10 minute read

E sE un giorno dal rubinEtto di casa …

Da quasi un anno sul Garda si passeggia comodamente sul magnifico fondale che incornicia le Grotte di Catullo di Sirmione: la cosiddetta Jamaica Beach ha quadruplicato la sua estensione.

Poco più a nord l’Isola di San Biagio di Manerba, più nota come Isola dei Conigli, non è più tale, la si raggiunge con una breve scarpinata da Punta Belvedere. E ovunque sui grandi laghi del nord, non solo sul Garda, pontili non raggiungibili, porti non praticabili, e innumerevoli altre problematiche ne stravolgono la vita sociale e turistica. Si tratta di un’immagine tra le migliaia che, dalle pianure alle cime dei monti, stanno a testimoniare l’allucinante situazione ambientale causata nel nostro Paese dalla mancanza di piogge, che pare avviarsi ad una drammatica cronicizzazione. I paesaggi aridi e gialli, i letti dei fiumi prosciugati, le autorità costrette a razionare l’acqua. Solo pochi mesi fa arrivava nei cinema italiani il film “Siccità” di Paolo Virzì, una storia che racconta in uno scenario apocalittico la vita in una Roma dove non piove da tre anni, e in cui le abitudini dei cittadini sono stravolte dal cambiamento. Una realtà delineata con l’immaginazione, eppure così terribilmente familiare e vicina alla nostra. Secondo il Consiglio nazionale delle ricerche, infatti, una percentuale fra il 6% e il 15% della popolazione italiana vive ormai in territori esposti a una siccità severa o estrema.

“Dati alla mano, è lecito ritenere che, per almeno tre milioni e mezzo di italiani, l’acqua dal rubinetto non può più essere data per scontata”, ha dichiarato il presidente dell’Associazione nazionale dei Consorzi di bonifica e irrigazione (Anbi), Francesco Vincenzi

La scarsità di pioggia (-61% nel bacino del Po e dell’Appennino) e neve (-53% sull’arco alpino) degli ultimi mesi rispetto alla media degli ultimi dieci anni preannuncia così quella che nel 2023 rischia di essere l’estate più siccitosa di sempre, dopo il pericoloso assaggio di un’Italia inaridita già avuto nel 2022. Dunque, insieme alla turbolenta crisi energetica che ha colpito il nostro Paese, ci troviamo a dover fronteggiare anche una crisi idrica, entrambe riflesso di un modello di sviluppo che si manifesta in tutta la sua insostenibilità e che necessita di un cambiamento profondo, come da anni sottolinea l’ASviS (Associazione governativa per il raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo Sostenibili).

ALLARME SICCITÀ CRONICA: NON SOLO UN’EMERGENZA PER IL PAESE, MA UN PROBLEMA VITALE DA AFFRONTARE IN MODO SISTEMICO.

In Primo Piano

MOLTI IGNORANO CHE LA NEVE CHE SI ACCUMULA IN INVERNO SUI MONTI DISCIOGLIENDOSI ALIMENTA LE FALDE SOTTERRANEE ED È L’ACQUA CHE USEREMO IN ESTATE

Ma che cosa ha portato a questa situazione? Quali sono realmente gli impatti sulla società e sulle nostre vite? Che cosa si sta facendo e possiamo fare?

