IL CANTO GREGORIANO Il Canto Gregoriano è la musica tradizionale della Chiesa Cattolica Romana: ciò è ben chiaro in un decreto di Papa Pio X del 1903. Esso affonda le sue radici nei riti pre-cristiani degli antichi Ebrei, ma le sue caratteristiche peculiari si sono definite tra il III e il IV secolo d.C.; nel VII secolo si è pienamente sviluppato, per poi attraversare un periodo di decadenza a partire dal XVI secolo. Nel XIX secolo, ad opera dei monaci solesmensi, è iniziato un processo di restaurazione del canto gregoriano: il lavoro degli studiosi di Solesmes può essere paragonato alla riscoperta di Bach o di Monteverdi. Le caratteristiche del Canto gregoriano sono: carattere puramente melodico della musica assenza di armonia, di contrappunto, di qualunque altro genere di accompagnamento (specialmente quello strumentale) testo prevalentemente in latino. Originariamente, la lingua ufficiale della Chiesa (anche a Roma) era il greco, soppiantato dal latino intorno al III/IV secolo. Ne abbiamo traccia in molti canti, specialmente nel Kyrie.
Diverse sono le definizioni del Canto Gregoriano:
cantus planus (canto basso, grave): in uso nel Tardo Medioevo;
plein chant (francese)
plain song (inglese)
canto gregoriano (perché si è ritenuto erroneamente autore dei canti Papa Gregorio I, detto Magno, salito al soglio pontificio nel 590). Papa Gregorio Magno diede soltanto una sistemazione definitiva ai canti, assegnandoli alle varie ricorrenze dell’anno liturgico. I canti dell’Ordinarium (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei) sono postgregoriani. canto romano, ambrosiano, beneventano, bizantino, mozarabico, gallicano, anglicano, a seconda dei luoghi dei ritrovamenti di antichi codici, o a seconda dei diversi stili interpretativi, desumibili da “segni” apposti sui codici, o dalle trascrizioni stesse.
IL CALENDARIO DELLA CHIESA ROMANA Il calendario della Chiesa Romana definisce l’anno liturgico. L’anno liturgico comprende: il Proprium de Tempore (Temporale), ovvero le feste del Signore; Il Proprium de Sanctis (Santorale), ovvero le feste dei Santi. I canti che sostengono le celebrazioni liturgiche di questi due tempi liturgici sono contenuti nel Graduale, che è il libro che contiene tutti i canti per la Messa. IL GRADUALE Al Graduale Romano, redatto nel 1908 e riproposto nel 1974, si è aggiunto il Graduale Triplex (1979), compilato dai monaci dell’Abbazia di Solesmes, che vede aggiunti ai neumi quadrati, la notazione metense (tratta dal codice 239 di Laon, L, conservato nella biblioteca municipale di Laon e datato al X secolo) e la notazione san gallese (in rosso, in basso, tratta soprattutto dai codici di san Gallo 359, C, del IX secolo, Einsieldeln 121, E, di inizio XI secolo ).
IL PROPRIUM DE TEMPORE Il Proprium de Tempore contiene tutte le domeniche e le feste che commemorano la vita di Cristo: nascita, morte, resurrezione. Inizia con la I settimana di Avvento (quattro settimane che precedono il Natale). Il Temporale può essere suddiviso in periodi:
I periodo II periodo III periodo IV periodo V periodo
dalla I alla IV domenica di Avvento; tempo della Natività; tempo di Quaresima; tempo di Pasqua; tutto il resto dell’anno (Tempo Ordinario).
II PERIODO: TEMPO DI NATALE Il Tempo di Natale comprende:
Natività di Nostro Signore; Solennità S. Maria Madre di Dio (1 gennaio, una settimana dopo il Natale; prima dell’ultimo Concilio, 1962-65, il 21° della Chiesa, era festa della Circoncisione di N.S.); Epifania (6 gennaio); Domenica fra l’ottava di natale Domenica fra l’ottava di Epifania.
Nel XVII sec. Furono introdotte: 1) festa del SS. Nome di Gesù (domenica fra Circoncisione ed Epifania; in mancanza di una domenica intermedia, la festa era il 2 gennaio); 2) festa della Sacra Famiglia. Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, la domenica dopo l’Epifania è festa del Battesimo del Signore. Dopo il Battesimo del Signore, dal lunedì successivo, inizia il ciclo delle settimane per annum, che si interromperà con la Quaresima e riprenderà dopo la Pentecoste.
