Quando avvengono le vicende dell’Iliade Contesto storico: 2000 a C
Una popolazione del nord –centro Europa, i DORI invade la Grecia. Nel Peloponneso si formano tre popoli (i Dori, gli Eoli, e gli Ioni). LA civiltà micenea (così si chiamerà dalla sua capitale, Micene) non ha potere sul territorio circostante. Mentre prende il potere Creta. Il territorio miceneo è sottomesso al potere di Creta. Ma Creta, scompare letteralmente alla vista nel 1400 circa a.C.
1400 a.C.
A Creta si sviluppa una splendida civiltà, chiamata “minoica” dal nome del re, Minosse. Intorno alla capitale Cnosso.
Leggenda di Teseo e Arianna Dietro la leggenda di Arianna si nasconde la verità storica della fine di Creta e l’inizio della civiltà micenea. La verità storica: l’esplosione del Vulcano Thera (oggi Santorini)
1400-1250 circa a.C
Da questo momento il potere passa sul Peloponneso, dove fiorisce la civiltà micenea http://slideplayer.it/slide/5509257/
Cartina del mondo miceneo
Prof.ssa Mara Torricelli
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La civiltà Micenea. Le città micenee sono dette “cittadelle”, poco più che grandi palazzi, concepiti come vere e proprie fortezze, con mura spessissime, (a differenza di quelli minoici che non hanno alcuna cinta muraria), testimoniano una società guerriera.
Essi avevano una struttura ordinata, a differenza dei labirinti minoici, e caratterizzata dalla centralità del megaron, grande sala destinata alla vita diplomatica e al culto religioso. Il potere era affidato ai re (wanax) micenei, il cui potere sulla popolazione era assoluto, (potere territoriale, politico), ed erano affiancati da un comandante militare (lavaghetes). Gli achei costituirono un regno greco unitario sotto il dominio dei re di Micene (Agamennone, della dinastia degli Atridi), ma non raggiunsero mai una forte unità politica, pur sentendosi accomunati dalla stessa origine etnica: il territorio era suddiviso in tante città-stato, ognuna con un suo re, ma con un patto di alleanza reciproco in caso di guerra. Le principali città ed i rispettivi re, erano Città Micene Sparta Argo Pilo Creta Itaca Ftia (Tessaglia)
Re Agamennone Menelao Diomede Nestore Idomeneo Ulisse Achille
La civiltà micenea ebbe un tipo di scrittura, la scrittura lineare B, (che, a quanto si può vedere, serviva per inventari ed elenchi nei palazzi). Non esisteva una forma scritta letteraria. I micenei seppellivano i loro nobili in tombe dette thòlos, grandi camere sepolcrali circolari, con un'alta copertura a volta e un passaggio d'entrata dritto rivestito con pietra, di solito decorate con oro, argento e bronzo. Spesso seppellivano pugnali o altri equipaggiamenti militari con il defunto. I nobili erano seppelliti frequentemente con maschere dorate, diademi, armature e armi. Furono pregevoli, le produzioni artistiche e artigianali (strutture architettoniche, affreschi, ceramiche, maschere funebri), che raggiunsero i migliori risultati a Micene, dove sono rimaste testimonianze di eccezionale valore come la Porta dei Leoni e il tesoro di Atreo (o tomba di Agamennone). La trasmissione della tradizione e della memoria storica fu essenzialmente orale, affidata ai canti epici degli aedi, che solo con i poemi omerici raggiunsero la forma scritta. I poemi omerici costituiscono un Prof.ssa Mara Torricelli
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importante documento sui valori guerrieri e sulla religione olimpica degli achei. La civiltà micenea, già in crisi per la guerra di Troia in cui avevano impiegato molte forse, e molti uomini, fu travolta dalle invasioni doriche (XII-XI secolo). Per Micene vedi: http://classicomodernoweb.altervista.org/micene2/index.html
Micene com’è ora e come doveva essere (a destra)
La maschera d’oro attribuita ad Agamennone.
