo in esso e nella sua architettura la stessa dolcezza dei luoghi. Le curve del terreno si sono imposte nell’edificio che riprende nel tetto le sue onde e diventa armonioso quanto la sua terra. Nell’impianto di proprietà Sienambiente, in funzione dal 2002, l’efficienza dei processi produttivi e la sostenibilità ambientale sono state da sempre le priorità di una gestione dei rifiuti moderna, tecnologica e industriale. Il Direttore Generale, Ing. Fabio Minghetti, il Direttore di Impianto, Ing. Silvia Mangiavacchi, il Responsabile della Sicurezza, Ing. Pasquale Bimonte e Alessio Biagini, ex responsabile impianto e oggi supervisore del controllo e dei processi ci accompagnano nella nostra visita a scoprire le linee dell’impianto e i nuovi accorgimenti tecnici che sono da poco operativi. “L’impianto ci spiega Biagini - è stato realizzato dalla società Sienambiente, che è una società mista pubblico privato fondata da Comuni della provincia e Provincia di Siena, insieme a partner industriali per l’attuazione del piano provinciale dei rifiuti nel 1996. Il piano provinciale si fondava su raccolta differenziata, valorizzazione energetica e smaltimento in discarica solo per il residuale. Il piano prevedeva di non esportare i rifiuti su altri territori ma di costruire sul territorio della Provincia gli impianti necessari per la valorizzazione dei rifiuti raccolti”. Il complesso Le Cortine è un unico sito con quattro impianti. È presente la linea di valorizzazione dell’indifferenziato o residuo che ha lo scopo principale di produrre il combustibile per il termovalorizzatore di proprietà

di Sienambiente sito a Poggibonsi. Poi vi è la linea del trattamento della frazione organica proveniente da raccolta differenziata per la produzione del compost “Terra di Siena”, un ottimo ammendante per l’agricoltura, anche biologica. Successivamente c’è la linea della raccolta differenziata della carta: lavorazione attraverso pulizia e pressatura della carta e del cartone proveniente dalla raccolta differenziata per l’avvio ai processi di produzione di carta riciclata. Infine c’è la linea di lavorazione del multimateriale pesante: il trattamento dei flussi della raccolta differenziata cosiddetta “multimateriale” per l’ottenimento di materiali omogenei (vetro, plastiche, alluminio, ferro) da utilizzare come materie prime in processi di fabbricazione industriale. “La tecnica di raccolta di questi materiali - precisa Biagini - prevede il conferimento in un’unica campana di plastica, banda stagnata, alluminio, tetrapak e vetro. Ad oggi è allo studio un’evoluzione di questo sistema che verrà proposto i prossimi anni. Il grosso vantaggio di questo impianto è che è stato pensato insieme al sistema di raccolta differenziata e questo ha permesso per anni alla provincia di Siena di avere la tariffa rifiuti più bassa di tutta la Regione”.

mente stoccato in fosse dedicate del capannone e mantenute in depressione. E’ molto importante il processo di vagliatura perché le due frazioni devono essere separate con precisione, si ottengono così due prodotti: il sopravaglio, dotato di un alto potere calorifico, che viene inviato a combustione e il sottovaglio che viene utilizzato come stabilizzante per l’abbattimento del carico organico in discarica. Questa parte umida viene sottoposta a deferrizzazione per eliminare eventuali corpi metallici. Il sottovaglio prima di essere utilizzato nella copertura delle discariche viene sottoposto a processo di ossidazione in cumulo con insufflazione di aria per stabilizzarlo. Il sottovaglio diventa così frazione organica stabilizzata. Un sistema di telecamere è installato nei punti critici dell’impianto per minimizzare intasamenti. Nella linea di lavorazione dell’indifferenziato è stato da poco inserito un nuovo vaglio dinamico modulare fornito dalla Ecostar. Il vaglio è composto da tre moduli di lun-

Linea di lavorazione dell’indifferenziato

I rifiuti che sono conferiti all’impianto attraverso autocompattatori vengono pesati, registrati e scaricati dagli automezzi nelle apposite fosse di stoccaggio. La linea di lavorazione dell’indifferenziato è una linea con triturazione, deferrizzazione e vagliatura. Il trituratore viene alimentato da una benna a polipo montata su un carroponte e movimentata da un operatore situato in una vicina cabina pressurizzata. Il rifiuto in attesa di essere processato è precedente-

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Vaglio dinamico modulare Ecostar con moduli da 2 e 3 m in modo da combinare ogni dimensione di vagliatura. Le sezioni variano da 10 mm (compost) a 30 mm (PET e plastica)

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ghezze uguali di 2000 mm per ottenere tre frazioni, due di sottovaglio e due di sopravaglio. Il primo modulo ha una sezione di 15 mm per separare gli inerti, gli altri due moduli hanno la sezione uguale di 50 mm per separare l’organico dal secco. La peculiarità della macchina è la grande flessibilità in quanto, in funzione dell’evoluzione dell’impianto, è possibile aggiungere altri moduli. La velocità di regolazione del vaglio e dei rulli è definita dall’operatore in cabina che la adatta a seconda della stagionalità del rifiuto e può decidere di variare la sezione con un semplice accorgimento. Il vaglio dinamico Ecostar ha ridotto gli spazi di ingombro, come pure la manutenzione e ha un basso assorbimento di energia, soltanto 14 kW. “Attualmente la linea dell’indifferenziato lavora circa 50.000 t di rifiuto indifferenziato all’anno, che è quasi tutto il quantitativo prodotto dalla Provincia di Siena esclusa la parte Nord in quanto è in prossimità del termovalorizzatore e l’indifferenziato viene direttamente portato all’impianto di Poggibonsi” precisa Biagini.

La raffinazione del compost

La linea del compostaggio lavora circa 1618.000 t l’anno tra l’organico e le ramaglie.

L’impianto è certificato per la produzione di compost da agricoltura biologica. “La nostra tecnologia è a cumulo statico aerato e nella fase di maturazione a cumulo rivoltato - racconta Biagini - le ramaglie vengono triturate da un trituratore mobile a rotazione veloce in un piazzale antistante la linea del compostaggio. Le ramaglie tritate vengono poi successivamente mescolate al rifiuto organico che, dopo essere passato attraverso una lacerasacchi/miscelatrice viene avviato alla fase biologica. Un sistema automatico di trasporto mediante nastri trasportatori e carroponti mobili convoglia e deposita il materiale in cumuli alti 3 metri”. Il materiale trattato viene quindi lasciato “riposare” e inizia la fase di biossidazione accelerata in cui avviene l’insufflazione di aria. Tale processo rappresenta in pratica la riproduzione in condizioni più controllate e accelerate dei meccanismi di degradazione della sostanza organica che si manifestano in natura. Nella fase di biossidazione accelerata la biomassa presenta un elevato quantitativo di sostanza organica putrescibile la cui degradazione richiede un notevole consumo di ossigeno. In questa fase assume grande importanza il dimensionamento del sistema di aerazione e la corretta costruzione chimico-fisico-geometrica del cumulo di materiale organico di partenza in modo da permettere la massima coerenza tra velocità di consumo di ossigeno e capacità di diffusione. Il capannone di biossidazione è diviso in otto zone: quattro per il compostaggio e quattro per la stabilizzazione dell’organico di bassa qualità proveniente dall’indifferenziato. Ogni zona è dotata di un

Schema di fuzionamento del Cleaner per la separazione delle varie frazioni del compost. Lo stesso principio viene utilizzato per separare la plastica leggera dal multimateriale.

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sistema di insufflazione dell’aria regolabile separatamente in portata. Durante la fase di ossidazione avviene anche la fase di rivoltamento meccanico che serve per omogeneizzare il materiale e mettere il materiale di superficie all’interno del cumulo dove si sviluppano le reazioni. Il rivoltamento aiuta a dare porosità al letto ed evitare che si “impacchi” e renda difficile la diffusione dell’ossigeno a tutta la massa. Questa fase dura quattro settimane, trascorse le quali il prodotto viene trasportato nel capannone di maturazione. La fase di maturazione viene effettuata con rivoltamenti settimanali. Dopo otto settimane di maturazione il materiale viene raffinato per ottenere tre flussi. Questo processo o linea di raffinazione ha lo scopo di ottenere compost di qualità certificato per l’agricoltura biologica. Questo importante risultato, si ottiene con due diversi sistemi di vagliatura: il primo è un vaglio a dischi Dinamico Ecostar con sezione di 30 mm, il secondo un vaglio Flip Flop della Binder austriaca con sezione 8 mm per il compost di qualità finale Terre di Siena mentre il sopravaglio 8/30mm, ritorna in circolo per agevolare la fermentazione del processo. Il terzo flusso di materiale è costituito dal sopravaglio della sezione e di 30 mm, che comprende materiale in legno di grande pezzatura, inerti o shopper e sacchi in hdpe. È a questo punto che entra in funzione il Cleaner, ultimo brevetto di Ecostar per pulire il legno dalla plastica, e ridurre così i conferimenti in discarica. Questa nuova macchina montata al di sopra del vaglio, intercetta la plastica mentre sta saltellando sul vaglio, per mezzo di due flussi d’aria soffianti contrapposti per formare un piccolo ciclone. In questo modo sarà agevolato al massimo il sistema di aspirazione delle plastiche nella parte finale del vaglio. Il punto dove è situata la cappa di aspirazione delle plastiche intercetta solo aria pulita perché la polvere e le parti più fini del compost sono già state separate nella parte iniziale del vaglio. “La parte dedicata alla raffinazione è in fase di completamento - precisa Biagini - e Ecostar è uno dei fornitori di una buona parte dell’impianto. Abbiamo scelto la loro tecnologia per avere in futuro quantità minime di frazione legnosa da smaltire”. I percolati prodotti dal processo vengono recuperati in cisterne interrate per essere smaltiti nei depuratori. All’esterno del capannone è presente un biofiltro di 1500 m2


per l’abbattimento dei cattivi odori. È composto da due vasche da tre moduli da 250 m2 circa ciascuno suddivise da un punto di vista fluidodinamico in tre punti di emissione differenti. È un sistema estremamente semplice ma estremamente efficace.

La linea della carta

La linea della carta è dotata di una prima separazione con vaglio balistico che separa la carta dal cartone. Le due frazioni smistate e trasportate su nastro trasportatore vengono ripulite manualmente in cabina di selezione dove operatori specializzati tolgono i corpi estranei. Il materiale pulito viene quindi inviato a pressatura. “Il cartone ha una quotazione sul mercato molto maggiore rispetto alla carta - puntualizza Biagini - e questo è sempre andato a vantaggio della tariffa dei cittadini. La carta viene venduta sul libero mercato”.

Linea di raffinazione del compost costituita da tramoggia, vaglio primario 30 mm con Cleaner per la separazione delle plastiche

La linea del multimateriale

Nella linea vengono separati gli imballaggi in vetro, plastica, metalli e tetrapak raccolti dagli utenti in un unico contenitore. Il compito dell’impianto di selezione e lavorazione è la differenziazione dei singoli materiali che vengono successivamente ritirati dai rispettivi consorzi e avviati a riciclo (tranne il tetrapak che è già materia prima seconda e il consorzio COMIECO destina direttamente in cartiera). Il nastro estrattore convoglia il materiale su un nastro elevatore dosatore che a sua volta alimenta un vaglio di pulizia per l’asportazione dei materiali fini; all’uscita del vaglio il materiale viene immesso su un nastro attraversato da un separatore magnetico per l’asportazione dei materiali ferrosi che vengono convogliati in un cassone scarrabile che ha anche funzione di stoccaggio. I materiali leggeri (plastica e alluminio) vengono aspirati con l’ausilio di una cappa aspirante che è collegata con una camera di calma che fa precipitare in basso i materiali. L’aria di aspirazione viene filtrata prima di essere immessa in atmosfera. I materiali leggeri vengono scaricati su un nastro che li porta fino al separatore a correnti parassite che estrae l’alluminio. Il metallo così separato viene convogliato alla pressa per la formazione di balle per agevolare le operazioni di stoccaggio e di trasporto. La plastica viene convogliata su un nastro e sottoposta al controllo di qualità di un operatore e successivamente viene scaricata in uno

Risultato finale compost Terre di Siena - Vaglio Flip Flop binder 8 mm

stoccaggio sufficiente a contenere la quantità selezionata nel corso di un turno di lavoro. Lo stoccaggio della plastica alimenta direttamente il nastro della successiva fase di pressatura. Il vetro, depurato dai materiali ferrosi e leggeri, prosegue sul nastro trasportatore dove è ricavata una postazione di selezione e se necessario un operatore procede al controllo di qualità.

Le nuove scelte impiantistiche

L’impianto, operativo da 14 anni, è stato recentemente rinnovato lungo alcune linee per migliorarne l’efficienza. Le aziende costruttrici delle tecnologie per il settore hanno infatti prodotto soluzioni sempre più performanti nel corso degli ultimi anni. Così è per Ecostar, azienda leader nel settore della vagliatura, che ha fornito a Sienambiente tre impianti: il primo nel 2014 ad Abbadia S. Salvatore con la nuova linea di compostag-

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gio dotata di due vagli dinamici. Gli altri due impianti presso Le Cortine e precisamente la linea di separazione secco umido e la linea di raffinazione del compost. “Quello che ci ha spinto a scegliere i vagli dinamici Ecostar - ci racconta Biagini - sono vari aspetti di pari importanza. In primis la semplicità costruttiva e quindi di manutenzione. È importante limitare i fermi impianto al minimo necessario, così come è importante per gli operatori poter svolgere il lavoro in modo più agevole possibile. Con il nuovo vaglio abbiamo inoltre risparmiato molto spazio perché il vaglio cilindrico che avevamo prima aveva dimensioni doppie. Inoltre sono macchine meno energivore: un vaglio cilindrico ha una potenza di 44 kW di motori elettrici installati, mentre il vaglio dinamico Ecostar ne ha 14. La capacità di trattamento è inoltre migliorata notevolmente: ora trattiamo 42 tonnellate all’ora di materiale, mentre prima ne facevamo 32”.

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MELONI®: IMPIANTI ALTAMENTE AUTOMATIZZATI PER LA MOVIMENTAZIONE DEI RIFIUTI Meloni Tecno-Handling s.r.l. è il fornitore scelto da Siena Ambiente s.p.a. per il revamping dei due carriponte operanti nell’impianto di selezione e compostaggio di Asciano, nei pressi di Poggibonsi. Il marchio meloni® vanta infatti una lunga esperienza nella costruzione di macchine (nuove o rigenerate) finalizzate alla movimentazione di rifiuti solidi, umidi o di tipo misto. Un impianto tipico è solitamente composto da due carroponti di processo: costruttivamente identici e dunque intercambiabili all’occorrenza, garantiscono la movimentazione dei rifiuti nella zona di scarico dei camion, nella fossa di accumulo dell’indifferenziato e del sovvallo, nella zona di carico della tramoggia per l’alimentazione della caldaia. Grazie alle più recenti tecnologie e all’esperienza maturata nel settore, le due macchine, dotate di benna a polipo, assolvono in modo completamente automatico una serie di richieste, completamente personalizzabili. E’ possibile garantire l’alimentazione dei rifiuti destinati alla caldaia in funzione di quanto richiesto dal DCS (Distributed Control System), distribuire uniformemente i rifiuti nelle zone critiche, smorzare le oscillazioni della benna, archiviare in formato digitale i report del materiale movimentato e, non per ultimo, rispettare rigorosamente le norme di sicurezza: una complessa logica d’interdizione infatti, isola tutte le aree potenzialmente a rischio, arrestando forzatamente il sistema qualora qualche procedura non risulti soddisfatta. Qualora se ne presenti l’esigenza l’impianto viene completato con una rete di nastri trasportatori, completamente integrati nel sistema. La diagnostica delle macchine è monitorata attraverso un’interfaccia predisposta in prossimità della poltroncina operatore. In caso di necessità un modulo connesso ad internet permette l’intervento in remoto da parte di un tecnico meloni® per la risoluzione di problemi di fermo macchina o per l’affinamento delle procedure di automazione del sistema.