III PERIODO: TEMPO DI QUARESIMA Il Tempo di Quaresima inizia il Mercoledì delle Ceneri, che precede la I domenica di Quadragesima. Il periodo di Quaresima è così importante che, non solo le domeniche, ma ogni giorno della settimana ha una liturgia particolare e i suoi canti. Essi si trovano al completo nel Graduale e nell’Antifonale. Dopo la IV domenica di Quadragesima e alla fine della V settimana i Quaresima, c’è la Domenica delle Palme, che apre la Settimana Santa. La Settimana Santa è la settimana più solenne dell’intero anno liturgico. Essa contiene il Triduo Pasquale (Giovedì, Venerdì e Sabato Santi). La Quaresima dura 46 giorni, ma diventano 40 perché le domeniche sono escluse dal digiuno.
IV PERIODO: TEMPO PASQUALE L’evento miracoloso della risurrezione si celebra ogni giorno nella settimana successiva alla Domenica di Pasqua, chiamata “settimana fra l’ottava di Pasqua”. L’ottava è detta Domenica in Albis, o Domenica Quasimodo (dal titolo del canto di Introito “Quasi modo”, di seguito analizzato). L’Ottava è anche la II Domenica di Pasqua. Dopo la VI domenica di Pasqua, seguono: Ascensione di Nostro Signore; Una settimana dopo l’Ascensione, Domenica di Pentecoste, con cui si chiude il Tempo di Pasqua e riprende il Tempo Ordinario, che si conclude con la Festa di Cristo Re dell’Universo. La Domenica successiva alla Pentecoste è la Festa della Ss. Trinità. Il giovedì successivo alla Ss. Trinità è il Corpus Domini. Il venerdì della settimana successiva alla festa del Corpus Domini è la Festa del Sacratissimo Cuore di Gesù.
Quasi modo géniti infantes: MODO VI (GT 216) Analisi Modale Il Modo VI è il più semplice e il più vicino al processo di invenzione ornamentale attorno alla Corda-Madre DO. La presenza costante del sib ci fa pensare ad una trasposizione. Il DO, corda madre, diventa FA, il semitono mifa, diventa sib-do. È ben chiaro che il FA è Corda Dominante e Finale (nei modi arcaici, la Corda dominante di recita e la Finalis coincidono): infatti, il Fa ricorre ben 43 volte su 87 note; il RE porta un’intonazione ben insistente; vi è una tendenza a cadenzare su DO e su RE, con una discesa di quarta grave, FA-DO; mentre RE compare come sottotonica di FA; il LA è presente come ornamento, per ben 4 volte; le Dominanti sono: FA (Dominante di composizione), LA (Dominante Salmodica).
Analisi testuale Il testo del versetto salmodico è tratto dal Nuovo Testamento, dalla Lettera di Pietro. L’antifona dice: Come se foste bambini appena nati, alleluia, giusti, senza inganno, desiderate il latte, alleluia. Il versetto: Esultate a Dio, nostro sostegno, cantate di gioia al Dio di Giacobbe. Analisi semiologica Lettere significative: in nero, scrittura metense (Laon): infantes: subjice celeriter, scendere celermente; al terzo tetragramma, tra concupìscite e alleluia: equaliter, stesso grado; (probabilmente prima vi era un clivis, invece che un punctum, sulla prima a di alleluia); subito dopo, tra la bistropha le di alleluia: augère, cioè aumentare il valore delle due note, allargare; quella lettera significativa si applica appunto riferita a due suoni; alla fine del secondo alleluia, terzo tetragramma: ancora una volta un segno di equaliter; c’è difatti una repercussio. Lettere significative: in rosso, scrittura sangallese: su qua di quasimodo: la i indica un suono basso, iusum vel inferius; su quasimodo: tre volte il segno di equaliter, per indicare tre puncta della stessa altezza melodica; sulla parola rationabiles: troviamo i segni di equaliter e celeriter; sulla parola councupiscit, oltre a trovare due volte il segno di equaliter, troviamo anche una r, che significa sursum, cioè indica un valore melodico un poco più acuto; il primo alleluia del terzo tetragramma inizia con un suono iusum vel inferius e celeriter; poi c’è un segno di equaliter; il secondo alleluia inizia anch’esso iusum vel inferius, poi una r ci avvisa di una lieve ascesa melodica; altre presenze del segno di equaliter.
Semiologia metense (in alto, in nero): PRIMO TETRAGRAMMA Quasimodo: 4 volte il punctum (valore sillaba tenue); geniti infan-: pes (valore sillaba tenue), 2 volte il punctum, (tenue), pes, tre volte il punctum (valore sillaba intenso); tes: punctum liquescente, che scende velocemente al successivo punctum (valore sillaba intenso); alleluia: punctum (intenso), porrectus (valore sillabe tenui), pes subbipunctis (liquescenza diminutiva), punctum (valore intenso). SECONDO TETRAGRAMMA Rationabiles: clivis (valore sillaba tenue), 2 volte punctum (valore sillaba intenso), torculus (valore sillaba tenue), clivis (tenue), punctum (intenso); sine: punctum (valore sillaba intenso), scandicus (valore sillaba tenue); dolo: clivis (valore sillaba intenso), torculus resupinus, torculus (tenue); lac: scandicus; concupiscite: pes con liquescenza diminutive, punctum (intenso), torculus, punctum (intenso), porrectus.
