MAG'ZINE ISSUE #0

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Jan 2015 ISSUE # 0



Timeline Photo: Giorgio Bianchi

CONTENTS Fabio Moscatelli Italy

Giorgio Bianchi

Italy




Fabio Moscatelli Italy

www.fabiomoscatelli.com

Perchè e quando arriva la fotografia e la coscienza che la stessa poteva essere il tuo mezzo per esprimerti? Credo sia stata la fotografia a scegliere me, in un momento drammatico della mia vita; le sono molto grato perché mi ha salvato. Dedicandomi a lei riuscivo ad isolarmi dal mondo e contemporaneamente potevo e riuscivo ad esprimere me stesso, i miei stati d’animo, ieri come naturalmente oggi. In ogni immagine che produciamo mettiamo una parte infinitesimale di noi, ogni nostra foto parla di noi.

Qual’è secondo te il modo per sopravvivere in questo mondo, dove ormai la concorrenza è veramente alta La concorrenza sta producendo a mio avviso un picco qualitativo verso il basso; noto un continuo abuso di immagini ripetitive, e a livello di linguaggio e soprattutto di contenuti. Il fotografo corre dietro al mercato, e non viceversa ; io preferisco rimanere me stesso ed esprimere il mio linguaggio, in fondo sono l’unica persona cui devo rendere davvero conto del lavoro fotografico che produco, con pregi, pochi, e molti difetti. E’ chiaro che il parere ed i consigli di esperti del settore sono sempre graditi, ma non concepisco di realizzare foto per accontentare il mercato; anche se capisco che chi deve vivere, o meglio sopravvivere, è costretto ad adeguarsi. Forse la soluzione sarebbe cercare di essere se stessi, di esprimere la propria fotografia, ma sono convinto che non servirebbe.

Come vedi la crisi che vive il settore della fotografia, soprattutto per quanto riguarda il reportage o la fotografia documentaria in genere, e quali potrebbero essere secondo te le alternative a giornali, riviste, editori e via dicendo per riuscire a portare avanti i proprio progetti e renderli fruibili a tutti La crisi che vive il reportage è ormai decennale e quasi irreversibile ; anche se in minima parte credo possa ricondursi all’avvento del digitale, che ha permesso a molti di intraprendere un percorso fino ad allora impraticabile per discorsi legati a tempi e costi. La corsa nel fotografare l’evento, se tragico meglio ancora, satura i giornali ,le riviste, i vari magazine; questo non vuol dire qualità dell’informazione quanto piuttosto enorme quantità a discapito della qualità stessa. Personalmente ormai di fronte a certe foto, non mi soffermo neanche più; non mi piace diventare in qualche modo schiavo dello stereotipo fotografico. Alternative, difficile al momento; ci sono buone proposte on line, ma spesso hanno come unica mira il guadagno, e sfruttano semplicemente i giovani fotografi e la loro voglia di emergere. Seguire i festival nazionali ed internazionali per farsi conoscere attraverso il proprio lavoro, mi sembra l’alternativa più credibile e percorribile.


Ultimamente sembra che i fotografi facciano dei progetti per partecipare e vincere qualche concorso o grant, piuttosto che per l’interesse della storia stessa, cosa ne pensi di tutto questo? Quello di partecipare ai Grant è diventato per molti fotografi, un vero e proprio lavoro; si studia la giuria, le precedenti edizioni e relativi vincitori, ed a quel punto si sceglie il lavoro adatto alla partecipazione. Personalmente partecipo, ma senza lavorarci troppo; ho un progetto che mi piacerebbe far emergere, bene, partecipo con quello, punto. Mai pensato di realizzare un qualcosa adatto a partecipare ad un determinato concorso, con tutto il rispetto, ma sentirei svilito il mio lavoro fotografico. Una storia va raccontata perché vale la pena farlo, non perché questa corra dietro ad un premio. E’ un po’ il discorso che si faceva prima, credo che non sia la fotografia a dover correre dietro al mercato, ma viceversa .

Un tuo progetto a cui sei più legato e perché? I miei progetti fotografici sono tutti dei figli che amo, ma se proprio devo parlare di uno, quello su mio padre, scomparso 20 anni fa; non avrei mai immaginato di riuscire a realizzarlo, ma ci vedo, o meglio ci sento tutto quello che avevo ipotizzato quando ne feci una stesura scritta. Non mi interessa la sua fruibilità, a me ha dato la possibilità di rivivere mio padre, e tanto mi basta. Ecco, il grande potere della fotografia, la capacità di regalare emozione. Ricordo che la prima volta che esposi L’ultima fermata, una ragazza cercava l’autore; ci presentammo e lei mi parlò del lavoro estremamente commossa. L’avevo emozionata attraverso un progetto estremamente intimo e personale. Una gioia immensa!

Progetti per il futuro Per il futuro spero di dare vita ad una raccolta cartacea; ho già il nome, ‘Storie a Km 0’ . Sono una serie di reportage realizzati tutti all’interno della stessa circoscrizione dove vivo; una varietà umana e di tematiche che mi ha regalato grandi emozioni e splendide amicizie. Inoltre un progetto che mi piacerebbe realizzare e a cui sto iniziando a dare forma riguarda il calcio, sport nazionale, inteso quasi come religione di massa, con la sua idolatria, i suoi tempi e le sue preghiere.