La Porta dei Leoni, monumentale ingresso nella città Prof.ssa Mara Torricelli
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La Guerra di Troia. Secondo la leggenda
Perché Micene fece guerra a Troia?
Agamennone organizzerà un grande esercito per lavare l’offesa del rapimento di Elena, moglie del fratello Menelao, e partirà verso Troia.
Possibile spiegazione storica
Troia, una florida città, controllava lo stretto dei Dardanelli e, quindi, tutti i traffici verso l’interno: sia alle sue spalle (l’Anatolia era ricca di miniere di ferro, stagno, argento, rame) sia verso l’Ellesponto. Si pensa che imponesse delle tasse a chi passava davanti a lei. I Greci (gli Achei) si sarebbero stancati un giorno di pagare questi alti tributi e avrebbero organizzato, quindi per motivi economici, la guerra contro Troia.
Nel 1870 il commerciante tedesco Heinrich Schliemann, appassionato di archeologia, tenendo conto della descrizione di Troia fatta da Omero nell'Iliade, effettuò degli scavi e trovò resti di mura, gioielli, diademi e pensò di aver trovato la città di Troia e il tesoro di Priamo. In realtà, degli scavi successivi portarono alla luce nove strati di un'antica città: ogni strato corrispondeva ad una città diversa. Il settimo di questi strati è la città cantata da Omero.
Stratigrafia degli scavi a Troia:
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Gli antecedenti della guerra di Troia. La mela della discordia
Il giudizio di Paride
Il rapimento di Elena
Si svolgevano le nozze di Peleo e Teti, i genitori di Achille. Secondo tale leggenda Eris, dea della discordia, non fu invitata alle nozze. Ella, per vendicarsi, durante il banchetto delle nozze fece fece irruzione nella sala e gettò sulla tavola una mela d'oro con sopra scritto "Alla più bella del mondo". Iniziò, allora, una discussione tra le dee Era (moglie di Zeus), Atena (dea della saggezza) e Afrodite(dea dell'amore) per chi dovesse essere considerata la più bella donna del mondo. Zeus pensò che si dovesse cercare un giudice “imparziale”, e così si ricordò di …… Paride.
Paride, figlio di Priamo, redi Troia, e della moglie Ecuba, era stato abbandonato alla nascita, perché un indovino disse che quel figlio avrebbe portato disgrazia a Troia. Egli fu lasciato in un bosco, dove, però, un pastore lo trovò e lo allevò. Paride crebbe forte e puro, lontano dagli intrighi politici. Con il tempo il re Priamo riconobbe il proprio figlio in un giovane che emergeva in tutte le gare che si svolgevano vicino a troia. Così lo riprese con sé. Ma, quando ancora Paride non sapeva la sua sorte e viveva felice nei monti, gli apparvero in sogno, una notte delle dee….. Ognuna di esse, per ottenere la mela, gli promise qualcosa in cambio: Era promise a Paride che, se avesse dato a lei la mela, gli avrebbe concesso ricchezza e pot enza; Atena gli promise la saggezza e l'invincibilità; Afrodite gli promise che gli avrebbe fatto sposare la donna più bella del mondo.
Paride, ripreso a corte dai genitori, fu mandato dal padre a Sparta per trattare su questioni politiche (sintomo che c’erano dei problemi tra i due popoli). La sera, dopo il banchetto offerto dal re Menelao nel megaron, Paride vede Elena. Subito si innamora di lei, e, poiché Afrodite gli ha concesso di poter avere la donna che volesse, Elena lo segue a Troia (o, come vuole altra leggenda, viene rapita…) La mattina dopo, sia Elena che Paride sono scomparsi, e Menealo chiederà vendetta al fratello Agamennone.
J.L.David, Paris. Paride edElena
Paride decise di dare la mela ad Afrodite, in cambio di poter avere quando l’avesse trovata, l’amore della donna che volesse per sé..