TERZO TETRAGRAMMA Alleluia: punctum (tenue), due volte punctum (valore intenso), pes subbipunctis diminutivo, punctum (intenso). Alleluia: pes (valore sillaba tenue), clivis (valore sillabe intenso), torculus. Sulla sillaba ia ci sono due punti tenui e uno (l’ultimo) intenso, un clivis liquescente, seguito da una repercussio (equaliter) e un punctum intenso. Alleluia: punctum (valore tenue), due volte il punctum (valore intenso), per subbipunctis, punctum (valore sillaba intenso).
Semilogia sangallese (in basso, in rosso): da rilevare: sulla sillaba tonica di infantes c’è una virga, invece di un punctum; sulla seconda sillaba di dolo, tra i due torculus, c’è il segno dell’oriscus; al terzo tetragramma sul primo alleluia, sillaba le, è segnata la bivirga.
IL PROPRIUM DE SANCTIS Il Santorale contiene le feste dei Santi della Chiesa Romana. Le feste sono suddivise in due categorie: 1)PROPRIO dei Santi; 2)COMUNE dei Santi. Il Proprium de Sanctis contiene canti e preghiere per un unico santo o per due santi, indicati in modo specifico (per es. Ss. Pietro e Paolo, S. Lorenzo, l’Assunzione della Beata Vergine Maria). Il Commune Sanctorum contiene elementi che servono per le celebrazioni dei Santi (o di feste) raggruppati in categorie. Comprende quindi: Comune della Dedicazione di Chiese; Comune della Beata Vergine Maria; Comune degli Apostoli (se fuori del tempo di Pasqua); Comune dei Martiri (se fuori del tempo di Pasqua); Comune dei Pastori (Papi e Vescovi); Comune dei Dottori della Chiesa; Comune delle Vergini; Comune dei Santi e delle Sante, in generale.
LA GIORNATA LITURGICA Ogni giornata del calendario liturgico è organizzata secondo uno schema determinato, detto Ufficio Divino (Officium Divinum), oppure Ore Canoniche, o Liturgia delle Ore. Prima del Concilio Vaticano II, c’erano otto celebrazioni: 1) Mattutino, generalmente officiato senza musica, prima del sorgere del sole; 2) Lodi, al sorgere del sole; 3) Ora Prima; 4) Ora Terza; 5) Ora Sesta; 6) Ora Nona; 7) Vespri; 8) Compieta. Le Ore Prima, Terza, Sesta e Nona, erano dette anche Ore Minori: Si tratta di una suddivisione dell’antico calendario romano, in cui le ore del giorno erano numerato dalle sei del mattino alle sei del pomeriggio (per cui mezzogiorno era l’ora sesta).
LA GIORNATA LITURGICA Dopo il Concilio: 1) 2) 3) 4) 5)
Ufficio delle Letture; Lodi; Ora Media; Vespri; Compieta.
Nelle feste più importanti ci sono i Primi e i Secondi Vespri. Oltre alla Liturgia delle Ore, il rituale quotidiano monastico comprende anche la Messa. In origine, la celebrazione che commemora il sacrificio di Cristo sulla Croce fu chiamata Eucharistia (rendimento di grazia); la parole Messa deriva dalla frase finale: “Ite, missa est”, in uso nel V secolo (S. Ambrogio).
I LIBRI LITURGICI Graduale Antiphonale Liber Usualis
contiene i canti per la Messa (Antifonario) contiene i canti per l’Ufficio Divino (ormai desueto) comprende canti che non trovano posto nell’Antiphonale, come quelli per il Mattutino di alcune feste solenni o per l’Ufficio funebre.
ATTENZIONE Nel Liber Usualis ci sono due tipi di canti che non si trovano altrove: INVITATORI e RESPONSORI PROLISSI. Vi sono altri libri che contengono testi liturgici completi (sia brani musicali, sia preghiere; Lezioni dalle Scritture, Salmi, ecc.). I più importanti sono: Messale (per la Messa); Breviario (per la Liturgia delle Ore). Di particolare importanza è l’Antiphonale Monasticum, dell’ordine di San Benedetto, pubblicato nel 1934 dai monaci benedettini di Solesmes.
