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INDICE Biografia
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Poster AIGA
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CD musicali
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Typographic Billboards
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Casa da MĂşsica
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BIOGRAFIA Nato a Bregenz, Austria, nel 1962, Stefan Sagmeister era il figlio minore dei proprietari di un’azienda venditrice di abiti al dettaglio. Frequentò la scuola di ingegneria locale, una scelta dettata maggiormente dal desiderio di fare qualcosa di differente dai due fratelli maggiori, i quali erano andati alla scuola aziendale ed erano divenuti venditori di abiti come i genitori. Ma la scelta di Stefan non si rivelerà appropriata: era uno studente negligente e non interessato agli studi del corso, decise quindi, al terzo anno della scuola di ingegneria, di trasferirsi in un college in Dornbirn, una città vicina. Qui era presente una piccola pubblicazione trimestrale di sinistra chiamata Alphorn. Stefan non si lasciò scappare l’occasione di prendere parte al gruppo editoriale. Lavorando alle illustrazione e all’impaginazione della rivista, Stefan prese consapevolezza del suo talento nella grafica, imparò rapidamente la tecnologia a sua disposizione e iniziò a dar voce alla sua grande inventiva che era stata soffocata nella scuola di ingegneria. L’esperienza con Alphorn diede modo a Sagmeister di essere coinvolto nell’organizzazione di concerti rock e jazz, nonché di realizzarne i manifesti, utilizzando stampanti professionali. All’età di 19 anni, dopo essersi diplomato a Dornbirn, Sagmeister si spostò a Vienna deciso ad entrare all’Angewandte. Venne, tuttavia, rifiutato in quanto non abbastanza capace nel disegno dal vivo. Frequentò quindi per un anno una scuola di arte privata dove si impegnò ad imparare a disegnare dalla natura, cosa che gli permise di accedere all’Angewandte l’anno successivo. Qui Stefan ebbe come docente Paul Schwarz, un seguace di A.M. Cassandre, il graphic designer ucraino i cui manifesti Art Deco influenzarono lo sviluppo della grafica del secolo. Nel 1982, il fidanzato della sorella lo mise in contatto con lo Schauspielhaus, popolare teatro moderno di Vienna, e il direttore Hans Gratzer decise di utilizzare alcuni manifesti di Sagmeister e altri compagni di scuola per i suoi spettacoli, dando vita al collettivo di artisti denominato Gruppe Gut. Essi realizzarono sostanzialmente riletture in chiave punk di locandine classiche e in particolare, nel 1984, una serie di manifesti per salvare dalla demolizione lo storico Ronacher Theater. Nel 1987 Stefan ricevette una borsa di studio dal programma Fulbright per studiare al Pratt Institute di New York. Fu in questo periodo che emerse l’umorismo che caratterizzerà molti dei suoi lavori successivi. Emblematico il caso in cui una sua fidanzata dell’epoca gli chiese di farle dei biglietti da visita, ma a patto che non venissero a costare più di un dollaro l’uno: Sagmeister prese alla lettera l’indicazione e stampò nome e indirizzo della ragazza su banconote da un dollaro. Nel 1990 fu costretto a ritornare a Vienna per far fronte agli obblighi del servizio di leva, che assolvette sotto forma di servizio civile presso un centro per rifugiati. Sono di questo periodo i poster per il Nickelsdorf Jazz Festival. Fu nel 1991 che Sagmeister, allora 29enne, venne assunto dall’agenzia pubblicitaria Leo Burnett con sede a Hong Kong. Durante questo periodo Stefan si occupò, tra gli innumerevoli lavori, di un manifesto per la cerimonia dei 4A’s Advertising Awards (1992): realizzò un’illustrazione rifacente alla tradizione cantonese dove i quattro uomini raffigurati nella prima immagine accennano ad un coro, secondo tradizione, mentre nella seconda hanno i pantaloni abbassati e mostrano il sedere (“Call for Entries”), rimando all’assonanza tra “A’s” e “ass” che significa, appunto, sedere. Rientrato a New York nel 1993 e ottenuta la sua green card, inizia a lavorare per la M&Co. Dopo che questa si sciolse inaspettatamente, quando Kalman si trasferì a Roma per curare la rivista COLORS di Benetton, Sagmeister decise quindi di aprire uno studio per conto proprio (La Sagmeister Inc.). Il suo primo lavoro consistette nel curare la propria immagine aziendale.
