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21 Febbraio 2015 - Anno XXV n. 7
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Catechesi Carità
NE PER IL CULTO IECI MINUTI
11
A “O RIA MPROVERI
IL LINGUAGGIO, LO STILE, LA DURATA, GLI STRUMENTI
COME ‘RISCALDARE’ IL CUORE DEI FEDELI di
Piero Quarta
h no, la predica!”. Dite la verità, quante volte, vi sono scappate per la mente queste parole quando il sacerdote ha cominciato l’omelia durante la Messa? Non deve essere un pensiero solo di pochi fedeli se, proprio in questi giorni, la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha pubblicato il Direttorio omiletico, un testo che vorrebbe aiutare i sacerdoti a recuperare il senso di questa parte importante della funzione liturgica. Questo è un testo che non nasce senza un perché. Già Benedetto XVI aveva parlato della necessità di una predicazione che deve essere “arte” e anche Papa Francesco nell’ Evangelii gaudium ha sottolineato l’importanza di questo “ministero”, riservandone 25 paragrafi.
COSA NON È L’OMELIA? Non è un fervorino più o meno spirituale, non è nemmeno un’esortazione morale per spiegare ai fedeli cosa bisogna fare. Non si tratta di un sermone dai contenuti edificanti. Non è, ancora, un qualsiasi discorso che il sacerdote possa fare ai suoi parrocchiani. Non è una dissertazione sulla situazione socio-politica o culturale. È vero che chi parla “deve avere la Bibbia in mano e il giornale in tasca”, che la sua preoccupazione deve essere di mettere in relazione Parola e vita per aiutare a leggere e a vivere gli eventi alla luce della fede, ma i tempi e i luoghi per l’educazione alla vita socio-politica sono altri. Non è nemmeno l’elenco delle varie attività della parrocchia e delle sue necessità economiche. E nemmeno può diventare la spiegazione puramente dottrinale del testo biblico appena proclamato. Anche se è necessario capire la Scrittura per poterla vivere, l’omelia non può trasformarsi in una lezione di esegesi biblica, come questa, a sua volta, non può mai diventare un’omelia.
ALLORA COS’È L’OMELIA? L’omelia mira alla comprensione vitale della Parola di Dio. Essa svolge un servizio di mediazione della Parola, che il presidente offre all’assemblea per nutrirne la fede, aprirne la mente all’intelligenza del messaggio e il cuore all’accoglienza della proposta di salvezza, in modo da guidare i membri ad una partecipazione liturgica cosciente e fruttuosa, capace di trasformare la vita. L’omelia è perciò attualizzazione della
parola di Dio proclamata nell’azione liturgica per nutrire la fede dei fedeli. Sarebbe più corretto dire che è un momento dell’attualizzazione. Il primo compito di attualizzare la Parola spetta infatti ai lettori. Sono essi, attraverso la proclamazione delle letture loro affidate, che attualizzano anzitutto la Parola, ponendo Dio in condizione di parlare attualmente all’assemblea liturgica. L’attualizzazione dell’omelia si sviluppa facendo riferimento a tre punti: il contesto celebrativo, di cui è parte; i testi liturgici che sono stati proclamati; la vita concreta dell’assemblea celebrante.
ESISTE L’OMILETA PERFETTO? Omileta ideale è colui che sa coniugare una duplice sensibilità: ascolto di Dio, per conoscere il progetto sull’oggi della storia, e attenzione alle situazioni vitali dei figli di Dio, per aiutarli a vivere nella fedeltà all’alleanza. Nella celebrazione la Parola diventa un nuovo evento, fa esistere ciò che annuncia. E l’omelia attualizza la Parola come se fosse un ulteriore lettura. Non un discorso su Dio, ma un messaggio di Dio inviato attraverso un suo ministro. Non basta riflettere su ciò che si dovrà dire, ma è necessario chiedersi anche: a chi mi rivolgerò? Che tipo di assemblea liturgica avrò davanti? Nell’omelia si svolge un processo di comunicazione. Non si può pensare all’omelia senza pensare agli uditori. Occorre che essa sia pensata in rapporto a loro, che offra materiali su cui gli uditori possano continuare a riflettere, a decidersi; occorre provare a immaginare i loro volti, le loro situazioni, i diversi atteggiamenti di fede che hanno: dall’indifferenza religiosa all’impegno coerente di testimonianza e servizio. Non basa che l’omelia sia ben fatta; bisogna che il suo messaggio giunga realmente a coloro cui è rivolta. La capacità di prendere contatto con i propri ascoltatori è preliminare necessario e anche condizione che accompagna lo sviluppo del discorso. Risulta quindi importante conoscere, se è possibile, coloro ai quali si rivolge. In una celebrazione nuziale, ad esempio, nella Messa o fuori dalla Messa, si ascolta sempre la parola di Dio perché è questa che racconta cosa significa sposarsi in Cristo. L’omelia deve aiutarle a capirlo. Tenendo conto di chi ascolta. (Chi si sposa? Persone credenti, praticanti, non praticanti chi non sa perché è lì … Chi partecipa all’assemblea? Con quale grado di consapevolezza?) Occorre che l’omelia rituale sappia tradurre per tutti ciò che significa il Matrimonio in Cristo. Lo stesso vale per le esequie. Si possono avere di fronte persone che vanno in chiesa
solo per ragioni di amicizia verso il defunto o la sua famiglia, ma sanno poco o niente di ciò che accade nella celebrazione. L’omelia è riservata al ministro ordinato. Rientra quindi nel compito magisteriale.