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QUANDO UNa macchina NEL SUO PICCOLO, FA LA DIFFERENZA Potenza, versatilità operativa e sicurezza del Brokk 400, il mezzo radiocomandato per eccellenza utilizzato nella demolizione di un autosilos nel centro di Milano di Marco Costabello

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e in edilizia sono i materiali e le finiture che fanno la differenza tra un intervento mediocre ed uno ben riuscito, nelle demolizioni sono le procedure operative e le attrezzature impiegate che permettono di operare in sicurezza in contesti difficili decretando il successo del lavoro. In questo articolo vi presentiamo la demolizione di una struttura in cemento armato in centro a Milano dove l’utilizzo di un robot demolitore Brokk 400 ha fatto veramente la differenza. L’intervento, iniziato a primavera di quest’anno, aveva come oggetto la demolizione totale di un autosilos sito nel centro di Milano nel quartiere porta Romana con ingresso dal piano strada e una struttura che si sviluppava con un piano interrato e 6 livelli fuori terra, con rampe di accesso per le auto. L’edificio disponeva anche di una parte adibita ad uffici, con relativi

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servizi, un vano scale e una colonna ascensore. La demolizione ha interessato anche i piani interrati e le strutture di fondazione in quanto sul lotto era prevista una nuova costruzione con destinazione residenziale. La struttura da demolire non era delle più semplici, l’autosilos si trovava letteralmente incastrato fra edifici di vecchia costruzione, case di ringhiera tipiche della zona di Porta Romana, che oggi è divenuta però una zona residenziale di pregio. In questo contesto una società di real estate ha acquisito come general contractor l’area per svilupparla con un’operazione immobiliare di alto livello. I lavori sono iniziati il 26 aprile scorso, dopo la preparazione e l’allestimento del cantiere, in occasione di una mattinata-evento di lavori, alla presenza dei futuri proprietari delle unità immobiliari che sono già state vendute in toto ancor prima di iniziare i lavori di demolizione.

La demolizione è stata affidata ad Armofer Cinerari Luigi s.r.l. che dovendo operare in centro città, con recettori molto prossimi all’area di intervento è intervenuta operando mediante robot demolitore Brokk 400. La scelta è ricaduta su questa tipologia di macchina poiché il contesto fortemente antropizzato, la presenza di edifici in aderenza e la vicinanza di recettori sensibili rendevano il Brokk ideale per l’esecuzione dell’intervento. I vantaggi di questa macchina rispetto agli escavatori tradizionali di stesso peso sono molteplici. Iniziamo da quelli ambientali che in un contesto urbano sono sempre ben apprezzati dal committente e dalla cittadinanza: il Brokk non riduce le emissioni, le annulla in quanto l’alimentazione è completamente elettrica e, di conseguenza non genera odori di gas di scarico riducendo le emissioni sonore rispetto all’alimentazione tradizionale a gasolio. In merito ad ingombri operativi e po-


tenza ormai è noto a tutti gli operatori del settore che queste macchine rispetto a quelle cingolate a gasolio hanno sagome più contenute e potenze decisamente superiori a parità di peso, questo ha consentito di limitare i pesi gravanti sui solai da demolire garantendo però la capacità di frantumazione del cls al pari di escavatori tradizionali che pesano il doppio. Non dimentichiamo infine la sicurezza che questi robot a controllo remoto consentono di ottenere grazie al comando a distanza, tutti i rischi per gli operatori in cabina durante una demolizione vengono annullati: rischio di caduta di materiale dall’alto, rischio di caduta o ribaltamento del mezzo, polveri, ecc.. L’intervento è stato eseguito totalmente mediante demolizione meccanica; i primi quattro piani partendo dall’alto sono stati demoliti esclusivamente mediante Brokk operante direttamente sui piani da demolire mentre per i piani più bassi la demolizione è stata fatta anche con l’ausilio di un escavatore cingolato tradizionale, un Caterpillar 330D. Per garantire la sicurezza verso l’esterno e ridurre gli impatti attorno alla struttura da demolire è stato allestito un ponteggio perimetrale lungo la facciata e verso l’interno dove la struttura confinava con alcuni loft residenziali. Con il procedere della demolizione e l’abbassamento dell’edificio è stato eseguito lo smontaggio contestuale del ponteggio. Per la salita ai piani si è utilizzata la rampa del parcheggio facendo in modo di preservarla durante le fasi di demolizione al fine di consentire un facile accesso ai piani in demolizione. Le travi della struttura erano gettate in opera e fortemente armate visti i carichi previsti per la destinazione d’uso mentre le solette erano realizzate con lastre predalles. Per maggior sicurezza si è proceduto comunque a puntellare i solai ove si andava ad operare con la macchina da demolizione in modo da ripartire maggiormente i carichi del mezzo sui piani sottostanti. Le macerie ve-

LE FASI DEL LAVORO I lavori di Armofer sono stati eseguiti secondo le fasi distinte elencate di seguito. • Allestimento del cantiere (ufficio impresa, spogliatoi, servizi igienici) • Allaccio idrico ed elettrico per sistema abbattimento polveri • Allestimento di ponteggi e protezioni degli edifici e/o strutture confinanti (in particolare fronte strada) • Verifica stato di dismissione e sezionamento delle utilities sui fabbricati oggetto di demolizione • Allestimento aree di stoccaggio temporanee e aree di lavorazione in sito • Rimozione e smaltimento dei rifiuti generici presenti nei fabbricati • Strip-out dei fabbricati propedeutico alle demolizioni • Demolizione di tutte le strutture fuori terra • Demolizione di tutte le strutture costituenti i volumi interrati • Demolizione di tutte le pavimentazioni e delle strutture di fondazione • Selezione dei rifiuti per tipologie omogenee • Deferrizzazione macerie inerti (calcestruzzo, laterizi, blocchi cavi, murature) e relativo conferimento a impianti autorizzati • Trasporto e smaltimento delle rimanenti tipologie di rifiuto derivante delle demolizioni (legname, guaine bituminose, materiali plastici, carta, ecc.) • Ripristino, pulizia e riconsegna delle aree alla Committente

Attrezzature e mezzi d’opera Le demolizioni sono state effettuate per la maggior parte con robot radiocomandato a distanza modello Brokk 400 (macchina da 50 q), con alimentazione elettrica, equipaggiato con pinza per calcestruzzo (Darda CC700 da 600 kg, normalmente montata su escavatore 120 q) o martello demolitore idraulico (Atlas Copco SB 552), facilmente intercambiabili grazie all’attacco rapido. Il Brokk ha demolito posizionato sul solaio stesso da demolire o sulle rampe per demolire le travi portanti dell’edificio. Il controllo visivo dell’operatore è favorito dalla sua possibilità di muoversi con radiocomando nella posizione opportuna. Dal terzo/secondo piano fuori terra e una volta demolite le strutture dell’autosilo presenti internamente al lotto, si è proceduto nella demolizione utilizzando a supporto del Brokk anche un escavatore cingolato UHD (Cat 330). Durante le demolizioni si è proceduto a nebulizzare con acqua le opere in demolizione al fine di abbattere e contenere la propagazione di polveri (attrezzatura Emi Controls). La demolizione secondaria è stata invece eseguita con un frantumatore idraulico montato su un secondo cingolato per la riduzione volumetrica e deferrizzazione delle strutture abbattute. In cantiere come mezzi di servizio erano presenti un sollevatore telescopico Manitou, una minipala per lo spostamento delle macerie e l’attrezzatura da taglio a disco Hilti per il taglio delle strutture in calcestruzzo; Riduzione volumetrica, deferrizzazione e cernita materiali, così come il trasporto delle macerie per il conferimento in siti di recupero autorizzati, sono stati fatti con mezzi e personale di Armofer.

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Brokk 400: iL PIU’ FORTE della gamma Il Brokk 400 è il robot demolitore più forte della gamma Brokk ed è il più potente oggi sul mercato con un rendimento che corrisponde a differenti modelli di escavatori tradizionali di peso maggiore. Il Brokk 400 è sufficientemente piccolo e maneggevole per lavorare in spazi ristretti. Con un grande rapporto peso/ potenza il Brokk 400 ha la forza di demolire resistenti strutture di calcestruzzo eliminando la necessità di costosi puntellamenti, ma è molto produttivo anche negli spazi aperti. Il Brokk 400 può essere utilizzato in differenti tipologie di demolizione nell’industrie di trasformazione. Altre applicazioni sono la sostituzione del rivestimento dei forni per il cemento e ghisa, l’eliminazione del rivestimento dei formi per la calce e nell’industria della pasta di legno. Per i grandi lavori di demolizione nell’edilizia, quali fondamenta, pilastri e solette in calcestruzzo, il Brokk 400 è la macchina ideale: efficiente, economica e sicura. Grazie al radiocomando l’operatore lavora in tutta sicurezza lontano da vibrazioni e da pericoli di caduta detriti. Prestazioni Velocità di rotazione

20 sec/360°

Velocità di trasporto

max. 2,5 km/h; 0,7 m/s

Angolo di inclinazione

max. 30° Impianto idraulico

Capacità impianto idraulico

160 l

Tipo di pompa

Pompa a pistoni a rilevamento di carico variabile

Pressione dell’impianto

16,5 MPa

Portata max della pompa

50Hz/60Hz 115l/min 130l/min Motore elettrico

Tipo

ABB

Potenza nominale motore*

30 kW

Corrente nominale*

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Dispositivo di avviamento

Avvio morbido/Accensione diretta Sistema di comando

Tipo di comando

Scatola di controllo portatile

Codice segnale

Digitale

Trasmissione

Cavo/Radio Peso

Peso della macchina escluso utensili ed equipaggiamento opzionale

4800 kg

Livello di rumore Livello di potenza sonora Lwa, misurato in base alla direttiva 2000/14/E * Validi per 400V/50Hz

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100 dB(A)


nivano allontanate giornalmente in modo da curare con precisione la logistica del cantiere. Per tale ragione sono stati utilizzati mezzi di trasporto ed autisti della stessa Armofer al fine di garantire una migliore organizzazione nei trasporti vista la collocazione centrale dell’area. Gli operatori addetti all’utilizzo del Brokk in questo cantiere sono stati Andrea Cinerari, uno dei titolari dell’impresa, e Stefano Bricconi, dipendente di Armofer, soddisfatti entrambi dell’estrema facilità di manovra e maneggiabilità di questo macchinario, al pari di un escavatore tradizionale e con una velocità decisamente superiore. Il Brokk si è rivelato indispensabile anche per le primissime fasi di cantiere in cui l’accesso di un escavatore di grosse dimensioni sarebbe risultato impensabile. Il cantiere si è svolto tutto secondo programma, nonostante le immaginabili difficoltà ad operare in zone densamente popolate.

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Dal nastro all’impianto completo Inaugurato il nuovo impianto di trattamento dei fanghi che utilizza nastri trasportatori realizzati ad hoc per la movimentazione dei rifiuti di Bruno Vanzi

È

tra le aziende più longeve del settore. Nasce nel 1877 e dopo cinque generazioni e quasi 140 anni di attività è ancora sinonimo di prodotti meccanici di qualità. Giacomo fu il primo a costruire mezzi su ruote quali carri e carrozze, seguito da Giuseppe, Emilio e Marco. Quest’ultimo diede una svolta all’azienda convertendo la produzione in trasportatori meccanici per la movimentazione di prodotti agricoli e industriali. Ora con la guida di Massimo, l’azienda si è specializzata nella progettazione e costruzione personalizzata di macchine e impianti per uso industriale nel settore ambientale ed ecologico. Stiamo parlando della Toso srl che dagli anni ’90 si è introdotta nel settore dell’ambiente realizzando macchine e sistemi di trasporto per l’industria dello smaltimento e del riciclaggio e che negli ultimi anni sta realizzando impianti completi chiavi in mano, come nel caso del revamping dell’impianto di riciclaggio di frigoriferi

usati di Tred Livorno del Gruppo Unieco che è stato completamente rifatto dalla Toso nel 2015 a seguito di un grave incendio che lo aveva reso inutilizzabile. L’ultima installazione all’attivo è l’impianto di inertizzazione fanghi SED, azienda del gruppo A2A che a Robassomero (TO) ha un centro di stoccaggio e ricondizionamento in grado di ricevere e smaltire la maggior parte dei rifiuti elencati nel catalogo CER. Entriamo nello specifico dell’impianto fanghi di SED, inaugurato da poche settimane, con la descrizione di Carlo Romano, Direttore Generale di Toso. “L’impianto per fanghi palabili ha due caratteristiche principali che sono la compattezza e la flessibilità in quanto è in grado di trattare diverse tipologie di fanghi da inertizzare”. La “flessibilità” di cui parla il sig. Romano garantisce l’economicità dell’impianto rispetto a tipologie standard che risultano più costose perché “preconfezionate”. L’impianto fornito dalla Toso, invece, ha il

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notevole vantaggio di essere modulabile a seconda del rifiuto da trattare in ingresso. È compito infatti degli operatori della SED definire per ogni fango in ingresso la giusta “ricetta” con cui trattare il rifiuto affinché venga inertizzato e possa essere smaltito secondo la normativa vigente o essere reimpiegato per sottofondi stradali. Prima di essere ritirati i rifiuti vengono caratterizzati dal punto di vista analitico per individuare la forma di trattamento più idonea. Gli addetti all’impianto dovranno, a seguito dei risultati delle analisi di laboratorio, definire una mescola idonea di componenti chimiche per l’inertizzazione dei fanghi. In seguito il fango sarà processato nell’impianto in modo totalmente automatico e senza l’intervento di operatori. “Il materiale viene caricato in un cassone alimentatore tramite pala meccanica - ci spiega Carlo Romano. - Dal cassone di alimentazione viene convogliato in un vaglio stellare che serve per fare una prima separazione granulometrica. La parte fine,

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ossia quella che deve essere inertizzata e che rappresenta in genere il 90% del totale, viene convogliata su di un nastro trasportatore dotato di magnete per la captazione dei metalli. Dal nastro trasportatore il materiale quindi viene trasportato in un premiscelatore a doppia coclea dove viene miscelato agli additivi in polvere. Naturalmente tutte le macchine sono chiuse ermeticamente e non vi è dispersione di particelle di polvere nell’ambiente. Questo mescolamento dura circa 20 secondi e in seguito il materiale viene trasportato in un mescolatore in cui vengono dosati gli additivi liquidi, che servono a

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inertizzare definitivamente il fango. La frazione secca viene mescolata con quella liquida per poi cadere in una vasca di cemento in cui viene stoccato il materiale inertizzato che verrà recuperato e trasportato tramite pala meccanica per essere smaltito. Il sopravaglio, ossia la parte grossolana che può contenere anche pietre e inerti da recuperare, viene convogliata su un altro nastro che trasporta il materiale su un vaglio vibrante che separa la frazione fine da quella grossolana (generalmente inerti) che dopo un lavaggio con acqua, viene recuperata per essere nuovamente riutilizzata. La parte fine viene trasporta-

ta con l’acqua in una vasca di stoccaggio per essere successivamente riciclata nel miscelatore a valle dell’impianto. Tutte le acque di lavaggio dell’impianto vengono riciclate e depurate dai residui fangosi”. L’impianto copre un’area di circa 500 m² al chiuso e tratta 25 tonnellate all’ora di materiale in ingresso. La progettazione dell’impianto è avvenuta in sinergia con le specifiche richieste del Cliente e la Toso ha fornito l’impianto completo chiavi in mano comprensivo di parte meccanica, elettrica, elettronica e gestionale, oltre ad aver realizzato su misura una parte delle macchine impiegate nell’impianto.