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Nacque così il marchio della Sagmeister Inc., una “S” cerchiata, nonché il biglietto da visita contenuto in una custodia di acrilico: esternamente è possibile vedere solo il marchio; quando si estrae il biglietto è possibile leggere le generalità. L’idea dei livelli correlati tra loro sarà poi ripresa da Sagmeister in molti dei suoi lavori successivi. Negli anni che seguono si occupò dell’immagine di vari clienti, dalla catena di negozi di jeans del fratello in Austria (dal nome Blue, per cui rifacendosi al dadaismo, userà come palette di colori l’arancione e il nero) fino al Museo Guggenheim e alla Time Warner. Iniziò, quindi, a specializzarsi nella creazione di cover per CD. “Provavo maggiore piacere nell’incontrare i miei eroi musicali piuttosto che sedermi in incontri con un direttore marketing, cosa che feci molto prima di aprire il mio studio specializzato”, racconta Sagmeister. Nel 1996 Sagmeister iniziò a realizzare i manifesti per l’AIGA (American Institute of Graphic Arts). Nel 2003 Sagmeister si imbatté in una differente visione del futuro durante un viaggio a Seoul, Sud Corea: l’mp3 nei dispositivi portatili. Dopo esser rientrato a New York, egli sostituì il corso di record-packaging in cui insegnava per “Designer as Author M.F.A.” alla School of Visual Arts con un altro corso, sostenendo che in 2 anni o meno il CD non sarebbe più stato attuale – e così anche il suo design. Fu il momento per Sagmeister di reinventare la sua professione. Occuparsi di altri tipi di corporate e lavoro nei media sarebbe stato automatico e fruttuoso, ma invece, la sua mossa successiva fu un’azione senza precedenti di temerarietà personale: annunciò un anno sabbatico da tutto il lavoro commerciale, e si rifugiò a Bali. Nacque così il lavoro di Sagmeister basato sul testo, che si adatta bene al lavoro di artisti come Lawrence Weiner e Jenny Holzer, che usano aforismi e frammenti di testo per esprimere, o attraverso sfumature poetiche o imperativi di comando, le idee con lo scopo di incoraggiare la riflessione individuale e l’azione collettiva. Indubbiamente uno degli aspetti del suo lavoro è riservato alla solidarietà e all'impegno civile. Sagmeister appartiene all'associazione no-profit "Business Leaders for Sensible Priorities", che ha lo scopo di ridurre le spese militari del Pentagono per investire maggiormente nell'educazione. Nel 2012 Sagmeister ha attuato un altro considerevole cambiamento nella sua vita professionale: ha sostituito la “S” con una “&” nel marchio del suo studio. L’aggiunta dell’allora 25enne Jessica Walsh come collega d’affari venne annunciata con un’altra solita provocazione di Sagmeister. Quasi 20 anni prima, Sagmeister aveva posato completamente nudo in una cartolina promuovendo la sua nuova azienda, Sagmeister Inc. L’annuncio del nuovo cambiamento si rifaceva a quell’immagine, mostrando un ritratto nudo del duo con la didascalia: “Diciannove anni dopo la fondazione di Sagmeister Inc… Stiamo rinominando la società in Sagmeister & Walsh”. Dopo la sua esibizione nel 2008 alla Deitch Projects, prestigiosa galleria di arte contemporanea di New York, Sagmeister ha focalizzato il suo lavoro sul maggiore impatto del design – cambiare le percezioni e possibilmente il comportamento. I suoi clienti gli hanno dato la possibilità di allargare il suo linguaggio visuale, ma le mostre e i video gli permettono la libertà di lavorare per se stesso. “The Happy Show”, mostra del 2012 di Sagmeister all’Institute of Contemporary Art di Philadelphia, fu il risultato derivante da questa separazione dalla pubblicità. Non realizzò idee di qualcun altro; piuttosto, diede agli spettatori la brezza di “camminare nella mente del designer mentre cerca di incrementare la sua felicità attraverso la meditazione, terapia cognitiva e farmaci psicoattivi” attraverso delle ricerche tipografiche interattive di natura digitale e analogica sulle sue “regole per sopravvivere”. Questo sembra il percorso che sta intraprendendo, almeno per adesso.