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Gli impedimenti a partire Quando ormai tutto era pronto e la flotta di tutti i Principi greci si era radunata in Aulide, pareva che qualcosa impedisse la partenza: all’appello mancavano i due eroi principali (Ulisse e Achille), e poi…il vento non voleva soffiare per spingere le vele…. Ulisse si finge pazzo
Achille nascosto fra le ancelle
Ulisse era contro la guerra, e non voleva andare a combattere a Troia; ecco perché, quando vide arrivare a Itaca Agamennone, Menelao e Palamede, giunti lì apposta per portarlo con loro a Troia, si mise un cappello da contadino in testa e iniziò ad arare un campo mettendo insieme un bue e un asino e gettando all’indietro manciate di sale nei solchi. Inoltre, per rendere ancora più credibile la sua follia, finse di non riconoscere gli amici. Ma, Palamede intuì l’inganno, prese il piccolo Telemaco e lo appoggiò a terra, proprio davanti al bue e all’asino. Ovviamente, Ulisse tirò immediatamente le redini per fermare i due animali e non uccidere il suo unico figlio, dimostrando così di non essere affatto pazzo. Così dovette partire per Troia.
Teti, per rendere invulnerabile il figlio, lo aveva tuffato nel fiume Stige, le cui acque infernali rendevano la pelle umana più dura dell'acciaio. Nel tuffarlo, la dea aveva tenuto il figlio per il tallone, questa parte del piede non aveva ottenuto il privilegio dell'invulnerabilità ed era l'unico punto del suo corpo dove si poteva ferirlo ed ucciderlo. Appena scoppiò la guerra troiana, Teti ebbe paura per il figlio e, per sottrarlo al pericolo, lo nascose, travestito da donna, tra le ancelle di corte e le figlie del re Licomede di Sciro. Quando gli eroi achei videro che Achille non si presentava, incaricarono alcuni uomini, tra cui l’astuto Ulisse, di cercarlo.
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Ulisse dunque prese un carro di quelle che portano i merciai ambulanti; la riempì di aghi, di nastri, di merletti e di tutte le cose che piacciono tanto alle donne; poi, sotto tutta questa roba, nascose una spada. Fingendo di essere un merciaio, andò peregrinando di corte in corte, gettando il suo grido: "Chi vuole aghi fini, bei nastri, buone forbici, donne!" Quando arrivò a Sciro le ancelle e le donne della casa gli furono attorno per fare delle compere. Ma una delle ragazze se ne stava in disparte, senza interessarsi affatto alla sua merce. Allora Ulisse ebbe un’idea: all’improvviso urlò: "All'armi! All'armi!" Le ancelle fuggirono via spaventate; solo una restò; impugnando la spada fieramente, la sguainò come solo Achille sapeva fare….e così anche lui dovette andare alla guerra.
Il sacrificio di Ifigenia Ormai tutti i re con le loro navi erano radunati in Aulide da più di tre mesi, e per il persistere della bonaccia non si poteva partire. Agamennone, impaziente, accorato, spiava il mare, i venti, ma purtroppo non spirava il minimo soffio d'aria! Chiamò allora l'indovino Calcante perchè gli dicesse che cosa poteva fare. E l'indovino gli ricordò che alcuni anni prima aveva offeso gravemente la dea Artemide: avendo trafitto con un bel colpo un cervo, si era vantato d'essere un cacciatore pià bravo della dea stessa della caccia. E ora Artemide pretendeva, se si voleva far partire la flotta, che Agamennone le sacrificasse sull'altare la propria figlia, Ifigenia. Ifigenia doveva essere sacrificata; così voleva Artemide, così vollero anche i re convenuti in Aulide. Bisognò far venire da Micene la bella Ifigenia: la fanciulla non si sgomentò, non tremò, non cambiò colore, anzi disse d'essere contenta di spendere la vita per il bene della Grecia e per l'onore di suo padre; e volle salire da sola, a cuore fermo, sull'altare. Ma, mentre il sacerdote immergeva già il coltello nel petto di ifigenia, l'altare venne circondato da una densa nebbia, e, quando questa si ritirò, invece del corpo insanguinato della giovinetta, si trovò sull'altare il corpo di una cerbiatta. --> Artemide aveva avuto pietà dell'intrepida ragazza e l'aveva sostituita con la cerbiatta, portando via Ifigenia viva in Tauride, dove il re del luogo, la fece sacerdotessa della dea che l'aveva salvata.