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Un illuminante progetto di selezione e riciclo Grazie a Illuminate UN PASSO AVANTI NEL CORRETTO RICICLO DELLE LAMPADE di Serena Sgarioto*

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on tutto quello che all’apparenza sembra uguale segue lo stesso processo di riciclo. Così è per le lampade, un rifiuto che continua a creare molta confusione tra i cittadini al momento della raccolta differenziata. Le lampade non vanno gettate nel cassonetto assieme agli altri rifiuti perché contengono componenti tossici, quali il mercurio e vanno quindi gestite correttamente. Per avviare a corretto recupero le sorgenti luminose esauste, il cittadino deve conferirle presso le isole ecologiche presenti nella sua città o presso i rivenditori che sono obbligati a ritirarle grazie all’1 contro 1, o all’1 contro 0 nei grandi punti vendita. Le sorgenti luminose (tubi fluorescenti, lampade fluorescenti,

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lampade ad alogenuri metallici, lampade a Led) sono rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche e come tali devono essere trattati. Con il progetto “Illuminate - Automated Sorting and Recycling of Waste Lamps (Cernita e riciclo automatico delle lampade a fine vita)” avviato a Ottobre 2013 e conclusosi a Settembre 2016, il riciclaggio delle lampade ha fatto passi in avanti. Relight, azienda di Rho specializzata nel recupero dei RAEE, ha preso parte al progetto Illuminate con il corrisponding member Ecolamp, Consorzio per il Recupero e lo Smaltimento di Apparecchiature di Illuminazione, e gli altri partner nord europei, C-Tech Innovation Ltd (UK), Nordic Recycling (Svezia), Mercury Recycling (UK), Stif-

telsen Chalmers Industriteknik (Svezia), Optisort (Svezia), MRT System International AB (Svezia), El-Kretsen (Svezia) e University of Central Lancashire (UK), per sviluppare un metodo più performante e sicuro per la cernita, la selezione preventiva è propedeutica al corretto trattamento. Relight ha posto sempre massima attenzione allo sviluppo di nuove tecnologie per il trattamento e alla ricerca di applicazioni innovative per il riciclo di frazioni come materie prime seconda. La collaborazione con partner europei, aziende di riciclatori e istituti di ricerca italiani ed esteri, ha permesso a Relight di divenire una delle prime aziende italiane nel riciclo RAEE. Oggi Relight è quindi pienamente coinvolta in attività di ricerca


e sviluppo, soprattutto nell’ambiente dei programmi di ricerca, sviluppo ed Innovazione della Commissione Europea (FP7 - Settimo Programma Quadro e H2020 Horizon 2020), ma anche a livello nazionale. Nel Progetto Illuminate i rifiuti coinvolti sono: lampade a incandescenza, lampade fluorescenti, alogene e LED (queste ultime in continua crescita sul mercato). Le lampade dismesse sono raccolte nelle piattaforme ecologiche in un flusso misto, ma le sostanze contenute e le metodologie di trattamento di ogni tipologia di lampada sono differenti: le lampade fluorescenti contengono sostanze pericolose; altre lampade contengono plastiche con ritardanti di fiamma. Ad oggi la cernita delle lampade è fatta nella maggior parte dei casi manualmente da operatori, pertanto deve essere fatta in modo estremamente attento, a causa dell’esposizione degli operatori a sostanze pericolose, e presenta perciò costi di trattamento molto alti. Il Progetto Illuminate si prefigge di facilitare e ottimizzare il trattamento dei rifiuti di illuminazione, con gli obiettivi specifici di massimizzare i tassi di recupero e di migliorare l’ambiente di lavoro. Il focus principale del Progetto Illuminate è lo sviluppo di sistemi automatizzati che siano in grado di identificare e separare in modo efficace le lampade in diverse classi, rimuovendo anche gli oggetti estranei. L’unità di cernita automatizzata, e posta sotto aspirazione, è basata su

un sistema di sensori ottici combinati con una unità di elaborazione che è in grado di riconoscere forme, colori, materiali e/o peso, presenza o meno di mercurio. L’unità di cernita è anche in grado di registrare il numero e il tipo di lampade (o altri oggetti) che passa attraverso la macchina, consentendo così statistiche ben definite sul rifiuto trattato e oggetti estranei raccolti. A valle di tale unità sono previste linee di trattamento specifiche per ogni tipo di flusso cernito. Oltre alla cernita del rifiuto lampade, il Progetto Illuminate si occupa di ottimizzare le attività a monte del trattamento, quali la raccolta e trasporto del rifiuto stesso. L’obiettivo generale del progetto è quindi sviluppare una soluzione end-of-life completa ed integrata per la gestione del fine vita

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dei rifiuti di lampade, garantendo un ridotto impatto ambientale, operazioni di riciclo ottimizzate e miglioramento dell’ambiente di lavoro. Relight ha un ruolo di primo piano in tale progetto, in quanto ospita il prototipo per la separazione automatica delle lampade e ha il compito di sperimentare e verificare tutti gli aspetti pratici connessi al funzionamento dell’impianto. Dal momento dell’istallazione e messa in esercizio del prototipo a Luglio 2016, Relight ha anche il compito di valutare i risultati, verificare le performance tecniche e fornire contestualmente i dati e le informazioni necessarie ad una valutazione di impatto ambientale ed economico nell’ambito del progetto. *Relight srl

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Energia rinnovabile e compost dal rifiuto organico A Gello di Pontedera, in provincia di Pisa, verrà realizzato il nuovo impianto di digestione anaerobica Geofor per il trattamento di 44.000 t/a di FORSU di Valeria Nosiglia*

D

ai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior è la celebre frase del cantautore Fabrizio de Andrè che esprime con grande immediatezza come ciò che viene considerato ‘scarto’ dalla società può dar vita a qualcosa di migliore. A questo principio rispondono anche i rifiuti, che costituiscono uno dei principali problemi ambientali della nostra società, ma che, se inseriti in un’adeguata logica di economia circolare, possono divenire fonte di energia e materie rinnovabili. Su questo percorso, che l’Europa ci indica come strada da seguire verso uno sviluppo sostenibile, si inserisce il progetto dell’impianto di valorizzazione dell’organico di Gello di Pontedera che servirà il comprensorio di 24 comuni della provincia di Pisa. Valorizzare un rifiuto come l’organico significa poterlo convertire in energia e materia da riutilizzare evitando così il suo impatto sull’ambiente ed è quello che si farà nell’impianto di Gello, dove 44.000 tonnellate all’anno di organico da raccolta differenziata (scarti da cucine e mense), insieme a 7.000 t/a di rifiuti da sfalci e potature verranno trattate e convertite in biogas e compost. Il Raggruppamento Temporaneo di Imprese costituito dalle tre aziende genovesi Biotec Sistemi (mandataria), ICEF Costruzioni e Milici si è aggiudicato la gara internazionale indetta nel 2011 da Geofor S.p.A. per la progettazione, realizzazione e messa a

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regime dell’impianto, il primo di questo genere in Toscana. Geofor svolge attività di gestione dei rifiuti per un bacino di 360.000 utenti ed il progetto di trattamento dell’organico per la sua trasformazione in biogas e compost è nato nel 2008 nell’ambito del piano Straordinario di gestione integrata dei rifiuti dell’ATO Toscana Costa, che prevede anche la dismissione dell’attuale impianto di compostaggio di Gello, vetusto ed ormai insufficiente in termini di capacità. Attualmente la popolazione servita dalla raccolta differenziata è di 250.000 abitanti, con un trend in costante crescita verso la percentuale di raccolta differenziata del 65% prevista dalla legge per il 2020 (oggi tale percentuale si attesta al 58%). In tale ottica l’impianto è già stato pensato per rendere possibile un futuro raddoppio, assicurando così la prossimità del trattamento dei rifiuti, con evidenti vantaggi ambientali ed economici per l’evitato trasporto verso altri siti regionali o nazionali. Dopo la lunga fase di gara, la partenza dei lavori è prevista per l’inizio dell’anno 2017. L’impianto sarà realizzato su una superficie di 13.000 m2, all’interno dell’attuale piattaforma tecnologica di trattamento rifiuti

sita in località Gello nel territorio del Comune di Pontedera e sarà articolato in una sezione di pretrattamento della FORSU – Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani, una sezione di digestione anaerobica per la produzione di biogas, e quindi energia elettrica e termica, ed una sezione di compostaggio aerobico per l’ottenimento del compost. Al suo arrivo il rifiuto verrà stoccato in un’area di ricezione all’interno di un edificio completamente confinato e dotato, come il resto dell’impianto, di un sistema di aspirazione e trattamento dell’aria per evitare l’emissione di cattivi odori nell’ambiente circostante e consentire ottimali condizioni di lavoro per gli operatori. L’organico passerà dopo poche ore dal suo conferimento al vero e proprio ciclo di lavorazione ed entrerà nel cuore dell’impianto costituito dalla sezione di pretrattamento e da quella di digestione anaerobica.


La tecnologia installata per il trattamento del rifiuto e la sua conversione in biogas e compost è la tecnologia ad umido BTA®, brevettata dall’azienda tedesca BTA International e portata in Italia da molti anni da Biotec Sistemi, azienda genovese socia di BTA con cui collabora dai primi anni ’90 realizzando chiavi in mano gli impianti BTA® in Italia e alcuni progetti all’estero. Inoltre Biotec fornisce, in tutti gli impianti BTA® le macchine chiave del processo e servizi di assistenza al montaggio e all’avviamento e alla gestione. La tecnologia BTA® è stata applicata in oltre 50 impianti in tutto il mondo ed è caratterizzata da un’alta affidabilità ed un’ampia flessibilità nel trattare rifiuti anche con caratteristiche molto differenti. Dopo il conferimento in impianto il rifiuto viene così sottoposto ad una serie di passaggi in macchine progettate per separare la parte organica dai materiali non degradabili residui presenti nel rifiuto (plastiche, metalli, legno, vetro, inerti), finiti accidentalmente o per noncuranza dei cittadini nel sacchetto dell’umido. Le produzioni di ener-

gia e compost avverranno entrambe con processi biologici completamente naturali, ma in condizioni controllate ed ottimali. Il primo, la digestione anaerobica, viene svolto in grandi serbatoi completamente chiusi, denominati digestori, dove, in assenza di ossigeno e con determinate condizioni di temperatura (36-38°C), miscelazione e contenuto d’acqua, i microrganismi attuano una fermentazione della sostanza organica e producono biogas, una miscela di metano ed anidride carbonica; il compost sarà il risultato del successivo passaggio biologico di degradazione, questa volta in presenza di ossigeno, in specifici box dedicati appunto al compostaggio. I prodotti in uscita dall’impianto saranno: • 4.500.000 Nm3 all’anno di biogas che viene convertito con un motore ad alta efficienza in energia elettrica (11.800 Mwh/a) e calore (7.400 MWh/a); • 9.500 tonnellate all’anno di compost di qualità, privo di impurità, utilizzabile come ammendante per usi agronomici o per florovivaismo. L’impianto sarà capace di produrre un

quantitativo di energia elettrica necessario a soddisfare la richiesta giornaliera di circa 10.000 abitanti, al netto degli autoconsumi. L’impianto verrà realizzato con tecnologia all’avanguardia, allo scopo di ottenere un efficiente sistema di valorizzazione del rifiuto con un bassissimo impatto sull’ambiente. L’opera costituirà un importante presidio per la valorizzazione del rifiuto, eliminando le problematiche legate ad altri sistemi di smaltimento quali la discarica e l’impianto di trattamento attuale, garantendo non solo un essenziale servizio per i cittadini, ma anche una nuova fonte rinnovabile a vantaggio dell’intera collettività. Il progetto di Gello dà un forte impulso alle prospettive della Biotec Sistemi, che sta attualmente completando le sue attività negli impianti di Glasgow (Scozia) e Malta. La prevista acquisizione degli ulteriori progetti di Varennes – Quebec (Canada) e Terranuova Bracciolini ad Arezzo confermerà ulteriormente la leadership acquisita da Biotec e BTA a livello mondiale. *Biotec Sistemi s.r.l.


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PR OGE TTI

E

TE CNO L O GI E

La Speciazione chimica dei metalli nella determinazione della pericolosità dei rifiuti Problematiche e possibili soluzioni nell’individuazione delle specie chimiche dei metalli pesanti nei rifiuti tal quali e trattati di Paolo Plescia*, Emanuela Tempesta*, Agata Di Stefano**, Giuseppe Benina ***, Bartolomeo Ficili*** e Mariagrazia Leotta***

G

razie alle più recenti norme comunitarie sui rifiuti, si va imponendo la necessità della valutazione della pericolosità dei metalli pesanti nei rifiuti attraverso la cosiddetta speciazione chimica. La IUPAC definisce la speciazione come “Distribution of an element amongst defined chemical species in a system”, ovvero “distribuzione di un elemento in definite specie chimiche in un sistema” [1]. In base a questo principio le caratteristiche di pericolosità dei metalli pesanti conte-

nuti nei rifiuti vengono attribuite tenendo conto delle specie chimiche (sali, carbonati, ossidi, ecc.) e non più soltanto del solo elemento presente [1, 2, 3]. Pertanto, nella normativa ormai in vigore da più di un anno viene utilizzato il principio di precauzione: se nel corso delle analisi di caratterizzazione di un rifiuto non viene o non può essere effettuata la caratterizzazione delle specie chimiche, si assume che a ciascuno dei metalli venga attribuita la pericolosità del composto più solubile e pericoloso.