Siccità vuol dire innanzitutto avere meno acqua a disposizione per gli usi civili: dall’interruzione dell’erogazione idrica nelle nostre case in determinati orari, a limitazioni sull’annaffiatura dei giardini, sul lavaggio delle automobili, sull’utilizzo di fontane, solo per citare qualche esempio. Vuol dire una minore disponibilità nelle industrie (inclusa la produzione idroelettrica) e soprattutto nei campi agricoli, con ripercussioni economiche per il Paese e riflessi sulla nostra alimentazione. La situazione è peggiore di quella dell’anno scorso, quando si era registrata una perdita di almeno sei miliardi di euro nei raccolti per siccità, e secondo Coldiretti “con il Po secco rischia un terzo del made in Italy a tavola”. Le aziende agricole si trovano a dover ridurre la produzione di alimenti che richiedono molta acqua, come ad esempio il riso, su cui siamo i primi produttori a livello europeo, e a optare per cibi meno idrovori (come la soia), cambiare concimi, usare semi meno produttivi, con conseguenze dirette sulle nostre tavole a causa della minore qualità del cibo, della differente alimentazione e dei costi più elevati. Tuttavia, riconvertire i campi per non fallire non è sempre semplice, si pensi ad esempio ai costosi macchinari specifici per la risicoltura. Per riconvertire i campi, si sta cercando anche di introdurre colture più resistenti: dall’individuazione di varietà naturali di grano che rispondono meglio alla siccità all’introduzione di nuove varietà dal Dna modificato per resistere allo stress idrico. Ma in Valpadana gli agricoltori si interrogano già se mantenere le coltivazioni o puntare sull’installazione nei campi di pannelli solari, dando vita al cosiddetto agrifotovoltaico: una nuova pratica, sintomo della fortissima accelerazione delle rinnovabili, che potrebbe supportare le attività agricole, così come ostacolarle (riducendo le colture o scegliendo solo quelle più adatte). Siccità vuol dire anche ripercussioni sulla nostra salute, non solo legate alle modifiche alimentari, ma anche all’aria che respiriamo: il climatologo Luca Mercalli ha definito “una camera a gas e polveri sottili” la condizione della Pianura Padana, causata dall’assenza prolungata di vento e precipitazioni; una situazione allarmante, se pensiamo che in Italia l’inquinamento atmosferico è responsabile ogni anno della morte prematura di circa 60mila persone. Siccità però significa pure modifica del paesaggio, con una perdita non solo in termini di bellezza che questo patrimonio naturale costituisce, ma anche di biodiversità, a causa dell’alterazione degli equilibri ecosistemici. Scompaiono canneti, pesci e rane, ma anche sulla terra ferma la riproduzione e i cicli biologici della vita animale è fortemente alterata, insieme a un paesaggio che non sarà più lo stesso. Da non sottovalutare, poi, il fondamentale ruolo della neve. Oltre alla grave minaccia per gli sport invernali, con conseguenze sui lavoratori e sulle strutture turistiche (mesi fa l’Onu che segnalava come a Cortina d’Ampezzo tra soli quattordici anni (!) potrebbe diventare impossibile sciare per mancanza di neve), si sottovaluta ciecamente il vitale apporto della neve all’approvvigionamento idrico: la neve che si accumula in inverno sui monti è, infatti, acqua che alimenterà le falde sotterranee e che useremo in estate.

La siccità comporta, dunque, gravi impatti ambientali ed economici, ma non dimentichiamoci che tutto questo sconvolgimento rappresenta anche un forte rischio sociale. Sempre il film “Sicci-

SICCITÀ VUOL DIRE ANCHE RIPERCUSSIONI SULLA NOSTRA SALUTE, NON SOLO LEGATE ALLE MODIFICHE ALIMENTARI, MA ANCHE ALL’ARIA INSALUBRE CHE RESPIRIAMO tà” sopra citato lo racconta molto bene, attraverso le immagini di rivolte, di lavori persi, ma anche di egoismi e paura: l’aridità dei paesaggi diventava metafora anche dell’aridità umana.

“In questo mondo che si sgretola nella crisi idrica o nella prospettiva di una nuova pandemia, noi raccontiamo un mondo dove i lavori sono collassati”, dice Virzì, “tutti i personaggi del film perdono o cambiano lavoro: abbiamo raccontato la nuova Italia e il nuovo modo di reagire di fronte alle difficoltà. Salta agli occhi di tutti che le distanze sociali si accentuano e la ferocia alimenta sempre più conflitti che portano all’autodistruzione o allo spirito reazionario”.