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POSTER AIGA Nel 1996 Sagmeister iniziò a realizzare i manifesti per l'AIGA (American Institute of Graphic Arts). Nel primo manifesto, relativo ad una serie di dibattiti, fotografò due lingue di bovino in erezione l'una al cospetto dell'altra ("Fresh Dialogue"). Anche in questo caso l'ambiguità dell'opera fu motivo di polemiche, ma essa era tesa a rappresentare il dibattito tra organico (le lingue, il rimando al paroliberismo di Marinetti con caratteri scritti a mano) e digitale, a cui tendeva tutta la grafica del periodo. Nel secondo, del 1997 e relativo alla conferenza biennale che si teneva a New Orleans, sono raffigurati dei polli decapitati che corrono nella prateria all'imbrunire ("But, Hurry!"). Il lavoro più celebre, divenuto successivamente icona della grafica del decennio, lo realizzò nel 1999: il manifesto, relativo ad un ciclo di conferenze al campus universitario di Cranbrook nei pressi di Detroit, lo autoritrae nudo. Le scritte vennero
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incise sulla pelle con un coltello. Anche quest'opera è riconducibile ad una certa estetica punk che ricorda l'autolesionismo di Sid Vicious. Tuttavia, almeno in questo caso, il pathos viene stemperato dal fatto che Sagmeister stringe nella mano una scatola di cerotti. Il manifesto doveva in qualche modo simboleggiare la sofferenza che si deve patire prima di poter partorire un progetto. Su questo manifesto è inoltre possibile leggere l'aforisma "stile=scoreggia", rappresentativo della maniera di concepire la grafica da parte di Sagmeister: da un lato perché egli è orientato a privilegiare i contenuti a scapito della forma; dall'altro perché se un concetto può venir espresso in varie forme alternative, allora Sagmeister sceglie quella meno eufemistica. Tale presa di posizione radicale va contestualizzata nella fine degli anni novanta dove il dibattito al riguardo (Big Idea vs. Style) era particolarmente sentito.
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CD MUSICALI Lavorare per i suoi divi della musica – Mick Jagger, Lou Reed, David Byrne e Jay-Z tra questi – permise a Sagmeister di creare materiali grafici unici basati sulla personalità dell’artista. Fece uso di giochi di packaging e stampa che facevano ricorso a tagli laser, fustellature, costruzione di modellini ed altro ancora, ma gli acuti, eleganti e eclettici concept furono il motore che portò al risultato, tanto da ottenere due Grammy Awards per le sue opere. Tra questi, nel 1994 progettò la grafica per l'album "Mountains of Madness" di H. P. Zinker sfruttando alcuni principi fisici del colore: attraverso la plastica rossa del CD è possibile intravedere il volto tranquillo di un signore, ma una volta estratto il libretto si scopre che la copertina interna non è quella che sembra e lo stesso signore è ritratto mentre grida infuriato. Quest'opera portò a Sagmeister la prima nomination ai Grammy Award, nonché una forte visibilità. Riprenderà la tecnica utilizzata nella sua monografia Made You Look. Nel 1995 diede invece inizio alla collaborazione con David Byrne, disegnando la copertina per una raccolta di canzoni. Tale collaborazione venne rin-
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novata due anni più tardi quando Sagmeister realizzò la copertina di Feelings (qui l'ex leader dei Talking Heads è riprodotto come se fosse Big Jim). Nel 1996 fu la volta di Lou Reed con la copertina dell'album "Set the Twilight Reeling": in questo caso dalla plastica blu semitrasparente del CD si intravede il primo piano dell'ex Velvet Underground, ma una volta estratto il libretto si scopre che il volto emana raggi da un occhio e la copertina è gialla e verde, un rimando appunto alla “twilight” del titolo dell’album. Nel rispettivo manifesto pubblicitario, che annunciava l'uscita dell'album, titoli e parte dei testi delle canzoni furono scritti sul viso. Del 2008 è invece il packaging dell'album “Everything that Happens Will Happen Today” di Eno e Byrne. Un’idilliaca casa di periferia offre un vasto scenario di situazioni: dall’innocuo, al curioso, all’inquietante. All’esterno troviamo la miniatura in 3D di una casetta con effetti sonori e luminosi, mentre all’interno: un libretto contentente i testi, il CD musicale, il DVD con contenuti speciali e una pillola farmaceutica di contenuto incerto.