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Ciò aumenta di molto il costo dello smaltimento e non produce un effetto positivo sull’ambiente, in quanto richiede procedure più complesse ed energivore per stabilizzare i rifiuti; ad esempio, rispetto ad una stabilizzazione chimico-fisica può essere preferito un incenerimento, con costi economici ed ambientali di gran lunga maggiori. Possiamo distinguere due approcci diversi per eseguire la speciazione dei composti inorganici: le speciazioni per separazione sequenziale, come nei me-

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P ROG ETTI

NOME SOSTANZA

SOLFATO DI NICHEL Ni(SO)4*nH2O

DICLORURO DI NICHEL Ni(Cl)2*nH2O

CARBONATO DI NICHEL Ni(CO)3

DI-IDROSSIDO DI NICHEL Ni(OH)2

SOLFURO DI NICHEL

E

TE CNO LO G IE

CARATTERISTICHE DI PERICOLO

LIMITI DI CONCENTRAZIONE

FASE SEQUENZA TESSIER

CAS

FRASI DI RISCHIO

7786-81-4

Acute Tox. 4 *; Skin Irrit. 2; Skin Sens. 1; Acute Tox. 4 *; Resp. Sens. 1; Muta. 2; Carc. 1A; Repr. 1B; STOT RE 1; Aquatic Acute 1; Aquatic Chronic 1

HP4 - Irritante; HP5 - Tossicità STOT HP6 - Tossicità acuta; HP7 - Cancerogeno; HP10 - Tossico per la riproduzione; HP11 - Mutageno; HP13 -Sensibilizzante; HP14 - Ecotossico

Skin Sens. 1; H317: C ≥ 0,01% , STOT RE 1; H372: C ≥ 1%; Skin Irrit. 2; H315: C ≥ 20% ; STOT RE 2; H373: 0,1% ≤ C < 1% ; STOT RE 1; H373: C ≥ 1%

7718-54-9

Acute Tox. 3 *; Skin Irrit. 2; Skin Sens. 1; Acute Tox. 3 *; Resp. Sens. 1; Muta. 2; Carc. 1A; Repr. 1B; STOT RE 1; Aquatic Acute 1; Aquatic Chronic 1

HP4 - Irritante; HP5 - Tossicità STOT HP6 - Tossicità acuta; HP7 - Cancerogeno; HP10 - Tossico per la riproduzione; HP11 - Mutageno; HP13 -Sensibilizzante; HP14 - Ecotossico

STOT RE 1; H373: C ≥ 1% STOT RE 1; H372: C ≥ 1% Skin Sens. 1; H317: C ≥ 0,01% STOT RE 2; H373: 0,1% < C < 1% Skin Irrit. 2; H315: C ≥ 20%

16337-84-1

Acute Tox. 4 *; Skin Irrit. 2; Skin Sens. 1; Eye Irrit. 2; Carc. 1A; STOT SE 3

HP4 - Irritante; HP5 - Tossicità STOT HP6 - Tossicità acuta; HP7 - Cancerogeno; HP13 - Sensibilizzante;

Skin Sens. 1; H317: C ≥ 0,01% , STOT RE 1; Skin Irrit. 2; H315: C ≥ 20% ; STOT SE 3; H335: C > 20%

Carbonati II

12054-48-7

Acute Tox. 4 *; Skin Irrit. 2; Skin Sens. 1; Acute Tox. 4 *; Resp. Sens. 1; Muta. 2; Carc. 1A; Repr. 1B; STOT RE 1; Aquatic Acute 1; Aquatic Chronic 1

HP4 - Irritante; HP5 - Tossicità STOT HP6 - Tossicità acuta; HP7 - Cancerogeno; HP10 - Tossico per la riproduzione; HP11 - Mutageno; HP13 - sensibilizzante; HP14 - Ecotossico

Skin Sens. 1; H317: C ≥ 0,01% , STOT RE 1; H372: C ≥ 1%; Skin Irrit. 2; H315: C ≥ 20% ; STOT RE 2; H373: 0,1% ≤ C < 1% ; STOT RE 1; H373: C ≥ 1%

Idrossidi III

Skin Sens. 1; Muta. 2; Carc. 1A; STOT RE 1; Aquatic Acute 1; Aquatic Chronic 1

HP5 - Tossicità STOT HP7 - Cancerogeno; HP11 - Mutageno; HP13 - Sensibilizzante; HP14 - Ecotossico

-

Solfuri IV

Skin Sens. 1; Carc. 1A; STOT RE 1; Aquatic Chronic 4

HP5 - Tossicità STOT HP7 - Cancerogeno; HP13 - Sensibi

-

Ossidi V

16812-54-7

NiS NiS2

12035-51-7

OSSIDO DI NICHEL

11099-02-08

NiO NiO2 Ni2O3

12035-36-8 34875-54-2

Sali I

Sali I

Tabella 1. Classificazione di pericolosità per i composti del Nichel e corrispondenza con le fasi dell’estrazione sequenziale Tessier [15, 18]

todi Tessier e BCR [3, 4, 5] e le speciazioni mediante analisi strumentali dirette dei composti. Le separazioni sequenziali sono nate per la speciazione dei metalli nei suoli e di recente sono state messe a punto per l’analisi delle specie minerali nei rifiuti. Sulla pericolosità delle varie fasi minerali dello stesso metallo, viene riportata, a titolo di esempio, la tabella 1, dove sono elencati i vari composti inorganici del nichel, suddivisi per frasi di rischio e caratteristiche di pericolosità. Nel caso pre-

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sentato è stata applicata la Tessier ad un rifiuto costituito da un catalizzatore esausto del tipo HDS, utilizzato nell’industria petrolchimica. Tale rifiuto mostra invariabilmente elevatissimi tenori in molibdeno e nichel, insieme ad altri elementi in traccia: Il supporto di tali metalli è costituito da uno scheletro di silico-alluminati. In questi catalizzatori, il molibdeno e il nichel sono introdotti intenzionalmente, a tenori molto elevati, sotto forma di ossidi. Il catalizzatore HDS, durante il suo

ciclo di vita nell’impianto petrolchimico subisce diversi trattamenti ad elevate temperature e in ambienti chimici aggressivi, per i quali si determina una elevata mobilità dei metalli e un loro cambiamento di fase. Ad esempio, il molibdeno tenderà ad ossidarsi verso forme ossi-anioniche e diventerà solubile, così come il nichel tenderà a formare solfati solubili. In questo lavoro viene quindi riportata l’applicazione della separazione sequenziale Tessier per determinare quali


siano le forme condensate di Mo e Ni più rappresentate nel rifiuto tal quale e nel rifiuto trattato e così evidenziare l’avvenuto trattamento chimico.

Materiali e metodi

Il rifiuto studiato è composto da un catalizzatore HDS esausto, classificato con il codice CER 160802* “catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione pericolosi o composti di metalli di transizione pericolosi”. Si tratta di un rifiuto prodotto dalle raffinerie durante il loro normale ciclo industriale, molto studiato nei nostri laboratori, in quanto oggetto di studio all’interno di un progetto FESR 2007-2013 “RECAT” finanziato dalla Regione Siciliana [16]. Il materiale si presenta sotto forma di granuli rettangolari di piccole dimensioni, mescolato con sostanze polverulente. Prima delle analisi, il rifiuto è stato quartato, macinato in mulino ad anelli e sottoposto ad analisi chimica in fluorescenza a raggi X (Bruker S4). E’ quindi stato sottoposto a separazione sequenziale Tessier, secondo il seguente schema: • frazione F1 (cationi scambiabili): 1g di frazione solida trattata con 8 ml di sodio acetato 1 M (pH 8.3) per 1 h; la soluzione ottenuta analizzata in spettrometro di massa ICP MS (Perkin Elmer Nexion); • frazione F2 (carbonati): il residuo solido di F1 è trattato con 8 ml di sodio acetato 1M a pH 5 aggiustato con acido acetico, in agitazione per 6 h a 25°C; la soluzione analizzata con ICP MS; • frazione F3 (adsorbiti su ossidi FeMn): il residuo di F2 è stato attaccato con 20 ml di cloruro di idrossilamina (NH2OH.HCl) 0.04 M, più acido acetico 25% e riscaldato a 96°C per 6 h in agitazione; la soluzione è stata analizzata in ICP MS; • frazione F4 (metalli assorbiti su frazione organica): al residuo solido di F3 sono stati aggiunti 3 ml di acido nitrico 0.02 M e 5 ml di acqua ossigenata (H2O2) 30%, la soluzione aggiustata per un pH 2 con acido nitrico. La soluzione è stata riscaldata a 85°C per 2 h in agitazione. Quindi sono stati aggiunti 3 ml di acqua ossigenata 30% aggiustata a

pH 2 con acido nitrico e miscelata per 3 h. La miscela è stata raffreddata e ad essa è stata aggiunta una soluzione di acido nitrico e ammonio acetato 3:2 V/V. Infine il tutto è stato diluito a 20 ml e miscelato per 30 min; la soluzione è stata letta in ICP MS; • frazione F5 (ossidi refrattari): il residuo solido di F4 è stato mineralizzato in 20 ml di miscela acqua regia /acido fluoridrico 3:1. Il campione è stato riscaldato a 120°C per 2 h e la soluzione portata a 20 ml con acqua deionizzata ultrapura, infine letta in ICP MS. La stessa procedura è stata applicata al rifiuto dopo il trattamento di stabilizzazione. Tale trattamento è stato eseguito utilizzando una procedura standard di trattamento con solfato di Fe bivalente a pH 10-11 [10-14]. Il solfato di ferro bivalente, dissolto in acqua, in condizioni chimiche ben definite genera idrossido ferrico, che costituisce un letto di adsorbimento ottimale per il molibdeno e per altri metalli che formano ossianioni in soluzione, come As, V, Sb [10 - 14]. Tale ricetta viene da anni impiegata presso gli stabilimenti della Cisma Ambiente per stabilizzare in modo efficace questi metalli estremamente mobili. La procedura è compresa tra le BAT (Best Available Technologies) messe a punto per il trattamento di metalli pesanti nelle acque di processo [17]. Il Fe(OH)3 prodotto nel batch assume superfici specifiche elevate (>70 mq/g, misure eseguite mediante porosimetro ad azoto ASAP 2020) e tende ad aderire alle particelle solide della miscela formando un letto di adsorbimento per gli ioni molibdeno, arsenico, antimonio e vanadio. Il materiale trattato è stato sottoposto alla procedura di speciazione Tessier.

Risultati

L’analisi XRF del campione tal quale indica una composizione ricca di Mo, Ni e tracce di altri metalli, tra i quali V, As e Sb (tabella 2). La procedura Tessier ha dimostrato che il materiale tal quale contiene molibdeno all’80% nella forma più solubile e solo al 16% nella forma ossido insolubile (figura 1). Per quanto attiene il nichel (figura 2) si osserva che il tal quale presenta nichel

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Elementi

nuovo

esausto

%

%

Ni

2.31

3.29

Mo

5.89

7.95

V

0.04

0.05

Fe

0.02

0.96

Co

n.d.

0.01

Cr

n.d.

0.10

Mn

n.d.

0.01

S

2.16

1.19

As (ppm)

1–3

100

Tabella 2. Analisi in XRF (macroelementi) e ICP MS (tracce) di catalizzatori HDS nuovi (da AAVV) confrontate con le analisi del rifiuto utilizzato

prevalentemente nella forma ossidata insolubile. L’eluato del rifiuto, eseguito secondo le metodiche indicate nel D.M. 27 settembre 2010, mostra un contenuto di Mo superiore a 35 ppm, circa 35 volte sopra al limite di legge per lo smaltimento in discariche per rifiuti non pericolosi [19]. Lo stesso campione, sottoposto a trattamento con idrossido di ferro, mostra un notevole riposizionamento del molibdeno (figura 1): la frazione solubile si riduce al 39%, mentre la frazione insolubile supera il 57%. Il nichel rimane invece sostanzialmente immobile sotto forma di ossido, segnale questo che indica come la forma ossido iniziale fosse già stabile. Il contenuto di Mo nell’eluato del rifiuto trattato precipita a 0,85 ppm (limite 1 ppm), mentre il nichel rimane sostanzialmente invariato. Il trattamento è stato quindi un successo e la prova è valutabile non solo attra-

Eluato

Mo

Ni

(ppm)

(ppm)

tal quale

35.9

0.15

trattato con solfato

0.85

0.13

Tabella 3. Analisi dell’eluato ai sensi del D.M. 27 settembre 2010 Art. 6 Tab. 5°, metodica UNI EN ISO 17294-2-2005

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P ROG ETTI

E

TE CNO LO G IE

BIBLIOGRAFIA

Figura 1. Speciazione del Mo nel campione tal quale e trattato

Figura 2. Speciazione del Nichel nel campione tal quale e trattato con solfato

verso l’andamento del metallo nell’eluato ma anche dalla modificazione dello stato chimico del Mo, da fase solubile ad insolubile.

Conclusioni

Per stabilizzare un rifiuto è estremamente importante conoscere il tipo di composto del metallo pesante contenuto, al fine di individuare la pericolosità e il tipo di trattamento da seguire. Nella vasta panoramica dei metodi di speciazione, le metodiche ad umido (Tessier e BCR) possono dare un quadro indicativo delle forme di aggregazione più importanti, quali sali solubili, carbonati, idrossidi, complessi metallo-organici e ossidi. Se tale grado di separazione non è sufficiente, si rende necessario un approfondimento analitico, che può essere basato sull’utilizzo di alcune tecniche analitiche specifiche. Nel lavoro presentato abbiamo dimostrato che l’estrazione sequenziale costituisce un ottimo metodo di valutazione, a fianco dei classici metodi di analisi della lisciviabilità di metalli di transizione e un prezioso aiuto nella definizione del

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tipo di trattamento da realizzare. La speciazione ha riflessi considerevoli anche sull’evidenza dell’avvenuto trattamento del rifiuto. Infatti, in taluni casi, può accadere che l’azione del cemento o di altri binders aggiunti intenzionalmente al rifiuto non generano effetti importanti dal punto di vista chimico sui metalli, tali da escludere azioni di tipo diluitivo, che come è noto sono vietati. In mancanza di queste prove e certezze, le AA di controllo potrebbero essere spinte a considerare l’ipotesi di diluizioni. Abbiamo qui dimostrato che, attraverso la separazione sequenziale, risulta invece possibile evidenziare, se c’è, l’effetto chimico degli additivi e di conseguenza ad escludere in modo categorico l’effetto diluitivo. La conoscenza dello stato di aggregazione dei metalli pesanti nei rifiuti rende così più rigoroso e scientifico il trattamento chimico-fisico, senza andare “per tentativi”. *CNR Istituto Geologia Ambientale e Geoingegneria, Area Ricerca Roma **CISMA Ambiente S.p.A. *** SIRAM s.r.l.

