In Between di Alba Deangelis
El Limonal di Nicola Maiani
MAG'ZINE Founders Gaetano Fisicaro Claudio Menna
Issue #11 - Aprile 2017
Come in cielo così di Serena Vittorini
in terra
Dreaming Bagnoli di Claudio Menna
Dead Land di Gaetano Fisicaro
Editor in Chief, Design Gaetano Fisicaro gaetano84fisicaro@gmail.com
I nostri figli ci chiederanno di Orazio di Mauro
Editorial Staff Gaetano Fisicaro Claudio Menna Orazio Di Maurozio di Mauro
TicTac Water di Jacopo Bellapianta
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SS613 - Welcome di Karl Mancini
to wasteland
SIN - Un’eredità italiana di Ilaria Dainesi e Chiara Marrabello
Eden Sacco di Marco Bonomo
Impatto Sostenibile di Luca Raciti
Foto Copertina: Karl Mancini
Dust di Giuseppe Iannello
EDITORIALE Ambiente: Quale Futuro? Ci siamo! Finalmente online il primo numero con la nuova formula della open call a tema. Questo numero abbiamo pensato di dedicarlo all’ambiente. Perché l’ambiente? Perché è un tema che ci sta a cuore, perché è un tema talmente attuale che spesso lo sottovalutiamo, perché senza la salvaguardia dell’ambiente non potrebbe esserci futuro. Sono tanti i conflitti ambientali che interessano questo pianeta e l’Italia di certo non manca all’appello. In Europa i siti da bonificare sono circa 250.000 e migliaia di questi siti sono localizzati in Italia e 57 di essi sono definiti di “interesse nazionale per le bonifiche” (SIN) sulla base dell’entità della contaminazione ambientale, del rischio sanitario e dell’allarme sociale. Era il periodo delle scuole superiori quando da giovane in erba e militante politico, avevo deciso di salvare l’ambiente e di fare del tutto per studiare come risolvere il problema dell’inquinamento dello stesso. Poi con gli anni, gli studi universitari, l’inizio del lavoro, scoprivo come era difficile riuscire a salvare l’ambiente essendo poi poco o memo un numero sparuto di persone contro a volte dei giganti. E allora scopri che difficile combattere, scopri che quella energia e voglia che avevi piano piano ti abbandonano. Poi arriva la fotografia e con lei trovi la speranza e l’energia che avevi perso, grazie a lei puoi fare sentire la tua voce, che la sentano in molti o in pochi non t’importa, quello che ti interessa è che puoi avere un modo per fare vedere cosa succede attorno a noi, fare aprire gli occhi, sensibilizzare chi se ne sta sempre di lato a guardare aspettando spesso che le cose gli cadano addosso.
Ed è per questo che nel caso di questo numero abbiamo deciso di affidarci alla fotografia per raccontare l’ambiente. Visioni degli autori che ne hanno interpretato il tema in vario modo, visioni che spesso ci sbattono in faccia la realtà e spesso ci consigliano di fermarci ad osservarla e rifletterci su. Ed è così che l’ambiente urbano ingloba quello naturale quasi a farlo scomparire, è così che l’ambiente delle zone industriali comincia a mostrare le conseguenze di scellerate scelte economiche, dove al ricatto occupazionale non corrisponde spesso il beneficio economico ma più che altro un problema sanitario, ma è anche possibile un’interpretazione personale per mostrare il rapporto che se ne ha con lo stesso. Dalle fotografie di questo numero forse non uscirà la risposta a quale sarà il futuro dell’ambiente, e soprattutto il nostro di uomini e individui, ma sicuramente saranno in grado di metterci davanti agli occhi delle realtà, che solo grazie al contributo di ogni singolo, possono essere trasformate, cambiate e allora a quel punto possiamo iniziare a parlare del futuro di questo ambiente, del nostro pianeta, e soprattutto della nostra vita. Chiudo con un detto degli indiani Cree: “Soltanto quando l’ultimo albero sarà morto, e l’ultimo fiume sarà inquinato, e l’ultimo pesce sarà pescato, l’uomo capirà che non si può mangiare il denaro.” Gaetano Fisicaro
In Between di
Alba Deangelis
Come indagare il rapporto che intercorre fra ambiente e costruzioni? L’indagine fotografica “In between” si sviluppa in quei luoghi dove più è manifesta la contrapposizione fra elemento naturale e costruzione. Si tratta di soglie laddove si assiste a transizioni, fisiche e visuali. Indagando questa dialettica presente è possibile porsi domande su possibili scenari futuri e, di conseguenza, dare identità a future operazioni progettuali.
Alba Deangelis Fotografa professionista, specializzata in fotografia di architettura. Nata a Manduria (TA) nel 1988, nel 2007 si sposta a Milano, dove studia Architettura presso il Politecnico. Dopo la laurea, si dedica interamente alla fotografia. La sua ricerca artistica si focalizza prevalentemente sul rapporto tra individuo e paesaggio costruito. www.albadeangelis.com
El Limonal di
Nicola Maiani
Asfissiante. Asfissiante come il caldo umido che ti fa perdere lucidità e che ti penetra fino alle ossa. Asfissiante come l’odore della gomma che brucia e che arriva in fondo al naso ed alla gola. Asfissiante come il continuo ronzio delle centinaia di mosche che ti volano attorno e che ti stordisce.
Un posto dove uomini, donne e bambini vivono e raccolgono plastica, metallo, carta e ogni tipo di materiale si possa poi vendere li, sul posto. Dalla mattina alla sera rovistano tra i rifiuti, dalla mattina alla sera girano con i loro sacchi pieni di ciò che trovano, dalla mattina alla sera, giorno dopo giorno, per 2 dollari.