ALCUNI CONSIGLI UTILI L’omelia va preparata accuratamente, ancorandola a una profonda conoscenza della Sacra Scrittura, in particolare del Vangelo. Non è un discorso qualsiasi, ma un parlare ispirato dalla Parola di Dio. Si può ricorrere ad immagini o a leggende per non annoiare i fedeli. L’omelia non è uno spettacolo di intrattenimento, ma deve dare fervore e significato alla celebrazione. L’omelia non può essere improvvisata: al contrario merita un tempo prolungato di studio, preghiera, riflessività e creatività pastorale. La predicazione deve essere positiva perché offra sempre speranza e non lasci prigionieri della negatività. Il buon omileta guida a intendere e gustare ciò che esce dalla bocca di Dio, aprire i cuori al rendimento di grazie a Dio, alimentare la fede, preparare a una fruttuosa comunione sacramentale con Cristo. Il predicatore deve organizzare la sua omelia seguendo questa traccia: scegliere cosa dire, perché dirlo, come dirlo a questa assemblea specifica. Le omelie si differenziano a seconda della celebrazione: nella messa feriale si raccomanda una omelia breve. Non c’è una durata predeterminata. Dipende dai contesti. In ogni caso non dovrebbe essere così esorbitante da offuscare le altre parti della Messa. Una buona omelia non dovrebbe mai superare gli otto o i dieci minuti, tempo massimo di attenzione per una persona che ci ascolta. Un’omelia efficace instilla in chi ascolta il desiderio di conoscere o riconoscere Dio, presentandolo nel modo più diretto e chiaro. Un’omelia efficace mette in pericolo ciò che chi ascolta “sa già”. Il parlare di un sacerdote dovrà essere semplice e chiaro; ai concetti astratti deve preferire le immagini prese dalla vita quotidiana. Resta la possibilità per il sacerdote di utilizzare omelie dialogate nelle messe per i bambini. Si ribadisce la necessità di proporre apposite iniziative di formazione, sia a livello sistematico per i seminaristi, sia in itinere, per la formazione permanente dei sacerdoti e diaconi. II fine è mettere ognuno nella condizione di poter, con l’aiuto della grazia, riscaldare il cuore dei propri interlocutori, come ha fatto Gesù con i due di Emmaus, trasformati in roveto che non consuma, anche se lascia un indelebile segno nel cuore e nella vita.
L’ESPERTO // LA RICERCA EVIDENZIA COME PARTECIPARE AD UN’ATTIVITÀ NOIOSA PRODUCE UNA RIDUZIONE DELL’ATTENZIONE
COME INCIDERE SULLA CAPACITÀ DI ASCOLTO di
Manuela Settimo
G
li esperti della comunicazione stabiliscono che non si può non comunicare e che anche il tempo in cui siamo in silenzio è foriero di informazioni; nonostante ciò l’attenzione prestata in ogni relazione assume solitamente un calo definito “cascata della comunicazione”, pertanto volendo comunicare il 100% di ciò che pensiamo, ne riusciamo ad esprimere
automatiche e non consapevoli nonostante il notevole impegno profuso inizialmente per apprenderle (leggere, andare in bicicletta, allacciarsi le scarpe, guidare…). Altre volte invece i comportamenti VIENE sono volontariamente controllati e consapevoli, basati sull’intenzionaASCOLTATO lità di raggiungere un determinato VIENE scopo ed implicano, pertanto, uno COMPRESO sforzo attentivo. L’attenzione è, quindi, uno stato di percezione RICORDATO intensa o concentrata diretta su sezioni dello spazio percettivo, su specifici oggetti, persone ed eventi, su speciverbalmente solo il 70%, di cui solo il 40% fici canali sensoriali e percettivi ed anche su viene ascoltato, il 20% compreso veramente e specifiche caratteristiche dell’ambiente al fine il 10% ricordato. Ciò che diviene fondamentale di manipolare le informazioni ricevute a livello è quindi la qualità dell’ascolto ed il tempo che cosciente. Diversi studi hanno dimostrato che si dedica a concentrarsi sulle informazioni che quanto più un oggetto è ricco di informazioni e provengono dall’ambiente e dagli altri. Quante di interesse, tanto più a lungo e frequentemente volte capita di percorrere il tragitto casa-lavoro viene fissato. Altri studi si sono soffermati su e di non ricordare nulla sul tempo impiegato, sul cosa attira l’attenzione di un individuo ed hantraffico o sugli ostacoli incontrati, mentre tutti no sottolineato come ciò che attira l’interesse i pensieri attivati fino al raggiungimento della siano le informazioni nuove che vengono prefemeta sono chiari e nitidi alla mente? rite, mentre quelle familiari vengono ignorate, Molte attività come queste sono diventate
COME GIUNGE IL MESSAGGIO A CHI ASCOLTA?
40% 20% 10%
creando un’abitudine all’attenzione ed all’interesse. Nel momento in cui le informazioni che provengono dall’ambiente non risultano, quindi, più esaustive diviene necessario modificare l’attenzione che viene indirizzata sia attraverso l’analisi sistematica dell’ambiente circostante sia su quanto già precedentemente notato sia in maniera causale. In tal modo si attiva un vero e proprio comportamento di ricerca volontario di stimoli. La ricerca ha inoltre evidenziato come partecipare ad un’attività noiosa produce una riduzione dell’attenzione e un calo del rendimento, mentre esiste un livello ottimale in cui le prestazioni sono elevate e la capacità di concentrazione, ossia la capacità di fissare l’attenzione su un solo dato, diviene più intensa. In media la durata della concentrazione varia tra i 20 ed i 40 minuti ed il picco di massima concentrazione si raggiunge dopo 20-25 minuti, pertanto è necessario effettuare una pausa di 10 minuti prima di concentrarsi nuovamente in un’attività. Inoltre la riduzione della capacità di riportare alla memoria quanto ascoltato si aggira intorno al 25% durante le prime ventiquattro ore fino a stabilizzarsi intorno al 10% dopo due giorni.