[1] Decisione 18 dicembre 2014, n.2014/955/UE (CU 30/12/2014,, n.370) Decisione che modifica la decisione 2000/98/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio [2] Regolamento UE n. 1357/2014 del 18 dicembre 2014, G.U. UE L365 19/12/2014 [3] A. Tessier, P.G. Campbell, M. Bisson Sequential Extraction procedure for the Speciation of Particulate Trace metals, Analitycal Chemistry Vo. 51, N. 7, 1979 [4] A.Tessier, P.G.C. Campbell, M. Bisson - Trace Metal Speciation of USGS Reference Sample MAG-I; Geostan. and Geoanalyt. Research ; 4 (1980) 145 [5] M. L. Jackson Soil Chemical Analysis, PrenticeHall, Englewood Cliff’s N.J. 1958 [6] E. Fernandeza, R. Jimeneza, A.M. Lallenab, J. Aguilara , “Evaluation of the BCR sequential extraction procedure applied for two unpolluted Spanish soils” Elsevier (2004). [7] AAVV, “Speciation Analysis of arsenic, chromium and selenium in aquatic media”, IAEATECDOC-1542 [8] Salbu BTK, Oughton DH (1998). Characteristic of radioactive particles in the environment. Analyst 123: 843-849 [9] S. O. P. Urunmatsoma, E. U. Ikhuoria and F. E. Okieimen “Chemical fractionation and heavy metal accumulation in maize (Zea mays) grown on chromated copper arsenate (CCA) contaminated soil amended with cow dung manure” International Journal for Biotechnology and Molecular Biology Research Vol. 1(6), pp. 65-73, September 2010 [10] Ainsworth CC, Pilou JL, Gassman PL, Van der Sluys WG (1994) Cobalt, cadmium and lead sorption on hydrous iron oxide: residence time effect. Soil Sci Soc Am 58:1615–1623 [11] Cornell RM, Schwertmann U (1996) The iron oxides: structure, properties, reactions, occurrence and use. Weinheim, New York, p 573 [12] Appelo CA, Van Der Weiden MJJ, Tournassat C, Charlet L (2002) Surface complexation of ferrous iron and carbonate on ferrihydrite and the mobilization of arsenic. Environ Sci Technol 36:3096–3103 [13] Gao Y, Kan AT, Tomson MB (2003) Critical evaluation of desorption phenomena of heavy metals from natural sediments. Environ Sci Technol 37:5566 [14] Heather J. Shipley, Karen E. Engates, Allison M. Guettner (2011) Study of iron oxide nanoparticles in soil for remediation of arsenic, Journal of Nanoparticle Research, Volume 13, Issue 6, pp 2387–2397 [15] T. M. C. Grasso “Caratterizzazione e speciazione del Nichel in matrici solide ai fini ambientali”, Università di Catania, Dip.to Ing. civile e architettura, Tesi di Laurea, 2014 [16] Paolo Plescia, “RECAT, Progetto di piattaforma innovativa per il recupero dei catalizzatori esausti dell’industria petrolifera” CNR IGAG, www.recat.it, I fase, 2014 [17] EU Commission, IPPC Wste BREF 2006 [18] ECHA Europe – Summary of classification and labelling. (https://echa.europa.eu/it/information-onchemicals/cl-inventory-database) [19] Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, in sostituzione di quelli contenuti nel decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 3 agosto 2005”, (10A14538) GU Serie Generale n.281 del 1-12-2010


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PR OGE TTI

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La presenza naturale di amianto nelle rocce e nei suoli ofiolitici Il censimento dei siti a rischio amianto durante la realizzazione della cartografia geologica della Regione Liguria di Pietro Marescotti*, Laura Crispini*, Giovanni Capponi*, Silvia Fornasaro*, Gianluca Beccaris** e Emanuele Scotti**

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a normativa vigente classifica come amianto (D.L. 25 luglio 2006, n. 257; Direttiva 2009/148/CE), le varietà fibrose (asbestiformi) del serpentino (crisotilo; N° CAS 12001-29-5), degli anfiboli della serie riebeckite-glaucofane (crocidolite; N° CAS 12001-28-4) e della serie cummingtonite-grunerite (amosite; N° CAS 12172-73-5), dell’antofillite (N° CAS 77536-67-5), della tremolite (N° CAS 77536-68-6) e dell’actinolite (N° CAS 77536-66-4). Inoltre, per la presenza dei sopracitati minerali, il D.M. 14 Maggio 1996 (All. 4) classifica le rocce definite “Pietre Verdi” in funzione del loro potenziale contenuto di amianto, prevedendo restrizioni e controlli specifici per la verifica della presenza e della rilasciabilità di fibre di asbesto. Le “Pietre Verdi” sono rocce ofiolitiche, o rocce da esse derivate, a composizione ultrafemica (peridotiti, serpentiniti, serpentinoscisti, oficalciti) e femica (gabbri, basalti, prasiniti o metabasiti, eclogiti, scisti actinolitici e anfiboliti). In Italia, le rocce ofiolitiche affiorano in diverse regioni ed in particolare in Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Calabria, dove sono presenti i corpi volumetricamente più rilevanti. Pertanto, in queste regioni, vaste aree del territorio sono interessate da potenziali rischi ambientali, sanitari e sociali derivanti dalla presenza di amianto naturale. In particolare, hanno assunto cogente attualità tutte le attività correlate alla coltivazione di cave e alla gestione e all’utilizzo delle terre e rocce da scavo, ivi comprese quelle necessarie per la realizzazione di grandi opere. Proprio nell’ambito della disciplina delle “Terre e rocce da scavo” (D.M.

161/12) un acceso dibattito, anche connesso alle proposte di abbassamento del limite normativo, si è ultimamente sviluppato nella fase di consultazione pubblica dello schema del decreto del Presidente della Repubblica, recante la “Disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo”, ai sensi dell’articolo 8 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164”, in via di pubblicazione. In Liguria sono presenti estesi corpi di “Pietre Verdi” (Fig. 1), tra i più importanti in Italia per volumetria; essi affiorano sia nel settore centro-occidentale della Liguria, nelle province di Genova e Savona (Massiccio di Voltri e Unità Cravasco-Voltaggio-Montenotte), sia in quello orientale, nel territorio delle province di Genova e La Spezia (Supergruppo della Val di Vara, Massiccio del Bracco e lembi alloctoni delle unità Liguri esterne). Sin dagli anni 60, le ofioliti Liguri sono state oggetto di numerosi studi geologici a carattere scientifico da parte di scienziati italiani e stranieri, per la loro unicità e peculiarità; nell’ultimo decennio, si sono intensificate le ricerche e le indagini geologiche anche di tipo tecnico e ambientale, indirizzate alla valutazione della presenza di contaminazione da asbesto naturale in rocce, suoli e coltri detritiche [2,3,4,5,6,7,12]. Le rocce ofiolitiche del Ponente e del Levante ligure presentano caratteristiche differenti, dovute ai processi evolutivi, quali deformazioni e ricristallizzazioni metamorfiche, che hanno segnato la loro storia geologica. Queste differenze riguardano principalmente la composizione mineralogica, la tessitura e le discon-

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tinuità meccaniche che le interessano, che possono avere influenza diretta sulla quantità, sulle modalità di presenza e sulla rilasciabilità dei minerali asbestiformi. In particolare, le rocce ofiolitiche del Ponente ligure, discusse in questo articolo, presentano un elevato grado di ricristallizzazione e deformazione che determina la concentrazione di minerali

Figura 1. Localizzazione geografica delle “Pietre Verdi” della Liguria (modificata da www.cartografiarl.regione.liguria.it)

Figura 2. Stralcio della Carta Geologica Regionale (CRG), Foglio 212 “Spigno Monferrato”, nell’area compresa tra Sassello e San Pietro d’Olba. I cerchi rossi indicano la posizione geografica di alcuni dei siti censiti per il rischio amianto. Abbreviazioni utilizzate: SNV: Serpentinoscisti antigoritici del Bric del Dente; LHP: Peridotiti del Monte Tobbio; MIV: Metabasiti di Rossiglione; MFE: Metagabbri eclogitici del Passo del Faiallo; MGV: Metagabbri eclogitici della Colma; TUR: Calcescisti del Turchino; BTP: Bacino Terziario Piemontese (modificata da [1])

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P ROG ETTI

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Figura 3: a) Vena di spessore decimetrico a crisotilo e clorite che attraversa un affioramento di serpentinosciti antigoritici; b) particolare della figura (a) in cui è evidente il rilascio spontaneo di fasci di fibre di crisotilo (incolore) frammisti a clorite (verde); c) set di vene parallele con crisotilo in un affioramento di serpentiniti; d) distacco di fasci di fibre di crisotilo in corrispondenza di un piano di faglia in un affioramento di serpentiniti cataclastiche; e) fibre e fasci di fibre di crisotilo, liberi sui massi di una frana di crollo in serpentiniti; f) fascio di fibre di crisotilo nella coltre detritica al piede di un affioramento di serpentinoscisti antigoritici.

Figura 4: a) Vene a crisotilo in un serpentinoscisto antigoritico. MOLP, nicols incrociati, 200 X; b) anfiboli (tremolite-actinolite) prismatici e fibrosi (amianto di tremolite) in una vena al contatto tra serpentinoscisti e scisti actinolitico-cloritici. MOLP, nicols incrociati, 20X; c) fascio di crisotilo nel detrito al piede di un affioramento di serpentiniti antigoritiche. MOLP, nicols incrociati, 20 X; d) particolare di un fascio di crisotilo nel detrito. MOLP, nicols incrociati, 100 X; e) fasci di fibre di crisotilo nei suoli serpentinitici dell’area indagata. MOLP, nicols incrociati, 40 X; f) particolare di un fascio di fibre di crisotilo della figura e. MOLP, nicols incrociati, 100 X; g) fascio di fibre di crisotilo nel filtro preparato per la determinazione quantitativa di amianto in un campione di serpentinoscisto antigoritico. Foto SEM. Nel riquadro a destra lo spettro EDS del fascio di fibre; h) fascio di fibre di anfibolo (tremolite-actinolite) nel filtro preparato per la determinazione quantitativa di amianto in un campione di uno scisto actinolitico-cloritico. Foto SEM. Nel riquadro a destra l’analisi EDS del fascio di fibre. asbestiformi soprattutto in corrispondenza di strutture fragili a scala regionale e locale, come superfici di faglia, vene estensionali e di taglio, zone cataclastiche e milonitiche.

Il censimento e l’indagine dei siti a rischio amianto

La Regione Liguria ha prodotto nel 2008 (ultimo aggiornamento nel 2014) una cartografia tematica, alla scala di output 1:25.000, relativa alla distribuzione regionale delle “Pietre Verdi” (disponibile online all’indirizzo web www.ambienteinliguria.it). Tale elaborato cartografico è stato estrapolato dai dati ufficiali realizzati nell’ambito di progetti cartografici nazionali e regionali (progetto CARG e CGR). Tuttavia, esso riporta esclusivamente informazioni di base sugli areali in cui potrebbero rinvenirsi minerali asbestiformi e non indica l’effettiva presenza di situazioni a rischio identificate mediante indagini specifiche. Tra il 2011 e il

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2013, in occasione della realizzazione del Foglio 212 “Spigno Monferrato” della Carta Geologica Regionale della Liguria (CGR) a scala 1:50.000, è stato realizzato, per la prima volta in Liguria, un censimento dei siti a potenziale rischio amianto, presenti nell’area rilevata [1]. Tale censimento è stato sviluppato mediante sopralluoghi in tutti i siti comprendenti litotipi classificati a rischio amianto dal D.M. 14 Maggio 1996 (All. 4), che nell’area del Foglio “Spigno-Monferrato” sono prevalentemente rappresentati da serpentiniti, serpentinoscisti, peridotiti serpentinizzate, scisti actinoliticocloritici, metabasiti (“prasiniti Auct.”) e metagabbri ed eclogiti (Fig. 2). Tra tutti i siti indagati sono stati selezionati 16 siti pilota, sulla base di tre criteri principali: a. evidenze macroscopiche di fibre sull’affioramento o nei suoli e nelle coltri detritiche circostanti; b. facilità di accesso a tali affioramenti, per

la vicinanza a strade di interesse regionale, provinciale o comunale; c. prossimità a centri abitati o a infrastrutture pubbliche e private. Tutti i siti selezionati sono stati georiferiti e riportati sulla cartografia geologica; la documentazione delle risultanze emerse dalle attività di rilevamento e dalle analisi di laboratorio è stata riportata su una scheda informativa schematica, progettata per essere inserita in un database alfanumerico associabile alla cartografia GIS. Nei 16 siti selezionati, è stato effettuato un rilevamento geologico-tecnico e strutturale di dettaglio, mirato a valutare la qualità dell’ammasso roccioso, la presenza di minerali fibrosi e la loro distribuzione nella matrice rocciosa e nelle discontinuità strutturali. A seguito di questa fase preliminare di indagine, sono stati prelevati campioni di roccia, di detrito incoerente al piede dell’affioramento e di suoli, per le analisi mineralogicopetrografiche di laboratorio e per la determinazione qualitativa e quantitativa delle fibre di asbesto. Le analisi sono state effettuate mediante microscopia ottica in luce polarizzata trasmessa (MOLP), microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS) e diffrattometria X su polveri (XRPD), presso i laboratori del DISTAV (Università di Genova) e dell’ARPAL.

Risultati

L’insieme dei dati emersi dalle fasi di rilevamento e dalle indagini di laboratorio ha evidenziato che nell’areale del Foglio 212 della CGR della Liguria i minerali classificabili come amianto secondo la normativa vigente sono presenti e diffusi soprattutto nei litotipi ultrafemici (serpentiniti, serpentinoscisti e peridotiti serpentinizzate) e in misura nettamente subordinata negli scisti actinolitico-cloritici, nei metagabbri, nelle metabasiti e nelle eclogiti. Nei litotipi ultrafemici la specie di amianto più diffusa e quantitativamente più rilevante è rappresentata dal crisotilo; solo subordinatamente sono presenti anfiboli della serie tremolite-actinolite, concentrati soprattutto in prossimità delle zone di contatto tettonico. Nelle altre rocce sono presenti concentrazioni in genere modeste di anfiboli asbestiformi, sia della serie tremolite-actinolite (scisti actinolitico-cloritici e metabasiti), sia della serie riebeckite-glaucofane (metagabbri e eclogiti). La distribuzione e la concentrazione negli ammassi rocciosi del crisotilo e degli altri minerali asbestiformi non è uniforme, ma risulta estremamente variabile, essendo controllate sistematicamente dalla presenza


di strutture legate alle deformazioni fragili (Fig. 3) con persistenza sia locale sia regionale. In particolare le più elevate concentrazioni di asbesto sono state invariabilmente registrate in corrispondenza di fratture e superfici di taglio (shear fractures e shear bands) e lungo le superfici di faglie, alle quali si associano comunemente zone cataclastiche e milonitiche. In queste strutture, il crisotilo e gli altri minerali asbestiformi tendono a svilupparsi in fasci allungati parallelamente alla direzione del taglio (slip), formando vene di spessore variabile da frazioni di millimetro ad alcuni decimetri. Sebbene in misura minore, anche le fratture estensionali sono spesso associate alla presenza di minerali asbestiformi. In queste strutture le fibre di amianto tendono a disporsi circa perpendicolarmente alle pareti delle fratture formando fasci rettilinei o deformati di lunghezza variabile da submillimetrica a centimetrica. Le strutture di taglio ed estensionali sono spesso connesse e possono localmente occupare volumi considerevoli, in particolare nelle zone cataclastiche. Queste peculiarità determinano sovente un’apparente contraddizione nei dati emersi. Infatti sebbene la concentrazione di amianto totale nelle rocce affioranti sia in molti casi inferiore alla Concentrazione Soglia di Contaminazione (CSC = 1000 mg/kg) individuata dal D.Lgs 152/2006, la concentrazione di amianto nel detrito incoerente al piede degli affioramenti e sulla superficie dei suoli circostanti può aumentare considerevolmente e

superare le CSC, talvolta anche di un ordine di grandezza. Questa peculiarità risiede nel fatto che i piani di discontinuità degli ammassi rocciosi rappresentano superfici di debolezza meccanica, sui quali agiscono preferenzialmente i fenomeni di alterazione ed erosione fisica dei versanti. In tutti i siti indagati queste superfici hanno messo in evidenza la naturale tendenza a rilasciare rilevanti quantità di fasci di fibre di asbesto (Fig. 3 e 4), che si accumulano sia sulla superficie e al piede degli affioramenti, sia nei suoli e nelle coltri detritiche circostanti. Queste fibre possono essere successivamente rimobilizzate ed essere disperse in atmosfera e nelle acque ruscellanti, dall’azione eolica o in caso di forti piogge. Questa tendenza spontanea al rilascio di fibre può essere accentuata considerevolmente da eventi franosi o da interventi antropici che coinvolgano operazioni di scavo e di movimentazione di terre.