Asfissiante. Asfissiante come il caldo umido che ti fa perdere luciditĂ e che ti penetra fino alle ossa. Asfissiante come l’odore della gomma che brucia e che arriva in fondo al naso ed alla gola. Asfissiante come il continuo ronzio delle centinaia di mosche che ti volano attorno e che ti stordisce. Ăˆ questa la sensazione che ti lascia addosso la chureca (la discarica) de El Limonal, in Nicaragua, una sensazione asfissiante, una mancanza di aria, una mancanza di vita.
E la chureca, cosĂŹ, si trasforma: da luogo diventa una sensazione, quella sensazione di asfissia che sai che ti ucciderĂ lentamente, che non ti permetterĂ mai di vivere.
2 dollari che permettono loro di sopravvivere, di mangiare un po’ di riso e fagioli cosĂŹ da poter avere la forza di poter ricominciare a scavare, rovistare, raccogliere il giorno dopo, in un circolo vizioso che non si spezza mai, che va avanti di giorno in giorno, di mese in mese, di anno in anno; senza fine. Ăˆ come se il tempo fosse fermo, come se ogni giorno fosse sempre uguale a se stesso.
Nicola Maiani Fotografo professionista italiano Vive a Roma, ma ama viaggiare.
www.nicolamaianiphotography.com
Come in Cielo Così in Terra di
Serena Vittorini
“Trovare per strada una pietra, preziosa per il rapporto a prima vista ermetico che sembra avere con la mia esistenza, significa sentire che essa risponde precisamente, nell’ordine morfologico del suo linguaggio, a un’emozione in me fino ad allora inespressa”. Hans Bellmer in Anatomia dell’immagine
Quando un elemento del mondo esterno diventa strumento demiurgico e sublimatore di uno stato d’animo, accade qualcosa di inaspettato. L’assonanza provocata da tale incontro conduce ad una sfera estremamente intima del soggetto, che rimanda forse a qualcosa di “altro”. Il titolo della mostra di Serena Vittorini, “Come in cielo, così in terra”, allude ad un misticismo che va oltre la preghiera cristiana ed evoca la correlazione tra il mondo tangibile e quello spirituale.
Questi temi si esplicitano nell’epoca della “Società Liquida”, in cui la religione e le relazioni si decompongono e si ricompongono, creando effetti sull’esistenza umana stessa. Di conseguenza, il concetto di ”appartenenza” tende ad assumere un carattere quasi sovversivo. Relazioni instabili, individualismo che prevale sulla collettività, scambi intercontinentali e digitali che da una parte agevolano, dall’altra rendono più complessi i rapporti tra gli esseri umani. In tale ottica si può considerare il nostro essere “approvvigionati di immagini e di sequenze di suoni, che si manifesteranno a un piccolo gesto, quasi a un cenno, e poi subito ci lasceranno” postulato da Paul Valéry, come una condizione inesorabile che definisce i tempi che corrono. Le fotografie di Serena Vittorini costituiscono una reazione al materialismo del quale la società stenta a disfarsi. Il suo lavoro rappresenta una sottile, incalzante esortazione a focalizzare l’attenzione su dettagli che vengono normalmente fagocitati da ritmi vitali più consoni alle macchine che agli esseri umani, da prerogative fallaci e soprattutto da necessità di dubbio valore. Durante il suo soggiorno a Lodine, piccolo paese dell’entroterra sardo, la fotografa ha avuto modo di cogliere, sia attraverso la sua personale ricerca che in modo fortuito, i momenti che regolano l’ancestrale coesistenza dell’uomo e la natura. Quei momenti fondanti della vita dell’essere umano, che spesso sono ignorati ma che costituiscono l’unica possibilità per l’uomo di riconciliarsi con l’ambiente che lo accoglie e, di conseguenza, con se stesso. Fanny Borel
Serena Vittorini Serena Vittorini è nata a l’Aquila dove tuttora vive. Si appassiona alla fotogr è dopo il conseguimento della laurea in Psicologia che decide di dedicars della tecnica fotografica, presso l’ISFCI (Istituto superiore di fotografia e co Oltre agli studi inizia a lavorare come fotografa freelance concentrandosi per relative alla ritrattistica e allo still life. Di pari passo alla sua carriera lavorat artistica che, dopo la nascita della passione nei confronti di alcune tecniche permette di realizzare dei progetti personali. Attenta osservatrice della vita grafia come ricerca, strumento per raccontare in maniera personale i propr incrocia il suo percorso. Al centro della sua opera emerge sempre l’interesse volte viene isolato ed estrapolato dal suo contesto sociale per indirizzare l’att teristiche tipiche, altre invece sommerso dal grottesco ambiente circostante ww.serenavittorini.com
rafia già da bambina ma si totalmente allo studio omunicazione integrata). r lo più sulle commissioni tiva evolve anche quella e quali il light painting, le quotidiana, vive la fotori pensieri e i volti di chi e per l’individuo che alle tenzione sulle sue carate.
Dreaming Bagnoli di
Claudio Menna
Per oltre mezzo secolo Bagnoli ha rappresentato nell’economia Italiana uno dei siti industriali più grandi e produttivi d’Europa. La sola Italsider nel momento di massima produzione contava quasi 7.000 operai per un totale di circa 1 milione di T. d’acciaio prodotte, ma c’erano anche la Cementir, di proprietà del Gruppo Caltagirone che realizzava componenti latero-cementizi, la Montecatini, divenuta poi Montedison , che produceva fertilizzanti e solfato di rame, e l’Eternit.