Ed ecco che subito sorse da terra un venticello che andò a mano a mano crescendo, e la flotta greca potè, finalmente, togliere gli ormeggi, spiegare le vele e salpare per la Troade. (tratto da: http://mitologiagreca.blogspot.it/2011/03/ilsacrificio-di-ifigenia.html )
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Gli avvenimenti narrati nell’Iliade, riguardano gli ultimi 50 giorni della guerra, durata 10 anni. Essi cominciarono ad essere diffusi nel Medioevo Ellenico (periodo che va all’incirca dal 1250 al 900, cioè poco prima del formarsi delle pòlis dell’Attica.
Gli Aedi, girando di corte in corte, venivano ospitati nel megaron miceneo, dove, davanti al braciere con il fuoco acceso, raccontavano le vicende degli eroi e degli dei, accompagnati dalla cetra. Le vicende degli eroi che riguardano coloro che sono andati a Troia (Il Ciclo troiano), sono molto belle e affascinanti ( solo l’Iliade e l’Odissea sono scritte, ed hanno potuto formare un poema) Nell’Iliade, però, c’è solo una piccola parte di tutto questo. Altre vicende sono state riscritte da autori successivi, e le sappiamo solo grazie a loro, come per es. I Nostoi(=i ritorni) che parlano del ritorno a casa degli eroi greci dalla guerra di Troia. L'aedo, nell'antica Grecia, era il cantore professionista. L'etimo della parola viene dal greco antico "ἀοιδός", aedo, che a sua volta deriva da "ᾄδειν" cioè "cantare". Egli era una figura sacra, era considerato un profeta, tradizionalmente ritratto come cieco in quanto, essendo tale non veniva distratto da niente e da nessuno e affinando le capacità sensibili poteva entrare in contatto direttamente con la divinità (attraverso gli occhi dell'anima) che lo ispirava, sviluppava quindi una capacità metasensibile (oltre i sensi). La sapienza che possedeva rendeva la capacità di vedere superflua, era un "invasato", aveva il dio dentro, le Muse parlavano attraverso di lui. ( daWikipedia) I rapsodi, invece, derivano da un passo di Pindaro (Nemea, 2.1) che ne ricava l'etimologia, collegabile al verbo ραπτειν ("cucire"), per cui il rapsodo sarebbe il "cucitor di canti". @@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@
Racconti di aedi “SONO UN AEDO E RACCONTARE È IL MIO MESTIERE” Parte iniziale del romanzo Le Paludi di Esperia, di V.M.Manfredi
Si fece silenzio nella sala, tutti guardavano l’ospite, il naufrago abbandonato dal mare fra gli scogli e la rena. Le sue mani erano ancora ferite e graffiate, i suoi occhi arrossati e i capelli secchi come l’erba al finire dell’estate. Ma la sua voce era bella, d’un timbro fondo e sonoro e, quando narrava, il suo volto si trasfigurava, gli occhi si accendevano di una febbre misteriosa, sembravano riflettere un fuoco interno e nascosto, più ardente che le fiamme del focolare. Capivamo la sua lingua perché noi Prof.ssa Mara Torricelli
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abitavamo vicino al paese degli Achei e un tempo avevamo con loro rapporti commerciali ma benché io sia un cantore fra la mia gente e conosca storie bellissime e lunghe tanto da occupare una notte intera d’inverno, quando gli uomini hanno piacere di starsene su a bere vino e ad ascoltare fino a tardi, tuttavia non avevo mai udito nella mia vita una storia più bella e terribile. Era la storia della fine di un’era, la storia del tramonto degli eroi... Triste, quindi, soprattutto per un cantore quale io sono, perché se gli eroi scompaiono anche i poeti muoiono non avendo più materia per il loro canto. Io sono Vecchio ora e non ho alcun desiderio di vivere di più. Ho visto città fiorenti divorate dalle fiamme e ridotte in cenere, ho visto pirati feroci battere i mari e saccheggiare le coste, ho visto fanciulle intatte violate da barbari sanguinari e ho visto morire