Come vedi la fotografia oggi e il suo futuro sia in termini di immagini ma anche e soprattutto in termini di linguaggio Personalmente oggi il mio interesse è legato a progetti di carattere personale e intimo, a discapito del reportage di puro stampo fotogiornalistico per intenderci. Non so quest’ultimo quanto abbia veramente da dire in termini di novità e di linguaggio. L’ultimo lavoro che ho visto, proprio oggi, è di Phillip Toledano, Days With My Father; un’emotività delicata e travolgente al tempo stesso, narra un dramma ma lo fa in punta di piedi, proprio a differenza del reportage classico che ormai trasuda sangue da ogni pixel…purtroppo. Ecco credo che un linguaggio più intimistico, capace di esprimere un’intera gamma di emozioni, possa essere un buon punto di partenza per dare nuova luce al reportage.






Giorgio Bianchi Italy

Perchè e quando arriva la fotografia e la coscienza che la stessa poteva essere il tuo mezzo per esprimerti? Ho iniziato a fotografare che avevo circa dieci anni e da allora ho continuato a farlo alternando periodi di maggiore intensità a momenti di stasi. Mio padre è sempre stato un fotoamatore evoluto per cui in casa non sono mai mancati libri, riviste, enciclopedie ovvero la migliore formazione possibile per un fotografo assieme alla pratica. Non ho mai inteso la fotografia come un mezzo per esprimermi: ci sono cresciuto assieme senza pormi troppe domande su cosa fosse.

Qual’è secondo te il modo per sopravvivere in questo mondo, dove ormai la concorrenza è veramente alta Fare tutto ciò che porta un guadagno portando avanti almeno un buon progetto personale l’ anno. Personalmente fotografo cerimonie, eventi, opere d’ arte, appartamenti, faccio book fotografici cercando per quanto possibile di metterci un tocco personale. Serve a mantenersi economicamente ma soprattutto a rimanere allenato. Per come la vedo io quando non si scatta si regredisce

Come vedi la crisi che vive il settore della fotografia, soprattutto per quanto riguarda il reportage o la fotografia documentaria in genere, e quali potrebbero essere secondo te le alternative a giornali, riviste, editori e via dicendo per riuscire a portare avanti i proprio progetti e renderli fruibili a tutti Personalmente più che crisi vedo opportunità. Anni fa era impensabile poter controllare da casa tutto il processo produttivo. Ora in trenta metri quadrati di casa ho un laboratorio professionale nel quale controllo tutte le fasi della produzione. Internet poi è un mezzo straordinario di autopromozione. Come nella musica: in crisi sono i grandi, ma tanti piccoli che una volta non avrebbero avuto speranze ora hanno la possibilità di farsi conoscere e guadagnare con i concerti. La folla è tanta ma qualcuno riesce; una volta erano meno. A me personalmente va bene così, la competizione è dura ma è necessaria, è un lavoro difficile ed è giusto che solo i più motivati vadano avanti ed il web è un enorme bacino di opportunità che in passato erano inimmaginabili.


Ultimamente sembra che i fotografi facciano dei progetti per partecipare e vincere qualche concorso o grant, piuttosto che per l’interesse della storia stessa, cosa ne pensi di tutto questo? Borse di studio, premi, fondazioni sono un ottimo modo per reperire finanziamenti per portare avanti i propri progetti. Un’ altra cosa a mio vedere è fotografare alla maniera che si presume queste organizzazioni desiderino. La fotografia documentaria richiede lunghe pause dai lavori remunerativi pertanto la ricerca dei fondi è determinante. Grant e fondazioni vanno in quella direzione. L’ importante a mio vedere è non snaturare il proprio stile per compiacere la committenza

Un tuo progetto a cui sei più legato e perché? La situazione Ucraina ricalca per molti versi quella della ex Jugoslavia che ha svezzato una intera generazione di fotografi. Spero di poter tornare in Ucraina al più presto e negli anni a venire, per seguire i mutamenti di una nazione che a sua volta modificherà gli assetti geopolitici dell’ Eurasia

Progetti per il futuro Mi piacerebbe raccogliere una serie di immagini sul mondo dei selfie

Come vedi la fotografia oggi e il suo futuro sia in termini di immagini ma anche e soprattutto in termini di linguaggio La fotografia sta ripercorrendo, ma a passi da gigante, il percorso della pittura e come quest’ ultima ben presto giungerà ad una fase di stallo. Siamo arrivati oggigiorno alla fase “pop-art” ovvero l’ idea che sta alle spalle di un progetto è più importante della qualità fotografica delle immagini che lo compongono. A volte mi sento un po’ come quei critici che stroncarono gli “impressionisti”: faccio veramente molta fatica ad accettare certi generi e certi stili ma penso sinceramente che il problema sia il mio. Per cultura e formazione sono rimasto legato ad un tipo di fotografia fortemente estetizzante e continuo e forse continuerò sempre a pensarla come Don McCullin: Se la luce non è giusta perchè fare comunque la foto?





Thank you all


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