Per oltre mezzo secolo Bagnoli ha rappresentato nell’economia Italiana uno dei siti industriali più grandi e produttivi d’Europa. La sola Italsider nel momento di massima produzione contava quasi 7.000 operai per un totale di circa 1 milione di T. d’acciaio prodotte, ma c’erano anche la Cementir, di proprietà del Gruppo Caltagirone che realizzava componenti latero-cementizi, la Montecatini divenuta poi Montedison che produceva fertilizzanti e solfato di rame, e l’Eternit. La crisi dell’Industria siderurgica e le nuove disposizioni delle organizzazioni internazionali modificarono lequote di produzione dell’acciaio suddividendole in maniera diversa a come si era fatto fino ad allora, tra Europa ed Usa. Diminuiscono le quote Europee e di conseguenza quelle italiane, ed il primo stabilimento ad essere colpito dai “tagli” fu proprio l’Italsider di Bagnoli. Taranto fu risparmiata perché di recente realizzazione, e così nel 1992 la fabbrica chiude definitivamente. Il sogno di una Bagnoli capitale industriale del Sud Italia e polo produttivo dell’acciaio in Europa era svanito così come erano svanite le illusioni e le aspettative delle migliaia di operai, impiegati e famiglie che grazie a quelle fabbriche ci vivevano. Tutto svanì in un ultimo sbuffo di fumo dall’altoforno dell’acciaieria Bagnolese. Alcune componenti della fabbrica furono smantellate e distrutte, altre rivendute ai mercati esteri, che iniziavano a produrre a ritmi di crescita esponenziali : Cina, India, Malesia. Tutto mutò nel giro di pochi anni; i cittadini di Bagnoli non avevano più scandite le proprie giornate dalle sirene delle fabbriche, e le facciate degli edifici in via Coroglio iniziavano a scolorirsi di quel rosso pompeiano generato dalle polveri di ruggine della lavorazione dell’acciaio che si posava ovunque, anche sulla biancheria e le lenzuola messe all’aria ad asciugare. Ciò che in realtà restò immutato fu l’alto tasso di mortalità per tumori alle vie respiratorie causati dall’amianto. Per anni si era omesso che questo componente, utilizzato per lo più nella produzione dell’acciaio –nella coibentazione ed il controllo delle operazioni a caldo – fosse cancerogeno se inalato anche in parti infinitesime. Asbestosi, carcinomi polmonari e mesoteliomi rappresentano le terribili conseguenze dell’esposizione da amianto; malattie dell’apparato respiratorio e delle membrane sierose che si sviluppano dopo molti anni dall’esposizione, dai 10-15 ma anche 20-40. Nel corso degli anni dal ’92 in poi dopo la dismissione, si sono registrati tanti tentativi politici di bonificare il sito contaminato, dalla Società Bagnoli s.p.a. fino ad arrivare al recente fallimento datato 2013 della Bagnoli Futura s.p.a. i cui 3 ettari furono sequestrati per inquinamento ambientale dell’area e mancata bonifica, così come i 7 ettari dell’intera area industriale, sotto sequestro della magistratura per gli stessi motivi. La politica e l’imprenditoria non hanno mai raggiunto un punto d’incontro per la realizzazione di una bonifica completa.
Ad oggi, secondo il dott. Massimo Menegozzo, ex commissario di governo ai tempi di Prodi e Bassolino, “la bonifica è completa al 70% rispetto a quanto l’opinione pubblica possa pensare”. Nel frattempo gli ex operai ed i cittadini di Bagnoli hanno accettato, non senza combattere, le conseguenze di un mancato controllo delle operazioni mai terminate di bonifica. Molti di loro si definiscono “morti viventi” condannati ad una vita a termine costellata da visite periodiche, radiografie,tac, spirometrie, analisi del sangue. Dietro ogni sintomo fisico sentono avanzare la morte come lo spruzzo improvviso di una pistola a pressione; hanno lasciato la fabbrica consapevoli che di quel glorioso passato di produzione industriale e benessere economico non resterà altro che un’ inutile carcassa arenata nella terra destinata alla ruggine ed alla putrefazione. Ciò che resta di quella Bagnoli riposa nelle tombe degli operai morti, nella memoria dei loro familiari e nei racconti di un tempo passato, tramandati alle nuove generazioni. Il sogno di una Bagnoli capitale industriale è ormai svanito ma ciò che resta non è solo ruggine e cenere, esiste ancora un sogno di rinascita e speranza nonostante tra i cittadini permane quell’aura di rassegnazione, come se ciò che verrà non sia più affar loro. “L’unico modo per poter sviluppare è essere colonizzati, si spera non dai morti...”
Claudio Menna
Napoli 1985 Consegue nel 2011 la Laurea in Architettura presso l’Università degli Studi d alla street photography e al reportage documentaristico . Nel 2012 inizia “ La Ciudad de D10S ” un racconto fotografico che presen Attraverso gesti, simboli di devozione e segni inconfondibili di tradizione, ri intercettando quei tempi lenti e quei movimenti tipici di alcuni luoghi. Alcun internazionali ed in diverse esposizioni nel capoluogo campano ed in altre c Partecipa a diversi progetti di fotografia sociale, come il Projet 192 | uno s 2004. Il progetto “La Ciudad de D10S” è stato presentato in diversi convegni sulle alcuni scatti della “Ciudad” si classifica primo al concorso artistico “Art Save 2014. Nell’agosto 2014 ha esposto con una personale a Polignano il reportage su Nel 2014 tra i 100 finalisti nel concorso del Photolux festival sponsorizzato d Organizza workshop sulla Street Photography, Reportage e Storytelling nel ww.claudiomenna.wixsite.com/photo
di Napoli Federico II, si avvicina alla fotografia nel 2007, dedicandosi
nta la realtà, il disagio, la bellezza dei quartieri popolari di Napoli. icerca la vita e la bellezza contraddittoria delle altre realtà del sud, ne immagini sono state presentate in diversi concorsi nazionali ed città, ottenendo valevoli riconoscimenti. scatto per le vittime dell’attentato alla stazione di Madrid del marzo
e storie e le realtà del capoluogo partenopeo. Nell’ottobre 2013, con e the City” di Parma. Finalista all’ ARIANO FILM FESTIVAL 2013 e
ul mare per la Ciudad de D10S ,intitolato: Sea Stories | Deep Blue. da Leica. lla sua città..