I SALMI Il nucleo centrale della Liturgia delle Ore è costituito dal canto dei Salmi. Ve ne sono: 3 per l’Ufficio delle Letture al Mattutino; 2 per le Lodi; 3 per l’Ora Media (con un’unica Antifona); 2 per i Vespri; 1 per la Compieta. Se i Salmi sono molto lunghi, sono suddivisi in due o più parti. Ogni Salmo ha la sua antifona (breve testo cantato prima e dopo). Il Salmo 94 non è considerato alla stregua degli altri Salmi, per il suo carattere invitatorio (Venite, esultiamo al Signore) e si canta all’inizio dell’Ufficio delle Letture al Mattutino. Il Libro dei Salmi costituì l’eredità più preziosa che i Cristiani ricevettero dagli Ebrei e fu per molto tempo la prima ed unica forma di culto cristiano.
I CANTICI
In tempo molto antichi, furono aggiunti ai Salmi alcuni testi biblici, detti Cantici (in latino “cantica”), per il loro carattere lirico e innodico. Tre sono i Cantici maggiori (tutti tratti dal Vangelo di Luca): 1) Cantico della Vergine Maria: Magnificat anima mea Dominum (L’anima mia magnifica il Signore); 2) Cantico di Simeone: Nunc dimittis servum tuum (Ora lascia, o Signore, che il tuo servo); 3) Cantico di Zaccaria: Benedictus, Dominus Deus Israel (Benedetto il Signore Dio d’Israele).
LA MESSA Tutta la complessa struttura della Messa ha come punto focale il CANONE DELLA MESSA: Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue, versato per voi e per molti in remissione dei peccati…. Mistero di fede). Il Canone è preceduto dal Prefazio e vi è intercalato il Sanctus. Questa è la Preghiera eucaristica, di origine antichissima. Molte parti della Messa derivano dai riti ebraici, per es. la Colletta. Non si sa quando si siano introdotti i Salmi tra le Letture. Il Salmo Responsorio Graduale (in seguito solo Graduale), era cantato tra la I e la II lettura; un Salmo cantato da un solista fu inserito invece tra la II e la III lettura, cioè prima del Vangelo. Questo secondo Salmo è il cantus tractus, o Tratto, che tra il V e il VI secolo fu sostituito dall’Alleluia. Con il passar del tempo, furono introdotti altri salmi nella Messa, per accompagnare azioni salienti: Introito, Offertorio e Communio.
Vi sono però anche canti non salmodici, nella Messa: sono i canti dell’Ordinario. Nella sua forma tardo-medievale (XI-XII secolo), la Messa attuale comprende 10 canti: 5 del Proprium Missae e 5 dell’Ordinarium. Ordinario: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei. Proprio: Introito, Graduale, Alleluia (o Tratto), Offertorio, Communio. Attualmente, nell’Ordinario vi sono altri due canti, che però sono più un preludio e un postludio: Asperges me (antifona iniziale); Ite, missa est (benedizione conclusiva). I brani del Proprio sono più antichi, più importanti dal punto di vista liturgico e più interessanti dal punto di vista musicale dei brani dell’Ordinario. Nell’ambito del canto gregoriano, il termine Messa, musicalmente indicava l’Ordinario. Oltre ai canti del Proprio e dell’Ordinario, nella Messa ci sono altre parti cantate o recitate sui TONI DI RECITA (vd. Messale Romano).
BREVE STORIA DEL PROPRIO E DELL’ORDINARIO Il Proprium entrò in uso nel VI secolo. All’epoca di Papa Gregorio I, questa parte della Messa era completamente uniformata. Per l’Ordinarium, invece, i canti furono inseriti in tempi diversi:
Il Kyrie Il Gloria Il Credo Il Sanctus L’Agnus Dei
con Papa Gregorio I con Papa Simmaco con Papa Benedetto VIII con Papa Sisto I con Papa Sergio I
(590-604); (498-514); (XI secolo); (120 circa); (687-701):
Quindi in ordine cronologico è apparso prima il Sanctus, seguito dal Gloria, poi dal Kyrie, dall’Agnus Dei e in ultimo il Credo.
VARIANTI DEL PROPRIUM MISSAE I canti del Proprio si distinguono in: 1) interlezionali (precedono o seguono una lezione); 2) canti che accompagnano un’azione (canti-azione). Sono del primo tipo: Graduale, Alleluia. Del secondo tipo sono invece: Introito, Offertorio, Communio (questi tre canti fanno parte integrante di ogni Messa, tranne quella del Venerdì Santo, che ne è completamente sprovvista). Variante del primo tipo: durante la Quaresima, l’Alleluia non c’è. Storicamente, non è mai stato inserito, dato il clima di tristezza di quel particolare periodo liturgico. Oggi, il Mercoledì delle Ceneri, nelle Domeniche di Quaresima, il Giovedì e il Venerdì Santo, l’Alleluia è sostituito dal TRATTO. Altra variante del Proprio: in alcune feste, si aggiunge la SEQUENZA.