Conclusioni

Il lavoro di censimento eseguito durante la realizzazione della CGR della Regione Liguria rappresenta un punto di inizio di un percorso necessario per la conoscenza e la mappatura dei siti a potenziale rischio amianto del territorio regionale. Tale percorso è stato avviato sia dalla Regione Emilia Romagna (2004, 2005) sia dalla Regione Piemonte (ARPA Piemonte, 2008), sebbene in entrambi i casi sia stato rivolto prevalentemente al censimento di siti estrattivi che hanno interessato la coltivazio-

ne di “Pietre Verdi” o di asbesto. I dati emersi da questo lavoro indicano chiaramente come sia necessario non soltanto determinare la concentrazione totale di amianto nelle rocce affioranti ma anche, e soprattutto, individuare e segnalare la potenziale tendenza al rilascio di fibre determinata dalla presenza di superfici di debolezza meccanica contenenti minerali asbestiformi. Questa esigenza è dimostrata anche dal crescente interesse della comunità scientifica [4,11,12] ad individuare indici di rischio che puntino ad inquadrare la pericolosità di un’area nel suo contesto geologico-strutturale e geomeccanico e che valutino la reale attitudine delle fibre ad essere rilasciate spontaneamente o a seguito di azioni antropiche. Queste valutazioni dovrebbero essere scollegate o quantomeno complementari alla mera determinazione della concentrazione assoluta di amianto e alla valutazione di un indice numerico di rilascio (quale l’indice di rilascio introdotto dal D.M. 14/05/1996). Un database georeferenziato comprendente queste informazioni e associato alla cartografia geologica rappresenta un prerequisito essenziale per la determinazione del rischio amianto nel territorio, con la funzione sia di prevenzione di potenziali rischi per la salute pubblica, sia di indirizzo per la corretta progettazione di opere pubbliche e private. *DISTAV - Dipartimento di Scienze della Terra, della Vita e dell’Ambiente, Università di Genova **ARPAL - Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure

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N O R M A TIV A

End of waste: la cessazione della qualifica di rifiuto Ammesse le decisioni “caso per caso” in sede di rilascio dell’autorizzazione in regime ordinario di Mara Chilosi*

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ell’ambito della nuova strategia per favorire la “circular economy” su cui recentemente si è concentrato il dibattito in materia ambientale, uno degli aspetti più rilevanti è senz’altro rappresentato dalla disciplina sulla “cessazione della qualifica di rifiuto” (“end of waste”). Si tratta, come è noto, della normativa in forza della quale è possibile recuperare i rifiuti, trasformandoli in nuove risorse da restituire al mercato sotto forma di un vero e proprio “prodotto” (a questo proposito si parlava, in passato, di “materie prime secondarie”).

La nozione di “end of waste” nella normativa italiana.

Secondo quanto stabilito dall’art. 184ter, D.Lgs. 152/2006 (introdotto dal D.Lgs. 205/2010 in attuazione dell’art. 6 della Direttiva 2008/98/CE), i rifiuti possono cessare di essere tali, sotto il profilo giuridico, diventando “nuovi prodotti”, dopo essere stati sottoposti ad un ciclo completo di recupero, concetto che comprende diverse operazioni (elencate in modo esemplificativo e non esaustivo nell’Allegato C alla Parte Quarta del D.Lgs. 152/2006), incluse la “preparazione per il riutilizzo”, il “riciclaggio” e l’utilizzo come combustibile o altro mezzo

per produrre energia. Per determinare la cessazione della qualifica di rifiuto, il recupero deve però avvenire conformemente a criteri specifici adottati in via normativa, regolamentare e/o amministrativa per singole categorie di rifiuti. La normativa di rango primario - nello specifico i citati articoli 6, Direttiva 2008/98/ CE e 184-ter, D.Lgs. 152/2006 - detta alcune condizioni di carattere generale, non direttamente operative, che devono guidare l’elaborazione di questi “criteri end of waste”. Si tratta, più specificamente, di accertare: 1. se la sostanza o l’oggetto sia comunemente utilizzato per scopi specifici; 2. se esista un mercato o una domanda per tale sostanza o oggetto; 3. se la sostanza o l’oggetto soddisfi i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetti la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; 4. se l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana. I “criteri end of waste” in questione sono individuati - sulla base delle condizioni appena esaminate - in via prioritaria, a livello dell’Unione euro-

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pea e, in via sussidiaria, a livello nazionale. I criteri a livello europeo sono adottati con appositi Regolamenti ed hanno valore immediatamente cogente per gli Stati membri, che non possono applicare agli stessi scopi previsioni interne differenti, salvo queste innalzino il livello di tutela dell’ambiente e siano, quindi, più restrittive. Sulla base degli studi condotti dal Centro Comune di Ricerca, sono stati sino ad oggi adottati tre Regolamenti: il n. 333/2011 sui rottami di ferro, acciaio e alluminio; il n. 1179/2012 sui rottami di vetro; il n. 715/2013 sui rottami di rame. A livello nazionale, invece, i criteri sono adottati con decreto ministeriale. Sino ad oggi è stato emanato soltanto il D.M. 14 febbraio 2013, n. 22, che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS). Va però segnalato che, di recente, è stato istituito presso il Ministero dell’Ambiente un tavolo di lavoro interistituzionale per l’adozione di un decreto che individui i principi generali per la cessazione della qualifica di rifiuto ed i criteri specifici inerenti ad alcu-

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ne ulteriori categorie di rifiuti individuate come prioritarie (fresato d’asfalto, gomma da pneumatici fuori uso, vetro sanitario e da raccolta indifferenziata, legno, plastiche, vetroresina da imbarcazioni, scorie di acciaieria, tessili, inerti da costruzione e demolizione, ceneri di pirite), per cui si attendono a breve importanti novità. In virtù del comma 3 dello stesso art. 184-ter, finché non verranno adottati nuovi decreti ministeriali, continueranno ad applicarsi le vecchie norme che erano state introdotte in attuazione del “decreto Ronchi” del 1997, vale a dire il D.M. 5 febbraio 1998, il D.M. 161/2002 ed il D.M. 269/2005, che disciplinano le procedure semplificate di recupero applicabili, rispettivamente, a determinate tipologie di rifiuti non pericolosi, pericolosi e pericolosi provenienti dalle navi. Continua ad applicarsi, inoltre, l’art. 9-bis, lett. a) e b), D.L. 172/2008 (convertito, con modificazioni, dalla L. 210/2008), dal quale si ricava la possibilità che le autorizzazioni in “regime ordinario” (cioè, quelle adottate ai sensi degli articoli 208 e 209 del D.Lgs. 152/2006) e specifici accordi di programma stabiliscano caratteristiche ed impieghi dei materiali derivanti dal recupero diversi ed ulteriori rispetto a quelli specificati nei suddetti decreti ministeriali. Si tratta del cosiddetto “end of waste caso per caso”.

Le autorizzazioni in materia di recupero di rifiuti: regime ordinario, regime semplificato, AIA e AUA

Si è già accennato al fatto che, secon-

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do la vigente normativa ambientale, le operazioni di recupero di rifiuti idonee a generare materiali qualificabili giuridicamente come end of waste sono soggette a due diversi regimi autorizzatori: quello “ordinario” e quello “semplificato”. Vediamoli ora nel dettaglio. Il primo (regime “ordinario”) è disciplinato dall’art. 208, D.Lgs. 152/2006 e consiste nel rilascio, da parte della Regione o di altra autorità delegata (ad esempio, la Provincia), di una autorizzazione unica alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto di recupero. Si tratta di un provvedimento preventivo, espresso, di durata pari a dieci anni, che ha l’effetto di sostituire tutti gli altri atti (“visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali”) altrimenti necessari. Il secondo (regime “semplificato”) si basa invece sugli articoli 214 e 216, D.Lgs. 152/2006, i quali stabiliscono che, per alcune tipologie di rifiuti, l’esercizio delle operazioni di recupero possa essere intrapreso decorsi novanta giorni dall’effettuazione di una specifica “comunicazione di inizio di attività” alla Provincia (si tratta, pertanto, di un’autorizzazione tacita), a condizione che siano rispettate le specifiche norme citate nel precedente paragrafo, le quali indicano i cicli di trattamento ammessi a questo regime agevolato e fissano le caratteristiche qualitative e merceologiche delle materie che ne derivano. La comunicazione deve essere rinnovata ogni cinque anni e comunque in caso di modifica sostanziale delle operazioni di recupero. Il comma 8-quater dell’art. 216 prevede, inoltre, che siano sottoposte al regime semplificato anche le attività di trattamento rifiuti disciplinate dai citati Regolamenti europei in materia di end of waste. Questi due regimi autorizzativi vanno poi coordinati con le normative sull’autorizzazione integrata ambientale (AIA) e sull’autorizzazione ambientale unica (AUA). L’AIA “assorbe” l’autorizzazione unica di cui all’art. 208 (regime ordinario) e, di conseguenza, ha l’effetto di sostituire tutte le altre autorizzazioni settoriali (anche di natura edilizia) eventualmente necessarie (effetto che, di regola, l’AIA non avrebbe, essendo un’autorizzazione ambientale all’esercizio di un’attività). L’AUA, che si applica a tutte le attività di

recupero non soggette ad AIA, sostituisce - fatti salvi i casi di attività soggette soltanto a comunicazione - la sola comunicazione di inizio attività di cui ai menzionati articoli 214 e 216, D.Lgs. 152/2006 (regime “semplificato”), mentre non è applicabile alle attività necessariamente soggette al regime ordinario, per le quali resta ferma l’autorizzazione di cui all’art. 208.

End of waste “caso per caso” mediante autorizzazioni in regime ordinario

Come accennato, le operazioni di recupero di rifiuti esercitate in regime semplificato (comunicazione di inizio attività o AUA) possono e devono generare esclusivamente i prodotti (materie prime secondarie, oggi “rifiuti che hanno cessato di essere tali”) aventi le caratteristiche qualitative e merceologiche tassativamente fissate dalla normativa sull’end of waste. Le operazioni di recupero esercitate in regime ordinario (autorizzazione unica ex art. 208 o AIA) possono invece dare origine a prodotti (“rifiuti che hanno cessato di essere tali”) aventi le caratteristiche qualitative e merceologiche stabilite in modo puntuale dall’autorità competente in sede di rilascio dell’autorizzazione, nell’esercizio dei propri poteri discrezionali ed a prescindere dalle indicazioni contenute nella normativa sul regime semplificato, che non sono in tale sede vincolanti. Il comma 3 dell’art. 184-ter, D.Lgs. 152/2006, richiamando espressamente il citato l’art. 9-bis, lett. a), D.L. 172/2008, consente infatti alle autorità competenti di individuare “caso per caso”, in sede di rilascio delle autorizzazioni in regime ordinario, le tipologie di rifiuti conferibili all’impianto, le operazioni di recupero eseguibili e, soprattutto, le caratteristiche qualitative e merceologiche che i materiali derivanti dalle operazioni di recupero debbono possedere per essere qualificati giuridicamente come “end of waste” (vale a dire come veri e propri “prodotti” la cui gestione fuoriesce dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti), rifacendosi eventualmente a tal fine alle norme tecniche di settore, quand’anche non espressamente richiamate da alcuna norma giuridica (si pensi ad esempio alle norme UNI EN ISO o


N O R M A TIV A

alle norme merceologiche adottate dalle CCIAA). Le facoltà riconosciute dal predetto art. 9-bis all’autorità competente consentono pure di considerare “filiere specifiche”: e così, ad esempio, in assenza di un “mercato aperto”, potranno essere autorizzate, a fronte della produzione di documentazione contrattuale e tecnica che riporti le specifiche merceologiche, destinazioni ad hoc, con l’effetto di determinare in ogni caso la cessazione della qualifica di rifiuto.

Le più recenti conferme della Commissione europea e del Ministero dell’Ambiente italiano

Quanto sopra sostenuto in ordine alla possibilità che i criteri end of waste siano individuati caso per caso mediante autorizzazione rilasciata in regime ordinario (art. 208 o AIA) è stato recentemente confermato, in modo espresso e auspicabilmente definitivo, sia da un parere della Direzione Generale Ambiente della Commissione europea - parere

ref. Ares(2015)5705403 del 9 dicembre 2015 -, che da una nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (nota prot. 10045 del 1° luglio 2016). Il primo documento, indirizzato proprio al Ministero dell’Ambiente italiano, riconosce la possibilità che le autorità competenti, in sede di rilascio dell’autorizzazione, attribuiscano la qualifica di “end of waste” all’output di un’operazione di recupero pur in assenza di criteri specifici stabiliti a livello europeo o nazionale, a patto che venga assicurato il rispetto delle condizioni di cui all’art. 6, par. 1 della Direttiva 2008/98/CE. Il parere specifica che in tale sede possono essere fissati anche “criteri end of waste specifici per decisioni relative al singolo caso”. Coerentemente con le indicazioni ricevute dalla Commissione europea, la Direzione generale per i rifiuti e l’inquinamento del Ministero dell’Ambiente, nella propria successiva nota del 1° luglio 2016 (emanata in risposta ai quesiti ricevuti sul tema da diverse autorità lo-

cali, alle quali è indirizzata), ha concluso che “l’articolo 9-bis, comma 1, lettera a) del citato decreto attribuisce alle Autorità competenti al rilascio di provvedimenti autorizzativi relativi all’esercizio di impianti di gestione dei rifiuti la possibilità di definire, nel rispetto delle condizioni di cui all’articolo 184-ter, comma 1, per singolo impianto i criteri EoW”. *Chilosi Martelli, Studio Legale Associato


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NOR M AT I VA

IL TRASPORTO ILLECITO DI RIFIUTI E LA CONFISCA DEL MEZZO LA CORTE DI CASSAZIONE SI ESPRIME SULL’OBBLIGATORIETà DELLA CONFISCA DEL MEZZO DI TRASPORTO ANCHE SE DI PROPRIETà DI TERZI di Rosa Bertuzzi* e Nicola Carboni**

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a Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 35494 del 26 agosto 2016, ha stabilito che il trasporto abusivo di rifiuti, in assenza di Formulario di identificazione del rifiuto, o con lo stesso non completato correttamente, pur prevedendo, nel testo unico ambientale, il sequestro al fine della confisca del mezzo, ha stabilito che il ricorso avverso tale provvedimento va presentato dall’avente diritto, ovverosia dall’effettivo proprietario del mezzo, e non dal conducente oggetto della violazione penale, denunciato ai sensi dell’art. 258 del testo unico ambientale. In sintesi la Cassazione ha stabilito che in tema di trasporto abusivo di rifiuti, la pura e semplice ap-

partenenza del veicolo al terzo non è di per sé condizione sufficiente ad impedire la confisca. Al fine di evitare la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto prevista per il reato di raccolta e trasporto illecito di rifiuti (art. 6 c.1-bis del D.L. 6/11/2008, n. 172, conv. in L. 30/12/2008, n. 210 - 256 bis, 259, 260 c.4-bis, 260-ter D.Lgs. n. 152/2006), incombe al terzo estraneo al reato, individuabile in colui che non ha partecipato alla commissione dell’illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati, l’onere di provare la sua buona fede, ovvero che l’uso illecito della “res” gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente (Sez. 3, n. 18515 del 16/01/2015, Ruggeri; nello