Dead Land di
Gaetano Fisicaro
Tra gli anni ’50 e ’70 il territorio a Nord della provincia di Siracusa viene totalmente modificato da quella che si prospetta una crescita economica e una possibilità occupazionale, che le campagne non garantivano più. E’ così che alla provincia di Siracusa spetta il primato della più grande zona industriale d’Europa, che si estende dalle porte di Siracusa fino ad Augusta, passando per Melilli e Priolo Gargallo, circa 30 km in lunghezza di costa occupati dall’industria pesante. Il sito include stabilimenti chimici, petrolchimici, raffinerie, un inceneritore per rifiuti speciali, discariche industriali e un’area portuale. “A Carmelo Miano, che ci ha lasciato una notte di Novembre dopo una lunga battaglia”
Gli anni sono passati e oggi piuttosto che di occupazione e benessere si fanno i conti con le conseguenze della presenza di questo immenso polo industriale e la crisi occupazionale che deriva dalla fermata di diversi impianti porta in alto le percentuali della disoccupazione, soprattutto giovanile. Molti studi e perizie documentano la rovina ambientale e insieme la crisi sanitaria. Nel 2000 l’area tra Siracusa e Augusta è stata dichiarata Sito di interesse nazionale per la bonifica (SIN), uno dei 48 siti industriali super-inquinati che si trovano sul territorio italiano. Sono 5.800 ettari gli ettari di terreno inquinato tra i comuni di Priolo, Melilli, Augusta e Siracusa e più di diecimila ettari in mare e coinvolge più di 180mila abitanti della provincia di Siracusa. I dati ottenuti da uno studio sulla mortalità nel periodo 1995-2002 e i ricoveri ospedalieri nel periodo 2001-2007 tracciano un profilo dello stato di salute della popolazione interessata e destano una certa preoccupazione in quanto si evince che la mortalità per tumori presenta un numero di decessi significativamente superiore rispetto alla popolazione del resto della Sicilia. Lo studio dimostra, dati alla mano, che la mortalità presenta innalzamento delle percentuali, tra gli uomini, per tumore maligno della trachea, bronchi e polmoni +24%, della pleura +428%, per le malattie psichiatriche +58% per le malattie cerebrovascolari +14%, e per le malattie respiratorie acute +132%. Mentre per le donne vanno segnalati il mieloma multiplo +120%, per le malattie del sistema nervoso +52%, per le malattie respiratorie acute +86%, per le malattie dell’apparato digerente +21% per la cirrosi epatica +32% e per gli avvelenamenti +24%.
Inoltre a questo si aggiunge la percentuale di nati malformati nell’ospedale civile ‘’Muscatello’’ di Augusta in modo preoccupante superiore alla media nazionale e alla soglia di allarme indicata dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità). Il polo industriale ha causato un elevato inquinamento ambientale nell’area. Nel sottosuolo sono state rilevate diossine e furani fino ad una profondità di 20-30 cm. Nell’atmosfera sono state riscontrare elevate concentrazioni di sostanze cancerogene e teratogene quali acrinotrile, benzolo, cadmio, cromo, nichel, silice, vanadio, diossine e furani. La falda idrica si trova in uno stato di notevole degrado perché soggetta alle infiltrazioni delle numerose discariche abusive e non, disseminate nel territorio e un forte inquinamento da idrocarburi, causato da serbatoi di carburante privi del doppio fondo con effetti macroscopici quale la presenza di carburanti di varia natura nei pozzi comunali di Priolo (acqua per uso domestico) e Melilli (acqua per irrigazione). Anche i fondali marini, antistanti gli scarichi industriali, sono risultati contaminati. Uno studio della Dott.ssa Maria Nicotra, ha confermato come i fondali antistanti gli scarichi industriali siano stati altamente contaminati da metalli pesanti quali mercurio, con concentrazione 22 volte superiore il limite consentito, diossine, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili ed eternit.
Gaetano Fisicaro
Fotografo documentarista. Nato a Siracusa nel Novembre del 1984. Nel 2007 si laurea in Tossicologia Agli inizi del 2011 inizia un percorso di studio della fotografia, prima da auto corsi e workshop. Fin da subito il suo interesse si pone sugli aspetti antropologici che caratte Tradition et Fide” sulle feste religiose e il progetto “Il Sacro Fuoco della Fed Sviluppa anche una predisposizione per il reportage e la fotografia sociale c Nel 2013 inizia una collaborazione all’interno del collettivo fotografico PHO Miceli, dando vita a diversi progetti e mostre, tra cui la partecipazione ai R 2013 di Bibbiena (Ar) e la partecipazione allo Speakers’ Corner del 3° Ragu Nel 2014/2015 segue la WSP Masterclass annuale di fotografia di reportag Nel 2015 insieme all’amico fotografo napoletano Claudio Menna fonda il co di reportage. Prima iniziativa del collettivo è la creazione di MAG’ZINE, magazine online Attualmente vive e lavora a Napoli.. www.gaetanofisicaro.it
a dell’Ambiente. odidatta e in seguito, per approfondire la disciplina, frequenta alcuni
erizzano il quotidiano e le tradizioni, da qui nascono la raccolta “In de” sui riti Pasquali nel Sud-Italia. con particolare attenzione alla condizione dell’uomo e dell’ambiente. OTO GRAPHIA, coordinato dal fotografo siciliano Santo Eduardo Di Recounters di Saint Geniez d’Olt (FR), al Festival FotoConfronti Off usa Foto Festival. ge con Fausto Podavini, Giovanni Cocco e Paolo Marchetti. ollettivo fotografico MAGMA!, dedito alla fotografia documentaria e
e di fotografia.