LA SEQUENZA Le Sequenze si trovano:
Pasqua Victimae paschali laudes (GT 198) Pentecoste Veni, Sancte Spiritus (GT 253) Corpus Domini Lauda Sion (GT 379) Beata Vergine Addolorata (15 settembre) Stabat Mater (GT 602) San Benedetto (per o.s.b., 11 luglio) Laeta dies (GT 871) Prima del Concilio Vaticano, c’era anche la sequenza Dies irae per la Messa dei defunti. Nel XVI secolo, c’era una Sequenza per ogni Messa. Divennero una componente eccezionale dopo il Concilio di Trento (1545-63).
VARIANTI DELL’ORDINARIUM MISSAE
Nell’Ordinarium Missae, vi sono occasionali omissioni del Gloria e del Credo. Il Gloria è omesso in Avvento e Quaresima (fatta eccezione per il Giovedì Santo e il Sabato Santo); Nelle Messe delle Rogazioni e per i defunti, mancano Gloria e Credo.
CURIOSITA’ L’OTTAVA DI PASQUA è la Domenica IN ALBIS DEPOSITIS, perché i nuovi battezzati, nella notte di Pasqua ricevevano dei paramenti bianchi, che deponevano dopo una settimana (la veste bianca del battesimo; dal lat. Albus = bianco). GRADUALE deriva da gradus = gradini, che si salivano per arrivare al pulpito. TRATTO dal latino trahere = tirare. Può significare: 1) canto lento, trattenuto; 2) canto interrotto; 3) possibile traduzione latina di un termine greco che significa melodiamodello. Le SEQUENZE erano un tempo le letture dai Vangeli, che si succedevano, domenica dopo domenica, secondo un ordine continuo. SANCTUS = Tre acclamazioni, derivanti dal rito greco-bizantino (hagios, hagios, hagios) e dal rito ebraico (kadosh, kadosh, kadosh).
Giovanni Diacono, nell’872 circa, scrisse la biografia del Papa Gregorio I. Secondo questa biografia, S. Gregorio Magno sarebbe l’organizzatore, se non l’autore, del canto liturgico della Chiesa occidentale. L’attributo “gregoriano” fa riferimento piuttosto alla liturgia del Sacramentario gregoriano (il libro che contiene i formulari del celebrante). Non v’è traccia del libro (centone)scritto da Papa Gregorio I. Il Codice San Gallo 359 è il più antico codice manoscritto completo conservato. Risale alla fine del IX secolo. Un monaco anonimo, nell’885 circa, disse in uno scritto che Carlo Magno mandò un cantore a Roma perché si istruisse e tornasse alla cattedrale di Metz. La conservazione del canto gregoriano è dovuta ai francesi del IX secolo, basti vedere i manoscritti di San Gallo, Metz, Chartres, Einsiedeln. Il repertorio del canto gregoriano “standard” non è gregoriano nel senso storico della parola. Non vi sono fonti precise. Il manoscritto di San Gallo 359 sembra essere stato composto proprio in quel luogo e in quel tempo. Possiamo pensare che i toni salmodici o l’arcaico Gloria XV (GT 760) siano un’eredità dei primi giorni del Cristianesimo; alcune semplici antifone risalgono a Gregorio I, un attuale Introito, Graduale o Tratto saranno probabilmente dell’VIII o IX secolo.
I TESTI DEL GRADUALE LIBRO DEI SALMI È stato definito la più importante fonte di testi di tutta la storia della musica. Quasi tutti i canti del repertorio gregoriano hanno i Salmi come riferimento, ad eccezione delle Antifone, dei Responsori e degli Inni. I Tratti, in particolare, possono contenere più versetti, tutti presi da un unico salmo.
VERSETTI SALMODICI Specialmente nel Proprium de Tempore, ricorre spesso l’uso di un singolo versetto salmodico, negli Introiti, nei Graduali, negli Alleluia e nei Communio. Il Graduale è composto da due sezioni: Responsum e Versetto. Il Responsum è sempre tratto da un Salmo, ma, in alcune feste significative, il Responsum è attinto da altre parti della Scrittura, come per es., i Graduali della Messa della Vigilia di Natale (Hodie scietis) e dell’Epifania (Omnes de Saba venient). Anche l’Introito è composto da Antifona e Versetto. 1/2 degli Introiti del Temporale contengono testi non-salmodici nelle antifone.