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TYPOGRAPHIC BILLBOARDS Things I have learned in my life so far è una raccolta di 15 fascicoletti inseriti in una custodia fustellata. Modificando l’ordine dei fascicoli, cambia anche la copertina. Nei volumetti sono raccolti alcuni lavori di Sagmeister e il suo studio basati su aforismi e tradotti in forma tipografica usando i più diversi oggetti, dai ramoscelli ai cartelli stradali. Questo lavoro di Sagmeister basato sul testo si adatta bene al lavoro di artisti come Lawrence Weiner e Jenny Holzer, che usano anche aforismi e frammenti di testo per esprimere, o attraverso sfumature poetiche o imperativi di comando, le idee con lo scopo di incoraggiare la riflessione individuale e l’azione collettiva. Con i Typographic Billboards Sagmeister trasporta quindi il suo diario personale sui muri delle città. “Trying to look good limits my life” è una delle frasi che annota sulle pagine del diario ed è anche un progetto visivo intitolato Art Grandeur Nature 2004. Cinque grandi pannelli inseriti in un’area verde; su ogni manifesto un frammento della proposizione, una specie di cartolina di saluti senti-
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mentali lasciata nel parco. «Mio nonno è cresciuto in una casa zeppa di saggi consigli di vita incorniciati e appesi alle pareti», racconta il designer austriaco ricordando la propria infanzia, «uno di questi pannelli, che ancora è rimasto sui muri del corridoio della nostra casa in Austria, dice pressappoco: ‘Questa casa è mia, e nello stesso tempo non è mia, ma non apparterrà nemmeno al secondo proprietario, e nemmeno al terzo, quindi ditemi, amici, di chi è questa casa?’. Ho seguito questa tradizione, utilizzando le parole che esprimono quel poco che ho imparato nella vita, e ingigantendole nello spazio»2. Progetti simili, successivamente raccolti in “Things I have learned in my life so far”, sono apparsi a Parigi e nell’estremo Oriente. Con la fiducia totale dei committenti ha ‘sparato’ nei parchi, sulle facciate dei palazzi, ai piedi di monumenti, gli altri concetti: “Everything I do always comes back to me”, “Helping other people helps me”, “Low expectations are a good strategy”.
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CASA DA MÚSICA
Casa da Música è stata costruita nel 2005 dall’Oma (Office for Metropolitan Architecture) di Rem Koolhass per onorare la nomina di Porto quale “Capitale Europea della Cultura 2001” ed è ad oggi la principale concert hall del Portogallo. Sagmeister venne invitato a creare l’identità visiva della nuova istituzione, sebbene, come egli stesso dichiara, non avesse alcuna intenzione di utilizzare la forma architettonica nella configurazione del logo, dopo aver assistito ad una conferenza di Rem Koolahss comprese che era inevitabile. Casa da Música infatti spicca per la sua presenza scultorea, enfatizzata dagli angoli e dalla multi sfaccettatura della superficie esterna. Sagmeister stesso spiega l’identità dinamica: «Compresi che l’edificio stesso era un logo. Lo coprimmo con una maschera, lo esaminammo a fondo, lo guardammo da tutti i lati. Ovest, nord, sud, est, dall’alto e dal basso. Lo colorammo in maniera molto semplice chiedendo ad un amico di creare un software, il “Casa da Música Logo Generator”. È connesso a uno scanner, ci si mette dentro un’immagine, ad esempio l’immagine di Beethoven e in un secondo il software genera il logo di Beethoven della Casa da Música.
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Quando bisogna disegnare un poster di Beethoven, risulta molto pratico perché l’informazione visiva del logo e il poster vero e proprio in pratica coincidono. Quindi coincideranno sempre a livello concettuale, naturalmente. […] anche internamente funziona allo stesso modo per il presidente o il direttore musicale e i loro ritratti Casa da Música finiscono sui loro biglietti da visita. […] Si può prendere la forma e renderla tipografica, si più farla crescere sottopelle, si può creare un poster per un evento per famiglie davanti alla struttura o un rave al di sotto o un programma settimanale o servizi educativi»1. Il cuore del progetto è dunque il “Casa da Música Logo Generator”, software che permette di ricavare da qualsiasi immagine una palette di 17 colori da applicare ad ogni diversa faccia delle proiezioni che formano i sei loghi. Oltre a permettere combinazioni cromatiche quasi illimitate, il software riesce così a ottenere, in maniera semiautomatica, una perfetta armonia cromatica fra il logo e le immagini con cui esso interagisce.
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