I Nostri Figli Chiederanno di
ci
Orazio Di Mauro
Penso ai nostri futuri figli, un giorno ci chiederanno cosa diamine abbiamo combinato al nostro meraviglioso pianeta per ridurlo in questo stato e di come siamo rimasti lì immobili senza far nulla, distratti dal nostro egoismo. Oggi, a causa dell’incoscienza umana il pianeta rischia di diventare uno dei posti più ostili proprio per le creature che lo abitano; l’uomo ha sulla coscienza questo splendido gioiello, ma la verità e che non sa di averlo.
Non appena appresa la notizia del disastro avvenuto in ValPolcevera mi sono subito mobilitato per andare a documentare l’accaduto, visto che in questo periodo mi sto occupando di ambiente e salute. Una delle condutture dell’oleodotto Iplom ha avuto una perdita e il greggio si è riversato lungo il torrente Polcevera. Non riuscivo a credere ai miei occhi, tanto era grande lo scempio. La distruzione di un ecosistema, dovuto alla perdita di centinaia di litri di greggio mi ha paralizzato. Conosco l’argomento e sono consapevole delle cause e dei danni all’ambiente ma vederlo mentre accade è qualcosa di indescrivibile. L’unica cosa che riuscivo a pensare è che a causa del consumismo stiamo distruggendo il mondo in cui viviamo, un mondo molto più affascinante, importante, complesso e meraviglioso rispetto ai beni che produciamo. Perché non riusciamo a capirlo? Siamo arrivati al punto in cui chiunque sia capace di pensare ed agire dovrebbe fermarsi e chiedersi cosa stiamo facendo. Se questi disastri ambientali non riescono a farci capire che stiamo perdendo parte degli ecosistemi, mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci, e che il nostro stile di vita è sbagliato, è difficile immaginare cosa potrebbe riuscirci. Chi può credere che un sistema sociale ed economico con questi effetti sia sano? Chi può definirlo progresso?
Orazio
Nasce a C La sua pa traverso le collaborar aver matu sione. Cap territorio, d passa da è la sua a fico perso Diversi ric www.oraz
Di Mauro
Catania nell’1984. assione per la fotografia inizia all’età di 13 anni grazie ad una polaroid e al desiderio di documentare il reale ate immagini. Comincia, pertanto, a lavorare presso alcuni studi fotografici della propria città. Dal 2004 inizia a re con dei colleghi alla realizzazione di alcune mostre fotografiche come curatore. Nei primi mesi del 2006, dopo urato molta esperienza nel campo pubblicitario e della moda, inizia a lavorare in proprio con lavori su commispisce però che la sua vera aspirazione è quella di fare il fotoreporter. Inizia così a fare dei reportage personali sul dedicandosi al sociale, ramo che ama particolarmente. Nel 2008 inizia la sua esperienza nel campo del cinema, un set all’altro ricoprendo vari ruoli, da fotografo di scena a operatore macchina fino ad arrivare a quello che oggi aspirazione più grande, quella di direzione fotografica. Attualmente impegnato in un importante progetto fotograonale e nello studio di una sceneggiatura per un film di prossima lavorazione. conoscimenti dei suoi lavori. Ad oggi lavora come freelance nel territorio Italiano. ziodimauro.com
TicTac Water di
Jacopo Bellapianta
22.39 9 Ottobre 1963 260 milioni di metri cubi di roccia corrono, veloci come treni, verso la superficie del bacino artificiale sottostante con cui l’uomo aveva sfidato la montagna. È il Vajont. Questo evento ha determinato il futuro dell’energia idroelettrica in Italia, che dagli anni ‘70 ha visto un forte arresto nella nascita di nuove centrali. Il picco dello sviluppo dei sistemi idroelettrici si è avuto fra il primo e il secondo dopoguerra; negli anni ‘60 essi coprivano il 70% del fabbisogno energetico nazionale.
Da allora l’Enel ha modificato le proprie strategie di produzione, facendo passare in secondo piano il modello idroelettrico utilizzato fino ad allora. L’età media degli impianti idroelettrici presenti sul territorio è di circa 60 anni. I frequenti interventi di manutenzione hanno portato l’Enel ad attuare un piano di dismissione degli impianti a livello nazionale.
TICTAC WATER è nato dall’esigenza di indagare gli aspetti passivi del paesaggio cui siamo abituati, e vuole accompagnare l’utente finale ad assumere una nuova visione nei confronti di strutture cui i nostri occhi sono abituati da sempre, quali le dighe. È tempo che da questa estetica auto imposta scaturiscano dubbi etici, morali, estetici. Il paesaggio, che si plasma alle richieste energetiche del pianeta abitato dall’uomo, è un libro di storia tempestato di bisogni passati, presenti e già futuri. L’impatto sul territorio è evidenziato dalle cicatrici di un modello energetico obsoleto.
La continua diminuzione delle risorse idriche conferma una crisi ormai evidente di questo sistema, la cui presenza, imponente e silenziosa, resta lÏ a ricordarci di quando l’uomo ha provato a fermare l’acqua e lo scorrere del tempo.