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stesso senso anche Sez. 3, n. 9579 del 17/01/2013, Longo; Sez. 3, n. 46012 del 04/11/2008, Castellano). Con sentenza del 19/02/2015 la Corte di appello di Palermo ha condannato il conducente del veicolo, non proprietario del mezzo, alla minor pena di otto mesi di reclusione e 10.000,00 euro di multa per il reato continuato di cui agli artt. 81, cpv., cod. pen., 6, comma 1, lett. d), 6, comma 1, lett. b), d.l. n. 172 del 2008 per aver effettuato un’attività di raccolta e trasporto non autorizzata di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da sfabbricidi che aveva depositato, altresì, in modo incontrollato in una piccola fossa, così diversamente riqualificate le condotte di raccolta e trasporto di rifiuti anche pericolosi e di realizzazione di una discarica abusiva inizialmente ritenute dal primo Giudice. Con la medesima sentenza, la Corte di appello ha mantenuto ferma la confisca dell’autocarro utilizzato per il trasporto dei rifiuti. In estrema sintesi, stando alla lettura delle sentenze dei Giudici di merito, l’affermazione della responsabilità dell’imputato si basa sulle seguenti circostanze di fatto: • il conducente era stato colto dai Carabinieri alla guida dell’autocarro Fiat Iveco, mentre stava trasportando materiale di risulta proveniente da demolizioni di costruzioni e che, seguito a sua in-

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NO RMA TI VA

saputa, avrebbe successivamente scaricato all’interno di uno scavo esteso mt. 6x7 e profondo mt. 1,5, sito in un terreno, delimitato da un cancello, sul quale erano depositati altri 20 metri cubi circa di cumuli di rifiuti dello stesso tipo; • proprio mentre stava per sistemare il materiale all’interno della buca usando una piccola ruspa, veniva arrestato dai Carabinieri; • in sede di convalida l’imputato aveva sostanzialmente ammesso gli addebiti, precisando che i rifiuti provenivano dalle sue attività edili, che erano destinati al successivo conferimento in discarica, che la loro sistemazione in una buca impediva l’ingombro del terreno che era di proprietà della convivente. Quanto alla confisca dell’autocarro, decisa in primo grado e confermata in appello, i Giudici hanno evidenziato che: • il veicolo era nella sicura disponibilità dell’imputato; • la targa apposta non era abbinata al numero di telaio dell’autocarro ma riguardava altro mezzo di proprietà dello stesso conducente; • la proprietà dell’autocarro era rimasta incerta. La Corte di appello, nel riformare la sentenza di primo grado, ha escluso la natura pericolosa dei rifiuti oggetto materiale delle condotte contestate ed ha ritenuto che il loro accumulo indiscriminato nei modi sopra descritti integri il reato di deposito incontrollato di rifiuti piuttosto che quello, più grave, di

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gestione di discarica abusiva. Ha mantenuto ferma la decisione sulla confisca dell’autocarro sull’ulteriore rilievo che l’imputato non potesse rivendicarne la proprietà. Per l’annullamento della sentenza ricorre per Cassazione il conducente del veicolo che, per il tramite del difensore di fiducia, articola i seguenti due motivi a sostegno. La Suprema Corte ha comunque stabilito che il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato, proposto per motivi non consentiti dalla legge e, per la parte relativa alla confisca, perché l’imputato non ha interesse al suo accoglimento. La stessa Corte ha sottolineato: “Dirimente, però, è la considerazione che il “deposito temporaneo di rifiuti”, secondo la definizione che ne dava l’art. 183, comma 1, lett. bb), d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella versione vigente all’epoca dei fatti, è “il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti” che soddisfi tutte le seguenti condizioni: 1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con

cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo”. Ancora la Cassazione stabilisce che è agevole evidenziare che nel caso di specie difetta la condizione che preesiste, nelle intenzioni del legislatore, a tutte le altre: il raggruppamento dei rifiuti effettuato nel luogo di loro produzione. Circostanza, quest’ultima, del tutto assente nel caso in esame ed irrevocabilmente non più in discussione, avendo l’imputato prestato acquiescenza alla affermazione della sua responsabilità per il reato di trasporto abusivo dei rifiuti stessi (che logicamente presuppone la loro produzione da siti nemmeno noti perché dall’imputato nemmeno mai indicati). Va piuttosto evidenziato che il deposito sul o nel suolo costituisce una forma di smaltimento e dunque di gestione dei rifiuti, giusto il combinato disposto di cui all’art. 183, comma 1, lett. n) e z), D.Lgs. n. 152 del 2006. Sicché sarebbe stato preciso onere dell’imputato allegare gli elementi di fatto idonei a dimostrare il contrario e, dunque, la liceità di una condotta astrattamente riconducibile ad una forma di gestione dei rifiuti, in ossequio al principio, condiviso dal Collegio, secondo il quale l’onere della prova in ordine alla sussistenza delle condizioni fissate


dall’art. 183 del D.Lgs. n. 152 del 2006 per la liceità del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria. L’art. 6, comma 1-bis, d.l. n. 172 del 2008, dispone che, in caso di condanna,

si procede a confisca del veicolo utilizzato per la consumazione di uno dei reati in esso previsti. Nel caso in esame, come visto, i Giudici di merito hanno ordinato la confisca sul rilievo oggettivo della destinazione del veicolo alla consumazione del reato di trasporto non autorizzato dei rifiuti e sul fatto che non risulta provata la sua appartenenza a persona estranea, a fronte, in aggiunta, dell’utilizzo di una targa relativa a bene intestato all’imputato stesso. Peraltro la pura e semplice appartenenza del veicolo al terzo non è di per sé sufficiente a paralizzare la confisca. La giurisprudenza di questa Suprema Corte è, infatti, costante nell’affermare il principio secondo il quale al fine di evitare la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto prevista per il reato di raccolta e trasporto illecito di rifiuti (art. 6 comma 1-bis del D.L. 6 novembre 2008, n. 172, conv. in L. 30 dicembre 2008, n. 210), incombe al terzo estraneo al reato, individuabile in colui che non ha par-

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tecipato alla commissione dell’illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati, l’onere di provare la sua buona fede, ovvero che l’uso illecito della “res” gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente . Nel caso di specie, però, assume rilievo dirimente il fatto che l’imputato non ha interesse a impugnare il capo della sentenza che dispone la confisca del bene di cui lui stesso predichi l’altrui appartenenza, non potendo esercitare diritti e facoltà tipici di situazioni giuridiche soggettive attive che egli stesso afferma di non possedere. Egli dunque non è legittimato a far valere diritti in nome e per conto altrui, tanto più che, per come egli stesso deduce, essi sono stati separatamente esercitati dall’apparente proprietario del mezzo con istanze presentate direttamente alla Corte di appello. Per questo motivo la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso. *Ambienterosa, Consulenze Legali Ambientali **Vice Comandante Polizia Provinciale di Cagliari

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r u b ri ch e

R E C O N N E T Nuovi prodotti e attività di disseminazione di Renato Baciocchi* e Igor Villani**

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inalmente è disponibile sul sito della rete (www.reconnet.net) il documento di benchmarking dei principali standard internazionali elaborato dal gruppo di lavoro sull’analisi di rischio ecologico. Si tratta del primo documento a livello nazionale che affronta il tema dell’analisi di rischio ecologico con un approccio sistematico, cercando di individuare un possibile criterio di applicazione di questa procedura su scala nazionale, tenendo conto dell’esperienza acquisita in diversi contesti internazionali. Il documento parte dal presupposto che la normativa vigente in Italia in tema di siti contaminati è basato esclusivamente sulla valutazione dei rischi per la salute umana non considerando invece il potenziale impatto dei contaminanti sull’ecosistema presente all’interno o in prossimità dei sito contaminato. Questo approccio, che si basa implicitamente sull’assunto che la protezione della sola salute umana può essere sufficiente a garantire un’adeguata protezione anche dell’ambiente, non è condivisa a livello internazionale dove, alcuni paesi, peraltro di riferimento nel campo della bonifica dei siti contaminati, hanno, invece, elaborato ed applicato, ormai da diversi anni, procedure di analisi di rischio volte a proteggere le risorse ecologiche presenti sul sito contaminato o in prossimità di esso. Il documento elaborato dalla rete Reconnet riporta un’analisi delle esperienze, considerate significative a livello internazionale, analizzando la normativa di riferimento ed il contesto all’interno del quale viene utilizzata l’analisi di rischio ecologico. Vengono analizzate in dettaglio le procedure di analisi di rischio ecologico per il suolo applicate negli Stati Uniti, in Canada, nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, che, ormai da diversi anni, integrano l’analisi di rischio sulla salute umana con valutazioni sugli impatti che la contaminazione può avere sull’ecosistema. Dall’analisi degli standard internazionali è emerso che tutte le procedure analizzate propongono un approccio graduale basato su livelli successivi (“tiered approach”). Tale approccio consiste in livelli successivi di

approfondimento con acquisizione di dati sito specifici e, quindi, nel progressivo abbandono delle ipotesi conservative iniziali formulate in base a dati sito-generici. La scelta se intervenire sul sito o se procedere con un livello successivo di analisi di rischio dipende dall’incertezza dei dati e dalla fattibilità tecnico-economica della bonifica. L’esame degli standard internazionali ha evidenziato che ERA è uno strumento di supporto alle decisioni utilizzato in molti paesi europei ed internazionali per la gestione di siti contaminati. Questo strumento è ormai utilizzato da anni ed esiste un discreto livello di standardizzazione e di collaudo delle procedure. In generale, anche alla luce dello studio delle esperienze fatte negli altri paesi, l’uso dell’analisi di rischio ecologico sarebbe auspicabile anche in Italia almeno in casi particolari, ad esempio in siti contaminati caratterizzati dalla presenza o vicinanza di habitat e/o recettori ecologici critici (specie e/o habitat protetti, etc.) oppure in presenza di sostanze con alto potenziale di bioaccumulo lungo la catena trofica e se ne potrebbe valutare l’utilità per affrontare casi di contaminazione particolarmente complessi come ad esempio le aree con inquinamento diffuso.

Nuove attività di disseminazione

Il 30 settembre 2016 ha avuto luogo la quarta tappa del roadshow #Zerobrownfield – Alleanza tra ambiente e urbanistica per il recupero delle aree dismesse, organizzato da Audis e Golder con la partecipazione della rete RECONNET nell’ambito dei lavori del gruppo di lavoro “Siti Contaminati e gestione del Territorio in termini urbanistico-edilizi”. Obiettivo del roadshow è quello di recarsi nei diversi territori italiani per avviare un confronto sulle problematiche che emergono a livello nazionale quando si prova a costruire processi di rigenerazione urbana e sulle buone pratiche che vengono messe in campo a livello locale per risolverle. Questo dialogo permetterà poi di individuare soluzioni normative, procedurali

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e finanziarie che possano essere poi applicate in tutto il paese per sbloccare quell’impasse che si è venuta a creare negli anni. Hanno partecipato alla tavola, con coordinamento di Marco Marcatili ed Igor Villani, Maria Lo Bello, Assessore alle Attività Produttive della Regione Sicilia, Maria Grazia Elena Brandara, Commissario Straordinario alle Attività Produttive del Comune di Palermo, Giuseppe Gini, Assessore Pianificazione Urbana del Comune di Palermo, Emilio Conti, Segretario Associazione Nazionale Energia Solare Termica e Barbara Lino, Dottore di Ricerca presso l’Università di Palermo, Massimo Pinardi e Jean Pierre Davit di AUDIS. In linea con lo standard del roadshow, la discussione ha analizzato la realtà locale regionale inerente le aree dismesse, portata al tavolo dai rappresentanti istituzionali presenti, realtà il linea con l’inquadramento generale del Paese alle prese con la crisi edilizia e le difficoltà nel settore industriale, all’interno della quale emergono sicuramente i Siti di Interesse Nazionale presenti in Regione Sicilia. Sulla fotografia locale il tavolo ha poi portato le esperienze a disposizione per l’elaborazione di possibili soluzioni a problematiche specifiche. Il bilancio della giornata presenta uno scenario in linea con l’iter del roadshow stesso nell’articolazione delle sue tappe, vale a dire il rilevare anche in questa Regione sia la presenza di problematiche analoghe al resto del territorio nazionale sia una differenza e discontinuità nelle strategie di gestione rispetto alle altre realtà territoriali. La ricerca delle differenze, come anche delle best e worst practice, all’interno delle diverse realtà regionali è proprio l’obiettivo del roadshow, che ne tirerà le somme alla fine del percorso dopo aver toccato con mano cosa succede nel paese. I risultati saranno una base importantissima per il documento in elaborazione all’interno del GdL RECONNET, che avrà la possibilità di basarsi su “dati di campo” che forniscono valore aggiunto alle strategie in elaborazione. *Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Reconnet **ARPAe, Reconnet

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Come stabilire la responsabilità della contaminazione? TECNICHE DI ENVIRONMENTAL FORENSICS La corretta e completa caratterizzazione delle sorgenti di contaminazione, nonché l’individuazione dei soggetti responsabili dell’inquinamento, costituiscono un elemento chiave nell’ambito dei procedimenti di bonifica dei siti contaminati sia dal punto di vista tecnico (valutazione del danno, identificazione delle misure da intraprendere, definizione degli interventi di bonifica) che giuridico. Essendo un’operazione complessa e difficoltosa, l’esperienza suggerisce di operare secondo i criteri della multiple lines of evidence, considerando quindi il quadro ambientale, l’analisi storica dei dati, le modalità di migrazione degli inquinanti, ma anche i risultati di analisi specifiche. Nell’esperienza ventennale di Golder nel campo delle bonifiche, ad esempio si è verificato che su uno stesso punto vendita carburanti si siano succeduti nel tempo più proprietari o gestori e che per poter discriminare la fonte dell’inquinamento o individuare il momento del rilascio, si sia reso necessario l’utilizzo di diverse metodologie mirate, tra le quali il fingerprinting, l’analisi PIANO e l’analisi isotopica. In particolare il fingerprinting (impronta digitale del contaminante), che si basa su una caratterizzazione di dettaglio, mirata da un lato allo studio dei singoli marker (inquinanti peculiari di una data sorgente) e dall’altro alla valutazione dei rapporti caratteristici degli idrocarburi presenti nella miscela, ha risposto con grande chiarezza all’esigenza di attribuire le responsabilità della contaminazione.

TREVI BENNE INVESTE NEL SETTORE RECYCLING Sensibile alle tematiche della salvaguardia e della valorizzazione ambientale, Trevi Benne ha diversificato e arricchito la già vasta gamma di attrezzature proposte all’utilizzatore investendo nel settore “recycling”. Non solo quindi pinze e frantumatori per la demolizione ma anche cesoie per il recupero metalli, benne per la selezione, il carico e lo smistamento di materiali di differente natura riutilizzabili poi in differenti applicazioni. Vediamo nello specifico due prodotti dell’azienda veneta: • la benna ad alto ribaltamento per pala caricatrice è un’attrezzatura indispensabile per il carico e la movimentazione di materiale a basso peso specifico, come cereali, compost e truciolati. Ideale per le aziende che operano nel settore industriale e del legno, nei rifiuti e nei consorzi agricoli, nelle discariche e nei centri di riciclaggio. Prevede l’impiego di due cilindri idraulici e di una struttura specifica posta sul retro benna che permette di scaricare il prodotto ad un’altezza superiore allo standard consentito. La versione con i cilindri laterali è il modello maggiormente richiesto poiché garantisce due enormi vantaggi: il materiale caricato non si incastra tra fianco e sede cilindro e i cilindri rendono la struttura della benna più resistente alle sollecitazioni e agli urti laterali. • la cesoia idraulica Marilyn Serie CS destinata ai moderni cantieri di demolizione industriale che necessitano di forze di taglio rilevanti ad altezze considerevoli e ai professionisti del riciclaggio dei rottami e materiali di natura ferrosa. Diversi gli accorgimenti e migliorie tecniche apportate all’ultima versione datata 2015: un profilo maggiormente aggressivo, l’inserimento di piastre e protezioni antiusura a salvaguardare il sistema di taglio e garantire quindi maggior penetrazione ed efficacia.

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ARGAL: pompe serie AIRPISTON E AIRDRAIN

Le AIRPISTON sono pompe dosatrici a pistone, funzionanti solo ad aria compressa, per il dosaggio di liquidi ad alta (dosatrici in linea) e altissima viscosità (dosatrici immerse) con punte di 1.000.000 di cPs. Le applicazioni specifiche sono nella meccanica, dosaggio di lubro-refrigeranti a perdere e rabbocco automatico di vasche con lubro refrigeranti, e per l’ecologia-ambiente, diluizione e dosaggio di flocculanti liquidi, diluizione e dosaggio deodorizzanti. Sono dotate di regolazione del volume di ogni singolo ciclo e della frequenza di lavoro. Possono essere impiegate in batteria, essere pilotate da un dispositivo di comando e si possono abbinare per costruire un sistema di dosaggio. Le pompe AIRPISTON sono conformi ATEX per apparecchi in zona 3. Le AIRDRAIN sono delle pompe nate per operare nei pozzi, possono farlo su diverse applicazioni tra cui il drenaggio di aree di bonifica, controllo del livello di falda, raccolta di surnatante e di percolato nelle discariche di RSU. La serie è composta di 4 modelli: la SD Static Drain, la più affidabile in assoluto, la ASD Automatic Static Drain, molto simile alla SD, è dotata di un controllo dell’aria compressa per gestire le fasi di espulsione e riempimento del fluido pompato. Invece per la ADD Automatic Diaphragm Drain non occorrono controlli esterni. Infine, la ABD Automatic Bellow Drain è analoga alla ADD con la differenza che l’elemento deformabile per pompare è un soffietto anziché una membrana. Ideali per l’estrazione del percolato delle discariche con presenza di biogas, le versioni ADD e ABD sono conformi ATEX per apparecchi in zona 1. È possibile abbinare vari accessori per entrambe le serie. Per maggiori informazioni visita www.argal.it o invia una mail a info@argal.it

KELLER SENZA FILI: SERIE 21 D RFID E 21 DC RFID KELLER AG für Druckmesstechnik, uno tra i primi produttori al mondo a riconoscere il potenziale offerto dalla combinazione tra la comunicazione in prossimità e i trasmettitori di pressione industriali, ha ora lanciato due nuove serie, la serie 21 D RFID e la 21 DC RFID. I transponder di pressione passivi della serie 21 D RFID sono autonomi dal punto di vista del fabbisogno energetico e possono pertanto essere utilizzati indefinitamente senza manutenzione, mentre la serie 21 DC RFID vanta come caratteristica fondamentale il data logger integrato, che funziona grazie ad una speciale batteria a lunga durata. In entrambi i prodotti, l’energia necessaria per trasmettere le misurazioni è fornita senza fili attraverso l’interfaccia RFID. Le potenziali applicazioni di questi transponder di pressione sigillati ermeticamente comprendono i sistemi mobili, le strutture su larga scala e la sostituzione dei misuratori di pressione convenzionali con quadrante. I transponder di pressione della serie 21 D(C) RFID sono basati sui trasmettitori di pressione KELLER Serie 7 LD, estremamente resistenti e dall’eccellente stabilità nel lungo periodo. La sofisticata tecnologia transponder è frutto del lavoro degli specialisti RFID di Microsensys GmbH. Un transponder RFID stampato, realizzato in plastica antiurto, sostituisce l’abituale spina per le connessioni elettriche, mentre l’acciaio inox è utilizzato per tutte le parti che vanno a contatto con il mezzo di trasmissione. I transponder di pressione della serie 21 D(C) sono pertanto immuni dalle influenze ambientali e dagli atti di vandalismo. Un lettore RFID consente una rapida e facile rilevazione delle misurazioni, che possono essere trasferite direttamente ad un computer portatile tramite USB. Alternativamente, è possibile utilizzare un lettore tascabile a batteria, in grado di visualizzare le misurazioni, memorizzarle nella propria memoria e metterle a disposizione in un file .xml da trasferire tramite USB.

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SAMIS: Sistema Automatico per la Messa In Sicurezza Ambientale e industriale SAMIS, acronimo di Sistema Automatico di Messa In Sicurezza, è un sistema totalmente automatico, intelligente e innovativo, brevettato per la protezione dei sistemi ambientali e per il risparmio e l’ottimizzazione dei processi industriali. Il principio di funzionamento in campo ambientale è il monitoraggio e il confinamento con recupero in automatico, di sostanze pericolose per l’uomo e gli ecosistemi; un’ulteriore configurazione del sistema prende il nome di SAM, il sistema per il monitoraggio e l’analisi in continuo della falda e la messa in sicurezza automatica. In campo industriale il principio di funzionamento prevede il confinamento e il conseguente recupero in automatico di sostanze di scarto da reimmettere nel processo di produzione, ottimizzando la linea e riducendo i costi. Un altro esempio di configurazione industriale utilizzabile all’interno di depositi è l’applicazione del sistema brevettato al dreno dei tetti dei serbatoi fuori terra, a tutela dei bacini di contenimento degli stessi. Il sistema è completamente customizzabile e le configurazioni industriali e ambientali possono facilmente essere installate in serie, aggiungendo ad esempio alla configurazione industriale un sistema di blocco per le dispersioni in ambiente. SAMIS è un presidio attivo 24/24h per il monitoraggio, l’analisi ed il blocco con recupero delle sostanze, e può essere applicato a: • aree protette, canali, consorzi di bonifica, condotte fognarie, • falde acquifere, • darsene, • depuratori, • allevamenti ittici, • depositi, raffinerie, distributori.

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LIBRI Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e normativa correlata

A cura di Arturo Cancrini, Vittorio Capuzza, Gianluca Celata e Alfredo Simonetti Il manuale contiene il nuovo Decreto legislativo n. 50 /2016 e le principali disposizioni precedenti ad esso collegate. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e la contestuale entrata in vigore del decreto si è concluso l’iter di recepimento delle direttive dell’Unione Europea (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE) sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori speciali. Tra gli obiettivi della nuova disciplina emerge la generale qualificazione dei contratti pubblici come strumento fondamentale per la crescita europea secondo i canoni di inclusività, efficienza e sostenibilità. Il favor del legislatore comunitario mira alla semplificazione e alla flessibilità delle procedure concorsuali in una prospettiva volta a rendere compatibili le esigenze concorrenziali con l’innovazione e la promozione di nuove tecnologie. Il volume è arricchito di un indice analitico che consente al lettore di orientarsi all’interno delle disposizioni di legge. Inoltre il codice QR che si trova sul retro della copertina, consente attraverso uno smartphone di accedere direttamente alle informazioni e agli eventuali aggiornamenti di questo volume.

EPC Editore (pagine 936 – € 15,00)

Breve storia dell’ambiente in Italia A cura di Gabriella Corona

Il libro descrive le trasformazioni che hanno avuto le tematiche ambientali nel corso della storia italiana dall’Unità ad oggi e i modi attraverso i quali queste si sono intrecciate con la politica e i cambiamenti economici e sociali. Un percorso lungo la storia italiana, dalla prima industrializzazione fino agli ultimi decenni che hanno visto l’accelerazione del consumo del suolo, l’emergere delle ecomafie, la cementificazione incontrollata, l’inquinamento dei terreni e delle falde acquifere e le emergenze legate ai rifiuti. Viene posta l’attenzione sul rapporto tra l’ambiente e l’uomo e la percezione che quest’ultimo ha della crisi ambientale in atto e della sua consapevolezza riguardo alle contromisure da adottare per affrontarla. L’autrice mette in luce le specificità del caso italiano, analizzando le sue caratteristiche geomorfologiche oltre che le scelte che sono state fatte dalle classi politiche che si sono susseguite nel corso degli anni.

Edizioni Il Mulino (pagine 140 – € 12,00)

La classificazione dei rifiuti Secondo il Regolamento Commissione Ue 1357/2014/Ue. Guida operativa completa di esempi applicativi A cura di Massimo Colonna

Il libro è una guida pratica rivolta a tutti coloro che all’interno delle aziende pubbliche o private si occupano degli adempimenti ambientali e si pone l’obiettivo di chiarire i criteri di classificazione dei rifiuti e di descrivere le logiche e gli algoritmi necessari per una corretta elaborazione dei dati. Il primo capitolo è dedicato alla normativa sulla gestione dei rifiuti, tali nozioni sono infatti necessarie per poter affrontare gli elaborati calcoli richiesti dal Regolamento 1357/2014Ue, entrato in vigore il 1° giugno 2015. Gli altri tre capitoli, più i due allegati finali, sono invece incentrati sui criteri di classificazione dei rifiuti, descritti sia in via teorica che pratica, grazie ai numerosi esempi riportati, i quali evidenziano le diverse modalità di classificazione dei rifiuti. L’autore vanta una lunga esperienza da analista nella gestione dei rifiuti ed è responsabile tecnico del portale www.tecnorifiuti.it dove è inserito il software utilizzato per tutti gli esempi riportati nella guida.

EPC Editore (pagine 704 – € 35,00)

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APPUNTAMENTI SICON

Roma, DALL’8 al 10 febbraio

Il workshop SiCon (VII edizione) vuole condividere con i partecipanti casi di studio e interventi a scala reale di risanamento e messa in sicurezza di siti contaminati, con particolare approfondimento degli aspetti procedurali e tecnico-operativi anche alla luce delle più recenti novità normative, favorendo altresì il confronto tra Accademia, Enti e Istituzioni, Associazioni di categoria e comparto Industriale e dei Servizi. Saranno inoltre presentati, nell’ambito di una sessione dedicata, i risultati più recenti e le linee più innovative della ricerca scientifica sul tema della bonifica dei siti contaminati.

www.dicea.uniroma1.it/content/sicon-2017-siti-contaminati-0

SAMOTER

Verona, dal 22 al 25 febbraio

30° Salone internazionale delle macchine movimento terra da cantiere e per l’edilizia. La manifestazione è inserita nel ciclo delle fiere europee patrocinate dal CECE, il Comitato europeo che raggruppa le associazioni dei costruttori di macchine movimento terra e del comparto delle costruzioni. Questa edizione verterà sulla tutela del territorio e soluzioni per le emergenze ambientali e il dissesto idrogeologico, sulle macchine intelligenti e piattaforme tecnologiche, sulle macchine ibride a basse emissioni e ad alta efficienza energetica, sulla riconversione sostenibile dei siti dell’Expo, sulla programmazione comunitaria “Europa 2020” e sul programma “Horizon 2020”.

www.samoter.it

MECSPE

Parma, dal 23 al 25 marzo

Mecspe è la fiera di riferimento per l’industria manifatturiera. Suddivisa in 11 Saloni tematici che offrono al visitatore una panoramica completa su materiali, macchine e tecnologie innovative e iniziative uniche come Fabbrica Digitale oltre l’automazione©, la manifestazione rappresenta la via italiana per l’industria 4.0. L’edizione 2017 rafforzerà ulteriormente il posizionamento di Mecspe come fiera internazionale delle tecnologie per l’innovazione, focalizzando l’attenzione su quegli ambiti applicativi che rappresentano le sfide che il comparto manifatturiero dovrà affrontare nel prossimo futuro.

www.mecspe.com

OMC

Ravenna, dal 29 al 31 marzo

L’Offshore Mediterranean Conference & Exhibition è l’evento biennale che riunisce a Ravenna le maggiori oil company europee, del Nord Africa e del Medio Oriente. Sarà possibile partecipare a numerosi workshop di approfondimento e aggiornamenti professionali con esperti del settore. L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, sarà uno degli ospiti di maggior rilievo della XIII edizione, che si profila di assoluto livello sia per la tematica scelta “La transizione verso un mix energetico sostenibile: il contributo dell’industria O&G” e sia per la qualità dei papers.

www.omc2017.it

BioEnergy Italy

Cremona, dal 20 al 22 aprile

BioEnergy Italy è il luogo riconosciuto a livello internazionale dove si incontrano le più importanti aziende del settore delle energie rinnovabili. La fiera, arrivata alla VI edizione, si basa su un progetto realizzato da CremonaFiere e DLG International, partner tedesco organizzatore di Manifestazioni come AgriTechnica, EuroTier e Bioenergy Decentral. Il punto di forza di BioEnergy Italy è, oltre all’esposizione altamente qualificata, il ricco programma di convegni, seminari e workshop, studiato per coinvolgere e attrarre in fiera un pubblico selezionato.

www.bioenergyitaly.com

SPS IPC Drives Italia

Parma, dal 23 al 25 maggio

SPS IPC Drives è la fiera annuale organizzata da Messe Frankfurt Italia per l’Automazione Elettrica in Italia che riunisce fornitori e produttori del mondo dell’automazione industriale. Giunta alla sua settima edizione ha creato un nuovo layout espositivo che consentirà di rendere più coinvolgente la fruizione dell’esposizione, garantendo ai visitatori due accessi al quartiere fieristico e bilanciando i flussi di visite agli stand. Inoltre, grazie alla collaborazione dei principali player del settore, la fiera offrirà una proposta completa nel panorama dell’automazione industriale, declinata in quattordici categorie merceologiche.

www.spsitalia.it

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Anno 9 - Numero 37 – Dicembre 2016 ISSN 2421-2938

Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin Collaboratori: Renato Baciocchi, Gianluca Beccaris, Giuseppe Benina, Rosa Bertuzzi, Giovanni Capponi, Nicola Carboni, Maria Beatrice Celino, Mara Chilosi, Marco Costabello, Laura Crispini, Agata Di Stefano, Bartolomeo Ficili, Silvia Fornasaro, Mariagrazia Leotta, Pietro Marescotti, Valeria Nosiglia, Paolo Plescia, Ilaria Re, Emanuele Scotti, Serena Sgarioto, Paolo Silingardi, Emanuela Tempesta, Laura Veneri, Igor Villani.

ABBONATI

solo 40€ per 1 anno e 75€ per 2 anni

Comitato Scientifico: Maria Rosaria Boni (Sapienza Università di Roma) Daniele Cazzuffi (CESI spa – RemTech) Laura D’Aprile (MATTM, Roma) Luciano De Propris (Consulente ambientale) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Cuneo) Gian Luigi Soldi (Città Metropolitana di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino)

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Telefona allo 011 749 79 64

Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7497964 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it

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Manda una mail a info@deaedizioni.it

Grafica, disegni e impaginazione: Roberto Fatiga - email: grafica.advespa@gmail.com Abbonamenti: Italia annuo € 40,00 - estero annuo € 75,00 copia singola € 12,00 - arretrati € 14,00 Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@deaedizioni.it

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Stampa: Tipografica Derthona Strada Vicinale Ribrocca 6/5 - 15057 Tortona (AL)

4 Inquadra il codice • Abbonamento annuale alla rivista (4 numeri) • Abbonamento biennale alla rivista (8 numeri) • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2016 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2015 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2014 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2013 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2012 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2011 • Cd “Atti dei convegni nazionali” Remtech 2010

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