tutti coloro che amavo... E tuttavia di quei lontani giorni della mia fanciullezza nessun ricordo è più vivo in me del racconto di quello straniero. Egli aveva assistito all’impresa più famosa che fosse stata portata a termine in quei giorni, la conquista della più forte città dell’Asia, ed aveva seguito in battaglia e poi in una interminabile avventura uno degli uomini più forti della terra, un guerriero indomito e generoso che aveva osato opporsi in duello agli stessi dei ferendo a una mano Afrodite e squarciando il ventre ad Ares, il nume della guerra, furia oscura e tremenda, che non rinuncia mai a vendicarsi. Ora voi ascolterete la mia storia seduti sul fieno bevendo latte di capra e forse non crederete alle mie parole, lo so, penserete che siano racconti che ho inventato per intrattenere il mio uditorio e per ricevere alla fine un’elemosina di cibo e di alloggio ma vi sbagliate. Prima di questo mondo rozzo e miserabile esistette un’epoca in cui gli uomini abitavano città di pietra, vestivano di bisso e di lino, bevevano, in calici d’oro e d’argento, vino inebriante, navigavano su agili navi fino ai confini della terra, combattevano su cocchi di bronzo e impugnavano armi splendenti. In quel tempo i poeti erano accolti nelle case dei re e dei principi, erano onorati come numi. Ciò che sto per dirvi è tutto vero. L’ospite straniero rimase a palazzo per alcuni mesi poi un giorno, sul finire dell’inverno, sparì senza dire nulla e di lui non sentimmo più parlare. Io però non avevo perso una parola di quello che lui narrava la sera, dopo la cena, nella sala delle adunanze. L’eco della grande guerra sulla sponda dell’Asia era giunta fino a noi ma quella era la prima volta che avevamo l’opportunità di ascoltare la testimonianza di un uomo che vi aveva preso parte. Più volte il capo della nostra gente e i nobili gli Prof.ssa Mara Torricelli
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chiesero di raccontare la storia della guerra ma egli sempre si rifiutò. Disse che non voleva ricordare quei giorni amari. E quando finalmente cominciò a narrare egli iniziò il suo racconto dalla notte della caduta della città di Priamo. Così come l’appresi dalle sue labbra, io ora vi narrerò la storia che seguì la caduta della città e di come una guerra tanto lunga ed estenuante fosse stata combattuta per nulla. Prima di scomparire per sempre quell’uomo mi rivelò un segreto: il vero motivo per cui Ilio fu rasa al suolo e la sua popolazione distrutta o ridotta in schiavitù. No... non fu Elena la causa. Potrei dire anzi che, in un certo senso, lei fu uno dei combattenti e forse il più temibile. E in ogni caso perché Menelao l’avrebbe ripresa senza farle pagare in alcun modo il tradimento? Qualcuno raccontò che lei gli mostrò il seno nudo, facendogli cadere la spada di mano. La causa fu un’altra, una causa tanto forte da spingere un re a mettere la sua regina nel letto di un altro uomo... per anni. Se pure anche questa non sia una verità incompleta e non nasconda un enigma dentro l’enigma. Tuttavia quello sconosciuto, gettato dal mare sulle nostre spiagge, volle rivelarla a me... a un ragazzo, in parte raccontando ciò che personalmente aveva veduto, in parte ciò che aveva udito dire e in parte, io credo, ciò che gli stessi dei gli avevano ispirato. Forse pensava che nessuno mi avrebbe creduto o forse desiderava scaricare il suo cuore da un peso che non poteva più sopportare. Ecco dunque ciò che egli raccontò. Che la dea ispiri il mio racconto e sostenga la mia memoria. Voi state per udire una storia quale non avete mai udito e che tramanderete ai vostri figli e ai figli dei vostri figli………..
Megaron cretese (ricostruzione)
Prof.ssa Mara Torricelli
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