Jacopo Bellapianta
Nato a Venezia nel 1994 e formatomi all’ Accademia John Kaverdash di Mila nel 2015. Ho iniziando a lavorare come grafico pubblicitario, fotografo da stu nicazione e tipografie del mio territorio. Nel corso degli anni ho deciso di spe scegliendo come strumento la fotografia, in particolare quella documentaristic Il mio approccio alla fotografia è improntato sulla documentazione, con partic bientali, riguardanti sia la realtà italiana che internazionale. Le mie ricerche fo moderno. Opero sul mercato della fotografia editoriale e commerciale. La m permesso di acquisire buone e differenti abilità, come una precisa visione de fonda attenzione per i dettagli. Ho partecipato a numerosi concorsi e festival fotografici, riscontrando un buo soddisfazione sia per i progetti individuali che per quelli sviluppati in team. www.jacopobellapianta.wixsite.com
ano, sono diventato fotografo professionista udio e fotolitista in alcune agenzie di comuecializzarmi nel settore della comunicazione, ca. colare attenzione alle questioni sociali e amotografiche hanno uno stile semplice, pulito, mia esperienza lavorativa, sino a qui, mi ha el design d’insieme dell’immagine e una pro-
on appezzamento del mio lavoro e profonda
SS 613 Welcome di
to
Wasteland
Karl Mancini / Echo Photojournalism
La regione Puglia, ovvero la parte del territorio meridionale italiano che comprende la penisola compresa tra mare adriatico e mar ionio e che graficamente costituisce il tacco dello stivale, negli ultimi anni è stata protagonista di un boom turistico senza precedenti per la sua storia. Ciò favorito dal mare paradisiaco, coste rimaste pressochÊ selvagge e prezzi competitivi. Lo sviluppo ha riguardato specialmente la porzione piÚ a sud della penisola, il Salento.
Allo stesso tempo la regione è stata attraversata da polemiche riguardanti lo sviluppo industriale indiscriminato. Il caso ILVA di Taranto ha creato una sollevazione popolare in grado di portare il caso sotto i riflettori della politica nazionale. Vi sono però situazioni che, dati alla mano, a livello ambientale sono anche più gravi e sono quasi del tutto ignorate dall’opinione pubblica nazionale e che costituiscono un grave pericolo per gli abitanti del luogo e per l’ambiente. Uno studio curato dall’ARPA, infatti, mette in risalto come la Puglia sia la regione con le maggiori emissioni industriali in Italia La strada statale 613 collega Brindisi a Lecce e attraversa numerosi piccoli paesi che si trovano in un territorio compreso tra il complesso industriale brindisino (comprendente tra gli altri il polo Petrolchimico Eni, EDIPower, l’industria chimica farmaceutica SANOFI AVENTIS, lo zuccherificio S.F.I.R, l’aeroporto, la zona portuale oltre che innumerevoli fabbriche abbandonate o sottoposte a sequestro) a ovest e la centrale termoelettrica Enel a carbone Federico II a est. La centrale Federico II si trova nella località di Cerano. Con un’estensione di 270 ettari, è la seconda più grande centrale termoelettrica d’Italia e una tra le più grandi d’Europa. Il rapporto del 2011, dell’agenzia Europea dell’ambiente (“Revealing the costs of air pollution from industrial facilities in Europe”), la classifica al diciottesimo posto in Europa per i costi ambientali e sanitari (500-700 milioni di euro) prodotti dalle sue emissione e al primo in Italia in termini di emissioni di anidride carbonica e all’ottavo posto tra i poli industriali più inquinati del continente. Il carbone si muove mediante un nastro trasportatore tra i più lunghi d’Europa ben 13 km che si innesca dal porto di brindisi ed è in grado di trasferire alla centrale 2000 tonnellate di carbone all’ora. Il percorso, talmente lungo, garantisce così una sicura dispersione delle polveri. Il prosciugamento della falda acquifera dalla zona adiacente alla centrale fino a Brindisi rappresenta una delle problematiche più gravi. La costruzione del canale di passaggio del nastro trasportatore è stata eseguita, per gran parte del percorso, a 15 metri di profondità, causando appunto il prosciugamento della falda freatica per sei sette metri.
La conseguenza che ne deriva è la necessità di utilizzare le acque salate di profondità, quindi costi elevatissimi per le aziende agricole e la salinizzazione dei terreni che diventano inutilizzabili. Oggi, intere famiglie di contadini sono sprovviste di acqua potabile e si riforniscono quotidianamente a circa 5 km di distanza, nel paese di Tuturano. Nel 2007 è stato imposto il divieto di coltivazione su un’area di quattrocento ettari adiacente alla centrale, la distruzione di intere coltivazioni completamente contaminate e la chiusura delle attività per sessanta imprenditori agricoli. Nel 2011 la zona di Micorosa, ben cinquanta ettari di “area regionale protetta”, ha subito l’interdizione totale perché vi sono stati rinvenuti nel sottosuolo tonnellate di rifiuti industriali. Numerose perizie hanno rilevato elevate percentuali di elementi cancerogeni: arsenico, cadmio, cromo, idrocarburi policiclici aromatici e benzene che superano anche per milioni di volte i limiti consentiti dalla legge. A Brindisi i neonati che presentano malformazioni alla nascita sono il 18% in più rispetto alla media europea, quelli con malformazioni cardiovascolari sono oltre il 68% in più. Gli studiosi del CNR hanno scoperto che esiste una correlazione tra le malformazioni neo natali e una sostanza inquinante normalmente prodotta dall’attività industriale: si tratta del diossido di zolfo (SO2 ), un composto che nasce dalla combustione del petrolio con il carbone. Allarmante è anche la situazione a Torchiarolo (uno dei comuni più vicini alla centrale). Qui il livello di PM10 è il più alto di tutta la Puglia e i morti per tumore hanno raggiunto un livello preoccupante. La situazione ambientale è a rischio anche a Lecce dove, paradossalmente, i livelli di mortalità sono più elevati che a Taranto e dipenderebbero da una serie di cause tra cui i venti che trasportano buona parte degli inquinanti liberati dalle ciminiere di Cerano e dall’ILVA fino a Lecce. Nel 2012 è iniziato il processo a quindici dirigenti ENEL e due responsabili delle aziende appaltatrici dei nastri trasportatori del carbone per fare finalmente chiarezza sulle responsabilità della dispersione delle polveri inquinanti.
Karl Mancini
Karl Mancini è un fotogiornalista italo-argentino che attualmente vive a Roma. Ha studiato (ICP). Dal 2001 ha lavorato come fotoreporter e scrittore freelance in più di 85 paesi, con socio-storico-politici e concentrandosi in particolare su temi quali le conseguenze delle gue la tragica storia delle mine antiuomo (cui ha dedicato anni di lavoro), le malattie mentali e termine sul femminicidio e la violenza contro le donne NI UNA MENOS è stato selezionato 2017. I suoi lavori fotografici sono stati esposti negli USA, Inghilterra, Russia, Australia, I festival internazionali vincendo premi agli International Photo Awards (IPA), ai Moscow In e IPOTY Awards. Collabora regolarmente con numerose ONG internazionali e i suoi repo mon-diali e riviste internazionali come Newsweek, Marie Claire, Vanity Fair, Der Spiegel, della Sera, La Croix. Nel 2014 è stato selezionato tra gli European Emerging Talents dal Fiaf. Nel 2015 ha pubblicato un libro, ITALIANSKIJ, sulla comunità italiana in Crimea per le purghe staliniane. Da gennaio 2014 collabora con l’agenzia internazionale Echo Photo
www.karlmancini.com
o fotogiornalismo a New York presso l’International Center of Photography una particolare preferenza per l’Asia e il Sud America, seguendo gli eventi erre, la violenza contro le donne, le minoranze, i diritti umani, le migrazioni, e i genocidi, che ha documentato in otto paesi diversi. Il suo lavoro a lungo o tra i finalisti dei Sony World Photography Awards 2017 e del Kolga Award India, Giappone, Italia, Grecia, Svizzera e in occasione di molti importanti nternational Foto Awards (MIFA), ai Tokyo International Foto Awards (TIFA) ortage sono stati pubblicati su alcuni tra i più importanti magazine, giornali , CNN, Internazionale, El País, Woz, Il Venerdì, La Repubblica, Il Corriere lla rivista on line Lens Culture ed è stato uno dei finalisti di Portfolio Italiarseguitata e deportata nei campi di lavoro in Siberia e Kazakhstan durante ojournalism di cui, dal 2015 è divenuto membro staff.
SIN
Un’Eredita’ Italiana di Ilaria
Dainesi e Chiara Marrabello
“SIN - Un’eredità italiana” è un progetto di documentazione in corso che intende esplorare un aspetto del paesaggio italiano, quello delle aree denominate SIN - acronimo che sta per Siti di Interesse Nazionale. www.cargocollective.com/sinproject
Si tratta di aree contaminate a seguito di attività industriali, classificate dallo Stato Italiano come zone pericolose che necessitano interventi di bonifica. Abbiamo cercato di sviluppare un’indagine fotografica dei perimetri delle aree interessate, senza tralasciare i diversi contesti territoriali in cui si trovano inseriti. Questa serie di foto esplora il paesaggio contaminato dei Sin, compresi quelli di Bovisa e di Cerro al Lambro, divenuti di “interesse regionale” nel 2013, e quindi di competenza della regione anziché del ministero dell’ambiente.
Ilaria Dainesi
Italia, 1985. Si laurea in Filosofia a Milano, studia Fotografia Analogica e Digitale e Photo Editing presso il Cfp Bauer di Milano. Realizza alcune fotografie per la mostra “L’industria nella provincia di Pavia” organizzata da Confindustria nel castello di Vigevano nell’ Ottobre 2012. Scrive per un giornale locale e continua i suoi studi in filosofia. Attualmente lavora su progetti personali sul paesaggio.
Chiara Marrabello
Nasce a Milano nel 1983. Si forma inizialmente nelle scuole civiche di Milano, dove per quattro anni si dedica alla fotografia analogica, curandone sviluppo e stampa. Nel 2012 si diploma nel corso di fotografia analogica e digitale presso il Cfp Bauer di Milano. Nel 2013 consegue la laurea magistrale in Design della Comunicazione presso il Politecnico di Milano con una tesi sulla traduzione fotografica (dal testo alle immagini). Attualmente lavora su progetti personali sul paesaggio urbano e sulle persone che ci vivono.
Eden Sacco
fede, speranze, drammi di una terra martoriata alle porte del mezzogiorno di
Marco Bonomo
La valle del sacco è il territorio lambito dal fiume, il Sacco per l’appunto, dove da anni si sta consumando inesorabile il dramma di migliaia di cittadini soggetti a piÚ tipi di inquinamento. Conseguenza di anni di scelte discutibili, a partire dai tempi della cassa del mezzogiorno fino ad arrivare alla politica clientelare dei giorni nostri.
I volti e le terre parlano di questi quarant’anni di cattedrali nel deserto, di sversamenti nel fiume Sacco, questo vettore di inquinamento delle terre coltivate, il dramma dei cittadini e degli allevatori vincolati dalle istituzioni a momentanei monitoraggi o addirittura a proibizioni vere e proprie. E allora troviamo le storie come quella di Nannina col suo bastone, sopraffatta dal risentimento verso quella mattina del 2005 dove trovò nei pressi di un rivolo d’acqua tutto il suo allevamento di vacche esanime, avvelenato da una componente chimica versata nell’acqua dove queste solevano bere. Ma questa terra racconta anche delle associazioni di cittadini e attivisti come Letizia, avversa a quell’ingombrante e mai sazio inceneritore di fronte casa sua, che ha perso la sorella a causa dell’incidenza tumorale che esponenzialmente aumenta in tutta la Valle, e che quando c’è da fare il muso duro ad ogni incontro con le autorità non si tira mai indietro. C’è la malasanità, l’archeologia industriale. Ma c’è anche la speranza che vive nei fumi “buoni” dei falò delle potature d’ulivo alla sera, la fede nelle icone delle strade di campagna, lo scorrere silente della vita cittadina. D’altronde gli abitanti della Valle del Sacco lo sapevano dal principio che “il Signore prese l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse”, nonostante l’inquinamento.
Marco Bonomo
Fotografo freelance operante in Italia, principalmente a Roma e Frosinone, zona in cui per altro risiedo. Diplomato nel 2016 come tecnico della produzione dell’immagine fotografica presso l’Istituto di Cinematografia e TV Roberto Rossellini a Roma. Oltre a operare nella fotografia di scena e ritrattistica segue i suoi progetti personali come Eden Sacco.
Impatto Sostenibile di
Luca Raciti
Dallo zolfo all’eolico passando per il petrolio: lo sfruttamento delle risorse naturali in Sicilia fra XIX e XXI secolo visto oggi.
Il primordiale sviluppo si ebbe con lo zolfo. Il minerale era molto richiesto alla fine del XIX secolo e poteva essere il volano per lo sviluppo di una rivoluzione industriale, in realtà fu una grossa speculazione finanziaria ai danni di tutti. Le miniere appartennero sempre alla nobiltà terriera isolana che al massimo li dava in affitto a impreditori ma che non aveva ne voglia ne l’arguzia di sviluppare tecnologie, cosi l’industria estrattiva era così antiquata che venne sbaragliata una volta che in Europa arrivò lo zolfo americano. Nelle coste l’unico porto attrezzato per lo stoccaggio, la raffinazione ed il caricamento era quello di Catania. La città etnea di fine ottocento aveva totalmente trasformato sia il proprio aspetto, pieno com’era di ciminiere per la raffinazione dello zolfo, sia la propria composizione sociale, visto che si era creato un sotto-proletariato urbano dedito al lavoro nella raffineria sul modello delle città inglesi. Alla fine della seconda guerra mondiale le miniere oramai poco produttive vennero acquisite dalla Regione Sicilia con un discusso esproprio e proseguirono cosi sino agli anni ottanta del novecento quando vennero chiuse.
Con il declino dello zolfo si affacciava però nell’isola una nuova rivoluzione, il petrolio. Anche in questo caso l’obbiettivo era ambizioso, industrializzare una regione arretrata e rurale. Tuttavia le raffinerie non diedero l’impulso sperato perchè non permisero al sistema economico di svilupparsi e portarono problemi di inquinamento e vivibilità. Con il XXI secolo la Sicilia è diventata nuovamente terra di investimenti (o speculazione?) con l’eolico. Anche in questo caso molti dubbi, poche certezze e miseri ritorni economici.
Luca Raciti
Risiede ad Acireale e nella vita lavora come informatico. Inizia a fotografare d passare ad una reflex Pentax Me Super con unica ottica 50mm f/1.7. Pratica alcuni docenti di fotografia, particolarmente con Giuseppe Toscano insegnante fotoamatori. Inizialmente condivideva alcuni semplici scatti per cui ha creato un sito person Il suo stile è abbastanza libertario e vagamente individuabile con il reportage possibile un evento, un luogo, un incontro o anche solo un semplice prodotto i www.lucaraciti.it
da piccolo già nei primi anni ’80 con una Agfa “Agfamatic 100” per poi amente autodidatta, da alcuni anni ha intensificato la frequentazione di e presso la scuola di fotografia “Fondazione Studio Marangoni” e diversi
nale con un piccolo portfolio fotografico. e, con cui cerca di documentare nella maniera più semplice e naturale industriale.
Dust di
Giuseppe Iannello
According Government data, Port Talbot is one of the most polluted areas in Wales. Air Quality Indicators measure the average number of days on which air pollution levels are above the Government’s air quality health standard. The main pollutants can be measured by tracking tiny particles, useable to the human eye, known as ‘Particulate Matter (PM)’.
Several studies and scientific research have shown a correlation between the toxic emissions and incidences of cardiovascular disease and, in certain cases, lead to cancer. Dust is a photographic project that visualizes the unseen. The trend of the pollutant is shown in graph that combines the data collected from each weekly review. The intensity of the dust, layered upon each image is proportionate to the amount of the pollution in the air.
Giuseppe Iannello
Giuseppe Iannello (1982) is an Italian photographer based between Cardiff (Wales), and Palermo (Italy). He first approached photography through film cameras and he still prefers to use film today. His early work is focused on the interference of the human being on the natural environment. He is interested in materiality, pushing the boundaries between the traditional twodimensional work into three-dimensional presentation. His photography is strict, meticulous and tidy and these qualities are visible in his recent projects. The new bodies of work are now based on small communities, immigrants and social issues. www.cargocollective.com/giuseppeiannello