In questo scenario apocalittico, il punto è capire dove abbiamo sbagliato e, soprattutto, che cosa possiamo fare. Già nel 2015, il World Resources Institute allertava che nel 2040 l’Italia si sarebbe trovata in una situazione di elevato stress idrico. Le cause di questa siccità sono da ricercarsi in primis, senza dubbio, nel cambiamento climatico, che i politici di tutto il mondo trascurano nonostante i moniti degli scienziati: basti pensare che all’aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde una riduzione del 20% della disponibilità delle risorse idriche. Ma la situazione deriva anche da una politica sorda a problemi del Paese che ci trasciniamo da decenni e da una politica del breve-termismo che insegue la logica emergenziale anziché dedicarsi a soluzioni strutturali. C’è poi il problema strutturale del cattivo stato delle infrastrutture, che porta la nostra rete idrica a sprecare il 40% dell’acqua trasportata

Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS e ex-ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, ha specificato però che è vitale che il Governo attuale e quelli futuri continuino a investire per assicurare l’acqua necessaria, e che oltre ai fondi del Pnrr, anche i fondi europei per la coesione e il fondo sviluppo e coesione nazionale potrebbero essere utilizzati in questa direzione; ma ha ricordato anche che non è solo un problema di investimenti: c’è anche un problema culturale dal punto di vista di comportamenti e sprechi delle persone, di elevato uso in Italia rispetto agli altri Paesi europei di acque minerali al posto dell’acqua corrente per mancanza di fiducia, di necessità di migliorare i processi di produzione agricola (ad esempio l’agricoltura di precisione, per ridurre il consumo di acqua).Mentre ci si prepara infatti a fronteggiare l’emergenza con le misure necessarie per superare l’estate, rimane il fatto che se non si interverrà con provvedimenti di lungo termine, il problema si ripeterà: la siccità non può più essere trattata come un’emergenza, ma va affrontata come un grave problema strutturale italiano da affrontare in maniera sistemica.

Per questo è fondamentale definire una strategia idrica nazionale di breve, medio e lungo periodo, come ha chiesto Legambiente al Governo, indicando vari interventi da attuare: dall’obbligo di recupero delle acque piovane al riuso in agricoltura delle acque reflue depurate, dalla riconversione del comparto agricolo verso colture meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti, fino alla rica- rica controllata delle falde, facendo in modo che le scarse precipitazioni non scorrano subito fino al mare.

L’impegno avviato dal Governo Draghi, attraverso la riforma del settore idrico nell’ambito del Pnrr, va proseguito e intensificato nei prossimi anni. Gli strumenti per mettere in sicurezza le infrastrutture idriche del Paese ci sono, ora serve la volontà politica per elaborare e attuare il Piano. Oltre ad attrezzarci per avere meno falle nel sistema e più acqua a disposizione, infine, dobbiamo capire come possiamo prelevare meno acqua e ridurre la nostra impronta idrica (cioè la quantità di acqua usata per produrre beni o servizi), cambiando il nostro modello di consumo affinché sia più sostenibile.

Questo è possibile attraverso iniziative di sensibilizzazione per la popolazione italiana che resta la più sprecona d’Europa. In generale, il consumo di acqua risulta oggetto di scarsa attenzione da parte delle famiglie anche perché le nostre tariffe sono tra le più basse d’Europa e pesano quindi meno sulle tasche degli italiani. Per ridurre gli sprechi si possono adottare molte buone pratiche, non solo la chiusura del rubinetto: si va da soluzioni tecniche ad altre comportamentali, ad esempio dall’uso delle lavatrici e lavastoviglie solo a pieno carico al minore consumo di carne, che ha un impatto idrico 100 volte superiore a quello degli alimenti di origine vegetale (ad esempio, 1 kg di carne di manzo richiede 15mila litri d’acqua, a fronte di 200 litri per la stessa quantità di pomodori).

La lotta al cambiamento climatico e alla sfida idrica potrà essere vinta, però, solo unendo all’impegno dei cittadini anche una volontà politica stabile nel prossimo decennio, in grado di seguire una strategia unica e di orientare gli investimenti nella giusta direzione. Stiamo andando sempre più verso un mutamento climatico irreversibile. Solo una strategia di lungo termine e un cambio culturale profondo potranno permetterci di affrontare gli inevitabili traumi, e di adattarci.

Da 30 anni nel mondo dell’editoria, classe 1962, da 9 anni dirige MCG dopo esserne stato per 8 il coordinatore editoriale. È anche titolare della Morelli Media Partner, Agenzia di Comunicazione, e co-fondatore di Advance Group.

Il Martedì di coppa è un martedì difficile per tutti, ancora di più per CartaBianca, Fuori dal coro e diMartedì, protagonisti della serata dei talk della tv.