TESTI NON SALMODICI La maggior parte dei canti per l’Ufficio è non-salmodica e non-scritturale. Questo per controbilanciare i Salmi, che occupano lo spazio maggiore dell’Ufficio. I canti con testi non salmodici sono: gli Inni, che hanno testi poetici; I Responsori, che traggono testi dai libri storici dell’Antico Testamento; le Antifone, che traggono testi in minima parte dai Salmi e per circa 3/4 da altre parti delle Scritture (soprattutto dai Profeti e dai Vangeli).
SALMODIA DIRETTA I versetti salmodici sono eseguiti di continuo, senza inserire alcun ritornello. Può esservi un’antifona, eseguita solo all’inizio e alla fine del salmo. SALMODIA RESPONSORIALE Vi è l’alternanza tra solista e coro, che canta il ritornello, o responsum. I Salmi antifonali sono di origine ebraica, menzionati anche nella Bibbia. I Salmi Responsoriali sono più recenti, inseriti quando i canti diventavano sempre più ricchi di ornamentazioni ed era necessario che fossero eseguiti da un cantore esperto. La recitazione delle sillabe: secondo Pothier, segue il LIBERO RITMO ORATORIO, cioè l’accento tonico delle parole. In un melisma, si accentua solo il primo suono. Secondo Mocquereau, segue il LIBERO RITMO MUSICALE, per cui tutte le note hanno lo stesso valore ritmico, salvo quelle episemate o con il punctum mora.
IL CANTO DEI RESPONSORI Graduali, Alleluia e Responsori prolissi (oltre i Tratti solistici) sono canti contemplativi, perché melismatici. Non è certamente un caso se: i canti-azione sono antifonici, quindi più semplici; I canti interiezionali sono melismatici, ornati, responsoriali. I canti possono essere così suddivisi in base al genere: 1) sillabici (toni di preghiera, toni salmodici, antifone salmodiche, responsori brevi, inni, sequenze, Gloria, Credo); 2) neumatici (Sanctus, Agnus Dei, Introiti, Communio); 3) melismatici (Alleluia, Graduali e Tratti, Offertori, alcuni Kyrie, Responsori prolissi). I toni di lettura (forma più elementare di recitativo liturgico) sono più che altro testi parlati, intonati solo per rendere più chiare le parole. Sono spesso recto tono (una nota fissa, detta tenor o tuba, come scritto nei libri medievali, perché bisognava cantarla con voce squillante).
Il LIBER USUALIS prescrive i toni per le preghiere (collette), per le letture (Epistole), per i Vangeli, per i Capitoli brevi delle Ore del giorno. La nota di recita ha inflessioni discendenti nei pressi di segni di punteggiatura. Queste inflessioni sono dette positurae o pausationes. E sono quattro: 1) flexa, 2) metrum, 3) punctus interrogationis, 4) punctus versus. Ogni flexa è un segno di croce, ogni metrum è un asterisco (*). Tra i Recitativi per occasioni particolari, il più interessante (per la sua forza drammatica) è il tono per le Passioni. I manoscritti del IX-X secolo, contenevano lettere significative: t (tarde, lentamente), fu confusa con + (Christus); c (celeriter, velocemente) divenne C (Chronista); s (sursum, in acuto) divenne S (Synagoga, Folla).
Il tono salmodico consiste in: Introduzione - tenor - flexa (alla fine del primo emistichio) - cadenza mediana - tenor - terminazione. Il tenor di solito coincide con la dominante di un modo (repercussio); la conclusione non sempre è sulla finalis. È per questo uso notevole della dominante che nel modo autentico e plagale di MI e nel plagale di SOL, il SI diventò DO. La flexa è di due note, se l’accento cade sulla terzultima sillaba (parola proparossitona). Ogniqualvolta c’è una parola con accento sulla terzultima, c’è un punctum bianco (nota che corrisponde alla penultima sillaba), che viene chiamato epentesi intercalare. Se la parola è parossitona, non bisogna tener conto del punctum bianco. Se la corda di recitazione è preceduta da un semitono, la flexa scende di una terza minore (es. DO - LA); diversamente, scende di un tono, cioè un intervallo di seconda. La re-intonazione è presente solo nei responsori prolissi, per occasioni solenni.
Dopo la cadenza media (mediatio), si prosegue direttamente con il tenor. Alla fine del Salmo si pone tuttavia un problema: l’Antifona termina certamente con la finalis, invece il versetto salmodico, può terminare con una nota qualunque. È per questo motivo che furono introdotte le differentiae, ovvero delle terminazioni tra cui scegliere quella più adatta per concludere un versetto che ben si armonizzasse con la nota iniziale dell’antifona. Quando troviamo: e u o a e, ci troviamo davanti ad una terminazione. Essa sta per seculorum amen (terminazione per la dossologia Gloria Patri, aggiunta sempre al Salmo, formandone gli ultimi due versetti). Alla base del sistema delle terminazioni sta, dunque, il principio di assegnare a ciascun INCIPIT di un’antifona la terminazione appropriata. I toni salmodici si dicono irregolari, se il tenor si esegue su due toni. Il tonus peregrinus usava due tenori diversi: SOL e LA.
Nei modi arcaici, il tenor e la finalis corrispondono. Le formule salmodiche sono fissate sul rapporto tra una dominante e una finalis, quindi sintetizzano la TEORIA DELLE CORDE MADRI. Quando le CORDE MADRI si sono evolute verso l’acuto o verso il grave, hanno dato origine ai MODI DELL’OCTOECHOS (dal greco Ὀκτώηχος, gli "8 echi"). modi autentici
modi plagali
Protus Deuterus F = finalis D = dominante (repercussio)
Tritus
Tetrardus
LA NOTAZIONE (1) I neumi sono i segni con cui è scritto il canto gregoriano. Ogni neuma corrisponde ad una sillaba. I neumi sono monosonici, se una sillaba corrisponde ad un solo suono, plurisonici, se più suoni per una stessa sillaba. Ogni neuma ha un proprio valore ritmico, che dipende dal valore fonetico della sillaba cantata. Difatti è il ritmo della parola che detta il ritmo del canto. L’allungamento o accorciamento di un neuma può derivare soltanto da motivi di carattere espressivo. Negli antichi manoscritti uno stesso neuma poteva essere indicato con molti segni differenti ed erano di grande importanza le litterae significativae, lettere poste affianco ai segni per dare suggerimenti di carattere espressivo, melodico o ritmico. I monaci di Solesmes, nel trascrivere gli antichi codici in notazione quadrata, hanno aggiunto alcuni particolari, tra cui sono da rilevare: le stanghette, semistanghette e quarti di stanghetta, per delineare il fraseggio e suggerire i respiri; l’episema, o il punctum mora, non sempre corrispondenti alle notazioni metense o sangallese, posti su alcuni neumi, specie presso le chiusure dei canti.
LA NOTAZIONE (2) La scrittura quadrata è stesa su un tetragramma, un rigo musica formato da quattro linee e tre spazi. Prima dei neumi, si trova la chiave, che può essere di Do o di Fa. La chiave di Do si trova generalmente al quarto rigo, ma anche al terzo, e indica la posizione del Do. La chiave di Fa si trova sulla terza o sulla seconda linea (raramente sulla quarta). La guida (custos) è una piccola nota posta alla fine di ogni rigo che indica la posizione della prima nota del rigo successivo. Si tratta di un aiuto per mantenere la corretta intonazione. Nel canto gregoriano si possono trovare solo due alterazioni, il bemolle e il bequadro, ma soltanto davanti alla nota SI.
LA NOTAZIONE (3) I neumi monosonici si presentano in tre forme: Il punctum, sia esso quadrato che romboidale (o inclinato), non si impiega mai isolatamente, ma sempre come parte di gruppi comprendenti più note. La virga deriva dall’accento acuto o grave. Nella scrittura antica può corrispondere ad una virga quando deriva dall’accento acuto, da un tractulus quando deriva dall’accento grave. I neumi plurisonici possono essere formato da due, tre o più suoni. I neumi di due suoni sono: la clivis e il pes (o podatus).
Pes
(due note, delle quali la prima è più grave)
Clivis
(due note, delle quali la prima è più acuta)
LA NOTAZIONE (4) I neumi di tre note sono qui di fianco rappresentati: I neumi di quattro (o più) suoni sono generalmente: il torculus resupinus, il porrectus flexus, lo scandicus flexus, la virga tripunctis (come il climacus, ma con un punctum discendente in più), il pes Scandicus subbipunctis, il pes subtripunctis, il climacus resupinus. Quando si ripete lo stesso punctum, invece, abbiamo la bistropha o la tristropha. Si tratta di repercussio che vanno eseguite leggere o più accentuate, a seconda della loro rappresentazione paleografica (’’ oppure ’’’ significa “leggermente”; // oppure /// significa “con pienezza”).
LA NOTAZIONE (5) Tra i neumi plurisonici fondamentali, si osservi che il movimento ascendente si limita generalmente a tre note (per es., scandicus, scandicus flexus). La virga praetripunctis (un doppio pes) è molto rara. Questo perché il canto discendente è più frequente di quello ascendente. Un altro caso particolare che riguarda la notazione è dato dal pressus, che si verifica quando un neuma finisce con un suono che è l’inizio del neuma successivo. Dom Pothier e Dom Mocquereau si divisero sull’esecuzione di questi pressus: il primo affermava che bisognava ribattere il secondo suono, come fosse una sincope; il secondo, invece, che bisognava prolungare il suono, come una legatura di valore. Secondo uno scrittore del IX sec., Aureliano di Réomé, le tristrophae vanno cantate come rapide pulsazioni (effetto di tremolo, o di trillo, detto anche “trillo di capra”, o goat’s trill, chevrotement, bockstriller). Le tristrophae erano probabilmente, all’inizio tre suoni in cui il secondo era calato di un quarto di tono, o un semitono addirittura. Es. FA FA FA erano: FA MI FA.
Le liquescenze Le liquescenze sono suoni che terminavano probabilmente con un quarto o un semitono in su o in basso e sono rappresentati da neumi-uncini. La liquescenza è un fenomeno semiologico-fonetico, che si trova quando c’è un’articolazione complessa di alcune sillabe del testo. Si produce: quando c’è l’incontro di due o tre consonanti (vi-den-tur, vo-lun-tas, autem mecum); nei dittonghi au, eu, ei (laudate, eleison); in presenza della j o i (alleluia, eius); Nella notazione quadrata, la liquescenza appare come un quadrato appena accennato, tuttavia si tratta di una modificazione significativa del neuma, che richiede un’attenta osservazione dei suggerimenti paleografici. Quando la liquescenza interessa un neuma di due suoni (la liquescenza è il secondo suono), si tratta di una liquescenza aumentativa. Quando invece sono interessati neumi di tre suoni, la liquescenza è diminutiva. Nel caso della L. aumentativa, prima bisogna eseguire il suono, poi articolare la sillaba.
I NEUMI ANTICHI Salicus tre suoni in movimento ascendente (come lo scandicus). O anche quattro o cinque, delle quali la penultima è rappresentata con un uncino rivolto verso il basso. Probabilmente si trattava di una nota “proibita” (es. re, fa diesis, sol; oppure: mi mi+ fa). La prima nota è, in genere, un oriscus. Oriscus dal greco horos, una nota aggiunta alla fine di un neuma, in unisono o un grado sopra. Pressus
due neumi uniti da un suono in comune.
Quilisma un segno speciale, come una nota dentellata, che va eseguita con leggerezza (secondo Mocquereau), oppure come una specie di gruppetto o mordente (secondo Gastoué), come nel canto bizantino. Trigon come per il torculus, tre note in cui la mediana è più bassa. Forse potrebbe assomigliare al caso del salicus, poiché la nota centrale era una nota proibita. Oggi, talvolta il trigon appare come una tristropha. A proposito di tristrophae: si guardi il testo del canto Ostende nobis (GT 309), con le sette tristrophae.
TESTO Tutti i confini della terra hanno visto la salvezza del nostro Dio. DIVISIONE FRASEOLOGICA Quattro brevi incisi racchiudono tutto il periodo musicale: PERIODO I inciso
II inciso
III inciso
IV inciso
Viderunt omnes
fines terrae
salutare
Dei nostri
NEUMI Nel primo inciso è caratteristico il contrasto tra il pes angolosus e i due pes liquescenti. Nel secondo, vi è il salicus iniziale e un pressus in alto. Il terzo è tutto incentrato sullo stacco della sillaba tonica. Il quarto richiede equilibrio nel proporzionalre l’esecuzione dei neumi. MODALITA’ Anche se qualificato come Protus Authenticus (modo I), si riconosce la Corda-Madre generatrice DO. Il primo e il quarto inciso hanno la cadenza finale sulla terza inferiore alla corda madre. La prima cadenza è una cadenza con anticipazione; quella del quarto inciso è invece una cadenza ridondante ornata. Le altre due, quelle del secondo e terzo inciso, si possono definire cadenze fiorite. ESECUZIONE Incisivo il pes iniziale e leggerissimi i due liquescenti. Bisogna poi predisporre la bellissima salita verso il pressus nel secondo inciso; così, ripetere lo stesso effetto espressivo nel terzo, facendo leva sullo stacco centrale. Conservare forte unità melodica ai neumi dell’ultimo inciso.
Alleluia - Laetatus sum Alleluia.
Versetto salmodico (Salmo 121, 1)
Sono lieto delle cose che mi vengono dette: andremo nella casa del Signore.
Antifona (Isaia 9,6)
Un bambino è nato per noi, Un figlio ci è stato dato, Il cui impero è sulle sue spalle, E il suo nome sarà chiamato Angelo, consigliere ammirabile. Versetto Salmodico Salmo 97,1
Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha fatto meraviglie.
Clivis.
Punctum.
Dalla Lettera di S. Paolo apostolo ai Filippesi
Cristo si è fatto, per noi, obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome.
ModalitĂ e Canto gregoriano
di Mafalda Baccaro