Quello condotto da Giovanni Floris, diMartedì, ormai non solo non raggiunge il 7% di share, ma fatica a sfondare addirittura la soglia del 6% registrata tra febbraio e marzo. Quasi due punti di differenza che, in una rete come La7, sono traducibili in numeri importanti. Una flessione costante e prolungata che ha portato la “distanza” tra il programma di Floris e “Fuori dal Coro” di Mario Giordano ad assottigliarsi sempre di più. La trasmissione di Rete 4 (che non risente né della Coppa Italia né dei martedì di Champions) con le sue inchieste aggressive e discusse macina audience: ed è pronto il sorpasso. Ci sono giornalisti (e non parliamo solo di Giordano) che con le loro valide e intelligenti inchieste riescono a supplire parzialmente le mancanze di alcuni organi dello Stato, tutti intenti quest’ultimi a passarsi la palla nel giochino dello scarico delle responsabilità (cosa che fa semplicemente rabbrividire se ci si fa mente locale per un momento) e che certifica chiaramente il livello di decomposizione di questo Paese.

Trasmissioni come Report, Presa Diretta, Le Iene, Striscia, Fuori dal Coro, Dritto e Rovescio, nonchè la rubrica Indignato speciale, solo per fare alcuni esempi eclatanti, ci riportano quotidianamente uno spaccato del Paese che fa rabbrividire: droga, violenza, occupazioni abusive, immigrazione clandestina fuori controllo, povertà, degrado, inquinamento, malasanità, ruberie, inciuci, malgoverno, etc.

Giornalisti che scendendo nelle strade, nella vita reale, denunciano e danno voce alla gente esasperata da un andazzo sempre più insopportabile. Passano i governi e aumentano le trasmissioni del lamento nazionale ma, purtroppo, nulla mai cambia.

Ho assistito nelle scorse settimane all’interessante convegno “Dipendenze, tossicodipendenza e microcrimina- lità: come contrastarle”, in occasione del 171° della Polizia di Stato. Uno dei concetti, che non mi ha stupito, ma che è stato più volte ripetuto, è stato quello che bisogna cambiare l’atteggiamento di indifferenza della gente, in ogni ambito: quasi uno sprone a ribellarsi. Si è persa la fiducia nello Stato, nelle Istituzioni, non esiste la certezza della pena: le stesse Forze dell’Ordine, che con abnegazione mettono quotidianamente a rischio la propria vita, sono in difficoltà ad esercitare la propria professione, troppo spesso irrisa da sentenze che rimettono in libera circolazione, dopo poche ore, delinquenti faticosamente assicurati ad una giustizia nella quale nessuno crede più. E allora, per una Giustizia che spesso invece funziona si alza il telefono e si chiede:”Pronto? Fuori dal Coro? Mi aiutate a liberare casa?”

Marco Morelli

Mantovano ma residente sul Lago di Garda, da 27 anni lavora nel campo della comunicazione e del marketing. Classe 1974, Art Director di MCG, è anche presidente di Grinder, Agenzia di Comunicazione, e co-fondatore di Advance Group.

SOMMARIO e se un giOrnO Dal rubinettO Di casa …

Allarme siccità cronica: non solo un’emergenza per il Paese, ma un problema vitale da affrontare in modo sistemico. 05

Benvenuti A Casa Marcegaglia

Il progetto vuole far emergere l’impresa nata dall’eccezionalità e dall’intraprendenza di un uomo, Steno Marcegaglia

cHamP1, si cOnFiDa nella ricerca .

La sindrome è da poco riconosciuta in Italia e per saperne di più abbiamo incontrato il papà di Tommaso, Daniele Palumbo

FOtOgraFia eurOPea 2023

Dedicata all’idea di Europa e dei popoli che la abitano, racconta le sfumature dell’identità di una comunità multietnica.

tOrna la Festa Del nODO D’amOre

Sul Ponte Visconteo di Valeggio sul Mincio rivivrà la favola del Nodo D’amore, in una nuova cornice di inclusività esclusiva.

interviste sPeciali simOna geri

Il digitale mi ha dato la fama, ma i nuovi progetti sono tanti. Intervista esclusiva alla comunicatrice digitale del mondo del vino.

This article is from: